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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VI
9.
Giovedì 29 gennaio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

Audizione del direttore dell'Agenzia del demanio, Maurizio Prato, sulle problematiche relative alla disciplina delle concessioni dei beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 12 15 17 19 21
Fogliardi Giampaolo (PD) ... 14 20
Graziano Stefano (PD) ... 13 18 19
Messina Ignazio (IdV) ... 14 16 19 21
Prato Maurizio, Direttore dell'Agenzia del demanio ... 3 17 18 19 20 21
Strizzolo Ivano (PD) ... 12
Vannucci Massimo (PD) ... 12 17

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal direttore dell'Agenzia del demanio ... 23
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 29 gennaio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 10,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore dell'Agenzia del demanio, Maurizio Prato, sulle problematiche relative alla disciplina delle concessioni dei beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del direttore dell'Agenzia del demanio, Maurizio Prato, sulle problematiche relative alla disciplina delle concessioni dei beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative. Assieme a quest'ultimo sono oggi presenti l'ingegner Paolo Maranca, direttore dell'Area operativa, il dottor Edoardo Maggini, direttore pianificazione e rapporti istituzionali, la dottoressa Anna Lilli, direttore staff tecnico organi di Agenzia e la dottoressa Paola Cambria, direttore comunicazione.
Do la parola al dottor Prato.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Signor presidente, l'Agenzia ha inviato ieri un documento, che credo sia stato distribuito agli onorevoli membri della Commissione. Prima di scorrere il documento, che fornisce un quadro dell'esperienza dell'Agenzia nel particolare settore nonché alcuni utili spunti, vorrei svolgere qualche considerazione introduttiva.
È evidente che l'Agenzia, in ordine alla tutela del settore turistico, non può che attenersi rispettosamente all'orientamento del Parlamento e del Governo, pur a fronte di uno stimolo continuo che l'Agenzia riceve, dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalla Corte dei conti (quest'ultima, negli anni, è intervenuta ripetutamente su questo specifico tema, da ultimo con una relazione dell'ottobre scorso), tendente ad assicurare dall'utilizzo di questi beni il massimo ritorno economico per lo Stato.
L'auspicio che io mi permetto di esprimere, nel momento in cui si avvia una revisione di questo settore, è che la nuova normativa si presenti chiara, di univoca interpretazione e, soprattutto, che definisca esattamente i ruoli e le competenze della pluralità di soggetti chiamati, a vario titolo, a intervenire in un processo che risulta estremamente frammentato.
La risoluzione in discussione affronta le problematiche insorte con la legge finanziaria 2007 e individua in modo analitico e compiuto i possibili rimedi.
Sotto un profilo più generale, è bene ricordare che il demanio marittimo e, in particolare, quello a destinazione turistico-ricreativa, è potenzialmente idoneo a una rilevante estrazione di valore per lo Stato. Si tratta di conciliare, ovviamente, la salvaguardia della tutela erariale con quella delle categorie imprenditoriali operanti nel settore e questo, indubbiamente, è un compito proprio del legislatore, che esula dall'attività dell'Agenzia.


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L'altro aspetto che mi preme evidenziare è il permanere della separazione tra i soggetti titolari del processo concessorio e gestionale (regioni e comuni) e il soggetto destinatario dei proventi. Permane infatti una divaricazione che, indubbiamente, non è particolarmente incentivante: gli enti territoriali sono chiamati a curare tutto il processo concessorio e gestionale, mentre gli introiti affluiscono direttamente alle casse dello Stato.
Questa situazione ha formato l'oggetto, in particolare, della già richiamata relazione della Corte dei conti n. 2624 del 5 novembre 2008, in cui, svolgendo un approfondito excursus del processo normativo degli ultimi 10-15 anni e delle problematiche gestionali, la Corte stessa qualifica la situazione come «federalismo monco», in quanto non è stato completato il processo di unificazione.
Non sta certamente a me indicare i tempi e le modalità di attuazione del federalismo fiscale, però appare indubbio che la riunificazione dell'intero processo (amministrativo-gestionale e di riscossione dei canoni) in capo a un unico soggetto, consentirebbe di superare buona parte delle criticità oggi riscontrabili.
L'Agenzia ha predisposto un documento conoscitivo che, da un lato, riassume il complesso e tormentato iter legislativo che ha interessato la materia, ben noto alla Commissione e, dall'altro, evidenzia le modalità con le quali esercita l'attività di vigilanza e controllo. Ciò nell'intento di rendere un quadro che rifletta le criticità emerse, allo scopo di fornire ogni possibile spunto al legislatore, affinché, nella definizione di una revisione normativa, che risponda alla salvaguardia degli interessi dello Stato e delle categorie imprenditoriali interessate, persegua anche il fine di razionalizzare in modo coordinato l'azione dei diversi soggetti coinvolti nel processo, in un contesto connotato da chiarezza e atto a prevenire incertezze interpretative e applicative.
È doveroso rappresentare, sulla base dell'esperienza acquisita dall'Agenzia, come ogni tipo di intervento normativo che si limiti semplicemente a intervenite sull'entità dei canoni, senza affrontare la sostanza del problema - che è essenzialmente costituito, come ho detto, dalla frammentazione delle competenze e dall'assenza di ogni vincolo e obbligo di raccordo tra le tante amministrazioni che partecipano al processo - possa risultare parziale, lasciando inalterate le criticità di fondo.
Questi sono, a mio avviso, i punti fondamentali della questione: una revisione di tipo soltanto quantitativo dei canoni, senza affrontare la tematica di fondo ora ricordata, in effetti risolve il problema di venire incontro alle esigenze rappresentate dalle categorie imprenditoriali, mantenendo peraltro in vigore un sistema di per sé critico, in quanto non coordinato, né razionalizzato.
Cito soltanto alcuni esempi, evidenziati peraltro anche nella relazione della Corte dei conti, in sede di audizione dell'Agenzia.
Molti enti locali non hanno ancora sotto controllo la situazione concessoria riguardante il demanio marittimo. Alcune regioni, in particolare l'Emilia-Romagna e la Puglia, hanno formalmente comunicato di non voler procedere alla piena attuazione della nuova normativa e quindi continuano con il regime tabellare.
Solo la metà dei comuni si è uniformata alle prescrizioni della legge finanziaria 2007 e nessuna regione, neanche quelle con coste e spiagge di riconosciuta attrattività, ha deliberato l'alta valenza turistica. Si rileva una scarsa propensione degli enti gestori a utilizzare tutte le leve coercitive consentite dal quadro normativo, per il recupero di quanto dovuto.
L'Agenzia ha prefigurato, in questi casi, possibili danni erariali conseguenti a tali comportamenti omissivi, con conseguente obbligo di segnalazione alle procure regionali della Corte dei conti (al quale, credo, abbiamo ottemperato).
Passerei a scorrere il testo della relazione, saltando magari tutto l'iter legislativo, che sicuramente è noto alla Commissione.
Con il presente documento, si intende fornire un quadro complessivo, sotto il


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profilo normativo e gestionale, in materia di concessioni demaniali marittime, con finalità turistico-ricreative, integrato con alcune riflessioni, sia di carattere generale, sia riguardanti aspetti più specifici e problematici.
Gli articoli 104 e 105 del decreto legislativo n. 112 del 1998, proseguendo nel solco già tracciato dal decentramento operato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, hanno conferito, come è noto, alle regioni e agli enti locali ulteriori competenze gestorie in tema di demanio marittimo. Fatta eccezione per la regione a statuto speciale Sicilia, che è l'unica proprietaria dei beni del demanio marittimo e in cui si è realizzato il caso dell'unificazione, permangono in capo allo Stato la proprietà dei beni, l'introito dei proventi nonché la competenza a legiferare sui canoni e sugli indennizzi. È rimasta altresì di competenza statale la vigilanza sulla riscossione dei proventi - sia canoni che indennizzi - derivanti dalla gestione dei beni del demanio marittimo, che è affidata all'Agenzia del demanio.
A seguito del conferimento di funzioni gestorie, le regioni hanno ampiamente legiferato in materia, attribuendo in via sussidiaria ai comuni le competenze loro conferite, in particolare in materia di concessioni di beni del demanio marittimo per finalità turistico-ricreative, mantenendo funzioni di coordinamento, pianificazione e indirizzo.
Il riparto delle competenze gestorie ha ulteriormente accresciuto il numero di soggetti che, a vario titolo, esercitano poteri e competenze sul demanio marittimo. Li riepilogo: il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le capitanerie di porto, le regioni e i comuni, l'Agenzia del demanio, le attività portuali, che intervengono nelle fasi del processo, ognuno per un aspetto di competenza.
Nell'esercizio delle competenze attribuite, i soggetti interessati uniformano la propria azione a specifiche e dettagliate disposizioni di legge, sia statali che regionali. La disciplina statale univoca di riferimento è contenuta nel codice civile, in particolare nel codice della navigazione e nel decreto-legge n. 400 del 1993, convertito nella legge n. 494 del 1993, da ultimo modificata con la legge finanziaria 2007.
Non si sottrae al quadro sopra delineato la disciplina dello specifico tipo di concessioni rilasciate per scopi turistico-ricreativi. Da un punto di vista generale, le concessioni demaniali marittime sono state interessate da una notevole evoluzione, che ha comportato una riconsiderazione dell'istituto della concessione in rapporto alle elevate potenzialità economiche del bene. In questo nuovo contesto, l'istituto della concessione, da evento eccezionale (stante l'assoluta preminenza dei valori della proprietà e dell'uso pubblico) è diventato invece strumento ordinario, in conseguenza delle utilizzazioni - sempre più numerose e diversificate - consentite a favore dei concessionari privati. In particolare, si è notevolmente diffuso il rilascio di concessioni sui beni del demanio marittimo per scopi turistico-ricreativi e per la nautica da diporto.
Il legislatore stesso, d'altronde, ha direttamente disposto che la concessione dei beni demaniali marittimi possa essere rilasciata, oltre che per servizi pubblici nonché per attività portuali e produttive, anche per l'esercizio di tutta una serie di elencate attività, tra le quali spiccano proprio quelle aventi finalità turistico-ricreative. È in ragione di tale evoluzione che queste concessioni hanno assunto un'importanza significativa nell'ambito del demanio marittimo.
Il numero delle concessioni dovrebbe attestarsi intorno a 28 mila. Uso il condizionale, proprio perché, come ho anticipato e come verrà in seguito specificato, non esiste una banca dati unitaria, dalla quale sia possibile estrarre con certezza e in modo aggiornato sia il numero delle concessioni rilasciate, sia l'ammontare dei canoni e degli indennizzi. Le 28 mila concessioni rappresentano la quasi totalità delle concessioni esistenti. Infatti, quelle relative alla pesca e alla cantieristica costituiscono, dal punto di vista numerico (e anche economico), un'esigua minoranza. La gran parte delle predette concessioni,


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hanno ad oggetto il solo arenile, destinato all'esercizio di attività prettamente balneari.
Solo una minima parte delle concessioni ricomprende manufatti classificabili come «inamovibili», parte dei quali costituiscono pertinenze demaniali marittime di proprietà dello Stato. Sono circa 900 le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali o di produzione di beni e di servizi.
Secondo la previsione del legislatore del 1942, la concessione poteva avere una durata massima di quattro anni. Tale previsione ha subito una modifica, a seguito dell'emanazione della legge n. 88 del 2001, che ha prorogato la durata a sei anni. Da ultimo, l'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, ha fissato in venti anni la durata massima delle concessioni, in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare.
Il problema della lunga durata del rapporto concessorio ha formato oggetto di attenzione, anche con riferimento al cosiddetto «diritto di insistenza», da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Quest'ultima, facendo riferimento ai contenuti della legge regionale Friuli Venezia Giulia n. 22 del 13 novembre 2006, ha sottolineato come la lunga durata delle concessioni, la pratica diffusa di rinnovi continuativi, nonché l'assenza di procedure trasparenti di rilascio, producano conseguenze restrittive della concorrenza e si pongano in contrasto con le normative comunitarie. In particolare, la prassi dei rinnovi, secondo il garante, viene a configurare un sistema premiale per il concessionario, in quanto viene, di fatto, a costituirsi una rendita di posizione.
È evidente che i rilievi del garante attengono soltanto all'ipotesi secondo cui esista una base diversa da quella tabellare, per la commisurazione dei canoni. Diversamente, il rilievo sarebbe di per sé svuotato di contenuto.
La disciplina in materia di quantificazione dei canoni aventi finalità turistico-ricreative è contenuta nel decreto-legge n. 400 del 1993, che ne ha articolato la misura fissa e tabellare in base alla classificazione di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei in tre categorie: categoria A, ad alta valenza turistica, categoria B, a normale valenza turistica e categoria C, a minore valenza turistica. Il decreto legislativo n. 112 del 1998, nel completare il trasferimento di funzioni e di competenze alle regioni, ha previsto il mantenimento all'erario degli introiti e dei proventi, da versare sul capitolo 2612.
Alle regioni (alle quali, tra l'altro, compete la classificazione del territorio costiero nelle suddette tre categorie) viene attribuita una quota pari al 10 per cento delle maggiori entrate annue, rispetto alle previsioni di bilancio, derivanti dall'utilizzo delle aree, delle pertinenze e degli specchi acquei, qualora inseriti nella categoria A. Come ho detto, nessuna regione ha inserito nella categoria A i beni del demanio marittimo.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 281 del 1970, è consentito alle regioni applicare un'addizionale sulle concessioni per l'uso dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato. Normalmente le regioni, con proprie leggi, hanno fissato la misura di tale addizionale entro il limite del 10 per cento del canone.
Non avendo le regioni provveduto alla classificazione del territorio costiero secondo quanto previsto dalla legge n. 494 del 1993, l'allora Ministero dei trasporti e della navigazione, con circolare del dicembre 1998, ha stabilì che nelle more di tale classificazione, i canoni per le concessioni demaniali marittime turistico ricreative venissero calcolati applicando le misure unitarie più basse relative alla categoria C. È questa una circolare di supplenza, ritengo, alla cogenza. Di fatto, così è stata applicata.
Tale situazione, malgrado i tentativi compiuti dal legislatore di rivedere i parametri del decreto-legge n. 400 del 1993, nell'ottica di una gestione economica dei beni dello Stato, è rimasta invariata per ben 13 anni, cioè fino al 31 dicembre 2006.
In particolare, il tentativo compiuto con la previsione contenuta nell'articolo 32 del


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decreto-legge n. 269 del 2003, che affidava la rideterminazione dei canoni a un apposito decreto interministeriale e, in mancanza, disponeva una rivalutazione automatica del 300 per cento delle misure tabellari, non ha sortito buon fine, in quanto le associazioni di categoria interessate hanno frapposto innumerevoli ostacoli all'attuazione della norma, contestando in particolare il carattere indiscriminato dell'aumento del 300 per cento.
Il legislatore pertanto, in più occasioni, dal 2004 al 2006, ha prorogato l'entrata in vigore della succitata previsione e la legge finanziaria 2007 l'ha definitivamente abrogata.
Con i commi 250-256 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007, il legislatore è intervenuto nuovamente nella materia delle concessioni demaniali marittime, per disciplinarla sulla base di principi di equità, di razionalità e di redditività e per risolvere la situazione venutasi a determinare con le previsioni di generalizzato aumento dei canoni del 300 per cento.
In buona sostanza, per la gran parte delle concessioni con finalità turistico-ricreative, la legge finanziaria 2007, agendo nell'ambito delle statuizioni di cui alla legge n. 494 del 1993, ha razionalizzato la classificazione delle aree demaniali marittime, eliminando la categoria C a bassa valenza turistica, senza peraltro modificare la portata delle previsioni di cui agli articoli 3 e 4 della legge n. 494 del 1993, per quanto attiene rispettivamente ai parametri di base e alle modalità di rivalutazione dei canoni sulla base dell'aumento del costo della vita a decorrere dal 1998.
La tipologia di concessione di beni demaniali marittimi, per finalità turistico-ricreative, soggette all'applicazione del canone tabellare, secondo gli importi indicati della stessa norma, sono quelli aventi ad oggetto: le aree scoperte; le aree sulle quali insistono opere amovibili o di facile rimozione; le aree sulle quali insistono opere inamovibili o di difficile rimozione, ma non costituenti ancora pertinenze demaniali marittime, ossia non di proprietà dello Stato, in quanto la concessione non è ancora venuta a scadenza; gli specchi acquei.
La novità maggiore è rappresentata dal diverso trattamento riservato alle concessioni, comprensive di pertinenze demaniali marittime (ossia delle opere inamovibili divenute di proprietà dello Stato alla scadenza naturale della concessione) destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, per le quali è stato introdotto un canone commisurato ai valori medi di mercato, stabiliti per attività similari dall'osservatorio del mercato immobiliare e praticati nelle zone di riferimento.
Va precisato che detto canone sconta cospicui abbattimenti legati alla stagionalità dell'attività, ai lavori di straordinaria manutenzione a carico del concessionario, nonché all'estensione della superficie del manufatto destinato ad attività commerciale.
Sono escluse dall'applicazione di tale metodologia di calcolo, sebbene di proprietà dello Stato, le seguenti tipologie di opere inamovibili: cabine, manufatti adibiti a depositi sedie e ombrelloni, servizi igienici, campi sportivi, piscine, terrazze e tutto ciò che non costituisce superficie sulla quale viene esercitata attività commerciale. In tutti questi casi, trovano applicazione i canoni tabellari. In sostanza, la superficie computata, ai fini dell'applicazione di nuovi canoni, è solo ed esclusivamente quella in cui si svolge l'attività commerciale.
La chiarezza acquisita in ordine a tale concetto di pertinenza ha consentito di superare e definire le problematiche inerenti la loro esatta individuazione.
Tale modifica normativa è destinata a produrre effetti soprattutto nel futuro, quando, alla scadenza delle concessioni, le opere di tale natura verranno incamerate nella proprietà dello Stato. La stessa ha riguardato esclusivamente la sopradescritta tipologia di beni e costituisce un passaggio innovativo di determinazione del canone, che viene rapportato a un valore di mercato in relazione alla tipologia dell'attività


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cui il bene demaniale viene destinato nonché alla redditività che da esso il concessionario trae.
I canoni predeterminati in misura tabellare, infatti, più che costituire un corrispettivo a fronte del godimento del bene, presentano caratteristiche che possono avvicinarli ai tributi, o alle tasse, o ad altre indistinte ipotesi di prestazioni patrimoniali imposte, similarmente a quanto previsto, per l'occupazione di spazi e aree pubbliche. In tal senso è l'orientamento della dottrina prevalente.
La nuova disciplina supera altresì il regime delle agevolazioni e riduzioni statuito dalla normativa precedente, mantenendo ferme solo alcune delle ipotesi precedentemente in vigore. In particolare, si tratta delle concessioni a enti pubblici o privati per fini di beneficenza, o per altri fini di pubblico interesse, per le quali il canone viene determinato applicando una riduzione del 90 per cento dell'importo calcolato sulla scorta dei parametri indicati. Inoltre, nel caso di concessioni demaniali marittime assentite a società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, è prevista l'agevolazione consistente nella riduzione del 50 per cento della misura del canone ordinario.
Assoluta novità riveste l'agevolazione prevista per le imprese turistico-ricettive all'aria aperta, per esempio i campeggi, alle quali viene riconosciuta una riduzione del 25 per cento dei valori inerenti le relative superfici. Infine, resta ferma la riduzione del canone nella misura del 50 per cento in presenza di eventi dannosi di eccezionale gravità, che comportino una minore utilizzazione dei beni oggetto della concessione.
Un discorso a sé stante merita la questione relativa al carattere oneroso o meno della permanenza su aree demaniali marittime, anche oltre la stagione balneare, di strutture precarie, amovibili o di facile rimozione. In proposito, l'articolo 3 della legge n. 494 del 1993, dispone che la quantificazione dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime debba essere effettuata con riferimento all'intero anno, se la struttura precaria e amovibile viene mantenuta per l'intero arco temporale annuale. Viceversa, detta quantificazione sarà limitata alla durata del periodo balneare, quando le suddette strutture siano rimosse al termine della stagione.
Sul punto si è più volte espressa la giurisprudenza, che ha assunto orientamento univoco e consolidato, pervenendo alla seguente conclusione: qualora la struttura precaria e amovibile permanga, secondo quanto previsto dalla concessione, esclusivamente per il periodo della stagione estiva, il canone, anche in presenza di concessione di durata annuale o pluriennale, va richiesto solo con riferimento al periodo stagionale, in quanto successivamente la struttura dovrà essere rimossa. Nell'ipotesi in cui, viceversa, la concessione preveda che la struttura amovibile permanga tutto l'anno, a prescindere dall'effettivo esercizio dell'attività, il canone dovrà essere determinato con riferimento all'intero anno.
Vengo agli indennizzi per le varie tipologie. L'articolo 8 della legge n. 494 del 1993 afferma che, a decorrere dal 1990, gli indennizzi dovuti per tutte le tipologie di utilizzazione senza titolo di beni demaniali marittimi, in zone del mare e delle pertinenze del demanio marittimo, ovvero per utilizzazioni difformi dal titolo concessorio, sono determinate in misura pari a quella che sarebbe derivata dall'applicazione del decreto stesso, maggiorata rispettivamente del 200 per cento e del 100 per cento. Dal tenore letterale di tale norma, sembra non esserci distinzione tra le mere occupazioni senza titolo di beni demaniali marittimi (e relative pertinenze) e gli abusi di maggiore gravità, ai quali venivano applicate sanzioni non commisurate all'effettiva entità del danno perpetrato.
Il legislatore del 2007, anche ai fini di scoraggiare il fenomeno dell'abusivismo, e con l'intento di porre rimedio alla suddetta incongruenza, attraverso una puntuale interpretazione del citato articolo 8, opera una distinzione tra diverse tipologie di irregolarità, sanzionandole in misura differente in relazione alla gravità dell'abuso, soprattutto con riguardo alle fattispecie


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aventi ad oggetto la costruzione di opere inamovibili realizzate in difetto di qualsiasi titolo abilitativo.
Salterei la casistica, perché credo sia ampiamente nota, e passerei, invece, all'attività di vigilanza e controllo e alle procedure di riscossione, quindi all'attività propria dell'Agenzia del demanio. Nell'esercizio dei propri poteri e compiti di vigilanza e di controllo, l'Agenzia si muove pianificando annualmente le relative attività, con riferimento a tutti i beni immobili di proprietà dello Stato e quindi anche a quelli appartenenti al demanio marittimo, secondo priorità dettate da esigenze che si manifestano di volta in volta e dagli obiettivi assegnati dal ministero vigilante. In questi ultimi anni, l'attenzione si è concentrata, in particolare, sul demanio marittimo e, in tal senso, sono state emanate direttive e fornite indicazioni ai singoli uffici periferici. Di conseguenza, questi ultimi hanno elaborato piani specifici, concordati sia con le capitanerie di porto, sia, ove è stato possibile stabilire una collaborazione, con gli enti gestori.
Nel solo biennio 2007-2008 sono stati effettuati circa 1.500 sopralluoghi, che hanno permesso di accertare anche utilizzi privi di titolo ma, soprattutto, acquisire una maggiore conoscenza dello stato dei luoghi, dell'effettivo utilizzo dei beni e verificare la regolarità dei pagamenti dei canoni o indennizzi dovuti allo Stato. Infatti, come sopra rappresentato, tutti i proventi derivanti dall'utilizzo dei beni demaniali marittimi (canoni e indennizzi) affluiscono all'erario, sul capitolo 2612 delle entrate del Ministero dell'economia e delle finanze. Spetta all'ente gestore determinare, all'atto del rilascio della concessione, l'ammontare del canone da corrispondere annualmente e indicare, nell'atto stesso, le modalità di versamento che avvengono attraverso il modello F24.
Il citato modello F24 riporta due codici di tributo: 842T, che identifica in modo indistinto i canoni derivanti da tutte le concessioni rilasciate sul demanio marittimo; 137T, che identifica gli indennizzi a fronte di occupazioni senza titolo. Nei casi di mancato pagamento, l'ente gestore, sulla base delle intese convenute, dovrebbe darne informativa all'Agenzia del demanio, ai fini dell'attivazione della procedura di riscossione coattiva del credito, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004. Parimenti, l'ente concedente sarebbe tenuto, in via collaborativa, a inviare periodicamente alle competenti filiali dell'Agenzia del demanio la documentazione relativa alle concessioni rilasciate e ai connessi pagamenti effettuati.
È proprio questa la fase in cui l'Agenzia del demanio è chiamata ad esplicare le proprie funzioni in ordine all'attività di vigilanza sulla riscossione dei proventi, sia canoni che indennizzi, derivanti dalla gestione dei beni del demanio marittimo. Tale attività comprende, in particolare: la verifica della corretta adozione delle nuove tariffe sulla base delle quali calcolare l'ammontare dei canoni concessori; il controllo della riscossione dei canoni derivanti dall'utilizzo dei beni; l'esercizio, di concerto con le altre amministrazioni competenti, dell'attività di vigilanza attraverso ispezioni programmate e concordate con l'ente gestore.
È di tutta evidenza che l'attuazione di un'efficace attività di vigilanza, implica la collaborazione e il riscontro di tutti i soggetti interessati. Ciononostante, nessuna norma disciplina il raccordo tra le varie amministrazioni coinvolte, prevedendo procedure e specifici obblighi comportamentali. Pertanto, l'intera attività è rimessa alla volontaria e leale collaborazione tra i soggetti interessati, che sono chiamati, in tale contesto, a fornire dati ed elementi necessari nonché a dar luogo a un flusso di informazioni costante e continuativo. Si tratta di una collaborazione che stenta ad affermarsi e che, comunque, non si registra in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.
L'assenza di norme vincolanti, oltre a comportare indubbie difficoltà, non consente di avere un quadro preciso e aggiornato della situazione, sia sotto il profilo del numero delle concessioni rilasciate, sia sotto quello dei pagamenti effettuati. Nelle more di uno specifico intervento normativo, un accordo in Conferenza Stato-


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regioni, che stabilisca procedure e compiti, sarebbe non solo auspicabile, ma addirittura determinante, come del resto anche la Corte dei conti ha evidenziato nell'indagine condotta sulla riscossione dei canoni sul demanio marittimo.
Né esiste un sistema informativo condiviso dove affluiscano in modo uniforme, sistematico e permanente tutte le informazioni e i dati afferenti alle concessioni, alle riscossioni e all'utilizzo dei beni del demanio marittimo. Invero sussiste, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il SID (Sistema Informativo del Demanio marittimo). Tale sistema fu avviato nel 1993, con la finalità di consentire un'efficace gestione dei beni del demanio marittimo, attraverso la puntuale identificazione e conoscenza del loro reale stato d'uso, disponendo, per l'intero territorio nazionale, di una cartografia aggiornata e revisionata.
L'implementazione e lo sviluppo del sistema è rimasto di competenza dello Stato, ma, collocandosi in un quadro di funzioni gestionali affidate prevalentemente a soggetti diversi, ha risentito, a partire dal 2001, delle difficoltà derivanti dalla frammentazione delle competenze, ai fini dell'implementazione, nonché dell'afflusso e del costante aggiornamento dei dati.
Credo inoltre che sussistano problemi nel completare questo sistema, che richiede risorse finanziarie non indifferenti.
Tale stato di cose non solo pregiudica una corretta attività di vigilanza, ma è anche alla base dell'inevitabile approssimazione dei dati disponibili, in ordine alla verifica della riscossione. Tutto ciò non contribuisce certo a fare chiarezza sul dato previsionale di entrata.
Ciò detto, comunque, nello specifico e in estrema sintesi, l'Agenzia ha esercitato l'attività di vigilanza sulle riscossioni, emanando, anche d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, molteplici circolari e direttive finalizzate a fornire ai propri uffici e agli enti gestori criteri e modalità operative uniformi e univoche. Qualcuna di queste circolari ha avuto vita molto controversa, soprattutto quella secondo cui l'aggiornamento dei canoni ISTAT doveva decorrere dal 1994, mentre ormai è assodato che decorre dal 1998.
Vengo ora all'impatto economico delle nuove disposizioni normative contenute nella legge finanziaria 2007. A distanza di due anni dall'entrata in vigore di tali nuove disposizioni, il quadro economico gestionale va progressivamente definendosi, di pari passo con l'applicazione della normativa da parte degli enti gestori su tutto il territorio nazionale e con l'avvenuta soluzione delle problematiche insorte in sede di attuazione della norma medesima.
D'altronde, un intervento normativo quale quello in esame, per la sua attuazione e per il pieno dispiegamento dei propri effetti, necessita di un congruo arco temporale, tanto più che l'attuazione della nuova disciplina richiede l'attività coordinata e permanente, la collaborazione e il riscontro da parte di tutti i soggetti interessati: concedente, concessionario, Agenzia del demanio, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Ciononostante, dall'esame delle entrate che affluiscono sul capitolo 2612, è stato possibile ricostruire la seguente situazione in termini di gettito complessivo, riferito esclusivamente ai canoni, con esclusione degli indennizzi.
Nella tabella che avete a disposizione, come vedete, il gettito annuo passa da poco più di 52 milioni di euro nel 2005, ai quasi 66 milioni di euro nel 2006, agli 87 milioni di euro nel 2007, ai 103 milioni di euro nel 2008. Dal dato riportato emerge un aumento consistente del gettito, riferito a tutte le tipologie di concessioni demaniali marittime, quindi non solo a quelle turistico-ricreative, ma anche a quelle rilasciate per attività di pesca e cantieristica.
Non è possibile disgregare il dato complessivo in relazione alle singole categorie di concessione, in quanto il codice tributo 842T, che identifica i canoni versati, si riferisce a tutte le tipologie di concessioni. È intento della nostra Agenzia - lo faremo rapidamente - richiedere all'Agenzia delle entrate l'istituzione di uno specifico codice


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tributo per gli introiti riferiti alle concessioni rilasciate per finalità di pesca e cantieristica, in modo da avere una rappresentazione chiara della realtà.
Tuttavia, risulta che le concessioni rilasciate per finalità di pesca e cantieristica rappresentino, in termini numerici, una percentuale marginale, il cui apporto, rispetto al gettito complessivo, appare di scarso rilievo, poiché le norme di settore che le disciplinano sono estremamente agevolative.
L'incremento del gettito, dunque, evidenzia una graduale tendenza alla piena applicazione della nuova disciplina. La tardiva - in alcuni casi mancata - attuazione della stessa costituisce una delle ragioni del disallineamento del gettito rispetto ai dati previsionali. Ai fini di una più chiara illustrazione, si ritiene utile far seguire al gettito complessivo un'esemplificazione dell'impatto prodotto dai criteri di calcolo di cui alla legge finanziaria 2007 sulle singole tipologie di concessioni turistico-ricreative, raffrontando la situazione in essere fino alla data del 31 dicembre 2006 con quella venutasi a delineare successivamente.
Nella tabella a pagina 15 si vede come il canone, che incide in termini differenziali soltanto per l'attività a destinazione commerciale di ristorazione, con la disciplina della finanziaria 2007 è di 31 mila euro annui. Per la stessa tipologia di concessione, in base alla normativa precedente, il canone sarebbe stato di 2.789 euro. La differenza è tutta sull'attività a destinazione commerciale.
Nella tabella a pagina 16 è indicato un esempio di concessione demaniale con manufatto, non costituente pertinenza demaniale marittima, adibito a ristorazione e quindi soggetto ad applicazione dei canoni tabellari. Non c'è sostanziale differenza rispetto alla disciplina precedente, fatta salva l'attualizzazione agli indici ISTAT. A fronte di 3.448 euro, in base alla disciplina precedente il canone per la stessa tipologia sarebbe stato di 2.282 euro.
Gli esempi forniti evidenziano, relativamente alle concessioni soggette all'applicazione di criteri di calcolo tabellari (esempio B) incrementi di modesto significato, conseguenti esclusivamente alla soppressione della categoria C, caratterizzata da canoni minori. Per quanto viceversa riguarda le concessioni soggette all'applicazione parziale o totale del canone di mercato (esempio A), l'incremento si presenta di maggior rilievo, ma comunque minore rispetto ai canoni di mercato per analoghe attività riscontrabili nelle zone di riferimento, in considerazione del fatto che i valori applicati scontano cospicui abbattimenti, di cui si è fatto cenno in precedenza, connessi alla stagionalità dell'attività, ai lavori di straordinaria manutenzione nonché all'estensione della superficie del manufatto destinato all'attività commerciale.
Aggiungo un ultimo cenno sul contenzioso: negli anni 2007-2008 i ricorsi che hanno riguardato il demanio marittimo nella sua interezza ammontano complessivamente a 680, di cui 310 in sede giurisdizionale e 370 in sede amministrativa. Si tratta di ricorsi gerarchici riguardanti, prevalentemente, le regioni Calabria, Puglia e Lazio. Si tratta di un dato che può ritenersi fisiologico, se raffrontato all'elevato numero di utilizzi, cioè alle 28 mila concessioni turistico-ricreative e alla situazione riguardante le altre categorie di beni mobili statali. Se si analizza il dato appena citato, si constata che il numero di ricorsi attiene, per l'80 per cento circa, alle richieste di indennizzo per occupazioni senza titolo o abusive, mentre solo il 20 per cento è riferibile al calcolo dei canoni conseguenti alle nuove disposizioni.
L'incremento dei ricorsi per occupazione abusiva non riflette le novità introdotte dalla legge finanziaria 2007, bensì consegue all'intensificarsi dell'attività di vigilanza condotta congiuntamente dall'Agenzia del demanio e dagli enti gestori, che ha portato all'individuazione di occupazioni irregolari non riferite esclusivamente all'attività turistico-ricreativa, bensì a molteplici casistiche.
L'utilizzo senza titolo, ovvero abusivo, si concretizza, nella stragrande maggioranza dei casi, nella mera occupazione dei beni e, in taluni casi, nella realizzazione di


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opere prive di titolo abilitativo demaniale o edilizio e, quindi, suscettibili di sanzione anche dal punto di vista penale.
All'individuazione di tali irregolarità hanno fatto seguito, oltre a provvedimenti di tutela, le richieste di indennizzi stabilite nella misura annua del 200 per cento dei parametri tabellari in caso di mera occupazione, ovvero commisurate ai valori di mercato in caso di realizzazione di opere.
Nei ricorsi afferenti le mere occupazioni si eccepisce, prevalentemente, l'intervenuta prescrizione delle somme richieste, che necessariamente ricoprono un arco temporale molto esteso, datando gli utilizzi irregolari nel tempo. Laddove si è in presenza di realizzazione di opere senza titolo abilitativo si controverte, invece, sulla qualificazione abusiva dell'opera realizzata, oppure sulle modalità di calcolo degli indennizzi. Trattasi, in buona parte, di contestazioni che non si connettono agli effetti delle nuove disposizioni normative.
Per ciò che concerne, invece, i ricorsi contro la quantificazione dei canoni posti a base della concessione per attività turistico-ricreative e determinato secondo le nuove disposizioni normative - che, come detto, costituiscono circa il 20 per cento del totale del contenzioso - le censure attengono essenzialmente alla decorrenza dell'adeguamento dei canoni agli indici Istat nel frattempo maturati. Tale genere di eccezione ha riguardato prevalentemente le concessioni rilasciate dai comuni di Viareggio e Pietrasanta. La questione è stata esaminata e risolta dall'Avvocatura generale dello Stato che, con parere del marzo 2008, ha indicato nel 1998 l'anno a partire dal quale far decorrere la rivalutazione dei canoni sulla base degli indici Istat. A ciò si richiama anche la risoluzione adottata dalla VI Commissione finanze della Camera dei deputati, che impegna il Governo a uniformarsi al parere reso dall'organo legale.
Da quanto precede, non è dato concludere che sussista un nesso inscindibile tra la novella della finanziaria 2007 e il contenzioso riguardante l'utilizzazione del demanio marittimo per finalità turistico-ricreative.

PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Prato per quanto ci ha detto. Mi sembra risulti molto evidente che il condizionale, spesso usato riguardo alle procedure, ci mette nelle condizioni di valutare nel complesso che le normative esistono, ma anche che sarebbe opportuno applicarle in maniera corretta.
Do ora la parola ai colleghi che intendano svolgere interventi o formulare osservazioni.

IVANO STRIZZOLO. Signor presidente, non pongo domande o richieste di chiarimento. Esprimo invece un giudizio positivo e ringrazio il direttore dottor Prato e i suoi collaboratori per questa esposizione, che ci ha fornito elementi di conoscenza importantissimi. Abbiamo svolto altre audizioni in merito a questo problema, senza tuttavia ottenere un quadro così preciso, seppur intriso, come lei ha ricordato, signor presidente, di molti verbi al condizionale, in riferimento all'evoluzione delle norme e della loro applicazione.
Sicuramente, il documento presentato è utilissimo per il prosieguo delle nostre valutazioni, che svolgeremo ovviamente in altre occasioni e in altri momenti, su una materia che certamente è complicata, ma alla quale in prospettiva possiamo sicuramente, come Commissione, dare un apporto, anche grazie agli elementi di conoscenza che ci sono stati forniti proprio da questa relazione.

MASSIMO VANNUCCI. Anch'io ringrazio il direttore dell'Agenzia del demanio. La relazione è stata ampia, esauriente e dettagliata. Per noi costituirà uno strumento di lavoro.
Voglio però approfittare dell'occasione per porre alcune domande e svolgere alcune considerazioni.
Nel documento è contenuta un'analisi sull'impatto economico delle nuove norme. Pensando alle regioni e ai comuni a cui lei ha fatto riferimento e che non si sono adeguati alla normativa, le chiedo se l'impatto economico sia riferito solo a chi si è adeguato, oppure se comprenda tutti.


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Mi sembra poi di rilevare un'analisi minimalista, tesa a dimostrare che, in fondo, gli aumenti previsti dei canoni non siano così rilevanti, come viene invece denunciato. Nelle tabelle si forniscono i dati relativi a una situazione costituita da un arenile di duemila metri quadri, più cento metri quadri di cabine e cento metri quadri di magazzino, che paga 3.440 euro, mentre ne avrebbe pagati 2.700. In altra tabella, invece, si individua l'aumento consistente e sostanziale nei casi delle pertinenze, dove è chiamato in causa l'Osservatorio del mercato immobiliare che - mi sembra di capire - stima il valore del fabbricato, per cui si passa dai 3.000 ai 30.000 euro, con un incremento del mille per cento. Il parallelo viene fatto fra queste due situazioni.
Tuttavia, questa analisi «minimalista» che evidenzia consistenti aumenti solo - chiamiamolo così - nel caso delle pertinenze, contraddice il dato sul gettito. Infatti, signor direttore, lei ci dice che nel capitolo 2612 l'impatto economico ha fatto sì che le entrate ammontassero nel 2005 a 52 milioni di euro circa e, nel 2008, a 103 milioni di euro. Quindi, è avvenuto un raddoppio delle entrate che non può essere semplicemente determinato dalle 900 situazioni riferibili alle pertinenze. Voi stimate in 28 mila - mi sembra - il numero totale delle concessioni, di cui 900 riferite all'Osservatorio.
Insomma, c'è qualcosa che non torna, anche perché ritengo che il contenzioso - voi svolgete un'analisi delle categorie e delle tipologie di contenzioso - sia stato aperto soprattutto sulle famose pertinenze, da parte di coloro che si vedono aumentare il canone del 1.000 per cento.
La mia è solo una valutazione generica «a caldo», intuitiva, ma - ripeto - se dal 2005 al 2008 si è rilevato un raddoppio delle entrate, occorre sapere se in queste ultime è compreso tutto, oppure solo una parte (con il problema di stabilire come ci comportiamo verso comuni e regioni che non si sono adeguati).
Abbiamo maturato, almeno da parte nostra, la convinzione della esigenza di intervenire su questa materia, che coinvolge un comparto molto importante per la competitività del Paese, per il PIL turistico e quant'altro. Pensiamo alle potenzialità della portualità turistica, su cui questa materia incide pesantemente, alle varie tipologie di turismo, ai campeggi e quant'altro: dobbiamo veramente guardare con attenzione a questa materia.
Ieri abbiamo avuto l'audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega al turismo, onorevole Michela Vittoria Brambilla, che ha prodotto un protocollo di intesa fra regioni e operatori del settore, piuttosto dettagliato, con cifre e modifiche. Volevo sapere se sia stata eseguita preventivamente, o se avete intenzione in animo di eseguire, una simulazione sugli effetti di quel protocollo, che sono richiamati anche nella nostra risoluzione e che riguardano ad esempio il ritorno alle tre categorie nonché altre modifiche sostanziali, sia dal punto di vista normativo che della quantificazione economica. Credo, in definitiva, che a questo punto quel protocollo rappresenti un elemento importante per il nostro lavoro, sul quale sarebbe opportuno conoscere la valutazione dell'Agenzia del demanio, corredata da una simulazione sugli effetti finanziari.

STEFANO GRAZIANO. Mi associo sostanzialmente al ringraziamento all'Agenzia del demanio, al direttore e ai collaboratori che hanno voluto stendere questo documento abbastanza articolato e mi associo, soprattutto, ai «condizionali» di cui ha parlato il presidente Conte.
Proprio ieri ho presentato un'interrogazione al Ministero dell'economia e delle finanze sulla vicenda del SID. A mio avviso sono due le questioni da discutere.
La prima questione riguarda l'impatto della riscossione sul complesso dei tributi. Soprattutto, occorre discutere sul fatto che, in sostanza, regioni e comuni in questo momento non incassano ancora nulla e che occorre quindi immaginare quale possa essere una possibile ripartizione.
La seconda questione riguarda più propriamente il SID e che cosa bisogna fare


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per questo sistema informativo del demanio marittimo che, come lei ha scritto, è avviato dal 1993 (siamo nel 2009, quindi si tratta di 16 anni fa) e che, a mio avviso, riveste un ruolo sostanziale, sia per il controllo delle entrate, sia per la verifica di tutto il demanio marittimo nel suo complesso.
A me è parso di capire che sussistano due problemi, uno di ordine formale e uno di ordine sostanziale.
Il problema di ordine formale riguarda i protocolli da firmare in Conferenza Stato-regioni e non si capisce perché questi adempimenti non siano portati a buon fine.
Il problema di ordine sostanziale riguarda, invece, il rilascio delle password ai centri operativi locali, che di fatto non è ancora avvenuto.
Ieri, il sottosegretario, venuto qui per rispondere all'interrogazione, ci ha detto che le password sono state assegnate, ma potrei fare molteplici esempi che provano che ciò non è accaduto.
Sussiste inoltre un terzo problema: più volte la Corte dei Conti, come lei, signor direttore, ha ricordato nella relazione, ha sottolineato il danno erariale e le difficoltà per gli enti locali che questa situazione può determinare.
Mi sono permesso di svolgere queste poche considerazioni soprattutto per capire quale sia, in realtà, lo stato dell'arte su queste vicende e quali, secondo l'Agenzia del demanio, potrebbero essere le soluzioni per velocizzare le procedure. A mio avviso, solo tali indicazioni possono, per così dire, agevolare il percorso. Se disponessimo di idonei strumenti potremmo - riprendendo quanto dichiarato dall'onorevole Vannucci - cercare di moderare un sistema che impatta soprattutto sugli operatori. Questi ultimi, molto spesso, trovano grande difficoltà a fronteggiare un incremento del 1.000 per cento. Così, il pagamento delle concessioni diventa un problema serio.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Molto brevemente, mi associo ai ringraziamenti per la bella esposizione del dottor Prato e dei suoi collaboratori.
Forse mi è sfuggito (o forse - me ne scuso - sono arrivato in ritardo), ma non mi pare sia stato evidenziato che durante la XIV legislatura vennero attuati tutta una serie di interventi, dando la possibilità ai concessionari di acquisire aree demaniali.
In uno dei tanti condoni che vennero portati avanti - chiedo venia per il riferimento generico alle disposizioni che regolamentavano la questione - ad alcuni concessionari venne data la possibilità di condonare e acquisire in proprietà privata strutture - per così dire - «parzialmente regolari» o abusive, che sorgevano su terreni demaniali.
Le chiedo, signor direttore, se sia disponibile qualche dato relativo a evenienze di questo genere. Ricordo che la normativa si inceppò e che non avvenne alcun successivo sviluppo riguardante le concessioni definitive. In quel momento, si parlava di come poter realizzare introiti per le casse dello Stato, dando la possibilità di vendere alcune aree. Sto parlando di tutto il territorio nazionale in genere, ma, abitando nel Veneto, mi riferisco in modo particolare ad esso e ricordo che, in quel periodo, fu molta l'attenzione dedicata a questi aspetti, sia sul litorale veneziano, sia sulle rive del lago di Garda. Mi riferisco anche ai casi di realizzazione che si trascinava nel tempo di manufatti, magari a cavallo tra proprietà privata e demaniale, che godettero in quel momento della possibilità, appunto, di essere condonati e acquisiti.
Ebbene, chiedo se sia disponibile qualche dato concreto a riguardo di tutto ciò, se esista una forma di controllo che permetta di capire quante siano state le eventuali utenze che hanno usufruito di queste possibilità.

IGNAZIO MESSINA. Signor presidente, anch'io mi associo nel ringraziare il direttore e tutti gli uffici dell'Agenzia del demanio per la relazione. D'altronde, essi


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ci hanno già abituato, nelle precedenti occasioni, a contributi significativi per la nostra attività.
Quanto emerge, come primo impatto, da questa analisi - come il collega Vannucci prima evidenziava - è innanzitutto l'incremento del gettito maggiore del 100 per cento, al quale non corrisponde un aumento del 100 per cento delle concessioni. Evidentemente, occorre capire da dove proviene questo gettito in più.
Dati significativi, soprattutto in un momento di economia difficile come quella attuale, nelle tabelle che sono state mostrate, parlano di situazioni in cui, da cifre che si aggirano attorno ai 3 mila euro per una concessione, si passa a 30 mila euro. Di fatto, le situazioni reali di questo tipo sono numericamente poche: solo 900 su 28 mila. Tuttavia, evidentemente, un tale aumento comporta un impatto significativo su un'attività gestionale. Già il passaggio da 2.200 a 3.400 euro rappresenta un incremento del 40-50 per cento, che nel bilancio di un'azienda incide. Il passaggio, addirittura, da 3 mila a 30 mila euro è evidentemente difficile da gestire, anche perché si parla di attività prevalentemente stagionali. Nel demanio marittimo, ovviamente, anche le strutture permanenti non si riesce a utilizzarle nei mesi invernali.
A mio avviso, occorre evidenziare questa situazione con molta forza, collegandola anche al difficile periodo economico.
A proposito dell'aumento di gettito, vorrei porre una domanda. Per quanto riguarda l'attività di vigilanza sulla riscossione esercitata dal demanio, sostanzialmente, ci si lamenta del sistema informativo, che non funziona e che va messo a punto. Come il collega Graziano puntualizzava, sono sedici anni che il sistema esiste, ma che non funziona. Chiedo, quindi, come in effetti si riesca a svolgere l'attività di vigilanza e se la si svolga al meglio.
Inoltre, vorrei anche capire se il dichiarato aumento di gettito corrisponda effettivamente a un'entrata reale e non solo sulla carta. Siamo abituati a vedere entrate dello Stato in cui sono riportate grandi cifre, a fronte delle quali corrispondono povere entrate.
Si finisce, al solito, per gravare sui pochi che pagano, mentre magari chi non paga continua a utilizzare il bene (la revoca della concessione non avviene, o avviene con grande ritardo) senza nemmeno pagare il canone.
Il numero dei contenziosi mi sembra veramente basso. Vorrei capire se, in effetti, questi riguardino anche tutto ciò che attiene alla riscossione. Vorrei sapere, cioè, se per caso i contenziosi che avete segnalato siano esclusivamente attinenti alla validità della concessione e non anche al gettito, alle entrate e ai pagamenti dei canoni.

PRESIDENTE. Dottor Prato, se mi consente, ho anche io una curiosità, determinata dal fatto che ebbi l'opportunità, nel 2005, nella mia funzione di sottosegretario, di partecipare a una serie di riunioni con il Ministero delle infrastrutture, l'Agenzia del demanio, le regioni e i comuni, durante le quali venimmo a capo di una intricata situazione. Sostanzialmente, nel 2005, su dati che ci venivano forniti dal Ministero delle infrastrutture, agli atti risultavano 14 mila concessioni, con un disallineamento, da un anno a un altro, anche di 2-3 mila concessioni, come se si trattasse di bagatelle, invece che di concessioni demaniali.
Il dato veramente singolare che emerge in base a quanto ci viene da voi fornito è che improvvisamente, a distanza di tre anni, le concessioni sono diventate 28 mila, cioè praticamente il doppio di quelle risultanti nel 2005.
Un altro dato rilevante: mi sembra di ricordare che il gettito (non incassato, ma previsto) per il 2005 fosse valutabile intorno ai 70 milioni di euro e che l'aumento del 300 per cento avrebbe dovuto portare, almeno a giudicare dai conti della Ragioneria generale, a un gettito complessivo di 240 milioni.
Ora apprendiamo che le concessioni sono passate da 14 mila a 28 mila e che il gettito è aumentato da 50 a 102 milioni


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di euro. Rispetto al gettito previsto di 240 milioni, siamo ancora a 140 milioni in meno, con le concessioni raddoppiate di numero.
Credo che il quadro desumibile da una situazione di questo genere lasci presupporre, in primo luogo, che evidentemente l'attività di vigilanza dell'Agenzia del demanio ha permesso di riallineare i dati, per cui sono emerse concessioni che prima non venivano neanche rilevate; in secondo luogo, che il sistema SID era stato dimensionato su 14 mila concessioni, quelle che risultavano partendo dai dati che erano stati costruiti dal 1993 al 2005.
Le chiedo allora, signor direttore, se quei dati, che hanno portato lo Stato ad un esborso di circa 350 miliardi, siano stati aggiornati alle ulteriori 14 mila concessioni che sono comparse, o se invece siano rimasti quelli di prima.
Naturalmente, immagino che l'attività di vigilanza dell'Agenzia del demanio abbia rilevato anche scostamenti significativi, per occupazioni o disallineamenti e, d'altra parte, a me risultava che lo stesso sistema SID presentasse svariati problemi sulla definizione esatta delle aree in concessione.
Quel sistema SID non prevedeva l'identificazione del titolare di concessione, tantomeno l'ammontare del canone relativo a quella concessione.
Tutta questa congerie di dati, peraltro, sono solo marginalmente gestiti da voi e vedono la partecipazione di regioni che non hanno alcun interesse a gestire la materia. Quando abbiamo svolto l'audizione dei rappresentanti delle regioni, alla domanda sui tempi da loro previsti per completare la classificazione (visto che in sedici anni non erano ancora riusciti a farla) abbiamo registrato un generico impegno a completare un'eventuale nuova e diversa classificazione in tempi più brevi.
È chiaro che, se manca una previsione legislativa che obblighi le regioni ad effettuare la classificazione entro alcuni mesi, se manca la collaborazione dei comuni, la gestione della materia diventa difficile. D'altra parte, nella sua relazione viene detto con chiarezza che le regioni Emilia-Romagna e Puglia si guardano bene dall'applicare le nuove disposizioni.
Ebbene, credo che sia arrivato il momento di vedere, sulla base delle previsioni del 2007, se non sia il caso di mettere ordine in tutta questa materia delle concessioni.
È vero che il federalismo fiscale destinerà, in qualche modo, la gestione delle risorse ai comuni (a tal proposito, visto che i comuni sono venuti a chiederci aiuto, saremmo disposti a gestire questa materia laddove sussistessero le risorse; diversamente, qualcuno dovrà pur pagare l'attività istruttoria), però è anche vero che una corretta gestione non sarà possibile se non si fa chiarezza sul numero delle concessioni e sulle differenziazioni che sussistono tra aree diverse.
Di fatto, a me risulta - considerando che sono stato eletto in un collegio «balneare» - che esistano, obiettivamente, ristoranti in riva al mare che pagavano il canone come se fossero depositi di ombrelloni. Viceversa, è altrettanto vero che in alcune aree del nostro Paese esistono strutture inamovibili che offrono solo un servizio bar con la possibilità di sedersi, senza implicare un'attività di ristorazione. Se queste strutture venissero conteggiate come se si trattasse di servizi di ristorazione, pagherebbero canoni insopportabili, in considerazione del fatto che la gran parte di esse, in realtà, apre per due mesi, mentre per il resto dell'anno resta chiusa.
In definitiva, credo che proprio da qui provenga la richiesta dei nostri colleghi di mettere un po' d'ordine in questa materia, altrimenti il disallineamento che rileviamo non ci porterà da nessuna parte.

IGNAZIO MESSINA. A proposito del contenzioso, vorrei sapere se il demanio ha a disposizione una ripartizione del contenzioso tra concessioni che hanno ad oggetto pertinenze demaniali e concessioni che non ne hanno. Vorrei capire, in proporzione, se la mole di contenzioso che emerge, compresa quella relativa ai mancati pagamenti, sia più incisiva sul settore delle pertinenze, piuttosto che sull'altro.


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Questa informazione serve anche per verificare il dato economico.

PRESIDENTE. Signor direttore, vorrei porle una domanda aggiuntiva. Adesso che sfoglio le mie carte, vedo che il giudice del tribunale di Sanremo ha rinviato alla Corte costituzionale la verifica dell'ipotesi di violazione della Costituzione in seguito all'applicazione della legge che prevede una ridefinizione dei canoni demaniali. Le chiedo se avete avuto notizia di questa vicenda.
Naturalmente, essa aggiunge un ulteriore elemento di preoccupazione, poiché la normativa legislativa è di competenza del Parlamento. Sarebbe veramente improprio, se intervenissero la Corte costituzionale o i tribunali ordinari a gestire tale questione.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Sostanzialmente, si tratta della legge finanziaria 2007?

PRESIDENTE. Sì, sto parlando di un'ordinanza contro il comune di Sanremo, che vede coinvolte l'Agenzia del demanio, l'Agenzia delle entrate e la regione Liguria, in cui praticamente - a me è pervenuta il 13 gennaio del 2009 - il giudice ritiene che sussistano gli elementi per sollevare una questione di legittimità costituzionale del comma 251 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006 n. 296.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Non ci è ancora pervenuta.

PRESIDENTE. Gliene trasmetterò copia.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Ringrazio l'onorevole Strizzolo. Onorevole Vannucci, lei ha qualificato «minimalista» l'analisi, con riferimento ai dati riportati nelle tabelle...

MASSIMO VANNUCCI. Non l'analisi, ma gli effetti degli aumenti...

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Si tratta di dati oggettivi, che abbiamo ritenuto potessero essere utili. Certamente, non è compito dell'Agenzia del demanio entrare nel merito se siano adeguati o meno alle capacità contributive e reddituali dei singoli imprenditori.
È evidente che, per quanto attiene alle pertinenze demaniali, quindi alle destinazioni commerciali, il raffronto tra il periodo antecedente alla legge finanziaria 2007 e quello successivo è rilevante.
Si passa da 3.000 a 30.000 euro all'anno, con un aumento di dieci volte e, come demanio, ne prendiamo atto. Questi sono gli effetti della legge e non sta all'Agenzia del demanio stabilire se sia giusto o meno.
Come ex operatore della Guardia di finanza, invece, mi viene da dire che bisognerebbe capire se i dati siano comparabili; occorre chiedersi se sia sbagliato il 30.000 oppure il 3.000.
Per accertare ciò, in un'indagine di polizia tributaria, si andrebbe a controllare, nella zona, gli altri stabilimenti che esercitano la medesima attività fuori dal demanio marittimo, visto che ce ne sono, al di là della strada, che sorgono su proprietà private.
Forse, questa sarebbe un'analisi da far compiere alla Guardia di finanza. Bisognerebbe capire qual è la redditività degli altri stabilimenti. Sarebbe inoltre interessante verificare - dal momento che è possibile il trasferimento, cioè la vendita, delle concessioni - quali siano i valori di trasferimento sia delle concessioni che insistono sul demanio marittimo, sia delle attività commerciali che sono ai margini del demanio marittimo.
Tutto ciò esula assolutamente dal mio ruolo e si tratta di considerazioni di carattere assolutamente personale: non c'è dubbio che esista questa grossa differenza, tuttavia mi chiedo se fosse più corretto che il ristorante sulla spiaggia, prima, pagasse 3.000 euro l'anno, o se sia più corretto, ora, che ne paghi 30.000.
Bisogna considerare la validità dei dati. Esistono varie attività di ristorazione: il


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piccolo bar che vende i ghiaccioli e la Coca-Cola, ma anche il ristorante di classe. Se 3.000 euro l'anno è un canone adeguato, indubbiamente il salto è notevole. Se non lo è, si deve concludere che, in passato, è stata operata una sottostima.
È questo, credo, il tema di fondo che il legislatore deve affrontare e valutare.
Non c'è dubbio che le associazioni di categoria non vogliano accollarsi spese per l'utilizzo di beni statali, come ognuno in Italia. Il principio di fondo del Paese, mi pare, è che nessuno vuole pagare un solo euro per l'utilizzo dei beni dello Stato. Ciò è vero sia in generale, sia per questa situazione. Queste sono constatazioni che esulano dal mio compito e che derivano dall'attività svolta.
L'onorevole Vannucci affermava che l'aumento per le pertinenze si contraddice con il gettito. Mi pare che la stessa osservazione sia stata ribadita anche dall'onorevole Messina.
Indubbiamente, tra il 2005 e il 2008 è intervenuta, innanzitutto, la modifica normativa della legge finanziaria, che riguarda essenzialmente le pertinenze marittime a destinazione commerciale nonché, in modo uniforme, l'abolizione dal tabellare della categoria C. Quindi, si è verificato un passaggio di classe: tutti i canoni che prima erano ragguagliati al tabellare della categoria più bassa, sono stati fatti salire alla categoria B, con un automatismo che ha riguardato tutte le concessioni che non costituiscono pertinenza.
Indubbiamente è stata condotta anche un'attività di vigilanza da parte dell'Agenzia, degli enti gestori e delle capitanerie di porto, che ha portato a evidenziare mancati pagamenti e, quindi, mancati introiti. In termini di effettività di introito (cioè, non si tratta di dati stimati) abbiamo rilevato questi dati - in assenza di una banca dati uniforme dalla quale attingere - dalle Agenzie delle entrate. Siamo andati a vedere, nel capitolo 2612, quali somme erano state introitate. Quindi il dato contabile è effettivo: non previsionale, bensì consuntivo.
L'onorevole Vannucci ha parlato del protocollo, chiedendo una simulazione dei suoi effetti. Siamo venuti a conoscenza del protocollo, sostanzialmente, dalla stampa. Non è avvenuto un coinvolgimento dell'Agenzia del demanio. Il protocollo ci è stato trasmesso come proposta che abbiamo esaminato, ma non abbiamo fatto assolutamente simulazioni.
Ci siamo espressi in termini generali, non abbiamo fatto proiezioni e simulazioni, anche perché sapevamo che era in corso una revisione normativa. Tuttavia, se il protocollo andrà avanti negli attuali termini, saremo in grado di fare una simulazione, nei limiti del possibile.
L'onorevole Graziano ha dichiarato di avere presentato un'interrogazione sul SID al Ministero dell'economia e delle finanze. Credo che il destinatario, onorevole, non sia quest'ultimo, poiché il SID è gestito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Quindi, ho l'impressione che il Ministero dell'economia e delle finanze poco ne sappia, se non in termini di richieste di esborso per il finanziamento del sistema.
Facciamo parte, per il protocollo che l'ha istituito, di un tavolo di lavoro che si chiama GOL, mi pare, cioè Gruppo Operativo di Lavoro. Abbiamo da poco, credo, avuto il collegamento a livello territoriale, con conseguente possibilità di accesso per filiale. Non so se questa possibilità sia estesa anche a regioni e comuni. Non credo.

STEFANO GRAZIANO. Il sistema prevede un centro operativo nazionale e uno locale. Ai centri operativi locali sono agganciati sia il sistema degli enti locali, sia le agenzie e le capitanerie territoriali.
Il tema è il funzionamento del sistema.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Non abbiamo estratto alcuno dei dati indicati nella relazione dal sistema informativo, perché si tratta di un sistema non aggiornato, che comunque non contempla una serie di dati, ricordati anche dal presidente Conte.
Abbiamo rilevato il numero delle concessioni dalle richieste fatte ai comuni.


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Abbiamo sommato le risposte dei comuni e siamo arrivati a 28.000.
Non so come fossero state rilevate le 14.000 concessioni del 2005 richiamate dal presidente Conte. Tuttavia, mi dicono che, in effetti, il dato di 14.000 è stato indicato nel 2005, ma su una base di rilevamento del 1999. Ignoro quale sia il numero esatto.
Ripeto che abbiamo richiesto i dati ai comuni e, facendo la sommatoria di quanto i comuni ci hanno segnalato, siamo arrivati a contare 28.000 concessioni. Probabilmente è un dato per difetto, poiché non tutti i comuni ci hanno risposto. Questa è la nostra base di rilevazione.
Per quanto riguarda le entrate, ci siamo riferiti all'apposito capitolo dell'Agenzia delle entrate.
Alla domanda su quale sia la soluzione per valorizzare le procedure, credo che la risposta debba essere fornita più propriamente dal Ministero delle infrastrutture e trasporti. Da quanto ci risulta, il sistema non è attuale e necessita ancora di una serie di investimenti consistenti.

STEFANO GRAZIANO. A mio avviso, ci troviamo nel cuore del problema. Se non c'è la conoscenza del sistema che governa la logica delle concessioni, di conseguenza non c'è neppure tutto il resto.
Lei ha detto, giustamente, di avere eseguito semplicemente una summa, sulla quale il presidente Conte - forse anche sul precedente dato di 14.000 concessioni - potrà dire qualcosa in più, essendo parlamentare di lungo corso.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Dovrebbe esistere una banca dati unitaria, che tutti debbono alimentare. Questo è il problema di fondo, che ho cercato di esporre più volte.
Al di là della revisione dei canoni - sulla quale il Parlamento è sovrano e riguardo alla quale è il legislatore a decidere che cosa fare - mi permetto ancora di raccomandare, se possibile, di prevedere in questa revisione normativa alcuni obblighi di coordinamento: tutti devono fornire i propri dati e coordinarsi reciprocamente.
Diversamente, non potremmo che andare avanti usando il condizionale. Ho usato i verbi al condizionale non per timore, ma perché tale è la situazione. Il SID potrebbe veramente divenire la banca dati centrale, alla quale tutti potrebbero attingere e che tutti dovrebbero alimentare, completa in tutte le sue componenti: tipo di concessione, nome del concessionario, durata delle concessioni, canoni applicati.

IGNAZIO MESSINA. Mi chiedo se non sarebbe opportuno, a questo punto, sottrarre alla disponibilità del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con un intervento, la gestione del SID, per passarla direttamente al demanio, vista l'attuale assoluta inefficienza.
Inoltre, sarebbe interessante sapere, vista l'inutilità di questo sistema da voi denunziata, quanto è costato tutto questo ai cittadini italiani in questi 16 anni, cioè dal 1993 a oggi.

PRESIDENTE. È costato 350 miliardi di lire...

IGNAZIO MESSINA. Sarebbe dunque opportuno intervenire per eliminarlo, visto che non serve, oppure per renderlo efficiente e farlo gestire a chi è in condizione di farlo, con i dati. Francamente, quanto lei prima evidenziava - e che il collega Graziano ha inserito nell'interrogazione - è veramente allarmante. Viaggiamo su dati improvvisati, comunicati dai comuni, quindi di fatto - chi parla è stato sindaco di una città di mare come Sciacca, in Sicilia - in situazioni comunque di difficile controllo. I dati che possono arrivare dai comuni, secondo me, sono frammentari e poco validi. Sostanzialmente, sembra ci si trovi di fronte al solito sistema un po' «all'italiana»: non risolviamo il problema e aumentiamo le tariffe. Il che, devo dire francamente, non credo ci porterà a nulla di buono.
Se non disponiamo dei dati, non possiamo capire di cosa parliamo. Sarebbe importante, a monte, affidarsi a chi i dati è in grado di utilizzarli, lavorarli e condurli


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a buon fine. Alla fine, credo che ciò avvantaggerà tutti e perfino quel 3.000 o 30.000 diventerà più comprensibile.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Onorevole, non ho conoscenza dello stato di attuazione del sistema informativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che è uno degli attori più importanti in tema di demanio marittimo. Un trasferimento di competenze di questo tipo mi sembrerebbe punitivo. Non lancio alcun atto di accusa nei confronti di quel Ministero, anche perché nella precedente audizione ho avuto dei ritorni, in termini di posizioni, con il Ministero della Difesa. Sono semplicemente abituato a dire la verità, perché credo che sia la strada maestra e che sia, soprattutto, utile.
Non abbiamo contezza della situazione attuale del SID: occorre sentire il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, sicuramente, potrà indicare tutte le necessità per renderlo effettivamente operativo.
L'onorevole Fogliardi ha fatto riferimento a una normativa che era intervenuta per l'acquisizione da parte dei privati di aree demaniali, sia in concessione che libere, con possibilità di condonare e di acquisire in proprietà i manufatti. Questa tematica riguarda il demanio marittimo in generale, più che quello a destinazione turistico-ricreativa.
L'Agenzia del demanio procede - è abbastanza di routine - all'attività di sdemanializzazione, ove ne sussistano i presupposti. Quindi, nei casi in cui sia effettivamente intervenuto un processo di condono e l'area non si ritenga più essenziale all'uso come demanio marittimo, sono state completate numerose procedure di sdemanializzazione.
Lei sa, peraltro - ne ho parlato nella precedente audizione - che i casi di abusivismo sono estremamente diffusi. Citavamo una situazione ben nota al presidente Conte: lungo la costa laziale ci sono quattordici chilometri di costruzioni ininterrotte, che sono a metà fra il demanio marittimo, i beni dello Stato e il terreno privato. Sono tutte costruzioni realizzate con regolare licenzia edilizia, pur insistendo su beni del demanio marittimo e che hanno, nel tempo, formato oggetto di regolari trasferimenti di proprietà registrati dai notai. Questa è la situazione, e le ho citato il caso meno eclatante. Nella precedente relazione abbiamo citato due esempi: le vasche di San Sebastiano, in cui si trovano città intere costruite su beni demaniali, in buona fede, poiché tutti i comuni hanno dato la licenza edilizia. Sono un numero infinito: abbiamo eseguito un conteggio, in base al quale, per procedere alla regolarizzazione delle sole vasche di San Sebastiano, occorrono diciotto anni.
Ci sono altre situazioni di questo tipo e quindi, man mano, dove ci sono i presupposti, stiamo procedendo. Si tratta, veramente, di gocce nell'oceano.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. La ringrazio, signor direttore. Il mio intervento mirava ad avere una sua valutazione. Personalmente, ritengo che lo Stato debba conservare i beni il più possibile e ne debba trarre congrue remunerazioni, poiché le attività turistico-ricettive che si affacciano sulle fasce demaniali possono permettersi, seppur nel controllo, di poter pagare le concessioni.
Non conoscevo casi così eclatanti come quelli citati, ma intendevo chiedere che venisse posto un freno, poiché, a mio giudizio, da qualche parte si era approfittato della normativa per arrivare a usufruire di situazioni particolari, laddove magari si potevano trovare combinazioni di tipo diverso. Da questo punto di vista, che almeno l'agenzia detenga l'effettivo controllo, perché per
convinzione personale, ritengo che al vendere sia preferibile la riscossione di canoni di concessione cosicché i beni in aree di particolare pregio, il più possibile, rimangano di proprietà dello Stato.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Signor presidente, credo di aver risposto a tutti i quesiti che mi sono stati posti. Non so se ho tralasciato qualche punto.


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L'incremento dei canoni dipende, per una parte, dal nuovo regime sulle pertinenze demaniali e per altra parte dall'abolizione della categoria C.
Questa, secondo noi, è la motivazione dell'incremento verificatosi tra il 2005 e il 2008, a cui si affianca l'esito dell'attività di vigilanza, che è stata condotta congiuntamente con gli enti gestori e le capitanerie di porto.

IGNAZIO MESSINA. Le domando se possiamo avere un quadro sul contenzioso.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Il contenzioso relativo all'attività turistico-ricreativa rappresenta il 20 per cento del totale...

PRESIDENTE. Su quello che si conosce...

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Sui 680 contenziosi da noi rilevati, il 20 per cento attiene alla destinazione turistico-ricreativa; il rimanente 80 per cento è riferito a casistiche varie.

PRESIDENTE. Ringraziamo il direttore per la sua ampia esposizione. Ci ha lasciato tanti problemi da risolvere e approfondire. Cercheremo di fare del nostro meglio.
Pregherei il direttore e i suoi uffici di provare a eseguire una simulazione, rispetto all'idea di modifica (tenendo presenti le necessità di rientrare nelle previsioni di gettito). Pregherei inoltre il direttore di formulare una proposta, se possibile, per capire come potrebbe funzionare meglio il sistema, indicando le eventuali necessità dell'Agenzia al fine di rendere più chiaro il quadro complessivo delle concessioni, così da mettere l'amministrazione in condizione di poter riscuotere i canoni nonché i concessionari e i comuni di conseguire certezze in relazione alla garanzia di un corretto funzionamento sia della struttura dello Stato, sia del mercato del turismo nel suo complesso.
Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata (vedi allegato).
Dichiaro chiusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,45.


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