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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(III-V-XIV Camera e 3a-5a-14a Senato)
2.
Mercoledì 27 luglio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro degli affari esteri, Franco Frattini, in merito alle proposte di riforma del bilancio dell'Unione europea (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 46, comma 1, del Regolamento del Senato della Repubblica):

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 9
Stefani Stefano, Presidente ... 13 15
Cambursano Renato (IdV) ... 10
Dini Lamberto, Presidente della 3a Commissione del Senato della Repubblica ... 12
Divina Sergio (LNP) ... 11
Duilio Lino (PD) ... 12
Formichella Nicola (PdL) ... 11
Frattini Franco, Ministro degli affari esteri ... 3 13
Gozi Sandro (PD) ... 9
Livi Bacci Massimo (PD) ... 11
Occhiuto Roberto (UdCpTP) ... 9
Mecacci Matteo (PD) ... 12
Polledri Massimo (LNP) ... 11
Vannucci Massimo (PD) ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) - V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) - XIV (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) - 5a (BILANCIO) - 14a (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 27 luglio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 14,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro degli affari esteri, Franco Frattini, in merito alle proposte di riforma del bilancio dell'Unione europea.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 46, comma 1, del Regolamento del Senato della Repubblica, l'audizione del Ministro degli affari esteri, Franco Frattini, in merito alle proposte di riforma del bilancio dell'Unione europea.
Do la parola al Ministro Frattini.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Ringrazio i presidenti e tutti i colleghi presenti. La mia è una prima informativa sul negoziato complesso e delicato che si sta aprendo e che si avvia, nel momento in cui il collegio dei commissari, la Commissione europea, ha adottato definitivamente, lo scorso 29 giugno, la comunicazione sulla proposta di bilancio in vista della Strategia Europa 2020 e, quindi, per il periodo 2014-2020.
Esprimerei alcune riflessioni sulle modalità del negoziato e poi su alcuni temi di sostanza del negoziato stesso, su cui auspico che questo sia solo il primo di una serie di incontri, essendo il ministro degli affari esteri, cioè chi vi parla, incaricato dal Governo di coordinare per l'Italia le linee di negoziato. Chiederò, quindi, costantemente al Parlamento una valutazione specifica sui singoli capitoli su cui il negoziato potrebbe essere estremamente delicato.
L'idea è che si prosegua, avendo iniziato la scorsa settimana, durante le tre presidenze della Polonia, della Danimarca e di Cipro, in modo tale da concludere i negoziati alla fine del 2012 ed essere in condizioni di approvare gli atti legislativi e, quindi, l'entrata in vigore del quadro finanziario per il 1o gennaio 2014. Si intende lasciare l'intero anno 2013 per la procedura di approvazione degli atti legislativi, che, come voi sapete, richiede una presenza del Parlamento europeo come co-legislatore.
Il negoziato sarà coordinato prioritariamente dal Consiglio affari generali. Abbiamo pensato di costituire un cosiddetto gruppo di amici della presidenza per svolgere riunioni informali, oltre a quelle formali del Consiglio, tanto che questo gruppo si è già riunito tre volte dal 29 giugno per trattare le prime questioni relative alla struttura.
Il più ottimista degli scenari è quello di far approdare al Consiglio europeo nel marzo del 2012 una prima ipotesi di accordo. È un obiettivo molto ambizioso, perché ci permetterebbe entro la fine della presidenza danese, cioè nel giugno del


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2012, la chiusura delle questioni sospese e già nell'autunno l'adozione definitiva. Le questioni più complesse richiederanno forse più tempo, ragion per cui ho parlato della fine del 2012.
Abbiamo ascoltato il Commissario responsabile, Lewandowski, che il 18 luglio scorso ha illustrato i punti irrinunciabili secondo la Commissione. Avremo già nei prossimi giorni ulteriori valutazioni, scambi e incontri, a livello sia tecnico, sia politico, da oggi al 4 di agosto.
Come sapete, vi è un coinvolgimento già deciso del Parlamento europeo, che sarà co-legislatore. Abbiamo ritenuto, io credo saggiamente, che il Parlamento vada coinvolto prima della proposta formale adottata dal Consiglio, tenendolo al corrente anche del negoziato che si compie al Consiglio, altrimenti, come sapete, inizierà il confronto, che può portare a un braccio di ferro, a una seconda lettura e, quindi, a un allungamento. Coinvolgere il Parlamento già ora sull'andamento dei negoziati può avvicinare la possibilità di una rapida conciliazione tra Parlamento, Consiglio e Commissione.
Vi è un appuntamento importante che abbiamo già fissato per il 21 ottobre, un appuntamento che sotto la guida della presidenza polacca si articolerà in una giornata di lavoro sul bilancio europeo, con la partecipazione di parlamentari nazionali, oltre che europei. È un importante appuntamento, a cui mi auguro che vi sia una ricca partecipazione di parlamentari italiani, proprio per contribuire in modo specifico insieme ai parlamentari europei.
Per quanto riguarda il coordinamento nazionale del negoziato, la Presidenza del Consiglio ha affidato al Ministero degli affari esteri il coordinamento del tavolo tecnico, con tutte le nove amministrazioni coinvolte, per acquisire tutti gli elementi, innanzitutto da parte del Ministero dell'economia e delle finanze per i profili orizzontali.
Ho ritenuto che fosse opportuno, in primo luogo, confrontarci con i Paesi il cui peso nel negoziato, insieme all'Italia, sarà determinante. Abbiamo già svolto alcuni incontri bilaterali sul tema con Francia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Polonia. Riteniamo questi cinque Paesi attori chiave e aggiungeremo nelle prossime settimane un incontro con la Spagna. Riteniamo che questo primo giro di consultazioni ci permetterà di avere la visione degli Stati più grandi, quelli che, in termini di negoziato, certamente saranno interlocutori importanti.
Come Italia, abbiamo avuto tre incontri preliminari con la Commissione europea e abbiamo avviato un importante dialogo con le regioni. Questo è avvenuto il 14 luglio scorso, convocando con il Ministro Fitto e con il Dipartimento per le politiche di sviluppo il cosiddetto Comitato di partenariato sulla politica di coesione, che abbiamo allargato alle regioni italiane, dal momento che la politica di coesione, come sapete, sarà uno dei capitoli più delicati.
Si è costituito un gruppo di contatto che seguirà permanentemente con le regioni l'evoluzione del dossier politiche di coesione, uno dei dossier più delicati.
Quali sono i punti chiave della proposta della Commissione europea? Conoscete il titolo della proposta, che già dà l'idea delle relative linee guida. La proposta viene presentata «nel segno dell'innovazione, non della rivoluzione» e mira ad accrescere il valore aggiunto della spesa europea, con un particolare accento sulla Strategia Europa 2020, che si caratterizza per i tre pilastri della crescita intelligente, sostenibile e solidale. Queste tre caratteristiche delle politiche e delle dinamiche di crescita saranno le direttrici fondamentali del nuovo quadro finanziario.
Alcune politiche assumeranno un ruolo centrale, tra cui la politica di coesione e la Politica agricola comune. Per entrambe vi saranno riduzioni di risorse. Si darà, invece, maggiore spazio rispetto a queste due, che resteranno comunque tra le due principali linee di azione per il bilancio europeo, a politiche quali l'innovazione, le infrastrutture, che crescono enormemente, le relazioni esterne e la politica europea dell'immigrazione.
Abbiamo previsto evidentemente una strategia mirata agli obiettivi 2020. Il quadro sarà relativo al periodo 2014-2020,


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come sapete, ma è già ora previsto che a metà periodo, nel 2016, la Commissione presenterà una valutazione in corso d'opera dell'attuazione del quadro finanziario, operazione che finora non è stata compiutamente effettuata a metà del periodo e che, a mio avviso, è estremamente importante.
Quali sono i princìpi ispiratori del quadro finanziario? Il primo è quello del valore aggiunto europeo. La spesa europea deve essere un valore aggiunto e non una duplicazione o, peggio ancora, un problema per gli Stati membri.
Il secondo è l'orientamento del bilancio ai risultati e alla qualità della spesa piuttosto che alla quantità.
Il terzo obiettivo è rappresentato dalla semplificazione e dal principio di condizionalità. Specialmente quando parleremo di politiche di vicinato, la condizionalità rispetto ad alcuni princìpi sarà forse per la prima volta chiaramente introdotta nella gestione delle risorse europee.
Si aggiungono principio di solidarietà, sinergie tra bilancio comunitario e bilancio nazionale e attenzione a che la spesa europea sia una leva positiva per gli investimenti privati, cioè per far sì che la spesa europea sia un volano di slancio per incentivare e non per deprimere gli investimenti privati.
Quali sono i tetti di spesa proposti? La Commissione propone un tetto complessivo in impegni a prezzi 2011 pari a 1.025 miliardi di euro. Si tratta dell'1,05 per cento del PIL europeo, che corrisponde a pagamenti pari a 972,2 miliardi di euro ed equivale all'1 per cento del PIL europeo. Se calcoliamo attentamente, è un bilancio costante. Non vi è aumento in termini reali, perché la Commissione ha calcolato questa cifra valutando gli impegni nel 2013, l'ultimo anno del periodo precedente.
Nell'ultimo anno gli impegni sono stati di 146 miliardi. Ha moltiplicato la cifra per sette anni del periodo e vi ha aggiunto l'inflazione. Il risultato è di 1.025 miliardi di impegni, calcolato a prezzi 2011. L'ammontare nel ciclo di programmazione precedente, cioè quello in corso, è di 994 miliardi in impegni, anch'essi pari all'1,05 per cento del PIL.
La Commissione ha poi presentato un secondo quadro, quello delle spese fuori bilancio. Le spese fuori bilancio comprendono gli strumenti di flessibilità. Si tratta delle cosiddette spese potenziali da inserire nel quadro finanziario, una volta attuate.
Porto tre esempi: le riserve per aiuti di emergenza, lo strumento di flessibilità generale e il fondo di solidarietà. Verrà aggiunto un nuovo fondo tra le spese potenziali, fuori bilancio, che si chiamerà Fondo emergenze per il settore agricolo, un fondo che finora non esisteva.
Tra le spese fuori bilancio figurano anche il FES, il Fondo europeo per lo sviluppo, che è tradizionalmente fuori bilancio, nonché un importante progetto internazionale, il progetto ITER, un progetto sulla fusione nucleare cui l'Europa partecipa, come sapete, insieme ad altri e il progetto GMES, il progetto di osservazione satellitare della terra. Sono due progetti di larga scala internazionale che non possono essere ex ante quantificati in bilancio e per i quali, quindi, si lascia una spesa potenziale.
Per tutte queste spese fuori bilancio si prevede un tetto di 58 miliardi. Ai 1.025 si sommano i 58 e si arriva complessivamente, tra spese del quadro e spese fuori bilancio, a 1.083.
Avendo parlato del sistema di osservazione satellitare, resta in bilancio il sistema Galileo. Si tratta a sua volta di un sistema satellitare, ma resta in bilancio perché ne conosciamo esattamente l'allocazione, che è molto ricca, essendo di 7 miliardi, ma comunque predeterminata.
Vengo allo schema di entrate europee. Vi è una parziale innovazione rispetto all'esistente, con una proposta di un'imposta europea sulle transazioni finanziarie e una nuova risorsa IVA che sostituirebbe il sistema attuale. L'obiettivo è quello di ridurre il contributo degli Stati membri rispetto alle entrate di fonte comunitaria.


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Ciò ovviamente ridurrebbe il grande problema, anche italiano, dei cosiddetti saldi netti.
L'entrata in vigore di queste due voci è prevista entro il 1o gennaio 2018 e non oltre, forse prima, ma comunque durante il prossimo periodo del quadro 2014-2020.
La Commissione stima che, se questo meccanismo venisse effettivamente adottato come proposto, il bilancio attuale dell'Unione verrebbe finanziato nel prossimo periodo per il 40 per cento dal PIL degli Stati membri, laddove adesso è ora al 75 per cento a carico degli Stati membri, per un 40 per cento dalle risorse proprie - si assorbe una buona parte del contributo statale - e per il restante 20 per cento da una quota di risorse proprie che già esistevano, cioè i dazi doganali, che aumenterebbero leggermente rispetto al periodo precedente.
Vi sarebbe poi una proposta di semplificazione delle cosiddette correzioni di bilancio, che riguardano il problema tradizionale di alcuni grandi contributori netti. Si parla di riduzioni forfettarie per alcuni Paesi.
Questa è la proposta della Commissione, su cui l'Italia ovviamente ha molto da eccepire, perché si immagina una riduzione forfettaria sul contributo di Germania, Olanda, Regno Unito e Svezia, rimanendo fermo l'impegno, già assunto in passato, di limitare i contributi degli Stati membri che, senza questi aggiustamenti, sarebbero soggetti a oneri eccessivi rispetto ai propri livelli di prosperità. La questione si applica anche all'Italia, visto che il livello medio della calcolata prosperità si è abbassato.
Quali sono le politiche ritenute prioritarie nel quadro della Commissione? Innanzitutto vi è il nuovo Piano strategico per ricerca, innovazione e sviluppo tecnologico. La Commissione l'ha chiamato Orizzonte 2020 e intende raggruppare in un unico programma una serie di finanziamenti che oggi vengono assegnati ad aree diverse.
Questo unico programma di ricerca, innovazione e sviluppo tecnologico mirerebbe all'eccellenza della ricerca di base, alla capacità di affrontare le sfide della società, quindi le sfide emergenti per le dinamiche sociali che cambiano, all'aumento di competitività e alla creazione di nuove leadership industriali nel mondo globalizzato, ossia la capacità di competere sulla scena globale.
Per questo quadro strategico unificato si prevedono 80 miliardi. A questi 80 miliardi aggiungeremmo una quota che viene inserita nei fondi strutturali, ma che viene dedicata ai medesimi obiettivi, pur non essendo nel quadro strategico comune.
La seconda grande politica è la politica di coesione. Nel quadro europeo la proposta è di 336 miliardi, inferiore ai 354 del quadro attuale, 162 per le regioni cosiddette in convergenza, 38,9 per le regioni cosiddette in transizione, 53,1 per le regioni in competitività, 11,7 per la cooperazione territoriale, 68,7 per il fondo di coesione. Da queste somme noi ancora non riusciamo a estrapolare, perché è prematuro, quali risorse siano destinate all'Italia e, in particolare, alla componente del Mezzogiorno italiano.
La comunicazione della Commissione avanza l'ipotesi di adottare quote minime per far scattare l'intervento del Fondo sociale europeo, sia quelle relative alle regioni, sia quelle relativa agli interventi nel campo dell'efficienza energetica e dell'energia rinnovabile nelle regioni cosiddette in transizione, che sono quelle in transizione verso lo sviluppo e quelle definite relativamente sviluppate. Per queste due categorie si prevede che la quota minima di intervento per l'efficienza energetica e l'energia rinnovabile sia del 20 per cento dei finanziamenti destinabili.
La Commissione prevede una novità su questo settore e crea una nuova categoria intermedia di regioni, quelle il cui PIL pro capite è compreso tra il 75 e il 90 per cento della media dell'Unione europea. Queste intensità di aiuto non saranno inferiori ai due terzi di quelle attribuite nel precedente periodo se le regioni erano già nell'obiettivo convergenza, mentre, se non vi erano comprese, sarebbero commisurate al livello del PIL. Anche su questo


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punto i chiarimenti sui dettagli della proposta ancora non ci sono, ma esiste la prospettiva di creazione di una categoria intermedia.
L'altro quadro importante è quello delle infrastrutture. Vi ho riferito che il settore cresce enormemente e riguarda trasporti, energia e tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
La Commissione prevede un fondo, da essa gestito, che destinerebbe 40 miliardi, rispetto ai 13 miliardi che oggi sono forniti, per le reti di trasporto transeuropee. Si passa, dunque, da 13 a 40 per le reti transeuropee. L'importo sarebbe di 9,1 miliardi per le infrastrutture energetiche, di 31,6 per le infrastrutture di trasporto e di 9,1 per le tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
La quarta linea di azione è la Politica agricola comune, che resta un capitolo fondamentale, anche se scende ai 382 miliardi attuali rispetto ai 413 precedenti e, quindi, di circa 30 miliardi. Quali sono le innovazioni per la Politica agricola comune? Il primo punto è che il 30 per cento degli aiuti diretti sarà subordinato e condizionato a progetti con elevata sostenibilità ambientale nel settore agricolo.
Viene previsto un meccanismo di convergenza per la distribuzione degli aiuti diretti, un meccanismo molto complesso, perché gli Stati membri che hanno meno del 90 per cento della media potranno ridurre di un terzo questo divario attraverso un corrispondente trasferimento di risorse degli Stati che ricevono più della media. Ci sarà, quindi, una compensazione tra chi riceve più della media e chi riceve meno del 90 per cento della media. Queste, lo ripeto, sono le proposte della Commissione.
All'interno del settore agricolo c'è un documento importante che riguarda sviluppo rurale e pesca. Questo documento è per ora annunciato, ma già sappiamo che conterrebbe un criterio penalizzante per l'Italia, quello del riferimento anche alla superficie. Voi sapete che la superficie beneficia grandi Paesi con enormi aree coltivabili rispetto all'Italia, che ha spazi minori, ma agricoltura di maggiore qualità.
Un ulteriore capitolo è quello dell'investimento in capitale umano. Un fondo importante riguarderà educazione e innovatività, per le quali saranno destinati rispettivamente 15,2 e 1,6 miliardi, che saranno aggiuntivi a valere sui fondi strutturali, ma avranno questa destinazione specifica.
Vi è poi il capitolo immigrazione. Anch'esso cresce molto, dagli 11,5 miliardi del periodo attuale ai 18,5 del nuovo periodo. Vi sarà un duplice fondo, il fondo migrazioni e il fondo sicurezza interna. La semplificazione, riducendo il numero dei programmi, sarà estremamente importante, perché evidentemente questi due programmi avranno una dimensione esterna e saranno applicabili ai Paesi membri con una proiezione verso i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori.
Infine, il fondo per l'azione esterna, relativo al ruolo dell'Europa nel mondo per intenderci, sale a 70 miliardi rispetto ai 56 del passato. Vi è attenzione verso gli Obiettivi di sviluppo del millennio. Restano fuori dal bilancio, come ho accennato, il Fondo europeo di sviluppo, ma anche il Fondo per i cambiamenti climatici.
Le spese amministrative ammontano oggi al 5,7 per cento della spesa corrente e sono di circa 56 miliardi. Questi 56 miliardi sono stimati in aumento a 62 miliardi come incremento dovuto al cambiamento del costo reale e, quindi, con un'invarianza sostanziale.
Da ultimo, svolgo le mie prime valutazioni sui suddetti punti. Evidentemente l'azione dell'Italia dovrà guardare a quattro parametri.
Il primo è il rigore del bilancio. Non possiamo permetterci indulgenze; visto che lo Stato resta un contributore netto ed è chiamato a uno sforzo straordinario per il miglioramento dei conti pubblici, chiederemo innanzitutto all'Europa un rigore assoluto nella definizione del bilancio comunitario.


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L'Italia è oggi ancora un contributore netto per circa 5 miliardi. Abbiamo già ricordato all'inizio del negoziato che si tratta di una situazione non sostenibile per l'Italia. Rimanere contributore netto a questi livelli è anche iniquo, perché l'Italia è scesa nel livello di prosperità relativa sotto la media europea. Siamo ai limiti della media, forse un po' sotto, ed essere il terzo contributore netto per 5 miliardi è insostenibile. Per questo motivo abbiamo già segnalato fin dalla prima riunione un'opposizione netta a rivedere i rimborsi ad altri Paesi in modo forfettario e selettivo. Si erogano rimborsi alla Germania, alla Svezia, al Regno Unito e ai Paesi Bassi, ma non all'Italia, il che è assolutamente impensabile. Stiamo chiedendo già da ora una rimodulazione della proposta della Commissione a proposito di questo tema.
Una valutazione più completa sull'ammontare richiederà, però, una dettagliata composizione del quadro finanziario pluriennale, che ci deve essere fornita dopo la prima rimodulazione della proposta per garantire innanzitutto che l'Italia scenda nel suo contributo netto e che esso sia allineato a quello degli altri Paesi europei in termini di rapporto con la prosperità relativa e con lo sforzo straordinario a cui l'Italia viene chiamata per i propri conti pubblici. La seconda garanzia che noi chiediamo sin d'ora è quella del rigore della sua attuazione, cioè delle compensazioni a favore di Paesi come il nostro.
Quanto alle due nuove risorse proprie europee, noi siamo aperti alla discussione, ma non possiamo ora definire completamente la posizione italiana, senza avere chiarimenti sulla natura di queste risorse fiscali per capire quale ne sarà l'impatto amministrativo e strutturale.
Per quanto riguarda la politica di coesione, continuiamo a ritenerla una priorità assoluta per l'Italia. Non conosciamo i criteri di riparto e li conosceremo, ma con grande chiarezza affermo che non potremo mai accettare una decurtazione non proporzionale a tutto il resto del sistema europeo di trasferimenti alle zone meno svantaggiate del territorio italiano, territorio che mostra ancora una disparità relativa elevata di cui le politiche di coesione dovranno necessariamente tener conto.
Riteniamo per ora, quindi, non soddisfacente la proposta sulle politiche di coesione, perché vi sono condizionalità ex ante, cioè requisiti da rispettare prima di ricevere i fondi, che sono molto deboli, mentre si accentra tutto sulle condizionalità ex post. Noi vogliamo un rispetto ex ante ed ex post e che non siano penalizzati due volte i Paesi che hanno, da un lato, una grande attenzione al mantenimento dei parametri europei del Patto di stabilità e crescita e, dall'altro, una grande attenzione alla capacità di tiraggio dei fondi europei. Se questi Paesi venissero penalizzati due volte, l'Italia rischierebbe di essere tra di essi.
Siamo molto favorevoli, invece, alla mobilitazione di privati per le infrastrutture e all'idea dei project bond europei, ma con un limite: l'idea di un fondo infrastrutture di ben 40 miliardi nelle sole mani della Commissione europea francamente ci sembra meritevole di discussione. Pensate poi alla lista delle opere, che ancora non è completa, dalla quale, per esempio, la Sicilia è stata completamente espunta. Ciò dà l'idea dell'incompletezza e dell'inaccettabilità del quadro delle infrastrutture transeuropee che è stato presentato.
Sulla Politica agricola comune nutriamo perplessità di fondo relative alla riduzione globale della spesa agricola, che è già stata ridotta progressivamente nel settennio 2007-2013. Questo meccanismo va vigilato e controllato.
Inoltre, la proposta della Commissione che prevede sugli aiuti diretti il livellamento dei contributi in ragione di ettaro, cioè di superficie, come ho già riferito, darebbe certamente all'Italia un calo di valore, avendo il nostro Paese una superficie agricola più limitata, ma una qualità certamente maggiore.
Non è ancora chiarito se questo taglio sarà omogeneo ovvero tanto più che alto quanto più ci si distanzierà dal valore medio. Su questo punto dovremo prestare grandissima attenzione.


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Sulla pesca e sullo sviluppo rurale non abbiamo ancora le informazioni sul riparto e, quindi, non sono in grado di esprimere valutazioni.
Per ricerca e innovazione auspichiamo soprattutto una semplificazione delle procedure. Voi sapete che è difficilissimo oggi partecipare ai progetti, perché le procedure sono estremamente complicate.
Siamo, infine, favorevoli ad aumentare i fondi per l'azione esterna e per le politiche migratorie, ma avremmo auspicato e auspicheremmo un intervento economicamente più consistente per la parte destinata alle politiche di vicinato mediterranee. Abbiamo somme globali che, ripartite per tutte le aree del mondo, non danno per il Mediterraneo l'attenzione prioritaria che noi avremmo voluto.
Questi sono i punti chiave, che ho enucleato, malgrado la loro complessità. L'incontro di oggi è solo l'apertura di un confronto che deve proseguire.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro Frattini.
Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

SANDRO GOZI. Grazie, presidente. Signor ministro, la ringrazio. Le sue relazioni sono sempre complete e molto dettagliate.
Mi sembra che dal documento del Governo di maggio e dalla sua relazione di oggi emerga comunque ancora un nodo critico, ossia la necessità per l'Italia di trovare un equilibrio, che non mi sembra ancora raggiunto, tra, da una parte, il miglioramento del nostro saldo netto negativo, a cui lei ha fatto più volte riferimento, anche rispetto alla logica di Fontainebleau e a tutto ciò che ne consegue, e, dall'altra, l'incremento del volume del bilancio, il valore aggiunto. Quali sono le priorità del Governo e su quali, quando il negoziato si stringerà, vorremo puntare, difendere a tutti i costi il saldo netto oppure insistere su un aumento del valore aggiunto del bilancio?
Capisco che, soprattutto con tutte le eccezioni, non solo britanniche, siamo i contributori netti meno «eccezionali» dell'Unione, ma non so fino a che punto, se portato alle estreme conseguenze, l'atteggiamento di contributore netto risponda pienamente ai nostri interessi strategici.
Faccio riferimento, per esempio, proprio a un punto su cui io concordo pienamente con lei, ossia il Mediterraneo. Sono conti molto grossolani, ascoltandola e guardando le cifre, ma, se per l'Unione europea nel mondo è previsto circa l'8 per cento del nuovo bilancio e all'interno dobbiamo trovare le risorse per il Mediterraneo, posso capire che al contributore netto olandese, britannico o anche tedesco ciò possa stare bene, ma non credo che possa stare bene all'Italia.
A mio parere c'è ancora, e certamente il Parlamento è pronto a dialogare col Governo su questo tema, molto lavoro da svolgere, come posizione italiana, su questo punto specifico.
Sui project bond lei si preoccupava del ruolo della Commissione, ma io mi preoccuperei dei complicati meccanismi intergovernativi. Le chiedo se ci può spiegare un po' meglio qual è la nostra posizione.

ROBERTO OCCHIUTO. Chiedo solo un chiarimento al ministro, che anch'io ringrazio, anche perché è costretto a svolgere un doppio lavoro, facendosi carico anche delle responsabilità che dovrebbero essere proprie del ministro per le politiche europee.
Noi condividiamo molte delle preoccupazioni che lei ha rappresentato nella sua relazione, per esempio in ordine alla politica per l'agricoltura. Vorremmo evidenziare che quelle risorse, benché impegnino circa la metà del bilancio dell'Unione europea, non sono aggiuntive, ma esclusive per l'agricoltura e che, quindi, esiste il rischio di distruggere l'agricoltura del nostro Paese.
Le perplessità riguardano soprattutto la politica di coesione. Lei vi ha fatto cenno nella sua relazione. All'interno della politica di coesione soprattutto vi sono le risorse riferibili alle regioni dell'obiettivo


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convergenza, che nella proposta di bilancio della Commissione europea verrebbero ridotte di circa il 20-25 per cento.
Il chiarimento che chiedo di avere è il seguente: io so che il Governo ha rappresentato molte perplessità anche in ordine alla costituzione di questa nuova classificazione di regioni che dovrebbe unire quelle phasing in e phasing out e quelle in transizione e ha fatto bene a farlo. Sembrerebbe, però, che proprio alcune regioni interessate a entrare in questa nuova classificazione intermedia abbiano espresso alla Comunità europea un'intenzione nettamente opposta a quella del Governo. Rimarrebbero così nella classificazione delle regioni a obiettivo convergenza solo la Calabria, la Sicilia, la Campania e la Puglia.
Vorrei anche ricordare che noi cederemo risorse alle altre regioni che entreranno nell'obiettivo convergenza e che nella proposta del bilancio c'è addirittura una contrazione del monte complessivo delle risorse per queste regioni, ragion per cui il chiarimento che vorrei è in ordine a questa circostanza e a come soprattutto il Governo intenda risolvere questo difetto di comunicazione - chiamiamolo così - fra il nostro Paese e la Commissione.

MASSIMO VANNUCCI. Ringrazio il signor ministro. Mi sembra di aver capito che fra le altre questioni il Governo non concordi sulle linee di riforma del sistema delle risorse proprie proposto.
Il Governo italiano ha un progetto alternativo o difende tout court l'attuale situazione, cioè è convinto di non modificare l'entrata propria dell'IVA? Il Governo, nel contrastare questa riforma, sostanzia la sua posizione con uno studio, cioè si propone di modificare il regime IVA, di introdurre la tassazione delle transazioni finanziarie, la tassa sulle quote di emissione, sul trasporto aereo, sull'energia? La domanda che le pongo è se noi siamo attrezzati nel rispondere no sulla base di conti che abbiamo eseguito sugli effetti che i nuovi provvedimenti potrebbero avere per l'economia italiana e su quale sarebbe il contributo effettivo dell'Italia?
A me sembra, purtroppo, che il Governo in ciò sia debole, perché non ha una proposta alternativa e non è in grado di conoscere i conti.
Anche sulla critica - mi scusi, signor ministro - ai meccanismi di correzione, noi abbiamo lo sconto britannico, che è storico. Già nel passato, nel 2007-2013, godevano di sconti Germania, Paesi Bassi, Svezia e Austria. Questo forfait di 2,5 miliardi per la Germania, di oltre un miliardo per i Paesi Bassi, di 3,6 miliardi per il Regno Unito, di un totale di 7,5 miliardi di correttivi su che criteri di calcolo è basato? Qual è l'oggettività nel sostenere oggi che da qui al 2020 questi quattro Paesi contribuiranno di meno, senza conoscere gli effetti che nell'economia ci saranno dal 2013 al 2020? Le chiedo se lei può rafforzare la posizione di contrarietà con dati oggettivi.

RENATO CAMBURSANO. Anch'io, come il collega Gozi, mi interrogo se valga la pena tenere una battaglia, magari a perdere, sul saldo netto o se, come Italia, non sia il caso di porci di più il problema sul valore aggiunto del bilancio, soprattutto se riuscissimo, come speriamo, a incidere maggiormente.
Signor ministro, intanto la ringrazio. Lei ha parlato, dando la sua disponibilità, di sostenere il progetto sui project bond. Non ha detto, invece, nulla sugli eurobond o union bond. Mi piacerebbe conoscere la sua posizione.
Vengo a una seconda domanda. Lei ha affermato, e non posso che esserne soddisfatto, che il tavolo corrisponderà direttamente al Ministero degli affari esteri. Nella mia relazione alla Commissione bilancio ieri ho posto la questione e chiedo a lei, signor ministro, come intende coinvolgere non solo i soggetti istituzionali, ma anche le parti sociali e il mondo imprenditoriale, con quale calendario e con quali soggetti?
La terza e ultima domanda è che cosa pensa della riserva di premialità europea


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legata al raggiungimento degli obiettivi dell'Europa 2020.

NICOLA FORMICHELLA. Ringrazio il signor ministro e gli pongo due domande veloci.
Condivido la prima domanda con il collega Occhiuto, nel senso che svolgo una piccola integrazione. Anche noi siamo preoccupati per quanto riguarda la politica di coesione, perché si riduce per circa 28 miliardi lo stanziamento per l'obiettivo convergenza. Visto che con le regioni in transizione noi andiamo ovviamente a perdere molti soldi in favore di regioni più popolose di Francia, Germania e Spagna, mentre, come sappiamo, le regioni che potrebbero rientrare tra quelle in transizione hanno una popolazione molto inferiore rispetto a quelle dell'obiettivo convergenza, il Governo intende ancora reiterare l'opposizione che ha già formulato il Ministro Fitto rispetto al nuovo obiettivo delle regioni in transizione?
La seconda domanda riguarda i 40 miliardi stanziati per il meccanismo per collegare l'Europa. Il Governo intenda vigilare su questo meccanismo? Per esempio, nel corridoio Helsinki-La Valletta si parla di un collegamento ferroviario Napoli-Bari-La Valletta e non si capisce bene come si possano collegare via treno Bari e La Valletta.

MASSIMO LIVI BACCI. Svolgo un'osservazione del tutto ragionieristica. In realtà, l'incidenza sul prodotto lordo europeo tende a diminuire nell'arco dei sette anni. Io vedo un 1,1 per cento nel quinquennio passato e uno 0,94 per cento nell'ultimo anno del periodo. Sono 20 centesimi di punto, che rappresentano alcune decine di miliardi all'anno. È una curiosità. Forse, se bisogna tenerle fisse, teniamole fisse cercando di aumentarle, invece che diminuirle.
L'altra osservazione è talmente generale che forse lei la considererà quasi irricevibile. È chiaro che, con tutto ciò che è successo negli ultimi sei mesi, i fondi per l'azione esterna per la cooperazione e per gli strumenti di partenariato sembrano veramente nani di fronte alla dimensione dei problemi.
Ben venga l'azione italiana per cercare di strappare più risorse in quest'area cruciale, però mi domando, nell'insieme di un bilancio europeo, se ci sia una relazione, seppure indiretta, tra gli aiuti all'agricoltura, che rappresentano ancora un 28 per cento del bilancio, e la cooperazione. È un legame molto indiretto, ma sappiamo che più alti sono questi aiuti e meno noi sosteniamo le economie di quei Paesi che nell'ultimo anno sono stati in perpetuo sommovimento e che hanno bisogno, quindi, del sostegno della cooperazione. È un tema estremamente generale, ma mi piacerebbe conoscere la sua opinione in merito.

SERGIO DIVINA. Signor ministro, mi ha colpito la parte di intervento in cui sosteneva che la prossima politica agricola si baserà su progetti mirati e che il 30 per cento degli aiuti sarà destinato a progetti ad alta sostenibilità ambientale. Lei ha anche paventato il rischio che il parametro possa essere quello della superficie. In questo caso l'Italia ne uscirebbe svantaggiata o penalizzata.
Vorrei farle presente un punto sull'agricoltura di montagna. Già oggi essa è una Cenerentola a livello europeo, in quanto i terreni agricoli montani a livello europeo sono l'8 per cento contro il 92 per cento dell'agricoltura di pianura. L'agricoltura di montagna è già svantaggiata, però contribuisce a un mantenimento ambientale e a un presidio del territorio.
La mia domanda, ma è anche un sollecito, è se non sia il caso di far pesare proprio questo aspetto nell'assegnazione dei prossimi contributi e di definire un po' meglio la funzione che avrà la montagna in agricoltura.

MASSIMO POLLEDRI. Riprendo anch'io la domanda sulla PAC. Da due simulazioni, al di là della montagna, risulta che alla Pianura padana e alle zone del Nord non toccherebbero che le briciole, il che comporterebbe un disastro. Chiedo se il ministro ha notizia di questo.


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Su Galileo, ITER e GMES e politica spaziale mi sembra buona l'idea del Governo di insistere, perché ci sono numerose aziende italiane.
La terza è il benedetto Protocollo di Kyoto che il Ministro Prestigiacomo ha incominciato a ridiscutere e che ci costerà 8 miliardi di euro di quote di CO2, che arricchiranno non si sa bene chi, ma che di sicuro la nostra industria non potrà sostenere.

LINO DUILIO. Grazie, signor ministro. Volevo porre due domande telegrafiche.
Una riguarda le risorse proprie del bilancio europeo, che, come sappiamo, equivalgono all'1 per cento della ricchezza dell'Europa, del PIL, e a un cinquantesimo del bilancio degli Stati membri. Il Presidente Barroso ha affermato che, proprio perché queste risorse sono poche, bisogna far sì che ogni euro venga investito in modo da produrre il massimo di valore aggiunto, un principio che non si può non condividere.
Secondo lei, questo problema di un bilancio europeo che ha risorse proprie ridicole o, più elegantemente, risibili non dovrebbe essere affrontato in modo più cospicuo dai diversi Stati in un'ottica europea, senza confidare sui project bond e su strumenti fuori bilancio, che l'Europa può garantire, ma che fondamentalmente si basano sugli interventi di terzi e di privati?
Sulle politiche di coesione ho sentito parlare di saldo netto tra ciò che diamo e ciò che riceviamo. L'utilizzo delle risorse a livello comunitario evidentemente fa riferimento a un valore aggiunto per l'Europa e, quindi, il discorso un po' ragionieristico del cercare di avere ciò che si è dato mi sembra confliggere un poco, da un punto di vista politico, con l'obiettivo delle politiche di coesione. È d'accordo oppure no?

MATTEO MECACCI. Svolgo una nota a margine. Mi ha incuriosito il dato che ha fornito il ministro sulle spese amministrative, che passerebbero da 55 a 62 miliardi. Per spese amministrative si intende spese dell'amministrazione europea. In un momento in cui le amministrazioni e i Governi nazionali bloccano o tagliano le spese amministrative, inviterei a capire meglio quanto meno in che cosa consistano tali spese.

LAMBERTO DINI, Presidente della 3a Commissione del Senato della Repubblica. Signor ministro, vedo che, nonostante le grandi sfide che l'Unione europea si trova di fronte, i Governi dei Paesi membri non intendono assolutamente affrontare la questione della dimensione del bilancio comunitario, che è forse in diminuzione. Questa è la prima osservazione.
Io credo che la situazione attuale, vista la scarsa competitività dell'Unione europea e lo sviluppo futuro delle sue esportazioni, richiederebbe un'azione di stimolo per l'innovazione e investimenti da parte dell'Unione europea molto importanti, ma credo che ci siano vincoli che vengono sempre della Germania o da altri. Possibile che fra a i 27 Paesi nessuno si ponga il problema che questo è un bilancio irrisorio rispetto alle necessità?
L'introduzione di un'imposta europea sulle transazioni finanziarie può essere una buona idea, però abbiamo sempre saputo che questo tipo di imposizione si può effettuare soltanto se è globale e se tutti gli altri Paesi la applicano, altrimenti naturalmente ci sarà uno shift, uno spostamento di transazioni finanziarie al di fuori dei Paesi dell'Unione europea e si andrà su altri mercati, naturalmente sugli Stati Uniti e su altri.
Siamo sicuri, nonostante il Commissario Barnier ne abbia fatto una grande pubblicità, che essa funzionerà? Certamente, se si pone un'imposta sulle transazioni che riguardano la benzina e l'energia funzionerà, ma le transazioni finanziarie sono naturalmente un'altra questione.
Siamo sicuri che questo tipo di bilancio, nonostante tutte le semplificazioni che si intendono effettuare, risponderà alle necessità e alle esigenze attuali dell'Unione europea?


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI STEFANO STEFANI

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Frattini per la replica.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Grazie molte. Considero questa solo una prima occasione per cominciare ad affrontare gli argomenti e scorro per grandi temi.
L'onorevole Gozi e altri colleghi hanno sollevato una questione molto seria, quella del saldo netto italiano e di altri Paesi.
Io ho affermato che l'obiettivo è di affrontare questo tema in collegamento con l'altra richiesta italiana, cioè che siano tenute in considerazione le priorità dell'Italia. In altri termini, più semplicemente, noi non possiamo al tempo stesso accettare di continuare a essere contributori netti per 5 miliardi e di non vedere rispettate nel bilancio le priorità essenziali per l'Italia. È questa la condizione che fa scattare il rigore negoziale ed è assolutamente evidente, come da alcuni colleghi ho compreso, che, se noi dovessimo vedere ben rispettate nel bilancio le principali priorità dell'Italia, sarebbe proporzionalmente meno dura la posizione negoziale italiana sulla correzione del saldo netto.
È evidente, le due questioni stanno insieme. Comprendete bene che, se sulle politiche di coesione, che molti di voi, alla luce di quanto vi ho comunicato, hanno osservato dover essere corrette rispetto alla proposta, la correzione fosse insufficiente, se sull'agricoltura, se sull'azione esterna, se sul Mediterraneo vedessimo difficoltà e problemi, sarebbe corrispondentemente più rigorosa la nostra posizione sul parziale recupero della contribuzione netta.
Certamente il tema dell'agricoltura, come hanno osservato in molti, resta fondamentale, anche con riferimento ad alcune questioni specifiche. Oggi io non sono in grado di esprimere una valutazione finale, perché non conosciamo i dettagli della documentazione, che cominceremo ovviamente a studiare, ma posso già affermare che il tema, per esempio, dell'agricoltura di montagna sarà per noi e per me personalmente di speciale attenzione. È chiaro che l'agricoltura di montagna, come rilevato dal senatore Divina, è un modo di preservare l'ambiente montano e non soltanto di fare produzione agricola e, quindi, è un tema assolutamente fondamentale.
È altrettanto evidente che sul tema delle regioni noi abbiamo effettivamente visto - l'onorevole Occhiuto e altri l'hanno evidenziato - l'esistenza di una nuova categoria di regioni, quelle in transizione, che ha attirato l'interesse, anche in Italia, di alcune regioni aspiranti a entrare in quella categoria, le quali hanno immaginato contatti negoziali separati. Ciò non accadrà, posso riferirlo a tutti: ci sarà un tavolo permanente con la Conferenza delle regioni, ma è impensabile che singole regioni aspiranti a entrare in una categoria che per loro sarebbe più profittevole a scapito di altre regioni dello stesso Mezzogiorno possano condurre contatti paralleli o autonomi con le istituzioni europee. È assolutamente evidente.
Sul tema delle risorse proprie molto è stato osservato. Noi non abbiamo affermato, onorevole Vannucci, che siamo contrari. Ho comunicato a voi che siamo aperti alla discussione perché vogliamo capire, proprio perché non abbiamo una proposta alternativa e non la vogliamo formulare, quale sia l'impatto di quelle proposte. Esse non sono dettagliate e non conosciamo ancora l'impatto amministrativo sui cittadini e sulle imprese. La cumulabilità, l'espansività, l'effetto paventato dal presidente Dini che una tassa adottata sulle transazioni finanziarie solo dall'Europa creerebbe una diversione delle transazioni verso altre aree del mondo forse a scapito dell'economia europea sono tutti temi oggetto di dibattito. La mia risposta è che non siamo contrari, ma siamo aperti a un dibattito di merito e che certamente il discorso dovrà incentrarsi sul valore aggiunto di queste risorse finanziarie proprie dell'Unione europea.


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Non ho difficoltà a ripetere - ha posto il problema l'onorevole Cambursano - che agli eurobond sono favorevole. Ne abbiamo parlato a lungo al Consiglio affari generali e ne ha parlato il Ministro Tremonti in sede Ecofin.
Abbiamo avuto ritorni molto positivi. Abbiamo subito alcune battute d'arresto, come avete sentito da ultimo dal presidente della Banca centrale europea, ma non soltanto da lui. Credo che si tratti tuttora di una proposta utile e importante da tenere sul tavolo e da mantenere sul tavolo del negoziato.
Altrettanto vale per quanto riguarda il nostro ruolo negoziale. Noi coordineremo tutti gli interlocutori nazionali e ascolteremo ovviamente le parti sociali. Il nostro calendario è molto serrato. Vogliamo arrivare a ottobre, alla Conferenza che si terrà in Polonia con i parlamentari europei e nazionali, ad avere già ascoltato la posizione delle parti sociali e delle parti politiche, oltre che degli attori istituzionali. Nel mese di ottobre pensiamo di avere il quadro di una prima reazione, ma a una condizione, cioè che dalla Commissione arrivino i documenti dettagliati su ciò di cui oggi vi sto parlando. Conosciamo, per ora, solo le linee generali e non i documenti dettagliati quadro per quadro.
Discuteremo anche in questa sede della cosiddetta proposta sulla premialità europea. Sono meccanismi di incentivi che noi preferiamo rispetto ai meccanismi del disincentivo e della punizione, ma su cui mancano i criteri, ossia chi viene premiato, quando viene premiato, quali sono i comportamenti virtuosi. Ancora una volta noi ci aspetteremmo dalla Commissione una proposta sul meccanismo di premialità, che io ritengo sia un tema da discutere, e lo faremo anzitutto con il Parlamento italiano, alla luce di alcuni criteri che francamente tuttora mancano.
Onorevole Formichella, sul fondo infrastrutture la nostra vigilanza deve essere certamente maggiore di quanto la proposta attuale della Commissione ci permetterebbe. Avere un fondo sotto l'esclusivo controllo della Commissione europea renderebbe più difficile il tipo di vigilanza cui lei allude.
Concordo con il senatore Livi Bacci. La proposta della Commissione è un po' come quella di un treno che comincia a camminare molto tempo prima e, se qualcosa cambia in corsa, ha difficoltà a fermarsi e rimodulare. Ciò che è successo nel mondo arabo avrebbe richiesto una rimodulazione molto forte della politica di azione esterna e della politica di vicinato mediterraneo. Per questo motivo, avendo oltre un anno di negoziato, uno dei nostri obiettivi politici è di ottenere quella rimodulazione, cioè di far sì che il vicinato Mediterraneo, alla luce di quanto è accaduto, non si presenti, come si è presentato finora, con una proposta da alcune decine di milioni di contributi dai Paesi della riva Sud, quando il Fondo monetario, la Banca mondiale e la BEI sono in grado di mettere sul tappeto 4 miliardi. Ciò rende l'azione politica dell'Europa incomparabilmente insufficiente.
Questi sono i grandi temi. Sul tema delle risorse proprie, onorevole Duilio, se non abbiamo ancora l'idea sull'impatto non siamo in grado di affermare se occorrerebbe addirittura aumentarlo. So bene che il Presidente Barroso è molto cauto su questo punto, ma lo è perché il contribuente europeo, all'idea che arrivi la tassa dall'Europa e dell'Europa, avrebbe immediatamente una visione dell'Europa come di una realtà che, oltre a prevedere tanta burocrazia, impone anche le tasse. È un'immagine che dobbiamo correggere prima che nasca, in embrione.
Con il presidente Dini condivido in pieno l'altra osservazione di scarsa ambizione del bilancio europeo. Se un bilancio europeo deve avere sul Mediterraneo, sulle politiche agricole o sulle politiche di coesione un'ambizione maggiore, non possiamo pensare che ci sia un bilancio così limitato, ma alcuni Paesi ne hanno fatto una linea rossa durante i negoziati.
Non c'è tempo per rispondere in dettaglio al senatore Livi Bacci su un grandissimo tema che ha posto, ossia agricoltura e aiuto ai Paesi in via di sviluppo. Lei


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sa perfettamente che questa domanda avrebbe una risposta se chiudessimo il negoziato di Doha e se riuscissimo finalmente a dare una risposta quanto meno sulla circolazione dei prodotti.
Se continuassimo a chiudere a un sostegno forte ai Paesi in via di sviluppo e a mantenere il sistema agricolo così come è, la combinazione dei due elementi porterebbe certamente a flussi di immigrazione disperata, causati della mancanza di sbocco per i prodotti agricoli e di occupazione, che inevitabilmente verrebbero da noi. La prevenzione richiede una visione che, purtroppo, finora non c'è assolutamente stata.
Concludo con l'ultimissima risposta all'onorevole Mecacci. Le spese amministrative servono per tutte le istituzioni, non solo per la Commissione, quindi per Parlamento, Commissione, Consiglio, Comitato delle regioni e Comitato economico e sociale. Prima di sostenere che sono soldi buttati, anche se lei non ha affermato ciò, bisognerebbe pensarci.

PRESIDENTE. Ringraziando il Ministro Frattini e i colleghi, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,25.

III Commissione (Affari esteri e comunitari)

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