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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e V Camera)
AUDIZIONE
INDAGINE CONOSCITIVA
3.
Mercoledì 24 novembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

La Loggia Enrico, Presidente ... 2

Audizione del Comitato di rappresentanti delle autonomie territoriali di cui all'articolo 3, comma 4, della legge n. 42 del 2009, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 2 4 5 8 10 13
Causi Marco (PD) ... 5
Cosimi Alessandro, Sindaco di Livorno e presidente regionale dell'ANCI Toscana ... 2 11 12
D'Ubaldo Lucio Alessio (PD) ... 6 12
Errani Vasco, Presidente della regione Emilia-Romagna e presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 4 12
Marchi Maino (PD) ... 9
Stradiotto Marco (PD) ... 10
Tosi Flavio, Sindaco di Verona ... 3 10
Vitali Walter (PD) ... 7

ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione consegnata dai rappresentanti dell'ANCI ... 14
Allegato 2: Documentazione inviata dall'UPI ... 23

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Seduta del 24/11/2010


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ALLEGATO 1

AUDIZIONE

COMMISSIONE BICAMERALE PER L'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale.

Roma, 24 novembre 2010.



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Premessa.

Il superamento del sistema di finanziamento delle funzioni e delle competenze comunali basato sulla finanza derivata, sia statale che regionale, è il principale obiettivo del processo di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.
La definizione di un nuovo assetto delle entrate comunali costituisce un importante passaggio per l'attuazione della legge n. 42 del 2009. Tale assetto, come previsto dalla Costituzione prima e dalla legge di delega poi, deve basarsi su tre forme di entrata principale: compartecipazioni a grandi tributi erariali, tributi propri e stanziamenti a carattere perequativo (oltre agli interventi straordinari di cui al comma 5).
Tale composito e articolato paniere di entrate deve garantire il finanziamento delle funzioni comunali in un quadro di regole che assicuri autonomia gestionale e di spesa, capacità di programmazione, riqualificazione dell'azione pubblica, responsabilità, trasparenza ed efficienza nella gestione delle risorse, superamento del criterio della spesa storica a favore della standardizzazione dei fabbisogni.
L'attuazione coerente, complessiva ed esauriente dei principi e dei criteri contenuti nella legge n. 42 potrebbe consentire di realizzare nel tempo tali obiettivi, anche e soprattutto grazie al pieno svolgimento della circolarità del confronto fra Autonomie territoriali e loro rappresentanze istituzionali, Governo e Parlamento.
Fuor di dubbio in questo contesto, lo schema di decreto legislativo in esame costituisce un passaggio fondamentale per il sistema dei Comuni, perché attraverso di esso si compie un passo importante dal sistema dei trasferimenti erariali determinati secondo criteri storici a quello della autonomia fiscale.
In considerazione dell'estrema rilevanza dei contenuti del provvedimento, e valutato il quadro generale di finanza comunale ulteriormente e fortemente compromesso dell'intervento di riduzione dell'entrate operato dalla manovra finanziaria di giugno, l'ANCI non ha espresso l'Intesa in sede di Conferenza Unificata con l'auspicio che, nel proseguo dell'iter del provvedimento, si possano apportare correzioni e miglioramenti su punti importanti e si possano trovare soluzioni volte a limitare gli effetti dei tagli ai trasferimenti erariali.
Lo schema di decreto legislativo, come detto, si pone l'obiettivo di trasformare in gettiti devoluti (prima) ed in tributi propri (poi), i trasferimenti erariali «fiscalizzabili», in relazione ai criteri stabiliti in sede Copaff 1, quantificabili in circa 14,41 mld. di euro, di cui 12,51 mld. relativi ai territori delle Regioni a statuto ordinario.

1 Prima relazione sui trasferimenti, Roma 8 giugno 2010, allegata alla Relazione sul Federalismo fiscale presentata dal Governo alle Camere il 30 giugno 2010. I trasferimenti presi in considerazione ai fini della fiscalizzazione si riferiscono a fondi erogati dal solo Ministero dell'Interno e caratterizzati da criteri di generalità e continuità (tipo «A») anche se non tutti destinati alla totalità degli enti (tipo «B»), escludendo quindi i fondi erogati ai Comuni da ministeri diversi e dalle Regioni, nonché quelli inequivocabilmente riconducibili alla nozione di «contributo speciale».


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Lo schema di provvedimento disegna un sistema di fiscalità comunale fortemente basato sui cespiti immobiliari, recependo così una delle istanze più diffuse circa l'opportunità di ancorare l'autonomia fiscale dei Comuni a cespiti legati al territorio, connessi con le funzioni istituzionali in materia urbanistico-edilizia e soggetti a valorizzazione per effetto degli interventi sul tessuto socioeconomico locale nel cui ambito la spesa comunale gioca un ruolo non secondario.
Tale riconoscimento consente di allineare l'ordinamento finanziario e fiscale dei Comuni ai modelli prevalenti presenti negli altri Paesi europei, ma porta con se anche una certa disomogeneità della base imponibile sul territorio, che dovrà essere valutata e compensata con il fondo di riequilibrio.
Riteniamo che questo provvedimento non esaurisca l'attuazione della legge n. 42/09 e che almeno altri due provvedimenti per quanto riguarda il sistema dei Comuni debbano essere adottati.

Il primo volto a «fiscalizzare» l'insieme dei trasferimenti comunali oggi individuati nei bilanci dello Stato e delle regioni con forme di compartecipazione al gettito dei tributi nazionali e regionali. Il secondo volto a costruire un completo ed efficace sistema di perequazione che definisca in modo chiaro quali risorse destinare a questo fine e con quali modalità. Non riteniamo infatti sufficiente in questo senso il richiamo fatto nello schema di decreto delegato in materia di federalismo regionale, sia per l'errata sede della materia trattata, sia per i contenuti troppo superficiali e in contrasto con la Costituzione e la legge n. 42.
Infine, in considerazione dell'avvio di una nuova fase, basata sui principi di autonomia e responsabilità dei territori e per una piena attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, i Comuni ritengono non più differibile lo sblocco selettivo dell'addizionale IRPEF e dell'aliquota ordinaria ICI a partire dall'anno 2011. Lo schema di decreto prevede la possibilità di modificare le aliquote solo dopo la fase transitoria, cristallizzando in questo modo una situazione iniqua per i Comuni a livello di pressione fiscale.
Si propone di adottare un percorso di crescita programmato della pressione fiscale per i Comuni che non hanno ancora utilizzato tale potenzialità o che sono sotto una soglia massima che potrebbe essere definita congiuntamente in conferenza Stato città ed autonomie locali. I dati relativi all'addizionale Irpef dimostrano che il 75% dei Comuni ha applicato il tributo e di questi solo l'8% ha applicato l'aliquota massima consentita dalla legge. Analoga analisi è possibile effettuarla sui dati relativi all'imposta comunale sugli immobili diversi dall'abitazione principale.

Criticità e proposte

Con riferimento all'assetto proposto dallo schema di decreto in esame, rimandando ai paragrafi successivi per una più puntuale analisi, le principali problematiche aperte risultano essere le seguenti.
a) Va valutata la possibilità ai anticipare l'entrata a regime del provvedimento oggi prevista all'anno 2014.
b) Nella fase transitoria deve essere garantito per ciascun anno e per ciascun comune un principio di salvaguardia del livello


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delle entrate, tenendo conto della determinazione dei fabbisogni standard, che consenta ai Comuni di non subire perdite rispetto alla base attuale di trasferimenti erariali come indicati dalla relazione della Copaff. In questo senso è determinante stabilire quale base di riferimento debba essere considerata utile ai fini della fiscalizzazione dei trasferimenti erariali (al netto o al lordo dei tagli effettuati con il DL 78/2010).
c) È necessario che il maggior gettito dei tributi erariali sugli immobili che saranno devoluti ai Comuni, sia destinato ai Comuni stessi.
d) Permangono differenze relative alla valutazione della base imponibile e conseguentemente all'aliquota di riferimento dell'Imposta Municipale Propria che, qualora non dovessero essere risolte in queste settimane di lavoro consigliano un rinvio ad un atto successivo di carattere normativo per la definizione dell'aliquota base, salvaguardando il coinvolgimento dell'Anci e garantendo un ampio confronto parlamentare.
e) Dovrebbe inoltre essere fortemente aumentato il grado di autonomia dei Comuni sia con riferimento alla manovrabilità delle aliquote, sia alla definizione della base imponibile. In particolare è necessario prevedere:
una facoltà di manovra dell'aliquota della cedolare secca sugli affitti (3-5 punti percentuali) ed una verifica delle previsioni di gettito della stessa che metta comunque i Comuni al riparo da eventuali valutazioni eccessive del nuovo prelievo;
una facoltà di manovra più ampia dell'aliquota relativa all'Imposta Municipale Propria sul possesso ed una manovrabilità anche per la parte relativa ai trasferimenti immobiliari che riguardano la prima casa (oggi esclusa);
un forte ampliamento dell'autonomia regolamentare in merito alle modalità di pagamento ed all'articolazione del tributo. Va esplicitata la conferma del regime di autonomia regolamentare di cui all'articolo 52 del d.lgs. 446/97. In questo senso andrebbero evitati tutti gli irrigidimenti contenuti nel decreto che operano una forte riduzione della base imponibile ed un dimezzamento dell'aliquota base che di fatto restringono il potere di intervento delle amministrazioni locali.
f) L'imposta municipale secondaria, sostitutiva di tributi comunali minori deve essere introdotta obbligatoriamente per motivi di semplificazione ed uniformazione del prelievo.
g) È necessaria, per ragioni di equità fiscale nei confronti dei cittadini e dei territori, la previsione espressa dell'estensione della disciplina in oggetto anche ai Comuni delle regioni a statuto speciale, come già previsto dalla riforma della finanza locale che introdusse l'imposta comunale sugli immobili.


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I CONTENUTI PRINCIPALI DEL PROVVEDIMENTO

Lo schema di decreto legislativo prevede due distinte fasi per l'entrata a regime in via definitiva dell'assetto delle entrate comunali, le cui caratteristiche vengono di seguito passate in rassegna unitamente alle problematiche che specificamente pongono sotto il profilo della sostenibilità economico-finanziaria per il comparto dei Comuni.
Sia nella fase transitoria, che nell'assetto a regime, il dispositivo proposto dal Governo prevede rilevanti interventi sul regime di prelievo relativo agli immobili con possibili effetti sugli equilibri della finanza comunale che - ove possibile sulla base delle informazioni rese disponibili dal MEF e dalle Agenzie fiscali - vengono valutati nel seguito di questo documento.

1. Il periodo transitorio - 2011-2013

Tra le principali problematiche aperte con riferimento al periodo transitorio, si riportano i punti seguenti segnalati dall'Anci nelle diverse sedi istituzionali.
1) La quantità delle risorse devolute ai Comuni dal 2011 in base al provvedimento è già decurtata del taglio ai trasferimenti disposto dal dl 78, malgrado l'articolo 14 dello stesso provvedimento stabilisca che ai fini della quantificazione dei trasferimenti da sopprimere per l'attuazione del federalismo fiscale non si tenga conto di questa riduzione. A nostro avviso la quantità di risorse trasferite dovrebbe riferirsi solo alla quantificazione contenuta nella relazione Copaff 8 giugno 2010.
È necessario quindi inserire una più efficace clausola di salvaguardia che, almeno nella fase transitoria e preferibilmente anche a regime, garantisca ai Comuni risorse non inferiori ai trasferimenti erariali al 31 dicembre 2010. Lo schema di decreto non comprende alcuna clausola di questo tipo.
Appare inoltre necessario chiarire che la dinamica dei gettiti devoluti e dei tributi assegnati è mantenuta all'interno del comparto comunale, così da rendere più agevole la progressiva assegnazione di crescenti quote di gettito ai territori nei quali i gettiti hanno origine;
è altresì necessario che ogni recupero di evasione venga attribuito al Comune dove si verifica, al fine di rafforzare l'impegno di ciascuna singola amministrazione al contrasto all'evasione dei tributi immobiliari.
Tali esigenze, peraltro, risultano rafforzate dalle incerte tendenze del mercato immobiliare, e dai rischi di andamento alterno delle compravendite immobiliari (calate nel 2009 per circa il 10% in termini di numero di atti), che potranno influire sulla dimensione dell'effettiva devoluzione dei gettiti da trasferimenti immobiliari prevista dal 2011; quindi è necessario un maggiore consolidamento dei dati di previsione.


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2) La gestione del Fondo sperimentale di riequilibrio assegna all'Anci nell'ambito della Conferenza Stato-Città importanti responsabilità ai fini della ripartizione dei gettiti devoluti, che non potranno essere assegnati ai territori dove i gettiti si formano se non nella misura consentita dal raggiungimento di equilibri sostenibili per tutti gli enti e dall'applicazione di criteri dettati dalla norma e adeguatamente condivisi.

Al fine di garantire la neutralità finanziaria dell'operazione, lo schema di decreto prevede una compartecipazione statale agli stessi gettiti devoluti ai Comuni, qualora l'ammontare sia superiore alle risorse oggetto di fiscalizzazione.
La previsione di una sorta di «compartecipazione inversa» non consente di evidenziare con chiarezza l'entità della devoluzione di gettito ai Comuni ed appare opportuno modificarla con la determinazione di un cespite specifico, individuabile ad esempio tra i redditi immobiliari, al quale i Comuni possano compartecipare nella misura necessaria ad assicurare il raggiungimento delle risorse da trasferimento oggetto di fiscalizzazione.
Inoltre la compartecipazione statale, finalizzata al rispetto dei saldi di finanza pubblica, non può essere una misura variabile per tutta la durata della devoluzione, altrimenti non saremmo in presenza del riconoscimento di autonomia ma di mera devoluzione di un gettito fisso, in sostanza di risorse trasferite in contraddizione con i principio del federalismo fiscale.
Si propone quindi che la compartecipazione statale sia fissata al momento di avvio della riforma attraverso accordo in conferenza Stato città.
La quota di compartecipazione può essere rivista in relazione all'individuazione di ulteriori trasferimenti suscettibili di fiscalizzazione (quindi in aumento), nonché per effetto delle eventuali «economie» derivanti dalla determinazione dei fabbisogni standard, ovvero da esigenze di «rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica». Tali ultimi riferimenti appaiono, invero, non coerenti con le recenti disposizioni contenute nel decreto sull'introduzione dei fabbisogni standard e - più in generale - da abolire in quanto riguardanti aspetti di generale compatibilità dell'attuazione del federalismo fiscale che trovano precisa trattazione nelle clausole di salvaguardia e nei relativi istituti di verifica e vigilanza della legge 42.
In particolare, il rispetto dei saldi di finanza pubblica è garantito dalla compartecipazione statale e dagli obiettivi posti dal patto di stabilità interno, i fabbisogni standard non possono essere ora collegati alle entrate future, il finanziamento della spesa in base ai fabbisogni standard concerne invece il fondo perequativo di cui alla legge 42.
Il gettito derivante dall'accatastamento degli immobili mai censiti è riservato interamente ai Comuni, la quota di gettito da destinare ai Comuni per effetto della partecipazione all'accertamento dei tributi erariali sale al 50% e viene rafforzata la possibilità di accesso alle banche dati dell'anagrafe tributaria in relazione ai cespiti devoluti. Tale previsione riprende parte delle proposte a suo tempo formulate da Anci per rafforzare gli strumenti disponibili in sede locale per il contrasto all'evasione.


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Appare opportuno integrare queste previsioni con un apposito dispositivo di impulso all'esercizio decentrato delle funzioni catastali ed all'immediata attivazione contestuale, anche in riferimento ai primi risultati delle elaborazioni svolte dall'agenzia del territorio ai fini della costituenda anagrafe immobiliare integrata.

Cedolare Secca

Fin dal 2011, il decreto introduce una rilevante riforma della tassazione sui redditi da locazione immobiliare con l'introduzione di una cedolare secca.
Per il triennio 2011-2013, la stima del MEF (Relazione tecnica) mostra il seguente andamento in termini di competenza (in mld. -):

Gettito Cedolare secca 2011-2013
 
2011
2012
2013
Gettito cedolare secca (dovuto annuo)
3,11
3,46
3,81
  di cui, per emersione affitti non dichiarati
0,44
0.73
1.03
Emersione in % del gettito annuo
14%
21%
27%
Gettito effettivo (anticipo saldo anno precedente)
2,64
3,75
3,79

Fonte: elaborazione IFEL su dati Relazione tecnica al decreto sul Federalismo municipale

L'eventuale eccesso di ottimismo di queste previsioni porterebbe ad una diminuzione di risorse effettive, per i Comuni e per lo Stato, nella misura che deriva dalle diverse alternative di compartecipazione.

La riforma a regime - dal 2014

L'imposta municipale, per la parte possesso, opera sostanzialmente sulla stessa base imponibile ICI, il provvedimento in esame, però non ripropone alcune delle principali voci di esclusioni ed esenzioni, aumentando di fatto la base imponibile, senza che tale circostanza sia quantificata in relazione tecnica.
viene eliminato il concetto di assimilabilità all'abitazione principale delle abitazioni date in uso gratuito a parenti del possessore;
vengono abolite alcune importanti casistiche di esenzione ICI, tra cui gli immobili utilizzati dalle Onlus e dagli enti religiosi per determinati scopi «meritori».

L'aliquota dell'imposta sul possesso si riduce al 50% nel caso di immobili dati in locazione. La stessa riduzione si applica anche agli immobili relativi all'esercizio di attività di impresa, arti e professioni ed agli immobili degli enti non commerciali, in pratica i soggetti IRES,


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che diversamente dalle persone fisiche non godono di alcuna modificazione del regime delle imposte dirette applicate sugli immobili.
Secondo le stime che è stato possibile effettuare, il regime di riduzione di aliquota si applicherebbe dunque a circa i due terzi della base imponibile dell'IMU, quota possesso.
Lo schema di decreto prevede di affidare la definizione dell'aliquota base dell'IMU, quota possesso, alla concertazione presso la Conferenza Stato-città e autonomie locali (articolo 4, comma 5), mentre è già indicato il campo di variazione della manovrabilità dell'aliquota da parte dei Comuni ( / - 0,3%) ed è stata anche introdotta una analoga facoltà di modifica della misura della riduzione.
Appare evidente che l'indicazione dell'aliquota di equilibrio costituisce un ineliminabile elemento di valutazione della robustezza del provvedimento. Per aliquota di equilibrio si deve intendere il livello che dovrebbe assicurare, insieme con gli altri cespiti assegnati ed ai gettiti devoluti, un ammontare di risorse equivalenti alla situazione precedente e comunque tali da non dover azionare in modo significativo la leva dell'autonomia se non per espresse esigenze locali che comportino un'alterazione in aumento o in diminuzione degli equilibri di bilancio.
D'altro canto, dal punto di vista della platea dei contribuenti l'aliquota di equilibrio è quel livello al quale risultano minimizzate le variazioni dell'intensità del prelievo, a meno di espresse indicazioni del legislatore in materia di modificazione del regime fiscale specifico.
L'assenza di una precisa indicazione dell'aliquota base e la contemporanea indicazione di un livello predeterminato (- 50%) per le agevolazioni strutturali sopra citate non consentono di valutare pienamente il dispositivo né sotto il profilo della sostenibilità finanziaria per i Comuni, né per ciò che riguarda l'equità del trattamento dei contribuenti-tipo.
Tuttavia, in riferimento ai dati disponibili non è possibile individuare ancora un livello dell'aliquota base che permetta di assicurare i gettiti indicati dalla relazione tecnica.
Se invece si ritiene di confermare l'abolizione delle ampie aree di esenzione attualmente vigenti, come attualmente indicato dallo schema di decreto, il livello dell'aliquota potrebbe scendere all'interno di un punto per mille, mentre resterebbe poco giustificata la predefinizione al 50% dell'agevolazione per gli immobili locati o di soggetti IRES.
L'Imposta municipale propria si applica anche ai trasferimenti di proprietà di beni immobili a titolo oneroso o gratuito, ed agli altri atti costitutivi o modificativi di diritti reali, in sostituzione delle imposte sui trasferimenti immobiliari attualmente vigenti (i cui gettiti sono devoluti ai Comuni già dal 2011).
La base imponibile adottata è la stessa della quota possesso, cioè la stessa attualmente vigente per l'ICI. I moltiplicatori applicabili alla rendita catastale oggi in vigore per l'imposta di registro e per le imposte ipotecarie-catastali risultano dunque ridotti (intorno a - 15%).


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Secondo lo schema di decreto la facoltà dei Comuni di modificare l'aliquota è limitata ai soli trasferimenti immobiliari diversi dalla prima casa (fino a /- 2 punti).
La gestione di questa parte dell'IMU resta in capo all'amministrazione finanziaria, secondo la disciplina prevista per l'Imposta di registro e tributi collegati.
La principale osservazione da formulare in materia di IMU, parte trasferimenti riguarda la verifica della robustezza delle previsioni di gettito.
La Relazione tecnica indica in circa 6,5 mld di euro il gettito prevedibile al 2014. Va però osservato che, anche tralasciando i possibili effetti depressivi determinati dalla crisi economica sviluppatasi dal 2008, l'applicazione di una sommaria riduzione del 20% conseguente ai punti sopra indicati (riduzioni di aliquota e riduzioni di calcolo della base imponibile) al valore dei gettiti previsti per le imposte sui trasferimenti immobiliari al 2011, si otterrebbe un gettito di 5,2 miliardi, ben inferiore alle stime sopra indicate.
In ogni caso le disposizioni in esame non sembrano assicurare adeguata autonomia ai Comuni, in quanto non prevedono una significativa manovrabilità delle aliquote, addirittura non è prevista alcuna possibilità di modificare l'aliquota dell'imposta relativa ai trasferimenti immobiliari prima casa e l'aliquota della cedolare secca.
Parimenti dovrebbe essere garantita la potestà regolamentare oggi vigente per i tributi attualmente di titolarità dei Comuni.

L'imposta municipale secondaria facoltativa

L'imposta facoltativa sostituisce i seguenti prelievi minori: imposta o canone sulla pubblicità, tassa o canone sull'occupazione degli spazi ed aree pubbliche, diritti sulle pubbliche affissioni. Viene prevista inoltre l'abolizione dell'obbligatorietà del servizio pubbliche affissioni comunale.
Le disposizioni di concreta attuazione sono demandate ad un successivo apposito provvedimento, sulla base di criteri sufficientemente dettagliati e pertinenti.
Come indicato in precedenza, tuttavia, è necessario che il nuovo tributo sia introdotto in forma obbligatoria, in quanto la facoltatività indicata nello schema di decreto presentato dal Governo fa venir meno gli obiettivi di semplificazione ed abbattimento di oneri amministrativi e adempimenti richiesti ai contribuenti.


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ALLEGATO 2

Lo schema di decreto legislativo in esame pone le basi per l'avvio del federalismo fiscale dei comuni, ed in particolare struttura il paniere di tributi municipali che dovranno essere attivati in attuazione a quanto previsto dalla legge delega n.42/09.
Essendo dunque un decreto che prettamente inerisce i Comuni, l'UPI non intende entrare nel merito specifico del sistema fiscale individuato per questo livello di governo, sebbene l'avvio del federalismo fiscale si configuri come una «macchina» che dovrà partire in maniera simultanea ed organica per ogni livello istituzionale, essendo questi tutti connessi in un delicato sistema che tiene insieme autonomia tributaria, fiscale e perequazione, secondo una complessa architettura che via via si sta disegnando attraverso i decreti legislativi attuativi.
La sfida del federalismo fiscale, in un'ottica di razionalità, coerenza e semplificazione del sistema tributario, non può non trovarci tutti d'accordo poiché rappresenta il presupposto ideale per poter finalmente esprimere e sostanziare l'autonomia degli enti locali costituzionalmente oggi garantita, ma in realtà ancora di fatto gravata da un complesso di norme, vincoli e condizioni, che non consentono una effettiva responsabilizzazione dell'azione politica degli amministratori pubblici.
È per questo motivo che, sebbene non si ritenga di dover commentare ovvero emendare il testo qui proposto che è di diretta pertinenza dei Comuni, l'UPI desidera sottolineare alcuni aspetti che interessano trasversalmente anche le Province.
Innanzitutto l'adeguatezza dei trasferimenti erariali che, a decorrere dall'avvio dell'autonomia finanziaria, verranno soppressi per gli enti locali: è cosa nota che il taglio operato dal decreto legge n.78/10 avrà un impatto assai oneroso per gli enti locali, e sebbene questo non dovrebbe essere considerato in sede di attuazione della legge n.42/09, è evidente che sussistono ancora serie perplessità circa la portata effettiva della nuova disciplina dei tributi locali che andranno ad essere introdotti, anche in considerazione degli impatti che si determineranno con il patto di stabilità interno.


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La questione è direttamente correlata alla consapevolezza dei flussi finanziari (e delle relative informazioni) che interessano il nuovo sistema tributario: è assolutamente necessario che nella fase di predisposizione ed approvazione dei decreti legislativi in materia di autonomia degli enti, si conoscano e si condividano perfettamente gli importi dei trasferimenti che verranno soppressi , nonché l'ammontare del gettito che verrà realizzato attraverso l'avvio dell'autonomia tributaria. La corretta valutazione degli schemi di decreto legislativo non può dunque prescindere da una preventiva acquisizione e comprensione dei dati a disposizione di ogni livello di governo.
Ciò implica anche un coinvolgimento del livello regionale che, soprattutto per le Province, riveste un ruolo di assoluta pregnanza; in questo senso la trasparenza e la lealtà istituzionale che dovranno contraddistinguere i rapporti con lo Stato centrale in sede di fiscalizzazione delle risorse erariali, dovranno caratterizzare anche i rapporti tra le Regioni e gli enti locali, sia per quanto riguarda la quantificazione delle risorse coinvolte, sia per quanto concerne gli strumenti informativi - anche e soprattutto in relazione al recupero dell'evasione - che sottostanno alla autonomia fiscale e finanziaria dei diversi livelli di governo.

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