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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione II
11.
Mercoledì 9 dicembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3

Audizione del Ministro della giustizia sulle annunciate riforme in materia di giustizia (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento): ... 3
Bongiorno Giulia, Presidente ... 3 9 13 15 18
Alfano Angelino, Ministro della giustizia ... 3 13 16
Bernardini Rita (PD) ... 10
Brigandì Matteo (LNP) ... 12
Capano Cinzia (PD) ... 15 16
Ferranti Donatella (PD) ... 12 13
Melis Guido (PD) ... 17
Napoli Angela (PdL) ... 15
Palomba Federico (IdV) ... 11
Rossomando Anna (PD) ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 9 dicembre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIULIA BONGIORNO

La seduta comincia alle 14,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro della giustizia sulle annunciate riforme in materia di giustizia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro della giustizia sulle annunciate riforme in materia di giustizia.
Ringraziamo il Ministro Alfano per essere con noi oggi. Era stata richiesta, soprattutto dal gruppo del Partito Democratico e dalle opposizioni, un'audizione il cui oggetto è rappresentato dalle iniziative alle quali il Governo sta lavorando. Si tratterà di una prima audizione, sia perché mi è stato chiesto di sospendere la nostra seduta qualche minuto prima dell'inizio dei lavori dell'Assemblea per avere modo di parteciparvi, sia anche perché il Ministro ha degli impegni istituzionali che dobbiamo rispettare.
Do la parola al Ministro Alfano per l'illustrazione della relazione.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Ringrazio la Commissione per avermi invitato e il Presidente della Commissione per la cortesia che ha avuto nell'introdurmi. Vengo in Commissione con lo spirito di collaborazione cui ho improntato il mio atteggiamento nei confronti del Parlamento, dichiarandomi fin da adesso pronto a ritornare in Commissione quando lo riterrete opportuno.
Parlare delle riforme ci pone sempre di fronte ad una situazione, che spesso è stata motivo di polemiche tra Governo e opposizione parlamentare: se, infatti, il testo non è ancora stato presentato, si oppone al Governo che si tratta di meri annunci; se presentiamo il testo, ci si dice che il testo è blindato e che il Governo non vuole dialogare. Pertanto, dovendo scegliere a quale tipo di intervento improntare questa audizione, ho considerato opportuno e utile svolgere una relazione puramente istituzionale, seguendo il filo di una riflessione avviata proprio presso la Commissione giustizia della Camera.
Il 4 giugno 2008, è stato, come di prassi, chiesto al Ministro della giustizia di riferire gli orientamenti del Governo relativamente alla materia della giustizia. In quella sede, ho ritenuto opportuno svolgere una riflessione complessiva sulle future iniziative che il Governo intendeva intraprendere in materia di giustizia, e ho creduto doveroso illustrare quanto il programma elettorale del candidato Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi prevedeva prima del suo successo, dunque durante la campagna elettorale, ribadendo già da allora che questo Governo si sarebbe ispirato a una moralità del fare, che consiste esattamente nel fare gli interventi rispetto ai quali ci si è impegnati durante la campagna elettorale. Allora dissi che avremmo fatto esattamente ciò che era scritto nel nostro programma e che il


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nostro intendimento era di realizzare gli impegni assunti in campagna elettorale, impegni che non avevano nulla di misterioso o di esoterico, essendo rinvenibili su internet.
Oggi ho riportato lo stesso testo, ossia il programma del Governo al quale appartengo e specificamente del dicastero che ho l'onore di guidare, il Ministero della giustizia. All'epoca, ho anche voluto sottolineare la disponibilità del Governo a venire in Commissione per riferire in ordine all'attuazione del programma di Governo tutte le volte che fosse stato necessario.
In riferimento al nostro programma di Governo, abbiamo realizzato molta parte di quanto annunciato. Mi riferisco in primo luogo, in ordine cronologico, ma anche di importanza, all'approvazione delle norme antimafia, della riforma del processo civile, della legge sugli incentivi per la copertura delle sedi sgradite ai pubblici ministeri, della legge di riforma delle intercettazioni, approvata dalla Camera, e, infine, all'approvazione di un altro testo che pende presso l'altro ramo del Parlamento, ovvero la riforma del codice di procedura penale.
Tutto ciò non esaurisce il piano programmatico del Governo, ma ne rappresenta una parte importante. Avendo parlato qui della tematica carceraria, desidero ribadire che questa è stata al centro delle nostre preoccupazioni. Ricordo, infatti, che il Piano carceri è stato previsto a seguito dell'approvazione da parte della Camera di un emendamento governativo nel cosiddetto «decreto milleproroghe». Questo Piano ora sta per trovare piena attuazione.
Su queste sei tematiche che ho enunciato si sono innestati altri interventi dei quali darò conto; non si può, infatti, immaginare di parlare di riforme future della giustizia, senza tenere conto di quello che è stato già fatto. Poiché però non voglio lasciare in coda il tema delle riforme della giustizia, anticipo che le riforme della giustizia che faremo sono quelle scritte nel nostro programma di governo, che incideranno sulla Costituzione della Repubblica, perché questa è la scelta che il Governo ha compiuto. Opereremo coerentemente con quello che abbiamo sempre detto, perché non esiste una legge approvata con la quale si possa dire che si è riformata la giustizia nel nostro Paese.
Su questo argomento intendo insistere, perché in sede istituzionale e politica abbiamo sempre ribadito che la riforma della giustizia si sarebbe esplicata in tutti gli ambiti attraverso i quali una riforma la giustizia deve dispiegarsi: norme antimafia, riforma del processo civile, riforma del processo penale, vicenda carceraria, che è l'epilogo del processo penale, intercettazioni, e a cornice e a compimento di tutto questo, una riforma della Costituzione, che porti a traslare nella Costituzione ciò che costituisce la parte essenziale della riforma del processo penale e dei nostri obiettivi programmatici, cioè un'effettiva parità tra accusa e difesa nel processo.
L'articolo 111 della Costituzione repubblicana è stato novellato, da ultimo, nel 1999. Riteniamo che in questi dieci anni quanto di programmatico è contenuto nell'articolo 111 della Costituzione non abbia avuto a verificarsi nel processo penale. A vent'anni dall'entrata in vigore del codice Vassalli, riteniamo che l'obiettivo di fondo contenuto in quella struttura codicistica non abbia trovato il suo compimento in una perfetta parità tra accusa e difesa nel processo. Tale perfetta parità non può che trovare la sua attuazione nel processo attraverso ulteriori scelte di natura costituzionale, che separino gli ordini e che pongano una netta separazione tra la condizione del giudice e quella del pubblico ministero, che intendiamo come avvocato dell'accusa.
Questo è il contenuto essenziale delle riforme che verranno. Non ci sono ancora testi al riguardo, anche perché la riforma della Costituzione non si improvvisa. Abbiamo le idee chiare dal punto di vista programmatico, ma la declinazione testuale delle nostre idee nella direzione auspicata dal programma sarà presentata


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al Parlamento quando il Governo avrà un testo assolutamente definito sul quale lavorare.
La bussola che ci orienta è quella della parità tra accusa e difesa con tutto ciò che ne consegue, e la scelta politicamente incontrovertibile è quella di intervenire anche sulle disposizioni contenute nella Costituzione. Rilevo come da questo punto di vista, oltre dieci anni fa, la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali presieduta dall'onorevole D'Alema avesse già operato una scelta in questa direzione, cioè rispetto alla decisione sull'opportunità di modificare la Costituzione, la scelta fu quella di intervenire in ambito costituzionale per riformare la giustizia.
Ci si obietta che allora lo si fece nell'ambito di una riforma che investiva anche la forma di Governo e di Stato, ma a nostra volta obiettiamo che l'una non esclude l'altra. Non escludiamo infatti di poter realizzare una riforma che investa anche la forma di Stato e la forma di Governo, ma riteniamo che la riforma della giustizia abbia una sua autonomia e una sua complessiva dignità, tale da poter essere affrontata autonomamente. Questa è la scelta politica sulla quale il Governo si è mosso e si muoverà, avendola annunciata agli elettori e avendola pubblicamente rivendicata nel corso del tempo.
Per quanto riguarda le norme antimafia, il Governo ha fatto una scelta di tempi e strumenti che oggi danno i loro frutti, perché il tempo e lo strumento utilizzato per raggiungere un obiettivo segnalano già la priorità assegnata a una materia. Il Governo è intervenuto con le norme antimafia dal primo Consiglio dei Ministri operativo di Napoli: non ha aspettato il quinto anno della legislatura, ma ha compiuto la scelta al primo Consiglio dei Ministri. In quella sede, si sono scelte due strade, entrambe giunte a compimento con risultati ancora più ampi rispetto a quelli immaginabili.
Le due strade sono state quelle del decreto legge e del disegno di legge. Il decreto legge in materia di sicurezza prevedeva un ampio capitolo antimafia, il disegno di legge prevedeva un altro ampio capitolo antimafia. Il decreto legge è stato convertito in legge nei sessanta giorni previsti dalle nostre regole parlamentari e costituzionali, con un notevole irrobustimento del testo promanante dal Consiglio dei ministri attraverso l'intervento del Parlamento, del quale do volentieri atto e merito e del quale sono assolutamente lieto, perché testimonia come lavorando insieme si sia centrato uno straordinario risultato su un argomento che non dovrebbe causare divisioni politiche o di ruolo.
Il disegno di legge è stato approvato ed è entrato in vigore l'8 agosto del 2009. Sebbene sia materia conosciuta, in quanto già approvata dal Parlamento, mi limiterò a sintetizzare in dieci punti quella che amo definire «l'antimafia delle leggi»: 1) l'ampliamento del campo di applicazione delle misure di prevenzione; 2) i nuovi poteri del procuratore nazionale antimafia, completando con ciò in materia di misure di prevenzione il disegno di Giovanni Falcone, che prevedeva un potere di impulso e di iniziativa del procuratore nazionale antimafia relativamente alle misure di prevenzione; 3) la possibilità di applicare disgiuntamente le misure di prevenzione personali e quelle patrimoniali; 4) l'ampliamento dei poteri del questore relativamente anche ai divieti che riguardano soggetti ritenuti pericolosi, già condannati in via definitiva per delitti non colposi; 5) l'applicazione più ampia della confisca per equivalente; 6) la nullità per legge dei trasferimenti fittizi di beni ai terzi; 7) più efficienti norme per la conservazione e l'amministrazione dei beni sequestrati, in modo che non si depauperino il patrimonio e il know how aziendale delle imprese sequestrate e confiscate; 8) il principio della responsabilità delle società per i reati di criminalità organizzata, con un'estensione della portata normativa della legge n. 231 del 2001; 9) le misure amministrative di contrasto alla mafia con l'attribuzione al prefetto di poteri nuovi di disporre accessi e accertamenti nei cantieri, al fine di prevenire le infiltrazioni mafiose; infine, 10), l'aggravamento del


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carcere duro, che riteniamo possa rappresentare bene lo sforzo dello Stato relativamente alla necessità di impedire le comunicazioni tra i detenuti, come previsto dall'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario.
Questa materia ci divide da un'area dell'opposizione, con cui invece condividiamo altri aspetti della riforma della giustizia. L'8 agosto 2009, al momento dell'entrata in vigore della legge recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», ho comunicato ai direttori delle strutture carcerarie e ai detenuti cui si applica il 41-bis il nuovo regolamento del 41-bis. Come da me dichiarato pubblicamente questa mattina, ritengo doveroso, Presidente, ribadire anche in una sede istituzionale che oggi i detenuti cui si applica il 41-bis nei nostri istituti di pena sono 644, e con l'applicazione del carcere duro al boss Gianni Nicchi arriveremo a 645, segnando il record storico di detenuti nelle nostre carceri sottoposti al regime del 41-bis. Segnalo anche, per quanto di competenza di questa Commissione - se la Commissione lo dovesse ritenere opportuno Presidente, do la mia disponibilità a specifiche, successive audizioni in materia - che il numero dei provvedimenti di annullamento prodotti dai tribunali di sorveglianza rispetto al totale dei decreti firmati da me di applicazione, riapplicazione, proroga dei 41-bis è di 67 in tutto, con un dimezzamento circa del numero degli annullamenti da parte del tribunale di sorveglianza. In prima applicazione, il Governo Berlusconi, attraverso la mia persona, ha applicato 167 provvedimenti di 41-bis a 167 soggetti e ne ha prorogati 779 per un totale di 946.
Abbiamo inoltre riformato il processo civile in misura significativa. Sintetizzerò alcuni aspetti che riteniamo molto importanti. Abbiamo avuto modo di intrattenerci anche con i componenti di questa Commissione, ma sia sulle norme antimafia sia sulla riforma del processo civile ritengo opportuno ribadire il conseguimento di risultati positivi. Non voglio ripetere qui i risultati delle norme antimafia e della riforma del processo civile, che però meritano entrambi un cenno; basti dire che, dopo alcuni mesi di applicazione delle norme antimafia, segniamo 1,4 miliardi di euro sul Fondo unico giustizia. Anche sulla materia del fondo unico giustizia e dei beni confiscati sono disponibile a riferire più specificamente, più analiticamente e più ampiamente alla Commissione quando e se lo riterrà opportuno.
Oltre 1,4 miliardi di euro sono già affluiti nel fondo unico giustizia, e sono stati confiscati beni, secondo le valutazioni prudenziali delle forze dell'ordine, per una cifra superiore ai 5 miliardi di euro. Questi sono risultati già ottenuti, così come nella riforma del processo civile sono lieto di comunicare che taluni nuovi istituti, a cominciare dalle astreintes mutuate dall'ordinamento francese circa gli obblighi incoercibili di fare, hanno già trovato applicazione in sede giurisdizionale con i giudici che si sono giovati delle nuove norme.
In materia di riforma di processo civile, abbiamo deciso insieme al Parlamento di dare nuove regole in materia di competenza e giurisdizione, di spese del giudizio e responsabilità processuale delle parti, in materia di giustizia elettronica, del principio di non contestazione con la riduzione dei termini anche processuali del calendario del processo, con obbligo di testimonianza scritta, che ha avuto vari cambiamenti nel passaggio parlamentare, che comunque è già stato in buona misura validato dalla prassi, con l'introduzione del procedimento sommario di cognizione e semplificazione dei riti, il filtro in Cassazione, le misure di esecuzione indiretta, la composizione stragiudiziale delle controversie.
In materia di mediazione civile, il primo decreto attuativo della riforma del processo penale è giunto già alla vostra valutazione, essendo stato approvato dal Consiglio dei Ministri, e stiamo alacremente lavorando per dare attuazione, nei termini previsti dalla legge delega, se possibile anticipandoli ancora, alle altre deleghe previste nell'ambito della riforma stessa del processo civile. Ci tengo a sottolinearlo perché ritengo che una vicenda


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importante come quella della riforma del processo civile trovi la sua dimensione complessiva anche nell'effettivo utilizzo delle deleghe, che sono state concesse dal Parlamento al Governo in sede di approvazione della riforma stessa.
Un argomento al quale tengo e di cui non avevo parlato il 4 giugno 2008 riguarda le sedi sgradite ai pubblici ministeri. Vorrei fare un inciso di natura semantica, che coincide con un mio emendamento anch'esso di natura semantica, cioè che non considererò mai disagiate sedi quali quelle di Sciacca. Mi rifiuto di pensare che una città con decine di migliaia di turisti, a meno di un'ora da un importante aeroporto come quello di Palermo, e con un palazzo di giustizia che si affaccia su uno dei golfi più straordinari del Mediterraneo sia una sede disagiata. È semplicemente sgradita ai pubblici ministeri. Cito Sciacca ma potrei citare splendide realtà della Calabria o anche alcune realtà del nord Italia.
Nel nostro ordinamento esiste il principio - che non intendiamo intaccare - della inamovibilità del giudice. La nostra Costituzione lo prevede come una guarentigia, una garanzia del principio di libertà e di indipendenza del giudice, che riteniamo un recinto sacro e inviolabile. L'ho detto in sedi istituzionali e pubbliche e lo ripeto qui in sede istituzionale. Si tratta di una guarentigia, non di un puro privilegio di corporazione, per cui il magistrato non può essere trasferito da nessuno, a meno che non vi siano condizioni eccezionali, che di fatto nel nostro ordinamento non si verificano.
Entrando in possesso delle proprie funzioni, questo Governo si è trovato di fronte ad una legge, approvata nella legislatura precedente, che prevedeva la fine del - perdonatemi un'espressione atecnica, ma che a mio giudizio rende l'idea - «nonnismo giudiziario», ovvero la fine della prassi secondo la quale nelle sedi sgradite ai pubblici ministeri venivano mandati, come pubblico ministero o giudice per le indagini preliminari, i giovani vincitori di concorso che non potevano esprimere la propria volontà. Venivano inviati lì prima della prima valutazione di professionalità espressa su di loro non dalla Commissione giustizia della Camera o dal Governo della Repubblica, ma dal Consiglio superiore della magistratura; quindi prima che il CSM esprimesse per la prima volta il proprio giudizio di idoneità per fare il pubblico ministero o il Gip, ovvero per esercitare funzioni monocratiche.
Per salvaguardare questo principio che condividiamo, che è la fine del nonnismo giudiziario, per cui i più anziani obbligano i più giovani, ancora privi della valutazione del CSM ad andare a ricoprire quelle sedi, e quindi condividendo la ratio della legge Prodi, ma volendo rispettare anche il principio di inamovibilità, abbiamo fatto una scelta - ringrazio la Commissione per avere collaborato - che si fonda sull'idea di uno Stato che garantisca ai magistrati volenterosi di non lasciarli soli, di assisterli, prevedendo incentivi di carriera ed economici per coloro che decidano di lavorare in sedi sgradite ai colleghi.
Abbiamo quindi bandito cento posti, in una condizione di assoluta solitudine del Governo, che non è stato aiutato in nulla né pubblicamente né nel circuito delle mailing list dall'Associazione nazionale magistrati, e siamo riusciti contro tutti i pronostici a coprire oltre cinquanta posti.
Affinché resti agli atti in questa audizione, colgo l'occasione per dare atto a numerosi procuratori della Repubblica di un'azione di promozione della loro sede giudiziaria. Potrei citare Palmi o Reggio Calabria, ma anche in buona misura Caltanissetta, sedi che hanno visto un ottimo risultato degli incentivi. Alcuni vertici degli uffici giudiziari hanno avuto l'abilità di dire quanto fosse importante il sostegno allo Stato di magistrati, che, recuperando lo spirito etico di questa professione straordinariamente importante, andassero a lavorare nelle sedi di loro competenza.
Poiché ritengo di straordinaria importanza questa materia, vorrei approfittare della mia presenza in Commissione giustizia per lanciare un appello ai magistrati al fine di aiutare il Paese a non soffrire più a causa di questi vuoti nelle


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procure, che spesso coincidono con procure di frontiera. Siamo disponibili a incentivare il lavoro e la scelta dei magistrati che decidano di aiutare non già il Governo ma il funzionamento del sistema giustizia, e ribadiamo che non intendiamo toccare né il principio dell'inamovibilità, né il principio del contrasto al nonnismo giudiziario.
Nel corso di un incontro organizzato i primi di novembre dal Consiglio superiore della magistratura, ho dato la disponibilità a operare una scelta comune con il CSM, per valutare insieme la via per arrivare a una soluzione che non intacchi il principio dell'inamovibilità né quello previsto dalla legge Prodi, e in questa sede ribadisco la mia disponibilità, aggiungendo, Presidente Bongiorno, una ulteriore valutazione. Se la Commissione giustizia della Camera volesse farsi promotrice di un'iniziativa, anche svolgendo audizioni con il sottoscritto e con i rappresentanti del CSM su questa questione, che possano consentire al Parlamento di avere una visione molto più concreta e di merito delle vicende, do la mia massima disponibilità a partecipare all'audizione, qualora voi doveste chiamarmi, e a collaborare a contribuire insieme a voi all'individuazione di una soluzione che tenga fermi questi due princìpi.
Non vogliamo toccare l'inamovibilità, ma far sì che venga restituita alla sua condizione di guarentigia, che non coincide con una condizione di privilegio e di comodità, e far sì che quella legge che ha avuto e continua ad avere un'amplissima condivisione parlamentare venga salvaguardata.
Per quanto riguarda le intercettazioni, non voglio dilungarmi, perché il provvedimento, già licenziato da questo ramo del Parlamento, pende nell'altro ramo, ma mi limito a esprimere un auspicio. La Camera dei deputati e in primo luogo la Commissione giustizia della Camera dei deputati ha svolto un lungo, travagliato e complesso lavoro sul disegno di legge, emendandolo profondamente. Rispetto al testo originario presentato dal Governo a mia prima firma, il lavoro parlamentare ha infatti fortemente mutato l'impianto del testo emerso dal Consiglio dei ministri. Il disegno di legge ha superato un vaglio parlamentare articolato e complesso, fatto di numerosi voti segreti, di una pregiudiziale di costituzionalità e di un voto finale entrambi a scrutinio segreto, e oggi pende all'altro ramo del Parlamento, cioè al Senato. Stante la piena sovranità e autonomia del Senato della Repubblica che può emendare ancora il testo, auspico che l'impianto resti invece sostanzialmente inalterato.
Quanto alla riforma del codice di procedura penale, nella nostra valutazione essa ha due gambe. Una è quella della trasposizione, nel codice di procedura penale, dei princìpi previsti dall'articolo 111 della Costituzione, che a nostro avviso non hanno trovato una loro efficacia e una loro piena attuazione.
L'altro aspetto attiene invece a scelte di pura efficienza, che sono indispensabili secondo un'idea generale di riforma della giustizia. Bisogna infatti intervenire sia sul corpo vivo del nostro ordinamento giuridico sia operare scelte volte a raggiungere l'efficienza e che quindi devono muoversi in una logica di buona amministrazione degli uffici giudiziari. Posto che nel nostro Paese, da Trento a Lampedusa, le leggi sono tutte uguali, almeno quelle penali che non sono sottoposte agli ordinamenti regionali, non si spiegherebbe come, pur essendo i tribunali e gli uffici giudiziari raggruppati ovunque per dimensione, all'interno dei raggruppamenti omogenei grandi, medi e piccoli vi siano alcuni uffici giudiziari che, a legge invariata e con la costante della mancanza di mezzi e risorse e di quanto viene lamentato, vadano bene e altri che vadano male.
Il motivo è che non esistono organizzazioni umane complesse, soprattutto in materia di giustizia, estranee appunto al fattore umano. Non esistono infatti organizzazioni complesse in cui la variabile uomo sia indifferente: la bravura di un vertice dell'ufficio giudiziario, la buona o cattiva organizzazione di un ufficio sono variabili che riteniamo importanti e come tali devono essere valutate.


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Il sesto aspetto è quello delle carceri. Finalmente, il Piano delle carceri è pronto, giacché in primavera abbiamo approvato una norma che, attraverso poteri straordinari, ci permetteva di vararlo, abbiamo preso spunto dal modello dell'Aquila e abbiamo chiesto e ottenuto risorse aggiuntive che sono stanziate nella legge finanziaria. Nei prossimi giorni, la Camera dei deputati sarà chiamata a pronunciarsi su due scelte molto importanti per il sistema carcerario.
La prima è l'attribuzione di 500 milioni di euro per il 2010, quindi per una sola annualità, corrispondenti a circa 1.000 miliardi di vecchie lire, cifra non da poco, per la realizzazione di tutta la prima fase del piano delle carceri. La seconda scelta su cui la Camera dei deputati sarà chiamata a compiere una valutazione positiva o negativa è quella relativa all'attribuzione di risorse al sistema giustizia inerenti la possibilità di assumere circa 2.000 nuovi agenti di polizia penitenziaria. Queste due scelte sono già nel testo della legge finanziaria, che sarà sottoposto al vostro esame. Mi sembrano due notizie molto positive e importanti.
Annuncio che nell'ambito della prossima seduta del Consiglio dei ministri, che credo si terrà ragionevolmente entro Natale, sarà approvato il piano carceri, giacché potrà giovarsi del voto della Camera relativamente alla copertura finanziaria. È facilmente prevedibile l'obiezione che sarebbe stata rivolta al sottoscritto e all'intero Governo, qualora avessi presentato il piano carceri con relativa copertura finanziaria futura.
Presenteremo quindi, con maggiore concretezza, il piano delle carceri con una tabella di copertura allegata nell'ambito dei prossimi Consigli dei Ministri, quando ci sarà la certezza della condivisione da parte della Camera dei deputati del percorso di finanziamento del piano delle carceri. Desidero aggiungere un'ulteriore valutazione. La riforma della magistratura onoraria sarà portata anch'essa in Consiglio dei Ministri prima di Natale, perché è sostanzialmente pronta.
Ho parlato dei sei argomenti principali e mi fa piacere ricordare che, oltre la riforma della magistratura onoraria, tema ulteriore rispetto ai sei principali, questo Governo ha proposto e fatto approvare altre scelte legislative, che ritengo importanti. In primo luogo, l'eliminazione del patrocinio gratuito per i boss mafiosi e l'inserimento del patrocinio gratuito per le vittime della violenza sessuale. Non si tratta di annunci ma di disposizione pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
La seconda scelta legislativa è stata operata attraverso la legge n. 38 del 23 aprile 2009 in materia di contrasto allo stalking. Insieme al Ministro Carfagna stiamo completando uno studio relativo all'applicazione della legge sul contrasto allo stalking in questi mesi; sono allo studio anche disposizioni che riguardano l'inasprimento delle pene per i reati di violenza sui minori. Siamo lieti e orgogliosi di queste scelte.
Non so se la Commissione giustizia della Camera sia stata chiamata a valutare il disegno di legge finanziaria relativamente alle disposizioni che investono il settore della giustizia, ma numerose scelte del Governo nell'ambito della manovra finanziaria vanno nella direzione di aumentare le disponibilità di risorse economiche per il settore giustizia, come da più parti richiesto, a cominciare dalla presidente di questa Commissione.
Vi ringrazio e ribadisco la mia disponibilità ad affrontare gli altri argomenti, che richiedano un approfondimento specifico. Per questa prima fase credo di poter completare la mia relazione.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro Alfano. La Commissione ha potuto esaminare il testo della legge finanziaria prima di questi emendamenti, e ha reso un parere alla Commissione di merito.
Il Ministro Alfano ha dato un'illustrazione dei temi per sintesi, dimostrandosi anche disponibile a tornare in Commissione per approfondimenti su un tema, laddove un approfondimento completo di tutti i temi sarebbe impossibile.


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Quando audiamo tecnici o ministri auspico sempre che gli interventi siano finalizzati a porre domande. Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

RITA BERNARDINI. Signor Ministro, credo che lei possa riconoscere alla mia parte politica di averle dato atto di due affermazioni che nessun Ministro della giustizia in precedenza aveva fatto. La prima riguarda la dichiarazione rispetto alle carceri italiane, che, come abbiamo più volte sottolineato, non da oggi si trovano in una condizione che le pone fuori dal dettato costituzionale, perché non sono in grado di rispondere a quel principio costituzionale (l'articolo 27) secondo cui le carceri devono tendere alla rieducazione del condannato.
L'altro fatto, che ci ha molto colpito e del quale vogliamo di nuovo darle atto, è che, parlando dei milioni di processi arretrati per quanto riguarda la giustizia sia civile sia penale, lei ha parlato di debito giudiziario dello Stato nei confronti dei cittadini. Riteniamo infatti che a soffrire di una giustizia malata non sia questo o quel personaggio, ma un'intera comunità nazionale. Quando la giustizia raggiunge questi livelli, pari a milioni di processi arretrati e a 170-200 mila prescrizioni annue, evidentemente è molto malata e questo si ripercuote sulla vita sociale ed anche economica dei cittadini italiani.
Lei ha voluto fare riferimento al programma del Popolo della libertà e quindi agli impegni assunti dal Governo. Desidero però richiamarla anche a un documento parlamentare, perché come deputati ci sentiamo già particolarmente frustrati per le continue fiducie messe; da ultimo, ad esempio, in una notte è stato presentato il maxiemendamento al disegno di legge finanziaria, si parla ancora una volta di porre la questione di fiducia e ben poco tempo ha l'Aula di Montecitorio per analizzare questo maxiemendamento, subemendarlo e discuterlo.
La richiamo però, signor Ministro, a ufficiale una risoluzione approvata quasi un anno fa, il 28 gennaio 2009 in occasione delle comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, di cui siamo stati promotori noi della delegazione Radicale all'interno del gruppo del Partito democratico. Tale risoluzione impegnava il Governo a presentare in tempi brevi, con il più ampio confronto con le forze politiche presenti in Parlamento, una riforma strutturale e organica del sistema della giustizia, che prevedesse la riforma dei criteri concernenti l'obbligatorietà dell'azione penale, la separazione delle carriere dei magistrati, la revisione della composizione del Consiglio superiore della magistratura, vagli nella professionalità dei magistrati, la modifica della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, il referendum Tortora, la revisione delle modalità di collocamento fuori ruolo dei magistrati, incarichi extragiudiziari ed altro.
È trascorso un anno, lei ha richiamato la riforma dei criteri concernenti la separazione delle carriere, anche se non c'è una proposta del Governo in materia, per cui mi chiedo quale sia il ruolo del Parlamento e che significato abbia l'approvazione di un documento di questo tipo.
Le chiedo questo anche perché grazie all'impegno del suo capogruppo, il Partito democratico chiederà la calendarizzazione delle mozioni sulle carceri, che contengono gli impegni richiesti al Governo, nella prima seduta utile del mese di gennaio. Ho fatto lo sforzo di presentare una mozione, che peraltro è stata sottoscritta da 91 deputati appartenenti non solo al Partito democratico, ma, se i documenti come mozioni e risoluzioni sono destinati a rimanere carta, senza tramutarsi in un reale impegno del Governo, la mia preoccupazione è grande. Vorrei sapere quindi quale sia il valore dei documenti che il Parlamento approva.
Lei ci ha annunciato che il Piano carceri è stato finanziato per una parte, perché il costo ammontava a 1.650.000.000 euro, mentre qui si parla di 500 milioni, ma pongo quanto ci ha detto di fronte ad alcune obiezioni. La carenza di organico degli agenti di polizia penitenziaria ammonta


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già oggi a 5.000 unità e lei ci ha parlato di sole 2.000 unità, la carenza di educatori e di psicologi è grandissima e i detenuti continuano a vedere passare gli anni. L'obiezione sul Piano carceri è che si costruiscono le carceri, ma è necessario considerare come abbiamo raggiunto il massimo della popolazione penitenziaria (66.000 detenuti) e che anche a causa delle leggi approvate questa aumenta. Quando avrete finito di costruire le carceri, quindi, la popolazione carceraria sarà arrivata alla cifra stratosferica di 100.000 detenuti. È quindi necessario agire su altri settori. Mi auguro che il dibattito chiesto dal Partito democratico in ordine alle mozioni sulle carceri sia approfondito.

FEDERICO PALOMBA. Desidero innanzitutto ringraziare il Ministro per la sua ampia relazione e apprezzare il suo sforzo nel cercare di presentare come risposte efficaci del Governo alcuni interventi da esso compiuti, che ripercorrerò brevemente. Devo però al contempo dichiarare l'insoddisfazione per le dichiarazioni rese.
È giusto che le norme antimafia siano state fatte, le abbiamo votate anche noi e sono applicate dalla polizia giudiziaria e da quei magistrati dai quali si vorrebbe scappare o dei quali si vorrebbe diffidare. Nel piano di acquisizione di beni dei mafiosi frutto dell'attività di questi servitori dello Stato c'è una macchia: non è prevista l'irreversibilità di questi beni all'atto della riacquisizione da parte dei mafiosi o dei loro prestanome. Questo è un vulnus rilevante, che mette in discussione anche la validità della politica antimafia del Governo.
Parlare di riforma del processo civile mi sembra troppo ambizioso: si tratta di alcune modifiche che all'attuazione stanno rivelando rilevanti problemi applicativi, per cui non si sa se il processo civile fosse peggio prima o adesso.
Gli incentivi ai pubblici ministeri per ricoprire le sedi sgradite si sono rivelati inefficaci. Non credo che si possa parlare di «nonnismo giudiziario», cui saremmo contrari, ma vorremmo che fosse sgombrato il campo da una ipotesi di questo genere, quando la stessa riforma del Governo Prodi da lei oggi evocata prevede una strutturazione gerarchica abbastanza forte nelle procure della Repubblica. Il Pubblico Ministero è il procuratore della Repubblica che dirige l'ufficio, assegna gli affari, incarica i magistrati, può revocarli o richiamarli, per cui affermare che magistrati di prima nomina, che abbiano superato un concorso ed effettuato il regolare tirocinio non possano ricoprire un incarico laddove c'è un procuratore della Repubblica responsabile dell'ufficio con una certa esperienza mi sembra mantenere una norma assolutamente anacronistica.
Presenteremo dunque un'ennesima proposta di legge per l'abrogazione di quella disposizione, che impedisce entro i quattro anni di andare in procura, soprattutto negli uffici con pluralità di magistrati, nei quali viene rispettato un ordine gerarchico. Riconoscendo e apprezzando il fatto che l'inamovibilità verrà rispettata dal Governo, riteniamo che l'unica modalità possibile sia quella di assegnare agli uffici di pubblico ministero così gerarchicamente strutturati anche i magistrati di prima nomina.
Per quanto riguarda le intercettazioni, vorrei sorvolare, perché abbiamo detto in tutti i modi che si tratta non di una riforma, ma di una controriforma, che favorirà la criminalità e renderà più difficile l'accertamento dei reati.
La riforma del codice di procedura penale è limitata e, nonostante qualche aspetto positivo, contiene aspetti inquietanti come quello della polizia giudiziaria.
Per quanto riguarda le carceri, signor Ministro, apprezziamo l'interessamento dimostrato dal Governo, però bisogna riconoscere come a un anno e mezzo di distanza ancora niente sia stato fatto. Prendiamo atto di questi primi interventi, ma tuttavia la situazione carceraria sta scoppiando.
La prima parte della sua relazione mi pare quindi evanescente e non soddisfacente, mentre la seconda parte da lei evocata è inquietante. Non conosciamo


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ancora i testi, ma la parità tra accusa e difesa conduce dritti alla separazione delle carriere e alla sottoposizione del Pubblico Ministero all'esecutivo e alla scissione del CSM in due parti, l'una relativa ai magistrati giudicanti, l'altra ai requirenti.
La politica del Governo sulla giustizia ci è sembrata più interessata a risolvere situazioni di coinvolgimento personale nei processi, abbiamo esaminato diversi «lodi» e tuttora siamo impegnati in questo, ma la giustizia è realmente al collasso, perché ci sono 8,5 milioni di processi pendenti.
Non vediamo un medico e medicine all'orizzonte, né risorse o mezzi per andare incontro alle effettive esigenze dei cittadini. Vorrei chiederle quindi, signor Ministro, a quando un consulto serio e interventi forti per risolvere questo collasso della giustizia?

MATTEO BRIGANDÌ. Ringrazio sua eccellenza il Guardasigilli della sua presenza. Desidero evidenziare una questione in riferimento alla separazione delle carriere, giacché di quello si trattava quando lei voleva mettere sullo stesso piano accusa e difesa.
Ritengo che la separazione delle carriere, seppur intellettualmente stimolante e condivisibile, non sia una panacea e non possa risolvere nulla, perché una serie di Procuratori della Repubblica tenderanno ad andare alla Procura generale, a ritornare alla Procura della Repubblica quando scadono, guardandosi dall'andare al giudicante e viceversa. Il problema sta nel fatto che, se lei, signor Ministro, vuole prevedere la parificazione fra l'accusa e la difesa, deve parificare anche i mezzi a favore della difesa.
Sarebbe opportuno mettere il punto su due problematiche: in primo luogo occorre chiedersi perché l'amministrazione dei tribunali delle corti d'appello, che è un'attività tecnico-amministrativa, debba essere svolta da un giurista. In secondo luogo, la Costituzione cita un ministro in un unico punto, e questo è proprio il Ministro della giustizia, in riferimento all'organizzazione giudiziaria. Lei ha il dovere di ottemperare a quell'articolo della Costituzione. Mi rendo conto delle difficoltà dei padroni di casa, ma lei ha questo dovere, signor Ministro.
Lei citava l'indipendenza della magistratura, e accolgo favorevolmente quanto lei dice, ma l'indipendenza della magistratura deve essere intesa come indipendenza non di un organo a se stante e prevaricante, ma dei singoli magistrati nell'effettuare il loro lavoro. Non si tratta di far fare all'Associazione nazionale magistrati o al CSM quello che vogliono in barba agli altri poteri, ma di assicurare che i singoli giudici, nell'esercizio delle proprie funzioni, non siano sottoposti a nessuno.
La madre di tutte le battaglie ovvero la questione che porterà a risolvere tutti i problemi è la riforma del Consiglio superiore, su cui vorrei conoscere il suo parere, giacché solo rimettendo nelle mani del popolo il Consiglio superiore della magistratura potremo avere una magistratura di 9.000 persone non governata in maniera - mi scusi l'espressione brutale, ma realistica - «mafiosa» da 200 di essi.

DONATELLA FERRANTI. La ringrazio personalmente di essere venuto, signor Ministro, ma devo dire che l'aspettavamo molto prima. Abbiamo infatti chiesto la sua presenza un mese fa, perché c'era un'urgenza e volevamo avere un'interlocuzione schietta, leale, effettiva con il Ministro della giustizia, in un momento in cui venivano rappresentate sulla stampa, all'indomani della bocciatura da parte della Corte costituzionale del «lodo Alfano», iniziative relative ad alcuni disegni di legge che avevano anche l'avallo del nostro Ministro.
Poiché lei spesso fa riferimento a un programma elettorale a cui deve dare attuazione, non ricordo che nel programma elettorale del Popolo della Libertà vi siano le leggi ad personam che riguardano la sospensione dei processi del Presidente del Consiglio. Non ci sono, quindi, nel programma elettorale per cui avete avuto il voto degli elettori. Sarebbe quindi stato utile un incontro con il Ministro all'indomani della bocciatura del «lodo


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Alfano», bocciatura avvenuta sulla scorta di ragioni ampiamente rappresentate dall'opposizione nell'Aula di questo Parlamento, in una dialettica e in un confronto leale.
Le vorrei ricordare, signor Ministro, che un anno fa il gruppo del Partito democratico ha avuto, in un rapporto di estrema lealtà, un incontro con lei cui erano presenti i suoi collaboratori, i rappresentanti del Governo e dell'ufficio legislativo del Ministero, presentando un insieme di proposte ordinamentali, del processo civile e di quello penale e della magistratura onoraria, che potevano a nostro giudizio costituire delle soluzioni per una giustizia più efficace e celere per il cittadino. In quella occasione ci fu assicurato che ci saremmo visti dopo Natale, per conoscere quali punti di quel pacchetto erano ritenuti condivisibili dal Ministro.
Questo incontro non è mai avvenuto. Lei ha ripercorso alcune tappe dell'ultimo anno e mezzo, che peraltro conosciamo bene, perché sono passate attraverso provvedimenti esaminati dal Parlamento. Considero inopportuno citare alcuni provvedimenti legislativi assumendone il merito da parte del Ministero della giustizia, dato che sono nati (in primo luogo lo stalking) da un'iniziativa delle Commissioni parlamentari.
Non voglio però entrare nel merito di come lei ha ritenuto di interloquire con noi oggi. Tuttavia le rappresento che siamo preoccupati in ordine alle proposte sul processo breve e sul legittimo impedimento, delle quali oggi lei non ha parlato, ma che fanno parte di un percorso della maggioranza. Vorremmo quindi conoscere la posizione del Ministro con riferimento a proposte che hanno una apparente matrice parlamentare, ma che sono state da lei avallate non qui, perché oggi non ne ha parlato, ma sulla stampa o in conferenze stampa.
Quello che invece ci rammarica tantissimo e che, mentre oggi ha svolto una relazione dettagliata per il passato, per quanto riguarda la riforma della giustizia oggi ci è venuto a dire che i testi non ci sono.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Scusi, ma era noto che i testi non ci sono. Mi avete chiesto di annunciare cosa abbiamo intenzione di fare.

PRESIDENTE. Il Ministro ha premesso che quei testi non c'erano.

DONATELLA FERRANTI. Non vogliamo un ministro nervoso con l'opposizione...

PRESIDENTE. Onorevole Ferranti, in questa Commissione abbiamo sempre adottato un certo tipo di linguaggio e di atteggiamento. La invito pertanto a usare i toni solitamente pacatissimi di questa Commissione.

DONATELLA FERRANTI. Sto parlando di merito: abbiamo invitato il Ministro non per sapere ciò che abbiamo già deliberato in Aula, ma perché la Commissione Giustizia e noi rappresentanti del gruppo del Partito Democratico non vogliamo avere gli annunci dalla stampa e non vogliamo un ministro che venga a riferire che i testi non ci sono, ma che ci illustri le linee della riforma del CSM, della riforma della magistratura, della riforma che riguarda la parte costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale, la semplificazione dei riti civili nel processo civile.
Di questo non abbiamo sentito parlare, mentre abbiamo rilevato un atteggiamento quasi di recriminazione, che non possiamo avallare, riguardo alle sedi non coperte, che il Ministro ha definito «sgradite» ai pubblici ministeri, e si tratta non soltanto di Enna, ma di sedi del nord e del sud che non sono state coperte, nonostante un decreto legge, qui convertito, recasse disposizioni volte ad incentivare i magistrati al fine di coprire quelle sedi. Abbiamo più volte rappresentato come quelle disposizioni non avrebbero portato effetti. Non è vero che non esistono possibilità di trasferimenti d'ufficio previsti dalla legge.


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Abbiamo intenzione di garantirle la nostra massima attenzione e collaborazione costruttiva, se da parte sua, signor Ministro, ci sarà la volontà di tenere conto anche dell'effetto di certi provvedimenti.
Un ministro, pur facente parte di una maggioranza, è comunque un ministro dello Stato, della Repubblica italiana, che deve tener conto del fatto che una norma non ha avuto gli effetti sperati. Non può aspettarsi, signor Ministro, che sia la Commissione a promuovere un incontro con il CSM, anche se gradiremmo farlo, per valutare le problematiche e individuare una soluzione sulla copertura delle sedi disagiate. Il CSM è il suo naturale interlocutore e se la legge sulle sedi disagiate, come avevamo ribadito più volte all'allora sottosegretario Caliendo, non ha portato a nulla, perché era una sperimentazione già realizzata, lei deve tenerne conto.
Le procure disagiate, oltre a Enna, Mistretta e Sciacca, sono Crotone, Gela, Barcellona Pozzo di Gotto, Patti, Vigevano, Nicosia, Melfi, Ivrea, Vasto, Lanusei, Sant'Angelo dei Lombardi, Sala Consilina, Casal Monferrato, Mondovì. La questione del nord e del sud non c'entra nulla, perché ci sono questioni strutturali per cui quella norma approvata in Parlamento, come tante i cui effetti devono essere misurati in maniera equilibrata, deve essere riformata e rivista in maniera costruttiva e pacata.
Questa è la nostra proposta. Non si vuole penalizzare nessuno, anche perché la coperta è corta e coprendo una sede se ne scopre un'altra, anche per effetto della distinzione delle funzioni, che è stata realizzata con l'approvazione dell'ordinamento giudiziario e che implica anche che alcuni non possano essere trasferiti in quella sede.
Nella sua relazione odierna non ho sentito nulla che faccia riferimento per esempio alla riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie. È necessario smettere di pensare di calare una riforma della giustizia dall'alto e, anche nell'interesse della sua immagine, Ministro, cominciare a pensare a una riforma della giustizia che valuti se le risorse economiche, finanziarie, di personale e di organizzazione siano distribuite adeguatamente e se consentano un funzionamento efficace ed effettivo della giustizia. Non ho sentito nulla su questo, che considero invece un percorso da avviare insieme in maniera costruttiva.

ANNA ROSSOMANDO. Vorrei porre alcune sintetiche osservazioni e domande su alcuni punti, intanto sulle cosiddette riforme della Costituzione e sul metodo. Più volte, signor Ministro, lei ha annunciato pubblicamente sui giornali e al Congresso dell'Unione delle camere penali, alle quali appartengo prima di essere un deputato della Repubblica, che sarebbero state realizzate riforme costituzionali, ma che prima di tutto si sarebbe intervenuti sulle leggi ordinarie, cosa che invece ancora non avviene, se non in modo assolutamente frammentario.
In particolare, la riforma del processo penale attualmente in discussione in Parlamento suscita alcune osservazioni. Nell'Unione camere penali c'è un'opposizione a intervenire in maniera frammentaria sul processo penale, senza prendere in considerazione l'intero ordinamento.
Poiché ha dichiarato l'assoluta priorità delle riforme di rango costituzionale, vorremmo sapere se lei abbia cambiato idea e attribuisca a queste una priorità dal punto di vista temporale anche perché quelle riforme possono più direttamente incidere.
Per quanto riguarda le riforme di rango costituzionale, alla discussione delle quali ovviamente non ci sottraiamo, vorremmo sapere se non ritenga opportuno che nel discutere di riforme che riguardano la giustizia queste non facciano parte di una riforma più ampia di tipo istituzionale e se il Ministro ne tenga conto. Oggi, a distanza di più di dieci anni da quando nell'Unione camere penali è stata posta la questione della parità tra accusa e difesa, ritengo che discuterne rischi di essere molto generico alla luce del dibattito che abbiamo alle spalle. Considero più adeguato e meno equivoco parlare di piena attuazione del principio del contraddittorio, che chiamavamo il «difendersi provando».


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Vorrei sapere se il Ministro nell'ambito della riforma della giustizia tenga in considerazione la questione dell'equilibrio tra gli organi e i poteri dello Stato, ai quali il settore giustizia non si sottrae. Ciò soprattutto in correlazione con il sistema elettorale, quindi con la forma Stato e Governo. Mi riferisco al sistema maggioritario e al rapporto con l'Esecutivo.
Tornando alle leggi di natura ordinaria, lei ha citato la questione delle intercettazioni come esempio di un lungo e proficuo lavoro in Commissione. Mi permetterei di dissentire su questo giudizio, giacché si è trattato di un classico caso di discrasia totale tra il lavoro in Commissione e il testo approvato in Aula, perché noi, com'è noto, abbiamo lavorato su testi che provenivano dalla maggioranza e dall'opposizione e abbiamo votato in Aula un testo che prescindeva completamente dal testo della Commissione dal punto di vista dell'impianto ideologico. Il testo Contento, e cito il testo della maggioranza, era infatti completamente diverso da quello che il Governo ci ha in qualche modo imposto di votare. Si tratta quindi di un metodo che mi permetterei di respingere, giacché vorremmo che si tenesse conto del lavoro effettuato in Commissione.
Poiché lei ha citato più interventi che riguardano il capitolo antimafia e la confisca dei beni, vorrei conoscere la posizione del Ministro, visto che stiamo per approvare un testo della legge finanziaria, sull'articolo 47, sul quale si è lungamente discusso in Commissione, sulle modalità di trasferimento dei beni confiscati. Abbiamo discusso a lungo sulla questione e non abbiamo ritenuto voluta l'aggressione a quel tipo di legge, pensando invece che si sia trattato di una svista. Vorremmo quindi sapere se il Ministro consideri opportuno un emendamento correttivo di quella normativa contenuta in finanziaria.
Poiché lei ha citato la differenza tra uffici giudiziari, vorremmo sapere se non lo ritenga un punto di partenza per intervenire con riforme a costo zero sull'organizzazione degli uffici giudiziari. Su questo avevamo portato alcuni elementi e altri se ne ricavano dalle audizioni effettuate in Commissione. Abbiamo iniziato una serie audizioni, alle quali però non è conseguita un'attività di raccolta dei risultati.
Per quanto riguarda la questione del processo civile, mi sembra che gran parte delle iniziative legislative da lei citate provenisse dalla legge finanziaria precedente, per cui chiediamo un cambiamento di rotta perché da questa Commissione si era levato un grido di dolore per la mancata discussione in Commissione giustizia di alcune modifiche da lei citate. Da questo punto di vista, quindi, chiediamo di cambiare metodo.

ANGELA NAPOLI. Vorrei sapere cosa pensi il Ministro dell'ipotesi, nel caso di sedi disagiate, laddove manchi l'adeguata copertura degli organici, di consigliare al CSM di rifiutare ai magistrati l'autorizzazione a lasciare quegli incarichi per assumere consulenze presso enti quali la Regione. In Calabria, un noto magistrato ha lasciato una sede disagiata per ricoprire l'incarico di presidente della stazione unica appaltante.
So per certo che non sarà così, ma vorrei che lei smentisse in questa sede le notizie riportate da organi di stampa in merito all'applicazione del processo breve ai reati di mafia.
Qualcosa è stato fatto, ma non è stata coraggiosamente effettuata fino in fondo la totale soppressione del cosiddetto «patteggiamento in appello» per i processi di mafia.

PRESIDENTE. Mi è stato fatto presente dall'onorevole Ferranti che alcuni dei colleghi vogliono scendere in Aula per la discussione generale sul disegno di legge finanziaria, prevista orientativamente per le 16. Sospenderemo quindi la seduta, chiedendo al Ministro di tornare in un'altra occasione.

CINZIA CAPANO. Anche io ringrazio il Ministro, con il quale mi incontro spesso in occasione di convegni di avvocati, quindi mi capita di sentirgli dire quanto ha detto oggi. La Commissione giustizia è


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però diversa dal convegno degli avvocati. Come ha ricordato nella sua relazione, lei è venuto qui il 4 giugno del 2008 a darci le sue linee programmatiche, ispirate alla moralità del fare. In quella occasione, in cui nelle sue linee programmatiche non compariva nulla che potesse far pensare né al lodo Alfano, né al processo breve, né al legittimo impedimento, disse altre cose; cito testualmente: «il tumultuoso incedere degli interventi del legislatore può essere a sua volta causa di crisi del sistema. Si preferisce prevedere misure organizzative, al fine di ridurre i tempi processuali».
Nell'elenco di provvedimenti che ci ha fatto oggi non compare un solo intervento idoneo a incidere sulla organizzazione del sistema giustizia. Vorrei sapere come mai, quindi, questa, che nelle linee programmatiche era considerata una priorità, a un anno e mezzo dall'inizio del suo lavoro sia stata del tutto abbandonata come terreno di intervento.
Torno su tre punti che lei ha sollevato, per porle tre domande.
Ha citato i dieci punti sull'antimafia. Vorrei sapere però se i due interventi, uno che abbiamo adottato sullo scudo fiscale e l'altro che è contenuto nel disegno di legge finanziaria, non la preoccupino, perché temo siano in grado di frustrare gli effetti benefici degli altri dieci provvedimenti sul terreno della lotta alla mafia. Il primo, quello sullo scudo fiscale, che è stato approvato, consente un rilevante rientro di capitali dall'estero, che, come è scritto nel libro Mafia pulita il cui autore fino ad un mese fa era un alto dirigente del suo Ministero, Antonio Laudati, potrebbe offrire l'occasione di una grande operazione di riciclaggio, perché in quel provvedimento si elimina totalmente la tracciabilità delle dichiarazioni e quindi della provenienza di quei fondi. L'ultimo è quello cui faceva riferimento la collega Rossomando a proposito della vendita dei beni mafiosi, provvedimento assai pericoloso, perché ipotizzare la vendita nelle zone a connotazione malavitosa significa far tornare quel bene nella proprietà di quelle organizzazioni con introiti molto bassi.
Poiché si prevede che questi introiti vadano ad alimentare il fondo unico sulla giustizia non si avrebbe neanche la soddisfazione di aver fatto cassa, sebbene su materie di questo genere sulle esigenze di fare cassa prevalgano quelle di prevenzione e legalità contro la mafia.
Un'altra questione riguarda il processo civile. Le ricordo, signor Ministro, la sua dichiarazione del 4 marzo 2009: «si tratta di una vittoria straordinaria, che assicura una forte accelerazione dei giudizi, snellendone le varie fasi e garantendo una decisione più rapida delle controversie». Questo provvedimento è entrato in vigore dal 4 marzo e le chiedo...

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Dal 4 luglio.

CINZIA CAPANO. Sì, dal 4 luglio. Vorrei chiederle se ad oggi lei abbia motivi oggettivi di confermare questo suo ottimismo. Gliel'ho sentito fare sulla testimonianza scritta, ma purtroppo i miei dati sono diversi dai suoi. Mi dicono di un limitatissimo utilizzo della testimonianza scritta, anche per effetto delle modifiche introdotte in seconda lettura alla Camera.
Per quanto riguarda la questione delle sedi giudiziarie, le vorrei ricordare, signor Ministro, che abbiamo cercato di mandare i magistrati di prima nomina nelle sedi giudiziarie non per favorire quello che lei ha definito, con un termine che non ho trovato gradevole, «nonnismo giudiziario», ma perché voi avevate modificato i criteri delle sedi disagiate, svincolando dalla rilevanza il numero delle questioni penali e delle questioni civili e collegando esclusivamente le sedi disagiate alla copertura dei posti nei concorsi precedenti. Questo rendeva, quindi, più facilmente utilizzabile il criterio che anche magistrati di prima nomina potessero andare in quelle sedi, perché era mutato il concetto stesso di disagiato e non era più necessaria un'esperienza prima di rivestire quei ruoli, come era necessaria nella vecchia formulazione del concetto di sedi disagiate.
L'onorevole Ferranti le ha ricordato che ci siamo visti un anno fa e abbiamo


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parlato di tutti gli interventi che volevamo proporle. Lei aveva mostrato un grande interesse a discutere con l'opposizione di queste cose. Lei sa che per esempio sul processo civile la discussione con l'opposizione ha fruttato alcune riforme come il filtro in Cassazione. Vorrei sapere se non creda che sia arrivato il momento di aprire questa discussione con l'opposizione sulle linee programmatiche.

GUIDO MELIS. Sarò brevissimo, ponendo solo tre domande che insistono su tre punti e una domanda extra, che anticipo. Vorrei conoscere l'opinione del Ministro sul processo breve, e, se possibile, vorrei sentirglielo dire anche con un dato certo sulla previsione dei processi che saranno interessati da questo provvedimento e sulla loro reale praticabilità. Mi sembra infatti che il Ministro abbia dato due dati diversi in due momenti diversi, uno in Parlamento, l'altro qualche giorno dopo, e vorrei sapere se finalmente gli uffici del Ministero abbiano su questo problema un'idea chiara.
I tre punti che desidero affrontare sono gli incentivi per la copertura delle sedi sgradite ai pubblici ministeri, curioso titolo di cui non ci è sfuggita la polemica, le intercettazioni e le carceri. Sul primo punto vorrei sapere se abbiate dei numeri sull'applicazione di questa legge e siate in grado di quantificare l'attuale stato di vacanza delle sedi, quindi la drammaticità della situazione.
Nella regione che rappresento, la Sardegna, la situazione è molto drammatica e sono stato invitato a Nuoro al convegno Paralisi degli uffici giudiziari e svuotamento delle procure della Sardegna che si terrà l'11 dicembre. Di recente, un alto magistrato è stato spostato da Sassari a Nuoro nel tentativo di colmare in parte questa lacuna, con il risultato che adesso la lacuna si è prodotta nel tribunale di Sassari. Poiché ci troviamo in un'isola, quindi forse più sgradita di altre regioni, siamo in una situazione molto pesante, per cui mi domando se questo si possa risolvere soltanto con le battute sul «nonnismo giudiziario» e con l'appello al senso civico dei magistrati. Almeno una parte della magistratura italiana non ha bisogno di patenti di senso civico: c'è stata la lotta al terrorismo, c'è stata la lotta alla mafia, per cui i magistrati non hanno bisogno di dimostrare questo senso civico, Ministro. Il punto è che questi problemi richiedono un approccio realistico e concreto. Se la legge non va bene, la si cambi, se gli incentivi non sono sufficienti, li si aumentino, se la carriera di un giovane giudice all'inizio della sua esperienza oggi è diversa, perché arriva a quel primo incarico dopo un percorso molto più lungo e più comprovante di quanto non fosse in passato, se ne prenda atto. Non dobbiamo considerare le leggi come le tavole di Mosè, ma possiamo anche cambiarle quando l'esperienza pratica evidenzia che non funzionano.
Per quanto riguarda le intercettazioni, mi incuriosirebbe sapere perché sia trascorso quasi un anno da quando il provvedimento è stato portato al Parlamento. Evidentemente, c'è qualche problema, come sappiamo tutti, perché leggiamo i giornali, e non si può sorvolare sulle obiezioni sollevate in autorevole sede alle norme contenute in questo provvedimento. Vorrei sapere se pensiate di riproporle in quella stessa chiave e di imporle attraverso i voti di fiducia o consideriate necessario tornare sui vostri passi per quanto riguarda questo delicato provvedimento che tocca un tema così importante, e trovare una soluzione condivisa con le opposizioni.
Infine passiamo al tema delle carceri. L'estate scorsa, mentre in automobile assistevo al tramonto in Sardegna, in questo momento così magico lei dalla radio della mia auto diceva che a settembre il Piano carceri sarebbe stato certamente reso noto e varato. Siamo arrivati ai primi di dicembre e il Piano carceri è soltanto una serie di illazioni e di anticipazioni giornalistiche. Ci ha dichiarato che sono pronti 500 milioni di euro, ne prendo atto, ma allora citò una cifra molto più considerevole necessaria alla soluzione del problema, pari circa al triplo di quella citata oggi. Vorrei quindi conoscere il costo di questo Piano carceri e sapere come pensi


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di procurarsi le risorse per realizzarlo e in quali tempi. Ci ha detto che questa sarebbe la prima tranche, ma vorremmo conoscere il tempo complessivo in cui il Piano carceri potrà andare a regime. Nel frattempo, infatti, come rilevato dall'onorevole Bernardini, grazie anche ai provvedimenti del suo Governo, aumenta costantemente in maniera considerevole il numero dei detenuti. Vorrei quindi conoscere i tempi e i costi del Piano carceri.

PRESIDENTE. Accogliendo una richiesta avanzata congiuntamente dai rappresentanti dei gruppi, su proposta dell'onorevole Ferranti, ritengo di dover concludere i lavori odierni della Commissione. Faccio presente che nel corso della prossimo incontro interverranno gli onorevoli Lo Presti, Samperi, Ria, Tidei, Costa. Seguirà quindi la replica del Ministro.
Nel ringraziare il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 15,45.

II Commissione (Giustizia)

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