Sulla pubblicità dei lavori:
Alessandri Angelo, Presidente ... 3
Audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, senatore Altero Matteoli, in merito alle politiche infrastrutturali che il Governo intende attuare nella presente situazione di grave crisi economica e ai recenti interventi sui pedaggi autostradali (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Alessandri Angelo, Presidente ... 3 6 7 13 23 24
Boffa Costantino (PD) ... 18
Dussin Guido (LNP) ... 10
Ghiglia Agostino (PdL) ... 8
Ginefra Dario (PD) ... 18
Iannuzzi Tino (PD) ... 11 15
Margiotta Salvatore (PD) ... 9 14
Mariani Raffaella (PD) ... 8
Matteoli Altero, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ... 3 7 11 13 15 16 17
18 23
Meta Michele Pompeo (PD) ... 12
Misiti Aurelio Salvatore (Misto-MpA-Sud) ... 6 7
Montagnoli Alessandro (LNP) ... 17 18
Morassut Roberto (PD) ... 19
Motta Carmen (PD) ... 13 16 17
Pili Mauro (PdL) ... 21
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano: Misto-Noi Sud LA-PLI.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,25.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, senatore Altero Matteoli, in merito alle politiche infrastrutturali che il Governo intende attuare nella presente situazione di grave crisi economica e ai recenti interventi sui pedaggi autostradali.
Do la parola al Ministro Matteoli.
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signori presidenti, in merito a questa audizione e alle domande che sono state poste al ministro, vorrei partire dal primo argomento, quello relativo alle politiche infrastrutturali del Governo.
Ritengo opportuno ricordare che quest'anno l'Allegato Infrastrutture, in base alla nuova legge sulla contabilità pubblica, sarà presentato contestualmente con la decisione di finanza pubblica. Al riguardo, voglio anticipare - nelle linee generali, ovviamente - cosa intendo proporre nell'Allegato.
Quello passato è stato un decennio del fare. È sufficiente citare i dati: dal 1985 al 2001 erano stati investiti, per interventi legati all'infrastrutturazione organica del Paese, solo 7 miliardi di euro; dal 2002 a oggi sono state appaltate e cantierate opere per circa 63 miliardi di euro. Fino al 2002 il parco progetti relativo alle infrastrutture chiave del Paese non superava la soglia del 10 per cento; la parte restante era costituita, nel migliore dei casi, da studi di fattibilità. Oggi il parco progetti supera la soglia del 75 per cento.
Non voglio soffermarmi sui dati statistici, però penso che sia utile ricordare - ma lo sapete meglio di me - che parliamo del Mose, del Passante di Mestre, della Brebemi, della Salerno-Reggio Calabria, della Catania-Siracusa, e potrei continuare e dobbiamo ammettere che tutte le forze politiche - sottolineo tutte - dieci anni fa erano convinte che mai tali obiettivi si sarebbero trasformati in progetti supportati finanziariamente, in cantieri o che addirittura in alcuni casi sarebbero stati completati.
È mio dovere dare elementi di chiarimento su alcuni aspetti critici sollevati in ordine all'avanzamento reale dei progetti approvati dal CIPE e sulla mancata copertura da parte dello Stato del Programma investimenti.
In merito alla critica legata allo stato di avanzamento degli investimenti, lo scorso anno nell'Allegato Infrastrutture ebbi
modo di ricordare che, una volta usciti dalla fase recessiva, ci sarebbe stata una crescita della domanda dei consumi e, contestualmente, una vera esplosione della domanda di trasporto, ma che per intercettare in tempo utile la ripresa, la condizione chiave sarebbe stata l'organizzazione dell'offerta infrastrutturale nel comparto dei trasporti e l'efficienza logistica del territorio.
Ebbene, in questi due anni abbiamo sempre dovuto, come ministero, inseguire il fattore tempo, atteso che era chiaro sin dall'inizio che al termine della crisi sarebbero andati avanti i Paesi, le regioni e i territori che erano stati capaci di adeguare nella fase di recessione il proprio assetto infrastrutturale.
Così abbiamo voluto impegnare, proprio nel biennio 2008-2009, tutte le risorse assegnate al Piano delle infrastrutture strategiche ritenendo indispensabile, da un lato, cantierare molte opere per attutire il crollo del prodotto interno lordo, dall'altro, adeguare l'offerta proprio nella fase recessiva.
A testimonianza di questa precisa volontà esistono interventi come quello dell'asse autostradale Livorno-Civitavecchia, la Pontremolese, la Pedemontana lombarda, la Brebemi, l'asse ferroviario Napoli-Bari e così via.
Sulla mancata copertura da parte dello Stato del Programma di investimenti, voglio ricordare che sul valore globale delle opere del perimetro CIPE, pari a 123 miliardi di euro, sono garantiti finanziariamente 63 miliardi di euro. Inoltre, pur considerata la difficile situazione congiunturale economica ancora persistente, siamo riusciti in questi due anni a fare approvare dal CIPE spese per 37 miliardi di euro e avviare operativamente opere per circa 27 miliardi di euro.
È evidente che se il Governo nel 2010 non ha potuto assegnare risorse aggiuntive al Fondo infrastrutture, lo ha fatto esclusivamente per trasferire agli ammortizzatori sociali il massimo delle risorse pubbliche disponibili al fine di fronteggiare l'emergenza costituita dalla perdita del lavoro da parte di ingenti forze lavorative coinvolte.
Ora, come prima finalità strategica siamo chiamati a garantire l'attuazione del completamento di ciò che è stato finora programmato e definito progettualmente e che siamo riusciti a cantierare. Occorre, in particolare: appaltare e cantierare tutto quanto approvato finora dal CIPE; sbloccare tutte le convenzioni con le società concessionarie di reti autostradali; dare attuazione concreta a quattro progetti che hanno avuto purtroppo una lunga gestazione - mi riferisco al Piano casa, al Piano per l'edilizia scolastica, al Piano per l'edilizia carceraria e al Piano delle piccole e medie opere, sbloccato finalmente dalla Conferenza unificata - che attivano nel complesso interventi per un valore risorse pari a 3,5 miliardi di euro, di cui 1,2 in fase di appalto; seguire il processo di ricostruzione della città dell'Aquila; coinvolgere capitali privati, nella consapevolezza che, in futuro, l'infrastrutturazione fondamentale del Paese
avverrà solo attraverso lo strumento del partenariato pubblico-privato. Ma per coinvolgere definitivamente i capitali privati dovremo ulteriormente rivisitare e semplificare le lunghe fasi che ancora caratterizzano alcuni itinerari procedurali. Basti pensare ai tempi ancora esageratamente lunghi che intercorrono tra la seduta del CIPE che approva l'intervento e l'effettiva consegna dei lavori. Senza dubbio i commissari appositamente nominati per alcuni interventi hanno già prodotto concreti risultati, ma indipendentemente dai casi singoli, penso vada rivista l'intera procedura che segue all'approvazione del progetto da parte del CIPE, ad esempio allegando alla delibera CIPE anche il bando di gara e obbligando la stazione appaltante a pubblicarlo una volta registrata la delibera da parte della Corte dei conti.
Occorre inoltre dare concreta attuazione a un programma di infrastrutturazione organica del Mezzogiorno. C'è in ballo, infatti, il completamento della Salerno-Reggio Calabria e l'avvio dei lavori dell'asse ferroviario Napoli-Bari (da quest'anno
finalmente presente all'interno del contratto di programma delle Ferrovie dello Stato con un apprezzabile posta finanziaria), un intervento che su nostra proposta sta per diventare segmento del Corridoio 8. All'interno di questo programma sono previsti anche i sistemi metropolitani di Cagliari, Napoli, Bari, Catania e Palermo, l'asse autostradale della Telesina, l'asse Siracusa-Gela, le piastre logistiche di Taranto, Cagliari e Augusta, gli interventi relativi agli assi viari in Sardegna, come l'asse 131 Carlo Felice, e la Olbia-Sassari. Vi sono, inoltre, gli interventi legati alla salvaguardia delle risorse idriche.
Sempre nell'ottica di legare l'infrastrutturazione del Paese all'evoluzione della domanda di trasporto passeggeri e merci, che caratterizzerà il prossimo decennio, altre sei aree tematiche di intervento troveranno adeguato spazio nell'Allegato Infrastrutture, traendo spunto anche dal perfezionamento in corso di iniziative legislative che hanno visto il Dicastero delle infrastrutture e dei trasporti proporsi in prima linea, in sinergia ovviamente con il Parlamento.
Mi riferisco alla portualità, al trasporto aereo e agli aeroporti, al comparto sicurezza stradale, all'ambiente e all'energia, all'organizzazione di trasporto collettivo locale e alla nuova logistica.
La portata qualificante, quindi, dell'azione politica e di governo interessante il settore degli appalti pubblici è testimoniata dalla recente approvazione - lo scorso 18 giugno - del Regolamento esecutivo del Codice dei contratti pubblici, da tempo fortemente atteso da tutti gli operatori del settore e importante documento di sintesi e strumento di mediazione destinato a riordinare e semplificare l'intera normativa di settore armonizzandola con quella comunitaria allo scopo di favorire la concorrenza e la trasparenza degli appalti.
Tra gli aspetti più qualificanti di tale provvedimento segnalo in primo luogo e senza pretesa di esaustività la disciplina relativa ai contenuti dello studio di fattibilità e alla definizione più analitica dei livelli di progettazione, in particolare la progettazione preliminare e quella definitiva, con particolare riferimento alle relazioni tecniche, agli elaborati grafici e alla avvenuta regolamentazione della verifica del progetto.
È poi disciplinato il sistema di qualificazione unica per tutti gli esecutori di lavori pubblici.
Un'importante innovazione è costituita dalla disciplina del cosiddetto performance bond, la garanzia globale di esecuzione quale sistema teso ad associare alla semplice garanzia fideiussoria di buon adempimento una più vasta garanzia.
Con il nuovo Regolamento entrerà finalmente in vigore il nuovo sistema di affidamento del dialogo competitivo, che consentirà alle amministrazioni, in caso di appalti particolarmente complessi, di confrontarsi con gli operatori economici al fine di individuare, avvalendosi dell'apporto del mondo imprenditoriale, soluzioni in grado di soddisfare le esigenze pubbliche.
Inoltre, nel provvedimento sono stabiliti anche presupposti, condizioni e modalità di svolgimento dell'asta elettronica, procedura interamente gestita con sistemi telematici.
Ritengo, altresì, opportuno sottolineare, proprio in Parlamento, che nel settore dei servizi è stata introdotta in modo inedito la disciplina della finanza di progetto che si avvale di procedure semplificate rispetto a quelle previste per i lavori, la quale consentirà di attirare risorse private anche per la prestazione dei servizi pubblici.
Ma il cantiere normativo - se posso permettermi di dire - è ancora aperto, con tavoli tecnici istituzionali e luoghi di concertazione che continuano a operare presso il Dicastero delle infrastrutture e dei trasporti proprio alla luce dell'esperienza positiva della metodologia di lavoro finora adottata per portare a termine le fondamentali impalcature normative in tema di appalti pubblici.
Infine, in merito al tema legato all'aumento dei pedaggi autostradali a favore di ANAS, introdotto nella manovra finanziaria in corso di definitiva approvazione - al
Senato è stata approvata qualche ora fa - è già sbagliato parlare di pedaggi a favore di ANAS, ma a prescindere da questo debbo ribadire che tale scelta non deve essere interpretata seccamente come un trasferimento di risorse nelle casse dello Stato, e quindi come mero strumento di creazione di liquidità mirato all'abbattimento del debito pubblico, ma come nuovo strumento regolatore dell'intero sistema stradale e come impulso alla manutenzione e allo sviluppo della rete stradale e autostradale del nostro Paese.
Le risorse, infatti, saranno destinate all'autofinanziamento dei costi di manutenzione e implementazione della vasta rete stradale nazionale, considerata l'odierna difficoltà di reperire adeguate risorse nell'ambito di quelle ordinarie previste annualmente e garantite dalla fiscalità generale.
Intendo dire che fino a ieri lo Stato dava ad ANAS i soldi per le manutenzioni; oggi, non avendo lo Stato soldi da dare, ha aumentato le tariffe. In questo modo, se prima lo Stato dava 1.000 euro ad ANAS e oggi, attraverso gli aumenti delle tariffe, si riesce a reperire 5-600 euro: il resto lo metterà lo Stato. Quindi, gli aumenti dei pedaggi non andranno né alle concessionarie né ad ANAS, ma allo Stato, che grazie a questi introiti dovrà dare meno ad ANAS. Si può essere d'accordo o meno, ma questo è quello che accade, seppur con apposite limitazioni per ridurre il più possibile l'impatto a carico dei pendolari che si spostano su tragitti generalmente brevi per raggiungere il luogo di lavoro.
Sappiamo tutti che il decreto approvato questa mattina al Senato ha posto sacrifici a tutti, alle regioni, alle province, ai comuni, ai ministeri e naturalmente anche ai cittadini direttamente. Su questi aumenti tariffari si sono fatte polemiche - per carità, non mi scandalizza tutto questo, mi rendo perfettamente conto che può avvenire - tuttavia, la verità dell'aumento tariffario resta questa.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
AURELIO SALVATORE MISITI. Non mi aspettavo certo che ci fosse qui una proposta di finanziamento di opere nella fase di crisi economica che viviamo, però proprio perché annetto a una relazione di questo tipo una grandissima importanza, perché chiaramente il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha una grande responsabilità anche per la ripresa economica, mi aspettavo forse qualcosa di più. Non un programma di grandi opere, giacché è evidente che per le ragioni dette è difficile in questo momento farlo, ma l'attuazione di un piano di piccoli interventi o, comunque, una sollecitazione e un aiuto del Governo ai comuni e alle province per avviare piccoli interventi che da questi enti possono essere effettuati.
Questo non c'è, forse ci sarà in altra occasione quando parleremo di cose specifiche, come il Piano casa o questioni che riguardano che riguardano i servizi idrici, ossia quei finanziamenti diffusi che permetterebbero praticamente una ripresa anche delle attività occupazionali, e quindi un aiuto alla ripresa economica.
Per quanto riguarda, invece, le questioni più generali che sono state poste, credo che purtroppo, quando si affronta il problema della semplificazione, si arriva sempre a delle definizioni generali, ma nel merito è difficilissimo semplificare nel nostro Paese.
È chiaro che la semplificazione è possibile, ma non ne abbiamo forse la cultura perché proprio il Regolamento di attuazione del Codice degli appalti, a cui ha fatto riferimento il Ministro Matteoli, non trova eguali negli altri Paesi europei; un Regolamento mastodontico, incredibile. Se lo aggiungiamo al Codice degli appalti, è chiaro che abbiamo di fronte un sistema che, se aggiunto alle regolamentazioni ambientali, non permetterà mai - se non si avranno delle semplificazioni reali e non soltanto virtuali - di abbattere davvero i tempi, che ammontano mediamente ad un triennio o ad un quadriennio, intercorrenti tra le decisioni del CIPE e l'apertura dei cantieri. Né credo che con l'emanazione del nuovo regolamento si siano davvero ridotti questi tempi.
Il problema evidentemente è a monte, c'è qualche impedimento. Tutte le novità citate dal Ministro Matteoli sono reali. Fino al 2002 è stato un periodo infausto in cui siamo rimasti indietro nell'Alta Velocità, nella costruzione delle autostrade, nel senso che eravamo avanti prima e poi siamo stati gli ultimi dei quattro Paesi europei. Certo, abbiamo recuperato qualcosa, ma sappiamo benissimo che se andiamo a vedere bene, le infrastrutture del nostro Paese hanno un gap rispetto a Francia, Germania e Spagna, in questo momento enorme, che è dovuto forse a quel periodo visto che le infrastrutture si fanno in piani decennali. Certamente, ripeto, c'è un recupero, ma non è il recupero che ci porta a quei livelli.
Credo che bisognerebbe, quindi, proprio nel periodo di crisi economica, fare uno sforzo di fantasia come è stato fatto nel 1934, nel 1935 e nel 1936, dopo quattro anni di depressione economica, negli Stati Uniti quando, subentrando il nuovo Presidente Roosevelt a Hoover e a quelli precedenti, che cercavano di seguire la linea che a mio avviso stiamo seguendo noi, propose un grande piano di infrastrutturazione del Paese rilanciando così l'economia americana.
Ora, quest'idea non c'è nel Governo italiano, ma credo che non ci sia nelle forze politiche in generale. A questo bisognerebbe dedicare una riflessione perché credo che ci potrebbe aiutare.
Poi ci sono gli strumenti...
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Le chiedo scusa, presidente. Stimo molto il collega Misiti. Un'ora fa, a cento metri da qui, sul Regolamento di attuazione del Codice degli appalti ho detto le stesse cose...
AURELIO SALVATORE MISITI. Non era una critica...
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. È un buon regolamento, ma è un malloppo...
AURELIO SALVATORE MISITI. Mi spiega come fanno 8.000 comuni ad applicare quel regolamento?
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. È tutto vero quello che ci siamo detti; che abbiamo una legislazione mastodontica su tutto, lo sto dicendo da una quindicina di giorni. Tuttavia, voglio dire una cosa: il ministro tedesco ha chiesto un incontro bilaterale con il ministro italiano. Io ho preparato questo incontro con gli uffici, tenendo presente il problema dei valichi e altro, ma l'incontro da parte del ministro del più grande Paese europeo mirava solo a conoscere bene la nostra legislazione in materia di project perché vuole mutuarla per il suo Paese.
Come si spiega questo fatto? Non ascrivo meriti a questo Governo perché sappiamo tutti da dove viene il nuovo regolamento, ma come si spiega il fatto che creiamo queste norme, che non si riesce a trovare il modo di accelerare le procedure, che facciamo Regolamenti mastodontici e poi Paesi importanti vogliono copiare ciò che abbiamo approvato nel nostro Parlamento? È un mistero o possiamo lavorarci insieme per trovare soluzioni?
AURELIO SALVATORE MISITI. Penso che la spiegazione possa essere questa: non è la prima volta che succede che per singoli aspetti siamo all'avanguardia...
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Misiti, io devo fare un appello. Non si può impiegare tutti un quarto d'ora: non solo il Ministro Matteoli non riuscirà a rispondere ad alcuna domanda, ma non si farà neanche in tempo a esaurire le domande stesse. Allora, chiedo - è poi facoltà vostra recepirlo - di rivolgere domande secche, che durino al massimo cinque minuti.
AURELIO SALVATORE MISITI. Concludo: se parlo più di un minuto mi toglie la parola.
Ci sono strumenti in Italia per le grandi opere - insisto molto su questo aspetto - che a mio avviso sono di un'altra epoca. Mi riferisco all'ANAS e alle Ferrovie dello Stato. Se questi due enti, che di fatto sono autonomi, non vengono riformati il Ministero
delle infrastrutture non avrà, a mio avviso, gli strumenti per poter accelerare un bel niente perché le accelerazioni se le fanno loro senza alcun disturbo da parte degli altri.
AGOSTINO GHIGLIA. Grazie, Ministro Matteoli, per la consueta disponibilità e per la completezza del suo intervento.
Sarò brevissimo, vorrei solo implementare con un'ulteriore domanda un quadro già completo di risposte. Se il Ministro Matteoli non potrà rispondere oggi, conto e spero che possa farlo nei prossimi giorni.
Sono interessato all'accordo dell'atto aggiuntivo dell'intesa tra la regione Piemonte e lo Stato del gennaio 2009, su cui ci sono stati degli incontri e una serie di impegni da parte del Governo. Stanti le scadenze e le molte priorità e criticità piemontesi, vorrei sapere se il ministero è già in grado di fornire qualche cifra sulla disponibilità dell'Allegato Infrastrutture del 2011, sia relativo ai vari progetti che attengono alla provincia di Torino, che vanno dall'interconnessione Torino-Ceres al collegamento GTT, alla nuova fermata di Orbassano, sia per quanto riguarda più in generale la regione Piemonte.
Si tratta di un accordo siglato nel gennaio 2009 tra lo Stato e la regione per la realizzazione di opere del valore di complessivi 300 milioni di cui di euro, di cui 200 a carico dello Stato. Se fosse possibile, vorrei avere qualche risposta in merito a ciò che potrà - ci auguriamo ovviamente tutto - essere inserito nell'Allegato Infrastrutture del 2011.
RAFFAELLA MARIANI. Noi non siamo del parere che la maggior parte delle opere rispetto alle quali il Governo si era preso degli impegni siano state avviate. Di questo parere non sono neanche le analisi che abbiamo fatto come Commissione parlamentare, non come Gruppo di opposizione, in queste ultime settimane. Mi riferisco all'ottimo Rapporto sullo stato di attuazione del Programma per le infrastrutture strategiche della legge obiettivo, curato dal Servizio Studi della Camera, in collaborazione con il Cresme e con l'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, e al giudizio che viene dato anche in questi giorni delle principali associazioni del comparto dell'edilizia.
A questo proposito siamo preoccupati perché, rispetto alla situazione di stallo economico e al grido di allarme che da quel mondo ci arriva non vediamo un'azione incisiva da parte del Governo. Per questo era stata chiesta l'audizione, signor Ministro.
Non ci vediamo da marzo 2009 - da marzo 2009, non 2010 - non ci vediamo e risentendo nuovamente da lei l'elenco delle opere dell'allegato e sentendoci dire che riavremo un allegato probabilmente a ottobre, non è che riceviamo la risposta ai problemi concreti di queste ultime settimane e di questi ultimi mesi di un settore molto vasto. La crisi di questo settore non comporta solo problemi a chi lavora e a chi intraprende - e già penso che sia sufficiente in questo momento - ma lei sa bene che anche da parte di molte istituzioni locali, rispetto agli accordi presi con le regioni e i territori, vi sono aspettative non indifferenti.
Ci rendiamo conto che la situazione economica del Paese è quella che è, però anche in riferimento alla vicenda dei pedaggi autostradali cui ha fatto richiamo ora e rispetto alla quale avevamo chiesto chiarimenti, dobbiamo fare una premessa: quando l'ANAS fu privata di un 1,5 miliardi di euro nell'ultima legge finanziaria destinati alle risorse necessarie per il ponte di Messina, già allora dicemmo che quel miliardo e mezzo dal nostro punto di vista sarebbe dovuto rimanere dove era.
Ora, le chiediamo: quella era davvero una priorità, in un momento così delicato dal punto di vista economico? Oltretutto, si sarà reso ben conto che le risorse che sono state spese (circa 13 miliardi di euro negli ultimi due anni sulle infrastrutture) sono passate attraverso autorizzazioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, non del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sono state stanziate tutte attraverso procedure accelerate e derogatorie
che attengono alle procedure di emergenza della Protezione civile, alla qualifica di grandi eventi, e via dicendo.
Questo potrebbe servire anche a spiegare ai ministri dei Paesi più grandi che vengono a chiederci del nostro sistema regolatorio, delle nostre belle leggi, perché qui le leggi non funzionano, come diceva il nostro collega Misiti, e cioè perché non ne è rispettato lo spirito da chi deve applicarle, compresa la maggior parte dei grandi gruppi e dalle aziende che le hanno utilizzate in questi ultimi due anni. Dico questo senza fare riferimento alla cronaca di queste settimane e quindi senza nessuna intenzione di strumentalizzazione, ma rifacendomi ai dati concreti che abbiamo in riferimento alle ordinanze di protezione civile degli ultimi due anni e che sono ben documentati nei pareri e nell'ultima relazione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
In questo senso, vorremmo chiedere a lei come capofila di un ministero fondamentale anche per l'economia del nostro Paese, come intende modificare quella normativa a beneficio di tutte le imprese, non solo di poche. La vicenda degli ultimi due anni ci ha messo in imbarazzo con il sistema economico, ci ha messo in imbarazzo con il mondo rispetto a procedure non trasparenti, rispetto al fatto che le gare non sono per tutti, giacché si è fatto ricorso il più delle volte non alle gare, ma alla trattativa privata. Credo che di questo un ministero che deve garantire equità e anche appalti per tutti debba farsi carico.
Vorrei chiederle: si è mosso qualcosa in questo frangente sul piano della revisione della normativa o facciamo solo riferimento al nuovo Regolamento di attuazione del Codice degli appalti?
Peraltro, anche rispetto al nuovo regolamento si alzano, dopo tre anni di incubazione, voci di preoccupazione, anche di grandi imprese, che vedono scompaginarsi un sistema di qualificazione e chiede spiegazioni.
SALVATORE MARGIOTTA. Signor presidente, rivolgo tre domande veloci perché la parte politica più generale è stata bene e ampiamente esposta dal collega capogruppo Raffaella Mariani.
Il primo dato è che nel rapporto curato dal Servizio Studi della Camera, tra i vari dati evidenziati, ve ne è uno per me piuttosto indicativo e anche allarmante: la legge obiettivo fino adesso ha dato frutti - mi riferisco ai soldi effettivamente spesi - per il 71 per cento nel Centro-Nord e per il 29 per cento nel Mezzogiorno. Ci è stato spiegato che questo deriva anche dal fatto che al Nord c'è stata una maggiore presenza, come era ovvio che accadesse, di capitali privati.
In ogni caso, ciò significa che il gap infrastrutturale tra le diverse parti del Paese, mediante la legge obiettivo, anziché essere destinato a diminuire, va aumentando progressivamente dandoci sempre di più la fotografia di un'Italia a due velocità, con una parte del Paese a competitività assolutamente inferiore. Rispetto a questo, il ministero o comunque il Governo ha in atto un'attenta riflessione per capire come invertire questa tendenza?
Introduco la seconda domanda: i dati dell'assemblea dell'ANCE (Associazione nazionale costruttori edili) sono un po' differenti da quelli che il Ministro ha comunicato oggi. È vero che i dati ANCE si riferiscono a quello che è accaduto dopo il 2004, quindi magari non tengono conto della fase iniziale della legge obiettivo, ma secondo il presidente Buzzetti vi è un calo del 21 per cento di investimenti in opere pubbliche dal 2004 a oggi, con una perdita di 200 mila posti lavoro. Qual è il parere del Ministro su questi dati? Se fossero veri, che cosa si pensa di fare, anche in questo caso, per ribaltarli? Soprattutto, come ci si spiega che in una manovra finanziaria così forte, come quella oggi approvata al Senato attraverso - ahimè - un voto di fiducia, nulla si dica della politica infrastrutturale?
Infine, una terza domanda sul riordino normativo: è stato approvato di recente il nuovo Regolamento di attuazione del Codice degli appalti e ci è noto che sono in atto in questo momento dei tavoli tecnici presso il ministero per arrivare a un
riordino complessivo della legislazione sui lavori pubblici in Italia: quali tempi il Ministro ritiene dobbiamo attendere perché tali tavoli diano frutti?
GUIDO DUSSIN. Ringrazio il Ministro per le puntualizzazioni. Vorrei solamente fare alcune osservazioni che spero risultino a sostegno alla sua attività.
Riguardo al Piano casa, siamo un po' fermi in questa Commissione e anche dai suoi rappresentanti e colleghi vedo che non emergono grandi proposte.
Riguardo al problema del mercato interno che sottolineava lei: abbiamo all'esame in Commissione la proposta di legge sulla qualità nell'edilizia (cosiddetto Sistema casa qualità), che Mauro Pili segue come relatore e che contiene buone idee e buone soluzioni per sostenere la domanda interna, senza dover acquistare prodotti all'estero poiché ne abbiamo di nostri. Oltretutto, la proposta è un contributo all'aumento del PIL, e quindi del gettito dell'IVA e di altre entrate. Bisogna lavorare e insistere su questo. Concordo, infatti, col discorso sulle opere pubbliche, però bisogna lavorare a dare risposte al problema dell'edilizia in crisi per creare PIL. In questo senso, c'è una proposta di legge che va sbloccata: sono sufficienti poche risorse e a questo riguardo segnalo e sottolineo ancora la proposta C. 1952, all'esame della Commissione, di cui è relatore Mauro Pili.
A proposito degli appalti, a parere mio e del gruppo Lega, è necessario arrivare nel dialogo con le aziende a una certificazione della qualificazione delle imprese in modo che chi va a fare la gara d'appalto si trova di fronte a degli interlocutori che non hanno avvocati, ma un punteggio. Non servono cause ai comuni, alle province e alle regioni, ma una certificazione.
Abbiamo avanzato, anche in questo caso, delle piccole proposte per agire come si è fatto in Austria, Germania e altrove. Vogliamo, quindi, emulare la Germania in questo caso.
Abbiamo portato la soglia per l'affidamento dei lavori pubblici con procedura negoziata da 250 a 500 mila euro. L'iniziativa è stata apprezzata da tutti gli enti locali. Dovremmo portare questa soglia a 1 milione - come già suggerito in alcuni emendamenti sia nella manovra sia adesso con la proposta passata ieri - almeno per i piccoli comuni, ma non solo quelli montani, per tutti. Se riusciamo a estenderla al territorio nazionale facciamo solo una cosa gradita. Lo dico da ex amministratore, e qui lo sanno tutti.
A proposito delle opere, ho sentito una sfilza di opere nel Sud. Come rappresentante della Lega non posso non dire che al Nord abbiamo grossi problemi su alcune arterie importanti - non starò qui a segnalare quali possono essere - ma va detto che dobbiamo anche valutare il peso del traffico che abbiamo nella nostra realtà, che è un traffico di passaggio che va sostenuto con delle arterie importanti. Faccio questa rivendicazione senza voler segnalare nessuna opera perché non è il caso, però quelle elencate mi sembravano una sfilza di opere anche fin troppo lunga.
Quanto al Patto di stabilità, bisogna portare da tre a cinque anni almeno le opere in conto capitale. È chiaro che non è una sua stretta competenza, ma sicuramente lei vanta una tale esperienza in Parlamento e autorevolezza e altro ancora che la sua posizione può incidere su questa situazione. Bisogna, inoltre, essere più incisivi anche sulle spese correnti. Sono il primo a dire, lo ribadisco, che non rientra nelle sue competenze, ma è necessario fare una battaglia comune per sbloccare qualcosa.
Peraltro, per i comuni al di sotto dei 5.000 abitanti non rientriamo neanche in questa logica, quindi con il discorso degli appalti di cui dicevo prima possono essere sbloccate almeno alcune opere tre o quattro mesi prima. A questo proposito la Corte dei conti non può dire niente, quindi possiamo muoverci in questa direzione. Si tratta di scrivere poche righe - si tratterà di 60-70 lettere - sulla manovra attuale. Francamente, questo costa poco, ma ci consente di sbloccare qualche migliaio di opere.
TINO IANNUZZI. Ringraziamo il signor Ministro della sua relazione.
Vorrei con molta rapidità evidenziare tre punti. Lei ha indicato le ragioni per le quali il programma di investimenti nel settore della politica infrastrutturale del Governo del 2010 si è arrestato ed è arretrato, come in maniera chiara indicano i dati del citato rapporto, in realtà anche alla luce di un trend che viene dal 2009. Abbiamo considerato le sue ragioni, ma non c'è alcun dubbio che la riduzione al programma degli investimenti nel settore delle infrastrutture confligge in maniera durissima e netta non solo con un punto specifico del vostro programma, con cui vi siete presentati agli elettori e avete anche formato la maggioranza politica, ma anche con le esigenze di sviluppo e di evoluzione del Paese. Questo rende ancora più drammatica l'assenza di una politica chiara di identificazione e di definizione delle priorità nel campo infrastrutturale.
Visto che di anno in anno noi allarghiamo sempre di più il programma delle infrastrutture strategiche allegato alla delibera CIPE e alla legge obiettivo, ampliamo la quantità, la tipologia, il costo delle opere a fronte di risorse che si riducono sempre di più. La coperta della risorse disponibili più che corta o cortissima diventa sempre più striminzita o inesistente.
Lei ha sfiorato, ma io voglio sottolineare, un'altra criticità. Queste delibere CIPE stanno diventando delibere fantasma: vengono annunciate, comunicate, sbandierate ai quattro venti, passano mesi e mesi, diventa complicato rintracciarne la pubblicazione e l'esistenza documentale, ma ancora più complicato verificarne in concreto gli effetti giuridici ed economici, ovvero l'approvazione dei progetti che passano in gara e lo stanziamento delle risorse che diventano effettiva destinazione dei finanziamenti.
Su questo mi pare che ci sia necessità di una svolta radicale e di un'inversione di rotta. In caso contrario, le risorse, che sono già poche, rischiano di essere soltanto programmi annunciati e sbandierati, comunicati stampa, ma nessun risultato e nessun finanziamento che arriva in concreto a consentire l'accelerazione e una definizione delle opere.
Inoltre, lei ha indicato i programmi per il Mezzogiorno. Sono programmi che risentiamo anche in questa sede, ma che confliggono con una realtà che ha visto ben 32 miliardi di euro dei fondi FAS saccheggiati e spariti, alcuni per vicende assolutamente indegne, ma che comunque non sono serviti a puntellare minimamente il programma di realizzazione delle infrastrutture strategiche necessarie nel Mezzogiorno continentale ed insulare.
Dobbiamo anche sottolineare come tra gli investimenti che vengono preannunciati, perfino sull'opera simbolo del Mezzogiorno, su cui tutti concordiamo, cioè l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, al di là dei discorsi astratti mancano ancora 3 miliardi di euro per circa 75 chilometri e dieci interventi tra maxilotti, lotti ordinari e svincoli. Anche qui, parole, ma nessun fatto.
Lei ha richiamato anche l'Alta Velocità-Alta Capacità ferroviaria Napoli-Bari, più volte annunciata in delibere CIPE che avrebbero dovuto sancire approvazioni, lotti di intervento e stanziamento delle risorse. Anche in questo caso, l'effetto annuncio non si è tradotto né nella delibera CIPE né tanto meno in concreta assegnazione di risorse.
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Spero che non mi accusi di...
TINO IANNUZZI. Le ho esposto con chiarezza, correttezza, ma anche molta serietà argomentativa la mia posizione.
Il terzo punto riguarda i pedaggi. Lei li ha giustificati come necessità di finanziare le attività, le manutenzioni e i programmi dell'ANAS. Ci consenta di dire che è una mossa sbagliata, calata oltretutto su alcune tratte autostradali in maniera assolutamente irragionevole. Potrei dirle, ad esempio, che sulla Salerno-Napoli a due corsie, in attesa del pedaggio differenziato, il 1o ottobre per alcuni eccessi si stabilisce l'incremento del pedaggio nella direzione
Salerno-Napoli e nella direzione inversa rimane tutto inalterato. È una logica piena di contraddizioni e ingiustificata.
Ma io le pongo una questione: l'aumento dei pedaggi serve, secondo quanto lei ha detto, a finanziare le attività dell'ANAS e qui ci riportiamo alle vere priorità, perché sappiamo bene che i soldi dell'ANAS consentono anche la ricapitalizzazione della società Stretto di Messina Spa e, quindi, il programma è il progetto del ponte sullo Stretto, su cui abbiamo sostenuto che non è una priorità e non deve essere una priorità. È una cosa che non va fatta, per cui anche gli incrementi dei pedaggi decisi per andare all'attività dell'ANAS si riconducono a un quadro generale di politica infrastrutturale del Governo che, con l'esempio simbolico del ponte sullo Stretto, ci vede assolutamente critici e motivatamente e negativamente determinati.
MICHELE POMPEO META. Signor Ministro, è l'ennesima volta che lei viene in audizione nelle Commissioni che sono riferimento delle sue deleghe. Io ho apprezzato il suo sforzo, ma francamente devo dire che mentre scatta una sorta di solidarietà nei suoi confronti sono anche alte la rabbia e l'indignazione del Parlamento per l'impotenza che la «ditta» ministero-commissioni manifesta di fronte al quadro che lei ci ha fatto.
Ora, lei è un abilissimo politico; io apprezzo anche lo sforzo e l'impostazione politico-strategica che mette in campo, però i dati a disposizione dicono tutt'altra cosa. Ieri il Parlamento ha votato all'unanimità una mozione molto importante su alcuni argomenti parte importante delle sue deleghe: ebbene io penso che abbiamo sciupato da mesi una grande occasione di costruire una consapevolezza e anche una solidarietà per fare squadra su questi temi.
Oggi sulla manovra finanziaria avete chiesto la fiducia al Senato. Per la prima volta le materie e le competenze di un dicastero importantissimo che è tornato a unificarsi vengono saccheggiate e umiliate. Peraltro, oltre a non esserci risorse per rispondere alle tante questioni aperte, vediamo che a differenza di altri Paesi un quadro di attenzioni strategiche su queste questioni viene diligentemente deformato.
Non voglio fare polemica, ma a me sembra che lo strapotere e la cecità, a volte, del Dicastero dell'economia e delle finanze ci fanno un grandissimo torto e rischiamo di perdere - come si suol dire - il treno per tentare di ammodernare il Paese e anche per questa via rendere competitivi l'economia, la ripresa e il sistema per intero.
Su queste questioni, tuttavia, è giunto il momento di decidere. Io ho una grande rispetto nei suoi confronti, però non possiamo più seguitare in questo modo: lei ha portato anche qui dei riferimenti ciclici sulle cifre, i 7 miliardi in quindici o vent'anni e così via, ma diciamo almeno che, se dovesse essere necessaria, come io credo, un'altra manovra finanziaria correttiva, allora proviamo a fare tesoro di questa riflessione, proviamo a fare un po' quello che hanno fatto altri Paesi europei e anche gli americani, ossia investire sulle infrastrutture come misura che aiuta la ripresa. Da noi questo non si sta facendo.
Nella manovra finanziaria in corso di approvazione questo è un settore che viene saccheggiato. Il collega Iannuzzi parlava dell'ANAS: vorrei capire anche il dibattito all'interno della maggioranza e del Governo sui destini dell'ANAS. Una forza importantissima della maggioranza dice di regionalizzare il patrimonio dell'ANAS e sappiamo che avete utilizzato ANAS come uno strumento per tentare di concretizzare scelte discutibili fatte in sede di programma elettorale, come quella del ponte sullo Stretto e così via. La verità è che l'ANAS riesce a ottenere dopo un po' di anni quello che non è riuscita a ottenere né nell'altro vostro ciclo di Governo né con il Governo Prodi: 26 o 27 assi autostradali vengono messi sotto pedaggio.
Ora, io credo che questo non sia giusto, soprattutto nel momento in cui per pagare quegli sforzi a mettere le mani in tasca agli automobilisti sono politiche che non condividiamo. Avete consentito all'ANAS quello che non abbiamo consentito alle
regioni e alle ferrovie, ad esempio, per comprare 1.000 treni. Si tratta di scelte politiche di fondo, alternative, strategie. Chiamiamole per quelle che sono. Non occultiamo.
Un mese fa in quest'aula era stato raggiunto un accordo per pagare, attraverso uno sforzo solidale, 1.000 treni e rimettere al centro risposte ai pendolari: abbiamo concluso che si trattava di misure inflattive. Ci siamo proposti di non far pagare gli automobilisti, ma i petrolieri e non è andata bene. Vedo, poi, pedaggi autostradali, aumento dei pedaggi vecchi, pedaggi nuovi. Questa vicenda dei 3 euro a passeggero di Assaeroporti come andrà a finire?
Su tutte queste questioni, signor Ministro, se lei ci coinvolge la aiutiamo anche ad aprire una vertenza molto trasparente nei confronti del Ministero dell'economia, che non mi pare che in questa fase sia generosa nei confronti di un settore strategico come quello delle infrastrutture e dei trasporti.
Rischiamo, ripeto, in questi anni di perdere un treno essenziale. Non voglio dire altro, non aggiungo altro. Mi pare che siamo anche lontani da quella discussione che finalmente si sta facendo in Europa e nel mondo sulla mobilità compatibile. Questo riguarda innanzitutto lo sforzo che dobbiamo fare per restringere il nostro gap: strade, autostrade, ma anche ferrovie. Dobbiamo mettere a reddito quei 16.000 chilometri di ferrovie.
Nei dati che lei ci riferiva dal 2002 al 2010 ci sono i grandi investimenti dell'alta velocità. Adesso dobbiamo mettere in piedi uno sforzo per ammodernare la rete perché quello è il nostro grande patrimonio che forse ci avvicina all'Europa. Con Obama dopo cent'anni in America si ritorna a investire sulle ferrovie. L'ONU ha lanciato una direttiva.
Se vogliamo fare, senza il vizio delle appartenenze e dei pregiudizi politici, una politica che al di là dei Governi che si avvicendano lasci segni incancellabili, allora bisogna cambiare registro.
Signor Ministro, non aggiungo altre critiche e non me la prendo con lei, ma so di certo che in questo passaggio i vecchi programmi infrastrutturali, le nuove esigenze, i diritti che abbiamo tentato di rimettere al centro vengono umiliati da una manovra che ha quel carattere. Siccome probabilmente, nei prossimi mesi, saremo obbligati - mi auguro di no - tenendo conto dell'ampiezza e della natura della manovra già fatta, di farne un'altra, prepariamo per tempo le nostre vertenze e le nostre piattaforme che dovranno essere supportate dalle buone ragioni che ci hanno consentito di fare atti unitari nelle settimane scorse e anche nella giornata di ieri.
PRESIDENTE. Visto che l'appello non è stato raccolto, se il Ministro vuole rispondere alle prime domande, poi vediamo cosa riusciamo a fare dopo.
CARMEN MOTTA. Intervengo sull'ordine dei lavori. Sarebbe importante sapere quanto il Ministro intende fermarsi...
PRESIDENTE. Ci sono molti che hanno rivolto delle domande e che vogliono le risposte, perché devono prendere l'aereo alle 15,30. Direi che possiamo andare avanti fino a che non ci chiamano dall'Aula.
Se tutti aveste fatto in cinque minuti delle domande secche, senza filosofia, saremmo riusciti a fare tutto.
CARMEN MOTTA. Ognuno dice quello che crede.
PRESIDENTE. Lo so, era facoltativo, ma i tempi sono questi.
Do la parola al Ministro Matteoli per la replica.
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Ho tante colpe, ma non questa. Io sono qui a disposizione.
Voglio dire all'onorevole Misiti, che parlava delle esigenze delle piccole e medie imprese, che i 3,5 miliardi di euro per la realizzazione di opere pubbliche sono reali, queste sono opere che partono davvero. Quello che lei diceva, poi, soprattutto per i comuni e le province è un po' anche
stato ripreso, soprattutto da Dussin, riguardo il Patto di stabilità. Io mi sono permesso di interromperla: il Regolamento è mastodontico, eppure per la prima volta affronta in modo chiaro le possibili emergenze. Il tavolo che è stato aperto al ministero sta lavorando per il Codice degli appalti per venire incontro anche alle varie osservazioni che vengono dal Parlamento.
A proposito dell'atto aggiuntivo all'intesa generale quadro, onorevole Ghiglia, è stato firmato nel 2009 con la precedente maggioranza della regione Piemonte. Io sono del parere che deve esserci una continuità istituzionale. Tuttavia, essendo cambiata la maggioranza, ho incontrato sia l'attuale presidente della Giunta regionale che l'assessore competente per cercare di capire anche se erano cambiati in qualche modo i desiderata dell'attuale maggioranza. Mi pare che da questo di punto di vista non ci siano stati cambiamenti, e quindi proseguiamo in quell'atto che abbiamo sottoscritto. Nell'intesa con il Piemonte ci eravamo impegnati a garantire per la intermodalità 200 milioni di euro, un impegno che con una precisa cadenza temporale stiamo onorando perché faceva parte di un accordo.
Francamente, ho capito poco le osservazioni dell'onorevole Mariani quando dice che il Ministro è venuto l'anno scorso e ha elencato delle opere. Onorevole Mariani, se tornerò il prossimo anno elencherò quelle opere perché queste sono le opere che sono partite. Capisco la volontà di polemica - per carità - poi conosco soprattutto la volontà, la capacità e la voglia di polemica che hanno i toscani, però confondere le opere dicendo che vi ho incluso quelle che riguardano la Presidenza del Consiglio dei ministri è un falso: non c'è nell'elenco una sola opera che riguarda quelle relative alla Presidenza del Consiglio, ma esclusivamente il Ministero delle infrastrutture. Non ho nemmeno elencato una sola opera di quelle che riguardavano L'Aquila perché non è stata gestita assolutamente dal Ministero delle infrastrutture. Lei ha detto che nella cifra avevo elencato queste, cosa che non
è vera.
Inoltre, il CRESME non dice che c'è stato un blocco degli investimenti, ma un'altra cosa: che dall'approvazione del CIPE alla cantierizzazione c'è un forte ritardo. Questo l'ho detto io nella mia relazione. Ho detto che dobbiamo lavorare perché questo non accada.
Quanto ai soldi per il ponte sullo Stretto di Messina, si tratta per ora di un impegno; per la manutenzione della rete stradale e autostradale da parte dell'ANAS occorre invece la cassa. Con riferimento alle risorse per il ponte sullo Stretto di Messina, ripeto che non si tratta di soldi che sono in cassaforte e che, quindi, si possono togliere dalla cassaforte del ponte per farci la manutenzione della rete infrastrutturale. Non è così, perché altrimenti se ne potrebbe parlare. Sia ben chiaro, io resto a favore della realizzazione del ponte sullo stretto, così sgombero molte polemiche, se ci sono, anche da questo punto di vista. Io sono favorevolissimo alla realizzazione del ponte, però capirei se, dato che non abbiamo i soldi, discutessimo anche col Parlamento se sia il caso di prendere questi soldi e darli per la manutenzione stradale. La verità è che questi soldi non ci sono, sono impegni, mentre per la manutenzione
occorre avere la cassa.
Onorevole Margiotta, a proposito del 71 per cento delle risorse per le infrastrutture strategiche spese al Nord e del 29 per cento al Sud, le dico che se sommiamo tutto i dati sono diversi. Se guardiamo tutte le risorse, comprese quelle di Ferrovie dello Stato e ANAS, e sommiamo tutto questo, la soglia del Mezzogiorno supera il 38 per cento. Anche su questo, poi, se andiamo a vedere il passato, se vogliamo fare polemiche sono capace di farle anche io.
SALVATORE MARGIOTTA. Io invece non voglio fare polemiche, ma voglio ricordarle un atto ufficiale della Camera
presentato da questa Commissione. Se poi il Ministro vuole dire che i nostri dati sono sbagliati...
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. No, non dico che i dati sono sbagliati, dico che noi abbiamo i dati del ministero: confrontiamoli. Peraltro, io potrei dire che in percentuale la spesa per il Sud fino al 2002 era pari al 14 per cento, quindi non è questo il punto.
Io spero che si faccia prima possibile il tavolo che abbiamo messo in piedi al ministero per le modifiche del Codice degli appalti. Penso che si possa farlo in pochi mesi.
Alcune delle osservazioni sollevate dall'onorevole Dussin trovano risposta nel nuovo Regolamento di attuazione del Codice degli appalti.
Sul Patto di stabilità, l'onorevole Dussin mi chiede di adoperarmi per far sì che il Patto di stabilità cambi. Credo che lei abbia ragione - rispondo anche all'onorevole Meta - però io non sono alternativo al Ministro dell'economia e delle finanze, sono un socio del Ministro dell'economia facendo parte dello stesso Governo, quindi non potete chiedermi di scagliarmi contro un collega di Governo. Capisco tutto, ma c'è un limite.
Sul Patto di stabilità, però, mi sento di dire che si potrebbe fare di più di quello che si è fatto e dobbiamo affrontarlo. Proverò ad affrontarlo in Consiglio dei ministri.
Quanto alle questioni sollevate dall'onorevole Iannuzzi, io non sono venuto qui a giustificare i pedaggi, ma a fare la fotografia di dove finiscono i soldi dell'aumento dei pedaggi. Non avevo bisogno di giustificare nulla. È stato un provvedimento del Governo che io ho votato in Consiglio dei ministri: non ho bisogno di giustificarmi. Se l'ho votato in Consiglio dei ministri e poche ore fa al Senato, è chiaro che ho condiviso questa scelta. Non dovevo giustificare nulla. Siccome mi erano state poste, per questa audizione, alcune domande e tra queste c'era anche quella dei pedaggi, ho fatto la fotografia di quello che è accaduto. Aggiungo che da quando sono ministro in questa Commissione proposi una rivisitazione del Piano delle infrastrutture con un Piano di priorità.
Per quanto riguarda i fondi FAS, vale lo stesso discorso che vale per l'elenco delle opere, come lo stesso discorso vale per tutte le volte che affrontiamo questo argomento. L'opposizione cosa dice? Una parte dei fondi FAS è stata usata per altre cose. Se tutte le volte che ci incontreremo voi lo direte, ripeterete la stessa cosa - che è vera, non posso negare che questo sia accaduto - però dei soldi FAS che sono rimasti per le opere è stata rispettata la quota dell'85 per cento, così come impone l'Europa. Dei soldi rimasti per le infrastrutture, l'85 per cento è stato usato per il Sud e il 15 per cento per il Nord, fermo restando che nel primo Consiglio dei ministri che si tenne a Napoli, quando fu abolita l'ICI sulla prima casa, i soldi furono presi da una parte dai FAS. Questo è vero.
Per la Salerno-Reggio Calabria, è vero che mancano dei soldi, ma non la cifra che ha detto lei, onorevole Iannuzzi: mancano 2 miliardi di euro.
TINO IANNUZZI. Risulta dagli atti ufficiali dell'ANAS.
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Mancano 2 miliardi di euro per terminare, ma pur mancando non si sono fermati per un solo giorno i lavori: i lavori continuano ad andare avanti regolarmente e mancano questi 2 miliardi che stiamo cercando di trovare per il completamento. Ripeto, però, che non si sono bloccati i lavori nemmeno per un giorno.
L'onorevole Meta ha parlato con abilità: che cosa devo fare io? Prendo anche l'applauso dalla sinistra, do la colpa al Ministro Tremonti così voi siete contenti; io mi prendo l'applauso, ma non ho risolto il problema. Dimentichiamo però in questo modo che il Governo ha preferito dare 9 miliardi di euro per gli ammortizzatori sociali, ovvero prima 1 miliardo e poi 8 miliardi di euro.
La scelta che questo Governo ha fatto in relazione alle priorità è stata di questa natura: la prima priorità è andata per gli ammortizzatori sociali e per tutto ciò che riguarda il sociale, e non nascondo che all'interno del Consiglio dei ministri ci fu un dibattito perché alcuni colleghi sostennero che si poteva mettere a disposizione degli ammortizzatori sociali una cifra inferiore e il resto per lo sviluppo economico. Vinse la tesi che dovevamo accantonare una grossa cifra per gli ammortizzatori sociali. Sbagliata o indovinata che fosse, fu fatta questa scelta.
La seconda priorità è stata quella relativa alle infrastrutture: sono stati messi a disposizione 9 miliardi di euro per il sociale e 7,2 miliardi di euro per le infrastrutture. Anche su questo si può non essere d'accordo, ma questa è una realtà.
Per quanto riguarda l'aumento dei pedaggi, dico con chiarezza che se vogliamo realizzare le infrastrutture, bisogna coinvolgere i privati perché non abbiamo soldi. E se vogliamo coinvolgere i privati, bisogna pedaggiare le opere altrimenti non si riesce a realizzarle.
Anche a questo proposito: si possono fare scelte diverse, ma questo significa accantonare l'infrastrutturazione nel nostro Paese perché il Governo non ha soldi per realizzare le opere. Oltretutto, se analizziamo i dati, fino agli anni Ottanta il 95 per cento delle opere era pagato dallo Stato. Oggi siamo scesi al 75 per cento; nei prossimi anni dovremo scendere al 20-30 per cento, altrimenti non avremo l'infrastrutturazione del Paese.
Questa non è una scelta politica, è una necessità. Possiamo poi decidere percorsi diversi, come non volere le infrastrutture; ma io credo che il Paese abbia bisogno di infrastrutture anche per aumentare il prodotto interno lordo, per l'occupazione e via discorrendo. Bisogna però cercare di reperire soldi attraverso il pedaggiamento.
Ho visto la mozione approvata ieri dal Parlamento, ma ho anche avuto modo di parlare con il collega Misiti ieri e ho visto anche la sua, onorevole Meta, che - devo dire - era ancora più forte. Ne prendo atto. Quando, come è accaduto per la sicurezza stradale, si è trovata un'intesa tra maggioranza e opposizione ne sono sempre stato contento perché ci sono alcuni argomenti - l'ho detto tante volte - tra cui le infrastrutture, sui quali credo si potrebbe cercare di trovare un'intesa maggiore tra maggioranza e opposizione di quanto non sia accaduto fino a ora. Bisognerebbe, partendo dai dati e attraverso i dati, costruire una politica comune per vedere realizzate le opere.
CARMEN MOTTA. Signor Ministro, siccome il nostro presidente ci invita a non fare della filosofia io purtroppo sono costretta a formulare domande in modo molto secco. Mi dispiace perché invece andrebbe argomentato il motivo delle domande.
In ogni caso, anche per non togliere tempo ai colleghi, la prima questione è la seguente: lei ha appena finito di dire che è molto importante l'apporto dei privati per le infrastrutture...
ALTERO MATTEOLI. Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Scusi, abbia pazienza, «lei ha detto...»?
CARMEN MOTTA. Non so quando si è distratto, signor Ministro.
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. No, lei ha affermato «lei ha detto...».
CARMEN MOTTA. Sì, lei ha detto, signor Ministro, che è fondamentale l'apporto dei privati per la produzione di opere infrastrutturali nel nostro Paese.
C'è una delibera del CIPE del 22 gennaio 2010 che ha approvato il primo lotto funzionale per la realizzazione del collegamento autostradale Pontetaro-Nogarole Rocca, l'intersezione tra la quindici e la ventidue. Quest'opera è in autofinanziamento della società Autocisa: non si sa più nulla di questa delibera bloccata; se lei mi potesse dare in questa occasione qualche informazione le sarei grata.
Speravo di poter argomentare più distesamente la seconda questione, ma vengo
in ogni caso alla vicenda della metropolitana di Parma: in questo caso uno dei componenti fondamentali della progettazione e anche dell'iter esecutivo di tutto il progetto è la regione che, come lei sa, con decisione del Governo presa con il cosiddetto decreto-legge anticrisi è stata completamente esclusa perché si è assunta la decisione del comune di Parma di rinunciare all'opera, e di 172 milioni di euro stanziati ne sono stati riconosciuti 70 solo al comune di Parma. Ritengo che - chioso brevemente - nel momento in cui un'amministrazione rinuncia a un'opera, se altre amministrazioni pubbliche hanno concorso alla progettazione e hanno rispettato tutto l'iter procedurale previsto per legge, buonsenso avrebbe voluto, a mio modesto parere, che la regione e la provincia fossero riconvocate per poter discutere della riallocazione dei 172 milioni di euro e non dei 70 milioni che vengono riconosciuti solo al comune di Parma. In ogni caso, la vicenda
è stata questa. E lei ha sostenuto due cose diverse, signor Ministro, perché in un'occasione pubblica ha detto che non entrava nel merito delle decisioni delle amministrazioni locali quando è venuto a Parma; in un'altra occasione, invece, ha detto, sempre pubblicamente, ma non a Parma, che se tutte le amministrazioni facessero saltare gli accordi - come ha fatto il comune di Parma - in questo Paese non si deciderebbe più nulla.
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Io non ho detto due cose diverse. Io continuo a dire che il comune di Parma ha sbagliato e sono nettamente contrario...
CARMEN MOTTA. Ha sbagliato, signor Ministro, però 70 milioni di euro vengono riconosciuti al comune di Parma.
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Ma è una legge approvata dal Parlamento!
CARMEN MOTTA. Sì, ma non l'ho mica proposta io, signor Ministro, mi scusi. Chi l'ha proposta? È nel decreto-legge anticrisi, viene dal Governo, non viene mica dall'opposizione quella proposta.
Io le chiedo, comunque, se quei 70 milioni di euro che verranno destinati al comune di Parma intanto rientrano ancora nelle disponibilità da parte del Ministero. E, secondo punto, le chiedo se non ritiene che debbano essere vincolati al trasporto pubblico locale sull'intero territorio provinciale. Ci sono, infatti, ovviamente delle ricadute che non possono essere legate al trasporto pubblico locale unicamente alle mura di un comune, ma c'è un traffico in entrata e in uscita. Dovrei parlare molto più a lungo, ma sono cose che lei conosce benissimo.
Le chiedo se non ritiene che, quando verrà fatto il decreto - e il decreto deve essere fatto -quei 70 milioni almeno non debbano essere vincolati al trasporto pubblico locale dal momento che il comune di Parma ha fatto nel tempo un lungo elenco di opere sulle quali non opera: prima è passato dal sociale e poi è passato ad altri ambiti, poi ha previsto di fare interventi di varia natura, ma non c'è ancora chiarezza. Io le chiedo se in tempi di penuria non sia il caso di vincolare queste risorse - se ancora ci sono - al trasporto pubblico locale.
ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Ministro, le rivolgerò delle domande, ma poi dovrò andar via, e me ne scuso. Leggerò la sua risposta nel resoconto.
Ha accennato a quattro piani importanti (casa, carceri, piccole opere, edilizia scolastica). Si è data una prima risposta importante sui 358 milioni di euro. Oggi, però, mi risulta siano fermi al Ministero dell'economia e delle finanze. Sono approvati dal CIPE, ma i comuni oggi non possono spenderli. Se non si sblocca la questione velocissimamente queste opere slitteranno all'anno prossimo perché riguardano scuole e la scuola inizia a settembre. Quel capitolo importante di impegno di spesa, quindi...
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Ma sono stati sbloccati.
ALESSANDRO MONTAGNOLI. In questi giorni?
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Nella scorsa Conferenza.
ALESSANDRO MONTAGNOLI. Il CIPE ha deliberato i 358 milioni di euro - ho parlato con il sottosegretario Mantovani la settimana scorsa - e si è in attesa del Ministero dell'economia, altrimenti verranno spesi nell'anno scolastico successivo. So che non è una competenza sua, però l'impegno c'è stato, ma se non riusciamo a dar seguito diventa inutile.
Ho letto anch'io tutto il Rapporto del Servizio Studi della Camera sulla legge obiettivo: è molto interessante. Penso che in qualche modo serva un atto forte di impegno e di coraggio da parte sua. Oggi abbiamo - ed è una tragedia - dei fondi comunque disponibili. È vero che sono impegnati nella percentuale detta tra Nord e Sud, ma dove ci sono le capacità di spesa è impensabile lasciare fermi i cantieri. Questo riguarda una parte del Paese importante.
Anche per quanto riguarda gli emendamenti sul finanziamento delle opere, non ci sono quantificazioni e io penso che ne vedremo delle belle perché ci sono tanti cantieri che hanno residui fermi. Le rivolgo, quindi, un invito a una sburocratizzazione e ad accelerare le opere.
Riguardo al Patto di stabilità, è vero che dipende da Tremonti, ma per i comuni sotto i 5.000 abitanti non c'è. Quella elevazione, quindi, della soglia per l'affidamento dei lavori pubblici con procedura negoziata fino a un milione di euro, che mi sembra questa Commissione avesse approvato praticamente all'unanimità, sarebbe veramente una buona cosa. Avere gli appalti in venti giorni invece che in quattro mesi oggi, in questa situazione economica, è sicuramente non di poco conto. La invito, quindi, a verificare la parte sia dell'edilizia scolastica sia delle piccole opere perché è importante in questa fase.
DARIO GINEFRA. Signor Ministro, non è il primo incontro che facciamo e mi duole ritornare su un punto già trattato da alcuni colleghi per porle una domanda alla quale le chiedo di dare una risposta perentoria per evitare che ci sia il solito problema dell'interpretazione.
Sono tra quei cento parlamentari che ha avuto modo di scriverle per avere chiarimenti circa il blocco, da più di un anno, al CIPE dell'Alta Capacità ferroviaria Bari-Napoli e dei progetti presentati al CIPE; vivo oltretutto in una regione nella quale un suo collega, che è il Ministro degli affari regionali, nelle ultime ore ha invocato ricorso ai FAS regionali per il finanziamento delle stesse opere, evidentemente creando una confusione sulle fonti di bilancio che potrebbero essere oggetto di quel piano di investimenti di cui lei parlava come condividendo il parere che abbiamo sempre avuto di quell'opera come strategica a livello nazionale e, nella logica del Corridoio 8, anche con un importante ruolo in una naturale vocazione internazionale.
Sollevo, quindi, una questione per scongiurare ulteriori richiami che sistematicamente le abbiamo fatto anche attraverso interrogazioni - la prossima settimana discuteremo l'ennesima in Commissione trasporti - interpellanze urgenti alle quali, come lei saprà, ha risposto il suo collega Elio Vito: siccome c'è un rinvio che talvolta può apparire quasi un modo per prendere tempo, le chiedo chiarezza su questo punto una volta per tutte, in maniera che ci mettiamo l'anima in pace ed evitiamo di ritornare su un punto che, come lei avrà potuto cogliere e come io ho colto anche dalle sue parole, come lei auspicava non vede fronti opposti, ma una comunità di intenti tra le maggiori forze che sono rappresentate in questo Parlamento.
COSTANTINO BOFFA. Intervengo per porre due rapide domande su due questioni molto precise. Qualcuna è stata già posta per cui adesso è inutile tornare sui temi del peso del Mezzogiorno sui riparti dei fondi infrastrutture perché ognuno può vederla a suo modo e non ne usciamo.
C'è comunque un divario infrastrutturale che anziché diminuire aumenta, questo è il dato di fatto. Se andiamo a guardare alcuni programmi di amministrazioni particolari, come quello delle ferrovie, vediamo che non si supera il 19 per cento nell'investimento complessivo destinato al Mezzogiorno. Lì non esiste, quindi, neanche un problema di capacità di spesa delle amministrazioni locali, si tratta di un problema che riguarda la capacità di spesa delle amministrazioni centrali, l'orientamento della spesa verso una parte del Paese.
In ogni caso sul tema torneremo, c'è un dibattito aperto.
La questione che voglio riproporre è quella già riproposta da alcuni parlamentari: si tratta del tema dell'asse ferroviario Napoli-Bari. Non c'è dubbio che qualche passo avanti è stato fatto, almeno in termini di previsione programmatica e programmatoria dell'intervento. Dal protocollo di intesa di due anni fa siamo, infatti, passati all'inserimento in legge obiettivo e, con l'ultima riunione del CIPE, all'approvazione del contratto di programma delle Ferrovie che prevedono programmaticamente l'opera. Ripeto che considero la previsione programmatica un fatto significativo e un passo avanti ulteriore perché è l'opera che io considero più importante del Mezzogiorno, che ha una valenza nazionale, ma anche internazionale. Inserire quest'opera a pieno titolo nei programmi delle Ferrovie (RFI e Ferrovie dello Stato) è sicuramente un passo avanti. Tuttavia, adesso è interessante capire quando dalla previsione
programmatica si passerà al finanziamento perlomeno del primo lotto e all'approvazione del progetto generale dell'opera con tanto di finanziamento.
Ministro, la progettazione - come lei sa - di quest'opera è talmente condivisa sui piani politico, sociale e istituzionale che addirittura qualche regione del Mezzogiorno, negli anni scorsi, ha anticipato i fondi della progettazione non aspettando, quindi, Ferrovie dello Stato. C'è una condivisione piena del territorio: in questi giorni si stanno svolgendo le conferenze di servizi per acquisire i pareri anche sul versante ambientale, e quindi dal punto di vista amministrativo si stanno facendo rapidi passi avanti.
Il tema è la certezza del finanziamento. Non so se lei può dire da questo punto di vista una parola precisa, visto che finora le varie risposte alle nostre sollecitazioni ci hanno sempre rimandato alla prossima riunione del CIPE come quella decisiva per il finanziamento. Abbiamo, invece, relativi passi avanti, ma non c'è la scelta di fondo che poi dà certezza e, in qualche modo, rende irreversibile la decisione su un'iniziativa.
In secondo luogo, lei parla di priorità da attribuire a opere che hanno finanza privata. Da questo punto di vista, all'interno delle opere già previste e selezionate in legge obiettivo, nel Mezzogiorno ve ne è una che ha valenza anche interregionale - non parliamo quindi di piccole opere - che è la strada statale Telesina, munita del necessario finanziamento perché ha la risorsa di parte pubblica appostata in legge obiettivo e la risorsa appostata che fa riferimento alle intese istituzionali fra la regione e lo Stato. Lì già c'è stata la procedura per l'individuazione del promotore (parliamo di project financing).
Ora, stranamente anche quest'opera, che è una delle opere che ha finanza privata ed è interessata da un tasso di incidentalità elevatissimo - uno dei più pericolosi del Paese - per ragioni misteriose giace presso la segreteria tecnica del CIPE e non viene portata all'approvazione. Le rivolgo quindi nuovamente una domanda precisa: per quale ragione quest'opera, che rientra perfettamente nei criteri stabiliti per selezionare le priorità, ossia quella di essere munita di finanza privata, e che ha il finanziamento appostato, non viene approvata dal CIPE? Quando pensa di portarla definitivamente all'approvazione per poter procedere, poi, alla individuazione del concessionario, e quindi all'apertura dei cantieri?
ROBERTO MORASSUT. Rivolgo due domande molto rapide. La prima è un chiarimento su una questione per la verità
abbastanza seria, sollevata peraltro anche dalla collega Mariani in apertura degli interventi della Commissione, e non mi sembra che ci sia stata una risposta dettagliata.
La questione riguarda il testo della manovra finanziaria, in particolare quanto riporta l'articolo 8 al comma 10 del testo che, secondo quanto segnalato da più parti in questi giorni, anche da diversi organi di stampa, a ben leggere apre di fatto la strada a un sistema di affidamenti diretti e secretati di opere pubbliche senza limite e tetti di spesa da parte di alti organi della burocrazia ministeriale. In questo comma non c'è una formulazione esplicita, ma una formulazione con dei rimandi legislativi, che poi bisogna andare ad accertare a recuperare e - questo lavoro è stato fatto da alcuni parlamentari del Partito Democratico e anche dagli organi di stampa che hanno segnalato questo problema - con i quali si arriva al decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli appalti) che già attribuisce a organi politici, ma su motivati pareri e, in ultima analisi, anche allo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, la
possibilità di attivare affidamenti di opere pubbliche in maniera motivata in modo secretato per alcune categorie di contratti pubblici. Vorrei un chiarimento sul testo in questione.
Chiedo, inoltre, se non sembri inopportuno - e io aggiungerei anche grave alla luce delle cronache più recenti - introdurre una norma come questa che stravolge il sistema della concorrenza di mercato, dei principi fondamentali in materia di trasparenza e di pubblicità che toccano evidentemente anche principi costituzionali, e che stravolge il Codice degli appalti. Ripeto, chiedo se tutto questo non sembri del tutto inopportuno e grave alla luce di quanto accaduto nel corso degli ultimi mesi, di quanto segnalato qui da più parti, da ultimo dal collega Margiotta con riferimento ai dati contenuti nel Rapporto del Servizio Studi della Camera sulla legge obiettivo o nell'ultima Relazione dell'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, sul fatto che il mercato degli appalti è ormai assolutamente ristretto nella parte di concorrenza di mercato perché in gran parte occupato da affidamenti, da procedure autoritative che ne hanno ristretto
notevolmente il campo con grave deperimento del sistema delle imprese, soprattutto medio-piccole.
Credo che queste valutazioni siano importanti e che debbano essere rese con dei chiarimenti in questa occasione di discussione della Commissione, e soprattutto messe in relazione al clima che il Paese vive.
La collega Mariani ha posto un tema, però onestamente non abbiamo ascoltato risposta, forse nella discussione non si è capito: quello dell'emergenza nella quale si trova il nostro Paese in questo momento tra l'elemento della trasparenza e il deperimento del sistema della concorrenza. Questa norma, che è inserita nella manovra, in maniera un po' opaca rappresenta un elemento di aggravamento della situazione.
Peraltro, il Governo si era impegnato nella fase più critica della vicenda legata alle cronache e agli scandali sugli appalti, alle procedure giudiziarie in corso - vedremo che esito avranno - a produrre anche un decreto anticorruzione che contenesse alcuni elementi di chiarimento e di risposta alla situazione che vive il Paese.
L'altra questione riguarda il tema del Piano Casa. È stata già sollevata dal collega Dussin, io la ribadisco perché sono passati due anni ormai dal decreto-legge n. 112 del 2008, che aveva inserito procedure per l'avvio di un piano per realizzare in un arco di tempo, che allora mi pare venisse stimato - già poco credibilmente per l'epoca - in un arco di trentasei mesi diverse centinaia di migliaia di alloggi per dare risposta all'emergenza casa: il famoso Piano Casa Tremonti. Così fu chiamato perché era inserito nel testo della manovra finanziaria e di bilancio del luglio 2008.
Tuttavia, si è persa menzione e notizia di questo programma, di come è andato avanti nel rapporto con le regioni, di quali sono le stime e le valutazioni del Governo; si è poi proceduto a un secondo provvedimento, ribattezzato - anche con qualche
confusione - Piano Casa 2, ma che è stato un piano degli ampliamenti e sappiamo tutti dai rendiconti che abbiamo dalle regioni quale è stato l'effetto non particolarmente soddisfacente di questo piano che si è sostanzialmente tradotto in un tentativo di incentivazione delle imprese edilizie attraverso operazioni di ampliamenti.
La situazione rispetto a un'organica politica della casa e una risposta effettiva al tema emergenza abitativa è, quindi, oggi sostanzialmente ferma al palo e sono però passati due anni con un aggravamento sociale molto serio.
La domanda è molto semplice e, purtroppo, d'obbligo: quali sono le misure che il Governo ritiene di mettere in campo a questo punto, a metà della legislatura, quasi a metà del mandato di questo Governo per affrontare in profondità e seriamente il tema dell'emergenza abitativa nel nostro Paese?
MAURO PILI. Mi soffermerò velocemente su tre questioni che sono all'attenzione dell'intervento del Ministro, partendo ovviamente da una considerazione positiva sulla fotografia che il Ministro stesso ha proposto di questi ultimi dieci anni.
È innegabile che la macchina degli investimenti infrastrutturali nel nostro Paese abbia avuto un'importante accelerazione rispetto al passato. Credo che questo sia elemento di plauso per questi ultimi dieci anni di intervento infrastrutturale nel nostro Paese.
Mi permetterò, però, Ministro, di cogliere quest'occasione - da un alleato ci si aspetta molto spesso soltanto un plauso - per sottoporre alla sua attenzione, conoscendo la sua lungimiranza politica, una questione che ritengo fondamentale. Abbiamo approvato lo scorso anno la legge n. 42 sul federalismo fiscale, che introduce all'articolo 22 un tema straordinariamente rilevante: quello del riequilibrio infrastrutturale nel nostro Paese. È un tema non solo non affrontato storicamente nel nostro Paese, ma che trova in tutti i piani di attuazione - e nella legge obiettivo, purtroppo, ne ha un'ulteriore sottolineatura - una rilevanza strategica per il nostro Paese.
Abbiamo realizzato come Commissione uno studio - che credo il Ministro abbia già avuto - sull'attuazione della legge obiettivo, il rapporto di cui molti hanno parlato, dal quale emerge un quadro drammatico sul riequilibrio strutturale nel nostro Paese, sia della parte pianificata sia della spesa. Voglio soltanto citare alcuni dati per far capire come forse, senza recriminare su quello che è stato, dobbiamo ora porci l'obiettivo di migliorare e di introdurre elementi correttivi: abbiamo una previsione del valore pro capite dei piani strategici infrastrutturali nel nostro Paese dal 2001 a oggi di 14.143 euro; il dato sul chilometro quadrato è di 190.000 euro; quello sulla spesa è di 2.180 euro pro capite e 434.000 euro sul chilometro quadrato.
Ebbene, emergono dati dove ci sono regioni che hanno proiezioni anche di venti volte superiori a quello che sarebbe spettato loro e regioni che hanno venti volte meno di quello che spetterebbe loro. Cito per tutte la Calabria, che ha una quota di 23.000 euro a fronte di una previsione di appena 14.000 di media, e la Sardegna che ha appena 3.000 euro di previsione pro capite. È, quindi, una disparità di trattamento e di previsione che credo debba essere al centro della politica infrastrutturale del nostro Paese perché non è sostenibile che ci siano regioni che hanno una dotazione infrastrutturale bassissima.
La Sardegna, per quanto riguarda i tre più importanti indici infrastrutturali - quello idrico, quello viario e quello ferroviario - è la regione che si trova nella situazione peggiore in Italia e, dal dato di previsione, è quella che prende venti volte meno di quello che le spetterebbe.
Il riequilibrio infrastrutturale è presente nella legge n. 42 del 2009, articolo 22 nella puntualità della norma stessa, e credo che serva, nel quadro delle risorse disponibili - qui non stiamo parlando di risorse che non ci sono, ma di quelle che ci sono e di quelle che potrebbero esserci
nel futuro - un riequilibrio infrastrutturale assolutamente necessario nel quadro della coesione infrastrutturale del nostro Paese.
Cito soltanto due dati: sulle autostrade e sulle reti ferroviarie per la Sardegna non esiste niente. Non esistono le infrastrutture ferroviarie concepite nei piani che sono stati messi a punto, ne quelle autostradali. Ma non esiste neanche la ripartizione finanziaria per rafforzare gli assi stradali o ferroviari che sarebbero stati necessari.
Signor Ministro, il mio è dunque un appello e sul piano infrastrutturale il Ministero delle infrastrutture ha la possibilità di intervenire strategicamente su questo punto in maniera soddisfacente.
Il secondo tema che vorrei affrontare è quello che hanno ripreso i colleghi, Dussin innanzitutto, cioè quello del Piano Casa.
Non voglio affrontare il Piano Casa 1. Lei lo ha richiamato: credo che ci siano dei ritardi che spero vengano affrontati. C'è un altro aspetto che io reputo il più grande potenziale project financing possibile in Italia: il Piano Casa 2, mortificato dalla procedura seguita dal Governo - aggiungo, con la complicità del Parlamento - secondo il quale la competenza era esclusiva delle regioni.
Io credo che il Ministero delle infrastrutture e il Ministero dell'ambiente abbiano competenze primarie per attuare, rispetto a competenze esclusive stesse - cito l'ambiente, ma anche la parte fiscale degli interventi che possono essere proposti - la capacità di integrare la proposta legge proposta dal collega Dussin sul cosiddetto sistema Casa qualità sull'efficienza energetica e l'impatto ambientale, e la capacità di valutare uno sviluppo che non si limiti a tener conto della logica degli ampliamenti.
C'è una proposta di legge firmata da centotrenta parlamentari del Popolo della Libertà, quindi la maggioranza del Gruppo, che propone sostanzialmente un grande piano di riconversione e di riqualificazione del patrimonio edilizio nazionale partendo anche da ciò che è semplicemente pianificato. In pratica, tutte le zone C del nostro Paese che sono inutilizzate possono essere valorizzate a condizione che si dia un incremento volumetrico a quello già pianificato che consenta di risparmiare territorio, quindi di non consumare altro territorio, e di imporre le logiche dell'efficienza energetica del sistema Casa qualità che è stato richiamato.
Credo, auspico e chiedo al Ministro se non sia possibile su questo tema attivare un rapporto di stretta collaborazione con la Commissione perché questi due progetti di legge, quello del sistema Casa qualità e quello del Piano di riqualificazione, possano trovare un elemento di sintesi perché il Parlamento possa essere una volta tanto protagonista insieme al Governo di un approccio diverso.
L'abbiamo detto tutti: incanalare il Piano Casa 2 nell'ambito delle regioni avrebbe comportato quello che poi è stato un risultato: una diversificazione dell'intervento nel Paese e non una soluzione del problema economico che ci si poneva.
Da questo punto di vista, credo che sia quindi auspicabile che lo stesso Ministro dia una disponibilità alla Commissione che ha lavorato su questo tema, sulla proposta del collega Dussin, cioè addirittura alla legislativa dimostrando di fatto una disponibilità assolutamente importante della Commissione a lavorare in termini unitari.
Vale lo stesso discorso per il tema della finanza di progetto. Abbiamo fatto un'azione unitaria, seppur con voto di astensione sul correttivo del Codice degli appalti che ha portato, proprio sul tema del diritto di prelazione e dell'intervento del project financing. Si è trattato di un apporto rilevante che poi per una serie di ragioni, che non richiamo, non sono state recepite nel correttivo perché si sosteneva la tesi di non voler rischiare ulteriori contenziosi con l'Unione europea.
Su alcuni temi abbiamo fatto una verifica grazie al lavoro del Servizio Studi della Camera - li hanno proposti maniera puntuale - di compatibilità comunitaria, di comparazione con altri livelli di intervento di project financing a livello comunitario e credo che anche su questo la Commissione possa insieme al Governo
lavorare a un intervento che va nella direzione che il Ministro stesso ha tracciato e auspicato, cioè di accelerazione e di facilitazione, proprio per la restrizione finanziaria ed economica sul piano infrastrutturale, che possa vedere coinvolti i privati nel nostro Paese.
PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Matteoli per la replica.
ALTERO MATTEOLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Onorevole Motta, la delibera CIPE sulla Cisa è alla Corte dei conti per la registrazione. Spero che prima della fine del mese sia registrata.
Per quanto riguarda i 72 milioni che per legge andranno al comune di Parma, se ha visto la legge, serve il concerto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le assicuro che starò molto attento. Ripeto, infatti, e spero che sia chiaro che non ho apprezzato la decisione del comune di Parma. Peraltro, sa che non parlo di un comune di colore politico diverso. Le dirò anche che ho parlato a lungo sia con il presidente della giunta regionale Errani sia con l'assessore Pepi di questo problema. Tuttavia, questo è lo stato delle cose: c'è una legge, abbiamo l'obbligo di rispettarla, però nella legge c'è scritto che c'è il concerto da parte del ministero.
All'onorevole Montagnoli voglio dire - l'ho interrotto - che l'elevazione della soglia per l'affidamento dei lavori con procedura negoziata ad un milione di euro mi trova d'accordo.
Confermo - onorevole Ginefra - l'impegno del Governo sull'asse ferroviario Napoli-Bari. Quando vuole possiamo misurare le risorse per un'opera che si aggira sui 5 miliardi di euro. Nel piano delle Ferrovie è già prevista una cifra e io confermo tutti gli impegni che sono stati presi.
Rispondo all'onorevole Moffa: le risorse della sola legge obiettivo sono del 29,3 per cento. Se aggiungiamo le risorse di Ferrovie dello Stato, ANAS, PON e via elencando otteniamo circa il 39 per cento. Anche qui, sulle cifre si può ragionare, dividerci, dire che sono poche o sono troppe, però se facciamo un paragone con il passato, fino al 2002 erano solo del 12-13 per cento di competenza e solo dell'8 per cento di cassa.
A proposito dell'asse ferroviario Napoli-Bari, l'onorevole Boffa sa che nel contratto di programma ci sono risorse che fino al 2008 non c'erano. La Napoli-Bari è stata inserita nel Corridoio 8 proprio per volontà politica, per volontà del Governo e per volontà del sottoscritto. Questo ovviamente favorisce la realizzazione.
Riguardo alla Telesina - se ne è parlato anche stamattina con un collega che fa parte del Governo - è stata portata da un mese la proposta al CIPE.
Rispondo all'onorevole Morassut: ho visto anch'io l'articolo su L'Espresso. Per carità, L'Espresso solleva dei problemi, solleva una critica, alimenta una polemica: se poi la fa sua un collega parlamentare è giusto che ci sia risposta. La possibilità, che L'Espresso ha sottolineato, evidenziato e criticato riguarda solo i direttori generali e non i dirigenti per decidere la secretazione dei lavori da eseguire. Questa è una scelta inserita da una norma del Parlamento fin dal 1993. La legge n. 29 del 1993 riconosceva alla responsabilità della struttura tecnica questa funzione. Il direttore generale, però, deve motivare il perché della secretazione.
Voglio sottoporvi un esempio: venerdì scorso si è riunito il Comitato per l'edilizia carceraria del quale fanno parte, ovviamente, il Ministro Alfano e il sottoscritto: quando si realizza un carcere o anche l'ampliamento di un carcere, c'è o no la necessità di segretazione? Credo che sia giusto che ci sia perché chi progetta e costruisce può determinare alcune cose. Se poi questo procedimento viene percepito come una voglia di generalizzare una procedura di decretazione. Voglio ricordare che quando è stata fatta una proposta per qualcosa che non era una secretazione, ma riguardava anche la Spa della Protezione civile, non soltanto l'opposizione ha detto di no, ma anche all'interno della maggioranza
c'è stato chi con forza ha detto che non era giusto realizzare quella norma ed è stata tolta, come era giusto fare.
Sul Piano Casa, ho detto nella relazione che è stata lunga la fase di un anno. Oggi però c'è un impegno per non rimanere fermi.
A proposito del riequilibrio infrastrutturale del Paese, onorevole Pili, se prendiamo il Mezzogiorno è un conto, se prendiamo la Sardegna è un altro. Si può sostenere che il Mezzogiorno ha avuto meno di altri, però chi vuol difendere una posizione, ha argomenti per poterlo fare. È più difficile - questo lo riconosco - farlo per quanto riguarda la regione Sardegna.
Quando, però, si parte da una soglia sul Mezzogiorno dell'8 o del 12 per cento non si può poi, dopo sei anni, passare a una soglia utopica. Per me parlare del 29 per cento solo con la legge obiettivo è già un successo. Per la Sardegna, onorevole Pili, invece ha ragione e sono d'accordo che vanno rivisitate le intese generali quadro. Le Ferrovie in Sardegna sono quelle che sono: ho avuto occasione di viverci per un anno della mia vita, quindi le conosco perfettamente. Conosco la Carlo Felice, la Olbia-Sassari che ora finalmente pare cominci a vedere qualche risultato, anche se come tutti sanno sono altri che si occupano di questa opera, anche in questo caso per volontà del Parlamento.
Sul Piano Casa 2, bisogna che il Parlamento cambi la legge esistente.
Per quanto riguarda tutto il resto, c'è piena disponibilità da parte del Governo e da parte del ministero a lavorare con le Commissioni nel senso da lei auspicato, onorevole Pili. C'è la massima volontà di trovare una norma che possa in qualche modo accelerare. Quando volete, se i Presidenti lo ritengono con le Commissioni, sono disponibile a venire qui ed esaminare - se non vado errato - le due proposte di legge citate (C. 1952 e C. 2441) per vedere come unificarle. Non verrò qui a presentarne un'altra da parte del Governo, ma a discutere su queste due per trovare il modo di unificarle.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Matteoli, i deputati della Commissione trasporti e il presidente Valducci, e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,15.