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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(I-V Camera e 1a-5a Senato)
1.
Giovedì 11 agosto 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

Comunicazioni del Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, sulla riforma dell'articolo 81 della Costituzione:

Bruno Donato, Presidente ... 3 9 11 12 19 26 28 31 32 33
Alfano Angelino (PdL) ... 12
Baldassarri Mario (Per il Terzo Polo: ApI-FLI) ... 32
Bersani Pier Luigi (PD) ... 9 11
Bocchino Italo (FLpTP) ... 19
Bonino Emma (PD) ... 27 28
Casini Pier Ferdinando (UdCpTP) ... 13
Di Pietro Antonio (IdV) ... 17 19
Giorgetti Giancarlo (LNP) ... 32
Lanzillotta Linda (Misto-ApI) ... 32
Moffa Silvano (PT) ... 22
Reguzzoni Marco Giovanni (LNP) ... 16
Rutelli Francesco (Per il Terzo Polo: ApI-FLI) ... 24
Tassone Mario (UdCpTP) ... 26 31
Tremonti Giulio, Ministro dell'economia e delle finanze ... 3 29
Viespoli Pasquale (CN-Io Sud-FS) ... 26

ALLEGATO: Documentazione depositata dal Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti ... 35
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

[Avanti]
COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) - V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) - 5a (PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 11 agosto 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 11.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, sulla riforma dell'articolo 81 della Costituzione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca comunicazioni del Ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Giulio Tremonti, sulla riforma dell'articolo 81 della Costituzione.
Ricordo che in data 5 agosto 2011 il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, ha inviato ai Presidenti delle Camere una lettera con la quale rappresenta, tra l'altro, la volontà del Governo di formalizzare in tempi brevi un proprio progetto di riforma costituzionale volto a introdurre disposizioni relative al raggiungimento e al mantenimento dell'equilibrio di bilancio, da sottoporre tempestivamente alla discussione e al voto delle Camere.
A tal fine, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rappresentato ai Presidenti dei due rami del Parlamento l'urgenza e l'utilità che il Ministro dell'economia e delle finanze illustri preliminarmente alle competenti Commissioni riunite della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica le linee di intervento sulla base delle quali il Governo intende configurare la propria iniziativa legislativa, che sarà poi presentata alla Camera.
Ciò allo scopo di conferire il massimo grado di incisività al complessivo intervento di riforma e rendere quanto più spedito possibile l'iter legislativo attraverso la previa acquisizione degli orientamenti in materia da parte dei Gruppi parlamentari.
La seduta odierna è stata pertanto convocata dai presidenti delle Commissioni affari costituzionali e bilancio di Camera e Senato al fine di consentire al Ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Giulio Tremonti, di intervenire dinanzi alle predette Commissioni riunite.
Il perimetro è quello dell'articolo 81 della Costituzione, ma credo che il ministro rappresenterà, anche se per linee generali, la situazione attuale dell'economia.
Do la parola al Ministro Tremonti, che ringrazio a nome mio, a nome degli altri presidenti delle Commissioni riunite di Camera e Senato e - immagino di interpretare il vostro pensiero - a nome di tutti i colleghi presenti.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. È un caso di eterogenesi dei fini. L'idea era illustrare la riforma dell'articolo 81 della Costituzione, ma mi sembra che vi siano molte domande e molte opportunità di parlare non solo del pareggio di bilancio nella Costituzione,


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ma anche del pareggio anticipato dal 2014 al 2013, con quello che ne deriva.
Dividerò il mio intervento - che cercherò di rendere il più breve possibile - in due parti: la prima, formale, sull'articolo 81 della Costituzione e sulla sua necessaria revisione; la seconda, a illustrazione della scelta di anticipo del pareggio di bilancio dal 2014 al 2013.
L'articolo 81 della nostra Costituzione non costituisce un caso di successo. Pur in forza di questa norma, siamo arrivati a fare il terzo o quarto debito pubblico del mondo, un record che attualmente viene in qualche modo avvicinato da altri Paesi; per i quali, consolidando le Casse depositi e prestiti, e cioè il debito sostanziale e non solo formale, il debito pubblico sale di molto.
Tuttavia, la nostra è una posizione oggettivamente straordinaria in rapporto al prodotto interno lordo. A cosa è dovuto questo fenomeno? Qual è la dinamica, la meccanica sottostante? C'è un curiosum: la norma, dal 1948 alla fine degli anni Sessanta e al principio degli anni Settanta, ha funzionato nella forma e nella sostanza. La forma del presente articolo 81 ha determinato un corso della nostra finanza pubblica sostanzialmente in pareggio o comunque senza dinamiche di debito e di indebitamento drammaticamente sostanziali. Poi la stessa norma si apre a una dinamica diversa. Diciamo che nella prima parte della prima Repubblica la Costituzione formale coincideva con la Costituzione sostanziale, nella seconda parte della prima Repubblica la Costituzione formale resta uguale a se stessa, ma la Costituzione materiale - i debiti pubblici non sono mai fatti economici, ma sono essenzialmente fatti politici - prende una dinamica verticale ed esponenziale.
Non è questa la sede per una ricostruzione storica di quei fatti e di quei tempi, ma è evidente che adesso dobbiamo cambiare l'articolo 81 della Costituzione, data la verifica per cui, a un determinato punto, esso non ha più funzionato e trova difficoltà a funzionare.
Non esiste solo questo problema interno, ma anche un vincolo esterno che viene dall'Europa. In tutta Europa, in applicazione di un modello che di fatto viene dalla Germania - la Germania nel 2009 ha «rigorizzato» e riformato i suoi meccanismi di bilancio - a seguito della crisi, si è compiuta, nell'economia del Patto euro plus, la scelta di costituzionalizzare le regole di bilancio.
Il Patto non è un trattato, ma è comunque un vincolo formale politico molto forte e l'impegno che tutti i Paesi hanno assunto è ugualmente un impegno politico, ma molto qualificato e molto forte, tanto più per un Paese che, tornando a quanto notato sopra, ha un debito pubblico molto alto.
La prima constatazione potrebbe essere che, se il vincolo viene dall'Europa, per importare tale vincolo basta il combinato disposto degli articoli 11 e 117 della nostra Costituzione. Può essere, si può anche avanzare questa ipotesi di interpretazione sistematica, ma dal lato politico è molto importante che noi formalmente e specificamente costituzionalizziamo, in una forma diversa dalla precedente, il meccanismo di rigore di bilancio.
Peraltro, data la dimensione quantitativa del nostro debito pubblico, più forte è il passaggio politico, costituzionale e simbolico, e meglio è. Per essere chiari, non solo credo che sia ragionevole la scelta politica di costituzionalizzare il vincolo di pareggio europeo, ma anche di farlo in modo esplicito e nella maniera più forte possibile. Sappiamo bene che una legge costituzionale presenta lo stesso livello e lo stesso grado di efficacia formale della Costituzione tout court, ma è probabilmente una scelta giusta quella di costituzionalizzare direttamente - e non solo con legge costituzionale - la normativa.
Forse sarà oggetto del dibattito che terremo nella seconda parte sull'economia e sulla finanza, ma di certo, in relazione alla scelta della costituzionalizzazione, il cantiere politico è aperto in tutta Europa, dalla Francia alla Polonia e naturalmente qui oggi in Italia. La scelta marca un tornante della storia e segna la fine di un'epoca nella quale l'Europa e credo l'Occidente potevano piazzare i loro prodotti


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e titoli quando volevano e ai valori che volevano, costringendo a scelte di maggiore rigore. Il pareggio in sé è il simbolo del rigore di bilancio. Non si può spendere più di quanto si prende, soprattutto se per farlo si emettono titoli di debito che nessuno vuole più prendere o vuole prendere con riluttanza.
Quella di intervenire per una modifica costituzionale sull'articolo 81 è una scelta del Governo riflessa dagli impegni europei, una scelta che è stata autonomamente compiuta anche in Parlamento. Il Governo ha posto la questione il 29 marzo del 2011, il 13 aprile, il 14 luglio e, infine, il 27 luglio, avviando un ciclo di seminari tecnici con il coinvolgimento di rappresentanti dell'opposizione parlamentare, delle presidenze delle Commissioni, della Ragioneria generale dello Stato, della Direzione del tesoro, della Corte dei conti. Allora la scelta fu di radicare il lavoro tecnico molto importante e molto complesso che si deve fare nella sede dei Servizi bilancio dello Stato della Camera e del Senato come sede tecnica, ferma poi l'autonomia politica nella presentazione dei testi.
Sempre come lavori preparatori, dal lato non del Governo, ma del Parlamento, sono rilevanti quelli fatti nelle Commissioni bicamerali Bozzi, De Mita-Iotti e D'Alema e risultano in Parlamento otto proposte di legge: Cossiga, Pastore, Calderisi, Cambursano, Lannutti, Marinello, Beltrandi e da ultimo Nicola Rossi. Tutte le richiamate proposte dei parlamentari sono ispirate dall'obiettivo di riforma dell'articolo 81 della Costituzione, da un obiettivo di rigore.
Ho detto - credo sia evidente - che è materia di altissima complessità, materia nella quale è complessa la determinazione dell'apparato definitorio categorico, dove sono evidenti i problemi di gestione delle difficoltà operative dati i vari livelli di governo, dove sussiste un forte problema sia di definizione delle sanzioni e della effettività delle sanzioni medesime in caso di deviazione rispetto agli schemi, sia di ridefinizione degli organi di controllo.
Lascio agli atti per i lavori delle Commissioni riunite un documento sviluppato su sedici punti. Credo che sia tanto analitico da non costituire oggetto di diretto e istantaneo interesse in questa sede, ma tuttavia vorrei definire alcuni punti base. Primo: per la posizione del Governo e l'esperienza fatta è fondamentale che ci sia un esplicito riferimento ai meccanismi europei, che ci sia un definito riconoscimento e una conferma da parte della Repubblica italiana dei vincoli economico-finanziari che ci derivano dall'appartenenza all'Unione europea.
Questo in dettaglio pone il problema della costituzionalizzazione o comunque dell'esplicito riferimento alle due categorie fondamentali dell'indebitamento e del debito. Naturalmente, non basta fare riferimento ai Trattati dell'Unione, perché questi sono in evoluzione. Per esempio il Patto euro plus è una evoluzione rispetto ai trattati, e tuttavia - come ho detto - ha una forza politica tanto forte da dover essere in qualche modo richiamata.
Quali altri problemi, fatto questo fondamentale richiamo all'Europa e a quella meccanica, si pongono per legittimare i criteri di gestione della nostra finanza pubblica, per legittimarli ulteriormente rispetto alla nostra sovranità popolare? Va considerato il ciclo economico entro certi limiti, vanno considerati gli eventi eccezionali da definire in una logica di rigore, vanno considerati gli investimenti che potrebbero essere considerati con una logica di quote di ammortamento.
C'è un problema di controlli ex ante ed ex post, e su questo credo che molte scelte politiche siano aperte: quali organi e con che criteri effettuare i controlli, quale è la declinatoria dei rapporti tra Stato centrale e Governi locali. Credo poi che debba essere reso esplicito il fatto che una legge fatta in violazione del nuovo articolo 81 sia una legge incostituzionale. Si potrebbe sostenere che con la vigente disposizione più procedurale che sostanziale la legge, pur in violazione, non è incostituzionale: può esserci diversa interpretazione, per cui sarebbe opportuno che fosse chiarito questo effetto.
C'è un'ipotesi che potrebbe essere presa in considerazione, se non a livello di


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Costituzione, a livello di legge applicativa, che riguarda, per i Governi locali, ed è già nei decreti sul federalismo, il fallimento politico; occorre anche stabilire quale ruolo assegnare alla Corte dei conti e, infine, la tempistica e quali formule di transizione.
Come chiudere? Io credo che tra le proposte presentate in Parlamento l'ultima e tecnicamente più significativa sia, senza fare torto ad altre proposte, quella presentata dal senatore Nicola Rossi e da altri. Credo che essa possa rappresentare una base di discussione, tentando di completare la scheda che ho distribuito con i contenuti di tale proposta.
Se posso esprimere quale mi sembra essere, se non il limite che forse sarebbe eccessivo, piuttosto il carattere della proposta del senatore Nicola Rossi, ritengo che essa sia il meglio dell'esperienza italiana, il meglio di quanto è stato proposto finora Italia su Italia e che debba e possa essere sviluppata in dialettica, data la prospettiva europea.
Se l'esperienza italiana contiene ovviamente, ed è evidente, altrimenti non saremmo qui a parlarne, elementi di limitazione e di migliore interpretazione e la riforma del senatore Rossi è il meglio di ciò, essa va rapportata alle categorie europee, che, lo ripeto, sono l'indebitamento e il debito e questo costituisce il perimetro entro cui muoversi. Il bilancio della PA non è forse una categoria europea. È una categoria molto efficace, ma italiana.
Credo che ci sia ampio spazio per un lavoro, che, essendo costituzionale, presuppone il disarmo bilaterale, anzi, data la proteiforme struttura, il disarmo plurilaterale e in qualche modo uno spirito costituente. Forse sarebbe troppo evocare lo spirito di Philadelphia, dove una sola persona scriveva e le altre parlavano però non potevano scrivere perché era vietato innamorarsi delle proprie idee, ma credo che ci sia la base per svolgere in fretta un lavoro importante.
L'ideale sarebbe svolgerlo tanto in fretta da non rispettare il vincolo dei tre mesi tra le due letture, ma esso è nella Costituzione e non possiamo cambiare la Costituzione, cambiando la Costituzione stessa, fermo restando che, dal lato esterno, per il bene di questo Paese già il primo voto su un buon testo sarebbe un passaggio di grande rilievo.
Questa è, se volete, la prima parte della discussione, quella che avevo pensato di svolgere in modo più esteso, se non fosse stata avanzata la richiesta di parlare non solo del pareggio costituzionale, ma anche di quello reale.
Il decreto-legge che pone il pareggio di bilancio al 2014 è stato votato dalla Camera alla metà del luglio scorso, il giorno 15. Da allora tre fatti nuovi, successivi e concatenati hanno modificato il corso delle nostre attività, tanto che siamo oggi qui riuniti.
Il primo è l'intensificazione verticale della crisi finanziaria. La prospettiva era diversa nel periodo in cui è stato costruito il decreto-legge per il pareggio di bilancio. Esso è arrivato qui il 15, ma è stato disegnato evidentemente prima.
Per inciso, non abbiamo inventato noi la data del 2014: da due anni era la data europea. Il Patto euro plus parla, infatti, del 2014 come soglia di arrivo al pareggio e poi come principio della riduzione del debito.
Tutti i documenti presentati dall'Italia e discussi sull'Italia in Europa sono relativi al 2014 e contengono quel profilo temporale di progressivo abbattimento del deficit verso il pareggio di bilancio, distribuito su un arco di quattro anni e organizzato, come proposto da noi, ma come approvato dalla Commissione europea e poi dal Consiglio dei Capi di Stato e di Governo, in un modo assolutamente coerente di progressiva riduzione.
Se posso aggiungere, non c'era assolutamente l'obbligo di raggiungere il pareggio nel 2011: c'era l'obbligo di approvare nel 2011 una legge che portasse il nostro sistema al pareggio seguendo quel percorso graduale, progressivo e non tracciato secondo una logica politica.
Se posso dire, nei computer di Bruxelles non c'è il ciclo elettorale di nessun Paese.


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Noi abbiamo preso i numeri suggeriti, li abbiamo applicati e messi in legge nel giugno-luglio di quest'anno.
Da allora la crisi ha preso un corso diverso, non ancora finito e non facile da prevedere nella sua dinamica. Personalmente non credo di essere accreditabile come autore di formule ottimistiche. Credo che dal 2007 ho sempre utilizzato formule di prudenza e di attenzione a fatti che, in progressione, si sarebbero manifestati e a volte si sono manifestati anche peggio di quanto erano previsti.
Certo è che la nostra manovra va a ridosso del vertice dei Capi di Stato e di Governo del 20 e 21 luglio e viene approvata in quella sede. Il vertice era atteso per una soluzione sostanziale della crisi. Se vedete, la curva degli spread scende fino al 20-21, poi quel vertice produce un effetto di relativa delusione.
I mercati e gli operatori attendevano da quel vertice un messaggio forte sulla creazione del fondo di stabilizzazione e attendevano, come era stato nel maggio del 2010, un intervento della Banca centrale europea.
Nel maggio del 2010 si cominciò a disegnare il fondo e si manifestò l'apertura della Banca a un ruolo più attivo di quello tradizionale e, in effetti, da allora gli spread scendono. Poi una passeggiata in un luogo tipico della Belle époque trasmette ai mercati un messaggio opposto ovvero che anche gli Stati possono fallire e che la firma sovrana può essere discussa.
Da allora gli effetti benefici che venivano dal vertice del maggio del 2010 vengono spazzati da venti autunnali, che si sommano poi alla difficoltà nella gestione della crisi greca e ritorna tutto su. Si arriva al vertice del 21 luglio scorso, che non è il superamento della fase di incertezza creata dopo quella passeggiata di autunno. Era atteso per quello, ma in realtà alcuni messaggi non decisamente forti e impegnati sul fondo e l'assenza di interventi della Banca centrale hanno portato a una risalita degli spread che sono uno degli indicatori più significativi sui corsi dei titoli.
Questa prima criticità si incrocia con le criticità che si manifestano dall'altra parte dell'Atlantico: la discussione sul default, l'ipotesi del downgrade e poi la verifica su alcuni dati del rischio di recessione negli Stati Uniti d'America e di riflesso in giro per il mondo.
Questo è il primo dato che dobbiamo considerare, ed è quanto di nuovo viene dopo il 15 luglio e il voto qui alla Camera del decreto-legge. Primo fatto: la crisi che si intensifica. Secondo fatto: l'indicazione per un anticipo della manovra dal 2014 al 2013 viene dalle sedi europee e trova riscontro in una lettera marcata come strettamente confidenziale dall'autore, quindi per prassi diplomatica è chi manda la lettera che la diffonde.
Tuttavia, ci sono riscontri, oltre che di stampa, anche in tante sedi. Per noi fu molto importante la discussione tra il Governo italiano, la Cancelleria tedesca e la Presidenza francese, che si concluse con la dichiarazione congiunta nella quale viene suggerito e apprezzato il goal dell'anticipo di un anno del pareggio di bilancio.
Se posso essere un po' specifico sulle indicazioni che ci vengono da fuori, esse riguardano tanto il lato della crescita, quanto quello del bilancio pubblico.
Dal lato della crescita - traduco usando parole mie - vi sono la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali, nonché dei servizi professionali, e la privatizzazione su larga scala dei servizi locali stessi.
Per quanto riguarda la materia del lavoro, la spinta è verso una contrattazione a livello aziendale e, quindi, verso il superamento di un sistema centrale rigido, con formule piuttosto critiche, quali il licenziamento o la dismissione del personale, compensato con meccanismi di assicurazione e di migliore o più felice collocamento sul mercato del lavoro. Appaiono anche le parole «diritto a licenziare». Non è detto, però, che tutto ciò sia parte della condivisa attività del Governo.
Per quanto riguarda il bilancio pubblico, è naturale il riferimento a una manovra più dal lato delle riduzioni di


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spesa che non da quello degli incrementi delle entrate. Comunque, i suggerimenti riguardano le pensioni di anzianità e le donne nel settore privato. Si formula anche l'ipotesi di tagliare gli stipendi dei dipendenti pubblici. Anche in questo caso, non è detto che ciò debba essere oggetto dell'attività del Governo italiano.
Naturalmente viene espresso apprezzamento per la riforma costituzionale, il pareggio di cui prima abbiamo discusso; seguono altre e più specifiche ipotesi di intervento.
Il primo fatto sopravvenuto dal 15 luglio è, dunque, l'intensificazione della crisi.
Il secondo è, a seguito dell'intensificazione della crisi e delle complessità sul mercato, la richiesta, accolta, di anticipare dal 2014 al 2013 il pareggio di bilancio. Tanto la scelta compiuta in precedenza di un arrivo progressivo ed equilibrato al pareggio nel 2014, quanto l'anticipo di un anno pongono evidentemente alcuni problemi di ristrutturazione.
Per essere chiari, noi dovremmo chiudere quest'anno, il 2011, con il rapporto deficit/PIL al 3,8-3,9 per cento - l'obiettivo è il 3,9 per cento - e dovremmo scendere di colpo, secondo alcuni, direttamente verso l'1 per cento. Si tratta di un'ipotesi lievemente drastica, perché scendere dal 3,8 per cento all'1 per cento in un anno, essendo già in agosto-settembre, forse è un po' eccessivo e recessivo. Se ci equilibriamo su metà e metà, comunque dobbiamo varare una manovra molto forte su quest'anno, il 2012, e sull'anno successivo, il 2013.
I numeri di dettaglio sono in corso di elaborazione e la scelta politica di come «baricentrarsi» sul 2012 e sul 2013 è ancora da compiere. La presenteremo al Consiglio dei ministri. Oggi si terrà un incontro con il Capo dello Stato. I lavori sono in corso, ma i fondamentali sono questi.
Il terzo punto sul quale si manifesta una novità, oltre all'intensificarsi della crisi ed alla richiesta di anticipo del pareggio, è la presentazione da parte delle parti sociali di un catalogo di ipotesi riferite tanto alla crescita economica, quanto all'andamento dei conti pubblici. Sono otto punti noti, perché resi pubblici.
Se posso chiudere, prima di ascoltare le vostre proposte, che sono ragione di interesse, vi anticipo le nostre ipotesi.
In primo luogo, abbiamo detto della riforma dell'articolo 81 della Costituzione e sarà fondamentale il lavoro di tutti. Vedere un cenno di assenso da parte del senatore Nicola Rossi è ragione di confortevole prospettiva.
Con riferimento alla modifica all'articolo 41 della Costituzione, so quanto è discussa questa ipotesi. In base a esperienze fatte in tanti anni, sono convinto che si debba liberalizzare, ma è fondamentale passare dalla Costituzione. Infatti, è così complesso e intricato il sistema giuridico che ormai ha costituito una specie di nuovo moderno Medioevo. Il Medioevo era un sistema in cui il territorio era bloccato da dazi, accise e gilde. Adesso il sistema è talmente complicato che riformarlo e semplificarlo dall'interno è esercizio che forse va completato con una modifica della Costituzione.
Sicuramente dobbiamo intervenire con maggiore incisività sui costi della politica. Alcune ipotesi furono presentate e poi in qualche modo attenuate. Credo che dobbiamo tornare su quella materia con l'impegno che non è solo riferito ai costi della politica in quanto costi dei politici (quanto prendono, ma anche quanti sono), ma soprattutto alle complessità del sistema che, stratificate in tanti anni, hanno oggettivamente causato un effetto di blocco, di mano morta e di costo eccessivo. Basta guardare il numero delle società che si sono sviluppate fuori dai nuclei originari per vedere che esistono degli eccessi.
Dobbiamo e possiamo intervenire con forza sulle liberalizzazioni, sui servizi pubblici e sulle professioni. Sarà l'applicazione della normativa europea e dei suggerimenti europei.
Possiamo fare delle ipotesi più di dettaglio, per esempio quella di accorpare sulla domenica le festività, ferme quelle religiose, che sono oggetto di Concordato.


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Può essere un modo tipicamente europeo per aumentare la produttività sistemica.
Sulla materia del lavoro non possiamo essere insensibili a quanto vi ho rappresentato sopra, non tanto a proposito della durezza delle ipotesi dei licenziamenti, ma sicuramente dobbiamo e possiamo intervenire per rendere più flessibile il mercato del lavoro. Se posso aggiungere, sarebbe fondamentale anche evitare - ma questa è un'opinione più personale che di competenza - forme di abuso dei contratti a tempo determinato. Infatti, da quelle parti, oggettivamente, si creano effetti di instabilità personale che possono essere anche negativi per l'economia. Finisce che sono tutti dei subprime e questo forse non è giusto.
Per quanto riguarda il welfare, dobbiamo intervenire. Dimenticavo di dire che nella documentazione europea si auspicano i tagli orizzontali.
Dobbiamo e possiamo intervenire sull'evasione fiscale e alla richiesta delle parti sociali abbiamo cominciato a manifestare disponibilità sulla tracciabilità, su contributi di solidarietà, su strumenti di allineamento e, tra l'altro, su forme più efficaci di contrasto dell'evasione fiscale in caso di omissione della fattura o della ricevuta.
L'ultimo punto riguarda le rendite finanziarie. Si tratta di una materia che ormai è abbastanza definita nelle scelte generali di politica fiscale. Se guardate la legge delega fiscale e assistenziale trovate la norma che prevede l'allineamento delle aliquote.
Allora sembrava più giusto fare la scelta in sede di riforma. Non abbiamo nulla in contrario a un intervento diretto che potrebbe essere: a) fermi i titoli di Stato o equiparati; b) la riduzione per i depositi bancari e postali dal 27 al 20 per cento; c) l'elevazione per tutti i titoli finanziari, esclusi i titoli di Stato, dal 12,5 per cento al 20 per cento.
Questo, più o meno, incrocia molte delle richieste che ci sono state fatte. Credo che ci sia dal lato del Governo una grande disponibilità su tutti questi temi e che sia opportuno, a questo punto, ascoltare anche le vostre proposte.
Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Tremonti a nome di tutti i partecipanti. A questo punto chiedo agli onorevoli deputati e senatori che intendono intervenire di comunicarlo sin d'ora alla Presidenza, per consentire l'ordinato svolgimento della seduta odierna.
A tal fine, potremmo procedere ad un primo giro di tavolo con l'intervento di un parlamentare per Gruppo, alternando un rappresentante di opposizione e uno di maggioranza. Chiedo cortesemente ai colleghi che prenderanno la parola di contenere il proprio intervento entro un tempo ragionevole, al fine di consentire a tutti i parlamentari iscritti di partecipare al dibattito.

PIER LUIGI BERSANI. Dirò qualcosa anch'io sulle questioni cosiddette «costituzionali», che però hanno i loro tempi. Vedo che nelle carte distribuite si ipotizza l'entrata in vigore delle modifiche dell'articolo 81 della Costituzione al 2015.
Per fare una legge costituzionale in tempi da record occorrono sei mesi: non so se abbiamo sei settimane o sei giorni per prendere qualche decisione.
Arriverò subito al dunque, non senza aver citato, almeno per memoria qualche «titolo» di cose che non voglio discutere qui, ma di cui non bisogna discutere. Primo: noi non dovevamo arrivare qui, non c'era nessuna ragione nei fondamentali perché l'Italia fosse, nella bufera mondiale, la più esposta. All'affacciarsi della crisi noi avevamo un debito in discesa, un avanzo primario, una spesa corrente sotto controllo e un'economia che doveva essere rianimata. Con un po' di riforme per la crescita e con una gestione della finanza pubblica più selettiva non saremmo in queste condizioni.
Secondo: questo non toglie nulla al nostro senso di responsabilità e al contributo che daremo in questa fase difficile, tuttavia pensiamo che la situazione politica


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italiana sia nel cuore di questa crisi, non possa esserne separata, e credo che su questo non sia possibile zittirci. Sento qualche commentatore tranchant su questo punto, ma vorrei chiedergli: come mai in Portogallo, in Irlanda, in Grecia e adesso in Spagna a loro modo si è cambiato il Governo?
Credo che ci sia un punto oggettivo, che non riguarda gli interessi dell'opposizione o meno: riguarda il tema della fiducia interna e internazionale e la possibilità di chiamare collettivamente il maggior numero di forze a contribuire ad affrontare la crisi.
Terzo e ultimo «titolo»: l'esigenza di una presa di coscienza europea. Se non facciamo assolutamente una seconda Maastricht, a uno a uno il mercato ci ammazzerà tutti. Io credo che dopo l'euro ci sia stato un irresponsabile arretramento delle politiche dei Governi europei su questa dimensione. L'Italia deve assolutamente riprendere un suo ruolo, che fu sempre di punta in questa prospettiva. Abbiamo bisogno assolutamente di un fondo di salvataggio dei Paesi fatto dalla politica.
La politica europea ha bisogno di investimenti strategici. Abbiamo bisogno di armonizzazione fiscale, di ridurre il divario di competitività tra i Paesi europei, altrimenti l'euro non potrà salvarsi nella prospettiva.
Credo che l'Italia debba prendere di nuovo il suo posto in questa prospettiva. Il fatto che la BCE debba sostituire la politica per fornire indicazioni non può essere una cosa fisiologica. Dobbiamo naturalmente accettarla, in assenza di un'altra soluzione, però consideriamo con amarezza - per favore: con amarezza - che noi siamo uno dei più grandi Paesi del mondo a ricevere dalla BCE non solo i vincoli, non solo le compatibilità - il che mi sta bene - ma anche le ricette: e questo non mi sta bene, essendo la settima potenza industriale del mondo e uno dei dieci Paesi più grandi del mondo. A questo ci siamo ridotti.
Adesso arrivo ai temi concreti, perché è tempo di agire e siamo già in ritardo. Chiedo formalmente che al Governo non tremi il polso. Siamo passati da dibattiti parlamentari e conferenze stampa. Tutti i giorni c'è la novità, il mondo, ma un po' di decisioni, per favore.
Quando si viene qui ancora oggi, Ministro Tremonti, a dire che «le scelte politiche le dovremo fare», ma perbacco, che cosa aspettiamo? Che cosa abbiamo aspettato in queste settimane? C'è da rimanere preoccupati. Il messaggio che per parte nostra voglio dare al Paese è il seguente: non c'è bisogno di essere allarmati, perché siamo un grande Paese e ne verremo fuori, però occorrono preoccupazione e decisione. Non deve tremare il polso, non devono esserci beghe politiche. Non deve tremare il polso in questo momento al Governo e non tremerà nemmeno all'opposizione.
Noi abbiamo alcune proposte. Ne accenno qualcuna ora e per altre mi riservo - quando vedrò un pezzo di carta, un testo di un decreto-legge - di intervenire con emendamenti.
Il primo punto riguarda la riduzione della spesa. Con le proposte che avanzerò non si incassa molto, ma si dà la direzione di marcia. Certamente privilegiamo un lavoro di taglio della spesa non tanto sul sociale, ma su tutta l'area relativa a pubblica amministrazione, istituzioni, politiche e settori collegati.
Vi faccio una proposta precisa, perché questa operazione deve avere un punto di partenza. Vogliamo varare subito una legge costituzionale? Benissimo. Partiamo domani mattina e facciamo il dimezzamento del numero dei parlamentari. Da lì in giù ci occupiamo di regioni, comuni, accorpamento dei piccoli comuni, dimezzamento o più delle province, dimezzamento delle società pubbliche, questione dell'acquisto di beni e servizi della pubblica amministrazione, un pacchetto ragionevole di dismissioni e così via.
Poi introduciamo la spending review dal punto di vista di una politica industriale per la pubblica amministrazione. Sui temi che abbiamo elencato e altri ancora abbiamo proposte precise e siamo disponibili a inserirle in una discussione e in un dialogo.


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Sulle liberalizzazioni, usciamo dalle nebbie. Noi siamo pronti a consegnare proposte su ordini professionali, farmaci, filiera petrolifera, RC Auto, portabilità di conti correnti e mutui, separazione SNAM Rete Gas, servizi pubblici locali.
Noi siamo contro la privatizzazione forzata, non contro le gare e la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Quando capirete la differenza, sarà sempre troppo tardi.

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia. Se iniziamo in questo modo, non andiamo da nessuna parte.

PIER LUIGI BERSANI. Io credo di essere sereno.

PRESIDENTE. Per carità, la ringrazio.

PIER LUIGI BERSANI. Per l'amor di Dio, sto cercando di avanzare alcune proposte. Se volessimo buttarla sempre dove mettete la palla voi, come è avvenuto durante l'ultimo dibattito in Parlamento, caveremmo pochi ragni dal buco.
Ministro Tremonti, un pochino mi sono occupato di liberalizzazioni. Ne ho attuate alcune che non erano previste nella Costituzione e neanche dall'Unione europea, come quella del commercio. Non ho mai visto nessuno - e quanti si sono opposti alle liberalizzazioni! - appellarsi all'articolo 41 della Costituzione. Al limite ho visto il contrario, francamente.
Il terzo punto è l'evasione fiscale. Noi ci riserviamo, appena voi avrete predisposto il decreto, di consegnare proposte precise per quanto riguarda tracciabilità e trasparenza. Siamo certi che queste misure possano avere efficacia seria, anche immediata. Mi fa molto piacere che il Ministro Tremonti sia oggi riuscito a digerire la parola. Mi fa molto piacere.
Adesso andiamo ai fatti su questo punto, perché è una vergogna che non si abbia il coraggio di adottare misure anche impopolari perché ognuno dia un contributo. È una vergogna. Occorrono proposte precise.
C'è un quarto e ultimo punto, sul quale abbiamo pronte le nostre idee e che battezzo nel modo seguente: chi ha di più deve dare di più. Questo è un punto. Noi abbiamo allestito alcune proposte e su queste mi riservo di intervenire. Voglio vedere se le proposte che avanzerà il Governo avranno il necessario equilibrio sociale. Se ci sarà squilibrio su questo, sia chiaro che noi abbiamo proposte perché chi ha di più, a qualsiasi titolo, dia di più e chi ha avuto qualche regalo immeritato in questi anni dia il suo obolo alla ripresa del Paese.
In conclusione, signor Ministro, bisogna anche prevedere, oltre alle riforme, un intervento per la crescita. Quando si deve far trenta, bisogna fare trentuno per dare un pochino di stimolo.
Noi abbiamo un problema di natura strutturale: la nostra bilancia commerciale fa abbastanza paura. Il nostro problema non è solo il debito pubblico, ma è la perdita di peso relativo dell'Italia nella divisione internazionale del lavoro. Se non cresciamo un po', non risolveremo il problema della finanza pubblica.
Vogliamo immaginare una qualche misura e vedere come finanziarla? Vogliamo parlare di oneri sociali? Vogliamo parlare di crescita dimensionale delle imprese? Vogliamo parlare di progetti di politica industriale, efficienza energetica, tecnologie, valorizzando le risorse potenziali del Sud, che sono ferme? Vogliamo parlare un po' di queste cose e farne un «pacchettino»? Anche su questo punto abbiamo alcune idee.
L'ultima considerazione è sulle questioni costituzionali. Tenete separati, per favore, se vogliamo intenderci, i percorsi sugli articoli 41 e 81 della Costituzione. Dell'articolo 41 non veniteci a parlare, per favore. Ve lo chiedo proprio. Non ha senso, non ve n'è alcuna ragione.
Se si vuole rafforzare il tema della disciplina della finanza pubblica, noi andiamo a nozze. Abbiamo sempre rivendicato una certa intenzione e una certa capacità di tenere in equilibrio la finanza pubblica. Riconosciamo anche che l'articolo 81 per ragioni diverse non l'ha certamente


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garantito; come si vede, a volte, anche dettare norme in Costituzione non è sufficiente.
Su questo punto ragioniamo, però a due condizioni. In primo luogo, che non si parli di questioni che non esistono in alcun posto al mondo, come il pareggio di bilancio per Costituzione. Noi non intendiamo nei secoli castrarci di ogni possibile politica economica. Troviamo, quindi, un ragionamento che abbia le sue flessibilità.
In secondo luogo, che non sia, per favore, un diversivo. Non possiamo passare le giornate a discutere di questa questione, che diventa un tema di scuola, su cui possono esercitarsi i migliori economisti italiani, problematizzando all'infinito. Noi dobbiamo decidere. Dobbiamo decidere e vi invito a farlo con rapidità. Noi verremo con le nostre proposte.
Questo è il tipo di dialogo che ci piace. Ci piacerebbe riuscire a essere responsabili e anche alternativi, perché non siamo convinti di ciò che si è fatto finora, ma non abbandoniamo certo la responsabilità che abbiamo verso gli italiani.

PRESIDENTE. Siamo in Commissione. Evitiamo applausi, lo dico ai deputati e senatori di entrambe le parti, abbiate pazienza. L'argomento è abbastanza serio.

ANGELINO ALFANO. Onorevoli presidenti, vi ringrazio per l'occasione che avete dato al Parlamento di discutere di questa vicenda così delicata, che, a mio avviso - ho notato degli sforzi in questo senso sia da parte del Ministro Tremonti che da parte dell'onorevole Bersani - necessita di un inquadramento generale. Noi non comprenderemo fino in fondo il momento che l'Italia sta vivendo, se non valuteremo fino in fondo il momento che il mondo sta vivendo.
Noi siamo al completamento di un decennio che segnerà la storia di questo secolo, perché è il decennio dell'euro, è il decennio delle Twin Towers, è il decennio della Cina nel WTO.
Se oggi vogliamo dire una parola di verità rispetto a ciò che nel mondo sta accadendo a compimento di questo decennio, dobbiamo dire che è l'Occidente che brucia. A Londra le fiamme si vedono per strada, a Wall Street si vedono sui display dei computer, e lo stesso pare accadere a Parigi e a Milano.
Questa è la sostanza di ciò che sta accadendo. Noi siamo chiamati come Paese a fare la nostra parte in un mondo che patisce gli esiti di questo decennio e vuole salvarsi rispetto a possibili e peggiori esiti nei decenni successivi.
Su questa premessa, a proposito di decisioni è bene ricordare e ribadire che questa manovra è stata fatta per decreto-legge e sarà accelerata per decreto-legge, quindi senza indugi. Ricordo dichiarazioni dei primi di luglio dell'onorevole Bersani, in cui si diceva disponibile a fare un patto per assicurare che la manovra fosse approvata entro il 30 settembre. Ci era stato detto dunque che la manovra approvata a metà luglio con un serio patto poteva essere approvata il 30 settembre, ma non l'accelerazione, la manovra base.
Stiamo decidendo per doppio decreto, il primo per fare la manovra e il secondo per accelerarne gli effetti. Il titolo della manovra è salvare i risparmi degli italiani, salvare il reddito delle famiglie, salvare il futuro delle nostre future generazioni.
Su questa premessa io ho apprezzato le parole non reticenti del Ministro dell'economia. Parlare dell'articolo 81 della Costituzione e poi parlare delle liberalizzazioni, delle privatizzazioni, delle misure concrete significa agire su due versanti complementari: uno di immediata attivazione nel concreto della realtà economica e finanziaria del Paese e l'altro che avvita bene i bulloni della macchina italiana, mettendo a punto un aggiornamento di una dinamica prevista dalla Costituzione che necessita di un migliore dato di efficacia per la prospettiva.
Le procedure costituzionali sono quelle e, se vogliamo agire sulla Costituzione, quelli sono i tempi. Sarebbe ovviamente stata elusiva un'azione del Governo qualora essa si fosse occupata dell'articolo 81 senza occuparsi del resto. L'uno e l'altro


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danno la dimensione di un'azione che agisce sull'oggi e si occupa, oltre che preoccupa, del domani.
L'insieme delle proposte - noi ragioniamo a cantiere aperto e dunque consideriamo positive le parole del Ministro in quanto non reticenti - rappresenta un punto di necessità rispetto a ciò che urge di realizzare e non sono un diktat della BCE. Io non condivido che ci sia il diktat: vi è un rapporto come quello che tantissimi Governi italiani hanno avuto con la Banca d'Italia in decenni passati; il ministro Tremonti - cito il caso del taglio ipotizzato agli stipendi nel settore pubblico - esclude talune ricette o, meglio, esclude che il Governo accetterà alcuni consigli, come quello del taglio degli stipendi dei pubblici dipendenti.
L'ha affermato con chiarezza per sottolineare che non tutto ciò che ci viene consigliato verrà accettato. Verrà accettato in termini di proposta ciò che noi riterremo compatibile con la nostra visione, con i nostri valori e con la sostenibilità dell'economia italiana, che, per essere curata, non deve essere indotta e portata a un clima di recessione.
In questo contesto, crediamo che, poiché il decreto-legge si deve emanare, prima lo si emana e meglio è e, quindi, che è bene che le decisioni relative all'accelerazione della manovra arrivino il più presto possibile, perché i mercati hanno bisogno di un segnale di decisionismo e di contenuti concreti delle decisioni che accelerino i fatti virtuosi che riguardano sia l'Italia, sia l'Europa.
In riferimento all'Europa, penso che, a conclusione del decennio dell'euro, sia indispensabile compiere un passo di più solida aggregazione europea. A questa crisi di fiducia dell'euro noi, come forza politica, come Popolo della Libertà, non riteniamo che si debba rispondere con «un di meno» di Europa, ma con «un di più» di Europa, rafforzando le sedi delle decisioni comuni e quelle in cui le decisioni diventano cogenti per i singoli Stati, per i singoli partner europei.
La storia di questi giorni ci dimostra che è un cattivo presagio vedere qualcuno che sale in panca a dare lezioni in Europa ad altri, perché probabilmente chi dà lezioni nel giro di pochi giorni si ritrova a patirle. Crediamo che, in una dinamica di dialettica tra gli Stati europei, sarebbe più saggio da parte di tutti i partner europei recuperare le ragioni di una solidarietà, anche quando dentro i singoli Paesi vi sono urgenze elettorali e sociali.
Volgo alla conclusione. Noi sosterremo il percorso di accelerazione della manovra, che ci chiede un pareggio di bilancio al 2013, e lo faremo sforzandoci di contribuire a un punto di principio, quello dell'equità nei sacrifici. Sosterremo il percorso di riforma costituzionale necessario per dare una credibilità di prospettiva a ciò che intendiamo decidere per l'oggi, per far sì che alcune voragini al debito pubblico non abbiano a rieditarsi.
A tal scopo suggerisco un metodo, quello per cui al Governo spetta il potere della proposta e, rafforzato dal tempo di crisi, il dovere dell'ascolto. Simmetricamente, all'opposizione spetta il dovere di dare un contributo concreto e propositivo rispetto al Governo in carica. A entrambi compete l'obbligo di fare tutto il possibile per l'Italia e per gli italiani.
Con una citazione evangelica mi viene da affermare che siamo chiamati a passare per la porta stretta. Con grande sincerità, davvero mi auguro che da questa porta stretta possiamo passare insieme, perché, se passeremo insieme da quella porta, sarà l'Italia che l'avrà passata e non ciascuno di noi. Grazie.

PIER FERDINANDO CASINI. È chiaro che da questa porta, stretta o bassa, dobbiamo passare tutti, ognuno nel suo ruolo, senza confusioni, ma anche con la condivisione di un sacrificio comune che si prospetta per il nostro Paese.
Io, presidente, ho però una sensazione, che quando ci apprestiamo tutti assieme a questo dibattito e parliamo della situazione economica difficile che stiamo vivendo sostanzialmente ci dividiamo, forse trasversalmente, in due grandi aree. C'è chi ritiene che la situazione internazionale accomuni tutti e pertanto l'Italia si trovi


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nelle condizioni degli altri Paesi e chi, come il sottoscritto, ha una convinzione profonda, secondo cui è vero che esiste oggi una tempesta generale, ma noi siamo in una condizione particolare.
Esiste un caso nel caso, esiste una condizione di difficoltà accentuata per l'Italia, e in questi anni il tentativo di minimizzare, di rinviare, di banalizzare non ha aiutato a prendere coscienza di questa situazione.
Altra cosa che vorrei dire, forse per sfatare una certa convenzione che c'è anche tra di noi: la lettera della Banca centrale europea, le pressioni della Merkel e di Sarkozy, il commissariamento o meno dell'Italia di cui discutono i giornali non sono una sorta di fuga dalla realtà o di invenzione: sono un dato di fatto.
Fin quando in questo Parlamento non avremo la maturità per capire che noi siamo stati commissariati e non abbiamo armi per opporci al commissariamento perché, dato che i titoli di Stato italiani hanno dei compratori con nome e cognome e la Banca centrale europea deve intervenire per bloccare quella che è una crisi di sfiducia vera che gli investitori di tutto il mondo hanno nei nostri confronti, noi dobbiamo prendere atto che il commissariamento c'è. Certo, abbiamo un margine di flessibilità in ordine ai consigli che ci vengono dati e ci mancherebbe altro, però il commissariamento c'è, e voglio dire a tutti i colleghi dell'opposizione, di cui sono convintamente parte, di stare attenti perché, se si crede che il commissariamento riguardi solo il Governo, si commette un grande errore. Il commissariamento riguarda il sistema politico di questo Paese, anche l'opposizione, perché con argomenti come quelli sul referendum sull'acqua, altro che commissariamenti attendono il nostro Paese nei prossimi anni!
Dobbiamo tutti prendere atto che c'è una difficoltà del sistema politico. Certamente, onorevole Bersani, sono d'accordo con lei: le scelte di questi tre anni non hanno allontanato il problema, ma l'hanno avvicinato. Oggi capiamo perché alcuni di noi hanno detto più volte che la decisione sull'abolizione dell'ICI per la prima casa era affrettata e demagogica, considerando il fatto che Prodi aveva già esentato una fascia sociale.
Sono stati errori di questo genere, come sono stati errori le perdite di tempo, così come sono stati errori i ripetuti voti che in Parlamento si sono fatti contro temi come la liberalizzazione dei servizi pubblici locali o le Province, e non vorrei andare a prendere l'elenco di questi voti perché si scoprirebbero delle cose che sono oggi solamente intuibili.
C'è questa situazione, siamo tutti sulla stessa barca, c'è un commissariamento del nostro Paese, ma noi abbiamo una grandissima responsabilità, che è quella di dare risposte immediate.
Ringrazio per la cortesia il ministro Tremonti, ma non lo ringrazio per la sostanza. Le devo dire la verità, mi auguro solo che lei abbia le idee così chiare che non ce le ha volute dire per non bruciare il decreto-legge. Se fosse così, avrebbe fatto bene, ma lo vedremo di qua a qualche giorno, perché effettivamente io avevo capito di più dalla lettura dei giornali di quanto abbia capito oggi dai suoi cortesi accenni alle tematiche.
Passando alle riforme costituzionali - in due parole perché non voglio far perdere tempo ai colleghi - noi concordiamo pienamente sulla riforma dell'articolo 81 della Costituzione come proposta dal senatore Rossi. Il senatore Rutelli e altri hanno svolto un lavoro prezioso al Senato. Non abbiamo nulla da eccepire, ma naturalmente dobbiamo garantirci in ordine alla possibilità di una politica economica che sconti anche momenti di eccezionalità e abbia margini di flessibilità. Va benissimo.
La modifica all'articolo 41 per me è demagogia e mi auguro che si accantoni il prima possibile.
Nel merito della manovra, accetto il lodo Alfano in questo caso, cioè i consigli. Poiché non vorrei essere solo ripetitivo, vorrei darne alcuni. Parlando per il mio Gruppo parlamentare, evidentemente arrivare al 2012 in questo modo significa rischiare nuovi tagli lineari devastanti,


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perché colpirebbero le famiglie, le disabilità, i lavoratori dipendenti delle fasce più deboli.
Noi crediamo che si debba agire su almeno cinque capitoli: costi della politica, fisco, liberalizzazioni, pensioni, mercato del lavoro.
Sui costi della politica, innanzitutto va benissimo il dimezzamento dei parlamentari, però, intanto attuiamo le iniziative che possiamo attuare subito. Accorpiamo i piccoli comuni e facciamolo rapidamente, aboliamo le province con decorrenza dai turni di scadenza elettorale. È inutile che siamo demagogici ed è inutile anche che andiamo a tagliare solo le province che hanno una popolazione inferiore a una data soglia, perché è semplicemente il modo per non tagliarne nessuna. Incominciamo a pensare di redistribuirne le competenze a livello regionale e comunale e facciamolo partendo dai prossimi turni elettorali in scadenza ad aprile. Non rinnovare le province con questa scadenza in progress potrà essere una soluzione che non genererà alcuno sfacelo per i servizi ai cittadini.
Si possono vendere le partecipazioni delle municipalizzate. Non si può fare tutto e subito, anche perché significherebbe svenderle e perché non possiamo privatizzare gli eventuali utili che ci sono e pubblicizzare magari le perdite, come si è fatto in passato. Su questo punto, però, non si può tornare indietro e bisogna attuarlo con forza.
Passando al capitolo fiscale, noi siamo per la tassazione delle rendite finanziarie esclusi i titoli di Stato e per una riflessione molto seria sull'ICI, anche perché l'abolizione dell'ICI sulla prima casa ha messo i comuni in crisi.
Sulla patrimoniale vorrei svolgere una considerazione, anche perché l'ho già svolta in questi mesi. L'introduzione di una patrimoniale oggi, all'inizio di questa manovra, è sbagliata. Può essere eventualmente un capitolo finale di un percorso, anche perché sarebbe una vicenda una tantum. Un contributo di solidarietà dei redditi alti a seconda della composizione dei nuclei familiari è una questione diversa e io ritengo che sia plausibile.
Naturalmente, concordo in questo caso col Ministro sul tema dell'evasione fiscale, della tracciabilità e della trasparenza e mi fa piacere che l'abbia ricordato.
Vengo a liberalizzazioni, servizi pubblici locali, farmacie, banche, reti energetiche, assicurazioni RCA Auto, professioni. Secondo me, si deve svolgere un lavoro che parte dal Governo, perché questa vicenda è soggetta a mille pressioni di lobby anche all'interno del Parlamento. Io credo che il Parlamento possa svolgere un ruolo emendativo importantissimo, ma che ci debba essere la capacità di dare la spinta iniziale in sede governativa su questo punto.
Sul mercato del lavoro ieri è stata svolta una riflessione molto seria da parte del senatore Ichino, che condivido. C'è un disegno di legge firmato anche dal senatore Rutelli e uno dall'onorevole Della Vedova. Sul tema del mercato del lavoro, il concetto deve essere semplice: più flessibilità in uscita e più garanzie per il precariato giovane. Dobbiamo dare agevolazioni fiscali che incentivino l'impresa a trasformare i contratti a tempo determinato in tempo indeterminato, perché il tema della precarietà sta diventando devastante, e dobbiamo accettare i consigli, in questo caso, della Banca centrale europea, che su questo capitolo si è soffermata, a mio parere, in modo positivo.
Sulle pensioni credo che occorra agganciare l'età pensionabile alla durata della vita con decorrenza immediata, ma che tutti i provvedimenti sulle pensioni debbano comprendere una sorta di quoziente familiare previdenziale. Su questo c'è una richiesta specifica da parte nostra.
Questo è un punto fondamentale; è un punto che vale per le pensioni e per i contributi di solidarietà dei redditi alti: il nucleo familiare, già bersagliato e vessato nella legislazione attuale, deve essere, come minimo, garantito in questi passaggi di sacrifici. Ad esempio, se si vuole mettere un contributo di solidarietà per i redditi alti, un soggetto che guadagna 100.000 euro e ha sei figli non è uguale a


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uno che guadagna 100.000 euro ma ha un solo figlio. Noi dobbiamo essere in condizione di scegliere, e fare una scelta a favore della famiglia significa fare anche una grande scelta di investimento su un tema demografico che è un'esplosiva questione sociale nel nostro Paese.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Intanto spiace dover dire che su alcuni temi come quello dell'Europa e della globalizzazione la Lega ha sempre avuto ragione. Noi siamo l'unica forza politica qui presente che ha condannato da sempre e da subito gli errori contenuti nel Trattato di Maastricht. Mi fa piacere sentire ora l'onorevole Bersani che dice che quello di Maastricht è un Trattato da rivedere. Nel tempo abbiamo mantenuto una posizione sempre uguale sia sulle modalità e i tempi di adesione all'euro del nostro Paese, sia sui rischi effettivi e gli effetti negativi che la globalizzazione può portare, e oggi siamo qui a prenderne atto in maniera negativa.
La discussione relativa all'articolo 81 della Costituzione sull'introduzione del principio del pareggio di bilancio ci trova ben disposti a ragionare, perché abbiamo sempre condannato le politiche di spesa e sperperi che hanno prodotto un debito pubblico di così grandi dimensioni e che rendono particolarmente difficile la situazione del nostro Paese.
È bene quindi ragionare sull'articolo 81 e ha fatto bene il Governo a stimolare il Parlamento. La nostra è un'assoluta disponibilità al dialogo per una riforma che deve essere come tutte le riforme costituzionali il più possibile condivisa.
Richiamiamo a un fatto non tecnico, ma politico importante, perché nel nostro Paese, con il sistema delle autonomie e del federalismo che andiamo ad approntare, noi dobbiamo rivedere l'articolo 81 in un'ottica che tenga conto anche delle problematiche che si vengono a creare a livello federale.
Dobbiamo privilegiare un'ottica federale come succede in Germania o Svizzera, per dare risposta al quesito di cosa succede se una Regione spreca, se sfora il bilancio e crea un buco. Non deve più succedere quello che è successo finora, cioè che a pagare siano tutte le altre regioni e che il costo degli sprechi e degli errori ricada sulle persone virtuose.
Per quanto riguarda la lettera della Banca centrale europea, nutriamo perplessità sia sui modi che sulle forme in cui la Banca centrale europea ha voluto manifestare al nostro Paese una serie di considerazioni. Per ragionare sulle cose da fare, partiamo dalle cose importanti che lo Stato deve garantire. Lo Stato deve garantire innanzitutto la sanità, la scuola e le pensioni, tre temi che riteniamo centrali nel nostro ragionamento e che sono importanti per lo sviluppo del dibattito.
Nel discorso del Ministro condividiamo alcuni punti: bene il superamento del sistema centrale rigido della contrattazione sindacale, che va verso uno snellimento; bene la riduzione della spesa anziché l'aumento dell'imposizione fiscale; bene anche l'azione del Governo per la riduzione degli sprechi, che stiamo conducendo ininterrottamente dall'inizio della legislatura, e dei cosiddetti «costi della politica»; ma soprattutto bene aver tenuto i conti in ordine, perché, se a fronte delle critiche che da più parti venivano, ci fosse stato un diverso atteggiamento del Governo, oggi la situazione sarebbe davvero insopportabile e probabilmente saremmo di fronte a un vero e proprio disastro. Purtroppo, però, non esistono risposte semplici a problemi complessi.
Capisco le difficoltà dell'onorevole Bersani, ma speravo di trovare alcune proposte in più, non solo titoli. Non voglio far polemiche oltremodo. State già rumoreggiando abbastanza. Mi sembra di cogliere una diversità di atteggiamento, per esempio, nell'intervento dell'onorevole Casini, che ha avanzato proposte, molte delle quali non condivido - per noi qualcuna è totalmente inaccettabile, come quella di ripristinare una tassazione sulla prima casa - ma ha parlato di questioni concrete, non ha citato solo titoli.
Credo che, invece, sia necessario andare sul concreto, perché non si risolve


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una situazione del genere con slogan o citando semplicemente i titoli dei problemi.
Io, invece, rimando a un articolo apparso su Il Fatto Quotidiano, certamente non un giornale della nostra area politica. È un'intervista all'economista francese Fitoussi, che siede, peraltro, nel Consiglio di Banca Intesa e insegna economia a Roma, il quale individua nel problema della crescita il vero problema delle economie occidentali e del nostro Paese.
Per far ripartire la crescita non occorrono slogan, ma fatti concreti. Non voglio entrare in polemica, anzi, noi abbiamo approvato alcuni provvedimenti concreti che servono alle nostre imprese e l'abbiamo fatto col consenso unanime anche dell'opposizione. Cito, per esempio, la legge sull'etichettatura e sulla tracciabilità dei prodotti alimentari, che avete votato anche voi. Ce ne sono altre sul tessile e sulla pelletteria. Sul settore del mobile in Commissione attività produttive abbiamo iniziato un interessante confronto, che deve portare anche in questo caso a tutelare una delle industrie cardine della nostra economia, che tiene in piedi le famiglie dei nostri lavoratori e le nostre aziende.
Su questo, come su tanti altri settori, noi siamo disponibili al dialogo. Siamo qui per sentire le proposte e per confrontare le nostre idee con le vostre. Chiaramente, quando si tratta di cambiare la Costituzione, questo è un obbligo. Onorevole Bersani, la modifica all'articolo 81 della Costituzione entra in vigore nel 2015, se voi non la votate, perché, se la votate, entra in vigore molto prima. Avete, dunque, una precisa responsabilità costituzionale per quanto riguarda le modifiche della Costituzione.
I temi sarebbero davvero tanti, ma, per avviarmi alla conclusione, ne cito solo uno: quello relativo all'occupazione femminile e all'ipotesi dell'innalzamento dell'età pensionistica delle donne. Credo che non sia giusto procedere in tal senso, perché nel nostro Paese, a differenza che in altri, la donna è il fulcro della famiglia ed è ammortizzatore sociale indispensabile e insostituibile. Una donna, quando ha sessanta anni - io non so chi esprime questi commenti, se non è d'accordo, però noi continuiamo, portando avanti le nostre idee - è nonna e aiuta nell'accudire i nipoti e spesso ha anche anziani della famiglia a proprio carico.
Non succede così negli altri Paesi europei, dove l'età pensionabile delle donne è più alta, perché vige un altro sistema culturale, sociale e di welfare. Ci sono asili fatti diversamente e un sistema diverso anche per accudire gli anziani, che non trovano riscontro nel nostro Paese.
L'Europa deve essere federale e non deve essere omologazione. Noi abbiamo un sistema di questo tipo e dobbiamo lavorare per difenderlo, lavorando eventualmente verso un incentivo all'occupazione femminile, a favorire i contratti part-time che consentano a tante mamme di tornare nel mondo del lavoro, iniziativa oggi preclusa.
Su tutti questi temi anche noi siamo qui con le nostre proposte, ribadendo, però, che non esistono slogan, non esistono frasi semplici. A problemi complessi esistono solo risposte articolate e complesse.

ANTONIO DI PIETRO. Ministro Tremonti, io credo che sia innanzitutto necessario fare una cernita fra ciò che di nuovo ci ha riferito e ciò che già sapevamo e che non avrei voluto chiamare «aria fritta», altrimenti dicono che uso termini troppo forti. Tuttavia, siccome lei qui è impegnato ad ascoltare noi, forse non sa cosa pensano altre persone a lei molto vicine - intendo politicamente - del discorso che lei ha fatto.
Il Ministro Bossi, Ministro come lei e nel suo stesso Governo, un minuto fa, dopo averla ascoltata, ha affermato: «L'intervento del Ministro Tremonti è un intervento fumoso». Tra «aria fritta» e «fumoso» mi pare che passi molto poco, giusto qualche arrosticino di Ferragosto.
Se vuole saperne di più, le dico cosa ha affermato un Ministro del suo Governo un minuto fa, dopo che qualcuno gli ha chiesto come fosse andato l'incontro con Berlusconi per trovare una soluzione, una


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quadratura del cerchio dei problemi che lei ci ha raccontato. Il Ministro Bossi - mi dispiace parlare così in quest'Aula, ma quelle che riferisco sono parole usate da un Ministro che si è incontrato in queste ore con Berlusconi - ha parlato di «rotture di coglioni». Queste sono le parole usate da un Ministro e questa è la realtà di questo Governo. Un Governo che si è rotto e rompe i «cosiddetti», un Governo che fa proposte «fumose».
Allora, io da questo vorrei partire, caro signor Ministro, perché tra il dire e il fare c'è di mezzo un documento. Lei oggi non può tornare qui, dopo che è venuto in Parlamento pochi giorni fa, e dirci: «vogliamo fare, faremo, diremo». Vogliamo un documento, vogliamo sapere quali sono le sue proposte.
Oggi l'unica novità che ci ha riferito è che è stato commissariato dalla Banca centrale europea. Allora, la prima cosa che le chiediamo è di tirar fuori questo documento di commissariamento. Non venga a dirci che si tratta di un documento confidenziale: non è mica andato a letto con la Banca centrale europea, che ha la confidenza! Che cosa avete fatto questa notte?
La Banca centrale europea le ha mandato un documento - so bene cosa vuol dire «confidenziale», Ministro, so che vuol dire anche rispetto delle istituzioni, e questo è un Parlamento - e lo ha mandato a lei non in quanto Ministro o amico, ma in quanto esponente del Governo. E lei, come esponente del Governo, deve dare al Parlamento il documento della Banca centrale europea, perché vogliamo sapere fino a che punto l'Italia è un Paese ancora sovrano e a che punto questo Paese è stato definitivamente commissariato. Questa è la prima cosa che le chiediamo.
In secondo luogo, le chiediamo di depositare in Parlamento un documento, o meglio un disegno di legge. Se poi vuol presentare un decreto-legge - ne ha fatti tanti, anche per le leggi ad personam - lo faccia il 15 agosto e noi saremo qui a discuterne.
Signor Ministro, l'Italia dei Valori non ha intenzione di fare un'opposizione preconcetta. La situazione è gravissima e per questo abbiamo tutti il dovere di essere responsabili. Inoltre, proprio perché responsabili, intendiamo fare la nostra parte. Ha sulla sua scrivania una proposta di legge del nostro gruppo per 70 miliardi di euro entro il 2013. Lei non mi ha degnato di una risposta su questa proposta di legge, ma oggi le ho sentito dire che sarebbe necessario fare cose che sono scritte appunto in questo testo.
Dite che avete bisogno della nostra collaborazione: noi le abbiamo mandato questa proposta di legge, e adesso gliela inviamo nuovamente, ma la legga e la faccia leggere. Lei non ha bisogno di una collaborazione a prescindere, vale a dire della collaborazione di un servo sciocco che le dica semplicemente che quello che lei fa è ben fatto.
Peraltro - mi permetta, signor Ministro - lei è venuto circa due settimane fa in Parlamento e ci ha detto con sufficienza e con malcelata falsa superiorità che la sua manovra economica era l'optimum, il massimo. Ebbene, un Ministro del suo Governo ieri ha affermato che quella manovra ha bisogno di essere ristrutturata: non sto parlando di un ministro qualsiasi, ma del Ministro Giulio Tremonti. In altre parole, lei stesso ieri ha detto che è necessario ristrutturare la manovra che ha presentato, lei stesso, quindici giorni fa.
Non so se se n'è accorto, ma lei ha confessato di essere un cattivo progettista e un cattivo esecutore dei lavori. È come se avesse fatto una casa due settimane fa ed oggi dicesse di doverla ristrutturare.
Prendiamo atto di una cosa: non siete capaci di fare né un progetto di manovra, né un'esecuzione dei lavori di questa manovra. Ecco perché la precondizione dell'Italia dei Valori è molto chiara: ve ne dovete andare a casa, perché la mancanza di credibilità della vostra azione politica e governativa è un handicap per essere noi credibili agli occhi del mondo intero.
Ecco perché noi insistiamo che, così come hanno fatto in altri Paesi, i Governi incapaci, i Governi che si «rompono i coglioni», come ha detto il suo Ministro...


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Perché il suo Ministro lo ha detto, il suo collega lo ha detto, ancora un minuto fa...

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, io non so dove l'ha detto, ma non l'ha detto in un'aula parlamentare.

ANTONIO DI PIETRO. Lo dico io: là fuori.

PRESIDENTE. Sì, però lei mi usi la cortesia di esprimersi con un linguaggio consono all'istituzione che rappresenta.

ANTONIO DI PIETRO. Presidente, il Ministro Bossi l'ha detto nella sala accanto a quest'aula.

PRESIDENTE. Abbia pazienza...

ANTONIO DI PIETRO. Voglio far capire a lei e a chi ci ascolta che questo Governo è incapace di intendere e di volere sulle esigenze di questo Paese. Io sto dicendo che l'Italia dei Valori, se il Governo si decide a portare un disegno di legge in questo Parlamento, è disponibile a discuterne, ma è ora di passare dalle parole ai fatti.
Quel che intendo dire è che ad oggi non c'è ancora nulla di concreto, se non un insieme di parole. Mi perdoni, Ministro Tremonti, mi lasci passare a una fase più propositiva... Se aveste fatto voi delle proposte, invece di ridere come dei pagliacci, forse sarebbe stato meglio.
Non so se ha notato, Ministro, ma molte delle proposte fatte dal PD, dall'UDC, dal Popolo della Libertà, dalla Lega hanno un fattore comune che le lega. Potremmo partire almeno da questo, ma da subito.
Quindici giorni fa in Parlamento abbiamo cercato di dire che bisognava eliminare le province. Oggi tutti dicono che bisogna eliminarle, però avete bocciato la proposta. Riportatela in Parlamento. L'onorevole Casini ha proposto di non rinnovarle più una volta scadute: ottimo, facciamolo. Noi dell'Italia dei Valori l'abbiamo già proposto quindici giorni fa.
Se lei si degnasse di leggere la nostra proposta di legge, troverebbe un'ottantina di proposte che intervengono sui costi della politica. Le chiedo perché non le adotti, perché ancora oggi ci chiami qui per dirci che c'è necessità di intervenire. Forse non ci siamo capiti: quel che le manca è l'azione. Lei ha capito che ci sono dei problemi, ma è incapace di proporre una soluzione.
Allora, o ci propone una soluzione, e io le posso assicurare che la guarderemo senza preconcetti, oppure non può continuare a ripetere: «dobbiamo fare, dobbiamo fare, dobbiamo fare», perché significa che all'interno del suo Governo e della sua maggioranza non avete le condizioni ottimali per poter procedere. Quindi, vi chiediamo di farvi da parte.
Non potete accusare noi dell'opposizione di non collaborare: vogliamo collaborare, ma non sappiamo a cosa, perché ci manca il documento su cui collaborare. Le ho già fatto mille volte l'elenco delle nostre proposte in Parlamento e le riconsegno ancora oggi. Infatti, probabilmente il suo ufficio ha fatto sparire questa proposta di legge, che però è depositata in Parlamento, e potremo discuterne tutti insieme. Ma la prossima volta ci porti un documento scritto sul quale potremo esprimerci in relazione ai punti che condividiamo e a quelli che non condividiamo.
Non ci potete chiedere di scegliere di appoggiarvi al buio, anche perché ogni volta che avete fatto qualcosa dopo una settimana avete avuto bisogno di ristrutturare la casa, dichiarando di non essere capaci di farla bene. Ecco perché non siete credibili.
Concludendo, personalmente ritengo che cambiare Governo sia una precondizione per poter stare meglio. Qualcuno non è d'accordo, ma io sono convinto che prima si cambiano il Governo e questo Parlamento fatto solo di nominati e non di gente che rappresenta qualcuno e qualcosa, meglio è per il Paese.

ITALO BOCCHINO. Noi ringraziamo il Ministro Tremonti per la sua presenza oggi in Parlamento, ma nella sostanza


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siamo molto delusi e la pensiamo un po' come Bossi: l'intervento è stato oggettivamente fumoso.
Comprenderemo, da qui al giorno dell'approvazione del decreto-legge in Consiglio dei ministri, se è stato fumoso, come ha affermato il Presidente Casini, per tenere coperte le misure di cui c'è bisogno, oppure perché il Governo, come noi pensiamo, non ha le idee chiare su come e dove intervenire.
Lei non ci ha spiegato, Ministro Tremonti, dove intende trovare i circa 20 miliardi di euro ulteriori che servono e non ci ha dato risposte concrete. Ci ha solo parlato dell'accorpamento alla domenica successiva delle festività non religiose, ma mi sembra che, celebrando Ferragosto, anziché tra quattro giorni, il 21 agosto, non riusciremo a risolvere i problemi della finanza pubblica italiana.
Lei si è beato del fatto che l'Europa condivide la sua tesi sui tagli lineari. Le ricordiamo che, invece, noi siamo fortemente convinti dell'errore di procedere con tagli lineari anziché selettivi, soprattutto perché l'Italia non è l'Europa nel mercato del lavoro, dove c'è stata meno equità in questi decenni, nelle pensioni, dove c'è stata meno equità e ci sono pensionati che hanno lavorato e prendono una pensione bassa e pensionati che non hanno lavorato e prendono una pensione ingiusta, così come nella contribuzione rispetto al sistema fiscale, dove l'Italia non è l'Europa, perché ha un'evasione ad altissimi livelli.
Noi, però, vogliamo esprimerci come opposizione costruttiva e l'appello del segretario Alfano va raccolto, nel senso che noi non vogliamo assolutamente svolgere la funzione di un'opposizione preconcetta, pur ribadendo che, fino a quando ci sarà questo Governo, il nostro ruolo è quello di fare l'opposizione a esso. Vogliamo avanzare proposte e vorremmo avere risposte sulle proposte che avanziamo.
Va sicuramente bene inserire il pareggio di bilancio in Costituzione. È una proposta che è venuta prima di tutto da noi. Va bene anticipare il pareggio di bilancio al 2013 e questa è una proposta venuta da noi. Vorremmo sapere di più, ossia come inserire all'interno della Costituzione il pareggio di bilancio e se c'è l'intenzione da parte del Governo di inserire il tetto massimo della spesa pubblica in Costituzione, ma ciò non basta. È un principio sacrosanto che può essere utile, ma sicuramente non basta, perché serve una scossa all'economia italiana che nell'intervento e negli atteggiamenti del Governo al momento non si vede.
Noi stiamo peggio di altri e si continua probabilmente a sottovalutare la situazione, cercando di generalizzare con la crisi delle borse europee o addirittura occidentali. Stiamo peggio di altri, perché nell'ultimo mese la nostra borsa ha perso più di altre, perché nell'ultimo mese i nostri titoli di Stato sono diventati gli ultimi, quando erano i penultimi, facendo peggio della Spagna e, quindi, riteniamo che non si debba continuare a sottovalutare la situazione.
Noi ribadiamo di essere responsabili, ma non disponibili a pasticci che non risolvono il problema della nostra finanza pubblica e della nostra economia.
Signor Ministro Tremonti, servono misure per il pareggio di bilancio, ma dovete trovare anche i soldi per finanziare la crescita. Pareggiare il bilancio senza finanziare la crescita significa risolvere formalmente il problema, ma ritrovarcelo sostanzialmente. Chiediamo, pertanto, l'impegno del Governo sulla crescita.
Dobbiamo prendere i soldi dove ci sono e ci permettiamo di avanzare alcune proposte.
In primo luogo, lei non ha parlato di tagli severi alla spesa pubblica improduttiva. Il professor Mario Baldassarri da anni avanza alcune proposte. A volte è stato bollato come il «professor Stranamore» e, ahimè, ha avuto ragione su tutta la linea.
Baldassarri ci ricorda che spendiamo ogni anno 140 miliardi di euro per acquisti di beni e servizi. All'interno di questi si celano i veri costi della politica. Qual è la posizione del Governo sull'aumento del 50 per cento della spesa sanitaria gestita dalle regioni negli ultimi cinque anni? Si è


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registrato un aumento del 37 per cento della spesa delle regioni negli ultimi cinque anni: come propone il Governo di fermare questa emorragia?
Ogni anno eroghiamo a pioggia alle imprese fondi perduti per 40 miliardi di euro. Noi chiediamo che venga abolito il fondo perduto e venga trasformato in credito di imposta per favorire la crescita, l'occupazione e il PIL.
Bisogna colpire duramente l'evasione. Sono ancora 130 miliardi di euro, secondo la Corte dei conti, i soldi che ogni anno se ne vanno in evasione fiscale. C'è gente che paga troppo, soprattutto i lavoratori dipendenti, e gente che non paga e sono scarsi gli interventi in tal senso.
Prima di chiedere un contributo di solidarietà bisogna far pagare le tasse a chi non le paga, altrimenti rischiamo di prendere in giro gli italiani. Per far pagare le tasse dubitiamo che possa bastare uno spot televisivo.
C'è poi il problema della corruzione, che costa all'economia italiana 70 miliardi di euro all'anno. C'è un disegno di legge contro la corruzione che è rimasto bloccato al Senato, non si capisce per quale ragione, per più di un anno.
Ci sono poi i costi della politica. Noi abbiamo avanzato una proposta. Abbiamo depositato, come Futuro e Libertà, una proposta per modificare solo gli articoli 56 e 57 della Costituzione e portare rispettivamente a 400 e a 200 il numero di deputati e di senatori. Con tale riforma l'Italia diventerebbe il Paese più virtuoso nel rapporto tra numero dei parlamentari e popolazione residente.
Chiediamo che tutte le forze politiche sostengano questo provvedimento e che il Governo sia d'accordo, in modo che in quattro mesi esso possa diventare norma in Costituzione e si possa ridurre immediatamente il numero dei parlamentari.
Bisogna abolire le province (iniziativa che il Governo non ha voluto intraprendere), accorpare i comuni e intervenire sugli enti che sprecano.
Sulle privatizzazioni non abbiamo sentito nulla dal Governo, se intende privatizzare, per esempio, Banco Posta; che ne pensa della possibilità di privatizzare la Rai o di vendere quote di aziende pubbliche, che, non si sa per quale ragione, mettono la benzina agli italiani al distributore. Non si capisce che cosa ci sia di strategico nel mettere la benzina agli italiani nella loro macchina.
Chiediamo che si proceda con vere liberalizzazioni e che si intervenga sul mercato del lavoro. La nostra proposta è quella di un welfare progressivo. Noi riteniamo che chi ha meno tutele debba guadagnare di più e chi ha più tutele debba guadagnare di meno. Oggi accade il contrario: chi guadagna di meno ha anche minori tutele e ciò non è possibile.
Chiediamo che il Governo favorisca l'intervento sulla disoccupazione femminile, che ha toccato il 50 per cento. Secondo l'ISTAT, 800 mila donne - qui si interviene sul problema della famiglia, che ha toccato il Presidente Casini - in due anni hanno lasciato il lavoro perché erano incinte.
Questo è un segno di inciviltà del nostro sistema di welfare, perché non è possibile che le donne debbano rinunciare al lavoro. Quando c'è il 50 per cento di disoccupazione femminile significa che si rinuncia a un quarto della propria forza lavoro, incidendo pesantemente sul prodotto interno lordo.
Analogamente, sono allarmanti i dati sulla disoccupazione giovanile, che andrebbe finanziata con una riforma delle pensioni. Ha senso, però, riformare le pensioni, così come ha senso alzare l'età pensionabile delle donne, solo ed esclusivamente se i risparmi si investono totalmente per la conciliazione a favore del lavoro femminile e, invece, i risparmi per la complessiva riforma delle pensioni si investono per favorire il lavoro giovanile.
Concludiamo chiedendo anche che ci sia una proposta per la riforma fiscale. Viene sempre annunciata, ma non se n'è parlato. Ha senso chiedere sacrifici se contemporaneamente si interviene anche per abbassare la pressione fiscale.
Come vede, signor Ministro, noi abbiamo presentato alcune proposte, dei fatti concreti sui quali siamo disponibili a dialogare


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nell'unica sede dove riconosciamo possibile il dialogo, ossia la sede parlamentare. Non ci interessa il dialogo al di fuori di tale sede.
Non vogliamo giocare al «tanto peggio tanto meglio», mentre le cose vanno male. Non vogliamo gettare il bambino con l'acqua sporca, ritenendo che il bambino sia l'interesse nazionale. Non vogliamo, però, neanche prestarci al ruolo di comparse rispetto a un vuoto assoluto emerso da questo passaggio parlamentare, che era molto importante, ma che ha disatteso non solo le nostre aspettative dal punto di vista politico, ma, visti i dati di queste ore, probabilmente anche quelle dei mercati finanziari.

SILVANO MOFFA. Signor Ministro, lei converrà con me, essendo un attento cultore dell'economia e del diritto, che, se fosse vivo Carl Schmitt, parlerebbe di stato eccezionale, rispetto al quale dovremmo tutti rapportarci.
Dico questo perché anche in seguito al dibattito di questa mattina ho l'impressione che ci sia quasi una compiaciuta sudditanza nel nostro rapportarci con l'Europa, quasi a ritenere quella del commissariamento una formula proponibile in una situazione che anche nei suoi paradigmi essenziali è sostanzialmente mutata nel corso del tempo.
La ringrazio, signor Ministro, perché lei nella sua esposizione in due fasi ha indicato gli elementi fondanti di quella che io vorrei definire una maggiore consapevolezza per una costruzione collettiva del futuro, perché di questo noi stiamo parlando, inquadrando esattamente quei processi di mutamento che non solo stanno interessando l'economia globale, ma stanno sostanzialmente modificando il modo di essere dell'Europa.
Se non partiamo da questo dato, rischiamo in qualche misura di ripetere, con una stanchezza che ormai prende anche le corde degli italiani, i dibattiti che spesso facciamo in Parlamento anche intorno alla manovra.
Lei richiamava non solo la necessità di riformare l'articolo 81 della Costituzione, ma anche, con la dovuta cautela rispetto ai vincoli posti dalla Banca centrale europea, alcuni elementi sui quali il Governo sta riflettendo per rivedere e rafforzare la manovra e per creare ulteriori condizioni per l'uscita del nostro Paese dalla crisi, in un contesto di crisi globale accentuata anche dal crollo della borsa e dei mercati americani e dai rischi di default che investono non soltanto i Paesi europei, ma anche la più grande potenza mondiale, tanto che oggi qualcuno evocava il libro di Kennedy sul declino dell'impero americano.
Credo che, se oggi fossimo davvero in grado di fare quel salto di qualità, dovremmo chiedere a lei - e noi lo vogliamo fare, signor Ministro, con grande franchezza, perché queste Commissioni riunite sono la sede opportuna nella quale dovremmo mettere al bando la demagogia e cercare concretamente di capirlo - quali siano gli aspetti sui quali bisogna incentrare l'attenzione.
Noi siamo un gruppo, Popolo e Territorio, che ha l'orgoglio e la pretesa di poter rappresentare anche nella sua articolazione un mondo che è fatto di esperienze politiche, ma anche di esperienze imprenditoriali. Nelle scorse settimane abbiamo voluto approfondire i temi cardine della situazione italiana, avendo la consapevolezza di inquadrarla nel contesto europeo e mondiale.
Sappiamo benissimo che si annunciano tagli rispetto ai quali non abbiamo nulla da aggiungere, se non renderci conto che, anche nel suo richiamo a una richiesta che viene dall'Europa di tagli lineari, ci possa essere pure la capacità del Governo di individuare anche - in maniera aggiuntiva se volete - tagli non lineari, per cercare la maggiore equità possibile e quindi impedire che questo ulteriore rafforzamento della manovra possa colpire le fasce più deboli della nostra popolazione.
Al Governo chiediamo uno sforzo aggiuntivo. Credo che, se è vero - come è giusto - che bisogna intervenire sul lato della spesa, dobbiamo avere il coraggio di affrontare il tema della crescita del nostro Paese nonché il fronte del taglio dei costi


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della politica, rispetto al quale siamo per scelte anche draconiane, perché, come lei ha giustamente rilevato, si tratta di aggredire il problema non solo per quanto attiene allo stipendio e ai cosiddetti benefit del mondo politico e parlamentare, ma nella sua complessità.
Certo, se in passato non ci fosse stato chi ha sostenuto un referendum contro una riforma che tagliava il numero dei parlamentari del nostro Paese, probabilmente oggi non ci troveremmo ancora una volta a parlare di questi argomenti.
Noi aggiungiamo qualcosa di più. A mio avviso, nel rinnovamento sostanziale che deve riguardare sia il livello costituzionale sia la politica nella sua qualità, nel suo modo di essere e di essere concepita, affinché torni a essere elemento centrale anche nell'indirizzare l'economia e la finanza, che troppo spesso hanno preso il sopravvento sulla politica, occorre anche parlare di riduzione del numero dei mandati parlamentari; è necessario avere la capacità di affrontare anche questo tema, se si vuole un rinnovamento serio e se si intende mettere in campo energie giovani.
Ridurre i costi della politica significa, certo, razionalizzare il sistema provinciale modificandone l'entità, la struttura, la stessa natura, ma significa anche eliminare tante agenzie, tante società partecipate e tutto quello che ha costituito una sovrastruttura anche rispetto ai livelli istituzionali, con una ruberia anche nei confronti delle capacità di rappresentazione democratica del complesso del nostro Paese.
Per quanto riguarda la crescita, signor Ministro, credo che debba prestarsi attenzione al grande sforzo che sta compiendo una parte del mondo produttivo del nostro Paese, che, nonostante la crisi, sta innovando i processi produttivi, sta cercando di fare quel minimo di ricerca indispensabile per posizionare la propria competitività in un sistema globale che sta cambiando.
È evidente, allora, che il mercato del lavoro che lei ha evocato deve essere profondamente modificato, con una riforma strutturale degli ammortizzatori sociali, con incentivi alle imprese che innovano, con la capacità di intervenire sul sistema previdenziale, consentendo anche la permanenza nel mondo del lavoro di chi volontariamente vuole svolgere questa funzione oltre il tempo del pensionamento, prevedendo incentivi sotto questo profilo. Dobbiamo fare in modo che finalmente si apra anche quello spiraglio che l'Europa ci chiede da molto tempo per quanto riguarda l'adeguamento dell'età pensionabile delle donne, portandola da subito al sessantacinquesimo anno. Credo che questi siano fattori importanti e propulsivi.
Credo, inoltre, che la politica industriale di un Paese evidentemente non debba essere di tipo rigorista e non possa essere imposta dall'alto, ma debba essere bottom-up, capace di interpretare i bisogni del sistema imprenditoriale del nostro Paese e in grado di definire delle regole.
Perché, allora, non ampliare un percorso che vada verso la territorializzazione sempre più spinta della contrattazione, facendo in modo che lì si trovino le forme più adeguate per incrementare il salario di produttività e, quindi, la capacità dell'impresa di investire, in quanto evidentemente le aziende hanno bisogno di tornare a essere competitive con l'innovazione del prodotto?
Ecco perché riteniamo che il grande sforzo che oggi viene chiesto al mondo politico debba portare tutti - come lei diceva giustamente, onorevole Casini - ad assumere ruoli che siano assolutamente distinti tra chi governa e chi è all'opposizione. Ma la crescita complessiva di una nuova politica non può passare - me lo permetta, onorevole Bersani - dalla ripetitiva richiesta di un cambio di Governo. Noi non siamo né la Spagna, né il Portogallo, né la Grecia. Noi siamo un Paese che ha una solidità di fondo, che ha saputo reggere anche l'urto di momenti drammatici mantenendo saldi i propri conti pubblici. Siamo un Paese che può avere ancora grandi possibilità di crescita e di sviluppo.
Colleghi, è nei momenti di crisi che bisogna avere la capacità di proporre idee innovative, è nei momenti di crisi che bisogna avere la capacità di esplorare nuovi paradigmi di riferimento e, in qualche


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modo, essere in grado di dare risposte soprattutto a chi oggi dovrà assicurare la prospettiva del futuro del nostro Paese, che riguarda soprattutto i giovani, le donne, coloro che faticano a entrare nel mondo produttivo.
Molto è stato fatto, ma ancora di più si può fare. Credo che il confronto parlamentare e molte proposte di legge che giacciono in Parlamento e di cui stiamo discutendo, possano costituire la base per far sì che il Governo, nella sua autonomia, in quello stato di eccezione di cui evidentemente deve sentirsi portatore, possa venire a proporre un confronto serio e serrato nelle prossime settimane, sul quale noi saremo disponibili a dare un contributo significativo.

FRANCESCO RUTELLI. Presidente, il Ministro Tremonti ha affermato nei giorni scorsi che il mondo è cambiato in un mese. Nella riunione di ieri del Governo con le parti sociali un altro autorevole esponente del Governo, un autorevole rappresentante della compagine di cui voi fate parte, ha sostenuto che cambia tutto in una notte.
La situazione è drammatica e i cambiamenti sono quelli che il Ministro Tremonti ha descritto. Io non condivido le sue riflessioni e le sue proposte, ma certamente condivido la sua analisi dei fatti delle ultime settimane.
Le parla stamattina - abbiamo sentito diversi accenti da parte dei colleghi - una rappresentanza delle opposizioni che non vogliono giocare allo sfascio, ma che vogliono collaborare lealmente per il bene del Paese in un momento così drammatico e che constatano i problemi che voi avete di fronte, tanto è vero, come osservavano altri colleghi, che più il Governo si muove in queste ore e più mostra divisione.
Le parti sociali hanno dato una grande prova di responsabilità. Abbiamo visto insieme Confindustria e sindacati, piccola impresa, mondo della cooperazione, ricercare un terreno comune e poi uscire dall'incontro con il Governo affermando di essere delusi.
Stamattina tutti siamo venuti qui per ascoltare con attenzione leale le intenzioni del Governo, ma, mentre parlava il Ministro Tremonti, fuori di qui l'altro ministro importante presente in quest'Aula, il Ministro Bossi, picconava ciò che Tremonti stava sostenendo.
La domanda che io le rivolgo è la seguente: se il mondo e il contesto cambiano tanto velocemente, in che cosa siete voi disposti a cambiare rispetto a ciò che avete realizzato negli ultimi tre anni e mezzo? Se è vero che le condizioni della crisi economica sono globali, se è vero che esiste una fragilità della situazione europea, se è vero che ci possono essere attacchi interessati alla condizione dell'euro attraverso la porta del nostro Paese, è pur vero che le soluzioni italiane finora sono state inadeguate.
La nostra domanda è: se tutto cambia, in che cosa cambiate voi rispetto a ciò che avete realizzato in questi tre anni e mezzo? Pensate di riproporcelo così com'era?
Le porto un esempio concreto. Noi oggi ci riuniamo formalmente per esaminare la questione della riforma dell'articolo 81 della Costituzione, cioè per valutare se introdurre in Costituzione princìpi che vincolino al pareggio di bilancio e, dunque, a non creare ulteriori deficit.
Il Ministro Tremonti in apertura ci ha descritto il modus operandi del Governo, ossia ciò che avete fatto di fronte a questa richiesta europea nelle ultime settimane e negli ultimi mesi.
Questa richiesta europea è stata formulata, però, a marzo in un vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'area dell'euro, cui noi abbiamo partecipato, e a cui abbiamo aderito. In cinque mesi in che modo questa richiesta formale ha avuto una risposta da parte del Governo?
C'è voluta la presentazione, come lo stesso Ministro ha ricordato correttamente, di una proposta da parte del collega Nicola Rossi e di altri senatori. Il fatto importante è che il disegno di legge che lei ha citato non è stato firmato solo dai senatori del Terzo polo, ma anche da parlamentari del Partito democratico, del


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PdL e della Lega. È stato non soltanto un contributo di merito, ma anche, se posso esprimermi in questo modo, una risposta politica a questa criticità.
Lei ci ha riferito che il Governo si è attrezzato per indire un ciclo di seminari che sarebbe stato deciso a fine luglio. Mi scusi, però, ma l'Unione europea ci ha chiesto di intervenire sul pareggio di bilancio. La Germania l'ha già introdotto nella Costituzione e la Francia lo sta per approvare. L'Unione europea ce l'ha chiesto a marzo, cinque mesi fa. Tra aprile, maggio, giugno e luglio voi vi siete riuniti per indire seminari? È una situazione francamente paradossale.
Tuttavia, in questa situazione, presidente, noi non ci disponiamo con l'atteggiamento del «tanto peggio, tanto meglio», come lei ha ben ascoltato dagli interventi che in conclusione richiamerò e le spiegherò anche il perché.
Voi pensate davvero, mi rivolgo al collega Alfano e al collega Bersani, che in questo momento una crisi di questa dimensione sia risolvibile dentro il recinto dei due schieramenti come li abbiamo conosciuti finora? È evidente che una riunione come quella di oggi indica la necessità di una convergenza molto più larga, purché, presidente, si intraprenda una strada nuova.
Che cosa è successo negli Stati Uniti? Che cosa ha colpito drammaticamente? Che cosa ha indebolito la prima potenza economica del mondo? In un sistema maturo, che da due secoli conosce non il bipolarismo, ma il bipartitismo, perché ci sono solo due partiti in America, ha colpito l'opinione pubblica americana l'esasperazione dello scontro, l'estremizzazione partigiana.
Noi siamo qui le forze disponibili a ragionare su una stagione nuova, nella quale il cambiamento gigantesco che impatta sulla vita degli italiani (l'economia, le famiglie, le imprese), venga affrontato da una convergenza straordinaria e non da una riproposizione inevitabilmente indebolita di questa partigianeria, che ha fallito.
Presidente, l'attuale Governo ha un problema verso l'alto e uno verso il basso.
Ha un problema in Europa, perché, indipendentemente dalla considerazione che in Europa si possa avere verso l'uno o l'altro degli esponenti del Governo, gli accenti che abbiamo sentito da parte dei rappresentanti della Lega di sconfessione dell'Europa e del percorso comunitario in Europa non vengono vissuti come ordinari. La simpatia che circonda il Governo italiano in Europa non è certo molto aiutata da questi accenti demolitivi addirittura dei fondamenti a cui noi siamo richiamati nell'adempimento dei trattati di cui siamo promotori e firmatari, nonché degli obblighi, delle prospettive e delle speranze conseguenti.
Non dimentichi il collega Reguzzoni che nei giorni scorsi qualcuno ha investito alcuni miliardi di euro per acquistare titoli italiani decennali per fronteggiare la speculazione. Dunque, l'Europa oggi ha rappresentato anche un argine di fronte alla crisi italiana. Vogliamo esserne parte o voi volete presentarvi ogni volta in modo provocatorio in Europa?
Avete poi un problema verso il basso, perché a nessuno sfugge che la riflessione europea di oggi sulla crisi economica coinvolge in modo drammatico quella che qui si è chiamata la devoluzione, la devolution.
La Spagna ha dovuto mettere ordine attraverso una riorganizzazione dei compiti e dei poteri, anche alla luce degli squilibri di bilancio, degli organismi territoriali, delle regioni autonome. Voi non potete, se non con immensa difficoltà, Ministro Tremonti, tenere insieme un quadro di responsabilità che chiamiamo federalismo e che per quanto riguarda i costi standard della sanità, è giusto - perché occorre stabilire parametri competitivi e omogenei - ma che contemporaneamente ci interpella.
Anche in quell'ambito voi avete una difficoltà come maggioranza politica, nel rapporto con la Lega, a sostenere una maggiore responsabilità nazionale piuttosto che una frammentazione di risposte non riconducibili ad una ragione comune.


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In conclusione, presidente, noi anche questa mattina abbiamo avanzato - il collega Casini generosamente e in maniera diffusa e adesso anche il collega Bocchino - una serie di proposte dalle quali si può raccogliere una parte importante di un cambio di rotta, non di una continuità sulla strada che si è seguita finora.
Se il Ministro crede, può ritrovare in alcune mozioni parlamentari - ne cito due, una sulla crescita, approvata dal Senato nei mesi scorsi, a mia prima firma, e quella del senatore Baldassarri per quanto riguarda i tagli della spesa corrente, quella improduttiva e quella dominata dall'intermediazione politica e partitica - elementi per intervenire positivamente, se lo vorrà fare. Non sfugge, però, a nessuno di noi che continuare sulla strada di prima e con l'immobilismo di questi anni non porta da nessuna parte.
Il Ministro Tremonti ha usato alcune espressioni volitive. Ha affermato che c'è un istantaneo interesse e che occorre un intervento rapido, ma, in verità, ha tracciato linee molto generali, se non generiche. Vedremo come si tradurranno.
Vorrei che voi usciste, se posso permettermi, usando un esempio di un simpatico animale, dalla sindrome della salamandra. Il Governo italiano sta fermo, ha lo stesso dinamismo della salamandra, che si sistema a bordo del fiume, constata ciò che avviene e cerca il proprio rifugio.
Oggi noi abbiamo bisogno che il Governo cambi rotta, perché la strada che ha seguito è sbagliata. Deve ammettere di aver sbagliato strada, se vuole che l'opposizione responsabile non solo dimostri la serietà che ha dimostrato finora, nell'approvare la manovra in tre giorni - siamo l'unico Paese al mondo che l'ha consentito - e nel mostrare un atteggiamento costruttivo e leale per il bene del Paese, come oggi abbiamo ribadito e riconfermato, ma anche la disponibilità a votare parte delle misure che diano una spinta per la crescita e il futuro del nostro Paese.
Se voi continuate sulla strada della salamandra, prenderete il sole, ma rimarrete bruciati, come tutti gli italiani.

PRESIDENTE. Grazie. L'ultimo intervento dei gruppi è del senatore Viespoli. Dopodiché, il Ministro Tremonti svolgerà la sua replica.
Ringrazio i colleghi del PdL e del PD che hanno rinunciato ad intervenire, al fine di contenere i tempi del dibattito.

MARIO TASSONE. Mi sento rappresentato dal collega Casini. Poco fa commentavo che sarebbe stato meglio convocare l'Aula, perché questo incontro è stato riduttivo, oltre che un'ipocrisia. Abbiamo iniziato con l'articolo 81 della Costituzione e poi abbiamo parlato di altro.

PRESIDENTE. Siamo perfettamente d'accordo, come sempre, con l'onorevole Tassone.

PASQUALE VIESPOLI. Io sarò telegrafico, innanzitutto perché credo che il Governo abbia il dovere dell'ascolto e della consultazione, ma soprattutto quello della decisione, di assumersi la responsabilità delle scelte, di trasferire in un articolato normativo i titoli che il Ministro ha indicato rispetto alla combinazione che si è determinata nel rapporto con l'Unione europea per affrontare l'accelerazione della crisi che lo stesso Ministro ha indicato attraverso i tre punti che ha evidenziato. A me tocca, quindi, svolgere soltanto alcune considerazioni.
La prima è in merito all'articolo 81 della Costituzione. A me pare che ci sia una sottovalutazione di questo tema che non rende merito neanche all'iniziativa parlamentare, in particolare a quella a prima firma del senatore Nicola Rossi, che abbiamo condiviso al Senato.
In realtà, si tratta di una modifica costituzionale che contemporaneamente dà una risposta immediata e di sistema, con un intervento immediato, che blinda la manovra. Il dibattito che abbiamo svolto sul 2013-2014 ripete quello che già era stato sviluppato all'atto di presentazione della manovra, quando, lo ricordo a me stesso, l'autorevole voce del Presidente della Repubblica indicò il percorso anche riguardo ai tempi.


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Oggi, rispetto a quei tempi e a quell'accelerazione, una prima risposta è data dalla costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, che rappresenta un elemento di svolta e fa in modo che l'obiettivo del pareggio non sia più un obiettivo temporaneo, l'obiettivo di un Governo, ma diventi l'obiettivo di un sistema politico e un valore comune che l'intero sistema politico definisce in una fase di grande crisi e di grandi difficoltà.
Da questo discende inevitabilmente anche il resto, e questo ci consentirà di affrontare le questioni che abbiamo di fronte, signor Ministro, secondo l'agenda che lei stesso ha individuato, ma che va tradotta e di cui bisogna verificare l'impatto. Qui solo un'annotazione: signor Ministro, i tagli sono lineari, ma l'impatto dei tagli è selettivo sul piano sociale e sul piano territoriale. Bisogna realizzare una manovra forte, significativa, all'altezza della sfida che abbiamo di fronte, ma che abbia le caratteristiche dell'equità sociale e dell'equità territoriale.
Da questo punto di vista, riteniamo che un primo provvedimento si possa e si debba assumere: bisogna convocare la prima sessione della coesione territoriale, la Conferenza Stato-Regioni aperta alle parti sociali, per affrontare alcuni aspetti fondamentali sul terreno delle infrastrutture e del corretto utilizzo delle risorse che sono disponibili e che corriamo il rischio di perdere.
Su questi temi ci confronteremo e avremo la capacità di verificare come il Governo risponderà e dimostrerà con queste risposte se sia all'altezza delle attuali circostanze e abbia la prospettiva di continuare a governare.

EMMA BONINO. Grazie, presidente. Grazie anche a lei, signor Ministro, della cortesia. Poiché vorrei essere breve, rischio di essere sommaria e ovviamente andrò per titoli. Sono convinta che la crisi che il mondo occidentale in particolare attraversa, sia strutturale e non puramente emergenziale. Sono altresì convinta che in questa crisi l'Italia rappresenti un caso particolare, un caso all'interno del caso complessivo. La nostra crisi non è solo economica, finanziaria o macroeconomica: è una crisi strutturale e istituzionale. In fondo, in questo nostro Paese non regge più nessun istituto. Questo è la nostra analisi, poco condivisa, ma di cui siamo convinti. Ed è per questo, ad esempio, che a partire da una maggiore proprietà del linguaggio non è vero che stiamo parlando dei costi della politica: stiamo parlando dei costi della partitocrazia, che è un'accezione diversa, ed è l'esplosione delle esigenze fameliche dei partiti, che si sono infilate ovunque. Ma indovinate perché non si riescono ad abolire le comunità montane? Facendo strage di merito, di concorrenza e di efficienza.
Allora partiamo da lì, ed è per questo, chiudendo questo capitolo, che non mi appassiona il puro taglio del numero dei parlamentari. Perché, se il sistema elettorale rimane questo, potremmo o potreste essere anche solo dieci e non cambierebbe nulla. Il problema è il sistema elettorale, perché, se il sistema elettorale è quello del piccolo collegio uninominale, con un rapporto diretto tra eletto e cittadini, allora facciamo un altro discorso e non puramente quello del taglio. Potrei continuare sul finanziamento pubblico dei partiti, ma chiudo questo argomento.
Ho sentito anche qui, e vorrei che non avessimo l'ennesima invenzione all'italiana, richiamare l'Europa che ci commissaria o che ci vuole più europei. Capiamoci: non credo affatto che siamo in presenza di un umiliante commissariamento e, violando un tabù che c'è persino tra di noi, sono convinta che da questa debolezza, che non è solo nostra, ma è spagnola, greca, portoghese, francese, una debolezza cui non si sottrarrà neppure la Germania, come è di tutta evidenza, questo Paese debba trovare la forza di proporre l'iniziativa di ripartire dagli Stati Uniti d'Europa, esattamente come diceva Spinelli, cioè da pochi settori comuni, non dal super-Stato europeo, già al prossimo vertice dei ministri finanziari.
Non si tratta di un po' di artigianato istituzionale in più o in meno, di un fondo in più o in meno. Si tratta del Ministro


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dell'economia e delle finanze, di una struttura federalista riferita a pochissimi settori e di grandissima sussidiarietà.
Se non arriveremo, non per demagogia, a renderci conto che ventisette eserciti europei sono una sciocchezza, con un inutile costo di 150 miliardi di euro, credo che gireremo intorno a una crisi da cui non usciremo.
Infine, io credo, per tornare al nostro Paese, che oltre alle affermazioni che sono state fatte e alle scelte che il Governo compirà e che saranno contenute nel decreto - sulle quali si discuterà, è di tutta evidenza - ci sia un problema di fondo, anche per la crescita economica: il problema della legalità o dell'assenza di legalità, dello Stato di diritto e di un grande pilastro che funzioni finalmente, ossia il pilastro della giustizia, civile e penale.
Senza legalità e senza Stato di diritto non ci sono diritti. Ci possono essere le raccomandazioni, le prebende, le questue e ciò che volete, ma non ci sono più diritti per nessuno, né per gli imprenditori, né per chi lavora.
Proprio per questo motivo, noi siamo così testardamente impegnati sulla questione della giustizia e vi preghiamo di riflettere su questo punto, perché senza legalità e senza Stato di diritto non si rimette in piedi questo Paese. Non parliamo di investimenti stranieri, per carità di Patria, per favore, ma neanche di investimenti degli italiani in questo Paese.
Infine, è vero, collega Reguzzoni: oggi le donne sono l'ammortizzatore sociale di questo Paese. Non è una bella prospettiva, mi consenta, è una condanna e, se voi in tutto ciò pensate che in prospettiva le donne di questo Paese, invece di essere volano di sviluppo, saranno le badanti e le babysitter condannate a forza, io credo che sbagliate proprio ricetta.
Non si fa crescere un Paese senza l'utilizzo delle risorse dell'intera popolazione. Non si partecipa alle olimpiadi con una gamba sola. Non sono affatto contraria all'aumento dell'età pensionabile, ma, abrogando le disposizioni della recente manovra finanziaria, vorrei, come lei non ha voluto fare, che tali risparmi andassero a sostenere l'accesso delle donne al mercato del lavoro.
Poche ricette, pochi punti: partitocrazia e non costi della politica; Europa, ma intendiamoci su che cosa intendiamo per Europa; giustizia, Stato di diritto, legalità; e volano al femminile. Queste sono quattro proposte in quattro grandi settori.
Non mi dilungo sull'articolo 81 della Costituzione, perché la prima proposta di riforma l'abbiamo presentata fin dal 1986 con Crivellini e io sono una firmataria della proposta presentata dal senatore Nicola Rossi.

PRESIDENTE. Lo faccia. Siamo qui per l'articolo 81 della Costituzione, si attardi pure.

EMMA BONINO. Non mi attardo. Ho firmato la proposta di Nicola Rossi. Abbiamo presentato la prima proposta radicale su questo tema nel 1986, pensi un po'. Ritengo soprattutto che, al di là degli effetti immediati, sia un messaggio importante, un accordo-Paese, un impegno-Paese in questa direzione.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti, deputati e senatori, però volevo ricordare che noi eravamo riuniti per discutere sulla riforma dell'articolo 81 della Costituzione. Non a caso, sono state riunite le Commissioni Affari costituzionali e Bilancio di Camera e Senato.
Capisco che l'occasione, con la presenza del Ministro, era ghiotta e l'allargamento del dibattito doveroso, però ci sono stati interventi che tutto hanno fatto tranne che parlare dell'articolo 81 della Costituzione. È un dispiacere che registro come presidente della I Commissione.
Ho lasciato parlare tutti coloro che lo hanno chiesto nei termini e nei modi in cui hanno voluto farlo, però lo spirito e il motivo dell'incontro era ben altro. È stato sfumato il dibattito sull'articolo 81 della Costituzione. Noi pensavamo di acquisire alcuni elementi in più. Ciò significa che, quando ci arriverà il provvedimento governativo,


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ricominceremo da lì e cercheremo di sapere cosa effettivamente pensano di questo tema tutti i colleghi e i Capigruppo.
Do ora la parola al Ministro Tremonti per la replica finale, ringraziandolo e ringraziando tutti coloro che sono intervenuti.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie. In effetti, è stata un'esperienza molto particolare. Qui si ibridano i caratteri dell'Assemblea e della Commissione: non mi era mai capitato in tanti anni di Parlamento.
In secondo luogo, e l'ha notato il presidente, davvero c'è stato uno spostamento di contenuti dallo specifico dell'oggetto della discussione al generale di una rappresentazione di scenari.
Penso che sarebbe stato meglio - ma non è dipeso da me - parlare dell'articolo 81 della Costituzione in una sede e di altro in altra sede, e non perché l'altro è meno importante, ma perché è diverso dall'articolo 81 della Costituzione. Tuttavia, come ho detto, l'ordine dei lavori non dipende da me e mi riconosco nelle cose dette dal presidente.
L'onorevole Bersani ha avuto la cortesia di fare un lungo intervento, che in parte naturalmente ho difficoltà a condividere. Nell'insieme, però, è stato un intervento interessante. L'onorevole Bersani ha iniziato, sull'articolo 81 della Costituzione, riferendo che all'ultimo punto del documento che ho depositato c'è scritto «2015». Vorrei fosse chiaro che non è quello il tempo previsto per l'approvazione della riforma. Ho detto da subito nel mio intervento che sarebbe l'ideale, se non ci fossero i tre mesi della doppia lettura, che fosse comunque fatto un primo voto. Quello è il tempo di arrivo finale di tutti i livelli di governo, ed è un'ipotesi tra parentesi.
Credo che sarà molto complicato adattare tutti i livelli di governo a un principio comune. L'onorevole Bersani ha detto: «non ci vogliamo vincolare a un criterio che potrebbe magari non essere utile in una fase diversa dell'economia». Io temo che quel criterio sia assorbito dal concetto di aggiustamento per il ciclo e che nel contesto dell'Unione europea sia impossibile fare diversamente. Capisco, però, il ragionamento. Probabilmente quel livello di flessibilità, se resta ancora questo impianto europeo, si trova con gli eurobond, ma è un'ipotesi.
Comunque, comprendo l'esigenza di non vincolarsi troppo, se non capisco male le osservazioni dell'onorevole Bersani, perché in questo momento il valore assoluto è quello del rigore, ma potrebbe esserci una fase diversa.
Per quanto riguarda la ricostruzione generale e globale dei fenomeni e la posizione dell'Italia in quel contesto, temo di avere visioni un po' diverse da quelle dell'onorevole Bersani, tuttavia capisco le posizioni che ha rappresentato. Mi permetto di far notare che la posizione italiana in Europa in questi anni è stata la proposta di costituire un fondo europeo, e alla fine è arrivato, la proposta subordinata di fare un fondo delle casse depositi, e alla fine è arrivato, e soprattutto - con altri - la proposta degli eurobond. Altri sono più forti e più incisivi, ma non credo sia corretto dire che siamo totalmente fuori e non siamo incisivi o rappresentativi.
Sulla velocità delle scelte - credevo fosse chiaro - noi abbiamo annunciato un decreto-legge, e risponderò con questo anche al Ministro Bossi. È ben difficile, prima di fare un decreto-legge annunciato, prima di andare dal Capo dello Stato e a mercati aperti, essere più precisi di come sono stato io. Credo che sia assolutamente fuori dalle regole, in una sede in cui si deve parlare dell'articolo 81 della Costituzione, andare oltre il discorso che ho cercato di fare.
Tra l'altro, per essere chiari, non abbiamo chiesto aiuto. Abbiamo chiesto le vostre proposte, abbiamo chiesto di discutere, ma non abbiamo chiesto aiuto. E questo è un punto importante: se c'è l'aiuto, è meglio, ma non c'è stata alcuna richiesta di aiuto. Siccome da molti interventi ho sentito: «ci avete chiesto aiuto»,


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mi permetto di precisare che abbiamo chiesto di scambiare le idee e non di acquisire voti.
Ho sentito dall'onorevole Bersani l'annuncio di proposte concrete e specifiche, e sicuramente ci saranno, le studieremo e le discuteremo insieme. Su alcune a priori mi sembra difficile il consenso. Si può immaginare che per legge si riorganizzi un gruppo industriale quotato, è un'ipotesi, però forse è difficile pensare, in termini di fattibilità, a una riorganizzazione industriale, magari giusta in sé, fatta per emendamento.
Per finire, come l'articolo 81 della Costituzione è andato benissimo e poi a un certo punto non ha funzionato, così credo che l'articolo 41 della Costituzione abbia un ciclo uguale: fino a un certo punto ha funzionato, poi la quantità delle leggi ordinarie si è stratificata sulla realtà e rende necessario un cambiamento costituzionale radicale.
Naturalmente uno può avere idee diverse, ma credo che avere idee diverse sia parte della democrazia e non causa di un intollerante, assoluto diniego. Parliamone. Sono convinto che, per come si è stratificata la legislazione ordinaria, la soluzione reale sia solo quella del cambiamento costituzionale.
L'onorevole Alfano ha fatto un intervento che condivido pienamente e, tra l'altro, mi dà l'opportunità di specificare che l'ipotesi di riduzione degli stipendi pubblici non è del Governo della Repubblica italiana, ma è l'ipotesi formulata in sede europea. Noi non abbiamo intenzione di ridurre gli stipendi pubblici.
L'onorevole Casini ha fatto un intervento a un certo punto anche abbastanza ironico e non me ne vorrà se cerco di applicare pari ironia. Ha detto: «il contenuto del suo intervento era più preciso sui giornali che nel suo intervento», per cui replicherò, onorevole Casini, che leggerò sui giornali più dettagli rispetto al suo intervento.
L'onorevole Casini ha detto che quello dell'Italia è un caso nel caso. È vero, è un caso nel caos in realtà. È un caso specifico. Tutti i Paesi hanno delle specificità. Credo che una visione non limitata all'Italia, ma estesa, trasmetta informazioni che fanno di ogni Paese un caso. I gradi di complessità variano nei cicli storici, per gli anni, ma non credo che l'Italia sia l'unico caso.
Andando indietro, nel 1992 la grande crisi era solo italiana. Adesso la crisi non è solo italiana e, se si guarda in giro, se si guarda sulla carta geografica, se si sente e si vede, uno dei fattori di complessità della situazione in cui siamo è che ci sono tanti casi e non solo un caso nel caos, perché il caos è fatto da tanti casi critici.
L'acquisto dei titoli da parte della BCE trova risposta in una domanda che fanno tutti, soprattutto i grandi investitori. Questi dicono innanzitutto che è difficile capire cosa è l'Europa, cos'è l'euro, perché sono diciassette Paesi, diciassette Parlamenti, diciassette Governi, diciassette posizioni politiche diverse, non sempre convergenti. Il tasso di divergenza sta crescendo e questa è una delle cause delle difficoltà che abbiamo.
Chiedono in secondo luogo perché, se la nostra Banca centrale non compra i nostri titoli, dovrebbero comprarli loro. Questo è il punto che credo sia fondamentale, al di là della retorica sui commissariamenti o no. Quello del ruolo delle banche centrali è un punto fondamentale nelle economie occidentali moderne e non solo. L'immissione di limitate quantità di moneta è tipica di quasi tutte le economie di mercato in questo momento. La situazione europea è molto particolare e credo che anche questo sia uno dei momenti in cui si deve riflettere sul futuro.
L'onorevole Reguzzoni ha posto la questione che ho cercato adesso di prospettare, ossia se siamo veramente a un tornante della storia e se sia possibile che alla fine di questi giorni e di questa fase ci sia un'Europa diversa, in progressione o che vada verso una direzione diversa. Oggettivamente viviamo un tempo niente affatto banale e normale, non solo per il nostro Paese, ma anche per l'assetto complessivo. Guardate come si è sviluppata dall'euro in poi l'architettura finanziaria.


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Al Parlamento europeo, in un'audizione, ho sostenuto che i trattati internazionali sono costruiti come i matrimoni, nella buona e nella cattiva sorte. Il trattato sull'Unione europea è costruito solo sull'ipotesi positiva e progressiva della buona sorte. La parola «crisi» è solo l'eccezione. Il bene è la regola, il male è l'eccezione. Viviamo tempi in cui si sta verificando un riequilibrio e la regola è la cosiddetta eccezione e il bene è il male. Uno stress test sui trattati mostra quali complessità stiamo vivendo, abbiamo vissuto e vivremo.
Credo, quindi, che il discorso che ha svolto l'onorevole Reguzzoni sia coraggioso e importante, un discorso su cui continuare o cominciare a riflettere.
L'onorevole Di Pietro, che mi consentirà di chiamarlo, come lui afferma in Assemblea, onorevole che non c'è, ha svolto un intervento in cui, alla fine, arriva a definire «fumoso», come ha sostenuto il Ministro Bossi, il mio.
Il Ministro Bossi ha usato un'espressione che ora sarà oggetto di discussione tra noi due, ma la richiesta formulata è quella di produrre atti. Li avrete. È stato chiesto di elaborare un documento. Onorevole, avrà un decreto, perché i Governi agiscono in questo modo. Si sente, anche se può trattarsi di un ordinamento costituzionale diverso, che un grande Governo di un altro Paese, che fino a poche ore fa sosteneva che non avrebbe cambiato nulla, convoca una riunione di emergenza, prospetta una correzione dei conti pubblici, fino a un minuto prima negata, e afferma che presenterà un provvedimento non trattabile in Parlamento; vi faccio presente che noi, invece, presenteremo un decreto che potrà essere discusso in Parlamento.
Non ci si venga ad accusare, però, del fatto che non c'è stata azione istantanea e rapida, perché la scelta di anticipare di un anno, cioè di moltissimo, i tempi della manovra è stata compiuta venerdì sera. Credo che quanto abbiamo attuato, studiato e il modo in cui ci siamo rapportati con i nostri partner europei, ciò che stiamo facendo ed elaborando - questa sera andremo dal Capo dello Stato - sia difficile da definire nel senso della stasi e del non far nulla. È esattamente l'opposto.
L'onorevole Bocchino ha compiuto un intervento di grande ampiezza, che mi riservo di studiare. Molte sue considerazioni sono di buonsenso. Il problema è di metterle insieme. Mi permetto di affermare che è un intervento amplissimo, che contiene tantissimi temi, dalla famiglia, all'industria, al fisco, ragion per cui oggettivamente è difficile pervenire a una sintesi. È un intervento amplissimo e credo che sia oggettivamente opportuno riflettere su un intervento tanto ampio. È difficile in tempo reale rispondere sui singoli punti.
L'onorevole Rutelli ha svolto un intervento che mi permetto di giudicare interessante. Solo su un punto mi permetto di dissentire. Non è vero che siamo in ritardo e che abbiamo solo tenuto seminari. Abbiamo a lungo lavorato, raccolto materiali e studiato. In fondo, il deposito del disegno di legge del senatore Nicola Rossi e altri (Atto Senato n. 2871) è del 2 agosto. Noi abbiamo lavorato a lungo in sede tecnica. L'idea dei seminari, coinvolgendo l'opposizione, non era una sede tecnica, ma una questione complessa.
Nell'insieme credo che il rilievo sul ritardo sia poco generoso. Noi ci stiamo lavorando da tempo. Il documento di lavoro che abbiamo depositato è molto lungo, ampio e complesso e credo che sia la base per un lavoro comune. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio ancora una volta il Ministro Tremonti per il suo intervento e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto della seduta odierna (vedi allegato). Ringrazio, anche a nome del presidente Giorgetti, il presidente Azzollini e il vicepresidente Benedetti Valentini e tutti i colleghi che sono intervenuti in seduta.
Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori l'onorevole Tassone.

MARIO TASSONE. Presidente, visto e considerato che le Commissioni sono ancora


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riunite e che questa riunione delle Commissioni Affari costituzionali e Bilancio di Camera e Senato certamente non ha raggiunto lo scopo che si erano prefigurate le presidenze per quanto riguarda la riforma dell'articolo 81 della Costituzione, ma c'è stata una deviazione rispetto al tema, dichiaro innanzitutto che anche sul tema che è stato richiamato vi è la mia delusione.
La mia richiesta, inoltre, signor presidente, è la seguente: alla prima riunione della I Commissione, che si può svolgere anche con la V Commissione della Camera, dal momento che è presente il presidente della Commissione bilancio, si potrebbe mettere all'ordine del giorno la riforma dell'articolo 81 della Costituzione, ai fini di una valutazione con il Ministro per la semplificazione normativa o di quello per le riforme per il federalismo - si metteranno d'accordo i Ministri Calderoli e Bossi - e con il Ministro dell'economia e delle finanze o con il Ministro dell'interno.
Ritengo che questa iniziativa parlamentare debba rendere giustizia al vuoto di questa mattina e all'imponderabilità dei lavori che abbiamo svolto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori l'onorevole Lanzillotta.

LINDA LANZILLOTTA. Poiché il Ministro ha fatto riferimento a un'istruttoria in ordine alla modifica dell'articolo 81 della Costituzione svolta in seminari tecnici, con il coinvolgimento degli uffici parlamentari e delle opposizioni, vorrei sapere se la Commissione Affari costituzionali è stata coinvolta, perché, per quanto mi risulta, non c'è stata alcuna informativa.
Trattandosi di una materia che seguo da circa trent'anni, forse a un seminario tecnico avrei potuto dare un contributo, se la Commissione è stata coinvolta. Se è stata coinvolta solo la V Commissione, ritengo che la decisione sia stata sbagliata e penso che vadano ripetuti questi seminari per arrivare a un'impostazione tecnica più condivisa.

GIANCARLO GIORGETTI. Con riferimento al seminario citato dal Ministro, faccio presente che il Ministro dell'economia e delle finanze ha chiesto la collaborazione al Presidente della Camera, al Presidente del Senato e ai relativi uffici e servizi per la predisposizione di materiale che, peraltro, è stato prodotto ed è in distribuzione a tutti i colleghi.
Per quanto riguarda la scelta degli invitati, sicuramente c'era il sottoscritto, c'era il collega Baretta, c'erano rappresentanti del Senato, ma sulla partecipazione dei soggetti politici non entro nel merito. La collaborazione con la Camera e il Senato, però, è stata chiesta formalmente alla Presidenza delle due Camere, e ha avuto come risultato un dossier sull'articolo 81 della Costituzione elaborato dai servizi di documentazione, che è in distribuzione.

LINDA LANZILLOTTA. Presidente, gli uffici sono di alto livello, quindi siamo felici. Questo, però, significa che c'è stata solo un'istruttoria tecnica che non ha coinvolto almeno gli Uffici di Presidenza, dove pure sarebbe stato utile un approfondimento, integrato con quello degli uffici.

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori il senatore Baldassarri.

MARIO BALDASSARRI. Grazie, presidente. Ho già informato il Presidente della Camera e il Presidente del Senato dell'argomento che sollevo in questa sede. Non ho insistito oggi perché si è svolta una comunicazione del Ministro dell'economia e delle finanze, ma faccio presente che, quando si tratterà di discutere le modifiche all'articolo 81 della Costituzione, per quanto riguarda il deficit pubblico e l'azzeramento del deficit o il vincolo sul livello della spesa, chiunque abbia a disposizione sofisticatissime tecnologie di analisi, cioè un pallottoliere, sa che il deficit pubblico è la differenza tra spese ed entrate. Di conseguenza, è ineluttabile, dal punto di vista istituzionale, l'assegnazione della


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proposta di legge in materia anche alle Commissioni finanze di Senato e Camera, cosa che non è avvenuta in questa sede.
Ho scritto formalmente al Presidente del Senato, ovviamente non ho insistito sul tema, in questa sede, in quanto si trattava di comunicazioni del Ministro dell'economia e delle finanze, ma certamente al momento in cui l'analisi delle modifiche all'articolo 81 della Costituzione verrà all'attenzione delle Commissioni mi sembra assolutamente ineluttabile che sia convocata anche la Commissione finanze, per quel che mi riguarda la Commissione finanze del Senato.
In questo senso, nei giorni scorsi mi sono permesso di scrivere al Presidente del Senato. Dopodiché, i Presidenti delle Camere decideranno al riguardo.

PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Baldassarri. Ha fatto bene, perché saranno i due Presidenti a decidere, quindi la ringrazio per la sua specificazione.
Ringrazio ancora tutti coloro che sono intervenuti e dichiaro concluse le comunicazioni del Governo.

La seduta termina alle 13,45.

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