Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle audizioni

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti
122.
Martedì 28 febbraio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Pecorella Gaetano, Presidente ... 3

Audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Matera, Celestina Gravina:

Pecorella Gaetano, Presidente ... 3 5 9 10 11 12
Bratti Alessandro (PD) ... 8
De Luca Vincenzo (PD) ... 6
Gravina Celestina, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Matera ... 3 5 7 8 9 10 11 12
Manicone Raffaele, Comandante provinciale del Corpo forestale dello Stato di Matera ... 9 10 11 12
Negri Magda (PD) ... 8

Audizione dell'amministratore delegato della società Daneco, Bernardo Filipponi:

Pecorella Gaetano, Presidente ... 12 13 16 17 18 21 22 23
Bratti Alessandro (PD) ... 12 13 16 18 20 21 22
Colucci Francesco, Azionista di maggioranza della società Daneco ... 12 13
Filipponi Bernardo, Amministratore delegato della società Daneco ... 13 14 15 16 17 18 20 21 22 23
Mazzuconi Daniela (PD) ... 14 15 16

[Indietro]

Seduta del 28/2/2012


Pag. 12


...
Audizione dell'amministratore delegato della società Daneco, Bernardo Filipponi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'amministratore delegato della società Daneco, Bernardino Filipponi.
La presidenza ha già fatto pervenire all'ingegner Filipponi le questioni di interesse della Commissione, vale a dire la politica industriale della società Daneco nel ciclo dei rifiuti in Italia con riferimenti all'ubicazione dei vari impianti, del loro funzionamento e degli altri aspetti correlati rientranti nell'oggetto dell'inchiesta.
Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterrà opportuno, i lavori della Commissione proseguiranno in seduta segreta, invitandolo comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale dell'audizione.
Vi ringraziamo per la presenza e per il contributo che potrete offrire alla Commissione. L'ingegner Filipponi avendo alcuni procedimenti che lo riguardano ha diritto alla presenza di un legale. Nel discorso generale non credo ci saranno problemi, se ci sono aspetti specifici....

FRANCESCO COLUCCI, Azionista della società Daneco. Incidentalmente, il presidente della Daneco è anche un avvocato.

PRESIDENTE. Non ci sono, quindi, problemi se lo ascoltiamo?

FRANCESCO COLUCCI, Azionista della società Daneco. Assolutamente no.

PRESIDENTE. Lei ha sentito i punti che interessano la Commissione e che, peraltro, sono quelli contenuti in una richiesta che abbiamo fatto precedentemente in modo che si potesse documentare.

ALESSANDRO BRATTI. Per chiarezza, gradiremmo ci fosse spiegato anche come è strutturato il gruppo.

FRANCESCO COLUCCI, Azionista della società Daneco. Buongiorno, sono l'azionista di maggioranza assoluta del gruppo Unendo. Il gruppo Unendo detiene la maggioranza assoluta delle azioni della Daneco Impianti e quindi credo di poter dare un chiarimento rispetto alla composizione del gruppo.
Come il nome suggerisce, il Gruppo Unendo nasce dall'aggregazione di una serie di aziende che, nel corso di oltre trent'anni di attività, abbiamo fondato, acquisito e sviluppato. Mi riferisco a mio fratello Piero e a me, che abbiamo nel tempo creato questo gruppo, appoggiandoci anche a soci terzi. In particolare, siamo stati soci di un gruppo importante, il gruppo Italcogim della famiglia Fabiani di Milano, che si interessava di distribuzione del gas e che decise di entrare nel settore ambientale. Con loro acquistammo dal gruppo Pisante, del gruppo Enit, la Emas Ambiente, che abbiamo sviluppato. Quando nel 2000 ci fu la dismissione da parte degli americani della Waste Management


Pag. 13

delle loro partecipazioni italiane, partecipammo a una sorta di short list che gli americani avevano immaginato di fare e risultammo acquirenti del gruppo americano.
Lo abbiamo nel tempo un po' riorganizzato e ristrutturato. Aggiungemmo a queste partecipazioni nel settore ambientale l'acquisto da parte della Tecnimont della Daneco, un'azienda storica italiana che credo provenisse dal gruppo Danieli di Udine, che fu venduta alla Tecnimont, che ne fece il punto di riferimento della sua divisione ambientale.
Non vorrei ricordare male, nel 2001 o nel 2002, la acquistammo per completare tutti i segmenti della nostra presenza nel settore ambientale, per cui svolgevamo sostanzialmente tre tipi di attività: raccolta rifiuti, gestione dello smaltimento attraverso impianti e discariche e costruzione di impianti.
Il gruppo era abbastanza articolato e composito, c'erano circa 40 società che partecipavano alla sua composizione, per cui il gruppo era articolato in tre macroaree: la prima faceva parte della Waste Italia, un'azienda che si interessava di smaltimento di rifiuti speciali, quindi sostanzialmente rivolta al mondo nel privato, con lavorazione e smaltimento degli scarti di lavorazione industriale; c'era la parte della raccolta rifiuti, che faceva capo all'Aspica, che si interessava appunto della gestione del servizio raccolta rifiuti in città; ed, infine, la Daneco, che ha sempre continuato il suo business di costruzione di impianti.
Questa è un po' la tripartizione del gruppo, che è andata avanti fino al 2011. Al di là del fatto che a monte, quindi nella Unendo, ci fossero dei nuovi assetti azionari - perché nel 2008 la famiglia Fabiani, per problemi propri, riteneva di dismettere questa partecipazione che viene da noi acquistata - nel 2011 arriviamo a una sorta di separazione: io e mio fratello, dopo trent'anni di lavoro insieme, abbiamo pensato di separare i nostri destini industriali. Lui ha inteso prendere altre direzioni, intervenendo nel mondo delle energie rinnovabili mentre io ho preferito rimanere nel settore tradizionale della costruzione.
Nel 2009 avveniva la dismissione dell'Aspica, per cui siamo usciti dal mondo della raccolta dei rifiuti, considerata sostanzialmente antieconomica. Ci siamo concentrati sui due segmenti, da un lato, della Waste Italia, che è rimasta a mio fratello Pietro, che si occupa, come dicevo, di gestione rifiuti industriali, e, dall'altra, la Daneco Impianti, con la costruzione e gestione di impianti per lo smaltimento dei rifiuti.
Oggi alla Unendo fanno capo una serie di partecipazioni, alcune piccole, che sono partecipazioni di minoranza in società miste con enti pubblici, in particolare con città come Lucca, Latina e altre, e la presenza al 100 per cento in Daneco Impianti, che è rimasta, per quanto riguarda Unendo, l'azienda di riferimento e trainante del gruppo stesso. Questo riguarda quanto oggi rimasto nella mia disponibilità di azionista. Mio fratello Pietro, invece, ha preso altre strade.

ALESSANDRO BRATTI. Oggi la Daneco, oltre a costruire, fa anche gestione.

FRANCESCO COLUCCI, Azionista della società Daneco. Da sempre. In Tecnimont la parte ambientale era devoluta alla Daneco, che si occupava di costruzione per conto terzi, cioè partecipava a gare di appalto, costruiva gli impianti e li consegnava al committente. Da quando entrò nella nostra disponibilità, dal 2002 in avanti circa, oltre alla costruzione, il suo core business, intendemmo anche rivitalizzare la gestione degli impianti. Alcuni, infatti, erano costruiti per conto terzi, altri per conto proprio.

PRESIDENTE. Possiamo tornare ai quesiti che vi ha posto la Commissione.

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. In linea generale, Daneco Impianti opera sul territorio nazionale con un'attività di progettazione, costruzione e, soprattutto, gestione


Pag. 14

di impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti urbani. È prevalentemente concentrata sull'attività di gestione di questi servizi in regime di concessione: generalmente, attraverso gare a evidenza pubblica, acquisiamo contratti pluriennali che prevedono la costruzione dell'infrastruttura che eroga il servizio - sia essa un impianto o una discarica - attraverso apporto di capitale proprio e la gestione dell'impianto, e quindi l'erogazione del servizio, per una pluriennalità, che generalmente si attesta intorno ai 15 anni - come per l'impianto di Lamezia Terme, che mi risulta sia stato visitato da questa Commissione in Calabria - durante i quali rientra del proprio investimento oltre che del servizio di gestione. In linea di massima, il 50 per cento del fatturato si colloca in questo tipo di attività.
Ci sono altri tipi di attività classiche regolate da contratti di appalto, dove appunto si esegue l'opera, la si consegna alla stazione appaltante, come ad esempio nell'ultimo caso dell'impianto di gestione anaerobica a servizio della città di Salerno, che è stato completato l'estate scorsa ed è attualmente in fase di esercizio sperimentale, al termine del quale sarà riconsegnato alla stazione appaltante.
Abbiamo anche attività inerenti il mondo delle bonifiche e, in particolare, abbiamo acquisito attraverso una gara a evidenza pubblica l'appalto per la messa in sicurezza dei campi di Priolo Gargallo, attualmente in fase di esecuzione. Di recente, nel corso della scorsa estate, ci siamo aggiudicati la gara per la rimozione dei rifiuti delle discariche dei comuni di Pioltello e di Rodano dell'area ex SISAS.
Questa è, in linea di massima, l'attività che l'azienda esegue sul territorio nazionale. Lascio agli atti di questa Commissione alcuni fascicoli relativi al profilo dell'azienda, dove sono riportati maggiori dettagli.

DANIELA MAZZUCONI. Per quanto riguarda la bonifica delle discariche nell'area ex SISAS a Pioltello-Rodano, una serie di problemi sono emersi in ordine al fatto che sembrerebbe che i rifiuti rimossi variamente miscelati, quindi con cambio di codice, siano andati a finire in impianti dove non sarebbero potuti andare in quanto in origine rifiuti pericolosi.
C'è stata polemica sull'impianto della Spagna, ma anche per quanto riguarda gli impianti italiani uno degli interrogativi che spesso ci siamo posti in Commissione è come sia potuto avvenire questo cambio di codice attraverso una lavorazione che, viste le relazioni dei lavori, sembrava semplice. I rifiuti sono stati miscelati con due coppe rotanti, se non ricordo male, a terreno prelevato in area di Pioltello-Rodano, quindi in area ex SISAS, in terreno di dubbia provenienza.
Tutto questo sarebbe stato fatto sulla base di un parere iniziale dell'Istituto superiore di sanità e, a caduta, tutti gli altri organismi interpellati avrebbero, in qualche modo, fatto proprio questo parere, i cui responsabili però ci hanno detto che si trattava di un parere dato in astratto, non con verifiche merceologiche o analisi eseguite in loco. Vorrei sapere cosa è accaduto effettivamente e se questo cambio di codice è attualmente oggetto dell'indagine che mi pare riguardi il sito di Pioltello-Rodano.

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Rispetto al tema dell'attribuzione del codice 19.12.12 al rifiuto che è stato sottoposto a un trattamento, va fatta una precisazione. Nell'ambito dell'area ex SISAS, e quindi delle discariche A e B, abbiamo avuto una discretizzazione in celle da circa 15 metri per 15 metri per 2,50 metri di altezza, quindi all'incirca da 450 metri cubi. Tutto il volume è stato diviso attraverso dei piani e una griglia per ottenere degli elementi che sono stati sottoposti a una caratterizzazione.
Vi è stata una caratterizzazione di progetto perché, come saprete, questo intervento nasce da un progetto stralcio approvato dal Ministero che è stato posto a base di una gara a evidenza pubblica. Il progetto ha messo in evidenza che, della


Pag. 15

totalità dei rifiuti presenti, vi erano due classi, un rifiuto non pericoloso e un rifiuto pericoloso.

DANIELA MAZZUCONI. Lei sta parlando del materiale delle discariche A e B?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Esatto, i rifiuti che erano oggetto dell'appalto. C'è stata rimozione non solo di rifiuti pericolosi, ma anche di rifiuti non pericolosi.
Nell'ambito delle due discariche, abbiamo svolto un ulteriore approfondimento analitico. A seguito, infatti, delle omologhe necessarie per avviare a smaltimento i rifiuti, abbiamo ripetuto, oltre a quelle di progetto, ulteriori analisi per circa 900 certificati analitici.
Abbiamo appurato che una serie di queste celle avevano una presenza irregolare di terreno. Dovete immaginare, ovviamente, del nerofumo prodotto da un certo ciclo produttivo, che è stato per anni accumulato in queste due depressioni all'interno dello stabilimento. Sono stati sottoposti a ricoprimento di materiale alla presenza anche degli elettrodi usati nel ciclo produttivo. Di qui la presenza di mercurio nell'ambito dei rifiuti.
Alcune celle, quindi, sono caratterizzate da nerofumo con presenza di terreno, per cui il progetto aveva valutato come opportuna una strutturazione, ossia un'omogeneizzazione meccanica tesa a facilitare la gestione geotecnica meccanica di questo rifiuto presso il luogo di smaltimento.
Lo stesso bando di gara, lo stesso progetto prevedeva che, al momento della consegna delle aree, fossero già disponibili gli impianti di trattamento on site, che consistono in apparecchiature che consentono un trattamento meccanico, quindi un'omogeneizzazione meccanica, e un confezionamento in big bags.
Alla consegna delle aree questi impianti non erano presenti perché il precedente operatore non li aveva resi disponibili, per cui abbiamo dato inizio al loro allestimento e sono stati in seguito oggetto di un'autorizzazione con decreto commissariale, se non ricordo male agli inizi di novembre.
Il tipo di rifiuto prelevato dalle due discariche e non sottoposto a nessun tipo di trattamento è stato oggetto di attribuzione del codice tipico per materiali provenienti da bonifica, che può essere pericoloso o non pericoloso.
Va precisato che abbiamo sottoposto a trattamento meccanico presso gli impianti on site esclusivamente i rifiuti non pericolosi perché quelli pericolosi sono stati destinati prevalentemente a impianti esteri, di cui vi riferirò.
Il rifiuto sottoposto a trattamento meccanico è esclusivamente quello non pericoloso prelevato dalle discariche con il codice 19.13.02, materiale proveniente da attività di bonifica, poi sottoposto a una selezione preliminare perché, nell'ambito di questa massa di rifiuti, abbiamo comunque rinvenuto legname e metalli, che sono stati selezionati opportunamente e avviati al recupero, come risulta dai registri di carico e scarico.
Questi materiali erano introdotti nella linea di trattamento meccanico per quest'omogeneizzazione e strutturazione meccanica e quindi si è posto il problema di capire se a questo rifiuto dovesse essere assegnato un codice diverso da quello originale alla luce del trattamento meccanico.
Come saprete, infatti, l'elenco europeo dei codici CER ha la famiglia 19, che contempla i rifiuti sottoposti a trattamento meccanico. Abbiamo posto un quesito alla stazione appaltante per il tramite della direzione dei lavori, che ha ritenuto di dover acquisire i pareri, come lei diceva, dell'ISPRA, ma anche della provincia, dell'ARPA e dei vari enti coinvolti, tra l'altro gli stessi che avevano partecipato alla conferenza dei servizi che ha approvato quel progetto stralcio.
Sono stati formalizzati questi pareri da parte della stazione appaltante e abbiamo ritenuto di poter applicare quel tipo di attribuzione di codice alla luce del tipo di attività supportato da questi pareri tecnici, su cui peraltro il soggetto che ha ricevuto


Pag. 16

questo tipo di rifiuto, il 19.12.12, ha ritenuto di fare una propria due diligence attraverso l'avvocato Giustino Ciampoli. C'è stata una disamina a partire dalla tipologia di impianto, dall'autorizzazione commissariale, dalla verifica di pareri resi, che si è conclusa con un esito positivo, cioè di fattibilità. Di questo vi lascerò agli atti un fascicolo con i documenti che ho appena citato e vi lascerò anche, su supporto informatico, l'intera documentazione di tracciabilità dei rifiuti.

ALESSANDRO BRATTI. Sui codici avete avuto, quindi, una dichiarazione da parte degli enti di controllo?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Nella fattispecie il contratto e il bando di gara prevedevano che il produttore del rifiuto fosse il soggetto appaltatore. Assumendo l'appalto, Daneco diventava automaticamente produttore del rifiuto. Siamo stati sottoposti costantemente al controllo della direzione dei lavori, che è nominata dalla stazione appaltante e, rispetto al quesito sull'attribuzione del codice CER al rifiuto trattato in questi impianti on site, abbiamo chiesto una verifica anche da parte della direzione dei lavori e, quindi, della stazione appaltante.
In quest'occasione, la direzione dei lavori o la stazione appaltante presumo abbia inoltrato il quesito a una serie di enti, tra cui l'Istituto superiore di sanità, la provincia, l'ARPA Lombardia, cioè ai soggetti che hanno partecipato alla conferenza di servizi.

DANIELA MAZZUCONI. L'inchiesta in corso riguarda la questione dei codici e della pericolosità dei rifiuti o esclusivamente l'ipotesi di corruzione del commissario?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Al momento non abbiamo notizie di ipotesi di reato in materia ambientale, quindi di irregolarità di codici, ma credo che questo sia un lavoro che spetti alla magistratura.
Vista l'occasione, ci terrei a illustrarvi la tracciabilità dei rifiuti rimossi dalle due discariche. Distribuirei questa stampa, che mi è utile per l'illustrazione.

PRESIDENTE. Lo sbancamento e il trasporto della terra è effettuato da voi o è affidato a terzi?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. In questo caso l'attività di movimentazione all'interno del cantiere - l'utilizzo di macchine per il movimento terra al fine di rimuovere i rifiuti e caricarli su automezzi che li hanno poi conferiti presso gli impianti - è stata effettuata attraverso una società controllata al 100 per cento da Daneco, la Cantieri Moderni, con un regolare contratto di subappalto autorizzato dalla stazione appaltante.

PRESIDENTE. Anche i camion?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. No.

PRESIDENTE. La Commissione è attenta alla presenza di infiltrazioni della criminalità organizzata in Lombardia.

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Abbiamo il perimetro dell'area ex SISAS, assegnataci per eseguire la rimozione dei rifiuti. Fino al cancello di ingresso di quest'area tutti i mezzi sono stati di nostra proprietà.
Per quanto riguarda, invece, il trasporto dei rifiuti dal cancello d'ingresso del cantiere fino agli impianti a cui abbiamo fatto ricorso, abbiamo utilizzato imprese autorizzate, iscritte all'apposito albo per il trasporto di rifiuti, che sono state contrattualizzate con un regolare subappalto, peraltro approvato anche dalla stazione appaltante.

PRESIDENTE. Come sono state scelte queste imprese?


Pag. 17

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. La scelta è stata fatta sulla base delle potenzialità che queste imprese avevano. Vista, infatti, la notevole quantità di rifiuti da rimuovere, ci siamo rivolti a società che hanno un'organizzazione e, soprattutto, una flotta mezzi autorizzata per il trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi adeguata allo scopo.
Ci siamo trovati negli ultimi periodi a contrattualizzare anche piccole imprese, generalmente tutte in prossimità del luogo di esecuzione delle opere, trasportatori lombardi, piemontesi e, in qualche caso, veneti.

PRESIDENTE. Esiste l'elenco di questi trasportatori?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Nel fascicolo che vi lascerò c'è una piccola nota cronologica su come si sono svolte le attività e anche una disamina dei principali quesiti che sono stati posti dalle varie associazioni ambientaliste, come quelli sull'attribuzione del codice, il destino dei rifiuti, la tracciabilità e così via, in cui vengono citati una serie di allegati documentali su supporto informatico. Sono 14 gigabyte di documenti.
Si tratta di tutta la documentazione di tracciabilità dei rifiuti: la prima e quarta copia di tutti i formulari per le destinazioni italiane, tutta la documentazione per le destinazioni estere, le autorizzazioni degli impianti che abbiamo utilizzato, le autorizzazioni delle società di trasporto, i certificati analitici e tutta la documentazione che è stata trasferita a chiusura dell'intervento alla direzione dei lavori e alla stazione appaltante in quanto necessaria per la chiusura contabile.

PRESIDENTE. La ringraziamo. Sul trasporto, sono effettuati i controlli sia per l'esportazione verso l'estero, sia per i trasferimenti in discarica o negli impianti di trattamento? Ogni volta che esce un camion, c'è qualcuno che controlla? Esiste una documentazione sul controllo della composizione del materiale trasportato, per esempio, in Spagna?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Sull'attivazione della spedizione transfrontaliera il regolamento europeo n. 1013 del 2006 prevede come debba essere presentata un'istanza volta a ottenere l'approvazione di una notifica di spedizione.
Per attivare una spedizione transfrontaliera va predisposto un fascicolo, all'interno del quale vanno inserite le quantità che si intendono spedire in via transfrontaliera, va illustrato il progetto che caratterizza quella spedizione e deve essere prodotta anche una certificazione analitica del rifiuto. Nel caso in cui il rifiuto sia pericoloso vanno prodotti certificati analitici e quant'altro.
Gli interlocutori che devono dare il benestare a quest'operazione di spedizione di rifiuti sono l'autorità competente del luogo di produzione dei rifiuti - che nel nostro caso è la regione Lombardia, con un'apposita divisione interna - e, per quanto riguarda il Paese di destinazione, l'autorità in cui insiste l'impianto. Nel caso della Spagna il soggetto che ha approvato la spedizione è l'autorità andalusa.
Il fascicolo è stato esaminato dalla regione Lombardia e dall'autorità andalusa, la stessa autorità che ha rilasciato l'autorizzazione integrata ambientale degli impianti presso cui questi rifiuti sono stati conferiti.
La notifica è stata evasa dopo alcuni mesi dalla richiesta: sia l'ente di destino, sia quello di origine hanno dato il benestare all'operazione di spedizione alla luce del fascicolo prodotto.
Durante la spedizione del rifiuto, ovviamente, sono ripetuti diversi certificati analitici e troverete nella documentazione che vi lascio per ogni singolo «concio» - il cubo attraverso cui è stato «discretizzato» l'intero volume di rifiuti - i movimenti che hanno caratterizzato quel cubo per l'avvio a smaltimento e, nel caso in cui questo concio sia stato spedito in Spagna, con quali tipi di mezzi, in che data, con


Pag. 18

quale modelli 1B e, soprattutto, con il certificato analitico di verifica della tipologia di rifiuto.
C'è una verifica preliminare sulla base di un dossier prodotto da parte del soggetto che intende attivare la procedura. Una due diligence da parte di due autorità, di cui una è quella responsabile perché il rifiuto è prodotto nell'area di sua competenza e l'altra perché ospita l'impianto destinato a ricevere il rifiuto.

PRESIDENTE. L'esame del materiale consiste in un'indagine cartacea?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. In alcuni casi ci è stato chiesto anche l'invio di un campione, come nel caso della spedizione presso l'impianto Plambeck in Germania. Nel caso della Spagna non ci è stato chiesto di spedire un campione, ma comunque è stato acquisito l'intero fascicolo progettuale con cui era descritta l'operazione, i certificati analitici.

PRESIDENTE. Redatti da chi? Rilasciati da un'azienda pubblica o privata?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. I certificati analitici sono di due tipi. Quelli allegati al progetto autorizzato in conferenza di servizi, che quindi hanno avuto anche una validazione dell'ARPA, erano prodotti da un laboratorio che era stato individuato dal precedente operatore, la TR Estate 2.

PRESIDENTE. Si tratta di un operatore privato?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Generalmente, i laboratori che intervengono in questo tipo di attività sono tutti privati. Va poi fatta una distinzione tra quelli certificati, che eseguono dei protocolli di analisi tali da avere anche rintracciabilità di come è stato fatto il certificato analitico, e quelli non certificati.
Sono state effettuate all'epoca anche delle verifiche da parte dell'ARPA Lombardia, per cui credo ci sia stata una sorta di validazione di quei risultati.

ALESSANDRO BRATTI. La società ha effettuato le analisi del rifiuto in sede progettuale, che dovrebbero essere stati validati da ARPA Lombardia. Che lei sappia sono state effettuate ulteriori analisi da parte delle autorità andaluse preposte ai controlli?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. È ovvio che non mi è dato sapere cosa abbia fatto l'autorità andalusa nelle sue attività di verifica preliminare all'approvazione della spedizione transfrontaliera.

ALESSANDRO BRATTI. No, successivamente.

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Successivamente, presumo che abbia fatto dei controlli, tant'è che, secondo il regolamento n. 1013 del 2006, abbiamo sempre comunicato l'avvio della spedizione con i famosi tre giorni di anticipo, che hanno proprio lo scopo di permettere a chi vuol controllare di organizzarsi. Su cosa abbiano fatto in Spagna all'arrivo dei rifiuti, francamente, non so dare informazioni.

PRESIDENTE. Può illustrare il documento.

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. In questa tabella avete un riepilogo molto efficace di come si è svolta l'attività.
Dalle due discariche A e B - a fronte della famosa «discretizzazione in conci» da 15 metri per 15 per 2,5 metri di altezza - è stata fatta una classificazione attraverso la ripetizione di analisi oltre quelle previste in progetto. In quest'attività di classificazione e selezione sono stati intercettati materiali legnosi e ferrosi che, ovviamente, sono stati avviati al recupero presso impianti italiani.


Pag. 19


Da questa classificazione ulteriore fatta in cantiere sono emerse due tipologie di rifiuto: pericoloso e non pericoloso. Questo, ovviamente, discende dal tipo di parametri accertati in sede di laboratorio, superata la soglia dei quali il rifiuto è classificato come pericoloso oppure non pericoloso.
Per quanto riguarda i rifiuti pericolosi, abbiamo avuto materiali con prevalenza nerofumo - quelli del corpo delle due discariche - e materiali con prevalenza di terreno, che erano quelli in prossimità degli argini piuttosto che delle sponde della depressione all'interno della quale fu collocata questa quantità di rifiuti.
I materiali escavati con prevalenza di terreno sono stati avviati a smaltimento senza nessun trattamento o confezionamento, caricati sui camion. Loro destinazione è stato l'impianto PBR di Maclodio, in provincia di Brescia. Il codice attribuito, essendo prevalentemente terreno, è stato il 17.05.03. L'operazione è stata un D9, impianto di lavaggio, quindi impianto di trattamento; è stata conferita una quantità di 1.909 tonnellate.
Per quanto riguarda i rifiuti con prevalenza di nerofumo, quindi quelli rinvenuti nel corpo delle due discariche, c'è stato uno smaltimento diretto senza nessun trattamento con un confezionamento in big bags, che si è reso necessario per facilitare anche il trasporto e lo stoccaggio in taluni impianti a cui abbiamo fatto ricorso per motivi che dirò.
Di questo tipo di rifiuto confezionato in big bags, come vedete, è indicata la destinazione, le quantità e la tipologia di impianto di conferimento. L'impianto Ecoltecnica Italiana ha ricevuto, ad esempio, rifiuto con codice 19.13.01, nerofumo pericoloso, confezionato in big bags, operazione in D15, messa a riserva prima dell'avvio allo smaltimento finale, per un quantitativo di 7.035 tonnellate. Allo stesso modo, c'è stato uno smaltimento diretto sfuso. Qui troviamo l'impianto Befesa con il quantitativo e l'impianto indicato, dopodiché abbiamo i rifiuti non pericolosi.
Abbiamo avuto anche in questo caso rifiuti con una prevalenza di terreno, che erano quelli in prossimità degli argini e delle sponde dell'invaso, che hanno avuto uno smaltimento sfuso presso gli impianti che vedete indicati in tabella.
Abbiamo avuto, inoltre, materiali scavati con prevalenza di nerofumo, ma non strutturati. All'interno di questi conci non è stata, cioè, rilevata una presenza di terreno irregolare da far ritenere necessaria un'omogeneizzazione di questo rifiuto, per cui questi rifiuti sono stati avviati a smaltimento diretto senza trattamento e confezionamento. Vedete nella parte viola gli impianti che sono stati oggetto di conferimento con il rispettivo codice, il tipo di operazione e il quantitativo.
Abbiamo, infine, i materiali con prevalenza nerofumo, dove la presenza di terreno faceva ritenere opportuna una strutturazione meccanica ricorrendo all'impianto on site realizzato. In questo caso, le destinazioni sono state gli impianti SNC di Chivasso e Waste Italia di Mariano Comense, tipo di codice 19.12.12, operazione smaltimento finale, con le relative quantità.
Nella tabella in alto a destra sono riportate le destinazioni a smaltimento finale di tutti quegli impianti che hanno ricevuto il rifiuto con un'operazione in D15, ossia messa in riserva temporanea ai fini dello smaltimento finale.
Ci sono state diverse contestazioni, soprattutto da parte di Greenpeace, sul fatto che nella rimozione e nell'avvio a smaltimento di questi rifiuti sono stati coinvolti impianti di stoccaggio tra cui, in particolare, due impianti in Lombardia, la Solter e la Gamma Recuperi, che hanno avuto un provvedimento in deroga da parte del commissario delegato per il quantitativo stoccabile. Le associazioni ambientaliste hanno manifestato la preoccupazione che gli impianti non avessero l'idoneità per ricevere il rifiuto di SISAS.
In realtà, abbiamo utilizzato questi impianti per una semplice ragione. Sapete tutti che il termine per completare quest'opera era perentoriamente fissato al 28 marzo, che è stata la data in cui si è svolta la programmata visita da parte del commissario


Pag. 20

europeo. La possibilità di desistenza dall'applicazione della multa comunitaria dei famosi 490 milioni di euro era subordinata, appunto, al raggiungimento di quest'obiettivo, ossia rimuovere totalmente i rifiuti dall'area SISAS entro quella data, così come di fatto è stato perché addirittura a settembre vi è stata proprio una formalizzazione in ambito comunitario della definitiva desistenza circa l'applicazione di questa sanzione.
Ci siamo, quindi, trovati nelle condizioni di dover avviare a smaltimento rifiuti pericolosi alla luce del decreto legislativo n. 205, entrato in vigore nel dicembre del 2010. A fronte di un'ipotesi di progetto che prevedeva circa 30 mila tonnellate, di fatto ce ne siamo trovate, come potete vedere in questa tabella, oltre 100 mila. Rispetto, quindi, alle previsioni iniziali, abbiamo avuto un'inversione delle proporzioni tra rifiuti non pericolosi e pericolosi.

ALESSANDRO BRATTI. Chi era il direttore dei lavori?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. La società SOGESID nella persona dell'ingegner Fausto Melli, che ovviamente aveva uno staff di direzione lavori che, tra l'altro, ha visto la presenza costante in cantiere per tutta la durata dei lavori di due collaboratori dell'ufficio di direzione lavori.
La capacità di trasporto verso l'estero è sicuramente inferiore rispetto a quella degli impianti italiani perché, ad esempio, in Germania il mezzo che parte oggi può ritornare utile per un secondo carico dopo tre giorni, per cui per smaltire migliaia di tonnellate a frequenza giornaliera non avremmo avuto proprio la disponibilità di automezzi sufficienti. Abbiamo, dunque, utilizzato questi impianti come stoccaggio provvisorio e da questi sono stati avviati, successivamente alla data del 28 marzo, a smaltimento finale tutti i rifiuti che sono stati conferiti.
In questa tabella azzurra in alto a destra vedete che i rifiuti che sono stati conferiti a Ecoltecnica Italiana per le 7.103 tonnellate oggetto di smaltimento finale all'impianto della società Wetro a Puschwitz in Germania, l'impianto di Pero, un termovalorizzatore in Danimarca e l'impianto Hera Ambiente di Ravenna, anche questo un termovalorizzatore. In questa scheda di sintesi potete osservare proprio l'intero quadro e l'intera tracciabilità ai fini dell'avvio a smaltimento, sia a livello degli impianti interessati, sia di quantità ricevute.
Nei documenti che lascerò agli atti, se qualche membro di questa onorevole Commissione riterrà di dover fare degli approfondimenti, troverà tutta la documentazione.
Ritornando al discorso della spedizione transfrontaliera presso gli impianti spagnoli della società Befesa, c'è stata una grossa contestazione, ma quanto possiamo oggi vedere agli atti è un'autorizzazione alla spedizione delle due autorità preposte, il ricevimento da parte di Daneco di tutti i modelli 1B, che sostanzialmente sono i formulari utilizzati per le spedizioni transfrontaliere.
In questi modelli c'è uno spazio, il famoso box 19, che prevede che, a valle dello smaltimento, quindi a smaltimento/trattamento effettuato da parte dell'impianto di destino, questo modello sia reso con un timbro e una firma in originale a certificazione della avvenuta operazione di smaltimento secondo le previsioni della notifica.
Ad oggi abbiamo ricevuto l'intero fascicolo dei modelli 1B, lo abbiamo sottoposto all'ufficio preposto, la regione Lombardia, che con l'ausilio del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Milano e, sulla base delle dichiarazioni rilasciate dalle autorità di destino, in questo caso l'autorità andalusa, hanno svincolato 80 milioni di garanzie finanziarie che avevamo prestato in conformità al regolamento n. 1013 del 2006.
La spedizione transfrontaliera, infatti, prevede il rilascio di garanzie che, nel caso di rifiuti pericolosi, sono molto elevate. In data 27 ottobre abbiamo avuto lo svincolo di 80 milioni di euro circa di garanzie che avevamo prestato, che troverete nel supporto informatico che vi lascio, dove si


Pag. 21

legge che, «sentita l'autorità di destino e verificata la documentazione, insieme al Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Milano si ritiene di dover svincolare e di rimettere alla società in allegato la polizza fideiussoria prestata».

PRESIDENTE. Il costo dello smaltimento presso Befesa o presso Hera Ambiente è uguale o ci sono delle differenziazioni?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Ovviamente, ci sono differenziazioni, ma non rilevanti.

PRESIDENTE. Lo dico molto chiaramente: ci interessa capire se ci sono notevoli differenze nei costi per Befesa, che avrebbe dovuto sottoporre a trattamento e inertizzazione. Da lì si capisce, infatti, se l'avrebbe fatto o meno.

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Intuisco dal suo quesito che si vuol riferire all'altro grande tema delle cronache dei mesi scorsi.

PRESIDENTE. Non ho letto niente, ragiono da penalista. Andrebbe rilevato se il costo non includeva in sé per motivi commerciali l'inertizzazione. Avrebbe un certo significato se il costo per Befesa non era particolarmente più alto anche rispetto a quello della stessa Befesa per le sostanze non pericolose.

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Ovviamente, se guardiamo il caso Befesa, il contratto che è stato stipulato per lo smaltimento dei rifiuti prevedeva un prezzo differente per il conferimento dei rifiuti non pericolosi piuttosto che di quelli pericolosi.

PRESIDENTE. Qual è la differenza?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. La differenza, se non ricordo male, è all'incirca di 30 o 35 euro a tonnellata, però dovrei verificare.

PRESIDENTE. Questo dato non è presente nei documenti che ci lascia?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Forse no, ma posso produrlo tranquillamente. C'è, però, un documento da cui potete vederlo, ossia l'offerta iniziale Befesa, successivamente alla quale è stato stipulato il contratto. In uno degli allegati sono riportati i prezzi differenziati per tipologia di rifiuto, pericolo e non pericoloso. Mi sembra di ricordare una cifra intorno ai 30-35 euro, però potete verificarlo nell'allegato.
Nel corso degli ultimi mesi, in particolare da Greenpeace, è stata mossa la contestazione che il progetto prevedeva di avviare questi rifiuti a termovalorizzazione. Nei documenti che la Daneco ha prodotto per la partecipazione alla gara è stata dato evidenza fin dall'inizio degli impianti che si sarebbero utilizzati, ma tecnicamente, trattandosi di un rifiuto che contiene del mercurio, la termovalorizzazione rispetto al conferimento di questo rifiuti in una discarica adeguata, quindi per rifiuti pericolosi, è uno smaltimento, a mio avviso, poco idoneo perché, come sapete, la combustione di un materiale contenente mercurio genera comunque dei vapori.

ALESSANDRO BRATTI. In questo caso, che differenza di prezzo esiste tra lo smaltimento in discarica e l'incenerimento?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Dovrei rivedere esattamente i numeri perché la mole è molto elevata. Se guardiamo gli impianti che hanno ricevuto alcune quantità di questi rifiuti in Italia, la differenza


Pag. 22

di prezzo dovrebbe aggirarsi intorno ai 60 euro, ma il problema è piuttosto la capacità ricettiva di questi impianti.
In fase di valutazione preliminare, prima di partecipare alla gara, abbiamo effettuato una serie di verifiche. Generalmente, la capacità ricettiva di un termovalorizzatore, sia esso estero o italiano, è di alcune centinaia di tonnellate alla settimana, rispetto a una discarica per rifiuti pericolosi autorizzata a ricevere quel tipo di rifiuto - questo è stato verificato e potete verificarlo agli atti - che è di 1.200-1.500 tonnellate al giorno.
Per il tipo di intervento che è di rimozione di rifiuti finalizzato alla messa in sicurezza di un'area, che abbiamo dovuto realizzare in un tempo prestabilito dal bando di gara di sei mesi alla luce della situazione nota in termini di contenzioso con l'Unione europea - dopo trent'anni che comunque se ne è sempre e solo parlato. È evidente che un impianto di termovalorizzazione con una capacità ricettiva di 150 tonnellate al giorno non risolve il problema, atteso che ne abbiamo portate a smaltimento oltre 300 mila. È stata fatta, allora, una scelta anche rispetto alla capacità ricettiva degli impianti e comunque sicuramente non rispetto alla redditività della commessa.
Nella nota che vi lascerò troverete i numeri esatti e nell'allegato l'estratto conto dei costi sostenuti con riferimento a ogni singola fattura ricevuta per smaltimenti, trasporti e quant'altro: a oggi abbiamo sostenuto costi per 48 milioni di euro rispetto a una sottoscrizione nell'aprile dello scorso anno, in occasione della quale ci è stato riconosciuto un avanzamento di 37 milioni di euro.
Ci troviamo, quindi, esposti verso i fornitori di 11 milioni. Da diversi mesi abbiamo perso traccia della nostra stazione appaltante perché c'è comunque un'attività di chiusura contabile della commessa che prevede la presentazione all'appaltatore di un conto finale, necessario per l'emissione dell'ultima rata di pagamento, rispetto a un capitolato speciale di appalto che ha visto l'impresa sottoposta a obblighi decisamente stringenti in termini di onere e di complessità dell'attività e, soprattutto, correlata ai tempi disponibili, ma che vede anche degli obblighi a carico della stazione appaltante.
Si dice, ad esempio, che il certificato provvisorio di collaudo, propedeutico all'emissione dell'ultima rata di pagamento, deve essere emesso perentoriamente entro sei mesi dall'ultimazione dei lavori, verbalizzata al 27 giugno come intervenuta il 15 giugno: di fatto, il termine perentorio dei sei mesi previsto dal capitolato - in questo caso, una condizione che dovrebbe tutelare l'impresa - è spirato il 15 dicembre e a oggi, a distanza di otto mesi da quando abbiamo ultimato le opere, ancora non abbiamo la possibilità...

ALESSANDRO BRATTI. Parliamo sempre della SOGESID?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. La stazione appaltante è rappresentata dal commissario delegato, peraltro oggi vacante perché, come saprete, l'ultimo OPCM istituito dal commissario delegato SISAS è decaduto al 31 dicembre e oggi non sappiamo nemmeno chi è il commissario delegato. C'è un responsabile unico del procedimento, una direzione lavori e una commissione di collaudo. Questa è la struttura.
Se avessi voluto adottare un atteggiamento cautelativo e guardare all'economia della commessa, sicuramente non mi sarei trovato in questa situazione.

PRESIDENTE. A noi sarebbe utile esaminare tutti questi documenti, eventualmente mettere a fuoco ancora qualche aspetto e, naturalmente, vi chiederemo la cortesia di tornare.

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Lascio il fascicolo.


Pag. 23

PRESIDENTE. Ci sono molte riserve da parte vostra?

BERNARDO FILIPPONI, Amministratore delegato della società Daneco. Sono d'obbligo perché abbiamo realizzato un'opera per 10 milioni di euro. Trovate tutto nel fascicolo.

PRESIDENTE. Sicuramente ci rivedremo. Il tempo non è stato sufficiente, ma, come vedete, siamo molto interessati.
Vi ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.

[Indietro]
Consulta resoconti delle audizioni
Consulta gli elenchi delle audizioni