Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle audizioni

Torna all'elenco delle sedute
Commissioni Riunite (I e XI)
3.
Mercoledì 21 gennaio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione del Ministro per le pari opportunità, Maria Rosaria Carfagna, sulle linee programmatiche (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Bruno Donato, Presidente ... 3 8 10
Bellanova Teresa (PD) ... 8
Carfagna Maria Rosaria, Ministro per le pari opportunità ... 3 8
Codurelli Lucia (PD) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONI RIUNITE (I E XI)
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) E XI (LAVORO)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 21 gennaio 2009


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro per le pari opportunità, Maria Rosaria Carfagna, sulle linee programmatiche.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro per le pari opportunità, Maria Rosaria Carfagna, sulle linee programmatiche.
Innanzitutto do il benvenuto della I Commissione all'onorevole Lorenzin, che entra a farne parte.
Ringrazio il Ministro Carfagna della sua presenza presso le Commissioni riunite I e XI per concludere un lavoro che avevamo già iniziato e che si è protratto nel tempo. Ricordo che nella seduta dello scorso 5 novembre il Ministro ha svolto il proprio intervento sulle linee programmatiche e che, in quella stessa seduta, così come in quella del successivo 10 dicembre, si sono svolti gli interventi dei deputati.
Do la parola al Ministro Carfagna per la replica.

MARIA ROSARIA CARFAGNA, Ministro per le pari opportunità. La ringrazio, presidente, e ringrazio anche il presidente Saglia e tutti i colleghi che, con i loro interventi, hanno fornito spunti di riflessione, commenti e critiche sicuramente interessanti.
Ho preso nota dei suggerimenti e alcuni di essi saranno oggetto di riflessione e di approfondimento per quello che riguarda la mia attività governativa.
Al termine del mio intervento, distribuirò un testo scritto che sarà sicuramente più esauriente rispetto alla replica che mi accingo a svolgere e che cercherò di esporre in maniera sintetica.
Inizio replicando ad alcune questioni che mi sono state rivolte soprattutto per quello che riguarda l'abrogazione della legge n. 188 del 2007, la legge sulle dimissioni in bianco.
Premetto che personalmente condivido l'obiettivo della legge n. 188, quello di tutelare le madri lavoratrici da eventuali licenziamenti discrezionali da parte del datore di lavoro, soprattutto in caso di gravidanza e di rientro dalla maternità. Tuttavia, è apparso preferibile il raggiungimento dello stesso risultato in via amministrativa, per semplificare le procedure imposte dalla legge.
Mi sento di poter rassicurare i colleghi che hanno esposto la propria preoccupazione riguardo all'abrogazione di questa legge, dicendo loro che si sta lavorando ad un programma organico di semplificazione e deregolazione del lavoro che, senza abbassare il livello di tutela del lavoratore e della lavoratrice, è rivolto a liberare sia l'impresa sia il prestatore d'opera da adempimenti burocratici e formali, così da facilitare l'occupazione, riducendone i costi indiretti.


Pag. 4


La legge n. 188 del 2007, che introduceva l'obbligo della forma scritta nel caso di dimissioni volontarie e l'utilizzo di moduli a numerazione progressiva, comportava inevitabilmente un irrigidimento delle formalità, finendo addirittura con l'incidere negativamente sul rapporto di lavoro. Il meccanismo introdotto rischiava addirittura di ridurre drasticamente l'assunzione di donne e anche di favorire l'aumento del lavoro in nero. Tant'è vero che, a seguito delle segnalazioni delle mie perplessità riguardo all'abrogazione di questa legge, che personalmente ho voluto fare tramite l'ufficio legislativo del Ministero per le pari opportunità, ho ricevuto rassicurazioni - che peraltro mi sento di condividere - sulla necessità di preferire una soluzione basata sul raggiungimento dello stesso risultato in via amministrativa, anziché procedere al farraginoso iter burocratico indicato dalla legge n. 188 del 2007 (si tratta di soluzioni che, peraltro, il Governo ha già indicato anche nel Libro Verde).
Il Governo intende operare, nel prossimo triennio, con misure rivolte ad elevare il tasso di occupazione femminile, promuovendo non soltanto politiche del lavoro in grado di favorirne lo sviluppo, ma anche strategie di welfare funzionali ad allargare la base occupazionale e a garantire alle donne un efficace regime di conciliazione. Su questo argomento ritornerò in seguito.
Per quanto concerne, poi, le riflessioni che sono state fatte in relazione alla questione della defiscalizzazione del salario straordinario, ritengo innanzitutto che questo provvedimento sia in linea con le indicazioni comunitarie e, inoltre, che questa previsione non possa essere interpretata come uno strumento discriminatorio o punitivo nei confronti delle donne. Essa va interpretata, invece, per quello che è, cioè una misura positiva che consente sia alle lavoratrici che ai lavoratori di aumentare il proprio reddito.
Mi è stata chiesta, altresì, una valutazione delle cosiddette «classi ponte». In merito a questo argomento ritengo che l'integrazione degli alunni stranieri nelle classi italiane finora sia avvenuta in maniera caotica e, se mi è consentito il termine, anche viziata da un approccio fintamente solidale. Inserire un bambino che non parla e non comprende l'italiano in una classe dove si scrive, si insegna e si impara in italiano, senza che questo bambino abbia prima, anche in maniera sommaria, appreso la lingua che verrà usata in classe, appare soltanto ad una lettura superficiale uno strumento di uguaglianza, ma finisce inevitabilmente per essere, invece, uno strumento - questo sì - di discriminazione e di esclusione.
La mancata padronanza della lingua da parte del bambino straniero rende più difficile per il bambino apprendere e relazionarsi con i propri compagni e vizia il giudizio degli insegnanti sulla capacità di apprendimento del bambino.
Non si tratta, quindi, di sbarrare l'accesso alla scolarizzazione, che peraltro è obbligatoria nel nostro Paese, ma anche di adeguarsi, nell'interesse peraltro dei minori stessi, all'esperienza di altri Paesi europei che da tempo prevedono questo.
I sistemi inglese, tedesco e spagnolo prevedono addirittura delle classi differenziate per gli alunni stranieri fino a che questi raggiungano la competenza linguistica adeguata. Credo, dunque, che sia veramente strumentale e anche inutilmente polemico sostenere che una previsione del genere sia discriminante nei confronti dei figli degli immigrati, visto che l'obiettivo che si intende perseguire è assolutamente l'opposto.
Non vogliamo naturalmente discriminazioni, ma cerchiamo anzi di contrastarne e prevenirne ogni tipo. Questo ci è apparso un mezzo di sostegno per consentire davvero pari opportunità nei traguardi di apprendimento da parte degli stranieri.
Passo alla questione relativa alla rimozione della consigliera di parità sollevata dall'onorevole Maria Grazia Gatti e da altre colleghe e colleghi. Così come aveva chiesto il collega Damiano, confermo che la Commissione europea ha chiesto informazioni al Governo italiano sulla revoca della consigliera di parità. Naturalmente il


Pag. 5

Governo fornirà, nei tempi prescritti, cioè entro il 5 febbraio 2009, tutte le notizie che sono state richieste dall'Europa. In questa sede anticiperò alcune delle informazioni che saranno inviate alla Commissione europea.
Innanzitutto, vale la pena di ricordare che la consigliera nazionale di parità è designata dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro per le pari opportunità. La scelta è ampiamente discrezionale e di natura fiduciaria.
Mi sembra anche utile chiarire le circostanze in cui fu nominata la consigliera. Le Camere furono sciolte il 6 febbraio 2008 e la nomina della consigliera nazionale di parità avvenne il 22 gennaio 2008, chiaramente a ridosso delle dimissioni del Governo, avvenute il 24 gennaio 2008.
La nomina è, pertanto, revocabile ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 145 del 2002, recante «Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato». Questo articolo prevede che «Le nomine degli organi di vertice e dei componenti dei consigli di amministrazione o degli organi equiparati degli enti pubblici, delle società controllate o partecipate dallo Stato, delle agenzie o di altri organismi comunque denominati, conferite dal Governo o dai Ministri nei sei mesi antecedenti la scadenza naturale della legislatura, computata con decorrenza dalla data della prima riunione delle Camere, o nel mese antecedente lo scioglimento anticipato di entrambe le Camere» - questo è il caso - «possono essere confermate, revocate, modificate o rinnovate entro sei mesi dal voto sulla fiducia al Governo».
Si tratta, com'è evidente, di una norma di garanzia volta a tutelare un elementare principio di correttezza dell'azione di alta amministrazione, allo scopo di permettere al nuovo Governo di effettuare quelle scelte precluse da nomine varate dal precedente Governo, oltretutto nell'imminenza della sua scadenza o addirittura a dimissioni già avvenute.
Molti colleghi hanno proposto il tema delle politiche per la conciliazione. Credo che oggi più che mai sia necessario sostenere con forza meccanismi di conciliazione tra vita professionale, vita familiare e vita privata, non soltanto al fine di raggiungere l'obiettivo del 60 per cento di occupazione femminile fissato all'interno della strategia di Lisbona, ma anche per consentire alle donne di realizzarsi dal punto di vista personale, ma anche professionale.
Vale la pena ricordare che in Italia, come del resto negli altri Paesi, più elevato è il tasso di occupazione femminile più aumenta il tasso di natalità, e non l'inverso. Entrambi questi indicatori registrano performance migliori laddove esistono buone prassi locali di supporto alla conciliazione. Le proposte sono all'esame di un tavolo tecnico formato dalle amministrazioni interessate, tra le quali in prima fila il Ministero per le pari opportunità. Questo gruppo di lavoro sta elaborando anche proposte per l'adozione di misure volte a tutelare la maternità in tutti i suoi aspetti. Mi riferisco alla disciplina dei congedi di maternità e parentali e all'individuazione di soluzioni normative che rendano possibile la conciliazione del doppio carico lavorativo cui le donne devono far fronte: cura della famiglia e cura del lavoro. Certamente, assume fondamentale rilievo la flessibilità dell'organizzazione del lavoro, anche attraverso tipologie contrattuali che prevedono forme di lavoro articolato e flessibile.
Quanto all'applicazione dell'articolo 9 della legge n. 53 dell'8 marzo 2000, «Misure a sostegno della flessibilità di orario», abbiamo in mente di presentare con il sottosegretario con delega per la famiglia delle modifiche volte a potenziarne l'efficacia. Come è noto, l'articolo 9 stabilisce che una quota parte del fondo delle politiche per la famiglia - attualmente 14 milioni di euro - venga destinata ad erogare contributi, di cui almeno il 50 per cento destinato ad imprese con meno di 50 dipendenti, ad aziende che prevedono azioni positive volte a consentire alla lavoratrice madre o al lavoratore padre di


Pag. 6

usufruire di particolari forme di flessibilità di orari e di organizzazione del lavoro.
La proposta governativa intende estendere il novero dei soggetti finanziabili oltre che alle aziende anche ai datori di lavoro privati, elimina la riserva per i soggetti che impiegano fino a 50 lavoratrici o lavoratori allo scopo di ampliare quanto più possibile l'accesso alle misure contemplate dalla norma e, inoltre, individua i soggetti destinatari delle azioni positive, riconoscendo la priorità ai genitori che hanno figli disabili o bambini piccoli, rendendo uniformi le condizioni di accesso alle misure previste.
Sottolineo, inoltre, come ho già avuto occasione di affermare, che ho chiesto di inserire nel Programma nazionale di riforma 2008-2010 sulla rinnovata strategia di Lisbona un programma organico di semplificazione e di deregolazione del lavoro, che, senza abbassare il livello di tutela del lavoratore e della lavoratrice, è rivolto a liberare sia l'impresa sia il prestatore d'opera da adempimenti burocratici e formali e a facilitare così l'occupazione riducendone i costi indiretti.
Ho chiesto anche che venga inserito un pacchetto di misure in grado di favorire una maggiore flessibilità degli orari e dei tempi di lavoro, a partire dallo sviluppo del part-time secondo standard europei, un potenziamento dei servizi alla persona nonché la possibilità di riprofessionalizzazione della donna che decide di rientrare in un'attività lavorativa dopo anni di lavoro di cura nell'ambito del nucleo familiare e una politica di sostegno alla famiglia, in una logica di sussidiarietà e di integrazione delle politiche pubbliche di sicurezza sociale, in raccordo con il sistema privato e del terzo settore.
Vorrei ricordare, inoltre, che la legge comunitaria 2008, all'articolo 8, delega il Governo a dare attuazione, entro agosto 2009, alla direttiva 54 del 2006 riguardante l'attuazione del principio di parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e di impiego. Si tratta di una direttiva di rifusione delle preesistenti direttive in materia. Nell'accesso al lavoro, nella promozione e nella formazione professionale, nelle condizioni di lavoro compresa la retribuzione, nei regimi professionali di sicurezza sociale, nell'adozione e nell'applicazione di leggi, regolamenti e atti amministrativi, in tutti questi campi è necessario che venga perseguito l'obiettivo della parità tra uomini e donne. Questo Governo, in particolare il Ministero per le pari opportunità, sta lavorando affinché questi obiettivi possano essere pienamente realizzati.
In questo contesto, segnalo anche che è consultabile, sul sito del Dipartimento per le pari opportunità, il primo rapporto - cui annualmente ne seguiranno altri - riguardante le iniziative poste in essere ed adottate, in materia di parità e monitoraggio delle diversità di genere, nelle politiche del personale.
Il lavoro è stato coordinato e monitorato dal Ministero per le pari opportunità e dal Ministero per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. Sono stati coinvolti numerosi ministeri e ben cento organismi, tra province e comuni.
La valorizzazione delle risorse umane delle pubbliche amministrazioni, donne e uomini, è un elemento fondamentale per la realizzazione del cambiamento della pubblica amministrazione e richiede naturalmente politiche articolate, complesse e coerenti con gli obiettivi di miglioramento della qualità dei servizi resi ai cittadini e alle imprese.
Altra questione che è stata posta è quella relativa al credito di imposta per le imprese che assumono donne nel Mezzogiorno, previsto dalla legge finanziaria per l'anno 2008.
In riferimento a questo, ricordo che quella misura fu prevista soltanto per l'anno 2008, in via evidentemente sperimentale. Vanno ora verificati gli effetti che questa misura, scaduta il 31 dicembre scorso, ha avuto sull'innalzamento del tasso di occupazione femminile. Si tratta di valutare eventuali nuove iniziative.
Naturalmente, se i risultati dovessero dimostrarsi realmente positivi, non vi è dubbio che di questo occorrerà tener conto per il futuro.


Pag. 7


Altra questione avanzata è quella relativa alle politiche in materia di prostituzione e immigrazione. Mi riferisco agli interventi delle onorevoli Sesa Amici e Manuela Dal Lago. In materia di immigrazione, desidero richiamare l'istituzione dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, l'UNAR, che ha l'obiettivo di garantire la parità di trattamento tra le persone, indipendentemente dalla loro origine etnico-razziale.
L'ufficio, incardinato presso il Dipartimento per le pari opportunità, ha il compito di promuovere la parità di trattamento e l'eliminazione di ogni forma di discriminazione basata sulla razza o sull'origine etnica, considerando naturalmente anche il diverso impatto che le discriminazioni hanno su donne e uomini e il loro rapporto con le altre forme di razzismo di carattere culturale o religioso.
Ho ritenuto prioritario affrontare, come è noto, il problema dell'immigrazione sotto un aspetto che ritengo fortemente discriminatorio, quello della tratta degli esseri umani, quindi dello sfruttamento, della riduzione in schiavitù e della tratta di tante donne, molte di loro purtroppo minorenni.
La tratta di persone, come sappiamo, è una profonda violazione dei diritti umani. Vittime sono individui, donne, bambini ridotti in condizioni di schiavitù, segregati e privati della loro libertà individuale, spostati dal luogo di origine ad un altro contro la loro volontà, con lo scopo di sfruttarne il corpo o il lavoro, tenuti in condizioni di vulnerabilità fisica, psicologica o sociale, in modo da impedirne o diminuirne la capacità di autodeterminarsi.
Chi sfrutta queste donne e questi bambini molto spesso si aggrega, come ben sappiamo, in organizzazioni criminali che hanno come obiettivo quello di trarre profitto, sfruttando il corpo altrui. È soprattutto pensando alla condizione di queste persone, spesso minorenni, e al loro diritto di rendersi libere, che ho voluto introdurre nel disegno di legge recante misure contro la prostituzione, presentato al Senato, una nuova fattispecie criminosa, l'associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, con un aumento delle pene per chi partecipa all'organizzazione criminale e per chi la progetta.
Come abbiamo detto, quasi sempre dietro la prostituzione si nasconde un'organizzazione criminale che riduce in schiavitù le proprie vittime, traendone un beneficio da un punto di vista economico fin troppo remunerativo.
L'idea di fondo che ha ispirato questo disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri è stata quella non di regolamentare il fenomeno della prostituzione, ma di contrastarlo, ritenendolo fortemente lesivo dei diritti e della dignità delle donne.
Il disegno di legge mira a togliere potere alle organizzazioni criminali, sottraendo loro le fonti del profitto dalle strade. Il provvedimento ha un forte potere deterrente e ha l'obiettivo di prevenire il fenomeno e rendere più difficile lo sfruttamento della prostituzione, le cui vittime sono donne, molte delle quali minorenni o immigrate.
Colleghi, non si tratta di spostare - come è stato detto credo pretestuosamente - la polvere sotto il tappeto, se è vero com'è vero che i dati delle forze di polizia ci dicono che queste organizzazioni criminali si sono già spostate all'estero, visto che le ordinanze di molti sindaci hanno anticipato il disegno di legge e questo ha dissuaso fortemente le organizzazioni criminali dal proseguire nella loro attività illecita e criminale. In sostanza, il messaggio che è passato è che l'Italia non è più terra di conquista per gli sfruttatori e per i trafficanti di esseri umani.
A conferma, poi, dell'attenzione dedicata alle donne immigrate, desidero segnalare che ho recentemente istituito una commissione di studio, al fine di approfondire e di indicare misure di promozione ed azioni positive idonee a rimuovere gli ostacoli esistenti all'affermazione di diritti e delle pari opportunità degli individui in relazione al tema della salute. Tra i compiti, vi è anche quello di indicare


Pag. 8

azioni positive per la promozione delle pari opportunità delle donne immigrate.
Altra questione sollevata è quella relativa alla rappresentanza di genere, alle quote rosa, avanzata dall'onorevole Sesa Amici e dalla collega Donella Mattesini. Tutte e tutti sappiamo che l'equilibrio di genere nella partecipazione ai processi decisionali è uno degli obiettivi perseguiti dall'Unione europea che, dal 1996, ha formalmente invitato gli Stati membri a mettere in campo azioni di promozione per incrementare la presenza delle donne nelle posizioni decisionali.
La nostra Costituzione, inoltre, stabilisce al primo comma dell'articolo 51 che «Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini».
Tale integrazione, avvenuta con la legge costituzionale varata nel 2003, richiama espressamente il principio delle pari opportunità nell'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
Questo, però, non significa relegare le capacità femminili in una zona protetta, riconoscendo e applicando le cosiddette «quote rosa». Significherebbe, infatti, attribuire alle donne compiti e incarichi non per le loro capacità, ma in virtù di una quota loro destinata. Ritengo che questo sia profondamente umiliante e offensivo per le donne. Sono convinta che le quote rosa discriminino e non aiutino la partecipazione femminile nelle istituzioni, relegandola in una nicchia che non riconosce alle donne capacità e potenzialità.
Come ho dichiarato in passato in più occasioni, sarebbe più utile promuovere, e credo che sia nostro dovere farlo, una selezione nell'organizzazione di base dei partiti - è anche il pensiero del Capo dello Stato Napolitano - per far nascere una classe dirigente al femminile, radicata nel territorio e legittimata dal consenso popolare. Soltanto così, credo, avremo una classe dirigente al femminile, che sarà classe dirigente non in virtù di una quota destinata, ma in virtù delle capacità riconosciute alle donne e della loro forza di farsi strada tra mille difficoltà. Credo che in questo non siamo seconde a nessuno.
Per quello che riguarda l'iniziativa... (Commenti della deputata Codurelli).

PRESIDENTE. Scusi, collega, vuole intervenire lei?

LUCIA CODURELLI. Dopo, grazie.

PRESIDENTE. Non c'è un dopo. Se vuole intervenire - non so di che cosa si stia lamentando - lo faccia adesso.

TERESA BELLANOVA. Forse era entusiasta della risposta!

PRESIDENTE. Le battute, per cortesia, le lasci alla stampa. Questa è una Commissione che ha sempre lavorato con un criterio di serietà.

MARIA ROSARIA CARFAGNA, Ministro per le pari opportunità. Si possono avere opinioni differenti, ma credo che il loro rispetto sia sintomo di maturità politica.
Per quello che riguarda l'imprenditoria femminile, sono d'accordo con chi ha detto che essa costituisce una delle più grandi risorse offerte al sistema Paese. Oltretutto, le innegabili potenzialità femminili sono confermate dai dati forniti dall'Osservatorio dell'imprenditoria femminile. Sono 5.523 le imprese che, tra giugno 2007 e giugno 2008, si sono aggiunte all'universo dell'imprenditoria femminile; la regione che ha contribuito di più al bilancio è stata il Lazio; al nord aumentano le imprese femminili in Piemonte e in Lombardia; al sud vi è la maggiore concentrazione di imprese femminili, soprattutto in Campania, Molise e Basilicata, in particolare nel settore dell'agricoltura.
Inoltre, è interessante il contributo dell'imprenditoria immigrata all'incremento di imprese femminili: oltre il 71 per cento delle nuove imprese rilevate nel periodo considerato è costituito da imprese individuali avviate da cittadine giunte da Paesi


Pag. 9

extraeuropei. È anche per questo che ho voluto estendere al mondo dell'imprenditoria i settori nei quali devono essersi distinte le componenti designate dal ministro nell'ambito della Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna, modificando quindi il relativo regolamento approvato dal Consiglio dei ministri il 18 dicembre scorso.
Ho anche appoggiato con entusiasmo l'emendamento approvato nella seduta del 29 ottobre dalla Camera dei deputati, presentato dall'onorevole Lella Golfo, che indica tra le iniziative cui destinare gli incentivi a sostegno dell'attività imprenditoriale sulle risorse risultanti dalla revoca di agevolazioni CIPE le iniziative produttive a gestione prevalentemente femminile, anche in forma cooperativa.
Vorrei ringraziare l'onorevole Paola Pelino per la disponibilità dichiarata a fornire suggerimenti, forte della sua esperienza come imprenditrice e come donna politica. Ne farò naturalmente tesoro, come farò tesoro di tutti i suggerimenti che mi arriveranno da coloro che sono sensibili all'importanza dell'imprenditoria femminile.
Rispondo sinteticamente, anche perché non è presente, all'onorevole Delfino, che ha posto un tema di grande importanza, relativo al bilancio di genere. Il bilancio di genere è uno strumento di governo per verificare l'impatto sulle donne e sugli uomini delle politiche intraprese nella formazione del bilancio pubblico. In considerazione delle disuguaglianze sociali ed economiche che tuttora insistono su uomini e donne, verificare quale ricaduta le decisioni fiscali e di spesa attuino rispetto ad esse contribuisce alla definizione di un'azione di governo maggiormente equa, efficace ed efficiente.
Il bilancio di genere permette di coniugare obiettivi di equità sociale e di partecipazione democratica con obiettivi di crescita del sistema economico e sociale. L'approccio sistematico e trasversale a ogni area di intervento politico consente, inoltre, di realizzare pienamente la strategia del gender mainstreaming, che è un pilastro delle politiche di parità dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e dell'Unione europea.
Il Ministero per le pari opportunità ha seguito con molta attenzione le esperienze e i risultati che sono stati raggiunti nelle province, nei comuni e nelle regioni che hanno già sperimentato l'adozione del bilancio di genere ed intende favorire l'estensione di tali sperimentazioni a settori sociali sensibili, quali la sanità e la pubblica istruzione, sulla base di azioni condivise con quelle amministrazioni pubbliche che andrà a coinvolgere.
Avviandomi alla conclusione, rispondo alle questioni avanzate dall'onorevole Lucia Codurelli e dall'onorevole Cesare Damiano relative alle iniziative a sostegno delle famiglie con figli e agli asili nido. Forse vale la pena ricordare che il Governo, con il decreto-legge n. 185 del 2008, ha previsto una serie di misure di natura economica volte proprio a supportare e a sostenere le famiglie economicamente svantaggiate e i nuclei familiari di nuova formazione.
Ricordo quali sono queste misure: il bonus straordinario, variabile in relazione al numero di componenti del nucleo familiare, degli eventuali componenti portatori di handicap e del reddito complessivo familiare riferiti al periodo di imposta 2007; le agevolazioni finanziarie per il pagamento dei mutui contratti per il pagamento della prima casa; le tariffe agevolate per la fornitura di energia; il fondo di credito per i nuovi nati. Sono, queste, misure che intendono sostenere e agevolare le famiglie, specie le più numerose. E non dimentichiamoci che siamo in un momento di crisi.
Il sostegno del Governo alle famiglie non può prescindere da politiche finalizzate ad incrementare i servizi socio-educativi per l'infanzia in tutto il territorio nazionale. Il Piano straordinario per lo sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia - ricordato dall'onorevole Codurelli - varato con la finanziaria 2007, prevede un finanziamento statale nel triennio 2007-2009 pari a 446 milioni di euro per l'incremento dei posti disponibili


Pag. 10

nei servizi per i bambini da zero a tre anni, a cui si aggiungono circa 281 milioni di cofinanziamento locale, per un totale di 727 milioni di euro stanziati.
Complessivamente, quindi, nel 2008 sono stati erogati a favore delle regioni e delle province autonome per l'attuazione del piano straordinario oltre 216 milioni dei 446 stanziati per il triennio, che potranno essere utilizzati dagli enti locali per raggiungere l'obiettivo di incrementare i posti presso i servizi socio-educativi per la prima infanzia.
Per quanto riguarda i servizi all'infanzia, come ho già detto più volte, ritengo di grande interesse l'esperienza francese che ha agevolato nuove forme di asili nido, di baby sitter a domicilio e, soprattutto, ha permesso di elevare sensibilmente il tasso di occupazione femminile e il tasso di natalità in quel Paese. Si tratta di modelli evidentemente positivi, di cui intendo favorire la diffusione anche nel nostro Paese.
A breve, saranno attuate autonomamente dal Ministero per le pari opportunità delle misure che, in via amministrativa, potranno e riusciranno a favorire la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, con l'obiettivo - ci auguriamo - di innalzare il tasso di occupazione femminile, ma soprattutto, come ho detto più volte e come ripeto in questa sede, di consentire alle madri lavoratrici di pronunciare il cosiddetto «doppio sì»: alla maternità e al lavoro.
Concludo con una riflessione relativa all'intervento dell'onorevole Souad Sbai, che aveva avanzato una richiesta finalizzata a semplificare l'iter delle adozioni internazionali. Condivido il punto di vista dell'onorevole in proposito. Sebbene non sia una materia che rientra nelle mie competenze, posso tuttavia dire che l'istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e per l'adolescenza - prevista con un disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri, che ha ottenuto il parere favorevole della Conferenza Stato-regioni e che è stato assegnato all'esame delle Commissioni riunite I e XII - potrà offrire un contributo anche a questo tema, come a tutti i temi rivolti ad ampliare e tutelare i diritti dei fanciulli.
Vi ringrazio per l'attenzione. Come ho detto in apertura, consegnerò alla Commissione un testo scritto.

PRESIDENTE. Verrà immediatamente messo in distribuzione.
Ringrazio il Ministro Carfagna e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,40.

I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

Consulta resoconti delle audizioni
Consulta gli elenchi delle audizioni