Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle audizioni

Torna all'elenco delle sedute
Commissione VI
7.
Mercoledì 26 novembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

Audizione del direttore dell'Agenzia del demanio sulle tematiche relative all'operatività dell'Agenzia (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 9 13 14 16 19 20 21 22
Bragantini Matteo (LNP) ... 13 22
Causi Marco (PD) ... 12 13
D'Antoni Sergio Antonio (PD) ... 9 10 13
Maggini Edoardo, Direttore della direzione coordinamento staff dell'Agenzia del demanio ... 22
Maranca Paolo, Direttore della direzione area operativa dell'Agenzia del demanio ... 17 18
Messina Ignazio (IdV) ... 10
Pagano Alessandro Saro Alfonso (PdL) ... 11 17 18
Pisciotta Giuseppe, Direttore dell'area beni e veicoli confiscati dell'Agenzia del demanio ... 19 20
Prato Maurizio, Direttore dell'Agenzia del demanio ... 3 10 15 16 18 19 20 21 22
Pugliese Marco (PdL) ... 10

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal direttore dell'Agenzia del demanio ... 23
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 26 novembre 2008


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 14,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore dell'Agenzia del demanio sulle tematiche relative all'operatività dell'Agenzia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del direttore dell'Agenzia del demanio sulle tematiche relative all'operatività dell'Agenzia.
Tra qualche giorno si potrebbe sentire il direttore anche sulle vicende di Alitalia!

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Mi farebbe molto piacere poterne parlare, però ho scelto la linea del silenzio.

PRESIDENTE. Sono presenti il dottor Maurizio Prato, direttore dell'Agenzia del demanio, il dottor Edoardo Maggini direttore della direzione coordinamento staff, l'ingegnere Paolo Maranca, direttore della direzione area operativa e il dottore Giuseppe Pisciotta, direttore dell'area beni e veicoli confiscati.
Do la parola al direttore dell'Agenzia del demanio, Maurizio Prato.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Ringrazio la Commissione per la convocazione e per l'attenzione.
Il documento che, con anticipo, vi ho fatto pervenire è volutamente corposo, anche per mia conoscenza. Infatti, essendo all'Agenzia del demanio da meno di due mesi, ho ritenuto opportuno fare una serie di approfondimenti e, anche negli allegati, vi sono dei dettagli.
Non seguirei interamente il documento, del quale invece tratterei gli aspetti salienti, per lasciare eventualmente spazio ad approfondimenti e chiarimenti.
L'Agenzia del demanio si è costituita nell'attuale configurazione nel 2000. Devo dire che ho trovato una struttura moderna ed efficiente. L'Agenzia ha infatti compiuto, anche con la trasformazione in ente pubblico-economico avvenuta nel 2004, un processo importante di riqualificazione e rinnovamento, che consente oggi di qualificarla come una struttura moderna della pubblica amministrazione, con competenze e capacità, in grado di coprire l'intera catena del valore immobiliare.
Con la trasformazione in ente pubblico-economico essa ha acquisito una maggiore economia gestionale ed un patrimonio proprio, oltre ad allargare la competenza sui beni confiscati, che comprendono i beni immobiliari, ma anche aziende e veicoli, sia per quanto attiene alle procedure del codice della strada, sia per quanto attiene, anche se in modo abbastanza ridotto, alla criminalità organizzata.
Devo dire che questa trasformazione in ente pubblico-economico, in effetti, è avvenuta solo in parte. Oggi l'Agenzia ha una identità ibrida: non è pienamente ente pubblico-economico, ma non è nemmeno pienamente agenzia fiscale, come peraltro continua ad essere qualificata.


Pag. 4


Tuttavia, secondo la mia esperienza degli enti pubblico-economici - mi riferisco in particolare all'IRI - essa presenta una anomalia di tipo strutturale. L'ente pubblico-economico, infatti, in genere è amministrato attraverso un consiglio di amministrazione; l'Agenzia del demanio, invece, in analogia a quanto avviene nelle altre agenzie, è amministrata da un comitato di gestione, con estrazione per metà interna e per metà esterna. Infatti, dei quattro componenti ai quali oggi è stato ridotto - prima erano sei - due sono rappresentati da direttori dell'Agenzia e due da membri esterni.
A mio avviso, questa situazione atipica, è una sorta di fictio. I due colleghi direttori, che fanno parte del comitato di gestione, ovviamente dispongono di tutti i requisiti e le professionalità necessarie; tuttavia, se espongo delle proposte in sede di comitato di gestione, mi sembra un po' difficile che qualcuno dei due direttori voti contro, oppure, si dichiari non d'accordo con me. Si tratta di un aspetto che dovrebbe essere rivisto.
Nel complesso, la struttura è moderna e professionale. Su questo hanno inciso contingenze favorevoli che hanno consentito un rilevante ricambio e ringiovanimento. Questo è avvenuto in occasione dell'opzione che era stata offerta ai dipendenti pubblici, quando nel 2004 all'Agenzia, prima dello spin off da parte della Direzione e dell'Agenzia del territorio, erano stati assegnati 1.800 addetti. Infatti, quando fu presentata l'opzione per la scelta tra un contratto di tipo privatistico - come ha oggi l'Agenzia, in difformità con le altre agenzie, poiché il demanio ha una contrattazione privatistica e un contratto proprio nazionale di lavoro - e uno di tipo pubblico, la maggior parte dei dipendenti optò per il pubblico impiego.
Questo ha fatto sì che dei 1.800 ne siano rimasti soltanto 400, dando modo all'Agenzia di andare sul mercato per provvedere ad assunzioni di tipo mirato che hanno portato ad un ringiovanimento notevole, a selezionare professionalità importanti, a ridurre l'età media, oltre che a livellare il rapporto in termini di pari opportunità tra uomini e donne. Oggi, infatti, il 50 per cento del personale è costituito da uomini e l'altro 50 per cento da donne.
Nel documento che è stato consegnato, ci sono diverse tavole, forse un po' troppe, sulla classificazione dei beni immobili dello Stato. Questo per me (lo devo confessare) è stato uno degli elementi più ostici da comprendere e lo è tuttora, in quanto non ho le idee completamente chiare.
Ritengo, da quello che ho appreso, che in effetti l'Agenzia del demanio non sia tale, ma sia, piuttosto, una agenzia del patrimonio. Il demanio, così come qualificato dal codice civile e dal codice della navigazione, in effetti fa capo prevalentemente ad altre amministrazioni. Mi riferisco, in particolare, al demanio militare, sul quale mi soffermerò in seguito poiché su tale concetto esistono, a mio avviso, valutazioni di tipo estensivo. Mi riferisco, inoltre, al demanio che è in esclusiva gestione del Ministero dei beni culturali e ambientali.
Tolto questo, ciò che resta fa parte del patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato; inoltre, di questo, solo una parte è gestito dall'Agenzia in quanto, appunto, essa non gestisce tutto il patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato.
Dalle tabelle cui facevo riferimento emerge, inoltre, la presenza di una pluralità di attori nelle varie segmentazioni di demanio e di patrimonio, con competenze settorializzate che, unitamente ad una complessa e stratificata legislazione, non producono certamente l'effetto di assicurare una piena e remunerativa tutela del patrimonio pubblico.
L'Agenzia, di fatto, dispone di competenze non generalizzate sull'intero patrimonio pubblico e assai variegate sotto il profilo dell'intensità: si va da una tutela piena ad una affievolita, fino ad arrivare ad una attività di pura vigilanza. Essa, inoltre, rappresenta indubbiamente un punto di riferimento autorevole e qualificato


Pag. 5

nell'ambito della gestione di patrimoni immobiliari pubblici, laddove permane la coesistenza di più attori.
Da ultimo, vorrei citare la prossima costituzione, nell'ambito del Ministero della difesa, della società Difesa Servizi Spa. Se mi è consentito, vorrei fare un'annotazione di carattere personale, che deriva dalla mia esperienza, avendo vissuto, e ancora vivendo, la parte immobiliare, anche come presidente e amministratore delegato di Fintecna. È evidente a tutti la circostanza che lo Stato, uscito in questi ultimi anni da tutti i settori più importanti dell'economia quali la siderurgia, le concessionarie autostradali e portuali, le telecomunicazioni, e apprestandosi ad uscire dalla cantieristica e dal cabotaggio, mantenga in un suo ambito - e ne sia addirittura prolifico - società del segmento immobiliare che, in genere, è quello a più basso valore aggiunto e a minore competenza. La mia è una constatazione, credo, però, che questa possa essere la sede opportuna per esporla.
L'Agenzia, in questi ultimi anni, si è posta ed ha avviato un'attività di censimento delle consistenze fisiche dei beni, circa 30 mila, che sono in sua gestione esclusiva. Sostanzialmente sono i beni che risultano iscritti nel conto patrimoniale dello Stato, quindi sono una parte del demanio e del patrimonio dello Stato.
Quando oggi sono andato in Agenzia, ho chiesto innanzitutto quale fosse l'intero patrimonio dello Stato. Ebbene, lo Stato non è in grado di rispondere; non sa di quali beni sia proprietario. Il quadro completo delle proprietà demaniali, del patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato non risulta da nessuna parte.
L'Agenzia ne gestisce una parte, essenzialmente il patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato e, per questa ultima parte, i beni in uso governativo alle amministrazioni pubbliche e centrali dello Stato. Da questa attività di censimento, quindi di individuazione delle caratteristiche tecnico-fisiche degli immobili, sono stati esclusi i beni in uso gratuito e perpetuo a enti ecclesiastici e università, il demanio storico-artistico in gestione al Ministero dei beni culturali nonché i beni che, pur teoricamente appartenenti al patrimonio indisponibile, presentano caratteristiche di «sensibilità».
Vorrei tornare, a questo punto, sul tema che avevo menzionato poco fa, ovvero il tema della difesa. Anche questa che sto per fare è una constatazione. La difesa dà un'interpretazione estensiva, a nostro avviso, del demanio militare, il quale è classificato dall'articolo 822 del codice civile secondo cui fanno parte del demanio militare le opere permanenti di difesa, quindi le fortificazioni e tutto ciò che è utilizzabile per la difesa del territorio. In effetti, è ormai consolidato il concetto che del demanio militare fa parte anche il patrimonio indisponibile dello Stato; mi riferisco in particolare alle caserme, agli alloggi di servizio, che non appartengono a demanio militare, ma sono patrimonio indisponibile, cioè sono beni che lo Stato ha dato in uso governativo al Ministro della difesa. Tuttavia, questa non è l'accezione corretta del termine.
Nell'attività di censimento, questi beni non sono stati inseriti per vari ordini di motivi. Ne cito solo uno che mi pare sufficiente: non è stato consentito l'accesso per garantire il segreto militare. Definita l'attività di censimento, l'Agenzia ha proceduto al riallineamento tecnico e operativo con il conto patrimoniale dello Stato - così come riformato dal decreto legislativo n. 279 del 1997 - gestito dalla Ragioneria ed è stato avviato un nuovo sistema di gestione, unificando i dati rilevati in occasione del censimento, cioè quelli di tipo tecnico-fisico, con quelli di tipo amministrativo, già residenti nei sistemi informativi dell'Agenzia. È stato così creato un sistema unificato di banca dati, interamente informatizzato, dal quale è possibile avere tutti i dettagli su questi 30 mila beni che, ripeto, non esauriscono la proprietà dello Stato.
Questa attività ha consentito di procedere ad una analisi e alla segmentazione del patrimonio, individuando delle categorie di beni con riferimento al livello di manovrabilità. In tal modo, è stata creata una classificazione interna dell'Agenzia,


Pag. 6

che comprende: i beni cosiddetti manovrabili, per i quali, salvo vincoli urbanistici e storico-artistici, c'è una gestione piena da parte dell'Agenzia; i beni parzialmente manovrabili, rappresentati sostanzialmente dagli usi governativi; e i beni non manovrabili, ossia, quella categoria di beni del demanio storico-artistico non in consegna al Ministero dei beni culturali, ma in gestione all'Agenzia e che presentano scarse possibilità di trasformazione. Quelli, invece, con possibilità di valorizzazione, soprattutto attraverso lo strumento della concessione di valorizzazione, sono inseriti nella categoria dei beni manovrabili.
Ci sono, poi, altri beni non disponibili a vario titolo, cioè immobili realizzati su leggi speciali; beni a destinazione definita, come ad esempio gli IACP; e, infine, i beni in uso gratuito e perpetuo, come ho detto prima.
Le attività caratteristiche dell'Agenzia sono di tipo ordinario e di gestione del portafoglio. Esse vanno dalla vigilanza e regolarizzazione delle concessioni ai processi di sdemanializzazione, ai processi di valorizzazione, acquisti, permute, vendite ordinarie, locazioni eccetera, ovvero tutto ciò che fa parte della gestione di un proprietario immobiliare.
A queste si uniscono attività di tipo straordinario, che si sono verificate soprattutto negli ultimi anni, cioè attività realizzate su base di norme specifiche per esigenze di finanza pubblica, e attività ordinaria di gestione di beni fuori dal portafoglio dello Stato, come i beni confiscati alla criminalità organizzata.
Questo complesso di attività, senza ovviamente qualificare quello che può essere il risultato di una azione di vigilanza e di prevenzione, si traduce in un risultato medio ordinario annuale, cioè di entrate o di minori costi per lo Stato, di circa 300 milioni l'anno.
In particolare, nel triennio 2005-2007, l'Agenzia ha effettuato vendite ordinarie per 210 milioni di euro, in prevalenza relativi a beni non strategici e ai cosiddetti sconfinamenti, di cui alla legge n. 311 del 2004. È stato attivato, ed è pienamente a regime, un sistema automatizzato di riscossione che ha influito molto positivamente sulla regolarizzazione delle occupazioni. Tale sistema, lo anticipo fin da ora, non riguarda il demanio marittimo, per il quale non è previsto un sistema automatizzato di riscossione.
Le vendite straordinarie, operate a partire dal 2001 con strumenti di finanza immobiliare innovativa - si va dalle cartolarizzazioni (SCIP1 e SCIP2), ai fondi FIP e Patrimonio Uno, e ad altre operazioni di vendita in blocco - hanno portato a entrate lorde per lo Stato pari ad oltre 16 miliardi di euro.
Per gli immobili apportati ai Fondi FIP e Patrimonio Uno, per un valore complessivo di circa 4 miliardi di euro, l'Agenzia ha assunto il ruolo di conduttore unico per conto dello Stato e provvede alla gestione amministrativa, finanziario-contabile e tecnica.
Ricordo, a proposito di queste operazioni, che gli oneri connessi alla messa a norma e alla manutenzione straordinaria sono rimasti a carico del Ministero dell'economia e delle finanze. Pertanto, nel momento in cui ci avvicineremo alla scadenza dei contratti - quelli FIP hanno durata nove più nove, mentre il fondo Patrimonio Uno ha una durata di sei più sei - e si verificherà il rilascio degli immobili da parte delle amministrazioni occupanti, si riscontrerà l'onere della messa in pristino.
L'altra attività importante riguarda le valorizzazioni. Le modifiche normative che sono state introdotte dalla legge n. 410 del 2001, e dai successivi interventi migliorativi, hanno consentito di acquisire nuovi importanti strumenti per la valorizzazione del patrimonio pubblico, dalle varie tipologie di concessione alla concertazione con gli enti territoriali per il cambio della destinazione urbanistica di singoli beni o di pluralità di beni, mediante programmi unitari di valorizzazione.
Per quanto riguarda gli oneri a carico dello Stato relativamente alla gestione, l'Agenzia non dispone di un flusso strutturato, né a preventivo né a consuntivo, di


Pag. 7

quelli che sono gli oneri che lo Stato sostiene per il proprio patrimonio e per le locazioni passive, alle quali, spesso, devono fare ricorso le amministrazioni pubbliche. Sulla base delle informazioni disponibili che abbiamo acquisito, i costi per gli interventi edilizi per l'anno 2007 ammontano a circa 1 miliardo e 300 milioni di euro, mentre le locazioni passive a 900 milioni di euro.
La legge finanziaria per il 2008, oltre a limitare i costi per gli interventi edilizi, ne ha avviato l'identificazione, prevedendo la definizione di specifici capitoli cui imputare le spese di manutenzione ordinaria o straordinaria. Tale intervento si è reso necessario perché, fino all'anno scorso, le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria erano conglobate in altri capitoli di spesa, quindi non erano identificabili, come non lo sono, in parte, tuttora. Ricordo che stiamo parlando degli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria riferiti ai beni del conto patrimoniale dello Stato, in cui è compresa solo una parte di beni.
Per quanto riguarda i beni e veicoli confiscati alla criminalità organizzata per le infrazioni del codice della strada, ai quali recentemente si sono aggiunti anche quelli sequestrati a seguito di misure contro il terrorismo, preciso che si tratta di un'area a competenza spuria dell'Agenzia, non tanto per gli immobili, per i quali è prevista una competenza specifica, quanto per le aziende sequestrate e per i veicoli. Tuttavia, devo dire che in pochi anni l'Agenzia si è adeguatamente strutturata, acquisendo esperienze e specifiche capacità in un settore particolarmente delicato e complesso, con particolare riferimento alla gestione di aziende e di beni immobili. Ci sono delle tabelle che riflettono il numero delle attività svolte, sia per i beni immobili che per le aziende confiscate; è stato realizzato un sistema informativo dedicato e, dal 2006, sono stati avviati con gli enti territoriali specifici progetti per accelerare le procedure di destinazione degli immobili.
Per la gestione dei veicoli, si sono avviate apposite procedure di alienazione per contenere i costi di custodia e il notevole contenzioso pregresso, oltre che per incrementare le entrate. In questo segmento, la nuova procedura custodia-acquirente sicuramente porterà alla soluzione dei problemi. Si tratta, quindi, di gestire il pregresso, ma la soluzione che è stata individuata è senz'altro ottima.
Sul tema dei beni confiscati ci sono alcune modifiche legislative in corso. A questo proposito ci è stato chiesto un parere e lo abbiamo espresso, anche se credo che non sia stato tenuto in conto; d'altra parte il Parlamento è sovrano. Una volta che sarà emanata la legge, l'Agenzia ovviamente si adeguerà.
Per quanto riguarda le linee di azione, la redditività del patrimonio dello Stato, nelle premesse che ho fatto, a parte le problematiche del demanio marittimo, può ritenersi sostanzialmente a regime, tenuto conto degli usi governativi. Se i commissari hanno avuto modo di scorrere qualche tabella, avranno potuto osservare che, in effetti, nel patrimonio gestito dall'Agenzia, su circa 52-53 miliardi di euro, il 95 per cento è rappresentato da usi governativi, quindi da beni affidati a titolo gratuito alle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato.
Da questi non si può estrarre nulla, salvo impostare un criterio diverso, ossia prevedere che anche per gli usi governativi vengano introdotti dei canoni di mercato; questo potrebbe anche servire a responsabilizzare le amministrazioni sulla razionalizzazione degli spazi. Nonostante le leggi più volte intervenute negli ultimi anni, infatti, non constatiamo processi particolarmente virtuosi in questo campo da parte delle pubbliche amministrazioni. Altro sono gli usi gratuiti e i canoni ridotti che spettano a una pluralità di soggetti.
Da ultimo, vorrei citare la scarsità, ormai, di immobili liberi da immettere sul mercato.
Negli ultimi anni la fonte di alimentazione per il demanio ai fini di processi di valorizzazione, di processi di scambio a livello regionale o comunale, nell'ottica di acquisire beni destinabili ad uso governativo rilasciando beni in locazione passiva e


Pag. 8

quindi riducendo l'onere per lo Stato, derivava essenzialmente dai trasferimenti fatti dal Ministro della difesa. È noto a tutti che la legge finanziaria del 2007 prevedeva il trasferimento di beni per 4 miliardi di euro, con quattro decreti, all'Agenzia del demanio entro il 31 dicembre del 2008. Il decreto-legge n. 112 del giugno scorso ha interrotto questo processo, limitandolo ai due decreti già attuati, con i quali sono stati trasferiti circa 2 miliardi di beni al demanio, e prevedendo un terzo decreto non quantificato da emettere entro il 31 dicembre di quest'anno, che, dai contatti avuti, credo sia abbastanza consistente.
Sempre nel decreto-legge n. 112, è prevista la gestione autonoma da parte del Ministero della difesa, mediante costituzione di una apposita società, di tutti i beni che fanno capo alla difesa stessa. Su questo punto, rimane sempre un dubbio, ovvero se questo riguardi il demanio militare, normativamente inteso, o piuttosto come ho ragione di ritenere, il demanio e il patrimonio nell'accezione allargata del termine.
Si pongono, dunque, l'esigenza di nuove iniziative volte a creare nuovi patrimoni a reddito, con specifici progetti per riqualificazione e riconversione del patrimonio gestito, e l'esigenza di ottenere concreti risparmi dalla razionalizzazione degli utilizzi.
A questo proposito, vorrei dare un segnale che mi sembra molto positivo: il Ministero dello sviluppo economico ha dichiarato, richiedendo il supporto dell'Agenzia del demanio, la volontà di procedere alla razionalizzazione degli utilizzi su tutti i beni occupati dal Ministero. Credo che questo possa essere un esempio utile, qualora si riuscisse ad ottenere delle effettive razionalizzazioni e, dunque, delle riduzioni di costi, soprattutto per i numerosi beni in locazione passiva.
Inoltre, occorre proseguire l'attività di valorizzazione, sviluppando gli strumenti utilizzabili per massimizzare il ritorno economico. Mi riferisco ai piani unitari di valorizzazione in ambito territoriale, ai protocolli d'intesa in base alla legge n. 410 del 2001, alla formazione di pacchetti a rete con riguardo al tema dell'offerta turistico-recettiva, con la contribuzione al cosiddetto social housing per il quale stiamo individuando dei beni (terreni e immobili) che potrebbero essere destinati ai vari fondi che si dovranno costituire. Un altro aspetto può essere quello di valutare un allungamento delle concessioni di valorizzazione.
Per migliorare la redditività degli usi governativi, è necessario procedere seriamente alla razionalizzazione degli utilizzi, incentivando comportamenti virtuosi delle amministrazioni connessi all'applicazione di uno stringente principio di strumentalità, limitando, come già detto, le locazioni passive, delocalizzando e accorpando le funzioni a limitato tasso di accesso. Mi riferisco agli archivi e ai depositi che sono oggi situati in immobili di pregio e che, invece, potrebbero essere facilmente delocalizzati.
Allo stato, quindi, l'Agenzia ha competenze solo su una parte del patrimonio immobiliare dello Stato; ha una limitata possibilità di svolgere effettivamente il ruolo di proprietario e ha una conoscenza parziale delle situazioni degli immobili, in particolare degli usi governativi, nonostante l'esistenza di norme prescrittive per le pubbliche amministrazioni.
A livello di sistema, si registra una complessità normativa a causa della frammentazione e della stratificazione legislativa (in particolare mi riferisco al demanio marittimo e ai beni della difesa); l'esigenza di un soggetto unico adeguatamente posizionato verso l'alto, in grado di rispondere efficacemente all'indicazione dell'autorità politica e una sovrapposizione di ruoli e di responsabilità con conseguente insufficiente focalizzazione delle risorse sugli obiettivi prioritari.
La pluralità di attori, la frammentazione di competenze, le diverse responsabilità nelle fasi del processo costituiscono spesso impedimenti alla compiuta tutela degli interessi pubblici e all'adeguata fruizione dei beni sotto il profilo politico-sociale. È fondamentale, a mio avviso, stabilire una volta per tutte a chi spettino


Pag. 9

le competenze dei vari interventi, perché solo in questo modo si possono individuare le responsabilità. Frammentare il processo in stadi nei quali intervengono autorità o amministrazioni diverse è il modo migliore per deresponsabilizzare tutti.
Spero che, nell'ottica del processo legislativo sul federalismo fiscale, possa essere avviata una rivisitazione dell'intera normativa che riguarda i beni che residueranno nella proprietà dello Stato. Credo che si tratti di un'esigenza di chiarificazione e di individuazione esatta di ruoli, che sarebbe estremamente utile.

PRESIDENTE. Ringrazio il direttore Prato, il quale ci ha rappresentato una situazione che necessita di molti interventi. D'altra parte, avevamo previsto questa audizione proprio in considerazione della necessità di affrontare le vicende che riguardano il demanio in generale. Tra l'altro, sapete che la Commissione ha in sospeso l'esame di una risoluzione, che dovrà riprendere molto presto, allargandone il contenuto a tutte le tematiche che sono state rappresentate quest'oggi.
Do la parola ai colleghi che intendano porre questioni o formulare osservazioni.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Ringrazio il dottor Prato. Ho apprezzato molto sia la documentazione che ci avete inviato, sia le osservazioni che, in sintesi, il dottor Prato ci ha ora esposto.
A causa del poco tempo a disposizione, non vorrei affrontare un approfondimento generale, ma è chiaro che è necessario provvedere ad una riforma e, in sintonia con le ultime parole del direttore, è altresì necessario responsabilizzare i diversi soggetti coinvolti per far sì che ognuno risponda della responsabilità attribuite. In questo senso, dunque, si impone una riforma seria che, a mio avviso, può essere realizzata al di là dell'intervento del Governo, come iniziativa propria della Commissione, ma si tratta di un problema politico che, in seguito, valuteremo.
Vorrei, invece, porre due domande specifiche, per avere ulteriori elementi di informazione. La prima riguarda le famose cartolarizzazioni SCIP 1 e SCIP 2. Ne avete parlato nel vostro documento, e anche il dottor Prato ne ha accennato nel suo intervento; tuttavia, vorrei saperne di più.
Se ho letto bene, le cartolarizzazioni riguarderebbero all'inizio, nella loro valutazione, 11 miliardi e 500 milioni di euro; lo Stato, dunque, si è esposto per un ammontare corrispondente nei confronti delle banche che hanno anticipato queste cifre. Ad oggi, qual è l'incasso esatto derivato da queste operazioni? Inoltre - se il Ministero dell'economia e delle finanze ha provveduto a valutarlo, ma sarebbe interessante saperlo da voi - qual è l'esatto costo spettante allo Stato?
Per quanto se ne sa, infatti, le due operazioni non sono affatto concluse, nel senso che sono ancora in corso non solo per i ritardi e per i ricorsi che sono stati presentati, ma anche per una serie di questioni ancora aperte. Pertanto, dal momento che voi avevate la responsabilità della valutazione e non della gestione, che attiene, invece, agli enti previdenziali cui le case appartenevano - e quindi non si tratta di una vostra responsabilità - vorrei sapere qual è oggi l'esatta situazione, poiché questo è un elemento non secondario per capire quali comportamenti è opportuno evitare nel futuro, se le mie notizie saranno confortate da dati corrispondenti.
Ritengo che, nella riforma che dobbiamo approntare e riguardo alle responsabilità che dobbiamo attribuire, devono essere chiare sia l'individuazione, sia le modalità e il non ricorso a strumenti allora definiti di finanza creativa, che, invece, hanno arrecato complessivamente numerosi danni e, nella fattispecie, ancora ci lasciano sulle spalle un costo, dal momento che gli interessi devono poi essere pagati alle banche.
Le nostre banche sono solide, ma senza questi interventi di soccorso da parte dello Stato, lo sarebbero sicuramente di meno. Per fortuna, invece, sono solide, così come esse stesse affermano.
La seconda parte del mio intervento riguarda, invece, la prospettiva futura. Se


Pag. 10

l'Agenzia del demanio diventerà - come di fatto è già - un ente pubblico-economico, a suo giudizio, dottor Prato, sarà in grado di mettere in economia il patrimonio che avrà a disposizione? Su questo tema ci sono diverse ipotesi: si parla spesso di un dato patrimonio che se messo in vendita può rendere una certa somma; tuttavia, nel momento di approntare la manovra finanziaria si afferma di non avere disponibilità di cassa quando, invece, teoricamente dovrebbe esserci. Vorrei sapere se questo è vero o meno. Non lo dico in tono provocatorio, ma per ricavarne un elemento di conoscenza, perché ritengo che sia arrivato il momento di sapere con chiarezza se abbiamo questa disponibilità.
Mi riferisco, tralasciando per il momento il tema delle regioni e degli altri enti locali, soprattutto allo Stato nel suo complesso, compreso il settore militare in cui spesso, come diceva lei, molte realtà fingono di essere militari anche quando non lo sono, come ad esempio le caserme dismesse.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Io non ho detto propriamente così.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. No, lo dico io. Il problema è avere da voi, se non siete in grado di averlo oggi anche nei prossimi giorni quando sarete pronti, un quadro preciso dell'entità - quale essa sia - della possibile disponibilità da parte dello Stato sia in termini di patrimonio, su cui fare affidamento, sia in termini di eventuale messa sul mercato, al fine di utilizzarla per le esigenze che lo Stato avrà in questa fase di crisi. Questa è la mia seconda domanda ed è un po' più impegnativa della prima.
Anche la prima domanda, però, è un modo per capire fino in fondo che quelle operazioni sono morte e sepolte. Avere chiaro che cosa sia successo e che cosa stia succedendo mi pare importante.

MARCO PUGLIESE. Sarò molto più sintetico del mio collega D'Antoni. Vorrei partire con il mio intervento da dove il direttore ha concluso e cioè dal federalismo fiscale.
Abbiamo apprezzato molto la sua relazione e la criticità verso alcuni aspetti, permettetemi di dirlo, di «disorganizzazione» dell'Agenzia, a partire dal fatto di avere un comitato non composto esclusivamente da tecnici, alla mancanza di un consiglio di amministrazione, fino alla sua condizione di ente pubblico-economico.
Innanzitutto, vorrei dire che sarebbe molto interessante ripetere questa audizione quando entreremo nel vivo del federalismo fiscale. Vorrei porre subito una domanda e sapere, con riferimento al loro valore patrimoniale, se di questi 30 mila beni conoscete già la collocazione geografica e quale sarà - anche perché il federalismo fiscale è una battaglia che si trasferisce dallo Stato centrale fino alle organizzazioni periferiche - anche in raffronto a quello che si legge sui giornali, la proporzione di quelli collocati al nord rispetto a quelli situati al sud del Paese; vorrei sapere, inoltre, quanto questo collegamento possa incidere su una vera e propria organizzazione federalista sul territorio rispetto alle regioni.
Di questo aspetto, a differenza di quello fiscale che conosciamo meglio, bisognerebbe parlare per approfondire di più la questione, anche perché non vi è chiarezza rispetto al patrimonio.

IGNAZIO MESSINA. Vorrei associarmi ai ringraziamenti nei confronti del dottor Prato per la relazione puntuale.
Vi sono alcuni aspetti che saltano subito agli occhi di chi legge questi dati; in particolare - diceva giustamente l'onorevole D'Antoni - in un momento di crisi come quello attuale, constatare che vi è uno sperpero da parte dello Stato nella gestione di un patrimonio così consistente, obiettivamente, crea qualche problema. Sicuramente, mi preme sottolineare la questione della chiarezza - anche questa evidenziata dall'onorevole D'Antoni - rispetto ai trasferimenti degli immobili.
Dai dati risultano 87 mila immobili sostanzialmente posti in vendita o in corso


Pag. 11

di vendita. Mi riferisco al processo definito come cartolarizzazione, ma che, di fatto, significa che si stanno vendendo 87 mila unità immobiliari; questa è, infatti, la sostanza. Una parte l'abbiamo già venduta, mentre una parte è ancora da vendere.
È importante capire bene quali sono i criteri che si sono adottati, quali si stanno continuando a seguire e se ci sono delle modifiche in corso d'opera che rendano più redditizio questo tipo di trasferimenti qualora ancora si facesse in tempo ad adottarle. Spesso, infatti, si dice che, quando si tratta di vendite di questo tipo, normalmente l'affare è per chi acquista a danno di chi vende. Forse sarà un luogo comune, ma spero di essere smentito dai dati concreti.
La seconda questione che volevo evidenziare, anche questa puntualmente rilevata nella relazione, riguarda la gestione dei patrimoni confiscati. Credo di non avere ben capito e, anche per questo, vorrei un chiarimento. È scritto che degli «8.395 immobili confiscati alla criminalità organizzata sul territorio nazionale ne è stato utilmente recuperato oltre il 56 per cento». Vorrei sapere cosa s'intenda per recuperato. Per quanto riguarda le aziende, laddove al successivo capoverso si precisa che «relativamente alle aziende confiscate, su un totale di 1.052 aziende ne sono state destinate o chiuse 772 a vario titolo», vorrei capire se lo Stato sia in condizione di gestire i patrimoni confiscati o ci perda anche su questi.
Se si tratta di aziende, fermo restando che vengono confiscate alla mafia, è necessario considerare anche i posti di lavoro, per cui vorrei sapere se lo Stato sia in grado di gestirle e portarle avanti, oppure si limiti a chiuderle, laddove «destinate o chiuse» sembra indicare che le abbiamo chiuse subendo un doppio danno. Vorrei sapere inoltre se l'eventuale gestione sia redditizia o in perdita.
Per quanto riguarda la gestione complessiva, venivano evidenziate le limitate possibilità di agire in qualità di proprietario da parte dello Stato. Vorrei capire concretamente cosa significhi. Sono d'accordo nel prevedere canoni anche per le pubbliche amministrazioni che utilizzino il patrimonio dello Stato, magari parametrandoli a un'esigenza di personale e di spazi, perché spesso, proprio perché gli spazi non si pagano, si verificano degli sprechi. Vorrei capire la portata di tutto questo, perché i dati appaiono particolarmente pesanti per il bilancio dello Stato, laddove in un settore come questo non ha senso avere perdite ed essere l'unico esempio di titolare di patrimonio immobiliare ad avere consistenti perdite, anziché un guadagno seppur limitato.
Vorrei infine sapere in cosa consista l'impossibilità di censimento del patrimonio militare e quanto sia coperto da segreto militare; in altre parole, se abbiamo una visione riduttiva del patrimonio militare perché tutto è coperto dal segreto militare e, quindi, affrontiamo soltanto i costi senza sapere di cosa si tratti. Se così fosse, sarebbe opportuno - lo dico alla Commissione, ma una proposta da parte vostra in questo senso non guasterebbe - rivedere il criterio di demanio militare e il segreto militare, che ha un senso su alcune postazioni strategiche, ma non rispetto a caserme ubicate nei centri storici delle più belle città italiane, che non hanno nulla di strategico da un punto di vista militare e rappresentano importanti patrimoni da tutelare.

ALESSANDRO SARO ALFONSO PAGANO. Devo manifestare al direttore la mia soddisfazione per la relazione, cui rivolgo un sentito plauso. Ritengo che mai come oggi il Paese abbia bisogno di mettere le cose a posto; per questo approfitto della sua autorevole e prestigiosa presenza. Poiché la sua relazione è stata esaustiva, più che porle domande sul merito desidero sollevare osservazioni sul metodo con cui probabilmente la periferia gestisce le vostre giuste disposizioni.
Desidero citare un esempio, concreto e clamoroso, davvero recente. Nel decreto-legge n. 112 del 2008, in sintonia con l'indirizzo del Governo, è stata inserita una disposizione sulla base di una proposta avanzata in questa Commissione e presentata da chi vi parla, che rispondeva


Pag. 12

alla duplice esigenza da un lato di smobilizzare il patrimonio che talvolta, nonostante la buona volontà della direzione, rimane incagliato per misteriosi motivi, e, dall'altro, di andare incontro alle esigenze dei cittadini. In un momento di grande difficoltà, venire incontro alle esigenze del cittadino medio è un'esigenza non solo imprescindibile per questo Governo, ma anche dettata dal buonsenso.
Cedere un patrimonio che era «incagliato» avrebbe raggiunto un duplice risultato: smobilizzare, quindi produrre liquidità, e rendere felici i cittadini, che, vivendo da anni in quelle case, hanno diritti legittimi. Lei avrà già compreso che l'oggetto di questa discussione sono le case popolari.
Il decreto-legge n. 112, con quanto disposto nell'articolo 13, comma 3-ter, ha immaginato espressamente che gli alloggi realizzati in base alla legge 9 agosto 1954 potessero essere smobilizzati. Questo patrimonio non era facile da cedere, poiché si trattava di immobili del 1954, per cui era previsto un iter burocratico ben preciso, difficile da dimostrare dopo molti anni. In particolare, risultava difficile reperire il certificato che dava originariamente diritto al possessore di utilizzare l'immobile e senza il quale era impossibile diventare proprietari. Il comitato che si occupava di questo settore si era sciolto da anni, il patrimonio immobiliare risultava bloccato e i cittadini non potevano entrare in possesso delle case. A questo punto, abbiamo predisposto tale nuova norma, per snellire l'iter burocratico.
Vorrei leggervi la risposta inviata dall'Istituto Autonomo per le Case Popolari (IACP) alle centinaia di potenziali acquirenti che ne avevano fatto richiesta dopo l'entrata in vigore di questa norma, e per conoscenza anche all'Agenzia del demanio.
Leggo testualmente: «Oggetto: cessione di proprietà L. 560/93 - Alloggi di proprietà dello Stato - Comunicazione. Con riferimento alla sua richiesta di acquisto dell'alloggio in oggetto, si comunica che, a seguito dell'articolo 13 della L. 133 del 06/08/2008, in data 28.11.2008, nei locali dell'Agenzia del Demanio di Palermo, si è svolta una conferenza dei servizi in cui la direzione dell'Agenzia stessa ha rappresentato che esistono concrete possibilità che gli alloggi del Demanio dello Stato vengano trasferiti in proprietà a questo Istituto. Per quanto premesso, questo Istituto, in attesa delle decisioni da parte del Demanio, non può esitare la Sua richiesta di acquisto».
Nonostante una norma realizzata in favore del cittadino e in grado di garantire immediata liquidità, l'Agenzia del demanio di Palermo preferisce vendere allo IACP, piuttosto che al soggetto che ne ha diritto. Le ipotesi sono dunque due: o mancano circolari su questa norma oppure la periferia ha disatteso una legge dello Stato, ma anche un chiaro indirizzo proveniente da questa direzione, giacché le sue parole sono state estremamente chiare riguardo alle politiche di gestione del demanio.
Desidero lasciare questo documento all'Agenzia, che ne farà l'uso più idoneo e, se lo riterrà opportuno, potrà comunicare in via ufficiale le sue considerazioni a questa Commissione, che ne farà ampio uso sul territorio.

MARCO CAUSI. Anch'io vorrei associarmi ai colleghi intervenuti prima di me nel ringraziare il direttore Prato per la documentazione esaustiva e per l'intervento incisivo e completo.
Ritengo che nella prossima stagione potrebbe attenderci un lavoro molto interessante, a proposito del quale non vorrei tanto porre una domanda al direttore, quanto sollecitare una riflessione da parte di tutti noi.
Federalismo fiscale significa anche trasferimento della proprietà di beni patrimoniali a regioni, province e comuni. Qualsiasi processo di valorizzazione - sia esso finalizzato alla vendita, ovvero a una maggiore redditività del patrimonio pubblico - passa attraverso la strumentazione urbanistica dei comuni. Con SCIP 1 e SCIP 2 abbiamo imparato che, se lo Stato vende senza aver prima fissato gli strumenti urbanistici che determinano il valore di quanto venduto, può accadere che si vendano beni che qualche anno dopo, in base


Pag. 13

ai nuovi strumenti urbanistici, valgono molto di più.
In tanti comuni italiani si sono infatti verificati casi di beni statali venduti e poi rivalorizzati qualche anno dopo dallo stesso acquirente o da quelli successivi, grazie a modifiche urbanistiche. Sia nella direzione del federalismo, sia per quanto riguarda il punto sollevato dall'onorevole D'Antoni, ovvero l'esigenza di utilizzare al meglio il patrimonio dello Stato anche ai fini di politiche di abbattimento del debito pubblico o di contenimento del deficit, emerge con evidenza la necessità di una strettissima collaborazione tra Stato ed enti locali.
A questo punto, vorrei lanciare un'idea, che è una proposta di lavoro, non solamente una domanda.

PRESIDENTE. Onorevole Causi, lei sa che le sue idee sono apprezzate dal Governo.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Almeno per il momento dal presidente della Commissione!

MARCO CAUSI. È un'idea che dal punto di vista tecnico-legislativo potrebbe sembrare campata per aria. Se così fosse vorrà dire che vi ho fatto perdere 30 secondi. È forse possibile ipotizzare che questa Agenzia si trasformi diventando rappresentativa di tutti i livelli della Repubblica? Se l'Agenzia fosse non più soltanto dello Stato, ma anche di comuni, province e regioni, si avrebbe un'agenzia pienamente multilivello, che coordina in modo unitario un'attività che non si può correre il rischio di frammentare D'altra parte, con il nuovo Titolo V della Costituzione comuni, province e regioni vengono posti allo stesso livello dello Stato.
Non sembra infatti accettabile l'ipotesi di 8 mila piccole agenzie del patrimonio in ciascun comune o di venti agenzie del patrimonio in ciascuna regione, mentre sembra ipotizzabile un percorso evolutivo e di riforma sostanziale dell'Agenzia, che diventi non più solo statale, ma rappresentativa di tutti i livelli, con una governance che dipenda non più soltanto dallo Stato, ma anche dagli enti locali.
Questa non vuole essere una provocazione, quanto un tema di lavoro, perché ritengo che nel percorso di attuazione del federalismo, ma anche delle ordinarie o straordinarie politiche che avremo di fronte nei prossimi anni, la collaborazione fra Stato da una parte, e comuni, province e regioni dall'altra, diventerà un tema fondamentale. Le chiedo quindi se si possa pensare all'evoluzione di questa Agenzia e forse anche di altre. Oggi, infatti, il regolatore di alcuni servizi pubblici locali come i trasporti o l'acqua, settori non regolamentati, è il NARS. Si potrebbe costituire un'authority indipendente di regolazione rappresentativa anche delle regioni, che hanno piena competenza legislativa concorrente o esclusiva in quei settori.
Si tratta dunque di evolversi verso modelli in cui l'Agenzia sia rappresentativa non più solo dello Stato, ma di tutti gli enti che fanno parte della Repubblica, inducendoli così a non frammentare criteri gestionali, parametri decisionali, sedi in cui si gestisce il patrimonio, e a condividere le esigenze di tutti. Se si dovesse formulare questa proposta a comuni, province e regioni, il corpo statale dovrebbe avere la capacità di acquisire dagli enti locali risorse tecniche e umane, know-how, oltre a un'adeguata governance.

MATTEO BRAGANTINI. Vorrei porre una domanda all'onorevole Causi. Con il federalismo fiscale, infatti, non serve avere un'agenzia a livello nazionale, mentre è necessario capire come questi beni verranno utilizzati, chi ne sarà il titolare, se ancora lo Stato piuttosto che gli enti locali, e come questi semmai potranno gestire la funzione dell'Agenzia, che consiste nel potenziare, dare autonomia e preparazione per supportare regioni, comuni e province.
Ritengo che sia questa la sfida dell'Agenzia, anche perché alcuni demani, come quello marittimo, sono già in possesso delle regioni. I canoni demaniali


Pag. 14

della Sicilia infatti ammontano solo a 100 mila euro, perché non sono dello Stato, ma della regione, cui rimangono.
Desidero quindi sapere se già vi stiate attrezzando per potenziare le sedi locali, in modo da renderle autonome in futuro, qualora si verifichi questo sviluppo.

PRESIDENTE. L'onorevole Bragantini ha aperto una discussione che ci vedrà impegnati in futuro: quella sul federalismo fiscale. Dovremo definire anche gli standard dei costi relativamente alle concessioni, ma qui si aprirebbe un problema molto più generale.
Prima di fare qualche domanda al direttore, volevo ricordare all'onorevole Causi che, essendo alla quinta legislatura, tutte passate in questa Commissione, ho una memoria storica del dibattito attinente l'istituzione delle agenzie. In quella fase, ci confrontammo e rilevai da un lato l'inutilità di realizzare un'Agenzia del demanio, dall'altro l'opportunità di creare una società per azioni che realizzasse l'obiettivo di valorizzare il patrimonio pubblico. Si scelse invece la strada di istituire due agenzie, l'Agenzia del territorio e l'Agenzia del demanio, salvo verificare in una fase successiva l'opportunità di passare all'ente pubblico-economico e, successivamente, presupporre di tornare alla società per azioni.
Non mi hanno ancora dato la soddisfazione di veder realizzato quanto dissi circa dieci anni fa, ma siamo sulla strada giusta e, forse, si giungerà a seguire questa impostazione.
Naturalmente la vicenda dell'Agenzia della difesa ha incontrato la contrarietà del Ministero dell'economia e delle finanze, ma alla fine è stato dichiarato che serviva a garantire i marchi dell'Aeronautica militare, piuttosto che della Guardia di finanza od altro. In realtà, conosciamo le difficoltà che pone il Ministero della difesa alla scissione del proprio patrimonio in relazione anche alle alte spese di manutenzione.
Su questo punto pongo la mia prima domanda. Da quanto si evince dalla sua relazione, abbiamo un alto costo per locazioni (circa 900 milioni di euro), a fronte di un rendimento derivato dai canoni di locazioni di 26 milioni di euro all'anno. Anche rispetto alla norma inserita nella precedente legge finanziaria, in cui la dottoressa Spitz, suo predecessore, ipotizzò che si potesse ridurre il carico delle manutenzioni (questo era di 1,3 miliardi) ricavandone circa 600-700 milioni di risparmio per la spesa pubblica. dovremmo essere noi a varare una norma che leghi in un unico concetto spazio, occupati e personale residente; infatti, se nel lungo periodo proseguirà il blocco del turn-over e non realizzeremo standard più adeguati alla realtà, tra qualche anno avremo immensi fabbricati occupati da poche persone.
È dunque necessario realizzare un piano di razionalizzazione. Vorrei sapere, tuttavia, se da parte vostra sia stato avviato questo percorso, definendo standard relativi al rapporto spazio-personale.
Inoltre, in un suo passaggio, sosteneva l'opportunità di andare verso il concetto di condominio, attraverso la raccolta di varie funzioni istituzionali per posizionarle negli stessi ambiti. Il problema però se mi permette - e vorrei sapere cosa ne pensa - è che allo stato attuale, poiché questi centri direzionali sono sostanzialmente in affitto, si crea il paradosso di una sorta di monopolio. L'idea di concentrare tutti in uno stesso luogo costringe la pubblica amministrazione, che magari potrebbe considerare più economico acquisire immobili dello stesso valore ma posizionati altrove, a soggiacere ai prezzi richiesti. Poiché questa situazione sta diventando normale, come nel caso della città di Cagliari, credo che vi dovrebbe essere un allineamento ai generali valori immobiliari, per evitare di dover soggiacere al canone definito da società che realizzano immobili, predispongono centri direzionali e mettono inizialmente nella condizione di potervi accedere. Gli immobili di via Carucci, ad esempio, di proprietà di una società, sono stati liberati dagli uffici pubblici che li erano allocati scegliendo di trasferire tali uffici, a costi decisamente


Pag. 15

inferiori, in via XX settembre. Vorrei avere quindi, direttore, un suo parere sulla questione.
Riguardo al social housing, ci sarà una norma, se sarà confermata, nel prossimo decreto-legge. Vorrei sapere però se abbiate ricevuto indicazioni da parte degli enti locali rispetto all'utilizzo dei terreni da destinare al social housing. La norma dell'articolo 58 del decreto-legge n. 112 del 2008 permette di predisporre i piani di dismissione del patrimonio pubblico, ma, in presenza di interessi contrastanti fra proprietari di diverso livello istituzionale, non c'è un processo inversamente proporzionale. I comuni propongono alle regioni, che si adeguano rispetto ai piani e quindi assumono anche gli oneri di urbanizzazione. Se, al contrario, le regioni devono dismettere il patrimonio, non possono non intervenire in contrasto con un comune, che potrebbe avere un piano regolatore di tipo diverso. Vorrei sapere, quindi, se su questo tema siano già state formulate richieste, giacché nessuno si è mosso in relazione a questo articolo. Faremo dunque questa norma per accelerare il social housing, ma ignoriamo quanti siano veramente interessati a mettere a disposizione i terreni per costruire fabbricati in base al Piano casa preparato.
Avevate un contenzioso con la società Eurocomputers. Vorrei conoscere, per curiosità, l'esito di quella vicenda, giacché in relazione all'appalto mi sembra che le cose non erano andate bene.
Inoltre, all'interno di questa risoluzione di cui ci stiamo occupando, ci sono alcuni problemi che riguardano le ridefinizioni delle linee di demanio, come nei casi di Lignano, Grado, Ardea, Pomezia e Lesina. Vorrei sapere se siano già allo studio iniziative che ci permettano di predisporre norme per definire meglio la vicenda della linea di demanio. Per fare un esempio, la città di Campomarino fu soggetta a un arretramento della linea di demanio causato dalla riduzione dell'arenile ad opera del mare, per cui, paradossalmente, le case che erano in prima fila si sono trovate in area demaniale e quindi costrette a dimostrare la demanialità. Ci piacerebbe conoscere il suo parere anche sulle valli da pesca di Comacchio, ove si rilevano problemi di demarcazione della linea di demanio e di consolidati rapporti di affitto tra concessionari, cooperative e pescatori.
Sulla vicenda dei canoni demaniali vorremmo conoscere le iniziative in corso. Abbiamo avuto il materiale riguardante le numerose cause aperte di fronte al TAR, alla magistratura ordinaria, in relazione ai valori determinati.
Infine, poiché nella sua relazione ha citato gli immobili a destinazione turistico-ricettiva, vorrei conoscere l'esito del famoso pacchetto fari.
Naturalmente avremo da discutere sul federalismo fiscale. Ritengo, ma è tutto da verificare, che esista un problema di fondo, laddove gli enti locali sono interessati ad avere parte o tutto il patrimonio dello Stato, ma non a condividerne il debito. Considero singolare la possibilità di trasferire il patrimonio in capo agli enti locali per un processo di valorizzazione, imponendo però allo Stato di tenersi il debito. Qualcosa non funziona.
All'onorevole e amico Bragantini segnalo quindi l'esigenza di affrontare questo argomento con molta attenzione.
La ringrazio e le do la parola per la replica.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Mi dispiace, ma - non è per reticenza - non posso rispondere sulla cartolarizzazione SCIP 1 e SCIP 2 in quanto non è stata gestita dall'Agenzia del demanio. Ho citato la questione solamente per dare un'indicazione. L'Agenzia del demanio ha fornito un certo numero di immobili, mentre gli enti previdenziali hanno gestito la cartolarizzazione. L'incasso a noi risulta quello. Non si è ancora giunti a una chiusura con le banche che hanno erogato il finanziamento, a causa dei ritardi dovuti anche alle modifiche legislative, che per circa due anni hanno bloccato le procedure per il completamento dei processi di dismissione.
La valutazione di questi immobili è stata fatta non dall'Agenzia del demanio ma da consulenti esterni del Ministero,


Pag. 16

non ricordo se dell'economia e delle finanze o altro. In ogni caso, riportiamo il dato solo per dire cosa è stato venduto del patrimonio.
L'altra domanda riguardava la possibilità di dismettere il patrimonio da parte dell'Agenzia. Credo che questo punto sia riepilogato nella tabella a pagina 17 del documento che abbiamo consegnato. Dei complessivi 59 miliardi di beni gestiti in modo prevalente dall'Agenzia, il totale dei beni manovrabili è di circa 5 miliardi di euro. Si tratta di beni buoni, meno buoni e anche di difficile esitazione.
Questi 5 miliardi comprendono i 2 miliardi di ultimi trasferimenti della difesa, quindi, i due primi decreti-legge, mentre gli altri erano beni residuali. L'Agenzia ha un programma di dismissione, in base al quale prevede di dismettere circa 3-3,5 miliardi di beni nel prossimo triennio.
Riguardo alla possibilità di destinare parte dei beni al social housing, non abbiamo avuto nessuna richiesta e nessun indirizzo specifico da parte degli enti territoriali. Si tratta di una valutazione che stiamo effettuando, nel senso che abbiamo letto la norma, conosciamo il problema e stiamo autonomamente individuando eventuali beni destinabili. Se invece non saranno necessari, li collocheremo sul mercato.
Tutto il resto, quindi la gran parte, i 50 miliardi di euro, sono gli usi governativi, ovvero i beni di cui parlavo prima in uso gratuito alla pubblica amministrazione centrale e periferica. Per rispondere all'onorevole Bragantini che chiedeva se nel federalismo verrà previsto il trasferimento alle regioni, alle province e ai comuni, credo che nell'attuale situazione questi immobili verranno «tirati dietro» dagli enti locali. Non avendo alcun reddito, gli enti locali dovranno accollarsi gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria. Qualora siano destinabili allo scopo, è quindi opportuno prevedere il meccanismo cui accennavo, che potrebbe comunque essere opportuno per un problema di responsabilizzazione sui centri di ricavo e sui centri di costo, quello dei canoni di mercato.
È una partita di giro, se rimangono di proprietà dello Stato; è una partita per certi versi di giro, se vengono trasferiti alle regioni o agli enti territoriali, perché probabilmente lo Stato compenserà poi in termini di trasferimento di risorse. Questa comunque è materia non di mia competenza.
L'onorevole Pugliese chiedeva quale fosse la dislocazione dei 30 mila beni. Abbiamo questo dato e fornirò alla Commissione una tabella dettagliata non solo per dislocazione di beni, ma anche per regione e per utenti di questi beni, la maggior parte dei quali appartiene a corpi di polizia. Le anticipo che, grosso modo, sono al 60 per cento al nord; al 20 per cento al centro, esclusa Roma e al 30 per cento al sud.

PRESIDENTE. Non quadrano i conti ma...

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Sì, avanza un 10 per cento, ma la tabella che forniremo sarà dettagliata.
L'onorevole Messina aveva posto una domanda sul trasferimento di 87 mila unità abitative, cui ho risposto rispondendo all'onorevole D'Antoni.
Per quanto riguarda la gestione dei patrimoni confiscati, il dottor Pisciotta, che da anni segue la materia, potrà eventualmente precisare meglio. I beni usciti dalla gestione relativamente agli immobili riguardano essenzialmente rettifiche nell'assegnazione, essendo stati attribuiti e poi revocati, mentre, per quanto riguarda le aziende, riguardano la cancellazione di alcune società di persone e di ditte individuali prive di contenuto patrimoniale.
È stato inoltre chiesto se vi sia la capacità di gestire. Al riguardo devo dire che è stato compiuto un grosso sforzo e le stiamo gestendo. Se devono rimanere nell'ambito del demanio come gestione, non c'è dubbio che dobbiamo approcciare meglio il problema. Alcune aziende hanno


Pag. 17

infatti problemi di personale, laddove una gestione non attenta può provocare riduzioni di volumi e mancanza di efficienza. Aspettiamo di valutare le modifiche normative in corso, ma, se rimarranno in gestione al demanio, allora dovremo mettere dei nostri amministratori, senza lasciare l'amministrazione giudiziale o ricorrere al commercialista che dedica cinque ore a settimana e si fa pagare poco, ma a tariffa. Questo non ci serve. Per gestire l'azienda, dobbiamo scegliere un esperto che sia in grado di fare ogni intervento per rilanciare, per chiudere o per mettere in liquidazione la società. Mi pare che l'orientamento normativo sia quello di focalizzare sul prefetto la destinazione immediata dei beni e delle aziende. Sulla gestione delle aziende, non so quale potrà essere la soluzione. È, però, un tema che ci siamo posti ed è corretto. La gestione delle aziende ad opera del demanio rappresentava l'aspetto che mi spaventava maggiormente. Sono state acquisite competenza ed esperienza, tuttavia questa non è una specifica vocazione dell'Agenzia del demanio.
Per quanto riguarda la limitata possibilità di fare il proprietario, in base ad alcune disposizioni di legge una serie di atti e di provvedimenti dovrebbe passare attraverso l'Agenzia del demanio. Se ad esempio un'amministrazione prende in locazione passiva un bene, dovrebbe rappresentarlo all'Agenzia del demanio, che a sua volta dovrebbe verificare il cosiddetto «quadro esigenziale», ovvero i motivi per cui si ha bisogno di un immobile aggiuntivo o sostitutivo e la congruità del canone pattuito. Il risultato medio ordinario dell'Agenzia comprende anche questo.
Spesso, il canone previsto dall'accordo stipulato tra le amministrazioni e la parte proprietaria e sottoposto alla valutazione dell'Agenzia del demanio ha subìto una sensibile diminuzione. Queste rappresentano economie per lo Stato.
Molte amministrazioni non ci comunicano questo, e ciò mi induce a rilevare l'esigenza di un'autorità a livello superiore, laddove non possiamo verificare se ad esempio il Ministero dell'interno abbia effettuato una locazione passiva senza comunicarcelo. Talvolta le amministrazioni costruiscono immobili ex novo a nostra insaputa, per cui non sono acquisiti al patrimonio dello Stato.
Considero fondamentale che lo Stato sappia quali beni siano in suo possesso, a quanto ammonti il costo per le locazioni passive e quale sia il loro numero. L'Agenzia del demanio non ha la forza. Mi ha profondamente sorpreso che lo Stato non sappia di cosa sia proprietario. La stessa considerazione vale quindi per gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria, perché è collegata a quanti sono gli immobili. Ho indicato dati certamente per difetto.
L'onorevole Pagano mi scuserà, ma non sono in grado di rispondere alla sua domanda. Sono in carica all'Agenzia da due mesi, nel corso dei quali ho cercato di apprendere quanto era possibile. Si tratta di un caso molto particolare, sul quale però credo che l'ingegner Maranca è in grado di rispondere.

PAOLO MARANCA, Direttore della direzione area operativa dell'Agenzia del demanio. Intanto grazie per averci fornito la comunicazione dell'Istituto autonomo per le case popolari, perché prenderemo i nostri provvedimenti al riguardo.
Con tutto il rispetto per le dichiarazioni dell'Istituto autonomo delle case popolari, deve essere innanzitutto verificato se la nostra filiale si sia espressa in questi termini. Non è una nota nostra e non ci è mai stata riferita, in tutta Italia, una simile criticità. Le assicuro che oggi stesso chiamerò la filiale Sicilia e verificherò.

ALESSANDRO SARO ALFONSO PAGANO. In base a calcoli empirici, dovrebbero esserci 12 mila immobili di questo genere. Un centinaio di casi sono sicuramente arrivati.

PAOLO MARANCA, Direttore della direzione area operativa dell'Agenzia del demanio. Comunque, viene citata la legge n. 560 del 1993, che prevedeva la vendita agli inquilini, indipendentemente dal fatto che la proprietà fosse dello Stato, si trattasse


Pag. 18

di trasferimento allo IACP o ai comuni. Tale norma resta in piedi, anche perché le norme si sovrappongono e...

ALESSANDRO SARO ALFONSO PAGANO. Mi perdonerà se la interrompo, ma serve soltanto per fare chiarezza e soprattutto per risolvere il problema di migliaia di persone. Se sono 12 mila in Sicilia, chissà quanti saranno in Italia!
La norma recita testualmente: «Gli alloggi realizzati ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640, non trasferiti ai comuni alla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi della legge 23 dicembre 2000 n. 388, possono essere ceduti in proprietà agli aventi diritto secondo le disposizioni di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 560, a prescindere dai criteri e requisiti imposti dalla predetta legge n. 640». Possono dunque essere ceduti agli aventi diritto e non a enti intermediari, con un rilevante snellimento burocratico, evitando i due passaggi che comportano due ricariche, due iter burocratici e una duplice perdita di tempo. La logica, infatti, era quella per cui era necessario avere un documento che non esisteva più, come non esisteva la commissione, per cui questi immobili non venivano mai ceduti. Questo è un classico esempio di cattiva gestione, che chiaramente non interessa la direzione centrale. Si tratta di una gestione anarchica del territorio, a cui dovete assolutamente porre rimedio.

PAOLO MARANCA, Direttore della direzione area operativa dell'Agenzia del demanio. Vi porremo rimedio sicuramente. Desidero comunque precisare che la legge n. 560 del 1993 prevedeva un valore tabellare della vendita, tanto che su tutto il territorio agli aventi diritto abbiamo venduto numerosi di questi alloggi. Approfondiremo la questione.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. L'onorevole Causi ha posto un quesito sul federalismo fiscale, argomento in merito al quale posso dire poco sul piano generale. La domanda specifica chiedeva se sia possibile ipotizzare un'agenzia multilivello in grado di fornire i suoi servizi anche a livello territoriale.
L'Agenzia è già strutturata su filiali, come ricordava l'onorevole Bragantini. Rispetto ai compiti affidati e alle altre Agenzie, è veramente piccola, essendo oggi composta da mille unità, a fronte delle 14 mila dell'Agenzia del territorio. Alcune filiali sono costituite da 8-9 persone, che devono occuparsi del demanio marittimo, degli usi governativi, delle erogazioni passive e della vigilanza su una serie di questioni.
Teoricamente è possibile, ma credo che alla base ci sia un problema di accettabilità. In altre parole, se viene accettata, questo è possibile; ovvero, se la maggior parte dei beni verranno trasferiti, probabilmente si porrà il problema di spostare anche le filiali, che ad oggi governano tali beni per territorio.
Ad ogni modo, la legge delega mi pare essere una cornice. Nel merito, obiettivamente, non abbiamo avuto alcun indirizzo sotto questo aspetto.
Credo, quindi, di aver così risposto anche all'onorevole Bragantini.
Vengo ora al piano di razionalizzazione. Stiamo tentando di procedere in questo senso (queste, almeno, sono le disposizioni che ho dato): siccome vi è un continuo fiorire di richieste di nuove acquisizioni e di nuove erogazioni passive, l'Agenzia del demanio si è data una regola, che ha tentato di trasferire sul livello di emanazione più alto, ma che al momento non è stato possibile definire.
Si tratta di una autoregolamentazione nostra, secondo la quale non prendiamo in considerazione richieste di cambio di immobili, o di erogazioni passive, se non viene presentato un esatto quadro esigenziale e se non viene dimostrato che la nuova soluzione è più economica per lo Stato rispetto all'attuale. Questa è la regolamentazione che ci siamo dati e su questa linea procediamo.
Del resto, siamo di fronte a una situazione recessiva generale con le famiglie che non arrivano alla fine del mese; le


Pag. 19

pubbliche amministrazioni, invece, sono tutte orientate a cercare il più bello, il più grande e via dicendo. Comunque, per quanto possiamo, noi seguiremo questa regola.

PRESIDENTE. Gli standard?

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. A questo proposito, esiste una legge - non ricordo a quando risalga - che prevedeva l'emanazione di un decreto ministeriale, mai emanato, che doveva identificare gli standard.
Noi stiamo provvedendo a questo aspetto per conto nostro. Ho già citato il fatto che il Ministero dello sviluppo economico ci ha chiesto di aiutarlo a razionalizzare la sua presenza sugli immobili - mi pare che siano otto - che ha a Roma. Pertanto, esso può rappresentare veramente un campione, che potrà servire anche per le altre amministrazioni, se queste saranno dello stesso avviso.
Sul discorso del condominio, presidente, lei ha citato l'immobile di via Mario Carucci. Ebbene, si tratta di una delle operazioni di beni venduti, per esigenza di finanza straordinaria, a Fintecna. Ovviamente, per collocare tali beni sul mercato, vanno messi a reddito, secondo standard di mercato. Dopo di che, per rispondere al quesito se essi siano più o meno utili per la pubblica amministrazione, bisogna sempre riposizionarsi al momento dell'esigenza. Venuta meno l'esigenza, che peraltro è permanente, cosa si può dire: era meglio restare e non vendere? Non lo so.
Noi parliamo di condomini, laddove è possibile; se ci sono degli immobili di uso governativo, cerchiamo di accorpare il più possibile, perché in questo modo i costi di gestione diminuiscono. Se c'è un condominio unico, non è necessario che ogni singola amministrazione si attrezzi per proprio conto per gestire la parte dell'immobile.
Quanto agli immobili di via XX Settembre, non so quali siano i riferimenti che lei citava ...

PRESIDENTE. Il passaggio da Via Carucci a via XX Settembre.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. In via XX Settembre pagano meno?

PRESIDENTE. Mi sembra che fossero immobili di loro proprietà.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Questo sì! Si tratta di immobili dell'IGED che dovevano essere venduti...

PRESIDENTE. Ma quella è la logica del condominio, si libera....

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Però il discorso è questo: sono stati trasferiti in un immobile che oggi è di un ente disciolto da cinquant'anni (infatti è ancora al suo posto). Li abbiamo in gestione noi, ma abbiamo comunicato che dal 31 dicembre non abbiamo più interesse, come Fintecna, a proseguire la gestione. Gli immobili degli enti disciolti hanno un canone simbolico. Nello stesso tempo, ne è prevista la vendita. Quindi, nel momento in cui si metteranno in vendita, si riprodurrà quello è avvenuto per via Carucci, ossia occorrerà mettere canoni di mercato, altrimenti non li comprerà nessuno; oppure dovranno essere liberati dall'amministrazione, cosa che è un po' più difficile.
Sul social housing non abbiamo avuto nessuna richiesta - l'ho detto prima -, né indirizzo, da parte degli enti territoriali.
Quanto alla società Eurocomputers, essa gestiva i beni fino al 2005. Non so se la situazione sia stata completamente risolta...

GIUSEPPE PISCIOTTA, Direttore dell'area beni e veicoli confiscati dell'Agenzia del demanio. No, abbiamo gli effetti della gestione di Eurocomputers, ossia tutta la liquidazione dei debiti pregressi che già da un anno...

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Si tratta di 6.000 cause...


Pag. 20

GIUSEPPE PISCIOTTA, Direttore dell'area beni e veicoli confiscati dell'Agenzia del demanio. Anche di più. Comunque, è già da un anno che stiamo affrontando la questione dei debiti pregressi, con le risorse che ci sono arrivate attraverso la finanziaria 2006.

PRESIDENTE. Ma tutta la partita dei depositi è stata chiusa o è ancora da risolvere?

GIUSEPPE PISCIOTTA, Direttore dell'area beni e veicoli confiscati dell'Agenzia del demanio. Abbiamo strutturato una procedura transattiva con le depositerie, partita a fine 2006, inizio 2007, proprio per pervenire alla definizione dei crediti da loro maturati. Siamo arrivati sostanzialmente allo zoccolo duro, a tutti i contenziosi che sono ancora pendenti, rispetto ai quali auspichiamo di chiudere ogni pendenza entro il 2009.

PRESIDENTE. Si può fare una valutazione di quanto costeranno i contenziosi? Alla fine di tutta questa operazione, si può sapere quanto sarà costato?

GIUSEPPE PISCIOTTA, Direttore dell'area beni e veicoli confiscati dell'Agenzia del demanio. Al termine di tutta l'operazione saremo in grado di quantificare con esattezza.

PRESIDENTE. Non dopo, adesso.

GIUSEPPE PISCIOTTA, Direttore dell'area beni e veicoli confiscati dell'Agenzia del demanio. Per quanto riguarda le questioni chiuse, abbiamo certamente una quantificazione; per quelle ancora aperte, invece, una previsione.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Per la definizione della linea del demanio, la cosiddetta «dividente» - ho appreso tante cose e mi sto facendo una cultura - che cosa si può fare? Allora, la linea dividente è gestita dal Ministero dei trasporti, attraverso un sistema informativo - mi pare si chiami SID - che è in fase di completamento e al quale noi siamo collegati.
È stato citato l'esempio dell'arretramento della linea demaniale. La maggior parte dei casi, per la verità, riguardano l'avanzamento degli edifici sul demanio pubblico. Quindi, bisogna trovare una soluzione.
La soluzione può essere di due tipi e, tra l'altro, servirebbe anche a estrarre valore dal demanio marittimo, perché oggi i canoni che lo Stato riscuote ammontano a 87 milioni (la previsione era di 200 milioni). Quindi, 87 milioni di euro sono assolutamente insufficienti per le potenzialità di valore esprimibili.
Alcuni beni, mi riferisco soprattutto a quelli inamovibili, di fatto non esercitano più un ruolo pubblico sul demanio marittimo e potrebbero essere sdemanializzati e venduti. Ovviamente, in questi casi, si fa fare un certo zig zag alla dividente demaniale. Tuttavia, la prima fase è la seguente: il demanio ha individuato in circa 400 beni gli immobili che potrebbero essere venduti.
La seconda fase è di più ampio respiro e consiste nel rivedere completamente la dividente demaniale, arretrandola, procedendo alla sdemanializzazione e alla vendita delle aree.
Da questo punto di vista, tuttavia, bisogna valutare attentamente, non solo le cosiddette «strutture inamovibili», ma anche quelle amovibili. Queste ultime oramai sono tali che, per la maggior parte, fanno concorrenza a quelle inamovibili, nel senso che esercitano attività di tipo commerciale, turistico e ricreativo che, sotto un profilo economico, sono di gran lunga superiori alle altre.
Come sapete oggi, con la legge finanziaria 2007, si è fatto un primo tentativo di valorizzazione del demanio, nel senso che, per gli esercenti di attività turistico-ricreative in strutture inamovibili, si è passati dal riferimento tabellare previsto dalla legge a una valutazione di mercato dell'attività economica. Quindi, i canoni sono commisurati al valore dell'attività economica. Tutte le altre attività, che sono


Pag. 21

le prevalenti e che certamente generano reddito di gran lunga superiore a quelle inamovibili, sono a tariffa tabellare. In altri termini, la struttura precaria paga, così come paga la cabina, lo spogliatoio, il lettino e l'ombrellone.
Capisco le proteste e le rivendicazioni che ne sono seguite. Infatti, si sta generando un contenzioso di titolari, di concessionari di strutture inamovibili che si sono visti passare dal tabellare a un canone di mercato. Li capisco, anche perché prendono a riferimento chi si trova accanto a loro e, gestendo una struttura precaria, magari guadagna dieci volte di più e paga il tabellare. Allora, o si riporta tutto come era prima, oppure si fa un passo in avanti.
Per quanto riguarda le valli da pesca della laguna veneta, ricordo che queste presentano due tipi di problemi.
Il primo è quello dell'identificazione della proprietà. Numerose pronunce, tutte favorevoli al demanio e che si rifanno al codice civile e al codice della navigazione, hanno sancito che tutte le valli che, almeno per un certo periodo dell'anno, sono in collegamento con il mare fanno parte del demanio pubblico marittimo.
Le valli della laguna veneta sono state in parte arginate e in parte rimangono aperte. Un cospicuo numero degli attuali concessionari, soprattutto quelli delle valli arginate, rivendicano titoli risalenti al periodo della Repubblica veneziana, e comunque a un periodo precedente l'unità d'Italia, con titoli di proprietà che però, a nostro avviso, sono stati annullati con la formulazione del codice della navigazione e del codice civile.
Il secondo problema riguarda i livelli di canone. Anche su pressione della Corte dei conti, che è particolarmente solerte e attenta ai casi di demanio marittimo, l'Agenzia del demanio ha avviato un'attività per l'accertamento della corresponsione dei canoni e ha già inviato lettere a numerosi concessionari. Sottolineo che parliamo di cifre esplosive, visto che ad oggi la somma in questione ammonta a circa 400 milioni di euro che riguardano il pregresso e il canone corrente.
In passato, abbiamo presentato proposte normative, che però non si sono tradotte in leggi.
È impensabile che gli attuali gestori di queste valli, chiuse o aperte che siano, possano corrispondere tali importi. Probabilmente, quindi, occorre un provvedimento normativo che, confermando ancora una volta che si tratta di demanio pubblico - su questo credo che non ci sia possibilità di discussione -, disponga una sanatoria sul pregresso e una riduzione dei canoni per il futuro.

PRESIDENTE. L'articolo 42 della Costituzione recita: «La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge». Ora, se ci sono titoli precedenti, è curioso che improvvisamente vengano cassati. Credo comunque che questo sia un tema da affrontare.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Signor presidente, l'unica cosa che le posso citare ovviamente è che ci sono state diverse sentenze della corte d'appello di Venezia - e qui ne vedo almeno una quindicina - che hanno tutte confermato la demanialità pubblica delle valli.

PRESIDENTE. Lei capisce che vi sono concessionari che stanno facendo la raccolta e hanno affrontato delle spese di investimento, basandosi sul fatto che chi ha dato loro i beni in concessione ne aveva titolo di proprietà.
Sono a conoscenza di diversi casi di persone che chiedono la concessione di un territorio, per continuare a svolgere il proprio lavoro. Tuttavia, se queste persone hanno messo in piedi un'attività economica, in base a un titolo che è stato mostrato loro, per il quale hanno pagato affitti e sostenuto spese di impianto, adesso dire loro che quei beni sono dello Stato, imporgli di lasciare tutto e non prevedere alcun rimborso per le spese di investimento affrontate e per il canone che hanno pagato per anni e anni, è chiaro che creerebbe problemi. Bisogna mediare tra gli interessi dello Stato e il ristoro di chi


Pag. 22

svolge un'attività economica, che si tratti di cooperative o di privati imprenditori.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Al di là del tema sulla proprietà, che francamente non è competenza del demanio, avevamo formulato delle proposte relative e ai canoni e al pregresso e le possiamo riprodurre. Sappiamo come partono, ma non sappiamo se e come arrivino.
Quanto al pacchetto dei fari, signor presidente, è una delle questioni che abbiamo allo studio e che porteremo avanti.
I fari, infatti, sono in gestione in parte al demanio, in parte alla marina militare, in parte alla Capitaneria di porto e in parte ai comuni. Quindi, per realizzare un pacchetto bisogna mettere d'accordo tutti questi soggetti; il che non è così semplice.

PRESIDENTE. Rispetto al progetto della vendita complessiva siete orientati a tenere questa prospettiva, oppure intendete realizzare vendite singole?

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Riteniamo che sia meglio procedere con concessioni di valorizzazione di lungo periodo, piuttosto che alla vendita.

PRESIDENTE. Molto bene.

MATTEO BRAGANTINI. Dal momento che ci sono degli utenti, delle persone che hanno utilizzato questo territorio per più di un secolo - alcuni rivendicano addirittura la proprietà, in base a delle leggi della Repubblica veneta -, senza che nessuno abbia mai detto loro il contrario o abbia predisposto un atto che stabilisse chiaramente che il territorio non è di loro proprietà e pertanto viene confiscato dallo Stato, agire in questo modo mi sembra un abuso, soprattutto per i canoni precedenti.
Non conosco bene la materia, ma mi sembra strana questa situazione. Mi sembra che vi sia uno Stato padrone che va a risolvere un problema piuttosto che altro: tuttavia, ribadisco che non conosco bene la questione.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Onorevole, non c'è una volontà vessativa da parte dell'Agenzia. Quest'ultima deve applicare certe leggi, ma soprattutto cura il corretto adempimento dei canoni. Questa è la normativa attuale. Sul titolo di proprietà, è con l'entrata in vigore del codice della navigazione che si è verificato lo iato rispetto alla proprietà precedente; così perlomeno le decisioni dei tribunali hanno sancito.

MATTEO BRAGANTINI. Viene interpretato che il codice ...

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Sì, ha superato le proprietà precedenti.

EDOARDO MAGGINI, Direttore della direzione coordinamento staff dell'Agenzia del demanio. La differenza è che non si tratta di un territorio. Si è detto che è mare.

PRESIDENTE. Rimanderemo alla Repubblica veneta la soluzione di questo problema!
Ringrazio il direttore Prato per la sua ampia esposizione e per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato). Porgo a lui ai suoi collaboratori i migliori auguri per il proseguimento della loro attività.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,55.

[Avanti]

VI Commissione (Finanze)

Consulta resoconti delle audizioni
Consulta gli elenchi delle audizioni