Sulla pubblicità dei lavori:
Dal Lago Manuela, Presidente ... 3
Audizione del Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, sulle misure adottate per la crescita del Paese (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Dal Lago Manuela, Presidente ... 3 8 14 16 17 24
Conte Gianfranco, Presidente ... 33
Barbato Francesco (IdV) ... 17
Causi Marco (PD) ... 20
Cimadoro Gabriele (IdV) ... 13
D'Antoni Sergio Antonio (PD) ... 23
Formisano Anna Teresa (UdCpTP) ... 10
Froner Laura (PD) ... 14
Fugatti Maurizio (LNP) ... 9
Graziano Stefano (PD) ... 23
Lulli Andrea (PD) ... 12
Pagano Alessandro (PdL) ... 15
Passera Corrado, Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti ... 3 25
Pezzotta Savino (UdCpTP) ... 17
Pugliese Marco (Misto-G.Sud-PPA) ... 20
Scarpetti Lido (PD) ... 11
Testa Federico (PD) ... 8
Vaccaro Guglielmo (PD) ... 24
Ventucci Cosimo (PdL) ... 19
Vico Ludovico (PD) ... 15
Vignali Raffaello (PdL) ... 22
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente
Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 10.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, sulle misure adottate per la crescita del Paese.
Sono presenti, inoltre, il consigliere Gerardo Mastrandrea, capo dell'Ufficio legislativo, il dottor Antonino D'Ambrosio, capo della Segreteria del Ministro, la dottoressa Anna Bonanno, capo dell'Ufficio rapporti con il Parlamento, il dottor Stefano Porro, capo dell'Ufficio stampa.
Per accelerare i lavori, avverto che il termine per la presentazione di emendamenti al disegno di legge C. 5312 di conversione del decreto-legge recante «Misure urgenti per la crescita del Paese» è fissato alle 18 di lunedì 9 luglio. Al momento l'inizio dei lavori su questo decreto sarebbe spostato di due giorni, dal lunedì al mercoledì, con previsione di conclusione dell'esame entro la giornata di venerdì.
Do la parola al Ministro per la sua relazione, ricordandogli che, se vuole, per accelerare i tempi, dal momento che i parlamentari hanno domande da porgerle - abbiamo già visto il testo del decreto, ma, se ha un'ulteriore relazione, la può consegnare - può procedere per punti e poi lasciare la parola ai deputati, per rispondere, infine, alle loro domande.
Do la parola al Ministro Passera per lo svolgimento della relazione.
CORRADO PASSERA, Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie, presidente. Se siamo d'accordo, svolgerei una breve introduzione, senza leggere né documenti, né altro, in modo tale da lasciare più tempo possibile alle domande.
Questo è un provvedimento che si inquadra in un filone di attività che chiamiamo «Agenda per la crescita sostenibile», un filone di attività che ha toccato tutti i decreti che via via si sono susseguiti (a partire dal «Salva Italia»). Come ricorderete, prima siamo intervenuti attraverso il credito e i 20 miliardi del Fondo centrale di garanzia, poi c'è stata la revisione della fiscalità per le imprese, per premiare le imprese che capitalizzano e assumono, con i 14 miliardi di ACE e di IRAP.
Nel corso dei successivi decreti ci si è dedicati molto alla revisione della normativa sulle infrastrutture, che in parte ha permesso di accelerare i quasi 30 miliardi di delibere del CIPE. Molte norme sono state introdotte per attirare e rendere più appetibile l'investimento in infrastrutture per accelerare i processi.
Poi c'è stato il «Cresci Italia», con il tema delle liberalizzazioni, e, infine, è arrivato questo decreto, nel quale vengono raccolte alcune misure, grandi e piccole, che vanno tutte a riempire lo schema generale.
Esso vuole intervenire sia sulle ragioni e sulle leve di fondo della competitività delle imprese, quali internazionalizzazione, innovazione e crescita dimensionale, sia sulle condizioni di contorno che rendono un Paese più o meno competitivo. Come sapete, interveniamo sia in campo infrastrutturale, sia nel campo della giustizia, sia dal punto di vista fallimentare, sia dal punto di vista del funzionamento dei processi civili. Sono tutte questioni che si inquadrano in un piano che, mese dopo mese, riempie questa Agenda e la completa.
Se vogliamo soltanto elencare i temi che consideriamo più rilevanti del decreto, senza leggerli, ma comunicando il senso della logica con cui sono state introdotte le diverse misure, notiamo che le prime sono misure a favore del lavoro.
Noi abbiamo pensato, avendo a disposizione una cifra per ora ancora limitata sul fronte dell'innovazione e della valorizzazione di quelle aziende e di quei «cervelli» che vogliamo far sì che rimangano in Italia, di introdurre un credito di imposta per le assunzioni di personale con particolari titoli di studio, senza intervenire sul tipo di PhD, cioè di dottorato di ricerca, per quanto riguarda i dottorati di ricerca, ma concentrando la selezione sulle lauree magistrali di area scientifica per quanto riguarda gli addetti alla ricerca.
Naturalmente quella dell'innovazione e dell'incentivazione alla ricerca rimane un'area da coprire meglio e dovremo farlo quando avremo i fondi. È già stata predisposta una misura per introdurre un credito di imposta a favore di coloro che investono in innovazione e in ricerca, però per questo scopo non c'erano ancora i soldi necessari, che sono misurabili tra i 700 e i 1.000 milioni all'anno.
Sempre in tema di lavoro, insieme al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbiamo concentrato le risorse disponibili del Fondo Kyoto in una serie di settori che reputiamo importanti della green economy. Anche in tale ambito abbiamo posto come condizione che i finanziamenti siano legati alla creazione di occupazione giovanile a tempo indeterminato.
L'elemento cui ho accennato a proposito della materia del lavoro - affrontato insieme al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - mi porta a sottolineare un altro aspetto molto qualificante di questo decreto. Esso contiene il contributo di tutti i ministeri del Governo, perché, quando si vuole generare una ripresa e si vogliono creare le condizioni strutturali di crescita di lungo periodo, dobbiamo sapere che tutti gli aspetti, dalla giustizia all'ambiente, dallo sviluppo alle infrastrutture, contribuiscono. Questo è il capitolo lavoro.
Per quanto riguarda il capitolo casa e famiglie, esiste un intervento più contingente, che, però, ci siamo sentiti in dovere di introdurre, dal momento che il settore delle costruzioni, che è uno di quelli a maggiore volano di occupazione, è sotto particolari difficoltà.
Abbiamo concentrato le risorse (non elevate) che abbiamo potuto identificare - alcune centinaia di milioni all'anno - per favorire l'apertura di piccoli e medi cantieri in tutta Italia, attraverso una possibilità di detrazione dall'IRPEF di lavori in casa fino a 96.000 euro, per molte case e per molte famiglie. Stiamo parlando di lavori anche di una discreta dimensione, concentrati nei prossimi dodici mesi.
Si tratta di un intervento di tipo contingente e anticiclico, teso a venire incontro, in un andamento del ciclo molto difficile in questo settore, al mondo sia dell'edilizia, sia dell'artigianato. Faccio notare, in proposito, che da tutte le parti ci è venuto un plauso per questa iniziativa.
Sempre nel mondo del lavoro in casa abbiamo ottenuto di prorogare di ulteriori sei mesi i benefici a favore degli interventi sull'efficienza energetica. Si tratta della continuazione e della conferma di un intervento di tipo strutturale che noi dovremo
trovare il modo di portare avanti, perché in questo caso c'è strutturalità, oltre che beneficio di tipo anticiclico.
Comunque, abbiamo portato a giugno dell'anno prossimo anche i benefici legati agli interventi di riqualificazione energetica. Speriamo che questo intervento possa rimanere anche più a lungo (come sapete, è già stabilizzato al 36 per cento, ma c'è l'idea di poterlo stabilizzare al 50 per cento).
Sempre nel campo dell'edilizia - un settore, oltre che in difficoltà, anche a grandissima valenza occupazionale - è stato introdotto un meccanismo di buonsenso riguardante l'IVA. Come sapete, oggi esiste un meccanismo per cui, se non si vende entro cinque anni, si perde la possibilità di utilizzare l'IVA. Poiché è molto frequente che aziende del settore non riescano a vendere nei tempi, è stata semplicemente estesa a un tempo più lungo la possibilità di non perdere l'IVA sull'invenduto.
Minori interventi nel campo dell'edilizia sono rappresentati da alcune semplificazioni autorizzative per favorire la velocizzazione dei lavori o dei piccoli lavori.
Per il mondo delle imprese troviamo due grandi interventi strutturali che mettono l'Italia in una situazione migliore di quella precedente, soprattutto per il mondo delle piccole e medie imprese e comunque delle imprese non quotate, nonché delle imprese in difficoltà.
Il primo riguarda la possibilità anche per le aziende non quotate di emettere strumenti oggi non a loro disposizione, in termini sia di cambiali finanziarie, sia di obbligazioni, sia di obbligazioni partecipative, che, da una parte, riducono o eliminano le penalizzazioni che le aziende non quotate avevano e, dall'altra, estendono la dimensione, i volumi e le percentuali in cui tali strumenti possono essere utilizzati.
Per quanto riguarda le obbligazioni partecipative subordinate, si crea un meccanismo di raccolta di fondi - non di capitale, ma di quasi capitale - che può venire incontro alle necessità di quelle aziende che non si sentono, non vogliono o non possono aprire il loro capitale, ma hanno necessità di avere nella loro struttura patrimoniale del «quasi equity» per poter pensare al proprio sviluppo.
È chiaro che stiamo parlando di strumenti finanziari non per il mondo retail e del largo pubblico. Ci siamo presi tutte le possibili garanzie in termini di destinazione di questi strumenti finanziari soltanto per il mondo degli investitori istituzionali, ma pensiamo che la disponibilità di strumenti di questo genere permetta di raccogliere risorse anche da fuori dell'Italia.
L'altra area di svantaggio competitivo delle aziende italiane rispetto a quelle di altri Paesi riguarda il modo in cui vengono gestite le crisi aziendali. Come sapete, oggi soltanto al momento dell'omologazione di interventi formalizzati (articoli 67 e 182-bis della legge fallimentare) l'azienda in difficoltà può essere posta sotto difesa rispetto ai creditori.
Con gli interventi che sono stati previsti nel decreto si offre la possibilità alle aziende che stanno per entrare in difficoltà di essere immediatamente difendibili, naturalmente sempre sotto il coordinamento del tribunale, e di poter avere credito in prededuzione (cosa che prima non poteva accadere), nonché di potere, sempre sotto la supervisione del tribunale, continuare a pagare i fornitori senza incorrere in difficoltà o addirittura rischiare di essere coinvolte in accuse di bancarotte preferenziali. Considerato che il numero delle aziende in difficoltà è ovviamente molto elevato, avere una specie di Chapter 11 anche in Italia ci è sembrata un'urgenza.
Passando al tema delle semplificazioni, viene creata una Srl semplificata - prima ce n'era una limitata agli azionisti particolarmente giovani, cioè sotto i trentacinque anni - e senza limiti di età. Naturalmente non tutte le attività economiche si prestano all'utilizzo di strumenti di questo genere. In una logica di creazione di nuove aziende - nei prossimi mesi parleremo di una serie di norme specifiche per favorire la nascita di nuove aziende - è semplicemente un primo assaggio, ma ci è sembrato giusto introdurlo.
Sul tema della semplificazione il mondo delle piccole imprese, ma anche delle imprese medio-grandi, ci ha segnalato una grossa difficoltà nell'introdurre un meccanismo di controllo della tracciabilità dei rifiuti che si chiama SISTRI. Esso è stato testato in diverse occasioni, ma, purtroppo, non ha portato ai risultati che ci si aspettava e comunque si è dimostrato un sistema molto complesso da semplificare. Soprattutto dal mondo delle piccole e medie imprese è pervenuta la richiesta forte, che abbiamo accolto, di sospendere l'adozione del meccanismo.
Sul tema delle infrastrutture in ogni decreto vengono aggiunte e assestate norme che favoriscono e che dovranno favorire l'investimento in tale ambito. Il nostro Paese ha accumulato un fortissimo ritardo e dobbiamo trovare meccanismi, anche straordinari, che siano in linea con quello di cui anche in Europa si sta discutendo.
L'intervento principale introdotto negli ultimi tempi è stato quello di offrire la possibilità di creare project bond, ossia strumenti che finanziano il progetto stesso. Oggi si suggerisce di favorire in modo particolare questo tipo di mezzo di finanziamento, concedendo un trattamento fiscale favorevole a questi project bond ed equiparandoli, in termini di fiscalità, ai titoli di Stato.
Si aggiungono alcuni altri vantaggi non piccoli, ma tutti tesi al fatto che dobbiamo accelerare, anche in questo caso, grandi, medi e piccoli lavori, che possono poi portarsi dietro altre attività; in ogni caso, in materia di infrastrutture strategiche, occorre soprattutto recuperare il ritardo che abbiamo accumulato.
Sempre in tema di finanziamento delle infrastrutture esisteva un valido meccanismo di finanziamento dei contributi pubblici in termini di defiscalizzazione. Poiché molte infrastrutture non si pagano da sole, quando lo Stato deve dare un proprio contributo, o è in grado di darlo o deve concederlo in altro modo. Abbiamo creato, quindi, taluni meccanismi - come, per esempio, le future detrazioni di imposta - per poter pagare ciò che lo Stato oggi non è in grado di pagare come suo contributo alla realizzazione di un'infrastruttura. Vengono quindi allargate le fattispecie in cui ciò è possibile.
Vengono poi introdotte alcune misure per accelerare i processi. Come vi ricorderete, abbiamo introdotto il meccanismo che permette di risparmiare quasi un anno nella registrazione dei progetti del CIPE alla Corte dei conti. Viene anticipata, poi, la Conferenza dei servizi a una fase preliminare, in modo tale che si guadagni tutto il tempo che si perdeva in seguito, tenendo la Conferenza dei servizi soltanto in una fase successiva.
Sul mondo delle infrastrutture e dell'edilizia - questo aspetto ricade nella categoria infrastrutture - vi è il Piano per le città. I meccanismi e gli strumenti che vengono messi a disposizione per utilizzare fondi esistenti oggi sono molto difficili da utilizzare, perché spezzettati nella governance di tali fondi. Il Piano nazionale per le città prevede una nuova fattispecie di contratto, che viene chiamata di valorizzazione urbana, e costituisce presso il Ministero una cabina di regia, la quale mette insieme i tanti enti che devono intervenire nell'utilizzo di questi circa 2 miliardi (ma ne può mettere in moto numerosi altri). Anche questo ci sembra uno strumento utile.
I porti sono un pezzo importante della logistica italiana. In merito viene introdotto un elemento che credo molta parte del Parlamento desiderasse da tempo, quello di cominciare a introdurre gradualmente un'autonomia finanziaria dei porti. I porti sono anche entità che raccolgono per conto dello Stato fondamentalmente IVA. Il meccanismo per il quale già da ora circa l'1 per cento di IVA e delle accise va direttamente ai porti diventa uno strumento sia di incentivazione a lavorare meglio, sia di disponibilità più prevedibile dei fondi.
Un'altra grande area di investimento nei prossimi anni, inquadrata in un Piano europeo molto convincente, è quella dell'Agenda digitale. Noi ci siamo trovati a lanciare alcuni progetti, sei in particolare, di grande interesse (quando volete ne
possiamo parlare). Mancava, però, il punto di riferimento, ossia una governance che fosse responsabile di portare avanti tali progetti.
Poiché erano numerose le Agenzie, i dipartimenti e le direzioni che nelle diverse parti della Pubblica amministrazione si occupavano di questo progetto, si è deciso di concentrare le tre principali entità coinvolte con la digitalizzazione e con l'informatizzazione del mondo pubblico, ossia il DigitPA, l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione e il Dipartimento per la digitalizzazione della PA della Presidenza del Consiglio, in un'unica nuova entità, l'Agenzia per l'Italia digitale, che ci dovrebbe aiutare a meglio svolgere questo ruolo di regia di questo grande mondo di investimenti, nel quale si segnalano il digital divide, l'e-government, l'e-commerce e alcuni interventi strutturali per consolidare le strutture informatiche del mondo pubblico.
Uno degli ultimi temi che vi volevo accennare è quello del mondo degli incentivi. Quello degli incentivi è un mondo in cui si sono accumulati strati e strati di legislazioni spesso complicate e tra loro incoerenti, nonché molto difficili per le aziende da capire. Solo nel nostro Ministero ci sono svariate decine di leggi tra loro sovrapposte e quasi 30.000 casi di procedure e di richieste in corso, alcune che datano addirittura dieci anni fa. Bisognava mettere ordine.
Si è presa una decisione forte e, secondo noi, saggia: eliminarle tutte o la gran parte. Nello specifico si tratta di 42 leggi. Viene salvato quanto era ancora legato a queste leggi. Probabilmente siamo intorno a 400-500-600 milioni - non stiamo parlando di cifre molto importanti - utilizzabili soprattutto per finanziamenti agevolati. Noi li concentriamo in un fondo che dovrà, a sua volta, concentrarsi in poche questioni importanti, che saranno innovazione, internazionalizzazione e gestione delle crisi aziendali.
Vi proponiamo, quindi, di abrogare queste 42 leggi, di mettere in liquidazione ordinata quanto era in corso e di decidere insieme come utilizzare al meglio i pochi fondi che si sono resi disponibili. C'è una grande articolazione legata a questo aspetto, perché per ciascuna delle 42 leggi bisogna spiegare come si chiude, come si liquida e come si trattano coloro che sono in processo; un lavoro che ci ha impegnato per diversi mesi, ma che dovrebbe aiutare sia le aziende, sia il Ministero.
Ci sono poi alcune norme concordate con il mondo dell'ambiente per andare a salvare o a rimettere in moto alcuni miliardi di investimento in lavori legati a estrazioni, dove erano già state concesse tutte le autorizzazioni e poi, a un dato punto, era stata modificata la regola delle 5 e delle 12 miglia.
Viene mantenuta la regola delle 12 miglia e vengono identificati alcuni progetti da rimettere in moto, soprattutto nel campo del gas, a rischio relativamente basso. A questi viene legato un aumento delle royalty che questi estrattori dovranno pagare e che serviranno per costituire un fondo generalmente a studio e difesa del mare.
Ci sono poi molti articoli di dettaglio e procedurali, che in questa fase vi risparmierei, ma su cui naturalmente direttamente o insieme ai miei collaboratori e colleghi vi posso rispondere.
Si aggiunge una questione molto importante, un'altra di quelle di tipo strutturale, come quelle fiscali e fallimentari. Quando si parla di controllo sulla spesa e di partecipazione del Parlamento e dei cittadini alla cura e al controllo del lavoro della Pubblica amministrazione, si osserva che molto spesso ci si trova nell'impossibilità di conoscere quello che succede.
Una misura, a nostro parere, molto importante che viene introdotta è quella per cui a qualsiasi titolo vengano erogati soldi da parte di qualsiasi settore della Pubblica amministrazione - incentivi, forniture, consulenze, erogazioni e via elencando - queste uscite nei confronti del mondo delle imprese devono essere sancite con una pubblicazione sul proprio sito.
È una questione semplicissima. La nostra amministrazione ha fornito 100.000 euro alla società Bianchi a titolo di consulenza per una data prestazione? Non
solo ciò deve essere reso pubblico, ragion per cui, se non è reso pubblico, il contratto non è valido e la cifra non è pagabile, ma deve essere anche pubblicato immediatamente e in formato leggibile dal punto di vista informatico, non, quindi, attraverso una comunicazione sulla bacheca, sulla Gazzetta Ufficiale, per iscritto, dopo tre mesi o in Europa.
Quelle citate sono soluzioni di apparente trasparenza, ma poi di fatto di non disponibilità e di non gestibilità, di non elaborabilità. Se queste informazioni sono presentate nella tempistica giusta e nel modo giusto, invece, i cittadini e il Parlamento possono avere una conoscenza precisa, con nome e cognome, ammontari e causali, di tutto ciò che esce dalla Pubblica amministrazione, a qualsiasi titolo. È una piccola iniziativa, ma molto rilevante.
Un'altra iniziativa strutturale importante di cui è difficile stimare il risultato immediato e il beneficio che può produrre, ma che può cambiare l'attitudine dei cittadini nei confronti della giustizia - se c'è una realtà non privatizzabile, è proprio quella - è l'introduzione in questo decreto di una misura che prevede il filtro degli appelli.
Noi siamo forse l'unico Paese al mondo in cui praticamente tutti i contenziosi civili passano attraverso tre livelli, se non quattro, situazione che ha un grande costo non soltanto per lo Stato, ma anche per i cittadini in termini di tempistica nella risoluzione delle loro controversie. Su suggerimento del Ministro della giustizia è stato introdotto un meccanismo per cui il magistrato può effettuare un filtro all'appello con cui riconosca che non esistono ragioni sufficienti perché si appelli una sentenza di primo grado.
Sono stati poi introdotti alcuni chiarimenti nei confronti di alcune procedure di apertura del mercato nel mondo dei servizi pubblici, si sono definite le ultime caratteristiche dell'organizzazione dell'ICE, si è chiarito chi può prendere soldi per l'internazionalizzazione, si è attribuito alle camere di commercio un potere sanzionatorio sul tema del made in Italy, ossia sul tema della trasparenza che è necessario garantire sulla provenienza dei prodotti, e sono state introdotte alcune norme per facilitare e incoraggiare i contratti di rete.
Dall'agricoltura sono venuti, infine, alcuni suggerimenti su come utilizzare e meglio distribuire le derrate alimentari agli indigenti. Esistono già alcune norme, che sono state rese più facili.
Se siamo d'accordo, possiamo fermarci a questo punto ed entrare poi nel dettaglio di qualsiasi altro articolo, se gli onorevoli hanno interesse.
PRESIDENTE. La ringrazio. Prima di dare la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, faccio presente che i parlamentari iscritti a parlare sono numerosi. Poiché siamo riuniti per approfondire gli argomenti, invito tutti a essere brevi e a porre domande di natura tecnica. Tratteremo la parte politica nel prosieguo dei nostri lavori.
FEDERICO TESTA. Grazie, presidente. Grazie, Ministro. Intervengo molto brevemente su due temi di merito, lasciando poi alla discussione generale ulteriori approfondimenti.
Quando un provvedimento è ampio come il decreto al nostro esame, è ovvio che il giochino di sostenere che ci sarebbe un'altra questione sia scontato, però mi permetto di svolgere una considerazione.
Vorrei sottolineare che esiste un settore in Italia molto importante e completamente fermo, anche in ragione dell'esito referendario dell'anno scorso andato in un determinato modo: il settore idrico. Si tratta di un settore importante, con ricadute significative sugli investimenti, nonché sul mantenimento di una risorsa. Noi abbiamo le reti che perdono mediamente il 36 per cento.
Specificamente, con riferimento ai project bond previsti nel decreto, bisognerebbe valutare la possibilità che tale misura possa essere emessa e comunque applicata anche alle imprese che operano nel settore idrico, in modo tale da favorire gli investimenti.
Teniamo conto che, sulla base della situazione vigente, in questo momento il credito al settore idrico è completamente fermo, perché le banche non sanno quale sarà la tariffa.
Da questo punto di vista noi avanzeremo una proposta specifica in questo senso, ossia di valutare l'opportunità che il Ministero si muova, magari anche con CDP, per mettere in piedi un fondo rotativo sul finanziamento degli investimenti nel settore idrico. Diversamente, in questo momento, corriamo il rischio che per i prossimi tre anni in tale settore non arrivi più denaro e che si blocchi tutto.
Il secondo tema puntuale riguarda piccole e medie imprese, distretti, reti ed energia. Non mi dilungo. Tutti noi sosteniamo che le piccole e medie imprese sono il punto di forza, che occorrono le reti, che il nostro Paese è fatto in questo modo e che ciò rappresenta un valore. Le piccole e medie imprese sono le uniche, insieme con le famiglie, che pagano tutta l'energia, mentre tanti altri non la pagano.
A fronte di questo fatto, che naturalmente, con l'arrivo della crisi, ha appesantito di molto le possibilità competitive delle imprese stesse, ci sono alcuni soggetti che hanno conservato, se non incrementato, posizioni di rendita. Mi riferisco, in particolar modo, ai settori regolati, dove la regolazione è stata particolarmente generosa, e che, non essendo esposti al mercato, continuano a incrementare le loro posizioni di rendita, anche perché il costo si diluisce nel mare magnum delle bollette. Su questo tema il collega Vico ha presentato alcune interrogazioni, anche recentemente, cui speriamo che il Ministero risponda con celerità.
Cito un dato per tutti. Tutti noi sappiamo che le energie rinnovabili hanno aumentato il loro peso in bolletta e di molto. Ho con me una tabella, che poi le posso lasciare, dell'AICEP, ossia degli energivori italiani, i quali indicano che gli incentivi dal 2004 al 2012 hanno aumentato il loro peso in bolletta di sei volte, mentre le tariffe di trasporto, dispacciamento e distribuzione di quattro. È tutta rendita. Mentre per gli incentivi possiamo discutere se fosse giusto concederli e sappiamo dove sono andati, anche per queste ultime tariffe sappiamo chi ne ha beneficiato, ossia Terna, ENEL e distributori.
In un quadro di sostegno alle piccole e medie imprese, alle reti e ai distretti, noi presenteremo un emendamento che si propone di favorire la cogenerazione ad alto rendimento diffusa nel territorio, specialmente dove ci sono distretti e reti, in modo tale da poter abbassare il costo dell'energia per le piccole e le medie imprese e diminuire i carichi sulla rete.
Sappiamo che uno dei problemi dell'energia in Italia è dato dal fatto che dobbiamo compiere grandissimi investimenti sulla rete, perché il luogo in cui produciamo non è quello in cui consumiamo e questo è un disastro. Il tutto deve avvenire limando un po' la rendita delle società di trasmissione e distribuzione, perché, quando c'è la crisi, è giusto che tutti si tirino su le maniche e che non ci sia qualcuno che è più uguale degli altri, come affermerebbe Orwell.
MAURIZIO FUGATTI. Buongiorno, signor Ministro. Ringraziamo i presidenti di Commissione per aver insistito sullo svolgimento di quest'audizione. Capiamo che i tempi del Ministro sono molto stretti, però c'è anche il Parlamento e, quindi, dovevamo trovare il tempo per compiere anche questo passaggio. Ringraziamo, dunque, i presidenti di Commissione.
Sul decreto-legge in esame abbiamo ascoltato alcune associazioni, tra cui anche quelle delle piccole e medie imprese, che hanno riferito di una carenza di attenzione sul tema delle piccole e medie imprese stesse. Questo è ciò che noi, come Gruppo della Lega Nord, abbiamo visto e anche sentito da chi è stato audito.
Signor Ministro, lei si è fatto sentire anche nelle scorse settimane sul tema della crescita e dello sviluppo e ha affermato molto chiaramente che questo è un Paese che ha bisogno di crescere e di generare sviluppo. Da quando questo Governo si è insediato è stato varato il decreto «Salva Italia», sono state tagliate le pensioni d'anzianità, si è intervenuti
sulla pressione fiscale, che quest'anno raggiungerà i valori massimi del 45,1-45,2 per cento. Volevamo capire se lei crede che sia questa la strada per la crescita, cioè se non si debba intervenire su una riduzione della pressione fiscale per rendere le nostre imprese competitive.
Va tutto bene ciò che si cerca di attuare, ma poi in questo decreto abbiamo visto che soldi freschi, nuovi non ce ne sono. C'è uno spostamento da fondi ad altri fondi, di soldi che sostanzialmente c'erano già e che magari verranno utilizzati meglio, non lo mettiamo in dubbio, ma non ci sono nuove risorse.
Dopo l'accordo europeo e le manovre introdotte ieri il differenziale era a 460 punti. Quando vi siete insediati era a 550. Si tratta di 0,90 punti di differenziale da quando si è insediato questo Governo, eppure è cambiato il mondo, sotto alcuni aspetti, per la pesantezza delle manovre che avete assunto.
Non vi viene il dubbio che sia in atto una forma di accanimento terapeutico sul nostro Paese, dove si insiste a imporre nuove tasse e nuove manovre, mentre alla fine magari non cambia nulla, visto che sostanzialmente poco è cambiato da quando questo Governo si è insediato? Lei sa benissimo che cosa significa per il sistema bancario e per il sistema finanziario un livello di differenziale di questo tipo, che non è molto distante da quello esistente quando c'era il precedente Governo. Grazie.
ANNA TERESA FORMISANO. Pongo quattro questioni semplici, ma allo stesso tempo complicate, al Ministro Passera.
È ottima l'idea di cancellare il mare magnum di tutte le leggi di finanziamento, sostegno e contributo vigenti e di svolgere una rivisitazione adeguata alle esigenze attuali. Dal momento, però, che finalmente ci si mette mano, mi permetto sommessamente di fornire una piccolissima indicazione.
Si parla tanto di snellimento delle procedure. Io non so più quante volte piccoli e medi imprenditori, perché soprattutto a quelli si risponde così, dopo aver presentato un chilometro quadrato di carte, perché di questo parliamo, per accedere a una domanda di finanziamento, si sono sentiti rispondere che il progetto e l'idea erano buoni, ma non c'erano le risorse.
Vorrei sapere se sia possibile effettuare uno snellimento delle procedure - evitiamo quindi di complicare la vita a chi già ce l'ha complicata - per accedere a quel poco di risorse che abbiamo e avere tempi celeri di risposta. Io ho anche una convinzione, ossia che i tempi della politica e della Pubblica amministrazione non siano gli stessi di quelli degli imprenditori, i quali hanno bisogno di tempi più celeri e certi sulle risposte. Sommessamente mi permetto di porgere questo suggerimento.
La seconda questione riguarda l'assunzione a tempo indeterminato per laureati o PhD di livello per le aziende, con sgravi da parte dello Stato. Io trovo in questo discorso, nel collegamento tra ricerca e aziende, un punto di debolezza. Lei vi ha accennato prima riferendo che, purtroppo, non abbiamo le risorse, ma io mi pongo una domanda: se un'azienda o più aziende, nel momento in cui assumono un PhD o un laureato in ingegneria aerospaziale, ne traggono alcuni vantaggi, non vedo perché non si debbano mettere al più presto a disposizione risorse per le università affinché possano stipulare contratti di ricerca con aziende, le quali possano così godere di uno stesso sgravio fiscale, se viene assegnato, per esempio, per tre, quattro o cinque anni un incarico a un ricercatore o a un dottore di ricerca. In caso contrario questo rimane l'anello debole della catena.
Passo ad altre due osservazioni. Noi abbiamo tanto parlato, come Commissione attività produttive, e il Governo se ne è fatto carico, dei ritardi dei pagamenti della Pubblica amministrazione verso le aziende. Anche in tale ambito si procede a due velocità e, si potrebbe affermare, vi è un conflitto di competenze legislative. Lo Stato paga, e i tempi li abbiamo stabiliti. Il punto di debolezza forte sono le regioni, i comuni e gli enti che non sono sotto il diretto controllo dello Stato.
Io capisco, perché a livello regionale ho ricoperto incarichi amministrativi, che il Parlamento non può legiferare nella materia concorrente, però occorre quantomeno una legge quadro nella quale si conceda alle regioni un determinato numero di mesi per rispondere a tali esigenze, altrimenti interviene lo Stato, come è avvenuto per la sanità.
Se siamo stati «costretti», come Governo centrale, a commissariare alcune regioni per questo tipo di difficoltà, si pone il dramma, da questo punto di vista, di tutte le piccole e medie imprese che rischiano il fallimento perché molte regioni e aziende sanitarie non ottemperano ai pagamenti nei tempi dovuti.
Arrivo alle ultime due questioni, anche se non per importanza. Io ho una preoccupazione, e non credo di averla solo io, per il reinserimento lavorativo dei cosiddetti perdenti posto, nella fascia di età 45-55 anni, che rimangono fuori dal mondo del lavoro perché le loro aziende hanno chiuso. Non sono in età pensionabile, ma hanno famiglie e figli a carico.
Non credo che possiamo far finta di dimenticare questo problema che è enorme. Studiamo una misura per il reinserimento lavorativo, un coinvolgimento con le regioni che hanno fondi per la formazione e la riqualificazione professionale, «obbligando» le regioni stesse a tenere corsi importanti per il reinserimento lavorativo di queste fasce di età.
L'ultima considerazione, con cui concludo, riguarda il terzo settore. Il terzo settore in questi anni è stato uno dei pochi che, in controtendenza nazionale, ha fornito alcune risposte occupazionali, part-time o contratti di vario tipo, ma pur sempre una risposta occupazionale. Non mi pare di aver trovato alcuna misura in questo decreto che, per esempio, possa aiutare le cooperative di giovani o di giovani per disabili. Vorrei una riflessione su questo punto. Grazie.
LIDO SCARPETTI. Rapidissimamente pongo due questioni, una puntuale e una di carattere generale.
Quanto a quella puntuale, lei, signor Ministro, citava fra le disposizioni per favorire la crescita la defiscalizzazione in materia di finanziamento delle infrastrutture. Questo punto riguarda esclusivamente le società di partenariato fra pubblico e privato, al fine di favorire investimenti e, quindi, la crescita.
Le chiedo se lei non valuti che sarebbe opportuno estendere questo tipo di agevolazioni fiscali anche per le spese infrastrutturali realizzate senza il contributo pubblico. Ci sono opere che potrebbero trarre vantaggio da questa situazione.
La seconda questione è di carattere più generale. Noi stiamo discutendo di un provvedimento che, oltre a riconfermare alcune risorse modeste in favore della crescita e dello sviluppo, tende soprattutto - così almeno mi pare - a creare le condizioni di contesto per favorire la competitività del sistema industriale. Credo che ciò sia importante e urgente, tanto che stiamo esaminando un decreto-legge.
Io penso - questo punto esula dal tema di stamattina, ma non troppo - che, però, noi abbiamo bisogno urgentemente di riflettere sulle politiche industriali di questo Paese. Dobbiamo, anche selezionando, scegliere i settori, le innovazioni e i campioni esistenti che dobbiamo proteggere, sviluppare e tenere nella competizione globale.
Porto l'esempio di Finmeccanica, questione della quale in Commissione abbiamo più volte discusso, ma senza riuscire «a levare un ragno dal buco», come si dice dalle nostre parti. Finmeccanica ha performance negative negli ultimi periodi e non soltanto nel civile. Ha performance negative industriali e finanziarie.
Non entro nel merito del management, perché non è questa la sede, ma il punto è che non si sono compiute scelte industriali, o meglio, che, quando si compiono scelte industriali, si tende a limitare il perimetro di azione di questi grandi player, i quali sono fra i grandi soggetti che attribuiscono alla nostra industria un ruolo importante nel mondo.
Per essere brevi, il punto è il seguente: sarei interessato a sapere se anche secondo lei c'è un'urgenza a ragionare più
che in termini di dismissioni e delimitazione del perimetro di intervento militare e civile, in termini di politica industriale, cioè se noi teniamo in Italia alcuni know-how e cerchiamo di svilupparli, come fanno gli altri Paesi europei, oppure se ci limitiamo a essere terreno di incursione e di perdita di un sapere, di una conoscenza e di una capacità di competizione che nel tempo hanno caratterizzato la nostra grande impresa a partecipazione pubblica, che oggi invece mostra tutti i limiti che ha.
ANDREA LULLI. Signor Ministro, per il nostro gruppo i colleghi Testa e Scarpetti hanno già posto problemi importanti. Il decreto chiaramente fa i conti con una scarsità delle risorse pubbliche, che non è dovuta a una scelta politica, ma allo stato della situazione esistente.
Condivido, quindi, la scelta che si tenta di compiere in questo decreto, ossia quella di creare le condizioni per mettere in moto il più possibile risorse private. Ritengo che sia un giusto stimolo verso un Paese un po' addormentato anche negli investitori privati, a cominciare da molte imprese, perlomeno dalle grandi imprese.
Non voglio far polemica sul Piano industriale della FIAT di Marchionne, però è un problema aperto e mi aspetterei che prima o poi il Governo spendesse alcune parole in questa direzione. Non ne voglio sottolineare il motivo.
Mi pare che la scelta dei project bond sia importante, però le vorrei chiedere se, vista anche la struttura produttiva di questo Paese, composta da distretti, piccole imprese e reti di impresa, che però stentano a decollare, non sia pensabile un ragionamento sui project bond, pur apprezzando tutta la normativa finanziaria messa in campo per le piccole imprese con le cambiali.
Noi abbiamo un problema che riguarda il vero e proprio decollo delle reti di impresa anche sui mercati internazionali. Spesso le piccole imprese hanno difficoltà di accesso ai mercati per vendere i loro prodotti, perché non c'è in Italia nessuna rete seria di grande distribuzione che funge da player a livello internazionale. È possibile ipotizzare delle trading company tra reti di impresa e - oltre che l'innovazione e il rapporto con l'università - un ragionamento che riguarda la possibilità di aggredire i mercati internazionali utilizzando lo strumento dei project bond? In sostanza, si tratta di investire su una produzione italiana che può avere e ha, a mio avviso, ancora un forte appeal sui mercati internazionali e, quindi, ci possono essere possibilità di scommesse, di investimenti che incoraggino la creazione di avventure imprenditoriali di questo tipo, nella direzione delle
trading company, della ricerca, della distribuzione dei prodotti sui mercati internazionali.
La domanda attiene ad un tema su cui stiamo ragionando non solo da ora. Credo che sarebbe molto interessante, anche perché, parliamoci chiaramente, il finanziamento pubblico diretto, al di là della scarsità di risorse, rischia di non risolvere il problema. Spesso molti finanziamenti pubblici si concentrano esclusivamente, e io non demonizzo affatto questo aspetto, sulle rassegne internazionali; possono avere un'importanza, ma non incoraggiano un vero processo di internazionalizzazione della struttura più ampia, che pure si batte sui mercati. Molti piccoli imprenditori si battono come leoni, ma il problema è che non c'è massa e ciò non consente di sfruttare appieno le potenzialità di queste strutture produttive. D'altra parte, essendo uno dei punti di forza di questo Paese, bisogna cercare di incoraggiarle a rafforzarsi sempre di più.
L'altra questione che sollevo riguarda il ritardo dei pagamenti della Pubblica amministrazione. La Commissione attività produttive, prima, e il Parlamento, poi, lo scorso novembre hanno varato lo Statuto delle imprese, prevedendo l'anticipo del recepimento della delega comunitaria per i ritardi di pagamento della Pubblica amministrazione.
Mi domando, per quanto riguarda il nuovo, ovviamente, - non il pregresso, per cui ci sono iniziative e siamo in attesa di capire meglio se si attuino o no - se non sia il caso di recepire questa delega nel provvedimento in esame. Credo che sarebbe
un segnale di fiducia non indifferente, considerati gli sforzi che si compiono, e che io personalmente condivido, di mettere in condizione la Pubblica amministrazione di asciugarsi e anche di essere più innovativa e produttiva. Credo che sarebbe un segnale importante verso il mondo delle imprese, insieme ad altre semplificazioni che spero avremo l'occasione di inserire in questo decreto.
Sugli incentivi condivido l'idea del fondo unico. Mi va bene fare pulizia, credo che sia un fatto di trasparenza e potenzialmente anche di maggiore produttività. Tuttavia, i 45 decreti non regolamentari non mi convincono, lo affermo con franchezza. Bisognerebbe fare di più. Non è un fatto di sfiducia verso il Ministro, né verso la struttura, però io sono personalmente molto contrario ai decreti non regolamentari. A mio avviso, non sono lo strumento migliore e, ora che si parla tanto di trasparenza, di efficienza e di semplificazione, secondo me, i decreti non regolamentari non le rappresentano. Non sono un esperto, però.
Lei, signor Ministro, ha fornito tre indicazioni, però forse occorre un passo in più, che ci consenta di avere maggiore trasparenza, anche se la pubblicazione in tempo reale dei dati non è una piccola innovazione, ma un fatto molto importante e rilevante. Credo, però, che su questo fronte sarebbe opportuno compiere uno sforzo ulteriore. Vedremo se saremo in condizioni di compierlo.
Mi avvio alla conclusione perché ci sono altri colleghi che devono intervenire. Voglio semplicemente ricordare il Piano per le città. Come impostazione va benissimo, ma la cabina di regia mi pare troppo affollata. Non so se questo può essere un motivo di semplificazione o di complicazione, però penso che, al di là dell'intervenire per le zone di degrado e per le qualificazioni, dobbiamo cercare, magari compiendo alcune esperienze pilota, avendo il coraggio di scegliere e non semplicemente di aspettare che qualcuno si proponga, di compiere alcune esperienze serie di intervento in direzione di uno sviluppo intelligente del tessuto urbano, nel senso delle nuove tecnologie.
Noi rimaniamo l'ultimo Paese che ancora non ha esperienze significative di questo tipo e l'unico Paese privo di una legislazione sull'auto elettrica.
Queste sono le questioni che volevo porre. Naturalmente auspico che si possa, in quest'ottica, arricchire il lavoro e i contenuti del decreto.
GABRIELE CIMADORO. Ringrazio il Ministro Passera, che questa volta potrebbe correre il rischio di avere la fiducia anche dell'Italia dei Valori, se riuscirà a far tesoro di alcuni emendamenti.
Si tratta di emendamenti ai quali noi stiamo lavorando in queste ore per cercare di migliorare un provvedimento in cui si capisce l'impegno profuso da parte del Ministero per cercare di approfondire i temi e di arrivare a trovare soluzioni per tutti, ben sapendo, però, che la situazione economica è quella che è e che le risorse sono quelle che sono.
Noi abbiamo capito e vorremmo stigmatizzare anche questa situazione: noi dell'Italia dei Valori siamo convinti che ulteriori risorse vadano trovate solo ed esclusivamente nel taglio agli sprechi. Probabilmente dovete affondare la lama ancora di più e non ascoltare gli appelli che vengono da tutte le forze politiche, di centro, di destra o di sinistra, arrivare finalmente a un taglio concreto degli sprechi che ci sono e che negli anni si sono cristallizzati e accumulati. Probabilmente lei lo sa meglio di noi.
Arrivo al tema che mi è caro, sul quale ho avuto già modo di parlare con lei, signor Ministro. Come lei ha affermato all'inizio, se non ci sono i consumi interni, che sono probabilmente il primo motore, il primo elemento di sviluppo, se non si ha modo di dare inizio a questo sviluppo, non ci può essere crescita. Io credo che l'internazionalizzazione arriverà di seguito, ma prima devono arrivare lo sviluppo interno e i consumi interni.
Uno degli strumenti, uno dei settori che lei indicava all'inizio della relazione è il mondo dell'edilizia. Credo che in tale
ambito voi abbiate compiuto alcuni interventi, ma che si sarebbe dovuto fare molto di più.
Vengo alla conclusione, o meglio alla richiesta. Vero è che avete elevato l'importo massimo detraibile a 96.000 euro e che le cifre, moltiplicate per migliaia e migliaia (anche milioni) di interventi potenziali sul nostro territorio, crescono. Il problema è che siamo di fronte a un mercato e a un'impresa che da quattro o cinque anni è svilita e non ha alcuna possibilità di sviluppo, anzi, è stata distrutta, per cui l'impresa potrebbe avanzare al privato - che può defiscalizzare fino al 50 per cento - una proposta per lui ancora vantaggiosa: quella di applicare lo sconto del 20 per cento e farsi pagare in nero. Abbiamo sentito anche i rappresentanti di imprese che su questa vicenda erano d'accordo con me nel sostenere che probabilmente arriveremo a questo punto.
Bisognava forse fissare tempi più corti, per esempio. I cinque anni sono un buon tempo per poter defiscalizzare, ma i due, tre o addirittura l'anno stesso probabilmente sono risolutivi rispetto a questo problema, perché in tal caso il privato è interessato a pretendere la fattura vera.
Ritorniamo a una vicenda su cui io e lei, signor Ministro, ci siamo già confrontati, ossia l'IMU e l'invenduto. Il tema rientra a sua volta in un piano molto più ampio della città da ricostruire o comunque delle esigenze abitative o delle emergenze delle grandi città. Si continua a costruire polverizzando ancora terreni e suoli, avendo probabilmente già a disposizione all'interno dei centri urbani edifici belli, nuovi e perfetti per i quali qualcuno dovrebbe rivolgersi non più all'impresa, ma alla banca per ritirare con lo sconto del 50 per cento. Come risultato avremmo non un'edilizia economica convenzionata, che sappiamo tutti benissimo non essere una grande edilizia, bensì un'edilizia molto importante e di pregio forse allo stesso prezzo della prima.
Perché io, come impresa del settore, che non riesco a vendere da anni appartamenti o case che ho sul territorio, sono costretto a pagare un'IMU o un'ICI che è più che raddoppiata? Tali immobili sono beni strumentali per l'azienda. Abbiamo pagato alcuni anticipi adesso, ma poi ci sarà la botta finale, che metterà in ginocchio definitivamente il settore, se non ci sarà una iniziativa o comunque un'apertura rispetto a queste richieste, che credo le siano arrivate da tutto il mondo dell'impresa, signor Ministro. Chiudo sulla faccenda.
Come ultima questione tratto l'accenno alla camere di commercio, l'ultimo punto che lei aveva trattato in chiusura. Concederemo alle camere di commercio il potere sanzionatorio rispetto alla vicenda del made in Italy. Perché alle camere di commercio? Le camere di commercio, rispetto a un sistema di controllo generale, rappresentano per il piccolo imprenditore sul territorio una burocrazia già importante. Io suggerirei, e probabilmente lo suggeriremo anche con un emendamento, di attribuire il potere ai sindaci, i quali sono di più facile consultazione e hanno la possibilità di essere più dinamici. La camera di commercio, di per sé, ha una funzione importantissima, ma sta diventando su tutto il territorio nazionale una burocrazia quasi ministeriale. Se aggiungiamo altre attività o poteri, si finisce con il soffocarla o comunque con il farla diventare sempre più distante rispetto all'impresa. Grazie.
PRESIDENTE. Mi scuso, ma vorrei far presente che sono iscritti a parlare ancora molti colleghi e che ci sono nuove richieste di intervento.
Pregherei, quindi, possibilmente di essere tutti un po' più stringati.
LAURA FRONER. Grazie, presidente, cercherò di riportare nella media il tempo degli interventi. Mi soffermo solo su un settore che non è di stretta competenza del Ministro, quello del turismo, che noi consideriamo, però, altrettanto importante rispetto agli altri per il settore produttivo del nostro Paese, in particolare per la peculiarità e la potenzialità che offre.
Poiché abbiamo notato che le misure proposte all'interno del decreto-legge sono
scarne, avremmo alcuni suggerimenti o proposte. Presenteremo, insieme alla collega Marchioni, che segue questo settore in particolare per il nostro gruppo, alcune proposte per stimolare soprattutto la domanda interna.
La prima si riferisce ai buoni vacanze, che vanno a esaurirsi con il settembre di quest'anno e che noi riteniamo uno strumento utile per stimolare la domanda interna, soprattutto di quelle classi che hanno meno possibilità e opportunità. Sarebbe peraltro uno strumento che in un primo tempo avrebbe bisogno di un aiuto, ma nel giro di poco tempo andrebbe a regime autofinanziandosi.
Una seconda proposta è quella di sostenere gli interventi di investimento e di ristrutturazione per adeguamento delle strutture esistenti, richiesti oltretutto anche in relazione ad alcune misure per la sicurezza (in particolare le misure antincendio), argomento trattato dalla nostra Commissione.
Una terza misura, invece, potrebbe cogliere un'opportunità introdotta dal riordino degli enti che si occupano di estero, quali ambasciate, agenzie ex ICE ed ENIT. Si potrebbe affidare la concessione dei visti turistici alla struttura organizzativa dell'ENIT, in modo tale da recuperare alcuni fondi da destinare al settore turistico.
ALESSANDRO PAGANO. Sarò assolutamente sintetico, anche perché ci riserviamo la discussione per i momenti successivi.
Signor Ministro, io ritengo che un'attenzione debba essere rivolta al sistema turistico integrato, che è un'opportunità reale del nostro Paese, su cui, specialmente nella parte meridionale della nostra Italia, si è concentrata scarsa attenzione.
All'interno di questo, per esempio, mi permetto di citare i porti turistici. Alcune scelte, passate ma anche recenti, hanno creato le condizioni perché il naviglio non italiano si trasferisse sulle coste francesi, croate e tunisine. Io ritengo che su questo tema sia opportuno un intervento. Porteremo avanti alcuni emendamenti e ci auguriamo di avere una sensibilità da parte del Governo.
La stessa cosa può dirsi riguardo alla Carta dei doveri della Pubblica amministrazione. Il salto qualitativo dell'ENEL è avvenuto quando sono stati attribuiti precisi doveri ai dipendenti dell'ENEL. Questa circostanza si è poi tradotta in produttività straordinaria da parte di quell'ente.
Io ritengo che sia arrivato il momento di cominciare ad attribuire alla Pubblica amministrazione, colonna portante di un qualsiasi sistema Paese, alcuni doveri. Sulle sanzioni possiamo discutere, perché conosciamo bene le resistenze conservatrici da parte di alcuni sindacati, ma perlomeno cominciamo a mettere in pista i doveri, i tempi e gli impegni da assumere nei confronti del cittadino.
È molto apprezzabile quanto è stato fatto sui project bond. Presenteremo emendamenti anche in materia di private equity, con identiche impostazioni culturali.
Spero che lei, signor Ministro, che è sensibile a questo argomento, perché è questa la sua materia di base e di provenienza, possa addirittura prospettare proposte ulteriori rispetto a quelle avanzate.
Infine, quanto alla ricerca e allo sviluppo, nel decreto non si rileva praticamente nulla. Riteniamo che questo decreto sulla crescita non possa sottrarsi a questo tipo di impegno.
Sono stato sintetico e sono certo che il Governo sarà attentissimo a queste istanze.
LUDOVICO VICO. Signor Ministro, tornerò piuttosto rapidamente sull'articolo 23 e sul Fondo per la crescita sostenibile, permettendomi di sollevare alcune questioni e di augurare che si compiano le modifiche dovute, secondo le leggi vigenti.
Il comma 3 - con riguardo a quanto previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 123 del 1998 - stabilisce che il MISE, con decreti di natura non regolamentare, come ella sa meglio di me, individua le priorità e le forme. Le misure ovviamente sarebbero attivate con bandi e direttive.
Mi permetto di rammentare in questa sede, ma in effetti gli uffici l'hanno già segnalato, che l'articolo 7 del decreto legislativo n. 123, prevede che gli aiuti possano essere erogati sotto forme di concessione di garanzia, di contributo in conto capitale, di contributo in conto interesse e di finanziamento agevolato, ovviamente escluso il credito d'imposta. Ella sa, come i suoi uffici, che le forme consentite sono appunto il bonus fiscale, la concessione di garanzia, i contributi in conto capitale, i contributi in conto interesse e il finanziamento agevolato.
Tutto ciò che è non regolamentare è ampiamente diffuso nel testo del decreto in più articoli. Tuttavia, io mi fermerei solo a questo punto ricordandole che la Corte costituzionale in materia si è espressa qualificando l'atto statuale come atto dalla indefinibile natura giuridica. La stessa documentazione degli uffici rileva che il Consiglio di Stato, il 4 maggio del 2012, ha affermato che il potere normativo dei ministri e, più in generale, del Governo non può esercitarsi mediante atti atipici e di natura non regolamentare. Si pone quindi un suggerimento, oltre a quello che io indico, di una riscrittura della disciplina.
Questo ragionamento non fa il paio con la valenza congiunturale della misura antirecessiva in materia, ma vuole essere solo pregnante in ordine a determinati indirizzi. Peraltro, io stimo che una direttiva come quella delle aree di crisi complessa sia senz'altro risolvibile in ossequio persino al citato decreto legislativo n. 123. Si tratta di adeguarsi sul resto, comprendendo anche dalle sue parole che la sola operazione di cancellazione di norme di per sé trasferisce volumi, non molto consistenti in verità.
Lei sa, però, come lo sanno il suo Dicastero e i suoi uffici, che gli istituti della revoca e della cancellazione delle norme sono separati. L'esempio mi permette di dire che sulla legge n. 488 del 1992 è doveroso un commissariamento ad acta, perché occorre capire ciò che è regola, ciò che è contenzioso e ciò che rimane aperto. È un suggerimento che spero lei accolga.
Un ulteriore suggerimento: alcuni impianti - ovviamente non parlo dell'impianto automatico, anche perché il decreto n. 123 non vi fa riferimento, ma del credito d'imposta, che è altra misura - potrebbero essere tenuti in considerazione come uno strumento su cui investire per il futuro. Ovviamente parlo degli impianti e non delle risorse, perché le risorse con la cancellazione delle norme sono avocate e ci saranno solo alcune economie.
L'ultima questione, molto più rapida, riguarda l'articolo 15. Un articolo che un parlamentare, utilizzando un termine improprio che offre un'immagine non consona del Parlamento, definirebbe «ballerino». Ogni tanto viene ritirato e poi torna nel modo contrario.
Io ritengo che escludere dalla deroga i siti di interesse nazionale (SIN) - ovviamente stiamo parlando dei porti - non sia una buona idea. Solo poco tempo fa abbiamo avuto deroghe per un SIN e non per un altro e poi è stato derogato tutto. Per i siti di interesse nazionale il Ministro, il suo Dicastero e il suo staff sanno benissimo che la vita è più complicata, in via di principio, sul piano delle procedure burocratiche. Per dragare un pontile, un molo o persino una calata, bisogna attendere molto tempo per capire se il materiale vada in vasche di colmata, in discariche ex 2B a 110 euro al metro cubo o nel Mar Grande.
I porti nelle aree SIN devono tener conto del fatto che si tratta di aree particolarmente delicate, su cui abbiamo una legislazione molto aggressiva, secondo la mia modestissima opinione. Non prendere in considerazione la misura «per come muove» penso non aiuti i porti SIN. Lei sa che otto su dieci porti strategici riconosciuti al livello europeo e, quindi, avrà capito benissimo che le sto suggerendo l'estensione della deroga.
PRESIDENTE. Comunico ai capigruppo delle due Commissioni che, terminata l'audizione, si terrà un ufficio di presidenza
congiunto per l'organizzazione dei lavori della prossima settimana.
FRANCESCO BARBATO. Ringrazio, anche a nome del gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori, il Ministro dello sviluppo economico per la presenza che ci ha offerto oggi in audizione.
Signor Ministro dello sviluppo economico, per me riavviare la crescita significa accompagnare il sistema produttivo, ossia accompagnare e prendere per mano le imprese private. È da loro che partono il lavoro e l'occupazione.
Io, invece, ahimè, vedo che nel presente provvedimento si parla di fondazioni: all'articolo 8 si parla della Fondazione La Grande Brera e all'articolo 67 della Fondazione di studi universitari e di perfezionamento sul turismo.
Signor Ministro, non è che questo Governo con una mano, con la spending review, avvia l'eliminazione di carrozzoni pubblici e taglia la spesa pubblica, ma poi, con l'altra, con il presente provvedimento, mette in piedi altri carrozzoni pubblici, altra spesa pubblica? Che aiuto si offre alla crescita vera del Paese e delle sue imprese?
Vedo che all'articolo 32, per le cambiali finanziarie, avete previsto in modo davvero, me lo consenta, sprovveduto alcune limitazioni soprattutto alle piccole e piccolissime imprese. Porre limitazioni per numero di dipendenti e per fatturato alle piccole e piccolissime imprese - penso, per esempio, alle imprese familiari, che sono a volte il nerbo della piccola impresa - significa stabilire limitazioni intollerabili, che naturalmente non accompagnano questo nerbo forte della nostra economia.
Passo alla seconda domanda, con cui concludo. Signor Ministro dello sviluppo economico, io penso che la crescita di un Paese non solo derivi dai provvedimenti che Parlamento e Governo varano, ma venga accompagnata anche e soprattutto dalla credibilità degli uomini, che, come ci ha ricordato ieri il signor Presidente del Consiglio Monti, è importantissima.
Io riconosco grande credibilità al Premier Monti, a livello sia nazionale, sia internazionale. Ha un curriculum invidiabile, è un uomo assai rispettabile e lo ringrazio per la credibilità che ci consente di portare anche a livello internazionale.
Tuttavia, signor Ministro, il credito di un Paese deriva soprattutto da come gli uomini di Governo si comportano. Per esempio, il Giappone, che nel 2011 aveva un debito pubblico del 223 per cento rispetto al PIL, mentre si prospetta addirittura che tale debito nel 2012 arrivi al 235 per cento e nel 2013 al 241 per cento - stiamo parlando del doppio del debito pubblico nostro - non ha problemi ad avere credito, perché ha credibilità. Probabilmente il motivo è che il Giappone ha un Ministro come Seiji Maehara, il quale, per aver ricevuto da una donna sudcoreana una donazione di 440 euro, si è dimesso.
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Barbato, l'invito formalmente a rimanere nell'argomento tecnico.
FRANCESCO BARBATO. Io resto all'argomento tecnico nel senso che chiedo al Ministro se non sia opportuno che, per conferire forza al nostro Paese, al nostro Governo Monti e alla nostra credibilità, si dimetta...
PRESIDENTE. Onorevole Barbato, ha finito con le domande? Questo aspetto non fa parte...
FRANCESCO BARBATO. Deve crescere l'etica pubblica.
PRESIDENTE. Deve crescere anche l'etica interna. Questo aspetto non fa parte degli argomenti che abbiamo sotto esame in questo momento. Lei in Parlamento può presentare tutte le interrogazioni che vuole. Le tolgo, dunque, la parola.
SAVINO PEZZOTTA. Ringrazio il signor Ministro per la presenza. Porrò solo alcune domande e svolgerò alcune piccole osservazioni.
Credo che bisognerà trovare il modo per offrire un incentivo alla domanda,
perché è un problema. Probabilmente un abbassamento della pressione fiscale su imprese e lavoro ci vorrebbe proprio per sostenere la domanda, però io credo che non possa mancare, sia per ciò che abbiamo sentito stamattina, ma anche per quanto abbiamo letto, nonché per il segnale che invia questo tipo di decreto, un apprezzamento al lavoro che si sta svolgendo.
Noi oggi vediamo concretizzarsi quanto il Presidente del Consiglio e il Ministro Passera hanno sostenuto la complementarietà tra risanamento e possibilità di un rilancio, perlomeno per incominciare a pensare anche agli elementi di crescita.
Io credo che questo sia un fatto politicamente significativo. Non so se sia solo un fatto tecnico, ma per me almeno è chiaro, perché comincio a intravedere una possibilità. Da questo punto di vista il fatto di prendere coscienza delle risorse che abbiamo e dei limiti che ci sono in questa fase dovrebbe orientare il nostro dibattito successivo.
Pongo solo alcune richieste di precisazione. Si parla di Fondo per la sostenibilità e di riqualificazione produttiva e soprattutto si affronta il tema della riqualificazione industriale per quattro grandi aree. Mi interesserebbe capire di più e chiederei, perché non l'ho rintracciata, ma probabilmente per carenza mia - dovrei leggere il testo più attentamente - un'attenzione particolare alla questione del Mezzogiorno e delle isole, in particolare, se parliamo di industria, alla Sardegna, che - lo dimentichiamo sempre - è probabilmente, nei processi di deindustrializzazione che attraversano il nostro Paese, tra le aree più colpite.
Condivido l'obiettivo del Piano nazionale per le città, ma non so se sia corretto marginalizzare le regioni, che fino adesso hanno svolto, invece, un ruolo importante nella riorganizzazione del territorio. Vedo in ciò una piccola contraddizione.
Sottolineo quanto aveva affermato la mia collega Formisano, ossia la mancanza, in un decreto di questo tipo, di un'attenzione all'economia sociale e alle nuove forme di economia di intrapresa, che vanno dall'impresa sociale al credito cooperativo o anche al microcredito. Non credo che sia un segnale positivo. Probabilmente bisognerà introdurre alcuni elementi, non solo perché tale questione favorisce l'occupazione giovanile e l'intrapresa giovanile, ma anche perché costa poco e responsabilizza di più.
Ogni tanto, quando parliamo di industria, probabilmente dobbiamo pensare anche a una forma o a una modalità che accentui gli elementi di partecipazione, da un lato, ma anche gli elementi di responsabilizzazione, dall'altro.
In questo contesto mi sarebbe piaciuto vedere elementi in più per quanto riguarda la spinta verso la crescita dimensionale delle imprese. Va bene difendere la piccola impresa, siamo tutti schierati a difenderla, perché è anche un bacino di consenso e si fa in fretta a parlarne, ma noi pensiamo di reggere le sfide che abbiamo di fronte solo con le piccole imprese? Se parliamo della messa in rete, bisognerà anche decidere chi funge da capofila delle reti e quale responsabilità e modalità attuare per esercitare questo ruolo di capofila, altrimenti entriamo in una confusione profonda.
Sul digitale mi aspetto un'accelerazione. Se parliamo di innovazione, ma vige il ritardo che noi manifestiamo nel nostro Paese su questo terreno, credo che bisogna andare veramente verso un'accelerazione. Questa sarebbe l'innovazione vera del nostro Paese, forse più di ogni altra, considerato il modo in cui si stanno riorganizzando il mondo e i sistemi produttivi. Non è un caso che si parli di una terza rivoluzione industriale, ma anche di un mutamento di quella che è stata, fino all'altro ieri, la delocalizzazione.
Sugli incentivi i miei colleghi hanno mosso alcune osservazioni che mi sento di condividere. Pertanto, credo che si possa procedere e che sarebbe bene, per inviare un segnale al Paese, che tutti noi ci impegnassimo a esaminare rapidamente questo decreto per fare in modo che diventi operativo nei più breve tempo possibile.
COSIMO VENTUCCI. La ringrazio, Ministro, perché so che lei è venuto stamattina in quest'aula dopo una lunga nottata, ma soprattutto per questo provvedimento, che so aver avuto uno stop and go continuo, per un motivo cui lei ha accennato alla fine della sua ottima relazione, sintetica, ma estremamente chiara. Credo che sia stata comprensibile a tutti, anche a chi ci ascolta da fuori.
Il punto finale è che, quando si hanno pochi fondi a disposizione, occorre razionalizzare per portare una coscienza gestionale della Pubblica amministrazione in grado di creare economicità nel comparto in cui agisce, ma soprattutto a favore dell'utenza che opera nel territorio.
In merito a questa razionalizzazione presenterò un emendamento all'articolo 14 di questo decreto. È ottimo il fondo che serve per creare infrastrutture nei porti, ma l'alimentazione di tale fondo è piuttosto farraginosa dal punto di vista strettamente tecnico (ho preso contatti con le Agenzie fiscali): invece di prendere l'IVA complessiva che viene dall'estero - sono 17 miliardi, quindi l'1 per cento sono 170 milioni - lei attribuisce al fondo massimo 70 milioni per porto.
Prelevare questi soldi diventa complicato, così come è scritto sul provvedimento, ma si potrebbe prevedere che, invece di prendere l'IVA sulle importazioni e sui porti, la si percepisca sulle merci che transitano al confine sui porti. Molto spesso, infatti, le merci che arrivano sui porti non vengono sdoganate nei porti stessi, ma altrove, in dogane interne ed esterne, così come le accise non vengono percepite sui porti, ma ai distributori.
È un problema prettamente tecnico, che non va a toccare minimamente quanto lei ha proposto, che è un'ottima iniziativa.
Voglio muovere un'unica osservazione che troviamo anche nelle note degli uffici della Camera. Lo scorso 19 giugno la Commissione europea ha varato un Piano per quanto riguarda i porti. Ne emerge l'impianto definito Ten-T, che prevede una rete globale dei porti per il 2050 costituita dagli Stati membri e una rete globale da realizzarsi nel 2030.
Voglio ricordare a lei e anche ai suoi funzionari che l'Olanda ha preceduto questa situazione, perché il Governo olandese ha approvato all'unanimità un progetto per cui entro il 2020 dietro il porto di Rotterdam sarà realizzata una megastruttura logistica, che ovviamente assorbirà il lavoro che il porto svolge attualmente e tutte le merci che potrebbero fermarsi anche nei porti italiani. Se noi andiamo a rilento, Ministro, perderemo veramente quel traffico che, dal Canale di Suez, invece di fermarsi in Italia, andrà a Rotterdam. Parlo di Rotterdam, ma anche di Amburgo, perché anche la Germania ne combina di pasticci per quanto attiene al traffico internazionale, però nessuno si permette di denunciarli.
Poiché noi abbiamo porti, come, per esempio, quello di Taranto, che ha alle sue spalle un'estensione di 600 ettari, ma è completamente privo di infrastrutture per poter trasferire le merci, si tratta di un problema importante. Tuttavia con le misure previste dall'articolo 14 comincia a intravedersi un minimo di iniziativa.
È apprezzabile anche che nel suo decreto lei, signor Ministro, abbia introdotto la cambiale finanziaria. È un provvedimento che nella Commissione finanze noi abbiamo «sciorinato» al punto tale che la Presidenza della Camera, su richiesta di tutti i gruppi parlamentari, ha autorizzato il trasferimento dell'esame alla sede legislativa. Occorre rivedere qualcosa, non in maniera rozza, come è stato rilevato poco fa, ma discutendo anche con lei per rendere più agevole questo strumento finanziario.
Infine, vorrei sapere che fine faranno la Simest e la SACE. Lei ha parlato di internazionalizzazione ed è importante sapere che dietro questo concetto non c'è il concetto di globalizzazione. Viene prima l'internazionalizzazione e poi la globalizzazione.
Mentre fino a pochi anni fa la Hermes tedesca e la Coface francese emettevano 25.000 polizze l'anno, la nostra SACE ne emetteva 110. Io vorrei che lei potesse fornirci, se non oggi, successivamente, una risposta su un possibile assetto importante a favore delle microimprese che esportano all'estero. Grazie.
MARCO CAUSI. Signor Ministro, riprendo un punto cui ha già accennato l'onorevole Lulli. Noi stiamo ragionando sugli strumenti di rafforzamento del tessuto delle piccole imprese industriali, anche in base ai più recenti studi della Banca d'Italia - c'è un interessantissimo paper su un'indagine svolta in relazione alle 4.000 imprese industriali contenute negli archivi della Banca d'Italia - e, fra i diversi strumenti disponibili, la nostra idea, la pista di lavoro che vi proponiamo è quella di puntare di più sulle reti di impresa.
Il provvedimento non si dimentica di questo punto, rendendo più agevole e semplificando la contrattualistica relativa ai contratti di rete, ma la proposta che noi vorremmo avanzare è di scegliere il contratto di rete d'impresa come lo strumento principe. Anche sulla base delle evidenze empiriche disponibili sembra, infatti, essere quello che sta funzionando meglio; occorre quindi, come anche le associazioni imprenditoriali e R.ET.E. Imprese Italia hanno sottolineato ieri durante la loro audizione, rafforzarne gli aspetti giuridici, conferirgli veste e personalità giuridica, considerarlo anche rispetto all'attribuzione dei finanziamenti, ripensando le attuali e tradizionali forme di rifinanziamento e di contribuzione ai consorzi export e alle diverse altre filiere di contribuzione pubblica esistenti, mettendo le reti di impresa nella possibilità di contrarre strumenti finanziari.
Per esempio, magari anche soltanto in via sperimentale, si potrebbe permettere alle reti di impresa di avere strumenti finanziari privilegiati, come i project bond, anche se, appunto, in via sperimentale e temporanea. Il punto è che su queste circa 200 reti di impresa che sono state costituite in Italia negli ultimi anni ci sono alcuni pezzi non dei vecchi distretti, ma delle nuove configurazioni industriali delle nostre imprese subfornitrici, le quali, anche se sono subfornitrici, rientrano nella catena globale del valore a livello internazionale, ma in condizioni più periferiche e marginali. Tramite le reti possiamo metterle in condizione di migliorare la loro posizione sulla catena globale del valore.
Svolgo questo intervento per sottolineare un punto che, come Partito Democratico, intendiamo, insieme al Governo e ai colleghi della Commissione, approfondire nei prossimi giorni di lavoro.
Come ultima richiesta domando un'attenzione - non solo da parte del Governo, ma anche da parte di noi tutti - in merito al modo di comunicare il lavoro che stiamo svolgendo su questo decreto. Io sono fra coloro che pensano che questo decreto sia pieno di buone iniziative. Se poi lavoriamo bene, ne possiamo introdurre altre.
Naturalmente questo non è un decreto che porterà domani alla crescita economica. Non alimentiamo questa aspettativa nel Paese, perché, purtroppo, la nostra crescita economica in questo momento è impantanata in problemi di natura macroeconomica e macrofinanziaria. Questo è un provvedimento che, assieme ad altri come quelli su liberalizzazioni, semplificazioni e altri ancora che verranno, ci permette di usare la finestra temporale di questi mesi per mettere a posto alcune questioni strutturali a medio termine del Paese, che ci frutteranno quando la crisi macroeconomica e macrofinanziaria finalmente cesserà di mordere, così come, invece, oggi fa duramente, sulla nostra economia.
MARCO PUGLIESE. Grazie, Ministro. Le pongo un'osservazione per arrivare poi a formulare alcune domande, che rappresenteranno
anche proposte emendative e migliorative a questo decreto.
Io credo che lei conosca molto bene qual è nel settore delle aziende in crisi il numero di vertenze al Ministero. È un numero che è aumentato in maniera spaventosa nell'ultimo periodo. La gran parte di tali imprese hanno carattere manifatturiero, il che significa che grossi gruppi multinazionali, come la Siemens, la Thomson e altri, purtroppo, stanno disinvestendo come forza lavoro in Italia per cercare di dislocare i propri investimenti in realtà produttive in cui il costo del lavoro è più basso.
Tra le grosse aziende multinazionali che fanno parte di questo numero di vertenze compare spesso anche il Gruppo FIAT. Mi meraviglio che sia il precedente Governo, sia l'attuale, rispetto all'azienda che per antonomasia è stata sempre la più grande d'Italia, non abbiano assunto una posizione forte. Si tratta di un'azienda che fa e disfa i propri stabilimenti, avendo ricevuto contributi statali da una vita, con una politica industriale del tutto, a mio avviso, scellerata, senza tener conto delle realtà industriali in Italia.
Tra queste aziende in crisi una in particolare mi interessa, non solo perché è situata in una zona già di per sé depressa (nella provincia in cui vivo che è anche il mio collegio elettorale), ma anche perché è un'azienda strategica, a mio avviso, essendo l'unica in Italia a produrre mezzi di trasporto su gomma, autobus.
Sto parlando della Irisbus, Gruppo FIAT. Da circa un anno il Gruppo FIAT Industrial ha deciso di dismettere questa attività, lasciando al proprio destino 700 lavoratori e anche una produzione, quella del settore autobus, che, a mio avviso, potrebbe essere strategica per l'Italia.
Potrebbe essere strategica innanzitutto perché non ci possiamo disfare dell'unica azienda che produce in questo settore; in secondo luogo, perché, prima o poi, il Governo dovrà finire di pagare moratorie all'Europa, dovute al fatto che noi abbiamo il sistema dei trasporti più obsoleto d'Europa, che non rispetta le norme di sicurezza ambientale. Prima o poi il Governo dovrà investire su un Piano trasporti innovativo e moderno.
Propongo al Ministro, a salvaguardia di questo settore, due scelte che possiamo compiere: la prima è creare i presupposti per mantenere il made in Italy e, quindi, collocare questa azienda di carattere strategico nel settore di Finmeccanica, BredaMenarinibus e Ansaldo, cercando di costituirne una forte azienda italiana in questo settore; la seconda è quella di comportarci come ha fatto la Francia, ossia incentivare nuovi investitori del settore automotive affinché vengano in Italia a investire presso stabilimenti come Termini Imerese oppure FIAT Irisbus di Valle dell'Ufita. Incentiviamo e creiamo anche noi i presupposti per far venire grossi investitori stranieri nel nostro Paese a produrre ciò che FIAT non riesce più a produrre.
Poiché sono un po' pessimista in merito agli incentivi sui fondi di cui lei ha parlato, perché credo che serviranno prossimamente per pagare gli ammortizzatori sociali, propongo di creare, invece, forti presupposti a salvaguardia del made in Italy nel settore dei trasporti su gomma. Soprattutto, cerchiamo, a questo punto, di agire come ha fatto la Francia con FIAT, quando ha invitato a venire a produrre in Francia per ottenere incentivazioni rispetto a quest'attività.
Io credo che lei, Ministro, conosca molto bene la situazione, che, da un punto di vista sociale, è diventata molto drammatica. Ritengo che, come scelta di politica industriale, il Governo debba assumere posizioni forti contro la FIAT e contro quel signore di nome Sergio Marchionne che un giorno afferma una cosa e il giorno dopo ne sostiene un'altra. Un giorno sostiene che vuole continuare a produrre in Italia, mentre poi il numero di aziende e di stabilimenti aumenta in Canada.
FIAT ha sempre vissuto di incentivi dello Stato italiano e dovrà compiere una scelta: se essere l'azienda italiana del settore, oppure, come i suoi comportamenti sembrano indicare, un'azienda che ha già deciso da tempo di abbandonare al proprio
destino i propri stabilimenti e i propri lavoratori e di andare all'estero. Perché allora non puntare su investitori stranieri, su grossi gruppi internazionali, che magari vengono in Italia, incentivati a continuare nel settore? Grazie.
RAFFAELLO VIGNALI. Grazie, signor Ministro. Vorrei esprimere apprezzamento per il provvedimento, che penso rappresenti un passo utile nei confronti della crescita. Certo, ci sono problemi di risorse, ma sono noti a tutti e non insisto su di essi.
So dell'impegno che lei aveva profuso nella fase di predisposizione del decreto su due aspetti che, in parte, sono rientrati nel decreto e in parte no, anche se non per sua volontà. Mi riferisco alla questione della liquidità, in particolare alla vicenda della compensazione debiti e crediti, che è innanzitutto una questione di tipo economico di liquidità, ma, credo, anche di civiltà giuridica di uno Stato, il quale giustamente pretende di essere pagato dalle imprese quando esse devono pagare e che paghino tutto, ma poi tende a non comportarsi nello stesso modo.
L'altra è la questione relativa al credito d'imposta per la ricerca, che io considero l'altro aspetto vero della crescita. In merito le chiedo se abbia una previsione e se sia ragionevolmente possibile introdurlo a breve oppure no. Quindi, da una parte c'è la liquidità, che oggi è la questione principale delle imprese, e dall'altra la ricerca e l'innovazione, che sono il fattore di crescita. Certamente l'acquisizione del capitale umano qualificato, per quanto con un beneficio molto ridotto, è comunque una voce importante, perché credo sia quella che può mettere in condizione le nostre imprese di dialogare col sistema della ricerca.
Sollevo ora alcune questioni molto specifiche e pongo alcune domande.
In merito all'articolo 13, dove si novella la legge n. 241 del 1990 rispetto a DIA e SCIA, domando se non rischi di essere inefficace. Se continuiamo a mantenere una norma che dispone che ci sono trenta giorni di tempo oppure si applicano la DIA e la SCIA, tranne che non si tratti di tutela dell'ambiente, della sicurezza, della salute, dei beni culturali, tutti settori sui quali si giustifica l'intervento dello Stato, è come sostenere che la SCIA non si applica mai. Chiedo se non sia il caso di porre alcuni termini massimi, che oggi non esistono.
La seconda questione riguarda gli appelli. Francamente non sono un giurista, ma, avendo letto la norma, mi viene un dubbio. La definizione di ragionevole infondatezza mi sembra un criterio francamente un po' lasco, un po' indefinito.
Avrei preferito, invece, una norma che sanzionasse il ricorso in appello, ma anche il ricorso nei confronti di atti della Pubblica amministrazione, quando si tratti di un appello o un ricorso temerario, perché ormai questo è diventato un malcostume del nostro Paese. Quando c'è una gara d'appalto, il secondo classificato presenta sistematicamente ricorso a prescindere. Forse sarebbe anche più utile sanzionare in modo forte il ricorso temerario, ma lo stesso vale per l'appello, piuttosto che porre un filtro. Mi sembra un po' troppo soggettivo, come giudizio.
Sulla questione ICE io non ho apprezzato l'assunzione di 150 persone. Lo affermo chiaramente. Capisco le ragioni, però mi auguro almeno che vadano all'estero. Si è dibattuto a lungo su che cosa fa il personale dell'ICE in Italia. Forse è il caso che lo mandiamo all'estero, anche perché - in questo senso la penso diversamente dal mio collega Cimadoro - il sistema delle camere di commercio italiano può essere la porta di ingresso per l'internazionalizzazione, come, peraltro, più volte da lei dichiarato. Abbiamo più bisogno di personale formato e qualificato all'estero che non in Italia. In Italia penso che le camere di commercio possano leggere meglio i bisogni delle imprese, soprattutto delle piccole, ma anche le specificità dei territori.
L'ultima questione riguarda le reti di impresa. È stata posta nell'audizione dalle associazioni di R.ETE. Imprese Italia la questione della personalità giuridica. Oggettivamente la mancanza di personalità giuridica rappresenta un freno allo sviluppo
delle reti di impresa. Ci sono tantissime difficoltà operative. Se si deve acquistare un macchinario si devono emettere fatture: chi se le intesta? Lo stesso vale se si deve assumere una persona, come un export manager.
È questo il motivo per cui tra le piccole imprese le reti di impresa si sono diffuse molto meno rispetto a quanto è accaduto nelle imprese più grandi, proprio per questa difficoltà, per cui magari esse sono più legate a forme di consorzio. Mi chiedo se non sia il caso di prevedere un doppio binario, cioè la rete d'impresa senza personalità giuridica, ma anche quella con personalità giuridica. Peraltro, questo servirebbe anche, come lei sa, per quanto riguarda eventualmente il tema del rating di rete, su cui stanno lavorando le nostre banche. Grazie.
STEFANO GRAZIANO. Ringrazio il Ministro Passera. Come primo tema vorrei porre quello che riguarda le nuove generazioni e soprattutto le nuove imprese. Al riguardo ho positivamente rilevato che il decreto aggancia anche i soggetti con età superiore ai trentacinque anni con l'Srl a un euro.
La domanda è: perché non immaginiamo di applicare alla Srl a un euro in caso di età inferiore ai trentacinque anni una logica forfettaria, fissando una percentuale del 20-25 per cento per cinque anni? Si consideri che questa nuova visione non comporta un minor gettito, perché oggi non è proprio previsto.
Come seconda questione, la vicenda delle tariffe rispetto agli investimenti potrebbe avere una forte ricaduta, come ha sostenuto anche il Presidente Monti nella sua lettera. Domando al Ministro come intenda la questione e quali siano le possibili valutazioni da questo punto di vista. Sarebbe una ricaduta importante soprattutto sull'utente finale, riducendo la tariffa che il cittadino paga.
La terza domanda riguarda la percentuale minima di affidamento di lavori ai terzi nelle concessioni. Il decreto porta la percentuale al 60 per cento, ma io penso che potrebbe essere anche innalzata, per cui vorrei conoscere la sua opinione al riguardo. Penso soprattutto che bisognerebbe abbreviare i tempi non facendola partire dal 2015. In tal modo si realizzerebbe sul territorio una moltiplicazione di piccole e medie imprese che potrebbero realizzare più lavori. Non farla partire troppo tardi ne rafforza la natura di misura anticiclica.
Queste sono le tre domande che volevo porre e su cui posso chiudere il mio intervento. Grazie.
SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Sarò breve e mi soffermerò soltanto sulla questione del Fondo per la crescita sostenibile.
Poiché le risorse che verranno attribuite a questo fondo provengono sostanzialmente dalle aree sottoutilizzate, io vorrei - al riguardo presenterò alcuni emendamenti - che il vincolo per il riuso di questi fondi avesse la stessa impostazione. Da parte del precedente Governo sono stati operati per anni tagli al Fondo aree sottoutilizzate e sono state distratte risorse che non sono state ripristinate, commettendo un errore micidiale rispetto alla politica economica di questo Paese. Abbiamo allungato le distanze, creando difficoltà enormi alle zone deboli, che poi, però, come abbiamo visto, si ripercuotono interamente sulle zone forti del Paese.
Il punto è il seguente: è giusto togliere leggi e leggine, però io penso che dobbiamo assolutamente porre il vincolo della destinazione alle zone deboli del Paese attraverso strumenti automatici. Il testo, invece, è troppo general-generico e, quindi, la mia è una domanda e, insieme, l'espressione di una volontà di cambiare.
Dobbiamo avere strumenti automatici. L'unico strumento automatico esistente è il credito d'imposta, che ha tre variabili: la ricerca, l'occupazione e gli investimenti. Con queste tre variabili possiamo vincolare le risorse alle zone deboli e usare tutto quanto recupereremo intervenendo su queste leggi di incentivo che dobbiamo, e io sono d'accordo, abolire.
Lo stesso vale per l'unico strumento di credito di imposta previsto in questo decreto, quello per l'assunzione delle alte professionalità. Al di là del punto se questa sia una linea giusta o no - ammettiamo che sia giusta - il fatto di essere una misura uniforme per tutto il Paese è un grave errore. Bisogna differenziarla tra zone forti e deboli, altrimenti le alte professionalità nelle zone deboli non ci saranno più, scompariranno tutte. Se già avviene così tuttora, con un'emigrazione di massa di laureati, se noi compiamo interventi di credito di imposta per alte professionalità senza differenziazioni al loro interno, ciò significa incentivare tale emigrazione e creare il deserto nelle zone deboli del Paese. Grazie.
GUGLIELMO VACCARO. Ho tre post-it per il Ministro, che ringrazio per la disponibilità e per un'illustrazione puntuale e più che soddisfacente.
Comincio con l'articolo 24, incentivo e credito di imposta per l'assunzione di laureati e dottori di ricerca. Lo ritengo un messaggio positivo e importante per un Paese che laurea poche persone. È difficilmente comprensibile, però, l'allegato che circoscrive le tipologie di laurea e, quindi, di specializzazione. Ci sono grandissimi manager filosofi. Ciampi era laureato in letteratura umanistica. Se vogliamo far passare il principio senza rischiare di esporre a polemiche e tensioni questa nobile intenzione, questo messaggio alto, molto probabilmente potrebbe essere utile mettere da parte la tabella allegata all'articolo 24.
Mi permetto poi di sollecitare la valutazione di una lettera giunta al Ministero nel maggio del 2011 - quando il Ministro Passera non era ancora in servizio permanente ed effettivo per il Paese e per lo Stato - da parte del Presidente Errani, il quale chiedeva all'allora ministro di poter autorizzare le regioni italiane al reimpiego dei fondi per l'imprenditorialità femminile.
Potrebbe essere questa l'occasione utile per inserire un elemento che ancora manca nell'ampio spettro di interventi che il decreto sviluppo opportunamente individua. Si tratta di fondi già assegnati che stanno rientrando nelle regioni - alla stregua di quello che lei ha descritto in tema di patologie (fisiologia in alcuni casi) dei finanziamenti - e che, autorizzando le regioni stesse, potrebbero essere rimessi in circolo per una categoria di persone, le donne, che, insieme ai giovani, trattati dall'articolo 24, sono le più segnate e colpite dalla crisi.
Come terzo punto potrebbe essere utile, ma è una questione più sofisticata e delicata, indirizzare il Fondo per gli investimenti sul private equity. La difficoltà e, quindi, il credit crunch sul quale lei più volte si è espresso con riflessioni e argomentazioni, alimentando alcune aspettative di intervento deciso e importante, potrebbe trovare in questo decreto occasione di sostegno nel finanziamento alle imprese attraverso alcune risorse che il Fondo italiano d'investimento o la Cassa depositi e prestiti possono opportunamente indirizzare verso fondi di private equity capaci di intervenire con risorse e, quindi concedendo, ma anche svolgendo alcune azioni in più, che servono al sistema in crisi.
Il nostro rimane uno dei pochi Paesi occidentali sviluppati a non avere fondi di turnaround funzionante. Esiste l'esperienza inglese del Private Business Investment, che sta alimentando un percorso virtuoso su finanza e mondo dell'economia reale. Forse su questo punto potrebbe essere giunto il momento di indirizzarsi, sempre lasciando a Cassa e Fondo italiano d'investimento la massima autonomia nel determinarsi a favore dei fondi di private equity, almeno per creare un minimo di attenzione che possa generare un meccanismo virtuoso di impiego di risorse finanziarie a favore dell'economia reale.
Questi erano i miei tre post-it per il Ministro.
PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Passera per la replica scusandomi con lui perché devo allontanarmi.
CORRADO PASSERA, Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie delle domande e dello spirito con cui esse sono state poste. È chiaro che qualsiasi arricchimento che entrambi, Parlamento e Governo, dovessimo sviluppare attraverso il lavoro comune non potrà che essere benvenuto.
Onorevole Testa, il settore idrico è molto importante. Essendo un settore infrastrutturale, dovrà poter trovare applicazione lo strumento del project bond. Come giustamente lei ha osservato, il problema non sta tanto nello strumento di finanziamento, quanto nel tema della paralisi derivante dalla mancata fissazione delle tariffe e, quindi, dei criteri di redditività del capitale investito, a cui bisogna fornire quanto prima risposta; altrimenti questo settore, che ha possibilità e bisogno di investimenti, non ne riceverà.
In tema di energia relativa al mondo delle piccole e medie imprese è stato giustamente rilevato che fino a oggi le imprese piccole e le famiglie pagano i contributi per gli energivori, i quali poi, anche se sono identificati con una parola brutta, sono comunque aziende capofila di grandi filiere, che noi vogliamo, nel limite del possibile, tenere in Italia.
La grande novità che viene anche attraverso i provvedimenti che abbiamo proposto sta proprio nel definire per la prima volta tutelabile dal punto di vista del costo dell'energia non soltanto la grande azienda, ma anche l'azienda che ha grandi costi di energia. Non sono la dimensione e la quantità dell'utilizzo che contano, ma il peso e l'onere energetico che l'azienda sopporta. Ciò porta nel possibile pubblico delle aziende che possono essere accompagnate con incentivi o comunque con parziali ristorni di costo anche le aziende piccole.
Certamente la componente A3, cioè la componente dei costi che i cittadini e le imprese pagano per favorire talune forme di energia, è diventata molto grande. Giustamente è stato commentato che sono cresciute enormemente le somme destinate, per esempio, all'incentivazione delle energie rinnovabili. Sono oltre 9 miliardi, che, rispetto ai 40 di obiettivo, rappresentano una quota molto rilevante ed è questa la ragione per cui, passando attraverso tutti i meccanismi attraverso cui naturalmente bisogna passare, abbiamo cercato di contenere l'incentivazione alle energie rinnovabili, la quale vedeva l'Italia pagare incentivi spropositati su talune tecnologie rispetto a qualsiasi altro Paese, cercando di ridurne l'ammontare senza penalizzare settori che reputiamo importanti e di far convergere gli incentivi disponibili sulle tecnologie rinnovabili in cui la filiera italiana è più importante.
Prendo ben cura di ciò che lei, onorevole Testa, afferma in merito alla componente di aumento dei costi anche per le componenti di distribuzione e dispacciamento, che, come sa, sono ben tenuti sotto osservazione e per grande parte dipendono dalla necessità di ripagare investimenti che noi chiediamo a talune aziende e infrastrutture nazionali.
Sono d'accordo con lei che c'è ancora molto spazio di investimento sulla rete, anche in relazione agli investimenti che sono stati compiuti sulle rinnovabili, che devono potere entrare a tutti gli effetti nella rete.
Onorevole Fugatti, io credo che le piccole e medie imprese, come peraltro ci è stato anche ufficialmente comunicato dai rappresentanti delle stesse, siano grandemente interessate da questo decreto, perché gran parte delle introduzioni di nuova strumentazione e dei metodi per gestire le situazioni di crisi - in sostanza un po' tutto ciò che è stato fatto - tocca forse addirittura in particolare il mondo delle piccole e medie imprese.
Abbiamo un luogo preposto, che è quello dello Small Business Act e della commissione che deve rendere effettivi i provvedimenti previsti da tale atto; quindi, va benissimo se ci sono altri suggerimenti,
ma questo è un provvedimento che ha certamente come grande destinazione le piccole e medie imprese.
Sul tema della fiscalità, rispetto ad altre questioni, se andiamo a vedere gli interventi fiscali che sono stati effettuati nel 2011, notiamo che soltanto una piccolissima parte è stata varata per il salvataggio finanziario del Paese con il «Salva Italia». Gran parte degli oneri che sono stati aggiunti, sia sul mondo delle famiglie, sia su quello delle imprese, si era accumulata nel corso dei primi undici mesi dell'anno e negli anni precedenti.
Certamente il decreto-legge di cui stiamo parlando non ha molte nuove risorse a disposizione, però, come è stato osservato da alcuni di voi, cerca di utilizzare quelle disponibili al meglio e di attivare il più possibile investimenti da parte di privati.
Non sono d'accordo sul fatto che nulla sia cambiato in termini di credibilità del nostro Paese. Anche se solo in parte ciò viene quantificato in termini di spread, non dimentichiamoci che il nostro Paese aveva i commissari con le valigie pronte, situazione che abbiamo tutti insieme evitato (Parlamento, Governo e parti sociali).
Non c'è alcun dubbio che, malgrado le ulteriori difficoltà, causate anche da una gestione europea non adeguata dei problemi europei, grazie a ciò che è stato fatto, il nostro Paese sia oggi in grado di svolgere un ruolo di promozione di politiche anche sulla crescita che da tanto tempo non era più in grado di svolgere.
Onorevole Formisano, come tutti coloro che attirano l'attenzione sullo snellimento delle procedure - ve lo riferisce uno che è ormai in carica da sei mesi - devo dire che effettivamente sono state accumulate (ma mi verrebbe da dire «avete accumulato») una quantità di procedure e di difficoltà burocratiche colossali, che tutti insieme dovremo a poco a poco ridurre.
I due decreti semplificazione sono un piccolo inizio in questa direzione. Entrambi vengono da sollecitazioni e suggerimenti del mondo delle imprese, soprattutto di piccola dimensione. Proprio nel segno della collaborazione che dobbiamo avere con le Commissioni, faccio presente che tutto ciò che ci può venire di suggerimento sul tema semplificazioni è ben accetto. Possiamo emanare un numero di decreti grande a piacere, pur di accelerare (è giusto ricordare che i tempi della politica sono diversi dai tempi dell'economia, ma il tema fa parte di questo discorso).
Sono d'accordissimo quando si afferma che, oltre agli incentivi sulle assunzioni delle persone - dei cervelli, chiamiamoli così - è necessario favorire l'utilizzo dei cervelli che in università rimangono attraverso contratti con le università, ma, se non se ne parla, è solo perché è già in corso una misura che permette la defiscalizzazione dei contratti di ricerca con le università stesse. Alla scadenza di questi stia certa, onorevole Formisano, che farò di tutto perché tale possibilità possa essere prolungata.
Quando parliamo di ritardi della Pubblica amministrazione, di nuovo ereditiamo una montagna di debito accumulato dalla Pubblica amministrazione, però non è solo questo il problema che grava sulle spalle soprattutto delle piccole e medie imprese, perché almeno altrettanto viene da ritardi di pagamento dei privati.
Quando parliamo di cattive abitudini italiane, dunque, dobbiamo sempre ricordarci che almeno per la metà esse vengono da privato con privato ed è importante - sono d'accordo con chi l'ha sostenuto - anticipare il più possibile l'adozione della direttiva, sapendo, nello stesso tempo, che dobbiamo farlo entro quest'anno, ma scegliendo bene il momento. Come potete immaginarvi, infatti, se lo facciamo ex abrupto, senza prepararla soprattutto nel mondo della Pubblica amministrazione, porterebbe di per sé al blocco totale. Essendo già in ritardo sui pagamenti, se si impone alla Pubblica amministrazione di non comprare nulla che non sia pagato entro trenta giorni, la situazione si paralizza. Bisogna fare in modo che non vi sia un costo, anche in termini di funzionamento essenziale della Pubblica amministrazione, le cui attività non devono fermarsi.
È chiaro che le amministrazioni locali sono fondamentali in tutto questo processo. Ci sono amministrazioni locali che avrebbero addirittura la liquidità, ma non possono pagare. È un tema di limiti e di vincoli che dobbiamo rispettare in termini di indebitamento; si tratta di impegni assunti nei confronti dell'Europa, che vanno mantenuti. Forse possiamo immaginare un intervento per talune forme di investimento e per valorizzare talune forme di attivo, ma il Patto di stabilità interno resta un vincolo grosso che dobbiamo rispettare.
È giustissima la preoccupazione sul tema dei lavoratori che perdono il posto in età avanzata. Certamente, così come sono stati immaginati alcuni meccanismi di introduzione al lavoro per i giovani, bisognerà individuare anche alcuni meccanismi per usare al meglio strumenti vecchi, ma magari anche nuovi, per affrontare un nuovo segmento di disagio occupazionale che si è venuto a creare.
Di terzo settore dovremo parlare. L'impresa sociale è una categoria di impresa, che, come lei ha giustamente sostenuto, ha creato occupazione anche in questo periodo di difficoltà. È una responsabilità condivisa con altri ministeri, a cui dovremo rispondere.
L'onorevole Scarpetti suggerisce che la defiscalizzazione delle infrastrutture, che oggi è concentrata e dedicata soltanto alle infrastrutture che prevedono un contributo pubblico, possa essere estesa anche a quelle che non prevedono un contributo pubblico. Oggi, come ricordavamo, la defiscalizzazione è un meccanismo per pagare il contributo pubblico e, quindi, non c'è, laddove non c'è contributo pubblico. Sicuramente tra le misure che potremmo immaginare insieme, che hanno un costo e un tema di copertura ovviamente, per facilitare l'economicità di tutte le infrastrutture c'è anche quella di estendere la defiscalizzazione. Proviamo a vedere che cosa possiamo fare. È un'idea giusta, da approfondire, che noi stessi avevamo inizialmente suggerito.
Sul tema delle politiche industriali dobbiamo chiarirci sul fatto che, almeno nella mia visione, lo Stato, la politica, il pubblico deve dedicarsi soprattutto agli interventi di carattere orizzontale che riguardano innovazione, internazionalizzazione, crescita dimensionale e gli svantaggi competitivi di un Paese come il nostro - che sono energia, costo del credito, costi burocratici, hanno a che fare con la produttività del sistema Paese, infrastrutture, istruzione e giustizia - più che entrare nelle scelte delle singole aziende private.
Ciò non toglie che stiamo valutando anche alcuni settori - proprio settore per settore - per capire se ci possono essere interventi di tipo specifico industriale. Nel tempo limitato che abbiamo, però, non c'è dubbio che siamo maggiormente concentrati su politiche di carattere orizzontale e strutturale di lungo periodo che possano servire nel tempo al Paese.
Esprimo un'opinione che, in questo caso, è poco più che personale, non volendo evitare la domanda. Ci sono settori di attività di Finmeccanica che probabilmente non rientrano nei settori strategici di lungo periodo su cui l'azienda si deve concentrare, ma su cui l'Italia deve fare il possibile per mantenere al suo interno determinate tecnologie. Prendiamo soltanto il settore ferroviario. L'ha già dimostrato con STS, ma deve essere anche capace di ristrutturare un'azienda sicuramente molto mal gestita nel tempo, come Ansaldo Breda. Sono d'accordo con lei che ci sono settori magari non di interesse specifico di Finmeccanica, ma che possono essere di interesse del Paese (e quello ferroviario non è l'unico).
L'onorevole Lulli - naturalmente chiedo scusa a coloro cui non rispondo direttamente perché altri colleghi hanno posto la stessa domanda in precedenza - sottolinea l'importanza dei project bond, ma solleva anche il tema delle piccole e medie imprese. Ne deriva la prima di una serie di domande sulle reti di impresa. Proviamo a rispondere complessivamente.
Oggi la rete d'impresa viene esaltata come una sorta di panacea per tutti i problemi che non sappiamo risolvere altrimenti. Non esiste la panacea del problema dimensionale, però sicuramente le
reti di impresa sono uno strumento formidabile da utilizzare meglio. Non si può chiedere a reti di impresa senza personalità giuridica di avere obbligazioni né nei confronti di persone, né nei confronti di banche, però pensare di costruire una qualche forma di personalità giuridica per le reti di impresa può essere uno studio che vale la pena di svolgere. Può risolvere alcuni problemi, ma non può disattendere la domanda fondamentale della governance, di chi risponde e di quali responsabilità si assumono i singoli partecipanti.
Il mio impegno, come è stato già dimostrato in alcuni di questi decreti, è fare in modo che funzionino e si arricchiscano. Chiedo e chiediamo suggerimenti, ma vorrei che non ci illudessimo sul fatto che il problema dimensionale delle aziende possa essere risolto solo con questo strumento.
Un tema importantissimo in termini di internazionalizzazione è l'aspetto della nostra presenza commerciale in giro per il mondo. Si tratta di una debolezza gravissima del nostro Paese, che non può certo risolvere il pubblico. Si tratta di attività privata e privatistica, che i Paesi maggiormente capaci di conquistare quote di mercato hanno saputo affrontare con grande efficacia.
Noi dobbiamo aiutare coloro che si sentono, come grande distribuzione italiana, di andare anche all'estero e dobbiamo vedere con favore e, nel caso, premiare le iniziative per la creazione di piattaforme di presenza commerciale all'estero, piccole, grandi o grandissime - si auspica -, di cui però non si vede traccia per ora.
Non c'è dubbio che tutti i nostri settori, soprattutto quelli dove il potenziale è più grande - l'agroalimentare, il sistema moda, il sistema casa, le aziende dell'automazione industriale e della meccanica - sono già più attrezzati, però soprattutto i tre grandi settori del made in Italy hanno bisogno di partner commerciali all'estero, che oggi noi non abbiamo. Come Paese, abbiamo lasciato vendere nostre grandi aziende di distribuzione e, come qualcuno di noi osservava, forse non è stata una grande idea.
L'ICE può svolgere un ruolo di promozione. Non chiediamo, però, all'ICE ciò che non può fare. Allo stesso tempo, il suo non è soltanto un ruolo di promozione, perché comprende anche informazione e formazione, nonché attrazione di progetti dall'estero. In tema di distribuzione, però, non può essere quella la soluzione.
Si ritorna sul tema della direttiva in materia di pagamenti. Non può essere questo il veicolo per anticipare la direttiva, proprio perché deve avere una serie di collaterali per evitare che comporti un blocco totale, soprattutto nel mondo della Pubblica amministrazione.
Quanto a incentivi e Fondo unico, premesso che, come avete letto, non è un fondo unico, ma un fondo suddiviso al suo interno in innovazione, internazionalizzazione e crisi aziendali, noi abbiamo pensato che fosse opportuno, trattandosi di poche risorse concentrate già in tre settori, usare lo strumento più veloce possibile.
Volete che siano regolamenti? Non sarà questo Governo a poter utilizzare poi questi strumenti. Io sono rimasto impressionato dalla sua competenza, onorevole Lulli. Se non si può fare, non si può fare. Io suggerirei piuttosto che introduciate alcune regole e criteri su come emanare questi decreti non regolamentari. Dopodiché, siete voi il Parlamento. Noi abbiamo agito in buona fede, pensando che ci fosse una necessità di velocità. Stiamo parlando comunque di fondi rotativi, di credito e non di contributi a fondo perduto e di dimensione relativamente limitata, però vedete voi.
La Cabina di regia del Piano nazionale per le città forse può essere un po' semplificata, ma pare molto affollata anche perché è il luogo in cui si cerca di mettere insieme tutti coloro che hanno voce in capitolo per utilizzare tali fondi. Oggi non si usano quei fondi anche perché ci sono talmente tanti enti che hanno voce in capitolo che, se li teniamo fuori dal tavolo, sono in grado di bloccarlo. È questo un tema frequentissimo: troppe entità possono
di fatto mettere veti, senza averne poi la responsabilità, l'accountability delle conseguenze.
È giusto il suggerimento di scegliere alcuni casi che possono essere anche emblematici, in modo tale che poi si crei un meccanismo di emulazione. Credo che questa sarà la strada che sceglieremo.
È giusto anche parlare di auto elettrica, di cui troppo poco fino adesso si è parlato in Italia.
Onorevole Cimadoro, è corretto il tema del trovare risorse con tagli agli sprechi. Le tre grandi aree di fondi da destinare alle urgenze, dal terremoto ad altro, ma anche allo sviluppo, sono proprio legate a sprechi. Occorrono, quindi, spending review, riduzione dell'evasione e valorizzazione degli attivi.
È giusto sottolineare l'importanza dei consumi interni. È chiaro che non ci sono neanche lontanamente le risorse per applicare grandi misure di stimolo dell'economia interna. Quello che abbiamo attuato nel campo dell'edilizia è, a nostro parere, il modo più saggio e intelligente per usare le poche risorse a disposizione in un settore che ha alcune leve a valle piuttosto importanti.
Come suggerimento viene indicato che l'azienda potrebbe essere ancora tentata dal ricavare utili in nero. Ho capito, ma esistono anche le leggi e il rispetto delle regole. Auspico che oltre all'incentivo ci sia anche il valore del rispetto delle regole.
Si ritiene di accorciare i tempi della defiscalizzazione per rendere ancora più attraente la detrazione del 50 per cento sui 96.000 euro? Vi assicuro che ci abbiamo provato e abbiamo suddiviso l'importo solo perché non si poteva superare l'onere annuale, intorno ai 400-450 milioni, che rappresentava il limite oltre il quale non avremmo avuto la copertura. Non è stato fatto per altro motivo, se non per poter rimanere nei limiti degli importi copribili.
Quanto all'IMU sull'invenduto, capisco e, infatti, avevamo considerato questa ipotesi. Più che altro la decisione di non inserire la riduzione o l'eliminazione dell'IMU sull'invenduto non è derivata dal fatto che non fosse una buona idea, quanto dal fatto che, con la copertura eventualmente disponibile, ci sembrava più logico agire sul fronte della domanda. Tra non far pagare l'IMU a chi ha l'invenduto, oppure, per esempio, ridurre a zero i costi di transazione per chi compra nuovi appartamenti, magari di determinate qualità, sotto una data dimensione e come prima casa, ci è sembrato più logico cercare di trovare soluzioni sul fronte della domanda. Non è ancora una proposta, ma, se riusciamo a mettere da parte alcune risorse, questa è una delle azioni che ci siamo messi in testa di compiere.
Spostare dalle camere di commercio ai sindaci il ruolo di controllo e di sanzione in termini di etichettatura e di controllo del made in Italy mi sembra una soluzione non rispondente alle effettive competenze e agli effettivi ruoli delle diverse strutture pubbliche.
L'onorevole Froner pone alcune domande sul turismo che io raccolgo e passo al mio collega. Non mi sento di esprimere un parere né sui buoni vacanza, né sugli incentivi alla ristrutturazione per la sicurezza. Certamente si è parlato, non solo con il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, ma anche con quello degli esteri, di utilizzare di più le nostre strutture, come l'ENIT, sul fronte dei visti.
Anche l'onorevole Pagano parla di turismo. Certamente c'è stato un momento di grande preoccupazione sul tema dei porti turistici per la normativa fiscale che era stata inizialmente introdotta e che poi è stata corretta, proprio per evitare il fenomeno dello spingere inutilmente fuori d'Italia una parte della nautica, che in Italia esiste.
È giusto parlare di Carta dei doveri della PA. Ce ne sono tanti, purtroppo, e dobbiamo cercare di fare in modo di realizzarla.
Si suggerisce un emendamento in termini di private equity (rispondo anche ad altri che hanno posto domande su questo campo): nel provvedimento che prenderemo sul grande argomento delle start-up e delle nuove aziende sicuramente si parlerà anche di questo punto.
Lasciatemi affermare che, in termini di private equity, attraverso il Fondo italiano di investimento, quello per le piccole e medie imprese, si è fissato questo compito. Sicuramente non è sufficiente (c'è anche tutto il tema del venture capital). In ogni caso è un'osservazione su cui sono assolutamente d'accordo.
Sulla ricerca non è vero che nulla è stato fatto. È stato introdotto soltanto il credito d'imposta sui cervelli e non sugli investimenti perché le risorse non erano ancora disponibili.
Onorevole Vico, prendo atto di tutto ciò che ha osservato e lo riporto ai nostri tecnici, che, peraltro, sono presenti e l'hanno ascoltata. Sui decreti non regolamentari le ho spiegato la filosofia con cui li abbiamo emanati, che non è certo quella di non rispettare tutte le regole; era più che altro un discorso di buonsenso.
Sulla legge n. 488 del 1992 vediamo se il suo suggerimento è quello più adatto. Sicuramente lo considereremo. Non sono, invece, sufficientemente preparato sui porti SIN, ma stia certo che approfondiremo il tema ed eventualmente le risponderemo.
L'onorevole Barbato chiede di prendere per mano le imprese private. Ripeto la nostra filosofia: il pubblico, lo Stato, deve creare le condizioni il più possibile di concorrenza e di competitività, ma poi le imprese private devono compiere la loro parte.
Sul chiudere carrozzoni e aprirne altri non sono del tutto d'accordo, nel senso che l'idea, per esempio, della Grande Brera, così come dei beni culturali che devono trovare meccanismi anche operativi per funzionare, è valida. La Grande Brera, per essere realizzata - credo che sia un progetto che tutti noi vogliamo - deve trovare il suo status giuridico, dove ci possono essere anche possibilità di raccogliere fondi e di avere soci privati, senza mai naturalmente confondere tutela con valorizzazione.
Anche nel provvedimento che stamattina è stato pubblicizzato sono tante le entità che vengono ridotte o chiuse e credo che di carrozzoni, almeno nello spirito con cui cerchiamo di lavorare, non ne stiamo creando.
Nel campo dei beni culturali dobbiamo trovare o società di scopo, o fondazioni, o comunque meccanismi che permettano di gestire, non solo come uffici di sovrintendenze, alcuni luoghi, compound, immobili che oggi sono sottogestiti anche proprio per mancanza del meccanismo gestionale. La fondazione - ce n'è una in Italia, quella del Museo egizio di Torino - non è una cattiva esperienza; è uno strumento che, secondo me, si può considerare utilizzabile.
Quanto a cambiali finanziarie, obbligazioni e obbligazioni partecipative, esse hanno come mercato quello degli investitori professionali e istituzionali; sotto una determinata dimensione non sono in nessun modo interessabili. Già l'elemento che introduciamo porta molto verso il basso la dimensione delle aziende che possono avvantaggiarsi di questi strumenti; sotto un dato livello non sono proprio strumenti adatti. È più utile l'intervento che abbiamo compiuto, per esempio, col Fondo centrale di garanzia, i 20 miliardi di garanzia per rendere bancabili le piccolissime aziende. Ogni sottosegmento di aziende ha bisogno di strumenti adatti e noi crediamo che i limiti posti su questi strumenti siano quelli adatti agli strumenti stessi.
La credibilità di un Paese è molto importante, sono d'accordo con lei.
Onorevole Pezzotta, non ritorno sul tema dell'incentivazione alla domanda. Quanto alla destinazione del Fondo, non dimentichiamoci che io parlo di molte iniziative che sono assunte a livello nazionale, ma che noi abbiamo un dipartimento totalmente dedicato al mondo Sud, che ha molte più risorse di tutte quelle messe insieme di cui abbiamo parlato.
Non credo che non aver specificatamente dedicato i pochi fondi che abbiamo individuato in questo provvedimento in modo specifico al Sud o alle isole, come la Sardegna, voglia dire aver tolto risorse al Sud. Il Sud, come tutte le altre parti d' Italia, potrà utilizzare gli strumenti che abbiamo messo a disposizione. Poi il
grosso dell'intervento, il grosso degli incentivi è tutto e solo, come sa, concentrato nel Sud.
Giustamente l'attenzione sulla crescita dimensionale delle imprese è essenziale. Questo è il punto su cui il Governo ha compiuto forse l'investimento più grosso. In nessun altro campo ha stanziato 14 miliardi. Quello di ACE e IRAP per le aziende che patrimonializzano e assumono è il singolo principale investimento di destinazione di fondi che questo Governo ha compiuto fin dal tempo del «Salva Italia». Ci sembra comunque, nei limiti delle risorse che abbiamo a disposizione, di aver inviato un segnale forte.
È giustissimo, quando si parla di reti, capire e chiarire chi funge da capofila, come è giustissimo accelerare sul digitale e, come l'onorevole Pezzotta ha sostenuto alla fine, accelerare su tutto.
L'onorevole Ventucci giustamente individua una certa complessità nell'utilizzo dei 70 milioni dell'autonomia finanziaria dei porti. Noi crediamo che non sia una buona idea parlare di merci in transito; se si vogliono responsabilizzare direttamente i porti su ciò che effettivamente portano, quello può non essere il criterio giusto. Comunque è un tema su cui si può parlare.
È giustissimo ciò che sostiene in relazione a quanto alcuni grandi porti europei hanno fatto sulla logistica e sulla logistica dietro ai porti stessi. Alcuni degli investimenti decisi dal CIPE anche recentemente per alcuni porti sono stati compiuti anche alla luce della disponibilità sia di collegamenti ferroviari e stradali, sia soprattutto di spazi di retroporto.
I principali porti italiani sono tra le infrastrutture principali che seguiamo. Bisogna recuperare anche questi ritardi veramente molto lunghi di collegamento con i centri logistici.
Sulla cambiale finanziaria, vediamo se si può ulteriormente semplificare. Se avete idee e suggerimenti, per noi va benissimo.
Quanto a Simest e SACE, è inutile rimandare: l'idea è di mettere insieme e, quindi, gestire in maniera coordinata, sia chi effettua export finance - sulle grandi cifre non può che essere la Cassa depositi e prestiti - sia chi compie interventi di capitale (Simest), sia chi svolge attività di garanzia e di assicurazione (SACE).
L'idea di creare un polo di supporto finanziario all'internazionalizzazione presso la Cassa depositi e prestiti ci è sembrata un'idea saggia. Questi tre strumenti - rispetto ai quali l'ICE, direttamente o indirettamente, nella loro attività funge da quarto partner - secondo noi, forse non creeranno immediatamente ciò che altri Paesi hanno introdotto: e tuttavia CDP, Simest, SACE e ICE, per la prima volta - con consigli di amministrazione che si parlano e tutti facenti capo a ministeri e a una holding come la CDP, che si è assunta l'incarico - possono rappresentare un passo avanti.
Non ritorno sull'argomento del puntare di più sulle reti di impresa, onorevole Causi. Quanto al comunicare bene il decreto-legge, molto dipenderà dalla vostra opinione, perché noi abbiamo cercato di «venderlo» al meglio. Se verranno giudizi anche parzialmente positivi, sarà utile.
È chiaro - l'hanno affermato tutti, l'ho sostenuto io, ma giustamente anche l'onorevole Causi l'ha ripetuto - che molte riforme strutturali contenute nel decreto non sono iniziative che hanno effetto immediato, ma rafforzano strutturalmente il nostro Paese. Alcune misure, come quelle sull'edilizia, possono avere anche effetto nell'immediato.
L'onorevole Pugliese mi ricorda uno dei lavori più difficili e quotidiani che il nostro Ministero ha in corso sui tavoli di crisi. Alcuni di questi casi riguardano aziende internazionali o multinazionali che decidono di lasciare l'Italia per le ragioni più diverse, e non solo l'Italia. In taluni casi si tratta di aziende che lasciano l'intera Europa per spostarsi verso l'Asia. Non c'è dubbio, però, che noi sentiamo in modo particolare questo tema.
Non c'è dubbio neanche che alcune nostre aziende abbiano compiuto scelte che non premiano e non tornano a diretto interesse del nostro Paese. Dove noi possiamo
intervenire, lo facciamo, però, di nuovo, stiamo parlando in molti casi di scelte di aziende private.
Su Irisbus l'incentivazione presenta due grandi vincoli: la disponibilità di risorse e il rispetto di regole europee. Inoltre, l'incentivazione su questi settori è in taluni casi più collegabile alla domanda pubblica che non agli incentivi in senso tradizionale. Anche in questo caso le idee ci sarebbero, ma mancano le risorse. Abbiamo ben presente il tema, ma io non mi sento di impegnarmi se non a impegnarmi molto, il che, in taluni casi, ha anche portato a risultati.
L'onorevole Vignali giustamente mi ricorda che nelle prime versioni del decreto-legge erano previsti due interventi a favore della liquidità delle piccole imprese, in termini sia di compensazione debiti e crediti, sia di pagamenti più dilazionati di talune scadenze. I conti in proposito, però, proprio non hanno quadrato.
Mi pone poi la domanda specifica se ci sarà il credito di imposta per la ricerca a breve termine. La risposta è: non lo so, però considero questo un tema su cui personalmente mi sento impegnato.
Sono d'accordo con quello che l'onorevole Vignali sostiene sul numero forse eccessivo di settori che non applicheranno mai la SCIA. Vediamo insieme se si può semplificare.
Sono anche d'accordo, pur non essendo il mio campo, sul tema riguardante il modo di rafforzare il filtro all'appello, anche penalizzando fortemente sia i ricorsi temerari, sia gli appelli temerari. Magari ne parliamo insieme al Ministro Severino.
Non parlerei, invece, di 150 assunzioni all'ICE, perché, come sa, erano 700 e ne prendiamo solo 450; abbiamo quindi ridotto del complemento a 700. Ci siamo accorti che non c'era la possibilità di coprire neanche lontanamente le nostre nuove e vecchie sedi all'estero e le nuove funzioni, anche perché abbiamo portato in ICE l'attrazione degli investimenti e non soltanto la promozione verso l'estero. Come lei sa, io in termini di organici sono piuttosto attento.
Sono d'accordo che le camere di commercio sono la porta di ingresso ideale per tutto ciò che riguarda l'internazionalizzazione e ho già raccolto lo stimolo a ipotizzare un modo per conferire, in taluni casi, personalità giuridica alle reti di impresa.
L'onorevole Graziano chiede se la logica forfettaria per le start-up sia una proposta che potremmo avanzare nell'ambito del provvedimento sulle start-up.
Il blocco delle tariffe, come il Presidente Monti ha detto molto chiaramente, non ha nulla a che fare con comportamenti ragionevoli: bloccare le tariffe significa semplicemente rimandare i problemi, nella migliore delle ipotesi, e venir meno a contratti e convenzioni nella peggiore, togliendo ogni credibilità al sistema Italia; potrebbe addirittura impedire riduzioni di tariffe, laddove dovessero esserci opportunità. La questione fondamentale è che si tratta di una mancata soluzione a un problema; soprattutto, conferma la visione, magari sbagliata, ma molto accreditata in giro per il mondo, che in Italia non si rispettino i contratti.
Quanto alla percentuale del 60 per cento di affidamenti a terzi da parte dei concessionari stiamo parlando, credo, della cifra più alta in Europa. Ritengo che in nessun Paese europeo si sia arrivati a una cifra così elevata, ma ci siamo sentiti di spingere in questa direzione e, quindi, considererei non corretto andare oltre.
Onorevole D'Antoni, riportare ad aree deboli eventuali risorse che fossero state tolte alle stesse attraverso il raggruppamento nel Fondo va sicuramente bene. Stiamo parlando di strumenti per la gran parte di tipo nazionale. Da tempo con D'Antoni parliamo di eventuali strumenti automatici per favorire l'occupazione nel Sud. Non voglio scaricare su altri colleghi il compito, ma ci sono «signori problemi» di tipo europeo. Gli incentivi che abbiamo introdotto per l'assunzione di alte professionalità, a mio parere, devono essere estesi a tutte le aziende che hanno il coraggio, la voglia e la possibilità di compiere queste assunzioni, senza certamente concentrarli solo in una parte d'Italia.
L'onorevole Vaccaro non capisce perché limitare le specializzazioni di cui all'articolo 24. Quando non si hanno molte risorse a disposizione, bisogna cercare di concentrarle da una parte. Che ci sia nel campo della ricerca una maggiore necessità e utilizzabilità di specializzazioni scientifiche e tecniche lo indica la parola stessa e, quindi, che le lauree magistrali del mondo della ricerca siano state concentrate nell'area della scienza o della tecnica non è strano. L'aspetto che lei apprezzerà è che, per quanto riguarda i PhD, non è stato posto alcun vincolo. Proprio per andare nella direzione che lei indica io stesso ho suggerito che, per le aziende che hanno il coraggio di assumere persone addirittura di terzo livello di formazione, non si pongano vincoli.
Quanto al reimpiego dei fondi per l'imprenditorialità femminile è in corso un bel lavoro fatto insieme con le regioni, con le quali ci siamo ripromessi di mettere a fattor comune il lavoro che stiamo svolgendo, di non creare ventuno diversi tipi di incentivazione su tutto e di rendere possibile alle imprese italiane e non italiane capire che cosa c'è di disponibile in Italia. Sulle differenti categorie di incentivazione stiamo lavorando insieme proprio per censire ciò che facciamo al centro e ciò che si può fare attraverso le regioni.
Sul private equity ho già risposto. Abbiamo pochi fondi di ristrutturazione e anche questo è un richiamo da rivolgere al mondo privato.
Se ho dimenticato questioni importanti, fatemelo sapere. Ho cercato di segnarmi tutte le domande.
PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro per la sua disponibilità e per aver fornito risposte a tutte le questioni avanzate dai colleghi.
Signor Ministro, mi permetto di osservare che la politica è lenta, ma, quando produce, chiamiamoli così, «manufatti», funziona. Parlo delle cambiali finanziarie, argomento saccheggiato da questo decreto e che era stato largamente esaminato dalla Commissione addirittura svolgendo un'indagine conoscitiva. Mi permetta di affermare che lo abbiamo verificato anche rispetto alla questione della RC Auto.
A tale riguardo apro una parentesi. La Commissione che presiedo le ha chiesto, anche dopo aver votato una risoluzione, di partecipare a un'audizione per spiegare la situazione. Questo è l'altro punto che volevo mettere in evidenza: la politica è lenta, ma anche la macchina amministrativa lo è, perché, a fronte di norme di legge inserite in decreti o in provvedimenti di carattere legislativo, la loro applicazione ritarda molto.
La ragione per cui è stata chiesta un'audizione è che il settore delle assicurazioni è in grande sofferenza, soprattutto dalla parte dei cittadini, con il rincaro continuo della RC Auto. Si erano previste alcune normative. Mi sembra che allo stato non sia stato ancora realizzato nulla, ma comunque ce ne riferirà, se avrà la cortesia di venire prima della pausa estiva, compatibilmente con i suoi impegni.
Per il resto vedremo durante il dibattito le proposte che sono state avanzate. Contiamo sulla collaborazione dei suoi uffici per conferire a questo decreto un aspetto compatibile anche con le aspettative della politica.
Nel ringraziare nuovamente il Ministro Passera, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 12,50.