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Commissioni Riunite
(Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e V Camera)
AUDIZIONE
INDAGINE CONOSCITIVA
4.
Martedì 30 novembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

La Loggia Enrico, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione di rappresentanti del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 3 6 8 10 11
Barbolini Giuliano (PD) ... 10
Causi Marco (PD) ... 7
Lapecorella Fabrizia, Direttore generale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 3 8 10
Marchi Maino (PD) ... 6
Nannicini Rolando (PD) ... 8
Stradiotto Marco (PD) ... 9 10

Sulla pubblicità dei lavori:

La Loggia Enrico, Presidente ... 11

Seguito dell'audizione del presidente della Commissione paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), Luca Antonini, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 12 14 16
Antonini Luca, Presidente della COPAFF ... 12
Barbolini Giuliano (PD) ... 15
Causi Marco (PD) ... 14
Pinto Marco, Vicecapo di Gabinetto del Ministero dell'economia e delle finanze ... 12 16

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Seduta del 30/11/2010


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Seguito dell'audizione del presidente della Commissione paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), Luca Antonini, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati, il seguito dell'audizione del presidente della Commissione paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), Luca Antonini, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale (Atto n. 292).
Accompagna il professor Antonini il dottor Marco Pinto, Vice capo di gabinetto del Ministero dell'economia e delle finanze.
Do la parola al professor Antonini.

LUCA ANTONINI, Presidente della COPAFF. Per quanto riguarda le richieste di dati, essi sono stati forniti tramite il Dipartimento delle finanze e sono, pertanto, disponibili sul sito della COPAFF.
Per la risposta ad alcune domande formulate nell'occasione precedente darei, invece, la parola al dottor Pinto per un esame più puntuale. Partiamo magari da quella che era stata posta sul fondo perequativo.

MARCO PINTO, Vicecapo di Gabinetto del Ministero dell'economia e delle finanze. Nella scorsa audizione erano state formulate numerose osservazioni e domande volte a ottenere approfondimenti, ma soprattutto a capire perché si fosse arrivati a una determinata soluzione e si fossero, invece, abbandonate altre strade.
Per quanto riguarda le osservazioni inserirei senza dubbio la domanda sul fondo di riequilibrio. Si chiede perché esso sia stato strutturato in un dato modo. Sono stati sollevati anche dubbi più o meno velati di compatibilità con la delega.
Relativamente agli approfondimenti inserirei, invece, gli interventi e le domande incentrati sulla questione della service tax che si era immaginata e su quali siano state le ragioni che hanno indotto ad abbandonare quella linea.
Dal punto di vista squisitamente tecnico cercherò di riferire in tutta onestà la situazione attuale e come abbiamo cercato di lavorare in base agli indirizzi che ci erano stati di volta in volta impartiti, guardando principalmente alla conformità con la delega, che offriva anche diverse possibilità applicative.
Proprio in quest'ottica abbiamo lavorato sul fondo di riequilibrio. Cominciamo con il precisare - è scritto peraltro nella relazione illustrativa - che tale fondo non è disegnato, né intende essere il fondo perequativo che la legge n. 42 prevede a regime. Il fondo di riequilibrio assolve, invece, a una funzione molto banale. Svolgerò una ricostruzione semplice, che potrebbe non rispondere alle aspettative di chi giustamente, occupandosi di federalismo a diverso titolo da anni, avrebbe voluto uno strumento più raffinato.
Ci siamo fatti carico, dal punto di vista squisitamente tecnico, di un problema che loro stessi hanno denunciato la scorsa volta: la distribuzione del gettito che veniva a essere devoluto, prima come mero trasferimento e poi, a regime, con l'attribuzione dell'imposta municipale, era assolutamente non simmetrica rispetto ai trasferimenti erariali che si procedeva a tagliare.
I trasferimenti erariali a favore dei comuni viaggiano in un modo, che - mi permetto di osservarlo - risente ormai soltanto della storia. Non si sa nemmeno esattamente perché tali trasferimenti si siano stabilizzati in un dato modo. Si riesce a ricostruirlo per determinate categorie, come per i trasferimenti sull'ICI della prima casa, ma per il blocco dei trasferimenti la situazione si è venuta stratificando. Ne abbiamo, però, una fotografia. La fotografia dei trasferimenti erariali a favore dei comuni e, quindi, della quantità di fondi che i singoli comuni ricevono come trasferimenti erariali - non abbiamo avuto bisogno di eseguire conti,


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perché lo sapevamo da prima - sarebbe stata probabilmente incompatibile con la devoluzione del gettito. In termini brutali, ci sarebbero stati, cioè, comuni che ci avrebbero guadagnato e altri che ci avrebbero perso.
Come gestire questa situazione? Semplificando, al di là dei numeri, quando abbiamo cominciato a lavorare, disponevamo dell'aggregato macro, se mi passate il termine. Per 12 miliardi di trasferimenti che cancelliamo, dobbiamo erogare 12 miliardi di gettito. Ovviamente, però, questo gettito e questi trasferimenti sono distribuiti in modo diverso. Come si fa? Se da un giorno all'altro devolvessimo ai singoli comuni il gettito e cancellassimo agli altri i trasferimenti, a livello di finanza pubblica avremmo compiuto un'operazione ineccepibile, ma sul piano delle finanze dei comuni avremmo devastato il sistema.
Avevamo dinanzi, però, anche la norma della legge n. 42, la delega con il meccanismo perequativo, la perequazione a regime.
Ci siamo occupati soltanto degli effetti di questo provvedimento per come si andava delineando e, quindi, abbiamo compiuto un'operazione semplice, che in realtà ha subìto alcune approssimazioni successive, cui ho fatto cenno anche la scorsa volta.
Immaginiamo che il meccanismo in base al quale la devoluzione del gettito si localizza nel comune sia progressivo: il comune non incamera il gettito e perde il trasferimento erariale, con effetti devastanti, dall'oggi al domani.
Pensiamo anche al primo anno di applicazione della norma. Prevediamo, quindi, una sorta di portafogli, che, in realtà, avrebbe potuto essere sempre gestito dallo Stato, come suggeritoci. Abbiamo compiuto, però, la scelta tecnica di devolverlo alla sede della Conferenza e a un accordo che ci sembrava molto ragionevole fra Stato e comuni. Prevediamo, quindi, che quella sia la sede mediante la quale si decida come il gettito debba essere distribuito.
In alcuni tentativi di scrittura della norma - come è intuibile, il testo, oltre che sicuramente pieno di imperfezioni, è frutto anche tuttora di riscritture e di affinamenti - avevamo anche immaginato che il meccanismo di devoluzione progressiva del gettito e di cancellazione dei trasferimenti seguisse una scansione temporale predefinita: immaginammo che il primo anno si devolvesse il 20 per cento al singolo comune e che l'80 per cento del calderone venisse ripartito con criteri convenuti, il secondo anno che si devolvesse il 40 per cento, poi il 60 per cento e via discorrendo.
Ci siamo resi conto, però, che questo sistema, pur essendo chiaro, avrebbe comunque comportato alcune difficoltà. Il primo anno, essendo un anno di transizione, andava gestito con cautela.
I comuni, con i quali abbiamo avuto interlocuzioni tecniche molto approfondite, che per diverse ragioni non hanno portato all'intesa sul provvedimento, ma che per noi sono state, in tutta onestà, di grandissimo aiuto per cercare di realizzare un prodotto aderente alla delega, ma anche ragionevole e difendibile, ci segnalavano anche alcuni problemi particolari, cui hanno fatto cenno anche loro la scorsa volta. Per esempio, che facciamo con i piccoli comuni? Forse i piccoli comuni hanno bisogno di un meccanismo di riparto di questo gettito devoluto diverso da quello che deve essere applicato per la restante parte dei comuni.
Ovviamente ci si poneva il problema anche della diversità fra tipi di tributi: un conto è parlare di IRPEF, un altro di imposte indirette, come quelle sui trasferimenti, che presentano un andamento maggiormente erratico.
Mi pare che nella scorsa audizione l'onorevole Causi abbia ricordato che in passato era stata studiata la possibilità di trasferire il gettito alle ipocatastali, ma solo per i grandi comuni, proprio perché ci si era fatti carico di questo tipo di obiezione.
Ciò detto, abbiamo previsto un meccanismo in cui abbiamo immaginato una stanza di compensazione, ossia la Conferenza, che governasse la transizione. Effettivamente il primo anno sembra di attuare un'operazione gattopardesca, in cui tutto cambi, perché nulla cambi: prendiamo


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il gettito che sostituisce i trasferimenti, lo inseriamo in questo portafogli, in questo fondo con due sezioni, che risentono dell'alimentazione - non riprendo i contenuti dell'articolo - e progressivamente, in sede di Conferenza, si decide quanto gettito debba essere devoluto o meno e con quale criterio di progressione.
Non si tratta del fondo perequativo della legge n. 42, ma di quello che serve a fiscalizzare i trasferimenti per i primi anni, facendo già partire il federalismo municipale con la creazione di un tributo immobiliare nuovo e con la devoluzione della componente immobiliare senza far - scusate l'espressione - saltare il sistema.
Sull'altra osservazione, relativa alla service tax, noi avevamo davanti un indirizzo normativamente molto chiaro, che disponeva che non si potessero introdurre tasse sulla prima casa. Non spetta a me esprimere giudizi di valore in merito, ma esisteva una specifica norma. Aggiungo che anche l'IRPEF, come sanno tutti, è esente dalla prima casa ormai da una decina d'anni. All'inizio, come loro ricorderanno, la norma era stata introdotta con una deduzione che annullava l'IRPEF, ma non per la totalità delle prime case, perché era di importo fisso. Poi è stato deciso che fosse rimossa totalmente.
Essendo questa la delega, in tutta onestà, quando si è trattato di provare a costruire questo meccanismo e questa imposta municipale - parlo dell'imposta municipale propria, ma, invero, anche della secondaria - in effetti ci è parso che una service tax, che peraltro era nelle aspettative di chi la reclamava, anche di una parte dei rappresentanti dei comuni (non è un mistero), facesse rientrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta. In sostanza, la prima casa, già esente, con la service tax ritornava a essere tassata.
Nella passata audizione si è evocato il modello francese. Abbiamo anche approfondito tale modello perché, per ragioni di contiguità territoriale, ci sembrava il più vicino a noi. Segnalo sin d'ora che in Francia esiste una tassa di abitazione, come viene chiamata, unita alla tassa fondiaria, ma che esiste anche la tassa sui rifiuti solidi urbani. In realtà, dunque, non vi è un meccanismo, come quello che è stato ventilato l'altra volta, per cui una tassa sul servizio assorbe anche la tassa sui rifiuti.
Per farla breve, la service tax è stata presa in considerazione, ma si è ritenuto che fosse in contrasto con la delega, oltre che con gli indirizzi che presiedevano alla stesura del decreto delegato, e quindi questa via è stata abbandonata. La riprova è che la tassa sui rifiuti, TARSU o TIA a seconda di come venga costruita, è totalmente al di fuori della riforma. Si è, quindi, lavorato soltanto, e non è poco, sull'ICI fondiaria, sull'IRPEF e sulle imposte sui trasferimenti.
Non voglio eludere altre questioni, ma mi fermerei e mi scuso per essermi dilungato.

PRESIDENTE. Grazie, dottor Pinto.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARCO CAUSI. Presidente, mi permetta di nuovo di porgere i miei complimenti e ringraziamenti al dottor Pinto per la precisione con cui ha risposto e per l'onestà intellettuale che ha dimostrato.
A questo punto, però, vorrei porvi due domande, essendo rimasta anche la dottoressa Lapecorella. Insisto sulla questione del metodo di stima del gettito della cedolare secca e dei gettiti del 2010 delle imposte che oggi abbiamo stimato al 2008. Non mi ha convinto poco fa la risposta del Dipartimento: se i gettiti del 2008 sono stati portati al 2011 sulla base di indicatori macroeconomici, non si è fatto però riferimento al numero di transazioni effettivamente realizzate, anno per anno, sul mercato immobiliare. Suppongo che si siano ridotte in questi anni.
Vi chiedo se ci aiutate a vedere questa evoluzione sulla base dei dati dell'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio. Possiamo anche procurarceli da noi, ma vi suggerirei un supplemento di indagine sulla proiezione al 2011 dei dati del 2008.


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Rivolgo una domanda a tutti voi. È stato affermato che gli effetti ridistributivi non ci sono. Vi leggo una nota uscita sull'Osservatorio sull'attuazione del federalismo fiscale del CER in data 29 novembre 2010: «Non meno significativi risulteranno, d'altra parte, gli effetti ridistributivi riconducibili al nuovo fisco municipale, intanto già nella fase di avvio della riforma, a seguito dell'introduzione della cedolare secca sugli affitti (...)».
Vi invito, soprattutto nel momento in cui si effettuano le analisi tecniche e si portano ai decisori pubblici le alternative, a non essere innamorati delle proposte. Ci saranno inevitabilmente alcuni effetti ridistributivi. Si tratterà di verificare se sia possibile quantificarli oppure no.
In alcuni casi la sperimentazione di alcune novità può essere non quantificabile o difficilmente prevedibile. Per esempio, che effetto avrà la cedolare secca? Sarà traslata o meno sugli inquilini? Non so se ci siano casi precedenti, di altri Paesi o una letteratura specifica.
Vi chiediamo, dunque, un supporto tecnico che non sia a priori. Su questo punto personalmente resto convinto che la possibilità di traslare tali effetti sia fortemente legata alla certezza che ci sia ricontrattazione. Se non c'è ricontrattazione, come può l'inquilino trarne un vantaggio? Se, invece, c'è, mettiamo l'inquilino nelle condizioni di ricontrattare e, quindi, di stare su un mercato in cui è leggermente più forte perché sa che il proprietario paga un po' meno tasse. Se, però, il contratto scade fra 3-4 anni e l'inquilino non può ricontrattare, la situazione cambia.
Infine, dottor Pinto, mi spieghi ancora una questione che continuo a non capire. All'articolo 1, comma 3, si afferma, a proposito del fondo sperimentale di riequilibrio, quanto segue: «A decorrere dall'anno 2014 entrambe le sezioni del fondo sperimentale di riequilibrio sono finanziate con quote del tributo di cui all'articolo 4, comma 2, lettera b)». Il riferimento è all'IMU parte trasferimenti.
Non capisco due aspetti. In primo luogo, non capisco che fine facciano, a questo punto, l'IRPEF e la cedolare secca, che invece nella fase iniziale approvvigionano una delle due sezioni.
In secondo luogo, dato che lei con molta onestà ha ricostruito il percorso con cui siete arrivati a questa proposta, che presenta anche alcuni meriti, come ho già riconosciuto, non stiamo scoprendo che l'IMU parte trasferimenti non è un'imposta propria dei comuni? Se l'IMU parte trasferimenti anche in fase di regime viene comunque tutta riversata nel fondo di riequilibrio, è come se si trattasse delle vecchie imposte erariali devolute. Mi spieghi questo punto, perché non lo capisco.

GIULIANO BARBOLINI. Esprimo una preoccupazione che mi viene da antiche reminiscenze di amministratore. Il meccanismo che convoglia nei fondi perequativi e poi demanda a un'intesa in Conferenza per i trasferimenti mi rende perplesso. Sarei un po' preoccupato se dovessi essere uno dei comuni che devono ricevere sollecitamente la fluidità di cassa. Mi sembra un meccanismo che può avere come controindicazione, insieme ad altri aspetti, anche un rallentamento sulla possibilità di ricevere le risorse necessarie a garantire il funzionamento.
Ho capito il senso del ragionamento svolto per costruire il percorso e perché si sia ritenuto di non prendere in considerazione un'idea di service tax. Intuisco il ragionamento. Mi chiedo e chiedo a voce alta, però, se non ci sia una contraddizione, che questo impianto non sembra risolvere: noi delineiamo un sistema di fiscalità comunale che dovrebbe presupporre un margine elevato di autonomia impositiva e saldare il rapporto di controllo e fiduciario fra la generalità dei cittadini amministrati e i loro amministratori, ma, in realtà, il meccanismo proposto nel decreto si rivolge a una porzione molto ristretta del corpo della cittadinanza, il che è sicuramente un elemento di debolezza dell'impianto di cui noi adesso ci dobbiamo occupare. Mi pare un elemento per il quale un supplemento di riflessione e di analisi sarebbe opportuno.


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Per esempio, lavorare sulla TARSU, sulla TIA e su alcuni altri aspetti potrebbe essere una chiave interessante di riflessione. Ovviamente non bisognerebbe fermarsi solo a questo, ma credo che il problema sia di tutta evidenza. Su questi aspetti il rapporto di controllo e fiduciario è molto sperequato fra chi è destinatario dei beni pubblici e chi in parte concorre al finanziamento della relativa imposta.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri auditi per una breve replica.

MARCO PINTO, Vicecapo di Gabinetto del Ministero dell'economia e delle finanze. Parto dall'ultima domanda. Comprendo l'osservazione, che, in realtà, ha per oggetto - mi permetto di rilevarlo - non tanto l'esclusione della prima casa dalla nuova imposta municipale come delineata da questo decreto delegato, quanto la norma del 2008 che ha escluso la prima casa dall'imposizione dei comuni. Lei mi risponderà che errare è umano e perseverare diabolico, però la situazione è questa e non credo che ne veniamo a capo.
Per quanto riguarda altri punti, per esempio, gli effetti ridistributivi e la cedolare secca anche in relazione alla possibilità di maggiore emersione, è vero quanto è stato asserito.
Con i comuni, nell'ambito degli approfondimenti che abbiamo cercato di effettuare sul testo, eravamo anche arrivati a prospettare un'ipotesi, ma poi gli eventi sono andati oltre e non abbiamo avuto neanche il tempo di trovare una soluzione e di codificarla.
Poiché una delle forti preoccupazioni dei comuni è la cedolare secca e a noi dal punto di vista tecnico non piaceva neanche la compartecipazione dello Stato a tutti i gettiti devoluti prevista nel testo, si era anche immaginato - si tratta di una soluzione ancora in piedi - invece di prevedere la compartecipazione della parte Stato su tutti i tributi devoluti, di spostare quanto necessario a far quadrare i conti in termini macro sulla cedolare secca, dove effettivamente si rischia di più.
D'altra parte, basta scorrere la relazione tecnica, dove si prospettano le percentuali di emersione, per vedere che effettivamente un'alea esiste. Non c'è dubbio. Possiamo discutere su quanto sia forte e se valga la pena di correrla, ma indubbiamente esiste. Il Governo, però, ci crede e ci mette la faccia. Quella compartecipazione, che oggi è su tutti i gettiti devoluti, viene spostata, dunque, sulla cedolare secca per far quadrare i conti da quella parte. Non annulliamo il pericolo e l'effetto ridistributivo sulla cedolare, però lo indeboliamo. Si era immaginato di fare lo stesso a regime anche sul fondo di riequilibrio.

PRESIDENTE. Ringraziamo il professor Antonini e il dottor Pinto, nonché il presidente Giorgetti e gli altri componenti della Commissione bilancio che hanno voluto partecipare all'audizione.
Dichiaro conclusa la seduta.

La seduta termina alle 21,55.

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