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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(III-XIV Camera e 3a-14a Senato)
11.
Giovedì 17 giugno 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

Comunicazioni del Governo sul Consiglio europeo del 17 giugno 2010:

Stefani Stefano, Presidente ... 3 7 11 14 15
Antonione Roberto (PdL) ... 8
Barbi Mario (PD) ... 8
Boldi Rossana (LNP) ... 14
Consiglio Nunziante (LNP) ... 11
Frattini Franco, Ministro degli affari esteri ... 3 11 14
Gozi Sandro (PD) ... 7
Livi Bacci Massimo (PD) ... 9
Marcenaro Pietro (PD) ... 11
Mecacci Matteo (PD) ... 10
Tempestini Francesco (PD) ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano: Misto-Noi Sud LA-PLI.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) - XIV (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
3A (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) - 14A (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 17 giugno 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 8,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sul Consiglio europeo del 17 giugno 2010.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, le comunicazioni del Governo sul Consiglio europeo che si terrà oggi 17 giugno 2010 a Bruxelles.
Ricordo che, come a suo tempo convenuto, in questa sede il Ministro Frattini replicherà ai quesiti posti durante la seduta del 9 giugno, nel corso della quale le Commissioni affari esteri di Camera e Senato hanno svolto un'audizione relativa ai recenti sviluppi della situazione in Medio Oriente, essendo l'argomento all'ordine del giorno del Consiglio europeo.
Ringrazio il Ministro Frattini, come sempre, per la sua disponibilità e lo invito a prendere la parola.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Ringrazio i presidenti e i colleghi.
Il Consiglio europeo, che si concluderà questa mattina e che è iniziato ieri sera con una prima sessione di discussione, contiene un capitolo, che è quello principale, relativo alle misure di tipo economico a seguito della crisi finanziaria ed economica globale e all'istituzione di una task force da parte del presidente Van Rompuy per il rafforzamento del Patto di stabilità e crescita.
Un altro importante capitolo è quello che mi permetterà di riprendere il tema del Medio Oriente, dal momento che i Capi di Governo oggi approveranno un documento sulle prospettive che si stanno aprendo dopo i gravi fatti che hanno riguardato la nave Mavi Marmara. Riprenderò, dunque, anche alcuni temi che abbiamo affrontato insieme nell'audizione svoltasi il 9 giugno al Senato sulla questione di Gaza e sulla prospettiva relativa.
Per quanto riguarda il primo capitolo, quello relativo alla parte economica, oggi il Consiglio europeo dovrà adottare un documento, da un lato, per avviare una dinamica di rafforzamento del Patto di stabilità e crescita e, dall'altro, per riaffermare la necessità di un forte coordinamento delle politiche economiche verso una governance economica europea, che fino a oggi non c'è stata. Finora ci si è limitati a una governance monetaria, garantita dall'euro e dalla Banca centrale, il che ha evidentemente mostrato uno sbilanciamento tra misure monetarie gestite a livello europeo e misure di politica economica fiscale prive di un framework generale europeo condiviso.
Lo sforzo, quindi, è di trarre dai lavori della task force, che ha cominciato ad operare, una linea sulla sorveglianza macroeconomica europea nei confronti degli Stati e linee guida in materia di squilibri


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di competitività e, quindi, riequilibrio della competitività nei singoli Stati membri.
La terza linea di azione, che rimane in qualche modo da approfondire e che è oggetto della discussione politica, riguarda il tipo di misure sanzionatorie nei confronti degli Stati che violano ripetutamente i criteri del Patto di stabilità e crescita. Al riguardo, si sta valutando - io credo che l'Italia debba sostenere questo orientamento che sembra prevalere - la possibilità di estendere il monitoraggio sulla performance degli Stati membri anche agli squilibri macroeconomici, ossia alla sostenibilità complessiva, non solamente ai criteri di stabilità monetaria.
È chiaro che le misure adottate dal Governo italiano sono, non a caso, apprezzate dalla Commissione europea e rappresentano la doverosa risposta, analoga a quella che tutti gli Stati stanno dando, all'esigenza di una stabilizzazione dei sistemi nazionali, e quindi di una sostenibilità delle dinamiche in ciascuno Stato membro. Lo abbiamo fatto noi, lo hanno fatto, ovviamente, la Spagna, il Portogallo, la Grecia, la Germania, la Francia. Molti di questi Paesi hanno adottato misure molto più rigorose. La Spagna ha adottato misure proporzionalmente più rigorose; la Germania, anche in valori assoluti, ha adottato una manovra da oltre 80 miliardi di euro in quattro anni, quindi 20 miliardi di euro medi l'anno, laddove la Francia arriva a 100 miliardi di euro in tre anni, oltre 30 miliardi di euro medi l'anno. Insomma, misure molto più rigorose rispetto a quelle italiane.
Qual è la proposta dell'Italia al Consiglio europeo? L'ho fatta io a Lussemburgo in termini ultimativi, non avendo trovato nella proposta per il Consiglio di oggi una risposta al concetto di sostenibilità che mi sembrasse condivisibile. In particolare, in quella proposta si parlava di debito pubblico come principale criterio di riferimento per valutare la sostenibilità. Ciò mi sembra in contraddizione con il concetto di sostenibilità complessiva, che è articolata, invece, nei diversi fattori che ne sono indice. Il debito pubblico è certamente uno di questi, ma l'indebitamento privato è oggi dimostrato essere uno dei fattori più rilevanti per il calo delle prospettive di sostenibilità. Lo abbiamo visto quando, nella prima fase della crisi, l'indebitamento privato ha provocato l'esplosione di bolle, ad esempio, nel settore immobiliare. L'indebitamento privato bancario ha determinato addirittura la necessità di salvataggi o di acquisti di banche da parte della mano pubblica. Emerge con chiarezza che il concetto di debito a cui oggi si deve far riferimento è il concetto aggregato, che costituisce, cioè, l'assimilazione, l'accostamento della componente privata e della componente pubblica dell'indebitamento in un Paese.
Vi sono Paesi come l'Italia che hanno un alto debito pubblico, ma anche un'alta ricchezza del privato, poco indebitato e, per di più, proprietario di titoli del debito pubblico. Se noi poniamo insieme questi due elementi, abbiamo la chiave della sostenibilità italiana, complessivamente migliore di quella di altri Paesi.
Inoltre, non si teneva conto di fattori che incidono sulla sostenibilità complessiva, come i fattori di indebitamento indiretto tendenziale, quali, ad esempio, la sostenibilità dei sistemi di welfare. L'Italia ha già adottato una riforma delle pensioni, altri Paesi non l'hanno fatto. La componente welfare entra sicuramente nel concetto di sostenibilità complessiva.
Ecco perché la nostra richiesta molto ferma è stata quella di un concetto più ampio e più articolato, complessivo appunto, e debbo dire che il documento che stanotte è stato preparato dalla Commissione e dal Segretariato del Consiglio raccoglie queste preoccupazioni.
Ci auguriamo, quindi, che nella discussione di questa mattina non sia necessario nuovamente negare il consenso. Come sapete, queste decisioni si adottano per consenso e non si può imporle a maggioranza, perché si tratta dei criteri generali di indirizzo. È chiaro che si deve trovare il consenso.
Il fatto che il documento di lunedì non riportasse questi princìpi e che quello di questa notte li riporti significa che gli argomenti che ora vi sto esponendo sono


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stati raccolti a Lussemburgo l'altro ieri e mi auguro che oggi siano consacrati definitivamente nell'accordo politico.
L'altro punto è, ovviamente, la strategia per la crescita. Questo è un patto di stabilità e di crescita e, quindi, dobbiamo evidentemente affidare a ciascuno Stato membro un target - 2020 - ai fini delle misure nazionali che ogni Stato adotterà per definire la componente nazionale della crescita.
Ciò evidentemente comporta, a nostro avviso, introdurre tra i parametri un forte richiamo al lavoro sulle piccole e medie imprese e sul loro ruolo, sulla riduzione degli ostacoli amministrativi e su iniziative che favoriscano la libertà economica e promuovano la crescita.
Si tratterà, quindi, di adottare quelli che sono noti come Piani nazionali di riforma in attuazione della strategia che si chiama 2020, perché punta al 2020 come momento di verifica.
In questa Strategia Europa 2020 abbiamo sottolineato due aspetti: quello delle piccole e medie imprese, di cui vi ho riferito, e quello delle politiche di coesione. Non possiamo rischiare, come Italia, di perdere nella Strategia Europa 2020 il riferimento alle politiche di coesione, non più ovviamente in chiave assistenzialistica, come in passato, ma di promozione della crescita per le aree meno sviluppate d'Europa e, in particolare, dei Paesi, come l'Italia, che hanno regioni sotto il livello di sviluppo medio dell'Unione europea.
Infine, nel Rapporto 2020 abbiamo sottolineato l'importanza di rafforzare il mercato interno. Siamo piuttosto attenti, direi anche preoccupati, rispetto alle dinamiche che tendono ad allentare la forza del mercato interno, che è stata finora una delle principali realizzazioni politiche dell'integrazione europea insieme all'euro.
Questo vuol dire che si deve continuare a incoraggiare gli Stati membri non appartenenti al gruppo euro a non fermare la loro marcia verso l'euro. Accoglieremo l'Estonia a gennaio 2011. Ieri a Budapest, per esempio, incontrando il Capo dello Stato e il nuovo Governo ungherese, ho espresso l'augurio che, anche l'Ungheria non interrompa la strada di preparazione verso l'euro e mi è stato risposto che questo effettivamente deve essere un obiettivo per tutti gli Stati che ancora non sono membri euro e che hanno deciso un giorno di diventarlo.
Tutti questi elementi sono scritti nel rapporto del professor Monti, a cui facciamo riferimento e che consideriamo veicolo fondamentale per ridare impulso politico a questa materia.
Ci sono molte altre questioni che toccano la regolamentazione del sistema finanziario, ma ve ne ricordo soltanto una. Si sta parlando di quello che è stato definito bank levy, ossia il prelievo sulle banche. Non si è chiamato taxation on banks, ma bank levy, intendendo una formula di prelievo sulle banche che mira a far contribuire il settore bancario allo sviluppo e alla sostenibilità dei conti.
A tal proposito, le riflessioni tecniche non sono giunte ancora a un punto di grande maturazione. Tuttavia, la posizione dell'Italia non è di contrarietà, bensì di richiesta forte di un quadro europeo che definisca princìpi e parametri per il prelievo nazionale, lasciando ogni Stato membro libero di adottarlo o meno.
La mia personale opinione è che il sistema bancario italiano sia stato un sistema non negativo in questa fase e che, quindi, vi siano per l'Italia meno motivazioni a intervenire rispetto a Paesi che hanno dovuto salvare o comprare le banche, dal momento che queste sono state concausa della crisi. Nel nostro Paese questo non è avvenuto.
Ciò detto, è importante che vi sia un quadro europeo e una libertà degli Stati di decidere, e - mi permetto di aggiungere - soprattutto che sia data prevalenza al prelievo sul profitto delle banche, non sul loro capitale. Proprio ieri abbiamo affrontato questo problema in Ungheria, dove abbiamo banche con forte partecipazione italiana che sarebbero grandemente penalizzate se il prelievo colpisse gli assetti, vale a dire il capitale e non, invece, anzitutto i profitti. Questo è un negoziato in corso in Ungheria proprio con il settore bancario interessato.


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Ripeto, tuttavia, che in mancanza di un quadro europeo si corre il pericolo che ogni Stato decida criteri e parametri propri, il che francamente ci sembra inopportuno.
Vi è, inoltre, il grande tema che abbiamo trattato nella scorsa audizione, che riguarda Gaza e, in generale, gli sviluppi della situazione mediorientale. Certamente, qui abbiamo compiuto un grande passo avanti. Lunedì il Consiglio di Lussemburgo ha ascoltato la relazione approfondita del rappresentante del Quartetto, Tony Blair, con il quale vi erano stati precedenti contatti. Blair, infatti, il giorno prima aveva chiamato me e, ovviamente, anche altri ministri, tra i quali quello della presidenza di turno, e l'Alto Rappresentante. Insomma, c'era stato una sorta di confronto circolare preventivo. Siamo arrivati a un documento condiviso dei 27, che ritengo sia una buona base per affrontare il post-crisi nella maniera che vi avevo sostanzialmente anticipato. Trattandosi, peraltro, di una soluzione complessiva che giudicavo di buonsenso, è stata quella che ha prevalso tra i 27 Paesi.
In altri termini, parte un'inchiesta con una componente internazionale - esattamente quello che io avevo auspicato - che si sta definendo. Alcuni elementi sono già emersi. Personalmente resto dell'idea che un forte coinvolgimento del Quartetto, attraverso Tony Blair o qualcuno dei suoi inviati, sia auspicabile. Certamente, accanto all'inchiesta internazionale occorre un'apertura progressiva di tutti i valichi intorno a Gaza, non solo quello di Rafah, ma anche quelli terrestri tra Israele e Gaza.
È evidentemente auspicabile un meccanismo di controllo di sicurezza preventivo per le merci che sono indirizzate a Gaza via mare, in particolare nei porti israeliani, dove un meccanismo di controllo può essere monitorato da una componente internazionale, che può contribuire a questi controlli di sicurezza.
Inoltre, una misura israeliana necessaria è quella di invertire il principio secondo il quale tutti i materiali sono proibiti tranne quelli espressamente autorizzati con un criterio per cui vi è una lista di materiali proibiti mentre tutti gli altri sono autorizzati.
Tale criterio si fa strada in Israele, dove, in queste ore, è in corso una discussione nel Gabinetto di sicurezza che potrebbe, in primo luogo, dare il via libera allo sblocco delle frontiere di Gaza e, in secondo luogo, approvare la lista di materiali proibiti, sbloccando tutti gli altri materiali e, quindi, salvi i controlli di sicurezza, avviare questo flusso.
L'Europa desidera contribuire al controllo delle frontiere di Gaza con la riattivazione della missione EUBAM, che tutti conoscete, che opera a Rafah, ma è attualmente congelata per la semplice ragione che all'interno della striscia di Gaza la missione europea non può accettare che l'interlocutore sia Hamas, laddove invece deve essere l'Autorità nazionale palestinese. Questo discorso vale per tutti i valichi di frontiera.
Se l'Egitto avrà successo, come ci auguriamo, nel promuovere l'ultima fase della riconciliazione palestinese e Hamas accetterà di lasciare all'ANP il controllo della parte interna dei posti di frontiera, potremo certamente anche agli altri posti di frontiera dispiegare una contribuzione europea per il controllo. Altrimenti, se ciò non accadrà, evidentemente Hamas si assumerà la grande responsabilità politica di non consentire il flusso dei beni verso la striscia di Gaza. Noi potremmo egualmente studiare un meccanismo che abiliti l'UNRWA, l'agenzia dell'ONU destinata dentro Gaza all'aiuto ai rifugiati, a rappresentare il terminale per la presa in consegna dei beni.
Sono particolarmente lieto di aver registrato nel documento di lunedì un'unanime presa di posizione che afferma chiaramente che questa crisi non deve risolversi in una vittoria di Hamas, che sostanzialmente consolidi o rafforzi il suo ruolo di interlocutore esclusivo all'interno della striscia; l'interlocutore deve essere per noi Abu Mazen e l'Autorità nazionale palestinese.
Tutto ciò è ormai decisione europea - i Capi di Stato e di Governo oggi la


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confermeranno - ed è evidentemente collegata a un appello per il quale contiamo molto sul gruppo arabo.
Ho incontrato ieri sera il Consiglio dei Paesi arabi a Roma e, in quell'occasione, con la Lega araba e alcuni Paesi che la rappresentavano, ho sostenuto con chiarezza che ci aspettiamo che in questa fase si evitino in modo completo azioni quali nuove flottiglie o situazioni del genere, che potrebbero rallentare l'applicazione della decisione europea, che è, appunto, quella di sbloccare l'assedio di Gaza, ma, al tempo stesso, garantire la sicurezza dei flussi di beni. Ho raccolto una seria attenzione del gruppo arabo, che ha tutto l'interesse a che i negoziati di pace continuino, Gaza sia sbloccata da questo assedio ormai intollerabile e la sicurezza sia garantita.
Se ciò avverrà, comprendete bene che cosa significherebbero iniziative come quelle di una flottiglia iraniana in termini di destabilizzazione di una decisione europea condivisa dal quartetto che abbiamo appena finito di prendere tre giorni fa.
Questo è il quadro post-audizione su Gaza, che è maturato - a mio avviso - positivamente nelle ultime ore.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
Colleghi, vi prego di contenere i vostri interventi entro cinque minuti, in modo da dare la possibilità al Ministro di rispondere alle vostre domande.

SANDRO GOZI. Pongo una domanda relativa al tema che mi sembra uno dei più importanti, cioè quello che viene definito della governance, che il Ministro ha trattato riferendosi al debito privato e al debito pubblico.
Noi, ovviamente, auspichiamo che questa battaglia dell'Italia vada a buon fine, perché riteniamo che certamente il debito debba essere integrato. Il caso spagnolo indica chiaramente come basarsi sul debito pubblico e basta, senza guardare al debito privato, non garantisca una stabilità delle finanze pubbliche. Da questo punto di vista, il Ministro ha tutto il nostro sostegno.
Sulla questione della governance avrei bisogno di capire, presidente, qual è la posizione dell'Italia, poiché vedo delinearsi due posizioni distinte, da una parte quella franco-tedesca, che cerca di nuovo di riattivare un asse che ci sembra in difficoltà e che punta molto su quello che viene definito l'intergovernativo - vertici di Capi di Stato e di Governo, Eurogruppo - per quanto riguarda una migliore e più efficiente gestione delle questioni politiche economiche e monetarie, dall'altra, invece, quella del Parlamento europeo nell'ultima sessione, che punta molto di più a sfruttare le prerogative attribuite alla Commissione dai trattati.
Di fronte a queste due diverse posizioni, qual è quella dell'Italia? Oppure esiste una terza via? A mio parere ci potrebbe essere una terza via per rafforzare la governance sia con la Commissione, sia con i Governi; vorrei però sapere qual è la posizione del Governo italiano.
La seconda osservazione è sempre su questo tema. Si parla, soprattutto a Berlino, di rivedere i trattati per rafforzare la governance economica. A me sembra un modo per rinviare il problema. Credo che occorrerebbe, invece, sfruttare tutto il potenziale dei trattati attuali, del Trattato di Lisbona. Anche su questo punto, qual è la politica dell'Italia? È necessario riaprire il discorso dei trattati per una migliore politica economica comune?
Passo al terzo punto. Si parla di rafforzare la stabilità attraverso un sistema di sanzioni anche collegato ai fondi europei. Qual è la posizione del Governo dal punto di vista della stabilità? È opportuno, secondo il Ministro, rafforzare i meccanismi di stabilità attraverso un controllo preventivo multilaterale più forte anche delle sanzioni effettive? Se poi le sanzioni ci sono e non si applicano, come fu nel 2003, sono inutili.
Manca la crescita e, dato che si tratta di rivedere e di rendere più effettivo un patto di stabilità e di crescita e andare al di là, che cosa propone il Governo italiano


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per quanto riguarda il lato crescita nel discorso della governance economica?

MARIO BARBI. Signor Ministro, a me pare che nell'uso del termine governance sia già implicita una scelta, ma vorrei chiederle conferma di ciò, perché, a differenza di quello che affermava l'onorevole Gozi poco fa, non mi pare che la posizione franco-tedesca sia tanto chiara e comune in questa vicenda.
Mi pare che, infatti, si siano trovati d'accordo nell'utilizzare il termine di «governo economico» ma da parte tedesca questa mi sembra una concessione più terminologica che sostanziale, mentre da parte francese vi è, invece, la volontà di affermare questo concetto e di usare questo termine come indicazione dell'orizzonte nel quale trovare la soluzione ai problemi che l'euro e l'Europa stanno affrontando.
Vorrei chiederle, in primo luogo, qual è la posizione del Governo italiano al riguardo: non è una questione lessicale, ma già l'uso del termine indica almeno una scelta dal punto di vista politico e filosofico.
Non intendo adesso entrare nei dettagli. Accenno al fatto che c'era la proposta francese del segretariato dell'Eurogruppo, che è stata accantonata, mentre i tedeschi pensano che l'euro debba essere governato a 27, il che pone qualche difficoltà e qualche problema.
Questo è il primo punto sul quale chiedo un approfondimento e qualche spiegazione ulteriore.
Il secondo punto riguarda il bank levy. Certo, il quadro europeo è una condizione minima indispensabile, ma mi pongo una domanda che riguarda lo strumento dell'imposta sulle banche, con tutti i caveat che lei ha indicato (sui profitti e non sui patrimoni e via dicendo). Non avrebbe più senso, anziché lavorare sul bank levy, pensare a un'imposta sulle transazioni finanziarie internazionali, da applicare intanto a livello europeo per le transazioni a breve e brevissimo termine? Questa avrebbe una maggiore utilità anche dal punto di vista della regolazione del sistema, nonché per arginare gli eccessi che ci sono stati. Tra l'altro, evidentemente, chiedere che il settore finanziario, che ha ecceduto sotto diversi profili, provocando la crisi nella quale ancora ci troviamo, sia chiamato a contribuire e a porre rimedio ai danni che ha determinato, sarebbe più che sensato, da un punto di vista politico, oltre che etico ed economico.
Passo alla terza domanda. La Commissione europea ha recentemente approvato una comunicazione su un piano d'azione in dodici punti a sostegno degli Obiettivi del Millennio. Non so se questo sia tema del Consiglio, se lo sarà o se lo è stato del vostro incontro di lunedì, ma probabilmente sì, perché si tratta di preparare la posizione europea in vista del vertice che si terrà i giorni 20-22 settembre prossimi, che dovrà fare il bilancio intermedio di questo programma e definire un piano di azione da qui al 2015.
Ebbene, in questa comunicazione la Commissione riconosce quanto sia difficile raggiungere l'obiettivo dello 0,7 per cento da parte dei Paesi che si sono impegnati in questo direzione, ma lo ritiene ancora, oltre che necessario, possibile. Essa dunque dà una serie di raccomandazioni ai singoli Paesi, tra l'altro quella di adottare piani annuali con indicazioni pluriennali degli impegni finanziari. Vorrei conoscere la posizione del nostro Paese su questo e sapere che cosa si profila in questo ambito.

ROBERTO ANTONIONE. Voglio ringraziare il Ministro ancora una volta per la sua puntuale relazione e svolgere alcune riflessioni su quello che io giudico un documento di grande interesse politico all'attenzione del Consiglio europeo.
Il punto che mi sembra maggiormente sia stato oggetto di lavoro da parte del nostro Governo, come ci ha raccontato il Ministro, è il cosiddetto concetto di sostenibilità, legato alla possibilità di introdurre un nuovo meccanismo che verifichi quale sia la reale condizione economica di un Paese. Questo è un aspetto fondamentale, perché se, come ci ha detto il Ministro, tutto si ferma all'analisi del debito pubblico,


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trascurando ciò che, invece, è il reale stato economico del Paese - debiti privati, capacità di sostenere il welfare e via elencando - è del tutto evidente che ci troviamo in una situazione diversa.
L'azione che è stata promossa è innovativa e, a mio avviso, strategica per noi e per l'intero sistema finanziario europeo.
Sottolineato questo aspetto, signor Ministro, vorrei da lei chiarimenti circa una situazione che credo in qualche modo possa essere utile alle riflessioni delle nostre Commissioni.
La manovra speculativa sull'euro è stata fatta - lo sappiamo - e continua ad essere oggetto di discussione. Vorrei conoscere, da parte del Ministro e del Governo, quali sono state le riflessioni fatte dai Paesi all'interno dell'area euro, perché è del tutto evidente che altri Paesi dell'Unione europea, non avendo ancora adottato l'euro - forse qualcuno addirittura non ha neanche previsto di arrivare a farlo - devono aver tenuto un atteggiamento diverso. Vorrei sapere, allora, se questa riflessione è stata fatta, ed eventualmente quali sono stati gli elementi di valutazione del comportamento di nostri partner in questa vicenda generale anche rispetto alle decisioni che si vanno ad assumere sulla cosiddetta governance, sul controllo e via dicendo. Risulta, infatti, abbastanza scontata la considerazione che ci possano essere interessi nazionali contrastanti, tali da comportare conseguentemente atteggiamenti diversi sulle risoluzioni generali.
Per quel che riguarda il discorso della crescita, mi sembra che la sottolineatura del ruolo delle piccole e medie imprese e della necessità di ridurre gli ostacoli amministrativi sia la strategia che corrisponda anche agli interessi nazionali del nostro Paese. Quanto al fatto di poter rafforzare il mercato interno, è una questione che abbiamo spesso avuto alla nostra attenzione. Questa forse è la vera grande questione ed è anche il punto più controverso e quello di più difficile soluzione: se all'interno della globalizzazione dobbiamo competere con soggetti che utilizzano meccanismi economici per noi insostenibili, si tratta di capire come tutta l'Europa possa far fronte a queste situazioni. È una grande sfida.
Sul discorso del bank levy, signor Ministro, credo che una riflessione, come lei dice, vada fatta a tutto tondo: o la fanno tutti considerandola una misura necessaria e utile, oppure, se viene adottata solo da qualcuno, o addirittura se questa corrisponde semplicemente alla necessità di dare un segnale più che una misura di sostanza, non vorrei che ricadesse, come al solito, sui contribuenti. È chiaro, infatti, che se agiamo su banche che però sono, comunque, in grado di utilizzare misure per evitare di rimetterci, alla fine l'anello debole rimane sempre lo stesso. Paghiamo sempre noi. Sono certo che su questo ci sarà attenzione da parte del Governo e da parte di tutti.
Sul discorso che abbiamo svolto al Senato la scorsa settimana circa l'episodio della Mavi Marmara, signor Ministro, so che avete avuto modo - me lo ha detto lei - di trattare la questione della Turchia, che nell'esposizione di oggi in qualche modo è risultata meno evidente. Ritengo, però, che una riflessione un po' più approfondita su questo argomento possa essere utile e servire certamente anche a noi per eventuali iniziative parlamentari.

MASSIMO LIVI BACCI. Vorrei sapere di più circa la componente internazionale prevista nella commissione di inchiesta sull'episodio della Mavi Marmara. Si tratta solamente di osservatori nella commissione, oppure la presenza internazionale avrà un ruolo più preciso e più rilevante? Questa è la domanda che mi premeva maggiormente rivolgere su questo argomento.
Vorrei anche esporre una brevissima osservazione di tipo metodologico, che non riguarda il Ministro, ma questa riunione. Che senso ha convocare un'audizione del Ministro su un Consiglio europeo ancora in corso? Capisco le audizioni per conoscere i risultati finali o quando si forma l'agenda e la posizione politica del nostro Paese. Certo, signor Ministro, noi la sentiamo sempre volentieri e, soprattutto, in


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questo caso sono stati molto utili gli approfondimenti sulla questione di Gaza. Tuttavia, la domanda rimane e riguarda forse l'organizzazione dei nostri lavori come Commissioni di Camera e Senato.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Ministro, vorrei che lei desse nome e cognome a qualcuno dei protagonisti della vicenda europea di questo momento, nel senso che vorrei che lei ci desse un'opinione, pur con tutti i condizionamenti del suo ruolo e della sua posizione, e svolgesse un minimo di riflessione sulla questione della Germania.
Come osservava il collega Barbi in precedenza, siamo privi di quella tradizionale guida ed è inutile che mi dilunghi in merito. Vorrei soltanto che lei ci desse un'indicazione, una piccola riflessione. Mi ha molto colpito quest'idea di un ritorno ai 27 Paesi per quello che riguarda l'euro.
Ci troviamo in una condizione di assoluta gravità e mi pare di poter affermare che anche le considerazioni che ha espresso sui risultati possibili di questo vertice siano ancora interlocutorie. Siamo ancora una volta di fronte a gravi difficoltà. Direi, anzi, che si sommano ulteriori difficoltà. A nessuno sfugge - e condividiamo la posizione italiana da questo punto di vista - che si è dovuto introdurre polemicamente il tema del debito aggregato, dal momento che le condizioni generali della trattativa e del confronto tra i Paesi vedono, da una parte, la Germania con una sua impostazione - sulla quale, ripeto, le chiederei una riflessione, anche se di larga massima - e dall'altra, gli altri Paesi più o meno nella possibilità di essere partecipi dell'interlocuzione proposta dalla Germania.
In una condizione di questo tipo, un'Europa che procede completamente a fari spenti come quella di oggi desta grande preoccupazione. Non sono questioni tecniche, ma politiche. A che punto siamo su questo versante?
Sulla questione che abbiamo affrontato nella scorsa occasione e sulla quale lei ci ha dato ulteriori informazioni, di cui la ringraziamo, vorrei che lei - credo che l'abbia fatto, se ho ben compreso, il collega Antonione - tornasse su quello che sta accadendo nel contesto regionale.
Ricorderà, infatti, che ci siamo lasciati su questo punto, dopo la sollecitazione del senatore Marcenaro e la mia. Come può giocare il contesto regionale?
Tutti ieri abbiamo letto l'intervista di un dirigente di Hamas, che parlava in un modo particolarmente «interessante» del ruolo possibile della Turchia. Più che possibile, è ormai in parte un ruolo che già «morde» nella condizione mediorientale. Questa è la seconda questione sulla quale forse lei, per l'economia del suo ragionamento, non ci ha potuto riferire di più nelle sue comunicazioni.

MATTEO MECACCI. In aggiunta alle considerazioni che ho svolto nella precedente audizione, Ministro, anch'io le chiederei un'osservazione sulla questione della Turchia. So che non è all'ordine del giorno come punto formale della discussione, però le chiedo comunque di darci un quadro, perché evidentemente una riflessione europea sul processo di adesione e sull'apertura di nuovi capitoli è necessaria nella prospettiva dell'adesione della Turchia all'Unione europea, in relazione alla sua sussistenza e all'eventuale modo per rafforzarla.
Sempre su questo tema, ho una curiosità, Ministro. Lei nella scorsa audizione ebbe la cortesia di annunciarci un editoriale, che poi è uscito su quotidiani di diversi Paesi. In quell'occasione, ci parlò di cinque ministri degli esteri che avrebbero dovuto firmare quel documento. Poi, in realtà, sono stati tre: Francia, Spagna e Italia. Germania e Inghilterra non hanno firmato.
Può avere la cortesia di informarci sulle ragioni per le quali tali Paesi non hanno sottoscritto il documento, specificando se fanno riferimento a posizioni politiche che hanno avuto modo di esprimersi nell'occasione del Consiglio?
All'ordine del giorno, poi, c'era la questione di Cuba. Signor Ministro, la scorsa settimana abbiamo tenuto una discussione in Parlamento su alcune mozioni, nella


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quale, per motivi contingenti probabilmente legati ai calendari della Camera, il suo ministero non era rappresentato - e neanche il Governo, devo dire - ai massimi livelli. La discussione non è stata, dunque, forse la più fruttuosa.
Visto che questa era l'occasione, se non erro, della revisione della posizione comune, non so se ci sono iniziative in corso. Lei sa benissimo - lo ha riferito apertamente anche sui quotidiani - che la situazione è grave in quel Paese e che ci sono iniziative diplomatiche in corso per porre la questione dei prigionieri politici in una prospettiva che possa portare alla soluzione. Non so se, a livello europeo o anche bilaterale, l'Italia intenda prendere alcune iniziative in merito.
Inoltre, se lo ritiene, considerata la crisi attualmente in corso in Kirghizistan, con centinaia di morti e decine di migliaia di sfollati, le chiedo di darci informazioni; visto che si trova anche davanti alle Commissioni esteri, sarebbero utili.

NUNZIANTE CONSIGLIO. Signor Ministro, l'ultimo progetto di conclusioni del Consiglio europeo indica cinque direttrici principali per quanto riguarda la Strategia Europa 2020. Come mai non vi è una precisa indicazione per quanto riguarda le piccole e medie imprese, che credo siano, in un momento storico-economico come questo, molto importanti per quanto riguarda l'Italia?

PIETRO MARCENARO. Signor Ministro, la mia è una domanda fuori sacco, fuori dall'ordine del giorno, e riguarda l'Iran, dal momento che è passato un anno dal risultato elettorale. L'altro giorno, come lei sa, è stata arrestata - non elenco tutti gli eventi, ma mi attengo all'ultimo episodio - la principale collaboratrice di Shirin Ebadi, personalità che qui alla Camera dei deputati è stata insignita del premio Alexander Langer.
La mia domanda è molto semplice: tutti noi ci domandiamo come sostenere chi in Iran si batte per la democrazia, ma lei non pensa che il modo per farlo sia quello di riconoscere e ascoltare queste persone? Il Governo italiano può trovare - naturalmente nel quadro delle responsabilità di un Governo e nel quadro delle relazioni diplomatiche che il nostro Paese intrattiene con l'Iran e il suo Governo - un modo per ascoltare e sentire queste forze e queste persone per dare loro una mano, anche se non necessariamente in questi giorni?
L'argomento è completamente al di fuori dell'ordine del giorno, ma se lei potesse oggi esprimere una riflessione, secondo me sarebbe molto significativo in questa ricorrenza.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Frattini per la replica.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Vi ringrazio per tutte le interessanti domande proposte, che affronto a gruppi.
In primo luogo, la questione franco-tedesca oggi evidenzia - come qualcuno ha lasciato intendere nella propria domanda - alcuni disallineamenti, anche forti, che non si possono evidentemente nascondere.
Esiste una visione francese, che ci ha proposto, per esempio, una strutturazione dell'Eurogruppo al livello di Capi di Stato e di Governo, dotandolo di un segretariato permanente, visione che io stesso pochi giorni fa a Berlino ho potuto riscontrare essere non condivisa dalla Germania. Vi sono propensioni tedesche a una modifica o a una riflessione sulla modifica dei Trattati che, a mio avviso, sarebbe oggi del tutto controproducente, in ragione del fatto che abbiamo appena concluso 15 anni di discussione sui trattati, adottando il Trattato di Lisbona, che non è stato nemmeno attuato o cominciamo ora ad attuarlo. Ci sono, quindi, visioni diverse.
Certamente l'Italia preferisce una posizione che si fondi sull'applicazione del Trattato di Lisbona, quindi sulle prerogative prioritarie della Commissione europea. Questo è il senso delle proposte che abbiamo avanzato, che la Commissione europea non solo apprezza, ma sta sviluppando con le sue comunicazioni.


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Certamente il tema dell'Eurogruppo resterà, ma dubito che si arriverà a una strutturazione di un Eurogruppo di Capi di Stato e di Governo con un suo segretariato permanente. Per di più, la voce che ho raccolto nei miei incontri di questa settimana - come sapete, ieri sono stato in Ungheria - ad esempio la voce dei Paesi membri entrati più di recente nell'Unione europea, che non sono membri dell'euro, è molto chiara e a mio avviso molto ragionevole.
Una cosa è il governo della moneta unica, che riguarda l'Eurogruppo e che va discusso in quell'ambito, ma quando si definiscono le regole sulla vigilanza, sulla sostenibilità degli Stati, sulle misure sanzionatorie eventuali, su cui dirò, è chiaro che le misure riguardano i 27. Non si può immaginare che vi sia un Eurogruppo che decide anche materie che riguardano gli altri 13, 14 o 15 membri e le presenta come un dato di fatto - sostanzialmente, prendere o lasciare - a tutti gli altri.
Questo è stato un punto politico molto forte, che non è solo ungherese; c'è una squadra molto consistente che, a mio avviso, giustamente dice che le regole sono di tutti e devono essere a 27. Questa è l'idea che francamente condivido.
Quanto alle sanzioni, la posizione dell'Italia è favorevole, nella misura in cui esse siano effettive, ossia sanzioni che in qualche modo prevedono misure che non possono essere, come qualcuno ha detto, la sospensione del diritto di voto di un membro dell'Eurogruppo, perché questo richiederebbe una modifica del Trattato, con tutto quello che segue, e creerebbe l'idea che l'euro sia un autobus da cui si entra e si esce. Credo che questo non sarebbe praticabile. Al contrario, l'idea di sanzioni effettive che colpiscano le inadempienze reiterate è qualcosa su cui si sta ragionando. C'è una proposta, come vi dicevo, non ancora del tutto matura, ma credo che dovremo arrivarci.
Vengo al capitolo della crescita. Nei piani nazionali ci sono le piccole e medie imprese. È evidente che tra i criteri guida si parla di molti aspetti: la libertà economica, l'eliminazione degli ostacoli amministrativi, le piccole e medie imprese, l'innovazione e il rafforzamento del mercato interno, con le linee del Piano Monti. Tutti questi elementi dovranno essere oggetto di un piano nazionale modellato sulle diversità di ogni Paese europeo. Non c'è il piano europeo, perché questo non funzionerebbe, ma il tema delle piccole e medie imprese è entrato nella discussione ed è menzionato nella comunicazione di oggi, che diventerà il criterio per i piani nazionali dedicati allo sviluppo.
Sostanzialmente questi sono i punti che toccano anche le discrasie franco-tedesche che stanno emergendo. L'onorevole Tempestini mi ha chiesto di fare nomi e cognomi, ma mi permetto di dire che oggi dobbiamo rafforzare ciò che ci unisce e non evidenziare ciò che ci divide. Siamo in una situazione complessa, non avrebbe senso indicare o puntare l'indice su questo o quel Paese. Siamo al corrente delle problematiche anche di politica interna che il Governo tedesco sta affrontando. Io credo che noi abbiamo il dovere - da qui la mia visita ad hoc a Berlino - di rafforzare e ravvivare quell'impulso europeista della Germania che è imprescindibile per andare avanti come Europa. Non sarebbe assolutamente produttivo, a mio avviso, individuare tutti i punti in cui la Germania è in contrasto con l' una o l'altra posizione.
Quanto all'asse franco-tedesco, non lo chiamerei più un asse, questo posso dirlo. Sono emerse delle visioni che di volta in volta avvicinano la Germania all'Italia, la Germania alla Francia, la Francia all'Italia e così via. Sul tema dell'Eurogruppo strutturato con un segretariato, Italia e Germania hanno la stessa opinione, diversa da quella francese. Sul debito privato la Francia è sostanzialmente disponibile, la Germania è più dubbiosa. Questo vuol dire, a mio avviso, che il metodo comunitario di lavoro a 27 si riafferma giorno dopo giorno come l'unica ricetta possibile per farci avanzare tutti quanti. Se cominciamo a pensare di costituire un gruppo che tira da un lato e un gruppo che tira dall'altro, francamente non faremo grandi progressi.


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Quanto al prelievo sulle banche, credo - l'onorevole Barbi ha fatto un'osservazione che personalmente condivido - che dovremmo pensare anche alle transazioni finanziarie a breve. C'è una riflessione in corso, nella task force, come lei sa, che non ha ancora prodotto su questo un'idea sufficientemente matura. Non escludo che Van Rompuy oggi inizi questa riflessione. Certamente, il tema è estremamente delicato. Personalmente credo che sarebbe un buon segnale, perché oggettivamente le transazioni finanziarie internazionali a breve sono state uno, se non il principale veicolo delle speculazioni. Le speculazioni, infatti, si fanno così, con transazioni finanziarie a breve, su cui si specula a brevissima distanza di tempo.
Si è parlato anche dell'aiuto allo sviluppo, onorevole Barbi. Si è preso senz'altro atto delle difficoltà dei Paesi membri ed è stato anche confermato dal documento che l'Unione europea non raggiungerà nell'anno 2010 il target dello 0,56 per cento. Alcuni Paesi, ovviamente anche l'Italia, sono molto indietro su questi target. La Spagna ha dovuto fare un enorme passo indietro quest'anno, con un taglio in un'unica soluzione di 500 milioni di euro che è una riduzione di circa il 40 per cento; per l'Italia è stato del 48 per cento, addirittura più alto, ma con una differenza: l'Italia è giunta a questa riduzione nel triennio, la Spagna in un solo colpo. Questo ha creato, ovviamente, come in Italia, una conseguenza oggettivamente negativa per la prospettiva dello 0,56 per cento. Abbiamo detto nel documento, che ovviamente è disponibile, come al vertice di settembre l'Europa dovrà dare un messaggio, confermare gli impegni di principio e preparare dei piani pluriennali di rientro nella traccia giusta. Questo è disponibile a farlo anche l'Italia.
Io sono certo che il Presidente del consiglio potrà confermare, già dal vertice G8 in Canada, un piano quinquennale di rientro dell'Italia nei parametri che ci consentiranno di raggiungere le percentuali che avevamo promesso di aiuto pubblico allo sviluppo. È necessario fare questo, come è necessario praticare anche un esercizio innovativo su nuove formule per impegnare i Paesi donatori e i Paesi partner a forme di cooperazione importanti. Comunque, questo resta all'attenzione del Consiglio europeo e il documento sostanzialmente lo afferma.
La Germania ha confermato la sua impossibilità di onorare per quest'anno tutto quello che era stato promesso. Questa è la situazione. Sottolineo l'utilità di questi piani, che almeno diano il senso di un rientro come prospettiva per i Paesi più poveri, elemento che personalmente sostengo con forza.
Onorevole Antonione, quanto alle valutazioni degli altri Paesi, quelli che non sono membri dell'euro dicono con chiarezza che non si deve commettere l'errore di creare nella zona euro il centro di decisione di tutto quello che tocca le dinamiche finanziarie, che non sono solo euro, ma riguardano anche gli altri Paesi. C'è stata, quindi, una valutazione che alla fine credo sarà condivisa.
Ci sono interessi nazionali contrastanti, come ho cercato di dire. Il principio è quello del consenso.
Quanto alle banche, uno dei parametri che si sta affrontando è come evitare di scaricare sul cliente, come ribadito dall'onorevole Antonione, l'effetto dell'eventuale prelievo deciso.
Molti osservazioni, in definitiva, sono stati sul rivolte al tema finanziario ed economico. Svolgerò ora brevi considerazioni sugli altri argomenti. Uno riguarda la Turchia, questione evocata da molti. Vi avevo detto che mi sarei impegnato su questo tema e in effetti l'ho sollevato durante i lavori in Lussemburgo, proponendo all'Alto Rappresentante di tenere una discussione politica globale sulle azioni relative alla Turchia.
Questa mia proposta è stata sostenuta con particolare enfasi dal Regno Unito e - forse sorprendentemente, ma non per me - dalla Germania e dal Ministro Westerwelle, che ha affermato l'importanza di non lasciar andare la Turchia lontano da una dimensione di collaborazione forte con l'Europa. Insomma, si è creato un gruppo di punta che propone di accettare


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questa richiesta italiana, che quindi sfocerà in una discussione politica su come la Turchia deve essere riportata in un ambito più europeo. Nessuno ha nascosto, parlando dell'Iran, che il voto contrario della Turchia è stato un segnale oggettivo, serio, da non sottovalutare anche in un prossimo futuro. Evidentemente, se continuiamo ancora, per una questione che non è certamente tecnica, a tenere bloccato persino il capitolo della sicurezza alimentare - purtroppo giugno passerà senza che nel semestre spagnolo si sia aperto neanche un capitolo nuovo - comprendete bene che il segnale dato alla Turchia è fortemente negativo.
Mi auguro che la presidenza belga, nel primo Consiglio di luglio, proponga l'apertura del capitolo sulla sicurezza alimentare. Questa è stata una mia richiesta esplicita. Abbiamo un Consiglio a fine luglio e mi auguro che, per quell'occasione, le perplessità - che, lo ripeto, non sono tecniche - vengano superate e si riapra la continuità del negoziato, che è fondamentale.
Sulla questione che riguarda Gaza, l'inchiesta, nella sua componente internazionale, si sta ancora definendo. È stata avanzata la proposta, già formalizzata, di inserire nella commissione di inchiesta due componenti - quindi, non semplici osservatori - un esponente europeo e un personaggio di grande esperienza internazionale di nazionalità canadese.
C'è un'apertura sulla possibilità di un'ulteriore presenza internazionale. Ripeto che la tesi italiana è che il quartetto debba esprimere un suo rappresentante. In queste settimane ne abbiamo parlato molto e credo che in tempi molto rapidi si definirà meglio il contorno della commissione, ma certamente è chiaro che quello del quartetto sarà un ruolo di intervento e di presenza costante, come ci ha riferito Tony Blair, per monitorare lo sviluppo di questa inchiesta.
Svolgo una sola parentesi, senatore Livi Bacci, sul metodo. Una norma prescrive che il Parlamento sia informato e che vi sia un dibattito. Purtroppo, ieri ero in Ungheria, l'altro ieri in Montenegro e il giorno prima a Lussemburgo: non avrei potuto essere qui fisicamente lunedì. Se ci fossimo riuniti prima di lunedì... ma la presidenza è arbitra, io sono sempre disponibile.

ROSSANA BOLDI. La norma sarebbe finalizzata a che il Ministro ascolti il Parlamento...

PRESIDENTE. Al termine dell'intervento del Ministro, mi riservo di riferire che cosa prevede la norma di legge, rispondendo alle osservazioni del senatore Livi Bacci.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Di Cuba - il tema è stato posto dall'onorevole Mecacci - si è parlato e la posizione comune è stata che non ci sarà revisione della posizione europea, che è ancora di fermezza, fino a quando non ci saranno passi cubani.
Non vi nascondo che il Presidente Zapatero a Roma ha parlato di questo tema al Presidente Berlusconi e che siamo disponibili a cercare di promuovere un passo cubano, che non può che consistere nella liberazione dei dissidenti e deve essere, a mio avviso, un passo preventivo.
Ci rivedremo a settembre, se in questi tre mesi ci saranno stati cambiamenti, per decidere un eventuale modifica della strategia. La dissidenza cubana è ancora in una condizione nella quale, malgrado alcuni segnali timidi dati dal regime, i risultati concreti ancora non ci sono stati. È stato cambiato il carcere, ma ciò sostanzialmente non ci è parso sufficiente per modificare l'approccio europeo.
Sull'Iran, senatore Marcenaro, raccogliendo la sua interrogazione, ho chiesto esplicitamente una dichiarazione europea sulla liberazione dell'assistente del premio Nobel Ebadi. Catherine Ashton ha rilasciato una a nome del Consiglio dei ministri europei. La linea che abbiamo affrontato e deciso in relazione a questo tema è che un ruolo possa essere attribuito ai Parlamenti, vale a dire che una possibilità di ascolto sia opportuna. Ci troviamo in una fase di estrema delicatezza, perché entro tre giorni l'Iran farà


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sapere se intende tornare al tavolo del negoziato. Ci è sembrato che in questo momento il negoziato sul programma nucleare vada affrontato dai Governi. Abbiamo ribadito la richiesta della liberazione dei detenuti politici e un ruolo dei Parlamenti o della società civile può essere utile per ascoltare e permettere ai Governi di trarre alcune valutazioni.
C'è stata, comunque, una discussione a margine di quella che ha dato il via libera a lavorare su un pacchetto di sanzioni europee.

PRESIDENTE. Signor Ministro, la ringrazio.
Senatore Livi Bacci, terremo senz'altro presente la sua osservazione. Peraltro, l'attuale normativa sui rapporti tra Parlamento e Governo per quanto riguarda l'Europa prevede l'audizione prima e dopo il Consiglio europeo.
Le circostanze ci impongono, anche in base alle disponibilità del Ministro, di osservare un calendario. Peraltro, senatore, la prassi si è attestata prevalentemente sull'audizione preventiva, anche per dare un indirizzo al Governo. Terremo comunque presente - ripeto - senz'altro la sua osservazione.
Dichiaro concluse le comunicazioni del Governo.

La seduta termina alle 9,45.

III Commissione (Affari esteri e comunitari)

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