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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(V Camera e 5a Senato)
2.
Martedì 6 dicembre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, sullo stato e le prospettive della politica di coesione e sviluppo (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 46, comma 1, del Regolamento del Senato della Repubblica):

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 8 20 24
Barca Fabrizio, Ministro per la coesione territoriale ... 3 20 22
Boccia Francesco (PD) ... 18
Bubbico Filippo (PD) ... 8
Cambursano Renato (IdV) ... 15
Causi Marco (PD) ... 9
D'Antoni Sergio Antonio (PD) ... 10 22
Duilio Lino (PD) ... 11
Fitto Raffaele (PdL) ... 16
Mantini Pierluigi (UdCpTP) ... 19
Mascitelli Alfonso (IdV) ... 15
Nannicini Rolando (PD) ... 11
Poli Bortone Adriana (CN-Io Sud-FS) ... 12
Vaccaro Guglielmo (PD) ... 13
Vannucci Massimo (PD) ... 19
Vico Ludovico (PD) ... 11

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca ... 25
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia (Grande Sud): Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.

[Avanti]
COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
5A (PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 6 dicembre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, sullo stato e le prospettive della politica di coesione e sviluppo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 46, comma 1, del Regolamento del Senato della Repubblica, del Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, sullo stato e le prospettive della politica di coesione e sviluppo.
Oggi abbiamo l'esordio del Ministro Barca, almeno in questa nuova veste di ministro. Lo abbiamo, infatti, già avuto ospite in audizione diverse volte in Commissione in un altro ruolo. Si tratta - in questa occasione - dell'audizione tradizionale di inizio mandato.
Ringraziamo il Ministro per aver dato immediata disponibilità a svolgere questo incontro davanti alle Commissioni bilancio riunite di Camera e Senato.
Do ora la parola al Ministro Barca per lo svolgimento della relazione.

FABRIZIO BARCA, Ministro per la coesione territoriale. Ho accolto con molto piacere la richiesta di presentare al Parlamento e alle Commissioni riunite di Camera e Senato la fotografia dello stato della coesione territoriale che ho trovato con riferimento sia alla situazione economico-sociale sia alle politiche e alle risorse.
Oggi potrò illustrare, come è doveroso fare, le mie intenzioni programmatiche, la mia agenda, non solo in via di principio e con riferimento all'articolo 3 contenuto nel provvedimento che è in corso di emanazione e a cui farò riferimento, ma anche sulla base di un quadro informativo che voi mi avete invitato a fare e restituirvi.
Tale quadro, chiuso praticamente due minuti fa, è contenuto in una relazione che sarà consegnata formalmente agli atti durante questo incontro e che sarà a disposizione di tutti.
Partiamo, innanzitutto, dalla situazione economico-sociale. Desidero portare immediatamente alla vostra attenzione che, guardando i numeri, anche grazie al contributo, oltre che delle strutture a mia disposizione, della Banca d'Italia e dell'ISTAT, risulta che la situazione congiunturale delle due aree del Paese è differenziata. Abbiamo, infatti, un Paese in crisi con un'area particolarmente colpita. Lo sapete, in quanto conoscete i numeri sull'occupazione, come quelli sugli investimenti, anche con riferimento all'ultima indagine della Banca d'Italia di pochi giorni fa.
La situazione è peggiore al sud per un motivo chiarissimo: l'unico elemento trainante della domanda in questo momento in Italia sono le esportazioni, che nei primi


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nove o dieci mesi dell'anno sono cresciute in tutto il Paese del 15 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Abbiamo una situazione straordinaria di tiraggio delle esportazioni, mentre accade che il sud abbia una quota di esportazioni molto più bassa della sua quota di PIL e di prodotto.
Questo è interessante, perché ci ricorda che, sicuramente, la vocazione del sud può anche andare al di là dell'industria, ma che, per un Paese come il nostro, senza un'industria esportatrice la situazione è seria. Oggi il sud paga la debolezza del suo assetto industriale, come lo pagherà nei prossimi mesi.
Questo ci ricorda - come sosteneva Lord Kaldor - che la congiuntura e la struttura sono due aspetti dello stesso fenomeno. La congiuntura esiste, ma è influenzata dalla struttura, per cui il sud ripaga anche congiunturalmente. Neanche il centro-nord va alla grande, ma esporta l'85 per cento delle esportazioni totali, con una crescita del 15 per cento e questo aiuta a trainare e a tenere i livelli occupazionali.
Questo ci riporta alla struttura su cui posso soffermarmi. Nella relazione che depositerò agli atti troverete notizie che conoscete benissimo, perché i divari di reddito sono noti. Vi faccio osservare solo un aspetto importante. Troverete, nella tradizione dei lavori del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico, di cui mi avvalgo, una fotografia dei divari sui servizi collettivi fondamentali. Dietro quei divari di reddito ci sono, infatti, divari nella qualità di servizi essenziali: la giustizia, la sicurezza, le acque, il settore idrico, la scuola e così via.
Quella fotografia che trovate nella documentazione rappresenta, in qualche modo, un'agenda delle cose da fare. Normalmente, non si può alzare il reddito se non concedendo sussidi, ma non è questa la strada, perché abbiamo visto che i sussidi finiscono per infiacchire, ridurre l'incentivo a fare, per cui si possono cambiare le cose migliorando la qualità dei servizi collettivi. Il primo capitolo della relazione depositata agli atti, dunque, illustra solo questi due fenomeni: perché la congiuntura è più bassa e qual è l'agenda dei servizi.
Vengo subito agli strumenti, alle politiche che sono chiaramente identificate dai due fondi che, come ben sapete, fanno riferimento, uno, al comma 5 dell'articolo 119 della nostra Costituzione, l'altro, al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Partiamo dai fondi comunitari, rispetto ai quali quella che illustro è una situazione che conoscete. Possiamo descriverla come molto seria, ma presidiata e con una forte opzione di rilancio già in pista. È molto seria, perché è triste trovarsi ventiseiesimo Paese di tutta l'Europa in termini di spesa, con l'accumulo di un ritardo rispetto agli altri Paesi che non avevamo sette anni fa.
Oggi, secondo i dati comparabili con gli altri Paesi, infatti, l'Italia - in termini di pagamenti eseguiti a valere sui fondi comunitari, che registrano valori più bassi, perché riferiti a somme già pagate da Bruxelles, mentre gli importi rendicontati sono più alti - è attorno al 7 per cento. Alla stessa data di sei anni fa eravamo attorno al 16 per cento. Il nostro Paese, dunque, allora era in posizioni intermedie tra i Paesi, mentre oggi è penultima.
Questa è una situazione insostenibile, perché determina rischi che riguardano, come si evince dal documento consegnato, addirittura questo mese. Ci sono almeno due programmi che si indicano con nome e cognome, i fondi sociali della Campania e della Sicilia, e sussiste un problema anche per il Programma operativo nazionale (PON) ricerca.
Esistono, quindi, delle aree di rischio presidiabili, evitabili - ciò, almeno, si impegna a fare il Governo - ma in questo momento esiste un rischio di perdere fondi già tra 30 giorni.
Inoltre, il dato ancora più preoccupante è un altro: fino all'inizio del 2011 le metodologie con cui le autorità di gestione hanno affrontato le emergenze sono state quelle di spostare i problemi in avanti nel


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tempo. Quanti tra voi sono esperti di queste materie sanno benissimo quali sono gli strumenti.
In questi giorni, nel dialogo con i presidenti di regione, ho ereditato questa problematica che sto seguendo nelle orme e nella linea che era stata avviata dal mio predecessore, Raffaele Fitto. Questo è un argomento importante che riguarda un problema di consapevolezza: dai numeri sembrerebbe che la situazione possa essere non così grave, ma scoprirete che la non eccessiva gravità è dovuta - in parte - a grandi progetti inviati a Bruxelles che hanno l'effetto di sospendere i conti; tuttavia, se quei grandi progetti sono buoni, la nostra è una buona iniziativa, ma se quei grandi progetti non sono realizzabili, scopriremo tra due anni che abbiamo solo creato una bomba a orologeria.
Altri problemi sono nascosti dal fatto che sono stati costruiti strumenti di ingegneria finanziaria che appaiono molto eleganti, ma il grafico che mi sono fatto realizzare - destando una certa impressione - mostra che, mentre nel centro-nord gli stessi strumenti versano fondi alle imprese, nel sud, quegli strumenti hanno determinato un travaso in uno strumento finanziario, che per Bruxelles equivale a una rendicontazione, ma non è arrivato un euro ai beneficiari finali, cioè alle imprese, con il rischio che stiamo accumulando dentro questi serbatoi un problema finanziario, come si evince dalla tavola 5 della documentazione depositata.
Inoltre, anche un accorgimento geniale per il breve termine, come le rimodulazioni interne, delle quali i dettagli sono, francamente, abbastanza tediosi, determina uno spostamento di problemi per il dopo.
Sapete benissimo che, dall'inizio del 2011, sono stati adottati diversi provvedimenti, alcuni dei quali hanno determinato un'accelerazione, l'introduzione di un sistema sanzionatorio, un risveglio dell'attenzione delle regioni, che si sono trovate a dover rispettare certe scadenze. Soprattutto - vengo al punto più rilevante - la svolta è quella avvenuta con la lettera all'Unione europea del precedente Presidente del Consiglio del 26 ottobre scorso, con il seguito che le è stato dato fino alla definizione del piano di azione il successivo 15 novembre, in seguito all'incontro dell'allora Ministro Fitto con il Commissario europeo Hahn.
La qualità ha sempre scarseggiato nel sud, ma sul problema della quantità la svolta sembrava compiuta: perché siamo tornati indietro di una decina di punti percentuali? Fermandomi un attimo a riflettere - per quanto sia stato possibile in questi giorni - sono arrivato alla conclusione che i motivi sono quattro e sono stati affrontati nella soluzione avviata dal precedente Governo: innanzitutto vi è stato scarso presidio nazionale, non del centro di coordinamento, ma di quelli che abbiamo sempre chiamato centri di competenza settoriali, cioè uno scarso esercizio da parte dei ministeri di settore della loro funzione e vocazione, che non è quella di gestire i soldi, ma di dare assistenza, promuovere e spingere gli interventi; vi è stata inoltre frammentazione, a proposito della quale non devo dire nulla in quanto è una questione stranota; si è data poi molta attenzione ai processi - lo dico perché ho le mie colpe nella mia veste, per così dire, amministrativa, tanto per essere chiari - senza un'enfasi adeguata sui risultati in termini di qualità della vita dei cittadini, con il doppio risultato di non essere in grado di capire in che modo miglioriamo la qualità di vita dei cittadini con queste opere, ma anche di non fare arrabbiare sufficientemente la gente, cioè di non farla mobilitare sulle cose giuste.
Non si può, inoltre, non parlare dell'incertezza sui tagli, non perché non debbano essere attuati, ma perché quando si fanno dovrebbero essere definitivi. Se, infatti, i tagli sono avvertiti dalle autorità di gestione, da coloro che gestiscono i fondi, come non sufficienti, queste si aspetteranno un altro taglio e nell'attesa, poiché devono far quadrare i conti comunali o regionali, saranno caute nello spendere.


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A ciò si è aggiunta - non devo dirlo al qui presente onorevole Raffaele Fitto - la morsa del patto di stabilità interno, quarto fattore di finanza pubblica.
L'operazione avviata dal Governo precedente e il piano di azione inviato a Bruxelles il 15 novembre scorso affrontano esattamente questi problemi, perché concentrano gli interventi - dove c'è la frammentazione - sulla scuola, con un programma che va, dove c'è un centro di competenza nazionale di valore, al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; sulle ferrovie, dove abbiamo un forte centro nazionale di competenza, che non ha fatto del sud la propria vocazione, ma che, se portato a farlo, potrebbe cambiare; su credito e occupazione; infine, sull'agenda digitale, che non vuol dire solo banda larga, ma può voler dire anche costruzione di grandi data center nel sud, che possono servire di appoggio al funzionamento dell'amministrazione pubblica e della sanità. Queste sono le quattro priorità identificate sin dalla lettera del precedente Presidente del Consiglio, questa è diventata l'agenda.
Un'altra delle criticità affrontate è quella dell'enfasi sui risultati. In quel documento è, infatti, scritto che saranno fissati degli obiettivi non solo in termini di soldi da spendere, ma di cosa vogliamo fare, ad esempio, in relazione alla scuola, per il miglioramento delle competenze; di quanti cittadini vogliamo servire con l'agenda digitale o con quale sanità; di quanto vogliamo ridurre i tempi di percorrenza in relazione alle ferrovie. Parliamo di uno spostamento di enfasi sul processo.
Manca a questo disegno - che il nostro Governo ha trovato - l'obiettivo di andare avanti, perché bisogna raggiungere entro il 15 dicembre prossimo, come sapete, un accordo che per ognuna di queste priorità indichi esattamente la lista dei progetti. Immaginerete che per raggiungere quest'obiettivo l'accordo politico generale raggiunto, dal mio predecessore, con le regioni, deve diventare un accordo su quanti «soldini» sono mobilitati.
Peraltro, una parte dell'operazione avviene come riprogrammazione interna ai programmi, mentre una parte avviene con una riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale, che determina una riduzione della dimensione dei programmi, e quindi del rischio di perdita, con la garanzia che questi fondi rimangano dedicati alle regioni ed esclusivamente a quel programma di ferrovie, che ha la caratteristica di richiedere talmente tanto tempo - ben più del 2015 - che è l'ultimo anno in cui si potevano usare i fondi.
L'idea sul tavolo di questo Governo è, dunque, quella di usare i fondi che si sarebbero dovuti spendere entro il 2015. Adesso si tratta di farlo, per cui in questi giorni è in corso una trattativa con le regioni per convincerle a disinnamorarsi di alcune cose, magari ritenute molto importanti regione per regione, persuadendole che, forse, se insistono ci sono dei rischi e facendo loro comprendere che il danno per la nazione, per il negoziato sui fondi comunitari e per quello sui fondi comunitari futuri, sarebbe grosso se non riuscissimo a tradurli in accordo politico. L'Italia non può presentarsi a quel tavolo con una perdita apprezzabile tra venti giorni e molto grossa nel 2012, se vuole avere rinnovati i fondi che Germania e altri Paesi non vogliono riconoscerci, nella convinzione che non li spenderemmo.
Interviene, peraltro, sul quarto dei problemi indicati, il citato articolo 3 del provvedimento legislativo in corso di emanazione, che può essere affrontato in due modi: in primo luogo, con la definitività a cui questa manovra di finanza pubblica ambisce, in quanto si tratta di una manovra di dimensione e impegno tali da garantire che non dovremo vararne un'altra, in modo da indurre decisioni con valore a medio termine; inoltre, come sapete, l'articolo 3 introduce una deroga al patto di stabilità interno pari a un miliardo di euro complessivi per ciascun anno tra il 2012 e il 2014, deroga compensata ai fini degli effetti sulla finanza pubblica attraverso un fondo di un miliardo di euro per ciascun anno, «preripartito» tra tutte le regioni italiane, ovviamente


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anche del centro-nord, con l'unico e banalissimo sistema realizzabile, ossia prendendo la dimensione dei programmi operativi regionali (POR) di tutte le regioni italiane e delle province autonome, sommandoli, individuando la percentuale di ognuno e assegnata, in questa compensazione, a ciascuno la sua parte. Si evita, in questo modo, come qualcuno aveva suggerito, di andare in Conferenza Stato-regioni. Questa norma è operativa dalla mattina successiva alla sua entrata in vigore, quindi di nuovo c'è una certezza finanziaria. Questo è quanto è stato fatto.
Ovviamente, ed era ragionevole che fosse così, nella norma è scritto che per le regioni del centro-nord tale procedura è automatica, mentre per quelle del sud questa operazione è subordinata al fatto che queste ultime firmino con il Governo l'accordo del 15 dicembre.
Venendo ai fondi comunitari, il fondo per lo sviluppo e la coesione è stato tagliato ripetutamente, come sapete. Oggi è sceso complessivamente a 40,7 miliardi di euro, ripartiti in due parti. Parlo della programmazione fondo sviluppo ex fondo aree sottoutilizzate 2007-2013, perché la programmazione 2000-2006 è, sostanzialmente, in fase di attuazione: trovate nella documentazione a disposizione dati di monitoraggio sulla spesa.
Questa parte per il periodo di programmazione 2007-2013 è ripartita in una parte regionale, di 24 miliardi di euro, e in una restante parte centrale. Sulla parte nazionale trovate nel documento consegnato pochissimo, perché lo stato di conoscenza su di essa è ancora magmatico. Nel CIPE di oggi ho invitato le mie strutture, come le aveva invitate il mio predecessore, a fornire rapidamente un quadro, perché i tagli effettuati devono essere assegnati. Questo quadro di assegnazione di tagli non è ancora chiaro. Trovate, quindi, nella relazione l'immagine di una ricognizione in corso.
Il quadro regionale, invece, è estremamente chiaro. Il presidio c'è e ha consentito a questo Governo di ripartire immediatamente. Voi sapete che originariamente i fondi erano stati organizzati in programmi attuativi regionali (PAR). L'operazione compiuta, coerente con la logica del piano di azione, che anzi per certi versi l'ha preceduta, è stata quella di rimanere in una gestione regionale, ma concentrata in alcune operazioni orizzontali. Troverete, quindi, una matrice che mostra gli importi regionali con degli assi verticali.
Non entro nei dettagli. Le regioni hanno potuto usare una parte di questi fondi per la sanità, come il Lazio, che ha deciso di usare l'intero importo del PAR per la sanità.
È interessante per lo sviluppo del sud e del centro-nord sapere che i PAR del centro-nord sono stati quasi tutti approvati, quindi sono in uno stato più avanzato, anche se non se ne è ancora avviata la spesa. Per il Mezzogiorno l'operazione di questo Governo è proseguire nella strada intrapresa, con un asse infrastrutture e un asse ricerca e innovazione, mentre era in istruttoria un asse ambiente.
Sull'asse infrastrutture tendenzialmente l'idea è di muoversi immediatamente, senza modifiche sui progetti scelti. Sull'asse ricerca, per il quale la delibera del CIPE approvata prevedeva una valutazione tecnica del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, non si rimarrà bloccati, ma a tale Ministero spetta una valutazione tecnica che, come abbiamo già detto alle regioni, potrebbe comportare la richiesta di alcune sostituzioni negli elenchi che erano stati individuati, la qual cosa richiederebbe un nuovo passaggio al CIPE.
Per l'asse ambiente stiamo lavorando per terminare l'istruttoria avviata. In altre parole, quando quest'istruttoria sarà terminata, le regioni potranno avviare la spesa su questi progetti con una logica non dissimile dal piano di azione.
Queste sono le due operazioni compiute e ho sentito che il mio Presidente del Consiglio parlava di 17 giorni. Adesso ne sono passati altri due, dovremmo essere a 19.
Si aggiungono gli altri due intendimenti, tra cui, ad esempio, secondo l'agenda programmatica del Ministro per


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la coesione territoriale - che trovate in questo documento - quello di lavorare e portare non solo a compimento il piano il prossimo 15 dicembre, ma di presidiarne l'attuazione. Il bello arriverà la mattina dopo, quando si tratterà di far sì che i progetti vadano avanti.
Sui fondi di sviluppo, come ho detto, l'intenzione è di chiudere i tre assi e di avviarli, ma a ciò si aggiungono due altre linee di intervento sulle quali esprimo solo la mia intenzione e vi prego di non domandarmi più di tanto perché non sarei in grado di rispondere.
Innanzitutto, è mia intenzione concentrarmi, anche qui cogliendo uno spunto che viene dal Governo precedente, su alcuni pochi grandi progetti. È quanto era stato fatto di nuovo negli ultimi mesi con il progetto Pompei. Il disegno che riguarda Pompei ci è apparso particolarmente appropriato e, quindi, la scelta è quella di individuare, per quanto concerne il sud - se nel centro-nord ci sarà desiderio di una concentrazione, ben venga - grandi progetti e procedere con sei, sette, otto, nove grandi operazioni, che abbiano due valenze e due obiettivi.
Il primo è di assicurare con il presidio una garanzia ancora maggiore di risultato. È chiaro che Raffaele Fitto e il Commissario Hahn hanno regalato al Governo che succedeva qualcosa di molto affascinante, ma anche molto impegnativo. Se, infatti, finisse male un'iniziativa del genere, non avremo perso la faccia solo in Italia o in Europa, ma davanti al mondo. D'altronde, se perseguiremo questo obiettivo, avremo reso un servizio di straordinario valore. Ci sono alcune operazioni, quindi, la cui valenza è tale che richiede uno sforzo addizionale di presidio e di progetti.
C'è anche un altro senso, e uso parole del mio collega Francesco Profumo, con cui ho intensamente lavorato - insieme a Corrado Passera e Corrado Clini - in queste settimane: dico con molta franchezza che ci piacerebbe che alcuni di questi divenissero prototipi di buoni progetti, non solo per il resto del sud ma anche per il centro-nord, ossia provenisse dal sud non soltanto un recupero, ma un segnale di salto in avanti. Riteniamo che alcuni progetti al sud possano ambire a questo ruolo.
Quanto al secondo intendimento, che riguarda il quarto asse di lavoro, l'obiettivo è quello di una trasparenza moderna, di open data, dati straordinari disponibili presso il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica concernenti due aspetti: la qualità dei servizi prodotti e i tempi di attuazione degli interventi.
Esistono, infatti, dati straordinari costruiti in questi anni dal suddetto Dipartimento. Mi ritrovo con la fortuna di non dovere compiere nessuno sforzo se non quello di renderli disponibili, il che significa - ad esempio - di consentire ai cittadini di un comune che hanno visto che c'è un'opera in corso e vogliono sapere come mai la vedono da due anni e continua a non andare avanti, di entrare in questo sito per verificare se i tempi di realizzazione sono maggiori, inferiori o uguali a quelli di opere simili e della stessa dimensione finanziaria, in modo da prendersela con i soggetti responsabili. Penso che sia fondamentale questa che ho chiamato nel documento con franchezza «competizione e cooperazione territoriale». Non si tratta di mettere alla berlina chi si comporta male, ma di far sì che i cittadini lo sappiano e, eventualmente, l'amministrazione migliori, qualche volta al centro-nord, qualche volta le amministrazioni «gemelle» del sud - che hanno fatto molto di meglio di altre del sud - diano una mano a capire perché da qualche parte si è andati avanti e da qualche altra no.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FILIPPO BUBBICO. Apprezzo molto la ricognizione del Ministro Barca. Trovo importante promuovere questo sforzo, coinvolgere tutte le amministrazioni interessate, tutte le autorità di gestione perché, appunto, non valga il meccanismo di rinviare i problemi all'anno successivo, dal momento che siamo vicini alla conclusione della programmazione.


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Proprio per questo vorrei sottoporre una questione problematica. Tra le criticità individuate è presente anche il tema della frammentazione. Si tratta di una questione piuttosto opinabile, perché spesso si ritiene che progetti di scarsa dimensione finanziaria esprimano direttamente una scarsa qualità, e quindi si assume che per realizzare qualità possa essere sufficiente concentrare le risorse su grandi interventi.
Siamo alla fine del 2011, l'anno 2015 è domani, le opere vanno concluse al 2013 e occorre rispettare i programmi finanziari. Apprezzeremo i temi del disimpegno automatico da qui a 20 giorni, e quindi capiremo esattamente di che si tratta e io trovo che la questione frammentazione vada ponderata rispetto alla realizzabilità delle grandi opere.
Sulle infrastrutture, allora, vorrei chiedere al Ministro se non ritiene, nell'ambito degli impegni assunti recentemente con la Commissione europea, che si possa accedere anche a interventi legati non alle infrastrutture, ma ai sistemi di trasporto, tanto da agire sul miglioramento della qualità del materiale rotabile, ad esempio, nel sistema ferroviario, o su interventi di manutenzione straordinaria, i cui impatti in termini di risultato potrebbero essere particolarmente significativi.
Mi chiedo anche se, ad esempio, sulla scuola non possa essere praticabile un intervento teso a farne le cattedrali civili intorno alle quali le comunità possano riconoscersi, luoghi sicuri dal punto di vista della stabilità, delle norme di sicurezza impiantistica, luoghi decorosi ed efficienti dal punto di vista energetico oltre che, naturalmente, luoghi nei quali è possibile trasferire conoscenze e alimentare una domanda di conoscenza e di competenze.
Vorrei concludere segnalando l'importanza di avere un occhio attento ai processi di crescita che vanno alimentati. Mi chiedo, quindi, e chiedo al Ministro se la riprogrammazione delle opere non possa essere orientata alla soddisfazione degli obiettivi di servizio già indicati e se, quindi, il nuovo metro di valutazione non possa far riferimento a modalità già condivise che, eventualmente, meriterebbero di essere apprezzate più nel dettaglio.

MARCO CAUSI. Ringrazio il Ministro per la chiara e competente relazione. Vorrei rivolgergli alcune domande.
È evidente che il Ministro e tutti noi abbiamo un compito immediato di salvataggio di questa fase e di rimessa in cantiere di una buona posizione negoziale per la prossima fase. Tuttavia, lei ritiene, signor Ministro, che nei prossimi mesi, una volta superata questa fase di emergenza, potrebbe essere il caso di riconsiderare alcuni degli elementi del decreto approvato - in ambito del federalismo fiscale - sugli interventi di coesione e di sviluppo, e quindi sulla nuova programmazione post 2014?
Glielo chiedo soprattutto in relazione a una questione che abbiamo discusso con l'allora Ministro Fitto in Commissione bicamerale per il federalismo fiscale, e cioè se il Ministro ritenga di aprire ulteriori spazi diretti per i soggetti territoriali che possano essere direttamente beneficiari di azioni di programmazione.
Oggi facciamo una programmazione tutta intermediata dalle regioni, mentre noi avevamo proposto un terzo di programmazione direttamente orientata, invece, ai comuni e agli altri enti territoriali che, soprattutto nel campo dei servizi pubblici locali, potrebbero essere più veloci nella realizzazione: vorrei sapere se questo non potrebbe essere un ingrediente per il futuro.
Vorrei, inoltre, chiederle se ritiene che ci sia spazio anche per qualche misura shock, forte, sulla questione dell'occupazione, ad esempio, tramite l'utilizzo del credito d'imposta.
Infine, tornando di nuovo al futuro, il Ministro ci ha riconsegnato il tema di amministrazioni centrali dello Stato che, pur avendo avuto molto spazio, hanno difficoltà a elaborare al loro interno procedure, competenze e organizzazioni volte alle politiche territoriali. Questo è un tema rilevante perché, se vogliamo fare coordinamento, occorre trovare qualcuno che se


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ne occupi. Se i ministeri hanno difficoltà a fare coordinamento, abbiamo un problema.
Vorrei chiedere al Ministro se ritiene, da questo punto di vista, sempre proiettandosi oltre l'emergenza - so di costringerlo a un esercizio difficile per lui e lo ringrazio davvero per il lavoro enorme svolto in questi primi giorni di mandato - che in futuro proposte del tipo di quelle avanzate dalla SVIMEZ, di riconsiderazione di organismi tecnici nazionali di tipo federale, possano avere qualche ruolo nel risolvere il tema di come le nostre amministrazioni centrali si occupano delle politiche territoriali.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Anch'io ringrazio per questa puntuale ricostruzione e informazione. È chiaro che tutti diamo per scontata la parte iniziale. Non è questa l'occasione, ma dovremmo un poco più soffermarci sulla strutturalità della crisi a cui si è aggiunta una congiuntura di questa portata.
Probabilmente, dovremmo fare una riflessione più ampia su come si può risolvere o affrontare la strutturalità. Restiamo, infatti, sempre in un ambito per ora urgente di occuparci di problemi urgenti, ma credo che il tipo di struttura che ha oggi l'assetto meridionale del nostro Paese, con una congiuntura che l'ha devastata, ha determinato condizioni veramente pesanti. Ora è inutile insistere sull'occupazione, sulla tenuta, sul reddito, sull'aumento della povertà. Abbiamo un problema più generale di cui prendere atto come Paese e, a mio avviso, questo finora non è accaduto.
Abbiamo la sfida dei tempi e delle risorse e io voglio capire bene alcune cose. Va bene l'accordo del 15 novembre scorso e quello da realizzare con le regioni entro il 15 dicembre prossimo. Dobbiamo recuperare queste somme, altrimenti rischiamo tanto. Voglio capire esattamente a cosa ci porterebbe tutto questo: a poter spendere, con il citato articolo 3, 12 miliardi di euro in tre anni? È questo, infatti, l'oggetto della questione perché, se copriamo noi con un miliardo di euro fuori dal patto di stabilità interno il 25 per cento della spesa e l'Europa ci copre il restante 75 per cento, vuol dire che possiamo mettere con certezza in atto una spesa per investimenti pari a 12 miliardi di euro in tre anni.
Se è così, poi il Ministro mi risponderà - voglio saperlo con certezza - l'accordo da fare entro dicembre deve riguardare questa quantità di risorse, tenendo conto dell'importanza di questa quantità per scattare - se ho capito bene - dato che la norma dice che senza l'accordo non scatta. In questo senso c'è una precisa responsabilità.
La partita delle risorse restanti, quella che è stata definita di 40 miliardi di euro, si somma a tutto questo? In riferimento alle cifre, infatti - non voglio fare polemiche, siamo tutti nello stesso Governo - vorrei capire per una volta definitivamente di cosa parliamo. I 40 miliardi di euro sono collegati ai 12 miliardi di euro? Sono un'altra partita? Finalmente, ci vuole grande chiarezza su quello che abbiamo e su quello che siamo in grado di spendere per responsabilizzare tutti, finirla con le polemiche reciproche, tra centro e periferia - regioni contro Stato e Stato contro regioni - e arrivare alla conclusione che, se ognuno non si assume la sua responsabilità, il danno è tale che si sbatterà la testa contro il muro e ognuno se la potrà prendere, se ci crede, con il destino cinico e baro.
Un'operazione di chiarezza va fatta, per cui dentro questa domanda c'è l'altra: i 24 miliardi di euro delle regioni sono programmi attuativi regionali (PAR) non approvati? Se non sono approvati, quando e come lo saranno? I 16 miliardi di euro nazionali sono, invece, come il Ministro ha detto, in corso di svolgimento?
Noi usciamo da forti polemiche sulle risorse FAS e simili, ma se vogliamo invece dare un contributo positivo a questa nuova fase, dobbiamo sapere esattamente quanto ci mette lo Stato, quanto debbono le regioni fare e quanto deve fare l'Europa. In questo modo, ognuno potrà rispondere di quello di cui è responsabilizzato.


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Infine, per mettere in moto l'economia, di fronte alla crisi devastante, non è il caso di usare, di questi 12 miliardi di euro che abbiamo a disposizione, un quid - penserei almeno a 2 miliardi - per crediti di imposta sull'occupazione e per gli investimenti che rilancino la condizione veramente drammatica in cui ci troviamo? L'Europa ci ha già autorizzato sull'occupazione: se ci autorizza anche sugli investimenti, questa potrebbe essere una cosa certa, automatica, senza burocrazia, che ci darebbe risultati positivi.

LUDOVICO VICO. Signor Ministro, auguri intanto per il lavoro faticoso che ha davanti. Partirò dal 3 agosto ultimo scorso per comprendere in questa audizione una serie di aspetti, tra i quali quelli cui ha accennato e che leggeremo tra un po'. In relazione alla delibera CIPE concernente le infrastrutture, abbiamo per il cosiddetto Piano per il Sud 7,3 miliardi di euro. L'allora Ministro Fitto è qui presente. La domanda che si pone, dopo una serie di dati già forniti, è, se mi permette - senza andare nei procedimenti complicati che devono competere a ognuno per la sua responsabilità - la seguente: a che punto siamo sul versante delle infrastrutture previste in quella delibera che è presso la Corte dei conti, cercando di capire se la copertura, non quella di competenza, ma quella di cassa c'è?
Vorrei comprendere se nel piano generale per la ripresa del Paese sul versante delle infrastrutture quelle risorse ex FAS - le chiameremo così - fungeranno ancora per il Mezzogiorno come risorsa ordinaria, in sostituzione della risorsa aggiuntiva, quale originariamente, anzi, istituzionalmente era.
Quanto al capitolo delle ferrovie, in relazione a quanto lei ci ha riferito, non vorrei affascinarmi, né affascinarla, né insistere su temi come piano per il sud, Euro-sud, accordo del 25 per cento, correzione presente nella manovra, accordo definitivo, - che come auspico, le regioni meridionali sigleranno per intero il 15 dicembre prossimo - su tutto il lavoro svolto fino a ora. La domanda è - me lo consenta, Ministro - abbastanza grezza: l'obiettivo di indirizzo va verso i potenziamenti, l'adeguamento sud, Europa, sud-nord o servirà ai contratti di servizio?
Non sarei dispiaciuto se servisse anche ai contratti di servizio sulla lunga percorrenza, ma non è il futuro del Paese, che dovrebbe essere altro, e quindi pongo la domanda, anche se penso che la riflessione dovrà essere compiuta e svolta nell'immediato futuro.

ROLANDO NANNICINI. Ringrazio anch'io il Ministro. Vorrei parlare del patto di stabilità interno. Il tema principale è rappresentato, certo, dagli elementi di competenza e di concorso tra vari soggetti, Europa, Stato, regioni e altri enti, però nel 2012 - non ho in mano le tabelle, ma svolgo solo alcune riflessioni - nel saldo di cassa sono considerate queste opere tra entrate e uscite, per quanto riguarda le spese in conto capitale?
Quello che, infatti, in generale la nostra esperienza ci insegna è che - abbattute le spese di investimenti nel Paese da parte degli enti locali - alla fine con il patto di stabilità interno concepito in forma termini di competenza mista non abbiamo certezze se non assicuriamo, quando usciamo dalla pubblica amministrazione, la copertura per cassa.
Buon lavoro, quindi, signor Ministro, ma dovreste annunciarci le cifre con tabelle di competenza e di cassa, perché come parlamentare credo ben poco al cambiamento della situazione. Con riferimento alla finanza pubblica, infatti, seguendo trasmissioni televisive e discussioni in generale, sentiamo anche da persone bene informate che i soldi ci sono, ma non c'è la capacità di spendere.
Non è così: la capacità esiste, come la possibilità di gestire gli appalti, ma non esiste la cassa per la copertura degli obiettivi che ci diamo integrando la finanza degli enti locali, delle regioni, dello Stato e dell'Unione europea. Quando usciamo dalla pubblica amministrazione, ci vuole la copertura di cassa.

LINO DUILIO. Anche io le faccio molti auguri, signor Ministro, per il suo lavoro,


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e le auguro anche di scalfire almeno un poco il contesto strutturale di cui parlava Lord Kaldor incidendo, appunto, sulla modifica dei dati di struttura.
Vorrei rivolgerle alcune domande che spostano leggermente il tiro e attengono alla condizione in cui ci troveremo tra poco, dopo aver assolto i nostri impegni, per quanto possibile e accelerando un poco, evitando di perdere danaro, entro il 2013, in particolare con riferimento a quanto si sta elaborando - a livello comunitario - sulle politiche di coesione per il periodo 2014-2020.
Innanzitutto, vorrei richiamare la sua attenzione su una questione di metodo. Da tempo immemorabile succede che il Governo va a Bruxelles a sostenere certe cose, il Parlamento va a Bruxelles a sostenerne magari altre: non necessariamente le cose coincidono, anche perché Governo e Parlamento non dialogano sulle posizioni da esprimere a Bruxelles, non si incontrano. Sarebbe opportuno che cominciassimo a sostenere le stesse cose, per quanto possibile, e a parlare la stessa lingua.
Ovviamente, avendo appena cominciato, lei non è colpevole di nulla, ma mi risulta che l'altro giorno in Consiglio affari generali a Bruxelles il Governo è intervenuto e, ad esempio, ha sostenuto esattamente il contrario di una posizione che, andando qualche volta a Bruxelles, come il presidente Giorgetti ricorderà, era stata sostenuta da noi. Per quanto riguarda, cioè, il quadro delle risorse proprie a livello di bilancio comunitario, abbiamo asserito che, essendo risibile la dimensione del bilancio comunitario all'interno della quale, evidentemente, ricade anche il discorso delle risorse che concernono i temi di cui lei si occupa, siccome ognuno è in crisi, sarà bene che al massimo diamo quello che diamo, anzi sarebbe meglio ridurre, addirittura, il contributo al bilancio comunitario. Ritengo che questa sia una logica un poco perversa, contraddittoria con lo spirito europeo e negativa per quanto riguarda i riflessi sulle risorse di cui disporre a livello comunitario per le politiche di coesione.
Vorrei sapere se questa posizione, espressa l'altro giorno nel Consiglio affari generali dell'Unione europea, è intellettualmente originale e propria di chi è andato a parlare oppure se rifletta una convinzione del nuovo Governo, che su questo argomento ha già meditato e, quindi, ha assunto una posizione con la quale ci piacerebbe quanto meno confrontarci.
Inoltre, sempre in materia del futuro quadro strategico, al quale saremo vincolati, si pone la questione di non facile soluzione - mi rendo conto - che, sempre richiamando Lord Kaldor, potrebbe essere molto delicata, riguardante la condizionalità, non solo ex ante ma anche ex post, che potrebbe determinare la situazione rovinosa per molti Paesi, tra cui anche il nostro, del cane che si morde la coda, impedendo di fare affidamento, sostanzialmente, sui fondi strutturali. Qualora, infatti, non si ottemperi in pieno ai vincoli posti a livello comunitario, l'Europa non dà più i soldi. Questo significa invitare al suicidio chi si trova in certe condizioni, addirittura un suicidio assistito.
Da ultimo, sempre a livello di quadro strategico, verrei al discorso del cosiddetto capping, che lei ricorderà. In riferimento al tasso di assorbimento di ogni Paese dei fondi comunitari che l'Unione pensa di abbassare dal 3 al 2,5 per cento, noi avevamo proposto un abbassamento quanto meno al 2 per cento. Vorrei sapere se lo ritiene un obiettivo degno di menzione o, comunque, di posizione, sapendo che non sarà facile ottenere questo risultato, ma che certamente per noi sarebbe rilevante.

ADRIANA POLI BORTONE. Innanzitutto, anche io mi unisco a tutti coloro che le fanno gli auguri, signor Ministro. La ringraziamo anche per questa che consideriamo una prima informativa. Lei ricorderà che in occasione della presentazione del Governo chiedemmo la due diligence sulla situazione complessiva del Mezzogiorno e lei cortesemente ha risposto che è assolutamente disponibile. Siamo, quindi, anche qui in attesa che al più


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presto si possa conoscere realmente e con esattezza la situazione del sud d'Italia, atteso che anche lei ha voluto ricordare all'inizio del suo discorso che l'Italia è un Paese duale, così come si legge in tutti i documenti presentati dall'Italia all'Unione europea, e che il gap tra nord e sud è aumentato piuttosto che diminuire.
Non è stato neanche molto rassicurante ciò che lei ha detto quando ci ha ricordato che siamo tornati indietro di 10 punti percentuali e che, comunque, indubbiamente è importante il piano d'azione che è stato presentato. Dire oggi che è stato tardivo è rilevare una cosa oggettiva, ma in fin dei conti l'importante è che in qualche modo si sia fatto e che si cerchi di recuperare il tempo perduto.
Rispetto al tempo perduto, sappiamo bene che, in carenza di fondi statali - ormai ci troviamo di fronte a questo, dobbiamo sapere ben utilizzare tutti quanti i fondi comunitari che ancora sono disponibili, anche attraverso quella leva di cofinanziamento che, in qualche modo, ci sembra anche abbastanza rassicurante. Ci ha parlato del miliardo di euro annui per tre anni, una leva che D'Antoni diceva potrebbe muovere 12 miliardi complessivamente. Ci auguriamo che questo sia vero, nella pratica oltre che nella teoria.
Siamo preoccupati, però, di un fatto, signor Ministro, di cui le diremo subito. Abbiamo rivisto anche le delibere CIPE, in particolare la delibera n. 1 del 2011, nella quale erano anche indicati strumenti abbastanza interessanti, come i contratti istituzionali di sviluppo, dei quali però fino a questo momento non abbiamo avuto notizia. Eppure essi erano volti a definire responsabilità, tempi, modalità di attuazione degli interventi, condizionalità, secondo quanto sarà disciplinato con decreto legislativo e così via, ma non mi pare che sia accaduto ancora niente del genere, benché sia trascorso, anche in questo caso, un anno. Non vorremmo che si dovesse perder tempo nelle riprogrammazioni e non si dovessero portare a termine, invece, realmente i programmi.
Vorremmo anche noi sapere, come il collega che mi ha preceduto, che fine fanno i contenuti della delibera CIPE del 3 agosto scorso, che tempi ci sono. In quella delibera, se ricordo bene, si parlava di circa 7,5 miliardi di euro di interventi; poi abbiamo letto sui giornali che la cifra si era ridotta a 5 miliardi di euro. Anche qui, quindi, si perdono un po' i miliardi per strada e ci farebbe piacere sapere come e per quale motivo sono stati eventualmente ridotti gli interventi.
Gradiremmo sapere, anche in rapporto ad alcune infrastrutture che probabilmente non si realizzeranno più, se sarà il caso di procedere in tempi veramente rapidissimi a rivedere il cronogramma del piano delle infrastrutture per attuare quella perequazione infrastrutturale prevista dalla legge n. 42 del 2009, ma che fino a questo momento, purtroppo, non ha dato nessun esito.
Un'altra richiesta riguarda i tempi eventuali dell'aggiornamento dei PAR. Anche questo, infatti, ci preoccupa abbastanza nella contrattazione che è stata condotta con le singole regioni. Abbiamo chiesto, attraverso un ordine del giorno - che, come diceva qualcuno, non si rifiuta mai a nessuno, e che fu accolto - un luogo permanente, non solo la Conferenza Stato-regioni o la Conferenza unificata, ma anche la partecipazione delle parti sociali, perché quello possa divenire il luogo della codecisione, e quindi di quella sorta di programmazione impegnativa che fino a questo momento, purtroppo, non c'è stata.
La ringraziamo ancora, signor Ministro, e attendiamo questa due diligence all'interno di una sana, opportuna e rapida discussione nel Senato della Repubblica.

GUGLIELMO VACCARO. Faccio anch'io gli auguri al signor Ministro e li faccio due volte, perché arriva a questo incarico da un percorso che è da tutti riconosciuto come quello giusto per svolgere al meglio questo compito, un compito arduo, non scontato, che lui stesso ha osservato da altre angolazioni visuali, interpretato nel tempo da alcuni responsabili del Governo e non sempre esaurito nel migliore dei modi.


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Se prendiamo le premesse, le introduzioni dei quadri comunitari di sostegno e poi dei quadri strategici degli ultimi anni e li confrontiamo con quello che non è accaduto, nel Meridione d'Italia in particolare, dobbiamo interrogarci sul perché lei, in particolare, signor Ministro, oggi è nella condizione di conoscere quelle formulazioni, rispondere in maniera puntuale alle motivazioni che hanno portato a cocenti delusioni per le politiche di coesione e sviluppo territoriale. Confidiamo in lei perché ciò non si ripeta. Se fallisce anche il Ministro Barca in quello che altri non sono riusciti a fare, per il sud non c'è speranza alcuna.
Le dico questo cercando di riportare, però, per un attimo la sua riflessione sul piano delle vicende legate alla popolazione meridionale. Tutte le opere che lei ha anche censito e ricordato, in taluni casi, qui hanno un senso nella misura in cui restituiscono al Meridione d'Italia, un pezzo importante del nostro Paese, una possibilità di crescita e sviluppo che lo riporti almeno a recuperare, non dico a eguagliare o a pareggiare, i trend di crescita del resto d'Italia, e quindi del resto d'Europa. Dico che non ci siamo riusciti e faccio degli esempi puntuali anche perché lo Stato ha fallito.
La sua è stata una bella suggestione quando ci ha ricordato di Pompei come la scommessa del precedente Governo, a seguito dei drammatici crolli che hanno fatto interrogare il mondo, rinnovando e rilanciando in quella direzione. Se lei punta per un attimo sulla carta geografica un compasso al centro di Pompei - scelga se vuole l'anfiteatro - e si muove in un raggio di 2 chilometri, troverà tre grandi opere incompiute riferibili a stazioni appaltanti governative che gridano vendetta al cielo. I nomi e i cognomi delle stazioni appaltanti e delle grandi scommesse che sono state perse sono: il risanamento del Fiume Sarno, la variante alla strada statale 268 del Vesuvio, l'autostrada Napoli-Salerno, tre opere iniziate ormai 15 anni or sono, abbandonate, interrotte, definanziate e in qualche caso trascurate.
Lei si assume una grande responsabilità facendo delle scommesse puntuali. Tutto ciò può riuscire nella misura in cui recupereremo intorno a questo programma un commitment forte delle popolazioni meridionali e del panorama dei media, che guarda con grande attenzione a questa sua esperienza di Governo.
Intendiamo sostenerla, così come dovrebbero sostenerla i tanti giovani che stanno continuando ad abbandonare il Mezzogiorno. Sappiamo che nel 2050, con i trend vigenti, il Mezzogiorno d'Italia sarà una macroregione di anziani, con pochissimi laureati, tantissimi pensionati poveri, privi di servizi sociali degni di uno Stato civile.
Orienti lei, se possibile - questa è la preghiera - l'integrazione massima delle responsabilità statali intorno alle scommesse puntuali che sta individuando, recuperando tutto il panorama delle opere pubbliche incompiute, vero grande scandalo a cielo aperto del Meridione.
Tenga presente che l'Europa ci chiede una grande attenzione sull'ambiente. Ci sono intere regioni, aree del Paese, in particolare il Mezzogiorno, che sono discariche a cielo aperto. Non possiamo chiedere ai giovani di restare al sud se lo lasciamo nelle condizioni in cui si trova. Non possiamo immaginare un tasso così grave di inattività - per recuperare, ancora una volta, attenzione alla popolazione che al sud si sta deprimendo o che dal sud sta andando via - ormai del 50 per cento, se non consentiamo alle migliori intelligenze del Meridione - che si stanno formando in taluni casi nel nord del Paese o all'estero - di ritornare nel Meridione d'Italia e prendere in mano il destino della propria terra.
Se è possibile, quindi, incentiviamo anche quello che amiamo definire un controesodo sostenuto, strutturato, perché solo chi ha gli anticorpi, chi è nato e cresciuto nel Meridione d'Italia, può riprendere in mano il destino di quella parte del Paese, che ormai è sfuggito totalmente al controllo - per mille problemi che gli economisti chiamano vincoli socio-istituzionali - dello Stato centrale.


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Lei ha una grande responsabilità. A lei vanno i nostri migliori auguri, sperando che nei prossimi mesi, quelli che ci separano dalla conclusione della legislatura, possano vederla di nuovo qui a resocontare i risultati positivi che - insieme a noi - augura al nostro Governo.

RENATO CAMBURSANO. Mi pare di poter definire il quadro che sta emergendo - sia dalla sua relazione sia dagli intervenuti prima di me - disastroso. Non può non venirmi in mente in questo momento quanto dichiarato un paio di anni fa dal Ministro dell'economia e delle finanze, credo proprio in quest'Aula, quando ci disse che tutte le volte che andava a Bruxelles ed entrava in certi uffici constatava che, mentre altri grandi Paesi avevano sul tavolo tre dossier, l'Italia aveva quattro armadi, tanti e tali erano i progetti all'esame delle autorità europee che, come giustamente ha detto lei, la frammentazione era quasi sinonimo di non realizzazione, perché i tempi si dilatavano.
Non è detto, ovviamente, che la concentrazione in alcuni grandi progetti significhi in automatico la capacità di realizzare, e quindi poi anche di pagare. Certo è che constatiamo, a due anni di distanza, che lo stato dell'arte - è vero che la fotografia che è stata fatta è al 31 dicembre 2010, ma la ricavo anche dalla documentazione predisposta dagli uffici - di alcune regioni è davvero drammatico. Prendo, per esempio, la regione Campania con riferimento al fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), dove siamo al 7,89 per cento di spesa delle risorse; sul fondo sociale, addirittura al 2,19 per cento in termini di pagamenti. Il rischio che stiamo correndo è quello che dovremo restituire i fondi o rinunciarvi con buona pace per quello che abbiamo messo in termini di IVA per costruire e costituire questi fondi, di cui godranno altre nazioni che forse ne hanno meno bisogno di noi.
Non so se la questione che pongo è solo una provocazione, ma le assicuro che in questo caso è a fin di bene: laddove non si riesce a far funzionare la macchina regionale e comunale, si invochino strumenti e poteri sostitutivi.
Inoltre, sempre ammesso, ma non concesso, che ovviamente sia possibile, rinunciare in queste condizioni a disponibilità finanziarie è davvero demenziale. Si fa spesso, l'hanno fatto anche i colleghi, riferimento a carenze infrastrutturali. Noi abbiamo sul nostro territorio alcuni soggetti terzi rispetto alla pubblica amministrazione, nell'accezione stretta del termine, che fanno quello per mestiere. Penso al Fondo 2I, realizzato per volontà della Cassa depositi e prestiti con la partecipazione di fondazioni bancarie, ma anche con grandi banche italiane e non solo italiane, soprattutto proiettato su investimenti greenfield: perché non destinare queste risorse per queste grandi infrastrutture coinvolgendo questi soggetti che, sicuramente, hanno maggiore capacità di realizzazione di spesa che non la pubblica amministrazione nell'accezione che conosciamo? Credo che, se riuscissimo per davvero a fare un salto di qualità di questa natura, avremmo reso un bel servizio a questo Paese.

ALFONSO MASCITELLI. Saluto il Ministro e mi associo agli auguri degli altri colleghi. Lo ringrazio, inoltre, per la sua relazione, che ci dà molti spunti di conoscenza. Le rivolgerò, semplicemente, signor Ministro, poche domande, alcune delle quali vanno a integrarsi rispetto a quesiti e richieste di informazioni e conoscenze già presentate da altri colleghi.
La prima domanda è su quello che sarà firmato in sede di accordo del 15 dicembre.
Della riduzione del tasso di cofinanziamento del livello nazionale - che tra l'altro, come lei sa, è stata una delle 39 domande che il Commissario europeo agli affari economici Olli Rehn ha rivolto al nostro Paese - e delle risposte dell'ex Ministro dell'economia e delle finanze, come Parlamento ancora non abbiamo l'esito, per cui le saremmo grati se potesse


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rispondere a quanto incide questa riduzione e, soprattutto, cosa comporterà dal lato delle regioni.
Se è vero, infatti, che all'Unione europea interessa in modo particolare la riduzione del lato nazionale, vorremmo capire se questa riduzione, nel momento in cui le regioni avranno difficoltà per sopperire alla loro parte di risorse, comporterà una rinuncia da parte delle stesse al tetto di residuo di risorse di cui lei ci ha messo a disposizione anche una tabella illustrativa nella sua relazione, oppure potrà comportare, sempre da parte delle regioni, la scelta, fermo restando il budget che hanno a disposizione, di concentrarlo non su più progetti, ma su progetti quantitativamente più ridotti.
Lei ha fatto, inoltre, riferimento all'ammontare quantitativo del fondo per lo sviluppo e la coesione, ex fondi FAS. Per quanto riguarda la parte regionale, li ha quantificati in circa 24 miliardi di euro per il periodo di programmazione 2007-2013. Ha fatto riferimento soprattutto a tre assi che andranno a interessare questa parte regionale, cioè all'asse infrastrutture, all'asse ambiente e all'asse ricerca. A me risulta dall'esame di alcuni PAR, piani attuativi regionali, che le regioni hanno presentato e che sono stati in alcuni casi già adottati dal precedente Governo interventi con la delibera CIPE del 3 agosto scorso e che l'orientamento da parte delle regioni nell'utilizzo delle risorse ex fondi FAS va a toccare settori anche diversi rispetto a questi tre assi principali che lei, in qualità di rappresentante del Governo, ha indicato: questo significa che il Governo ha intenzione di rivisitare i PAR precedentemente approvati e indirizzarli, proprio alla luce del superamento della frammentazione di cui diceva e di una diluizione di risorse, solo su questi tre assi? Oppure ciò che è stato fatto dal precedente Governo resta un paletto, un pilastro, che comunque può dar luogo all'attuazione da parte delle regioni? Lei ha fatto, peraltro, riferimento a una delle concause del mancato utilizzo delle risorse, comunitarie o nazionali, ossia all'incertezza dei tagli. Io aggiungerei anche l'incertezza della programmazione.
In alcune vecchie delibere CIPE, infatti, che davano indirizzi su come dovevano essere programmate le risorse FAS, si parlava all'epoca di una priorità assoluta sia per interventi strategici di rilevanza regionale, ex regionale e nazionale, sia per un uso centralizzato delle risorse.
Vengo a un'ultima questione, signor Ministro. Sono rimasto affascinato dal suo progetto della trasparenza, di open data, quindi dell'immissione di dati informatici nei siti istituzionali: vorremmo chiederle - per noi sarà un prezioso e straordinario strumento di lavoro - quando pensa che questo progetto possa diventare realmente operativo.

RAFFAELE FITTO. Signor presidente, io non faccio gli auguri al Ministro Barca, ma gli rivolgo un grosso in bocca al lupo, perché ho consapevolezza della differenza che c'è tra l'augurio e l'in bocca al lupo rispetto alla complessità del tema e delle sfide che lui ha di fronte. Glielo faccio sinceramente, perché sono convinto del fatto che sia fondamentale individuare, anche rispetto alle considerazioni che ha esposto questo pomeriggio, una modalità di interlocuzione con queste Commissione riunite, e comunque con il Parlamento, che vada a sostenere l'azione che lui porterà avanti.
Ho ascoltato con attenzione la sua relazione. Avrò modo anche di approfondirla dal punto di vista dei contenuti più dettagliati e penso che ci siano tutti gli elementi per poter esprimere una valutazione assolutamente positiva sia rispetto al percorso indicato sia rispetto ad alcuni passaggi complessi e che hanno la necessità di dover essere realizzati in modo adeguato.
Commetterei un errore se in questo mio intervento facessi riferimento ad alcune considerazioni, che pure ho ascoltato e che con il massimo rispetto non condivido assolutamente, perché, a mio avviso, non corrispondenti al dato di fatto oggettivo, sia sotto il profilo della definizione


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dei diversi fondi, sia delle modalità di utilizzo degli stessi.
Siccome quella di questo Governo, ribadita in più circostanze, è una cifra di carattere tecnico, commetterei, appunto, un grosso errore se, tornando su questi punti, ci accapigliassimo rispetto alle questioni di merito e, soprattutto, alle questioni di posizione, che ribadisco non credo corrispondano al dato oggettivo.
Sono molto soddisfatto di alcune considerazioni che voglio rapidamente richiamare. La prima è quella collegata al tema della spesa. È un grosso tema, infatti, quello della qualità della spesa. Fino a oggi non abbiamo mai avuto, per fortuna, un problema - non lo riferisco evidentemente all'ultimo anno, ma a molti anni precedenti e anche ai precedenti programmi - di rischio di revoca delle risorse. Lo dico anche per valutare in modo adeguato la qualità che, in condizioni di difficoltà oggettiva, negli ultimi quindici anni è stata messa a punto dalle strutture che hanno operato in questa direzione.
Questo è un elemento che vorrei sottolineare per evitare che si partisse, come spesso può accadere al principio, con l'entusiasmo e l'idea che tutto si possa modificare strutturalmente e cambiare, salvo ignorare gli elementi di complessità strutturali che riguardano la complessa macchina dell'utilizzo dei fondi comunitari e, soprattutto, la differenza che voglio sottolineare tra i fondi strutturali, i fondi del cofinanziamento dei programmi comunitari e i fondi ex FAS, oggi il fondo per lo sviluppo e la coesione. Sono tre voci differenti, sulle quali penso che sarebbe un errore - che non possiamo commettere - fare confusione mettendoli insieme. Evidentemente, infatti, rischiamo di mettere insieme questioni differenti che dovrebbero, invece, accompagnarsi le une con le altre.
In questo senso, penso che sia importante e voglio anche indicarlo come sollecitazione, come auspicio, richiamare il fatto che, rispetto all'accordo del 15 novembre scorso, c'è stata una intesa precedente di qualche giorno con i presidenti di regione, che ha messo in sicurezza, se vogliamo, le risorse del cofinanziamento da altri ipotesi.
Voglio esprimere subito - anche se non conosco il testo della manovra non ancora consegnato e che leggerò nelle prossime ore - un giudizio molto positivo sull'articolo 3 per come è stato illustrato dal Ministro Barca, perché il tema del cofinanziamento ottiene diversi risultati positivi. Il primo è quello di allontanare i pretesti.
Spesso, infatti, il tema del cofinanziamento è utilizzato come un pretesto, nel senso che si mette davanti il tema della impossibilità di spesa collegata al cofinanziamento per giustificare, magari, l'incapacità di spesa rispetto anche agli obiettivi indirizzati in tal senso. Credo che questo sia un elemento molto importante.
Voglio esprimere anche, per quello che ho ascoltato, un giudizio positivo su un'altra considerazione, quella delle modalità con le quali si svilupperà, per quanto riguarda le regioni del Mezzogiorno, l'utilizzo della previsione dell'aumento delle risorse per il patto di stabilità in quanto condizionata alla realizzazione dei contenuti, per i quali, dati anche i tempi, bisognerà lavorare al limite della tempistica possibile.
I tempi dati dalla Commissione europea, infatti, erano il 15 novembre e il 15 dicembre, quindi è chiaro che in questi giorni avere uno strumento di dialogo e di interlocuzione, quale quello del patto di stabilità, da mettere a disposizione per definire complessivamente l'aspetto relativo agli interventi sui quattro obiettivi indicati, rispetto all'utilizzo di risorse del cofinanziamento, è un elemento molto positivo.
Un ulteriore auspicio è collegato al tema dei crediti d'imposta. Si è fatto un cenno al credito d'imposta sull'occupazione, che è stato un iter molto complesso, definito con la Commissione europea e oggi finalmente operativo. Penso che in questa direzione si debba insistere, analogamente, per il credito d'imposta sulla ricerca, elemento altrettanto complesso. Appare tale, così come appariva quello


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dell'occupazione, ma potrebbe essere uno strumento che si aggiunge a quello del credito d'imposta per l'occupazione che porta con sé due elementi positivi: quello di dare risposte urgenti e immediate anche sul fronte occupazionale e di riuscire ad avere un tiraggio migliore dall'utilizzo di risorse con la garanzia della qualità della spesa rispetto agli obiettivi indicati.
Su quest'ambito ritengo ci sia la necessità di lavorare in modo molto intenso. Avremo occasione e modo di confrontarci anche nel merito di altre questioni. Trovo positiva anche la strategia complessiva dell'attuazione dei contratti istituzionali di sviluppo, che evidentemente - basta leggere il decreto - segue l'approvazione definitiva delle delibere CIPE oggi all'attenzione della Corte dei conti. Oramai è di dominio pubblico, credo che le osservazioni che non appaiono rilevanti possano essere superate; per l'altra, al netto delle valutazioni che il Ministro opportunamente ha indicato, penso che si possa assolutamente proseguire su quella direzione e di questo prendo atto molto positivamente.
Concludo, con la certezza che non è una occasione formale, ma sostanziale e frutto anche di un confronto che negli anni è venuto anche in luoghi differenti, che ci siano tutte le condizioni per migliorare questo complesso meccanismo, soprattutto perché il miglioramento dell'attuale meccanismo in corsa su questa programmazione è propedeutico a rendere molto più credibile la nostra rivendicazione - dal punto di vista nazionale - rispetto al futuro delle politiche di coesione, tema che oggi inevitabilmente, per ragioni anche di tempo, non è stato possibile affrontare. Mi auguro, in ogni caso, che possa essere l'occasione - ne sono convinto, conoscendo anche la sensibilità del Ministro sul tema - di un ulteriore confronto per stabilire un miglior livello di collaborazione e, soprattutto, indicare delle prospettive in tal senso.

FRANCESCO BOCCIA. Innanzitutto, buon lavoro, signor Ministro. Pongo due domande dirette e telegrafiche perché è stato detto tutto; l'analisi dei punti che era necessario chiarire è stata condotta in maniera esauriente dai colleghi.
Avremmo bisogno, come sinonimo di chiarezza del rapporto tra il nuovo Governo e il Parlamento, che, alla luce della manovra appena presentata, in qualche modo le quattro priorità del piano di azione, di fatto condiviso e presentato il 15 novembre, ci sia rappresentato con le tabelle aggiornate.
Il collega D'Antoni poneva un problema di sostanza: il miliardo di euro che determina l'attivazione di altri tre miliardi di euro annui, per un totale di 12 miliardi di euro di investimenti, rientrano come immaginiamo? Se rientrano, inevitabilmente definiranno un meccanismo di priorità tra le priorità che, probabilmente, il ministero a questo punto dovrà ridefinire con le regioni. Come, infatti, l'onorevole Fitto ricordava poco fa, quel quadro è figlio di un accordo con le regioni, all'interno del quale, evidentemente, ci sono storie, modelli di programmazione definiti e scelte, in alcuni casi, ridefinite alla luce dell'accordo sottoscritto dal precedente Governo con tutte le regioni.
Trovo condivisibili le analisi sui motivi del crollo, da cui nasce il secondo quesito. Il 1o gennaio 2012 inizia il 24o anno e con il 2013 arriviamo a 25 anni - la maggiore età superata da tempo - del modello di programmazione territoriale. Lei ne sa quanto, in alcuni casi anche di più di gran parte della classe politica che qui rappresenta in qualche modo il Mezzogiorno e, probabilmente, è arrivato il tempo delle analisi definitive e irreversibili sulle cause che non hanno consentito uno sviluppo endogeno adeguato, soprattutto delle quattro grandi regioni meridionali.
Alla luce delle scelte che il nostro Paese dovrà prendere per il 2013, quindi per il futuro delle politiche di coesione, probabilmente - come richiamava prima l'onorevole Fitto - è opportuno che il Governo ne faccia un punto di riferimento proprio, affinché nei prossimi mesi, ridefinite le priorità che sono nel piano d'azione, la mission principale sia quella di provare a lavorare insieme per costruire una storia


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nuova, 25 anni dopo, di un Mezzogiorno che - comunque - si trascina da allora problemi in alcuni casi irrisolti che riguardano le quattro grandi regioni e, aggiungerei, non casualmente.

MASSIMO VANNUCCI. Anch'io presento i miei auguri di buon lavoro e il ringraziamento per questa audizione.
Anche per valorizzare il lavoro della nostra Commissione bilancio della Camera dei deputati, vorrei semplicemente segnalare al Ministro che la Commissione bilancio della Camera il 25 maggio 2011 adottò un atto di indirizzo, una risoluzione in questo senso, la numero 8-00120, e vorrei consegnargliela. A suo tempo si diceva bipartisan, oggi si dovrebbe dire di impegno nazionale, per cui noi anticipavamo i tempi.
La risoluzione ripercorreva tutto quello che ci siamo detti e, soprattutto, chiedeva di evitare questa riprogrammazione, tout court, di 30 miliardi di euro e oltre che avevamo, sollecitava le intese con le regioni - oggi abbiamo sentito di un progress che in questo senso c'è stato - dava indirizzi anche per riformare la governance della politica nazionale e regole premiali del patto di stabilità interno legate a queste nostre azioni.

PIERLUIGI MANTINI. Le formulo gli auguri di tutto il gruppo dell'UdC, signor Ministro. Il suo curriculum è il miglior viatico per aggredire questa questione, questa missione difficilissima di rimettere in opera i fondi strutturali, comunque denominati, ex fondi FAS, di coesione e così via nel Mezzogiorno, che non è la sola sua missione, ma forse quella principale e più urgente.
Da questo punto di vista, mi permetterei innanzitutto di risottolineare il plauso per la misura di discontinuità con cui si è reso disponibile il miliardo di euro, al di là dei vincoli e che oggi rende possibile in effetti riattuare gli interventi. Questo è il primo punto di partenza e il plauso politico è chiaro e netto.
La questione che sollevo riguarda il tema della complessità e la pongo in modo molto generico, ovviamente, perché non vi è tempo e non voglio sottrarne. Abbiamo una realtà in cui, con l'estensione delle zone a burocrazia zero in tutto il Paese, fatta l'ultima legge di stabilità, avremmo in sostanza tutti gli enti locali commissariati, perché entro 30 giorni tutto è deciso da un ufficio con a capo un prefetto, un commissario e così via, un sistema iperveloce forse insostenibile. Qui, invece, abbiamo il tema - lei lo sottolinea alla fine del rapporto - della complessità assoluta, delle lungaggini dei procedimenti amministrativi di tipo discrezionale, dove c'è anche una discrezionalità politica, non solo amministrativa.
Questo tema della complessità, con cui molte azioni - forse quello della ricerca un po' meno ma certamente tutte quelle che incidono in qualche modo sul territorio - hanno a che fare, non andrebbe aggredito con una norma speciale? Sarebbe auspicabile, in questo caso, una possibile collaborazione con il Parlamento che stabilisca una conferenza dei servizi di tipo istruttorio e decisorio, cioè decisionale, con un termine dato e con sanzioni o meccanismi sostitutivi, per abbreviare i procedimenti decisionali, qui sì commissariando un po' non tutti gli enti locali, ma esattamente l'utilizzazione delle procedure di accesso ai fondi.
Inoltre, da un punto di vista strategico, benché molto sia già stato detto dai colleghi, per evitare i rischi dei procedimenti a pioggia, non è pensabile di imputare a una missione, che è quella del sostegno attraverso crediti di imposta, defiscalizzazioni, incentivi alle nuove attività produttive nelle aree già industrializzate del Mezzogiorno?
Del resto, le aree già industrializzate del Mezzogiorno possono essere in qualche modo capienti per nuove iniziative. Le altre aree probabilmente no. Per non rischiare, dunque, anche rispetto al timing, è pensabile da un punto di vista strategico che una buona parte di questi nostri fondi siano utilizzati per questo scopo, con questa strategia?


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PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Barca per la replica, che sarà necessariamente sintetica, visti i tempi a disposizione.

FABRIZIO BARCA, Ministro per la coesione territoriale. Il mio rispetto per il Parlamento si manifesta nel fatto che le note che ho preso, come mi auguro anche quelle del direttore generale della struttura di cui mi avvalgo, sono molto ricche e si sedimentano.
Senatrice Poli Bortone, tento di rispondere esattamente a quella domanda, quindi quando avrete letto il documento depositato, potrete valutare se il quadro informativo presentato è completo o meno. È tutto quello che sono riuscito a mettere insieme, a comprendere, in alcuni casi trovando materiale già pronto, in altri adattandolo, ovviamente, alle mie caratteristiche e alle domande che ritenevo importanti.
L'unico punto di questo documento descritto come lavoro in corso è il quadro delle risorse del fondo per lo sviluppo nazionali perché su quello non c'è un quadro che io abbia ritenuto sufficientemente chiaro da potervi informare. Su tutto il resto, incluse le risorse regionali - cui giungo tra un istante - il quadro esiste. Evidentemente, quindi, sono pronto a ritornare, desideroso di farlo in tutte le modalità, le forme e quando lo riteniate.
L'intervento, soprattutto quello del piano di azione, già nel modo in cui è stato concepito sin dall'inizio nella lettera del Presidente del Consiglio al Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy e al Presidente della Commissione Barroso, è un tentativo di fare «un passo del cavallo», ossia di affrontare l'emergenza per evitare di perder soldi, ma facendo il salto di qualità.
La doppia caratteristica di questo intervento è importante e questo lo rende difficile. Noi non vogliamo perdere soldi, possibilmente neanche il 31 dicembre prossimo, per cui, se necessari per qualche programma, interventi di riduzione del tasso di cofinanziamento potrebbero dover avvenire già prima del 31 dicembre, ma l'operazione non è emergenziale nel suo disegno, quindi già prefigura una strategia.
Le strategie si costruiscono domandandosi perché non funzionano le cose, ma riassunto nel mio linguaggio ciò è già nel piano, così rispondendo a molte domande per passare poi alle questioni puntuali.
Quanto alla concentrazione, agli armadi di roba, ciò può voler dire sul territorio anche un progetto integrato. Lo stesso progetto di Pompei consta di 105 interventi in insulae diverse tenute insieme dal fatto di appartenere a una stessa operazione. Il progetto scuola è, ovviamente, un progetto integrato, perché c'è un disegno strategico. Poi ovviamente, trattandosi di scuole, intervengo su 600 di esse sul territorio, con le infrastrutture, non buttando i computer, ma comunicando quando arrivano i computer e le lavagne nuove, cosa farne e così via.
Sottolineo - su questo punto ho anche speso del tempo, come tecnico, nei miei andare e venire dalle attività sempre nell'amministrazione - la questione delle competenze dei ragazzi. Il programma scuola è già ottimo. Noi vogliamo realizzarne uno ancora migliore. Ci siamo incontrati per sei ore con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e l'idea è di anticipare nell'area del Mezzogiorno un disegno di intervento rimediale nelle scuole.
Non ho anticipato tutto, ma voglio dire questo: era già nel disegno del Ministro del precedente Governo, anche se richiederà sette-otto mesi per essere realizzata - sapete della squadra dei 150 ispettori - ma alla domanda posta tra le 39 prima citate, su cosa farà il Governo per le aree di interventi rimediali per le scuole che saranno identificate nella lista, vogliamo poter rispondere con i post-scuola subito, dopodomani, rafforzando quel PON con la costituzione di task force valutative che consentano di dialogare con le scuole, portarvi le valutazioni esterne, non i comandi e gli ordini, discutere e cercare di ricreare all'interno di ogni scuola una autocomprensione dei punti di debolezza da cui nascano dei POF, ossia dei programmi di offerta formativa che sono


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frutto di entrambi. Anche se non lo mandiamo a Bruxelles come tale, quello è un grande progetto. Mi rifiuterei di chiamarlo frammentato.
Quanto al presidio nazionale, qualcosa è già avvenuto in questi giorni nel tentativo di una cooperazione. Scuola vuol dire un ministro, ferrovie vuol dire un altro ministro, credito e occupazione un terzo ministro. Ci sono tre ministri della Repubblica e, nonostante stessero preparando la manovra, ci siamo visti già sei o sette volte perché, alla fine, quella è la prima forma di coordinamento dei centri competenza.
In relazione all'indirizzo sugli enti, trovate una pagina della documentazione consegnata sulle strutture in house che riguarda Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, dove le enunciazioni sono ancora indicative. A mio avviso, stiamo correndo. Non possiamo metterci a ridisegnare gli assetti, ma con delicatezza dobbiamo utilizzare Invitalia per quello che è, e contemporaneamente bisogna pensare anche cosa potrebbe essere, quindi anche avendo la capacità che il secondo dei due ragionamenti non blocchi la macchina del primo. Intanto, quindi, nell'ottica di un presidio nazionale, mobilitiamoci con quello che c'è oggi e, nel frattempo, pensiamo anche al resto delle questioni.
Tornerò anche un attimo sulla questione della finanza perché ci siete tornati voi. Il quarto asse è la focalizzazione sui risultati misurabili, sicuramente sfruttando quello che già c'è, gli obiettivi di servizio, riutilizzandoli al massimo e, dove non ci sono questi, sugli indicatori che verranno fissati, al tempo stesso anche trovando il modo di mobilitare attorno a questi numeri cittadini organizzati in reti sociali o individuali. Quantunque breve sia il tempo di questo Governo, io vorrei concludere con tale aspetto. Queste sono le mie due osservazioni generali.
Le osservazioni puntuali riguardano i poteri sostitutivi: la risposta può essere positiva, ma di fatto quel piano di azione, come l'intervento sul fondo sviluppo, già prefigura qualcosa che non definirei sostitutivo, perché le regioni continuano a gestire i fondi; il centro, però, come è avvenuto all'interno di alcuni programmi operativi regionali, ad esempio per la scuola, diventa struttura di fatto attuativa, anche se le certificazioni formali sono rilasciate dalla regione.
La definirei una modalità comunitaria, così come - l'avrete notato - il gruppo di azione costituito dal Ministro Fitto ha come capo lo stesso dirigente generale responsabile dei fondi comunitari. Siamo, cioè, nell'ordinario, ma il vicecapo è della Commissione europea. Questo è un cambio di passo perché la Commissione ci mette la faccia - scusate il termine molto franco - non stando Bruxelles ad aspettare dicendoci cosa fare.
Non si tratta, quindi, di modello portoghese e greco, in cui il Paese non è in grado di lavorare e arriva un gruppo che governa i loro soldi dal momento che loro si sono comportati in modo disastroso. Noi siamo in una situazione critica, ma abbiamo le forze per farlo, tuttavia si tratta di una soluzione di cooperazione rafforzata. Credo sia questo il termine che abbiamo usato.
Altri soggetti territoriali? Sì. Sottolineo a chi ha sollevato la questione che il ruolo dei comuni è valorizzato fortissimamente nel nuovo regolamento comunitario per il 2014-2020. Poiché già con questo piano di azione anticipiamo alcune azioni di quel nuovo disegno, vorremmo poter anticipare anche quello. Il nuovo regolamento prevede liste di città, la possibilità di operazioni che prendono il meglio di un'esperienza che in Italia, ahimè, è targata male, ma che ha contenuto anche una parte positiva, ossia l'esperienza dei patti territoriali. È targata male perché tale esperienza è diventata dispensatoria di sussidi, ma l'idea del patto in sé, se è un'alleanza per produrre servizi collettivi, aveva in sé un'intelligenza. La Commissione ce la ripropone, sta a noi valutarla, ma non sono decisioni di domani mattina, sono decisioni di dopodomani.
Quanto a interventi più immediati sull'occupazione, il credito per l'occupazione ci sta. È stato ricordato che può diventare


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operativo attraverso i soldi mobilitati dalle regioni. Ci sta in questo provvedimento urgente appena approvato il rilancio di un'operazione già esistente, che era l'IRAP ridotta col differenziale sul centro-nord, rafforzata in questo provvedimento per donne e giovani sotto i 35 anni, che nel sud vuol dire un ristoro, una deduzione molto grossa sull'IRAP.
Credo che in relazione a investimenti e ricerca dobbiamo capire quali sono gli ostacoli, e cercare di rimuoverli, frapposti a Bruxelles, mentre il resto era andato avanti.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Il problema è se si può usare una parte di quei soldi.

FABRIZIO BARCA, Ministro per la coesione territoriale. Questo è il punto. Se si arriva in tempo, non possiamo rischiare di scommettere in quest'operazione che chiude il 15 dicembre prossimo, però il mondo non finisce il 15 dicembre. Il piano di azione è un'operazione che il 15 dicembre deve costituire un pacchetto finanziario con una lista precisa.
Rispondo a una domanda che è stata sollevata: il 15 dicembre quell'accordo conterrà una lista di operazioni, di progetti, dirà quanto viene, da quale regione, dove viene messo e chi lo gestirà. È questa la difficoltà dei giorni che Raffaele Fitto conosce e intravede, per cui quel giorno quell'accordo avrà le sue tabelle finanziarie che non comportano revisioni.
Ovviamente, e vengo al punto, non sappiamo ancora se sono 6 o 12 i miliardi di euro. Supponiamo che non ce la facciamo, che vada male, che le regioni ci convincano e si convincano che non devono spostare un euro di tasso di cofinanziamento: se lo fanno e non siamo d'accordo, non accederanno alla deroga del patto di stabilità interno. Questa è la forza del provvedimento preso e lo sto dicendo da burocrate, come un pezzo di me - evidentemente - non può che restare. È evidente che questo è uno scenario impresentabile all'interno delle regioni.
Arriviamo a 12 miliardi? Non credo, perché la scelta non è stata di decidere pregiudizialmente l'importo, ma di vedere quali sono i progetti ferroviari e, eventualmente, altri progetti su ferro, che siano costruibili in un pacchetto; quanto mobilitare, se nella regione riusciamo ad avere il quantum. Questa è l'operazione difficile, quella che troverete nel documento del 15 dicembre.
Vengo alla domanda più delicata, a cui in parte ha risposto già l'ex Ministro Fitto, avendola lui istruita, sul piano delle risorse regionali, fondo sviluppo e quadro finanziario. È tutto esposto molto chiaramente nella tavola 10 della documentazione allegata. Si tratta di una tavola molto semplice, che incrocia le regioni con gli assi. Ci troverete la delibera CIPE del 3 agosto scorso, di cui molti hanno parlato, di 5,649 miliardi di euro per le infrastrutture, ne trovate l'incrocio: un asse, sostanzialmente, è deciso e non ci attendiamo di modificarlo nei progetti, tanto per essere chiari, con un asse innovazione, ricerca e competitività, sul quale il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si impegna a esprimere nel giro delle prossime due settimane, non alle calende greche, un giudizio. Se ci sono modifiche da fare, deve farle con le regioni ovviamente, ma sono cose che si concluderanno in due ore trovandosi intorno a un tavolo. Le colonne «altre destinazioni» rappresentano le destinazioni andate ad altri fini, e troverete anche un residuo da attribuire di 5,712 miliardi di euro. Su questa ultima cifra prosegue l'attività che è stata intrapresa. Il primo aspetto di cui occuparsi è l'ambientale. Tra «n» giorni avremo che una parte di 5,712 miliardi di euro è diventato l'asse ambiente d'intesa con le regioni e rimane spazio per qualche altra cosa su cui si esprimeranno le priorità programmatiche del mio settore di competenza.
Fino a ora stiamo nel solco delle priorità già decise e che non abbiamo alcuna intenzione di modificare, salvo per singole scelte progettuali che il MIUR ritenga, insieme alla regione, di modificare all'interno


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di un pacchetto. Credo di essere stato chiaro. Il quadro regionale è molto chiaro.
Voglio essere completamente franco. Immediatamente, a valle di questo, come è stato ricordato, c'è lo strumento attuativo. Non l'ho neanche guardato, non lo conosco. Devo vederlo e convincermi che sia la cosa più semplice di questo mondo. Se sarà così, se c'è qualche aggiustamento da apportare su quel testo, lo si farà, altrimenti si andrà avanti. Ben vengano tutti gli spunti anche normativi. Il Governo ha approvato ieri o l'altro ieri le accelerazioni su CIPE e Corte dei conti: verificheremo se ci sarà qualcos'altro da fare. Ogni contributo che può venire è assolutamente benvenuto.
Le domande che mi sono state poste erano molte e mi sembra corretto rispondere. Del resto, come sempre, è quasi più interessante la risposta che non la relazione.
È stato chiesto se è vera l'operazione dei 3 miliardi di euro. È verissima. Se c'è una cosa che non è mai stata toccata e che è intoccabile è la competenza delle regioni del centro sui fondi comunitari. Quello che non era chiaro era se - quando dovevano spendere - ci fosse crowding out, spiazzamento di altre spese. I fondi erano spesi, ma senza un perfetto quadro di come fossero stati destinati.
La novità è rappresentata, dunque, da una cassa che consente loro di non spiazzare. Quello che si riduce in un ordine di grandezza che va da 6 a 12 miliardi di euro è l'effetto spiazzamento che si aveva prima. Oggi questo effetto spiazzamento con questa misura non c'è più.
L'ultima domanda, che riguarda il futuro, è sul negoziato. È stata posta una domanda molto precisa. Non voglio sfuggire perché con il Ministro Moavero ci siamo visti prima e non dopo il Consiglio affari generali dell'altro giorno. Ricordo che l'Italia, durante il precedente Governo, ha assunto la decisione di aderire con un atto formale, come aderisce a un gruppo di Paesi coesionisti, anche a un gruppo di Paesi contributori netti, esprimendo adesione a delle righe che dicevano che bisogna ridurre il bilancio.
Questo Governo non ha ancora espresso una sua posizione, ma al momento ci muoviamo all'interno di un dato: spetta a questo Governo in tempi rapidi fare quello che il Governo precedente non aveva fatto ancora spiegando cosa si vuole ridurre. Quello che questo Governo è impegnato a fare, quindi, è dare urgentemente una risposta a questa domanda perché in quel caso può ripresentarsi in qualunque consesso e dire quanto vuole tagliare.
La risposta non è ambigua perché quello che è certo è che il Governo non ha alcuna intenzione di dire, come non lo aveva il precedente, che la politica di coesione vada tagliata. Anticipo, quindi, questa risposta: è intenzione di questo Governo, espressa nel Consiglio affari generali (CAG) e lo sarà per quanto mi riguarda il 16 prossimo - dove sarò in CAG anch'io - che la politica di coesione territoriale non va ridotta. Ovviamente, la forza con cui lo diremo cambierà. Noi siamo rafforzati dal piano d'azione, che dal 15 dicembre ci consente di essere molto più forti. Se il piano d'azione addirittura darà risultati, saremo ancora più forti.
Quanto alle condizionalità ex post, il giudizio è negativo; possiamo, tuttavia, in questa condizione partire all'attacco? Dobbiamo essere cauti nel consesso internazionale. Non possiamo andare all'assalto e affermare che non vogliamo le sanzioni. Noi siamo d'accordo che quelle sanzioni siano improprie, molti altri le attaccano. Saremo con chi le attacca. È un problema di tattica negoziale.
Siamo contro il cap? Anche qui si tratta di negoziato. Ci conviene senz'altro, ma vogliamo rompere con tutti i Paesi dei 12, cioè gli alleati coesionisti? Vogliamo rompere con la Polonia, l'altro grande prenditore che sta in questo momento conducendo un'azione straordinaria in Europa - parliamoci chiaro, la Polonia che ci ricordavamo un tempo era un'altra, oggi è straordinaria - nel modificare e


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sostenere i cambi dei regolamenti? No, non vogliamo rompere con la Polonia. Allora, non è opportuno andare a chiedere una lesione gravissima che determinerebbe una rottura con la Polonia. Concludo su questa nota polacca.

PRESIDENTE. Il mondo è cambiato e adesso la Polonia diventa un punto di riferimento per l'Italia. Già altre volte nella storia questo è avvenuto.
Grazie al Ministro Barca per questa interessantissima audizione. Grazie anche a tutti i colleghi.
Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal Ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,40.

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