Elezione contestata del deputato Paolo Corsini proclamato nella IV Circoscrizione Lombardia 2:
Migliavacca Maurizio, Presidente ... 3 7 8 9 10 14
Corsini Paolo (PD) ... 8
Dioli Enrico, Candidato primo dei non eletti ... 7
Orsini Andrea (PdL), Relatore ... 3
Pellegrino Giovanni, Rappresentante dell'onorevole Corsini ... 10
Trabucchi Ezio, Rappresentante del candidato Dioli ... 8 9
La seduta pubblica comincia alle 14,55.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 13 del regolamento della Giunta delle elezioni, l'udienza per la discussione pubblica dell'elezione contestata, per motivi di ineleggibilità, del deputato Paolo Corsini, proclamato nella IV Circoscrizione Lombardia 2.
Le parti, che saluto e ringrazio della loro presenza, si sono costituite: il deputato Corsini è assistito dall'avvocato Giovanni Pellegrino, il candidato Dioli è assistito dall'avvocato Ezio Trabucchi.
Ricordo ai colleghi che, a norma dell'articolo 13, comma 7, del regolamento della Giunta, alla riunione in camera di consiglio partecipano i componenti della Giunta che sono stati presenti all'udienza pubblica per tutta la sua durata. Pertanto, i deputati che dovessero sopraggiungere nell'aula a seduta pubblica già iniziata, ovvero allontanarsene prima della sospensione, non potranno partecipare alla riunione della camera di consiglio. Sarà cura della Presidenza registrare i deputati presenti fin dall'inizio della seduta pubblica. La Presidenza si riserva, altresì, la facoltà di autorizzare brevi sospensioni tecniche della seduta pubblica, nel corso delle quali i deputati non potranno comunque allontanarsi dalla zona immediatamente adiacente all'aula della Giunta.
Ricordo inoltre che, in base alla costante prassi, i componenti la Giunta potranno rivolgere le loro domande alle parti, su specifiche questioni, solo per il tramite del Presidente, al quale, a norma dell'articolo 13, comma 3, del regolamento della Giunta, spetta la direzione della discussione e la disciplina dell'udienza, a fini di garanzia di un corretto contraddittorio tra le parti.
Avverto che, a norma dell'articolo 13, comma 4, del regolamento della Giunta, nella relazione introduttiva il relatore onorevole Orsini si limiterà ad esporre i fatti e le questioni senza esprimere giudizi, e prenderanno, quindi, la parola, come da prassi, dapprima il candidato Dioli o il suo rappresentante e, quindi, il deputato eletto Corsini o il suo rappresentante, i quali potranno poi replicare per una volta.
Il deputato Corsini non ha presentato nuovi documenti né deduzioni. Il candidato Dioli, per il tramite del suo rappresentante, ha presentato nuove deduzioni con memoria pervenuta il 14 gennaio 2010 e, dunque, entro il quinto giorno antecedente lo svolgimento dell'odierna seduta pubblica. Nessuna delle due parti costituite si è avvalsa della facoltà di prendere visione della documentazione agli atti.
Invito il relatore onorevole Orsini a svolgere la relazione introduttiva.
ANDREA ORSINI, Relatore. Grazie, presidente. Come da lei giustamente richiamato, in questa sede mi asterrò dalle valutazioni, anche quelle che erano inserite nella mia relazione, in fasi precedenti, in ordine a tutti gli aspetti politici o di coerenza legislativa che pure in questa questione esistono. Mi limiterò, invece, a ricordare i fatti.
Il Comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze ha dato inizio all'istruttoria sulla posizione dell'onorevole Paolo Corsini nella riunione
del 16 luglio 2008, prendendo atto di un esposto presentato dall'avvocato Ezio Trabucchi, pervenuto il 10 luglio 2008, con il quale si segnalava la condizione di ineleggibilità dell'onorevole Corsini, ai sensi dell'articolo 7, primo comma, lettera c), del testo unico 30 marzo 1957, n. 361, in quanto non dimissionario dalla carica di sindaco di Brescia (comune con popolazione notoriamente superiore a 20 mila abitanti) entro il termine fissato dall'articolo 7, ultimo comma, del citato testo unico (termine che, nel caso di specie, risultava fissato al 13 febbraio 2008).
Nella riunione del 16 luglio 2008, il Comitato conveniva pertanto di richiedere all'onorevole Corsini, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, lettera b), del regolamento della Giunta, di far pervenire, entro il termine di quindici giorni, ogni utile valutazione, informazione o riscontro documentale sulla questione relativa alla sua eleggibilità.
Con lettera pervenuta il 10 settembre 2008, l'onorevole Corsini chiedeva un termine più ampio per la trasmissione di una nota di chiarimenti, anche al fine di avvalersi di assistenza legale. Nella riunione del 10 settembre 2008 il Comitato - dopo aver preso atto di ulteriori esposti avverso l'eleggibilità dell'onorevole Corsini, presentati dai signori Teresa Tognetti, Ivan Fassin, Luigi Grassi, Alberto Panizza, Davide Menegola e Giorgio Emilio Mariconti - conveniva quindi di prorogare di quindici giorni il termine assegnato all'onorevole Corsini per la trasmissione degli elementi di valutazione e informazione.
Con nota pervenuta il 23 settembre 2008, l'onorevole Corsini formulava, quindi, le proprie osservazioni, di cui il Comitato iniziava l'esame nella riunione del 18 marzo 2009 e che possono riassumersi nei termini seguenti:
a) le sue dimissioni da sindaco di Brescia sono state presentate nella stessa data in cui ha accettato la sua candidatura a deputato, e cioè l'8 marzo 2008; nel quadro normativo vigente sino alla fine della scorsa legislatura, nell'ipotesi di scioglimento della Camera che ne anticipi la scadenza di centoventi giorni, l'ultimo comma dell'articolo 7 del testo unico n. 361/1957 non richiederebbe espressamente, a suo giudizio, le formali dimissioni da sindaco ai fini della eliminazione della causa di ineleggibilità prevista dall'articolo 7, primo comma, lettera c), del testo unico n. 361/1957, ma soltanto che «le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di scioglimento delle Camere» (pubblicazione avvenuta il 6 febbraio 2008, sicché il dies a quo avrebbe dovuto decorrere dal 13 febbraio successivo); secondo il deputato Corsini, soltanto nella diversa ipotesi
di cessazione della legislatura al suo termine naturale il combinato disposto dei commi terzo e quarto del citato articolo 7 prevederebbe che per la rimozione della causa di ineleggibilità sia necessaria non soltanto «l'effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito» ma anche che tale effettiva astensione sia «preceduta [...] dalla formale presentazione delle dimissioni»; nella diversa ipotesi disciplinata dall'ultimo comma dell'articolo 7, sufficiente a rimuovere la condizione di ineleggibilità sarebbe, invece, il mero dato fattuale della cessazione delle funzioni;
b) l'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 15 febbraio 2008, n. 24, convertito dalla legge 27 febbraio 2008, n. 30, nel disciplinare il turno annuale ordinario delle elezioni amministrative nell'anno 2008, ha previsto che «le dimissioni del sindaco e del presidente della provincia presentate al Consiglio nei 7 giorni successivi alla data del decreto di scioglimento delle Camere diventano, in deroga a quanto previsto dall'articolo 53, comma 3, del testo unico n. 267 del 2000, efficaci e irrevocabili il 26 febbraio 2008»; da tale norma, ad avviso del deputato Corsini, parrebbe legittimo trarre la conseguenza che il termine di cessazione delle funzioni necessario per rimuovere la causa di ineleggibilità sia stato posticipato dal 13 al 26 febbraio 2008; e tuttavia, essendo rimasto inalterato l'ultimo comma dell'articolo 7 del testo unico n. 361/1957, il deputato Corsini considera eccessivo ritenere che l'assunto ritardo nella presentazione delle
dimissioni possa costituire una causa accettabile
di invalidazione dell'elezione, una volta che nel brevissimo periodo che intercorre dal 26 febbraio 2008 all'8 marzo 2008 (appena nove giorni) egli non avrebbe posto in essere quale sindaco di Brescia alcun atto o alcuna attività che potesse assumere rilievo ai fini della ineleggibilità;
c) nell'attuale sistema elettorale sarebbe fondato il dubbio che sia irragionevole collegare alla carica di sindaco una ineleggibilità, e ciò tenendo conto sia del fatto che già in passato la Corte costituzionale, con sentenza n. 344 del 1993, ha ritenuto costituzionalmente illegittima l'originaria previsione di ineleggibilità dei consiglieri regionali (essendo essa sproporzionata rispetto alla natura dei poteri che ciascun consigliere regionale può esercitare al fine della captatio benevolentiae degli elettori), sia della mancata previsione di ineleggibilità per i presidenti delle Regioni;
d) infine, alla ineleggibilità prevista dall'articolo 7, primo comma, del testo unico n. 361/1957 la giurisprudenza parlamentare ha collegato a lungo una simmetrica condizione di incompatibilità per il parlamentare che venisse eletto sindaco o presidente di provincia e, in applicazione di tale giurisprudenza, lui stesso venne dichiarato nel 1999 decaduto da deputato perché eletto sindaco di Brescia; nelle legislature successive la giurisprudenza parlamentare è però mutata e molti parlamentari sono stati eletti sindaci o presidenti di provincia esercitando il duplice munus.
Nella riunione del 1o luglio 2009, il Comitato - pur giudicando meritevoli di considerazione le osservazioni dell'onorevole Corsini - ravvisava nella sua posizione elementi di ineleggibilità e, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, lettera c), del regolamento della Giunta, decideva di avviare la formale istruttoria in contraddittorio, comunicando all'onorevole Corsini che entro il termine di quindici giorni avrebbe potuto trasmettere proprie controdeduzioni e chiedere eventualmente di essere ascoltato.
Con lettera pervenuta il 15 luglio 2009, l'onorevole Corsini chiedeva, quindi, di essere ascoltato dal Comitato.
Il Comitato procedeva all'audizione nella riunione del 1o ottobre 2009. In quella occasione l'onorevole Corsini, nel fare rinvio alle osservazioni scritte da lui trasmesse nel mese di settembre 2008, formulava le seguenti ulteriori considerazioni:
1. la giunta comunale di Brescia lo aveva sollecitato a non sottoporre l'amministrazione comunale al rischio di commissariamento;
2. aveva ricevuto dai suoi uffici e dall'ANCI rassicurazioni circa il fatto che si sarebbe formata una «giurisprudenza di Assemblea» alla Camera (da ultimo con i casi relativi ai deputati Bodega e Neri della XV legislatura) tale da escludere l'annullamento dell'elezione per ineleggibilità;
3. la captatio benevolentiae non sarebbe esercitabile in circoscrizioni ampie, tanto più che l'attuale legge elettorale per la Camera non prevede il voto di preferenza;
4. nessuno dei candidati non eletti della sua lista ha presentato formale ricorso alla Giunta delle elezioni, il che starebbe a significare, a suo avviso, che nessuno si è sentito leso in un suo interesse diretto;
5. il complessivo quadro normativo presenta un carattere di paradossalità dal momento che l'ineleggibilità è prevista per i sindaci di comuni superiori ma non per i presidenti di Regione; pur dovendo le regole essere rispettate, si tratta di un aspetto che, a suo avviso, non può non essere considerato in una sede politica.
Svolta l'audizione, il Comitato tornava a riunirsi il 29 ottobre 2009 concludendo l'istruttoria con la formulazione di una proposta alla Giunta plenaria di accertamento della ineleggibilità e di conseguente contestazione dell'elezione del deputato Corsini.
Nella riunione della Giunta del 10 dicembre 2009 ho svolto, quindi, la relazione a nome del Comitato, illustrando le ragioni alla base della proposta di contestazione dell'elezione. In particolare, il Comitato ha ritenuto che, da un punto di vista strettamente tecnico, le controdeduzioni formulate dall'onorevole Corsini - pur sollevando questioni che andranno valutate in vista di un eventuale riordino legislativo della materia che assicuri maggiore corrispondenza tra formula elettorale e disciplina delle ineleggibilità - si siano prevalentemente concentrate su profili che, come tali, non potevano giustificare una proposta alla Giunta diversa dall'accertamento della ineleggibilità. In violazione di quanto prescritto dall'articolo 7, ultimo comma, del testo unico n. 361/1957, l'onorevole Corsini non ha, infatti, presentato le dimissioni, cessando dalle proprie funzioni di sindaco di Brescia, entro i sette giorni successivi al 6 febbraio 2008, data di pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale del decreto di scioglimento delle Camere. Le dimissioni - che avrebbero dovuto essere rassegnate entro il 13 febbraio 2008 - sono state presentate soltanto il giorno stesso dell'accettazione della candidatura alla Camera (ossia l'8 marzo 2008), data nella quale l'interessato è in ogni caso decaduto d'ufficio dalla carica di sindaco ai sensi dell'articolo 7, quinto comma, del testo unico n. 361/1957.
La previsione di cui all'ultimo comma dell'articolo 7 del testo unico n. 361/1957 (secondo cui in caso di scioglimento della Camera che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni la causa di ineleggibilità non ha effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla pubblicazione del decreto di scioglimento) non esclude la necessità che la cessazione delle funzioni sia formalizzata con le dimissioni, posto che, ai sensi del quarto comma della medesima disposizione, per cessazione dalle funzioni si intende l'effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito preceduta dalla formale presentazione delle dimissioni.
La rimozione della causa di ineleggibilità, in altri termini, è un onere che grava interamente a carico dell'interessato, il quale è tenuto a cessare dalle funzioni sia materialmente, sia formalmente, per scelta spontanea, senza dunque attendere che la decadenza dalla carica che costituisce causa di ineleggibilità avvenga ex lege al momento dell'accettazione della candidatura, avendo tale ultima conseguenza un carattere esclusivamente sanzionatorio e non già un valore sanante di una ineleggibilità non ritualmente rimossa nelle forme previste dalla legge; la ratio delle cause di ineleggibilità per i titolari di cariche o uffici pubblici risiede, infatti, nella necessità di evitare che la formale titolarità dell'ufficio pubblico, anche ove l'interessato si astenga dal porre in essere atti di esercizio dello stesso, generi comunque un metus publicae potestatis negli
elettori.
La previsione di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge n. 24 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 2008 (richiamata dall'onorevole Corsini nelle sue iniziali osservazioni) ha avuto il solo fine di evitare che dimissioni presentate allo scopo di rimuovere l'ineleggibilità non fossero tuttavia idonee a impedire lo slittamento al turno elettorale amministrativo dell'anno successivo delle elezioni del sindaco o del presidente della provincia e del rispettivo consiglio; la citata disposizione non riveste pertanto alcuna rilevanza nell'ottica della valutazione della sussistenza di una ineleggibilità, riguardando essa soltanto la disciplina della irrevocabilità delle dimissioni e degli effetti che ne conseguono nell'ambito dell'ordinamento dell'ente locale.
Sulla base dei predetti motivi, il Comitato ha, quindi, proposto di accertare l'ineleggibilità dell'onorevole Paolo Corsini e di deliberarne pertanto, ai sensi dell'articolo 17, comma 5, del regolamento della Giunta, la contestazione dell'elezione.
Nella seduta del 10 dicembre 2009 la Giunta ha, infine, approvato la proposta del Comitato di accertamento della ine
leggibilità del deputato Paolo Corsini e di conseguente contestazione della sua elezione.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Orsini.
Do ora la parola, come previsto, al candidato Dioli o al suo rappresentante.
ENRICO DIOLI, Candidato primo dei non eletti. Buongiorno a tutti. Questa è una di quelle riunioni che spero nella mia vita non si ripeta più. Per professione ho fatto delle riunioni una delle caratteristiche del mio impegno, ma non vi nascondo che questa è una riunione che affronto con una particolare sensibilità. Tuttavia, posso garantirvi che vi partecipo con determinata serenità, nel senso che non entrerò nel merito delle deduzioni legali, come già riportate dal mio rappresentante, avvocato Ezio Trabucchi, in un'apposita memoria, ma mi limiterò a dire che a me pare esservi, in questa problematica, un dato normativo incontrovertibile a sostegno delle tesi della ineleggibilità dell'onorevole Corsini, come peraltro opportunamente evidenziato dal lavoro della Giunta.
Il motivo per il quale non ho fatto il ricorso in primis è perché ho scelto, nella mia vita, di approcciarmi alle istituzioni sempre con un senso di generosità, ma anche di sobrietà. Posso testimoniare questo mio approccio alle elezioni perché nella passata legislatura, ancora una volta primo dei non eletti, con la gestione di accordi che dovevano prevedere votazioni e dimissioni, ho affrontato quella situazione - credo di poterlo dire senza ombra di smentita - con molta sobrietà e, soprattutto, rispetto delle istituzioni e delle loro decisioni.
Il motivo così evidente di ineleggibilità e il fatto che più cittadini, amici, sostenitori politici presenti sul territorio abbiano assunto loro questa iniziativa mi è parso sufficiente per lasciare che le istituzioni e le loro regole facessero il loro corso e arrivassero ad affrontare le questioni per quello che sono. Personalmente mi sono sempre astenuto dall'invischiare questo problema dentro la politica quotidiana. Mi pare, infatti, che i problemi che nascono nell'ambito delle istituzioni debbano trovare, nei loro luoghi e seguendo le loro regole, l'approccio più neutro possibile, non influenzato da valutazioni che, invece, dovranno trovare - come penso giusto e legittimo - luogo nell'Aula della Camera. Qualora oggi la Giunta dovesse deliberare su questa proposta di ineleggibilità, sarà l'Assemblea il luogo entro il quale si eserciteranno le valutazioni e le decisioni. Sono cosciente, dunque, che la decisione che
sarà assunta in quel luogo sarà da me rispettata comunque.
Voglio solo aggiungere qualche valutazione in merito a questo problema. Ho apprezzato il sostanziale rispetto dei tempi della procedura, anche se, essendo un uomo di montagna, ogni tanto mi sono io stesso cimentato in un atteggiamento di attesa in merito alla stessa; insomma, i venti mesi lasciavano perplessità dentro la discussione e io ne ho apprezzato il sostanziale rispetto. I tempi dell'iter istruttorio hanno consentito sicuramente all'onorevole Corsini, a quanto mi risulta, di maturare l'esperienza politica dentro le istituzioni e i diritti.
Per me sono stati mesi difficili, poiché, non avendo ancora deciso di andare in pensione dalla vita politica e svolgendo attività politica sul territorio, mi risultava difficile, in questi mesi, interloquire con le istituzioni e con le organizzazioni, in quanto ogni volta che mi sedevo a un tavolo mi si chiedeva se a Roma avevano deciso. Voi capite bene che fare politica, interloquire con le istituzioni ed essere chiamato, al primo approccio, a rispondere sempre alla stessa domanda, alla quale ho dovuto opporre un gesto di attesa, non mi ha facilitato.
Sono andato avanti e sono certo che anche oggi, come dicevo all'inizio, mi vedete determinato ma anche molto sereno. Naturalmente spero che termini questo iter e che la questione passi al più presto all'Assemblea della Camera per concludersi definitivamente.
Auspico che se la Giunta, dopo questa seduta pubblica, dovesse deliberare la proposta di ineleggibilità dell'onorevole Corsini
e inviarla alla Camera, l'Aula non si sottragga a un principio secondo me fondamentale, quello del rispetto delle regole. Le leggi, fin quando ci sono, vanno rispettate. Se non vanno bene, le si cambia e dopo si agisce in base a quelle successive. Questo è un principio molto importante, fondamentale, almeno per me; è uno dei principi cardine per chi decide di svolgere attività politico-amministrativa.
Il momento politico ce lo impone. Le difficoltà politiche che sta attraversando il Paese, l'evoluzione politica che stiamo affrontando ci impongono di mantenere saldi nei confronti dei cittadini alcuni princìpi fondamentali, secondo me sacri e indispensabili. Uno di questi è il rispetto delle leggi. Io sono certo che tale principio troverà una piena attuazione anche rispetto a questa situazione che stiamo affrontando oggi.
PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Corsini.
PAOLO CORSINI. Grazie, signor presidente. Innanzitutto devo dire che ho apprezzato la pacatezza dell'esposizione del collega Dioli (lo chiamo collega perché siamo entrambi impegnati nell'attività politica). Peraltro, il collega Dioli non ha presentato un formale ricorso, credo anche nel quadro di una considerazione più generale, ossia che tutti noi che siamo stati eletti nella lista lo siamo stati in ragione di una designazione. Questo, del resto, è un argomento che io ho utilizzato per documentare quella che a me sembra un'arretratezza delle norme attualmente vigenti rispetto all'evoluzione di una prassi ormai definita.
Vorrei fare alcune considerazioni. Vedo nella documentazione che posso consultare soltanto in questo momento che, in relazione all'attività che ho espletato dal 26 febbraio al 7-8 marzo (in realtà consegnai la domanda al Prefetto la sera del 7, ma la mia cessazione fu formalizzata la mattina dell'8), si cita la mia partecipazione a un'assemblea della società A2A, alla quale ero tenuto, al di là della mia volontà, in quanto legale rappresentante del comune.
In secondo luogo, non ho alcuna esitazione ad appellarmi alla comprensione dei colleghi, perché, non essendo io un giurista - poi mi rimetterò all'intervento dell'avvocato Pellegrino - potrei dire summum ius summa iniuria, nel senso che il collega presidente Orsini, che ha steso una relazione che io trovo molto equilibrata e veritiera, sostanzialmente non ha sottaciuto il fatto che probabilmente sarei l'unico deputato, nella storia della Repubblica, ad essere stato estromesso dalla Camera per ben due volte.
Nel 1998 ero parlamentare e fui eletto sindaco; nell'aprile del 1999 fu applicata una norma, letta in termini di incompatibilità, che mi estromise dalla Camera. Dal 1999 ad oggi, anche nel caso di autorevolissimi colleghi oggi presenti in Aula, quella norma non è più stata applicata, nel senso che la giurisprudenza valuta tale situazione in termini di compatibilità. Credo che sarebbe abbastanza mortificante, in qualche misura, subire una seconda estromissione.
Al di là delle norme - anch'io evidentemente condivido la valutazione e l'impegno del collega Dioli ad un rispetto delle regole, delle norme e delle leggi - resta il fatto che queste sono del tutto incompatibili con l'evoluzione che la contesa politica elettorale ha vissuto nel corso del tempo.
Concludo, dunque, rimettendomi alla valutazione che i colleghi in questa sede ed eventualmente in Assemblea vorranno esprimere sul mio caso.
PRESIDENTE. Ricordo che ora è possibile, per il tramite della presidenza, rivolgere delle domande alle parti.
Non essendovi richieste di intervento, do la parola, per la replica, all'avvocato Ezio Trabucchi, rappresentante del candidato Dioli.
EZIO TRABUCCHI, Rappresentante del candidato Dioli. Buongiorno a tutti. Intanto consentitemi di ringraziare l'onorevole Migliavacca, presidente della Giunta, in quanto mi ha riservato una cortesia. Come è stato ricordato dal coordinatore
del Comitato, avevo presentato, a suo tempo, a titolo personale - certo, ero portatore di un interesse politico diffuso sul territorio - un esposto in merito alla presunta ineleggibilità dell'onorevole Corsini. Al mio esposto a titolo personale ne sono seguiti altri. Formalmente, dunque, non ero né ricorrente, né rappresentante del ricorrente.
Oggi, in questa sede, sono rappresentante di Enrico Dioli e la cortesia che mi ha riservato il presidente Migliavacca è stata quella di rispondere a un mio invito a conoscere, dopo l'esposto che ho presentato, l'iter istruttorio. Sottolineo questa cortesia perché è segno di grande trasparenza istituzionale.
Detto questo, esprimerò solo alcune osservazioni per quanto mi compete sotto il profilo giuridico. Sarò molto breve, intanto perché ho presentato una memoria che è agli atti della Giunta, in secondo luogo perché a me pare che la proposta del Comitato di accertamento della ineleggibilità dell'onorevole Corsini e conseguente contestazione della sua elezione - peraltro approvata all'unanimità nella seduta del dicembre scorso - sia una proposta ben articolata sotto un profilo giuridico e compiutamente motivata.
Ricordo innanzitutto la norma, che è una norma vigente e cogente: l'articolo 7, primo comma, lettera c), del testo unico n. 361/1957. La norma dichiara esplicitamente che i sindaci di comuni con popolazione superiore a 20 mila abitanti non sono eleggibili alla carica di deputato della Repubblica italiana, salvo che si verifichino alcune condizioni, sia nel caso di scioglimento anticipato delle Camere, sia alla scadenza naturale.
Come è noto, la XV legislatura (quella scorsa) si è chiusa anticipatamente. Lo scioglimento è stato disposto con decreto del Presidente della Repubblica del 6 febbraio 2008. In tale ipotesi, come prevede la norma, la causa di ineleggibilità fra la carica di sindaco e quella di deputato non ha effetto se la funzione sindacale (ossia di sindaco) cessa entro sette giorni successivi alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto di scioglimento delle Camere. Come è stato opportunamente evidenziato anche dal Comitato, l'onorevole Corsini, allora sindaco di Brescia, avrebbe dovuto dimettersi entro il 13 febbraio. Questo, però, non è avvenuto, noi presumiamo per la ragione esposta in qualche sua deduzione dall'onorevole Corsini: la Giunta municipale di Brescia, in quell'occasione, aveva sottolineato l'esigenza di evitare il commissariamento del comune. Questa, però, è una ragione di
opportunità politico-amministrativa che nulla ha a che vedere con la norma.
L'onorevole Corsini è decaduto d'ufficio dalla carica di sindaco quando ha accettato la sua candidatura alla Camera dei deputati; in quel momento, dunque, è scattato il profilo di questa norma che prevede l'ineleggibilità.
Nelle sue deduzioni, l'onorevole Corsini sottolinea che, nel caso di scioglimento anticipato delle Camere, come nel caso in esame, prevarrebbe rispetto al dettato normativo la cessazione di fatto delle funzioni di sindaco. Anche in questo caso, in maniera molto precisa e puntuale il Comitato ha ricordato che non c'è nessun dato normativo, neppure nella richiamata evoluzione giurisprudenziale, che possa essere addotto a sostegno di questa tesi.
PRESIDENTE. Grazie, avvocato Trabucchi.
EZIO TRABUCCHI, Rappresentante del candidato Dioli. Non ho finito, comunque lo considero un invito a chiudere e mi avvio alla conclusione.
Esprimo un'ultima considerazione, per scrupolo difensivo. Come ricordava l'onorevole Corsini, ho presentato documentazione atta comunque a dimostrare che nel periodo intercorrente tra il 13 febbraio, che è la scadenza prevista in quel caso per rassegnare formalmente le dimissioni, e l'8 marzo, momento dell'accettazione della candidatura alla Camera, l'onorevole Corsini ha svolto effettivamente funzioni di sindaco, partecipando, come lui stesso ha ricordato, a un'assemblea importante degli azionisti di A2A, nella veste di sindaco di Brescia, quindi rappresentante del socio di
riferimento - il comune di Brescia, insieme al comune di Milano - di questa società.
Non sottolineo altre deduzioni, che mi paiono poco rilevanti, espresse dall'onorevole Corsini, ad esempio in merito al fatto di aver ricevuto rassicurazioni da parte dell'ANCI circa il fatto che le sue mancate dimissioni non l'avrebbero posto in una condizione di ineleggibilità. Superflue ritengo, altresì, altre deduzioni.
Per conto di Enrico Dioli e insieme a lui, noi confidiamo che la Giunta, tra poco, in camera di consiglio, possa deliberare la proposta all'Assemblea di annullamento dell'elezione, peraltro già contestata, dell'onorevole Paolo Corsini.
Vi ringrazio.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
Do la parola all'avvocato Pellegrino, rappresentante del deputato Corsini.
GIOVANNI PELLEGRINO, Rappresentante del deputato Corsini. Grazie, presidente. Chiedo a lei e ai membri di codesta onorevole Giunta, che saluto, un attimo di pazienza perché, nel prendere la parola in difesa dell'amico Corsini, non riuscirò a essere brevissimo. Sarò ragionevolmente breve, facilitato in ciò da quello che ho letto nella relazione dell'onorevole Orsini del 10 dicembre scorso, che costituisce oggi la motivazione dell'atto di contestazione, perché è la motivazione della proposta di contestazione formulata dal Comitato, che la Giunta ha accolto, ad aprire questa fase contenziosa.
La relazione dell'onorevole Orsini è estremamente precisa nell'esporre le ragioni, di fatto e di diritto, cui Paolo Corsini affidò la dimostrazione della sua eleggibilità nelle due lettere che sono state ricordate nella relazione odierna, ovvero nella fase pre-contenziosa.
Ora, le ragioni in fatto sono state accolte dal Comitato, quindi oggi costituiscono un punto fermo della nostra discussione. Voglio dire che nella relazione del Comitato, quindi nella motivazione della contestazione, si dice espressamente che non risulta che Corsini, quale sindaco di Brescia, abbia compiuto alcuna iniziativa o assunto provvedimenti che potessero dare sostanza al sospetto che egli intendesse utilizzare la propria carica elettiva per trarne vantaggio in vista dell'appuntamento elettorale, nel periodo temporale che assume rilevanza e su cui poi tornerò.
In realtà, quindi, la contestazione dell'elezione è motivata soltanto da una questione di diritto, ossia dalla circostanza che il Comitato e poi la Giunta hanno ritenuto che la cessazione fattuale delle funzioni dovesse comunque essere preceduta da dimissioni formali dalla carica di sindaco.
Il Comitato riconosce che ciò non è richiesto dal testo dell'ultimo comma dell'articolo 7 del testo unico n. 361/1957, ma ritiene che in via interpretativa il silenzio di questa disposizione possa essere colmato da un'altra disposizione dell'articolo 7 che, con riferimento all'ipotesi ordinaria di cessazione della legislatura, prevede che il sindaco debba cessare dalle funzioni almeno centottanta giorni prima della scadenza naturale della legislatura e che questa cessazione debba essere preceduta da dimissioni formali.
Mi permetto, su questo, di esprimere una garbatissima opinione di dissenso. Vi invito a riflettere su una questione. Se nell'ipotesi di scioglimento normale della Camera il sindaco presenta le dimissioni il centottantunesimo giorno che precede la scadenza della legislatura e dal giorno successivo si astiene dallo svolgere le funzioni di sindaco, non per questo dal centottantesimo giorno il sindaco cessa di essere tale, e cioè cessa dalla carica. Perché nel sistema degli enti locali vigente al momento in cui fu emanato il testo unico del 1957, le dimissioni del sindaco diventavano efficaci soltanto quando venivano accettate dal consiglio comunale; era esplicito in questo senso l'articolo 10 del testo unico del 1934.
Se, quindi, il centottantunesimo giorno prima della scadenza naturale delle Camere il sindaco si fosse dimesso e contemporaneamente avesse cessato dall'esercizio delle funzioni, sarebbe rimasto sindaco fino a quando il consiglio comunale
non avesse accettato le dimissioni. Sarebbe stato, quindi, possibile che il metus potestatis a cui accenna la proposta del Comitato, accolta dalla Giunta, si esercitasse, pur nell'assenza di atti di esercizio della funzione.
Solo se ragioniamo così possiamo dare senso a un'ulteriore disposizione contenuta nell'articolo 7, quella che collega comunque all'accettazione della candidatura la decadenza dalla carica. Il sistema è dunque chiaro: nell'ipotesi di scioglimento normale, il sindaco deve cessare dalle funzioni deve dimettersi centottanta giorni prima della cessazione della legislatura. Restava, però, in carica finché il consiglio comunale non accettava le dimissioni, quindi poteva esercitare il metus potestatis. Questo, però, non poteva farlo durante la campagna elettorale perché, nel momento in cui accettava la candidatura, immediatamente decadeva dalla carica di sindaco.
La norma in questo modo riconosce implicitamente che le dimissioni non facevano cessare la carica di sindaco, ma collega la decadenza all'accettazione della candidatura durante i centottanta giorni. Si tenga presente che, per come andavano le cose, il consiglio comunale si sarebbe potuto convocare anche dopo due o tre mesi, in quanto non c'erano scadenze per la convocazione. Era possibile, in quel caso, che un soggetto restasse sindaco, ma la legge specificava che, oltre alla cessazione dall'esercizio delle funzioni, nel momento in cui lo stesso accettava la candidatura decadeva da sindaco.
Questo spiega perché il settimo comma dell'articolo 7, quello che riguarda l'onorevole Corsini, non faccia alcun cenno alle dimissioni formali. Del resto, siccome lo spazio temporale che apre è di appena sette giorni, non sarebbe stato mai possibile che in quei sette giorni le dimissioni venissero accettate dal consiglio. Quindi, se si fosse attribuito rilievo alle dimissioni, le stesse sarebbero state un fatto ex se irrilevante, perché nei sette giorni non si sarebbero mai potute perfezionare. Ecco perché, in questo caso, ciò che funziona è l'astensione dall'esercizio delle funzioni e la decadenza dalla carica, che si collega automaticamente all'accettazione della candidatura.
Non è vero - anche qui manifesto un garbato dissenso rispetto alla relazione dell'onorevole Orsini - che il quinto comma della norma che collega all'accettazione della candidatura la decadenza del sindaco abbia una natura o una funzione sanzionatoria della violazione della regola sull'eleggibilità, dal momento che la violazione della regola ha sanzione autosufficiente nell'annullamento delle elezioni. Ciò che la norma vuole garantire, in quella logica di chiusura a cui accennavo prima, è la sua effettività, perché finisce per escludere che il metus potestatis possa essere esercitato durante la campagna elettorale.
In realtà, nel momento in cui annullate un'elezione perché ritenete il risultato elettorale turbato dalla captatio voti o dal metus publicae potestatis non ristabilite la genuinità del risultato elettorale, né con il sistema elettorale vecchio né con il sistema attuale. È soltanto il candidato che ha violato la regola che non se ne può giovare, ma se ne giova il sostituto, in questo caso il dottor Dioli, perché lo spostamento elettorale è potuto andare a danno di altri candidati di diversi partiti.
Questo è il senso del quinto comma dell'articolo 7: dare effettività all'accettazione della candidatura come momento rescissorio della carica che determina l'ineleggibilità, per escludere che quella carica, anche se soltanto formalmente posseduta, possa avere effetti lungo lo svolgimento della campagna elettorale. Il sistema si chiude.
Di questo vi chiederei di cercare conferma in due norme, che peraltro non hanno riguardato le elezioni politiche del 2008, ma quelle del 2006: l'articolo 3 e l'articolo 3-bis che furono inseriti nella legge n. 270 del 2005. Nella legge c'era una prima norma transitoria, l'articolo 3; prima ancora che la legge entrasse in vigore, con decreto-legge fu inserito l'articolo 3-bis.
Ebbene, entrambe le norme fanno sempre riferimento all'ipotesi del tempo entro
il quale bisognava cessare dalle cariche che determinavano l'ineleggibilità, ma fanno sempre riferimento esclusivo alla cessazione delle funzioni e non nominano mai l'istituto delle dimissioni.
Abbiamo avuto nel tempo tre norme - l'ultimo comma dell'articolo 7 e le due norme che ho appena citato - che, nell'ipotesi di scioglimento anticipato delle Camere, fanno riferimento soltanto alla cessazione delle funzioni.
Per la verità, nella prima lettera dell'onorevole Corsini citata nella relazione, si faceva riferimento a una norma ulteriore, ossia l'articolo 5 del decreto-legge n. 24/2008, convertito in legge n. 30/2008, perché questa è l'unica norma che, con riferimento alle dimissioni presentate dal sindaco in funzione della candidatura al Parlamento nei sette giorni successivi allo scioglimento della Camera, attribuisce rilievo alle dimissioni. Però, quelle dimissioni, che in deroga alla legge oggi vigente nel testo unico degli enti locali diventano efficaci soltanto se non vengono revocate nei venti giorni successivi, in quel caso specifico sarebbero divenute efficaci il 26 febbraio.
Sul punto condivido le osservazioni formulate dal collega Trabucchi nelle sue deduzioni scritte: questa non è una norma che riguarda le elezioni politiche. Infatti, pur essendo inserita in un testo normativo che riguarda sia le elezioni politiche sia le elezioni amministrative, essa disciplina soltanto le elezioni amministrative e deroga - perché abbrevia - il termine entro cui diventavano efficaci le dimissioni se non revocate. La norma, quindi, non riguarda la disciplina dell'ineleggibilità, tant'è vero che nella contestazione voi ritenete che la cessazione delle funzioni e le dimissioni si sarebbero dovute verificare il 13 febbraio, quindi sostenete che c'è stato un ritardo di una ventina di giorni nell'atto con cui l'onorevole Corsini si è dimesso. Se, invece, si applicasse quella norma il termine sarebbe molto più breve, solo di otto giorni, 26 febbraio-8 marzo. Quindi, è pacifico che quella norma non si
applichi, ma quella è l'unica norma in cui, nell'ipotesi di scioglimento anticipato della Camera, si fa riferimento non soltanto alla cessazione delle funzioni, ma anche alle dimissioni, però nella prospettiva di modificare l'ordinamento degli enti locali e di fissare un termine anticipato (26 febbraio) entro cui le dimissioni divenivano irrevocabili e, quindi, efficaci.
Sia nel sistema del testo unico del 1934, sia nel sistema dell'attuale testo unico degli enti locali, le dimissioni, finché non vengono accettate dal consiglio (nel vecchio sistema) o se non vengono revocate entro venti giorni (nel sistema attuale) diventano irrevocabili, ma fino a quel momento non sono efficaci. Esse rappresentano solo una manifestazione di volontà subordinata a un termine iniziale di efficacia o a una condizione iniziale di efficacia che non si è verificata.
Avrei concluso, tuttavia sento il dovere di formulare, in subordine alla conclusione di una pronuncia di convalida dell'elezione dell'onorevole Corsini, una richiesta subordinata. In questo sono stato stimolato dalla relazione esposta dall'onorevole Orsini. Tale relazione dubita della costituzionalità della norma della cui applicazione stiamo discutendo. Lo dice in termini chiarissimi, allorché afferma che la norma introduce irragionevoli disparità di trattamento tra titolari di cariche elettive non nazionali ai fini dell'accesso al Parlamento nazionale. È così.
Vorrei dire, a questo punto, qualcosa al controinteressato Dioli. È vero, le regole vanno rispettate finché non si cambiano. Questo, però, in un sistema a Costituzione rigida non è assolutamente vero, perché prima di sanzionare un comportamento in contrasto con una norma è dovuto un esame preliminare della legittimità costituzionale della norma stessa. Questo è il sistema a Costituzione rigida.
Abbiamo allora questo paradosso: voi contestate l'elezione di Corsini in applicazione di una norma della cui costituzionalità dubitate; dire, infatti, che la norma introduce un'irragionevole disparità di trattamento tra situazioni analoghe o corrispondenti, significa dubitare della conformità di quella norma al precetto fondamentale dell'articolo 3 della Costituzione.
La domanda è la seguente: cosa fa, in un caso di questo genere, una Giunta delle elezioni?
Una giurisprudenza abbastanza remota delle sezioni unite della Cassazione già nel 1980 si pose il problema se fosse possibile alla Giunta delle elezioni, quindi a voi, sollevare nel procedimento di verifica parlamentare dei poteri l'incidente di legittimità costituzionale previsto dall'articolo 3 della legge 11 marzo 1953, n. 87. In altri termini, la Cassazione a sezioni unite sosteneva che non poteva essere il giudice ordinario a domandarsi se le norme che presiedono alla verifica dei poteri siano o non siano costituzionali, perché può competere solo agli organi parlamentari stabilire se sia possibile per gli stessi nel loro procedimento di verifica dei poteri l'inserimento del processo pregiudiziale. Questa, però, era la situazione ordinamentale del 1980.
Su questo punto si sono succeduti, in maniera rapida, una serie di elementi nuovi: pronunce vostre, degli organismi parlamentari, e pronunce della Cassazione, che sembrano avere individuato in maniera definitiva nelle Giunte organi di natura giurisdizionale e che svolgono funzioni giurisdizionali. Se è così, rientra nei vostri poteri sollevare l'incidente di legittimità costituzionale davanti alla Corte costituzionale.
Ho rintracciato, negli atti parlamentari, una bella relazione del senatore Mercatali alla Giunta delle immunità del Senato nella seduta del 20 maggio 2009 (resoconto sommario n. 33), in cui il senatore riassume tutti i termini della questione e chiede alla Giunta, proponendo il testo, di approvare un'ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale. La Giunta, in maniera non motivata, non accettò questa proposta, però - e questo mi sembra decisivo - pochissimo tempo fa, il 21 ottobre 2009, è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale la sentenza 5 ottobre 2009 n. 259 della Corte costituzionale che ha risolto il problema. La Corte costituzionale ha detto con chiarezza: «la natura giurisdizionale del controllo sui titoli di ammissione dei suoi componenti attribuiti in via esclusiva con riferimento ai parlamentari a ciascuna Camera, ai sensi dell'articolo 66, è pacificamente riconosciuta, nelle ipotesi di contestazione, dalla
dottrina e dalla giurisprudenza quale funzione giurisdizionale». La Corte, dunque, ha tratto la conseguenza che non è vero che nell'ordinamento esiste un vuoto di tutela delle situazioni giuridiche soggettive nel procedimento elettorale preparatorio delle elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Qui si tratta, invece, di condizioni di eleggibilità.
Questo è il problema che pongo a un organo come questo. Ricordo che quando, molti anni fa, presiedevo la Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato, ebbi un confronto «dialettico» con il Presidente Cossiga, che sosteneva che noi allora svolgessimo una funzione politica; per parte mia, gli opponevo che, a mio avviso, la nostra era una funzione giurisdizionale e aggiungevo, in una prospettiva di riforma, che se avessimo accentuato il carattere politico del nostro agire, prima o poi avremmo avuto una riforma che ci avrebbe sottratto il potere e l'avrebbe attribuito alla Corte costituzionale.
Questo problema del vuoto di tutela riguarda l'onorevole Corsini. Se oggi proponeste all'Assemblea l'annullamento della sua elezione, in virtù di una norma della cui costituzionalità voi stessi dubitate, quale tutela avrebbe l'onorevole Corsini? Nessuna. Quindi, avremmo il caso di un cittadino che subisce una diminuzione della sua situazione soggettiva in applicazione di una norma incostituzionale e non potrebbe in alcuna sede sollevare l'incidente di legittimità costituzionale.
Affido, allora, pacatamente alla vostra saggezza questa riflessione. In un caso come questo, è più giusto affidarsi a un'immotivata giurisprudenza d'Assemblea, come è avvenuto per i deputati Bodega e Neri, oppure è più giusto e più conforme all'armonia dell'ordinamento che la Giunta sollevi essa stessa la questione di costituzionalità di fronte alla norma? In realtà, affidarsi al voto dell'Assemblea che respinge la vostra proposta di annullamento dell'elezione si risolverebbe
in una disapplicazione della norma, operata direttamente dall'organo politico. Ha senso che il Parlamento disattenda le leggi avendo il potere di modificarle e non avendolo esercitato? Oppure è più giusto che il mancato esercizio del potere di modifica chiami un organo del Parlamento con funzioni giurisdizionali a chiedere al giudice delle leggi di interrogarsi sulla legittimità costituzionale di quella norma?
Non voglio aggiungere altro, signor presidente. Vorrei soltanto affidare al verbale la seguente conclusione. Chiedo che la Giunta, in via principale, voglia convalidare l'elezione dell'onorevole Paolo Corsini; in via subordinata, voglia con propria ordinanza dichiarare non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'articolo 7, comma primo, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, per contrasto con l'articolo 3 della Costituzione repubblicana, per tutte le ragioni di disparità di trattamento, con riferimento ai titolari di cariche elettive non nazionali che intendano candidarsi alle elezioni per la Camera esposte nella relazione dell'onorevole Orsini del 10 dicembre 2009, sospendendo il giudizio di contestazione sino alla decisione della Corte costituzionale, perché il vostro regolamento vi consente di adottare decisioni non definitive.
In via ancora più subordinata, nell'ipotesi denegata di proposta alla Camera dell'annullamento dell'elezione dell'onorevole Corsini, vi chiedo di esporre nella relazione all'Assemblea le ragioni per cui, pur nel ravvisato dubbio di costituzionalità - affidato alla relazione Orsini del 10 dicembre 2009 - non si è ritenuto di rimettere la questione alla Corte costituzionale. Questo potrebbe consentire, sempre ai sensi del vostro regolamento, che sia presentata una mozione di dissenso all'Assemblea e che sia motivata con riferimento a questo specifico problema.
PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti.
Sospendo l'udienza pubblica per consentire alla Giunta di riunirsi in camera di consiglio. Invito, quindi, le parti, i loro rappresentanti e il pubblico ad uscire dall'aula, cui saranno successivamente riammessi alla ripresa dell'udienza pubblica.
(La Giunta si riunisce in camera di consiglio).
La seduta pubblica, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 16,30.
PRESIDENTE. Do lettura della delibera adottata dalla Giunta all'unanimità:
«La Giunta delle elezioni,
in udienza pubblica, udita l'esposizione del relatore e gli interventi delle parti, riunitasi in camera di consiglio;
visto l'articolo 7, primo comma, lettera c), e settimo comma del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, recante il testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati;
sottolineato che la disciplina legislativa in materia di ineleggibilità dei sindaci di comuni con popolazione superiore a 20 mila abitanti e dei presidenti di provincia presenta elementi di incoerenza a seguito del mutamento del sistema elettorale nonché in rapporto al trattamento in termini di mera incompatibilità che l'ordinamento riserva invece a cariche elettive di altra natura, e tenuto altresì conto che la giurisprudenza parlamentare nelle scorse legislature è orientata a considerare le medesime cariche di cui all'articolo 7 del testo unico n. 361/1957 compatibili con il mandato parlamentare;
considerato, tuttavia, che il giudizio della Giunta sulle ineleggibilità, coinvolgendo diritti fondamentali quali quelli elettorali, non può che essere di stretta applicazione delle norme vigenti, le quali prevedono che la situazione di ineleggibilità del sindaco che intenda candidarsi alla Camera può essere rimossa con l'effettiva astensione dalle funzioni preceduta dalla formale presentazione delle dimissioni entro i termini prescritti dalla legge;
respinto ogni contrario avviso in procedendo e nel merito,
delibera:
di proporre all'Assemblea l'annullamento per motivi di ineleggibilità dell'elezione per la IV Circoscrizione Lombardia 2 del deputato Paolo Corsini e la proclamazione in suo luogo del candidato Enrico Dioli, per la lista Partito democratico.
Così deciso in Roma, in questa sede, alle ore 16,30».
Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa la seduta.
La seduta pubblica termina alle 16,35.