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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VI
17.
Mercoledì 23 settembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

Audizione del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, Raffaele Ferrara, sulle problematiche relative all'operatività dell'Amministrazione (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 7 10 16 18 20 22 23 24 25 26
Bragantini Matteo (LNP) ... 7
Carducci Fabio, Direttore centrale per l'organizzazione e le risorse dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ... 22 24
D'Antoni Sergio Antonio (PD) ... 8
Di Pietro Concetta Anna, Dirigente ufficio integrazione funzionale e controllo operativo dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ... 23
Ferrara Raffaele, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ... 3 14 16 18 20 22 24 25
Fluvi Alberto (PD) ... 10
Graziano Stefano (PD) ... 10
Ventucci Cosimo (PdL) ... 9 22
Zarrilli Canio, Dirigente ufficio tabacchi lavorati dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ... 24

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ... 29
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 23 settembre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 14,45.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, Raffaele Ferrara, sulle problematiche relative all'operatività dell'Amministrazione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, Raffaele Ferrara, sulle problematiche relative all'operatività dell'Amministrazione.
Sono presenti il dottor Raffaele Ferrara, direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, il dottor Antonio Tagliaferri, direttore centrale della direzione per i giochi, il dottor Fabio Carducci, direttore centrale della direzione per l'organizzazione e le risorse, il dottor Canio Zarrilli, dirigente dell'ufficio tabacchi lavorati, la dottoressa Concetta Anna Di Pietro, dirigente dell'ufficio integrazione funzionale e controllo operativo, e il dottor Michele Giannarelli, dirigente dell'ufficio relazioni esterne.
Do quindi la parola al direttore Ferrara, che ringraziamo per la sua presenza.

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Ringraziamo il presidente e i componenti la Commissione per aver voluto ascoltare la voce di una delle amministrazioni attualmente al centro dell'attenzione, dal duplice punto di vista normativo e operativo.
Tutto il comparto che interessa l'Amministrazione dei monopoli, in particolare i giochi, ha subito, a partire dal 2003, una radicale trasformazione, che ha avuto ripercussioni anche sull'assetto organizzativo. Il settore dei tabacchi, invece, pur se recentemente attraversato da correnti riformatrici, sulla spinta di esigenze anche comunitarie, è più consolidato nel tempo.
Dal 2003, dunque, il mondo dei giochi è stato interessato da una importante svolta. Il legislatore ha preso atto, infatti, del dilagante fenomeno dell'illegalità nel settore dei giochi, invertendone il trend. Ciò ha incrementato l'azione di capillare controllo sul territorio delle fasi e degli operatori di gioco, ma soprattutto - e questo è stato l'elemento vincente - ha reso competitivo il sistema legale rispetto a quello illegale. Ha fatto in modo, cioè, che sia gli operatori sia i giocatori potessero avere convenienza a preferire il gioco lecito a quello illecito.
Il legislatore ha quindi operato su due leve, coinvolgendo anche gli operatori.
Manovrando la prima, ha reso più appetibile per i giocatori il ritorno economico delle giocate. È stato quindi adeguato agli standard europei il cosiddetto payout, cioè la quota di raccolta che viene redistribuita ai vincitori. Il settore che ha reso e rende ancora oggi di più, in termini di gettito erariale, è quello degli apparecchi,


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delle macchinette, delle new slot. A partire dall'anno 2003 è stato attribuito alle vincite un ritorno non inferiore al 75 per cento del massimo della raccolta. Ciò ha incentivato i giocatori a preferire il gioco legale.
Il legislatore ha poi agito sulla leva fiscale, garantendo indubbi benefici anche all'erario. Le aliquote del prelievo erariale unico, che all'origine erano intorno al 13,5 per cento, sono state gradualmente adeguate.
Tali misure hanno fatto in modo che sia gli operatori di gioco sia i giocatori considerassero più conveniente, più certo, più sicuro, il canale legale. I numeri parlano chiaro: nel 2003 la raccolta del gioco non era superiore ai 15 miliardi di euro; nel 2008 - ma i dati riferiti al 2009 sono ancora migliori - supera i 47 miliardi di euro (più di tre volte il dato iniziale). Peraltro, come testimoniato anche da una recente ricerca del Censis, il miglioramento della raccolta non è da ricondurre a una maggiore propensione al gioco rispetto al passato ma, fondamentalmente, all'emersione del gioco illegale (o di parte di esso).
Il nuovo assetto ha coinvolto sempre più tutte le componenti del mondo dei giochi, e l'Amministrazione si è vista costretta a inseguire un'evoluzione per certi aspetti inaspettata. La fase di emergenza nasce nel 2003, ma prosegue anche in questi anni.
Recentemente, l'incremento delle giocate è stato messo in relazione con la crisi economica che interessa anche il nostro Paese. In realtà, la menzionata ricerca del Censis ha dimostrato l'infondatezza di alcuni miti: non sono le classi più povere quelle che giocano di più; al contrario, si gioca di più nelle zone ricche. La zona in cui si gioca di più è Pavia; quella dove si gioca di meno è Enna.
Se sotto questo profilo alcune dinamiche sono state chiarite, non si devono sottovalutare i rischi sempre sottesi a una crescita significativa e imprevista, ovverosia quelli di un sensibile aumento del gioco patologico. Anche da questo punto di vista i dati dimostrano che siamo ancora nella fisiologia, giacché i giocatori patologici sono non più del 3 per cento di quelli che giocano sistematicamente. Tale percentuale, per quanto rilevante, è ancora contenuta. Per inciso, sempre secondo il Censis, circa il 30 per cento della popolazione ha giocato almeno una volta.
Il legislatore si è fatto e si sta facendo carico di tale problematica, nonché di quella, connessa e forse ancora più delicata, della tutela dei minori. Nella legislazione comunitaria recentemente emanata, nella quale è stata affrontata per la prima volta in modo organico la disciplina del gioco on line, sono previste specifiche disposizioni per garantire ai minori una maggiore tutela rispetto alla dipendenza patologica dal gioco.
Ciò premesso, è il momento di prendere atto che il mondo del gioco costituisce, attualmente, un comparto economico di primaria importanza. Tale affermazione è suffragata da molteplici elementi. Si è già avuto modo di accennare che i giochi esercitano attrazione su un'ampia fascia di popolazione. Si consideri, poi, che valori intorno ai 47 o 48 miliardi di euro di raccolta equivalgono a 3 punti di PIL. Inoltre, il settore conta circa 1.600 aziende dell'industria e dei servizi avanzati e, avendo riguardo anche all'intera filiera distributiva, dai 100.000 ai 130.000 addetti. Infine, il Censis rileva, da un lato, come nel settore del gioco si investa in ricerca e sviluppo lo 0,6 per cento del fatturato (contro una media degli altri settori dei servizi dello 0,3 per cento) e, dall'altro, come gli occupati, per il 20 per cento laureati, siano altamente qualificati e, quindi, vantino una professionalità ben definita. Ve n'è abbastanza, credo, per sostenere che siamo in presenza di un comparto centrale nel sistema economico nazionale, la cui valenza strategica risulta attestata anche dal recente ingresso di alcune associazioni nell'area di Confindustria.
La disciplina organica della materia dei giochi deve tener conto delle esigenze dell'Amministrazione. La vicenda del gioco on line e le recenti esperienze normative hanno dimostrato la validità del sistema


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italiano, spesso messo in discussione in quanto ancora incentrato sul monopolio e, di conseguenza, sullo strumento concessorio e sulla centralità dello Stato. Insisto spesso su questo aspetto, che considero la vera chiave di volta per dare stabilità al sistema.
Vi sono spinte, eccessivamente liberalizzatrici, per passare dalla fase concessoria a quella autorizzatoria, ma il legislatore ha ripetutamente ribadito, con i propri interventi normativi, di essere assolutamente contrario. Dello stesso avviso è tutta l'Amministrazione: gli interessi in gioco sono troppi, troppo delicati e interconnessi. Viene in rilievo, innanzitutto, la tutela della sicurezza pubblica. Recenti indagini di polizia giudiziaria hanno rivelato l'interesse della criminalità organizzata per il mondo dei giochi, considerato idoneo, evidentemente, sia per riciclare il denaro proveniente dalle attività illecite sia per investirlo. Vi sono, inoltre, esigenze di tutela delle fasce deboli (quindi, dei minori e dei ludopatici) e, più in generale, dei consumatori e degli interessi erariali.
A fronte di 47-48 miliardi di euro di raccolta, l'erario ha incassato, l'anno scorso, 7 miliardi e 400 milioni di euro. Si tratta di un gettito che cresce in modo esponenziale. I dati del 2009 sono ancora migliori, perché i tendenziali attestano una crescita della raccolta fino a 50-51 miliardi, senza tenere conto dei provvedimenti straordinari varati con il decreto-legge per l'Abruzzo e con il decreto-legge anticrisi.
Come ho rilevato, nel settore sono coinvolti interessi che esigono una forte presenza dello Stato, il quale non può abdicare alla propria centralità. A tale proposito, siamo riusciti a far comprendere agli organi comunitari che centralità non significa limitazione della libertà o creazione di barriere all'accesso. Si è quindi consolidato, a livello comunitario, il principio secondo il quale il sistema concessorio non impedisce agli operatori degli altri Paesi di svolgere la propria attività in Italia, sia pure accettando le regole monopolistiche che da noi vigono.
Il nostro sistema è stato a tal punto apprezzato che Paesi importanti, quali la Francia e la Norvegia (proprio la settimana scorsa abbiamo ricevuto una delegazione del Governo norvegese), considerano quella italiana un'esperienza degna di attenzione. Con la riforma che si accingono a varare, anche i francesi adotteranno il modello del monopolio aperto agli operatori, che dovrebbe garantire la soddisfazione dell'interesse pubblico e di quello privato.
Desidero menzionare due norme, recentemente approvate dal Parlamento, il cui contenuto mi dà modo di asseverare quanto ho fin qui detto. L'articolo 12 del decreto-legge recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo ha previsto che il settore dei giochi debba assicurare maggiori entrate non inferiori a 500 milioni per il 2009. Sono stati adottati tutti i conseguenti provvedimenti, per cui contiamo di realizzare anche tale obiettivo. Inoltre, l'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2009, recante provvedimenti anticrisi, ha previsto, con il pieno consenso dell'Amministrazione, che siano avviate, al termine della concessione vigente, le procedure occorrenti per conseguire tempestivamente l'aggiudicazione della concessione relativa alla raccolta delle lotterie nazionali ad estrazione istantanea (il famoso «Gratta e Vinci») e differita, anche a distanza. Ebbene, le previsioni di entrata, solo per la gestione della gara, sono particolarmente significative: si stimano 500 milioni di introiti per il 2009 e 300 milioni per il 2010.
Al di là del trend crescente, che era stato assicurato anche attraverso la revisione delle aliquote del prelievo erariale unico sulle new slot, operata dalla legge finanziaria per il 2009 (la misura sta producendo importanti benefici, giacché si rilevano crescite significative di gettito), siamo ottimisti anche per quanto riguarda le predette forme di gettito erariale, aggiuntive rispetto a quelle previste dalla legge finanziaria. Il mondo dei giochi deve essere governato, e l'impegno dell'Amministrazione è, da questo punto di vista,


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totale. Stiamo cercando di affrontare tempestivamente anche le emergenze sopravvenute. Poiché abbiamo rispettato, finora, tutte le scadenze che il legislatore ha stabilito, confidiamo di continuare a dare risposte positive sotto questo profilo.
L'altro settore di cui ci dobbiamo occupare è quello delle accise sui tabacchi. Il mondo dei tabacchi, che, come ho detto, è più consolidato - oggi più di ieri -, presenta tuttavia profili di delicatezza. Spesso si è guardato ad esso - lo hanno fatto i Governi che si sono succeduti alla guida del Paese - come a una fonte di maggiori entrate. Il trend è nel senso di una costante contrazione della vendita e del consumo di tabacchi. Tuttavia, a fronte di tale fenomeno, positivo sotto il profilo della tutela della salute pubblica, la politica dei prezzi ha determinato non soltanto un assorbimento degli effetti dei predetti decrementi, ma anche maggiori entrate: accise e Iva sui tabacchi crescono di poco, pur a fronte di una sensibile riduzione delle vendite. Fino ad agosto di quest'anno è stata registrata una riduzione delle vendite del 2,7 per cento rispetto al 2008, che aveva già fatto registrare un decremento del 3 per cento rispetto all'anno precedente.
Si osserva, quindi, una costante flessione delle vendite. Per quale motivo, allora, crescono gli introiti?
In materia di tabacchi, vige la completa liberalizzazione per quanto riguarda sia la produzione sia la grande distribuzione. Si mantiene, invece, il regime di monopolio per quanto riguarda la vendita al dettaglio (prevalentemente, le tabaccherie). Resta fermo, naturalmente, il controllo sulla corretta composizione del prodotto, sui suoi costituenti, nonché (ai fini anche erariali) sui depositi fiscali nei quali viene stoccato prima dell'immissione in consumo.
Il gettito è influenzato dalla leva fiscale e dal prezzo (che è determinato dal mercato dei grandi produttori, concentrato in quattro o cinque multinazionali). La tendenza, anche a livello comunitario, è quella di rivedere il sistema di tassazione, incrementando il livello delle accise. Oggi, è rimessa ai singoli Stati membri la determinazione dell'aliquota di base delle accise, sia pure con parametri minimi di riferimento fissati dall'Unione europea. Ad esempio, sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta l'aliquota di base non può essere inferiore, secondo la normativa europea, al 57 per cento del prezzo di vendita. A livello nazionale, l'Amministrazione dei monopoli ha fissato l'aliquota minima al 58,5 per cento del prezzo di vendita. Aggiungendo l'Iva, l'imposizione fiscale sulle sigarette incide per circa il 75 per cento sul prezzo definitivo di vendita.
Elevando le accise, si produce automaticamente un aumento dell'Iva, calcolata sulla somma di tutte le altre componenti, e il produttore, che deve recuperare il maggior costo, aumenta il prezzo di vendita.
L'aumento indiscriminato del prezzo di vendita determina il fenomeno che sta interessando Italia e Slovenia, ma che in passato ha riguardato anche Francia e Spagna. Negli anni 2003-2004, la Francia adottò una politica di determinazione delle aliquote particolarmente aggressiva, che produsse aumenti sistematici del prezzo delle sigarette. Ciò determinò una clamorosa contrazione del mercato francese, a beneficio di quello spagnolo, che invece manteneva prezzi più bassi. Si assistette, quindi, a un afflusso dal mercato spagnolo a quello francese. In Italia, in questi primi mesi del 2009, si sta verificando un fenomeno analogo: poiché in Slovenia il prezzo delle sigarette è decisamente più basso che in Italia, si registra un ricorso a quel mercato come succedaneo rispetto al nostro.
La materia è particolarmente delicata. A livello comunitario, ci stiamo adoperando affinché si affermi una posizione che ha il sostegno non soltanto del nostro Paese, ma anche della Francia, della Grecia e del Portogallo. Politiche aggressive possono determinare incrementi dei prezzi così alti da favorire il contrabbando. In questo scorcio di anno, si assiste a una significativa recrudescenza di tale fenomeno, cui si accompagna quello della contraffazione, nuovo rispetto al passato e


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ancora più pericoloso, perché ha implicazioni di carattere sanitario. Come ho recentemente dichiarato anche alla Federazione dei tabaccai, mentre il contrabbando è un mercato parallelo, e non può introdursi facilmente nel canale legale, per la contraffazione si verifica il fenomeno che riscontravo quando, da ufficiale della Guardia di Finanza, mi occupavo dell'oro: la ricettazione avveniva mediante le oreficerie tradizionali, per cui era difficile capire se si trattasse di prodotti originali o contraffatti. Tale fenomeno è, dunque, ancora più pericoloso e insidioso.
Le politiche attuate fino ad oggi dai Governi hanno fatto in modo che il gettito continuasse ad essere leggermente crescente. Si parla sovente dell'incidenza dei giochi, ma i tabacchi assicurano all'erario un gettito notevole: l'anno scorso ha superato i 13 miliardi, quasi il doppio del gettito giochi, e ad agosto di quest'anno aveva raggiunto i 9 miliardi di euro. In tale settore, quindi, ogni manovra deve essere calibrata attentamente, per le conseguenze che ne possono scaturire sotto svariati profili: della salute pubblica, dell'erario e anche sociale.
In materia di tabacchi, l'Amministrazione ha una competenza generale di regolazione del sistema, anche alla luce delle novità intervenute in tema di liberalizzazioni. Pur essendo preposta alla gestione degli aspetti tributari dell'eventuale fenomeno illecito, l'Amministrazione non dispone di strutture investigative. L'azione investigativa è efficacemente svolta dalla Guardia di Finanza, con la quale possiamo collaborare, senza avere, tuttavia, risorse e capacità operative da impiegare in un settore che pure necessita di controlli, al pari di quello dei giochi.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

MATTEO BRAGANTINI. Prima di porle le mie domande, direttore, desidero ringraziarla per avere illustrato l'attività dei Monopoli.
L'articolo 1 del decreto-legge n. 149 del 2008 aveva disposto che la gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale, tra i quali il Superenalotto, continuasse ad essere assicurata dal concessionario non oltre il 1o luglio del 2009. In seguito, il Parlamento ha approvato altri provvedimenti che hanno introdotto modifiche nella disciplina in materia di giochi. Vorrei sapere se la gara per l'assegnazione del gioco del Superenalotto sia stata bandita.
In occasione dell'esame del disegno di legge comunitaria per il 2008 era stata avanzata una proposta molto interessante, che è stata respinta nel corso dell'esame in sede referente presso il Senato: realizzare un unico portale di accesso al gioco on line gestito dall'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Vorrei sapere se si stia ancora lavorando a tale ipotesi.
Nell'ambito delle lotterie istantanee, è necessario trovare una soluzione per evitare le patologie e tutelare i minori. Spesso, infatti, i «Gratta e Vinci» vengono venduti anche ai minori: può darsi che debbano soltanto portarli ai genitori insieme alle sigarette, ma anche queste ultime non dovrebbero essere vendute ai minori. A mio avviso, è necessario risolvere anche questo problema.
Per quanto riguarda i tabacchi, sebbene sia fumatore, mi rallegro della diminuzione delle vendite. Alcuni affermano che le maggiori spese sanitarie sono compensate dagli introiti derivanti dalle accise e dall'Iva sui tabacchi. Tuttavia, tali valutazioni non mi sembrano attendibili. Probabilmente, i costi sanitari e sociali connessi al fumo sono, per lo Stato, superiori al gettito assicurato all'erario. È necessario, quindi, stare attenti: anche se il gettito diminuisce per effetto dell'aumento delle accise, lo Stato dovrebbe considerare più importante la diminuzione del numero dei fumatori.
Per quanto riguarda la vendita di sigarette a mezzo di dispositivi automatici, era stato stabilito che prima di una certa ora i distributori non dovessero funzionare; tuttavia, per impedire ai minori di utilizzarli, sono stati creati disagi ai fumatori maggiorenni. Ho notato che in altri Paesi, ma anche in Italia, ad esempio, nell'aeroporto di Venezia, le sigarette si


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possono acquistare presso i distributori automatici a condizione che si inserisca negli stessi, per dimostrare di essere maggiorenni, un documento di identità o la patente elettronica. Ebbene, tali modalità di utilizzo potrebbero essere estese a tutti i distributori.
Tornando al settore dei giochi, ricordo che era stato proposto di disattivare le new slot il cui collegamento con la rete telematica risultasse interrotto; ciò al fine di evitare che le stesse fossero disconnesse dalla rete per essere utilizzate illecitamente, come avvenuto nei numerosi casi che hanno dato origine alle famose maxi penali (che speriamo di incassare almeno in parte).
Vorrei sapere, infine, come sia strutturata l'Amministrazione sul territorio e quanti dipendenti abbia.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Innanzitutto, anch'io ringrazio il direttore Ferrara per le informazioni e per la lucida analisi.
Poiché egli ha fornito indicazioni generali, vorrei capire come sia stata formulata, più nel dettaglio, la previsione di raccolta di 51 miliardi di euro per il 2009. Suppongo che i 51 miliardi tendenziali (contro i 47 del 2008, dato ormai acquisito) costituiscano il totale della partita relativa ai giochi. Sarebbe interessante, tuttavia, capire cosa cresca e cosa no. Sicuramente l'Amministrazione avrà effettuato studi per individuare i settori bisognevoli di potenziamento.
In secondo luogo, desidererei sapere se l'Amministrazione consideri necessaria una legislazione compiuta e organica in materia di giochi, in luogo dello stillicidio di interventi normativi al quale si assiste da tempo (ne sono stati citati tre o quattro solamente nell'ultimo anno). Ritengo che procedere per step successivi, nell'intento di mettere ordine nella materia e, nel contempo, di promuovere la battaglia contro l'illegalità, non soltanto rappresenti un errore, ma induca anche un senso di incertezza negli operatori. Questo rincorrersi delle norme finisce, invece, per garantire privilegi e per spingere verso un certo tipo di gioco piuttosto che verso un altro. Sotto questo profilo, emerge il problema di conciliare il mercato con il monopolio.
Gli impressionanti montepremi che si sono accumulati questa estate invogliano a partecipare di più al gioco, ma appaiono profondamente diseducativi, sia per il modo in cui trascinano nel gioco i cittadini sia perché chi vince grosse somme, in genere, perde la testa. Ad agosto, quando sono stati vinti 145 milioni di euro al Superenalotto, si è svolta una discussione, anche sulla stampa, intorno all'opportunità che, superata una certa cifra, la vincita venga frazionata. Considero doverosa una riflessione al riguardo, perché sono convinto che il sistema attuale sia molto diseducativo.
Stamani ho appreso dai giornali di una nuova lotteria, con la quale, anziché vincere un milione in un colpo solo, si vincono 4.000 euro al mese per venti anni. Lo considero più giusto, perché le persone si abituano a un certo introito senza subire il trauma provocato dalla vincita di grosse cifre.
Vorrei capire, inoltre, a quali controlli sia sottoposto il gioco on line, anche dal punto di vista dei rapporti con gli altri Paesi. È noto, infatti, che è possibile giocare on line a qualunque ora e in qualunque parte del mondo, senza alcuna limitazione (ha avuto enorme diffusione, ad esempio, il gioco del poker). Nell'eventualità che si stabilisca di mettere mano a un intervento organico, sarebbe utile conoscere l'opinione dell'Amministrazione sulle modalità con le quali regolamentare la materia, che si presta a incursioni di ogni genere. Lei ha giustamente sottolineato, direttore, l'impegno che l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato profonde nel contrastare il fenomeno del gioco illegale, nel dimostrare che è possibile guadagnare anche senza ricorrere a strumenti illeciti. La materia richiede, comunque, la massima attenzione.
Per quanto riguarda i tabacchi, sono estremamente preoccupato. Anch'io sono un fumatore, ma dobbiamo tutti smettere; anzi, dobbiamo annunciare a chiunque ci


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stia ascoltando che noi smetteremo. Oscar Wilde affermava: «È facilissimo smettere: io l'ho fatto migliaia di volte». Il problema, però, è che i tabacchi assicurano un gettito di 13 miliardi di euro, che sommati ai 7-8 provenienti dai giochi danno un totale di 20-21. Se venissero a mancare, dovremmo approvare una legge finanziaria pesantissima, altro che light!
Il fenomeno della contraffazione desta grande preoccupazione, perché ai rischi per la salute già noti se ne aggiungono altri devastanti. Vorrei sapere, dunque, se la Guardia di Finanza sia all'opera su tale versante, così denso di pericoli per la salute delle persone.

COSIMO VENTUCCI. Ringrazio il direttore Ferrara e tutta l'Amministrazione dei monopoli, anche perché, soprattutto a partire dal 1997, al personale della stessa è toccato il pesante onere di gestire un comparto estremamente delicato, che ha cominciato ad attirare l'attenzione dell'opinione pubblica quando una disposizione della legge finanziaria del Governo D'Alema (Ministro delle finanze era Visco) introdusse il gioco del Bingo.
Da quel momento in poi è avvenuto qualcosa di estremamente importante, che meriterebbe di essere oggetti di studi sociologici: molti di coloro i quali facevano miliardi in maniera illecita hanno capito che lo Stato cominciava a funzionare. Che lo Stato abbia cominciato, nel 1997, a mettere seriamente le mani sul comparto dei giochi è dimostrato, con palmare evidenza, dalla differenza - veramente da capogiro - tra gli introiti del 1997, cioè di appena dodici anni fa, e quelli di oggi. Probabilmente, più d'uno ha ritenuto opportuno mettersi in riga. Ciò è avvenuto anche grazie ai progressi della tecnologia. I componenti la Commissione che, come me, hanno avuto l'onore di partecipare a più legislature, si sono recati più volte nei locali della SOGEI per verificare dal vivo quanto succede in tutti i locali d'Italia collegati alla rete telematica. Rivolgo, quindi, un ringraziamento a tutta l'Amministrazione dello Stato per quanto riguarda la gestione dei monopoli.
Sono perfettamente d'accordo con lei, direttore, per quanto riguarda sia la centralità dello Stato nel settore dei giochi sia la validità del sistema concessorio, e mi fa piacere che anche altri Stati prendano esempio da noi (non sempre siamo gli ultimi; qualche volta siamo anche oggetto di ammirazione). Tuttavia, esprimo preoccupazione per una certa lentezza, anche legislativa (quindi, vi sono responsabilità pure del Parlamento), rispetto alla velocità di azione che l'impresa gioco richiede.
I cinquantuno miliardi di euro che lei, direttore, stima si spenderanno nel gioco, e che porteranno rilevanti introiti allo Stato, sono importanti, ma considero opportuno anche un più stretto raccordo con gli imprenditori del ramo, non soltanto dal punto di vista fiscale, dal momento che entrare nel comparto del gioco significa fare impresa in forma industriale. In altre parole, direttore, dopo aver sbandierato cifre positive, dovremmo adoperarci anche affinché le aziende che le hanno prodotte non siano costrette a chiudere a causa di situazioni anomale. Abbiamo seguito, ad esempio, il provvedimento di Visco sul gioco del Bingo. È inaccettabile che lo Stato pretenda una sala la quale richiede un investimento di 2 miliardi di vecchie lire e, poi, i Vigili del fuoco non concedano il nulla osta per l'inidoneità dell'uscita di sicurezza, ovvero che non si possano installare attrezzature particolari per implementare il sistema; parimenti inaccettabile è la pretesa dell'erario di effettuare prelievi fiscali a titolo di sanzioni comminate in relazione a comportamenti adottati in mancanza di norme (credo che il Parlamento si sia interessato a questo particolare aspetto, sebbene la vicenda sia stata strumentalizzata dagli schieramenti opposti).
Chiederei, dunque, di avere attenzione non soltanto per gli aspetti fiscali del rapporto con le aziende che operano nel settore dei giochi, ma anche per quelli di tipo industriale. Per quanto riguarda i primi, sappiamo che è estremamente importante, tra l'altro, contrastare i fenomeni illegali. Da questo punto di vista, la nostra democrazia dispone di strumenti


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adeguati e di un'efficiente Guardia di finanza. Peraltro, conosciamo bene il mercato del tabacco e la provenienza delle navi e, quindi, sappiamo quali tra esse debbano essere ispezionate.

STEFANO GRAZIANO. Ringrazio preliminarmente il direttore e tutta l'Amministrazione dei monopoli.
Desidero incentrare le mie domande sulla trasformazione in agenzia.
In alcune interviste, l'Amministrazione ha lamentato anche una mancanza di risorse. Vorrei sapere, innanzitutto, quali fattori abbiano pesato maggiormente sulla gestione e, di conseguenza, sui risultati, nonché, in particolare, se le funzioni esercitate siano state in qualche modo condizionate dall'attuale assetto giuridico.
In secondo luogo, desidererei conoscere meglio la situazione del personale e della relativa gestione nelle diverse realtà territoriali.
Nel ragguagliarci in merito al prelievo fiscale sui giochi, si è anche soffermato, direttore, sui risultati delle indagini sociologiche volte a stabilire se il soggetto giocatore appartenga soprattutto alle fasce più povere della popolazione (e sembra che i dati non suffraghino tale conclusione), ma è fondamentale capire il punto di vista dell'Amministrazione dei monopoli su un tema specifico: il prelievo erariale sui giochi aumenterà o diminuirà? Sarebbe utile fare chiarezza al riguardo.
Sarebbe altresì opportuno predisporre un progetto di legge che recasse una regolamentazione organica dei giochi e, più in generale, dedicare, come Parlamento, maggiore attenzione alle problematiche di interesse dell'Amministrazione dei monopoli dello Stato, giacché siamo tutti consapevoli della frammentazione della legislazione di settore.
Infine, gradirei conoscere il punto di vista dell'Amministrazione sull'eventualità di attribuire agli enti territoriali, nella logica del federalismo fiscale, il gettito fiscale di tabacchi e giochi. È possibile ritenere decentrabili i tributi relativi a tabacchi e giochi?

ALBERTO FLUVI. Sarò telegrafico.
Nella sua esauriente introduzione, direttore, ha insistito su un dato di fatto ed ha chiesto anche a noi di considerare il settore dei giochi non come residuale o complementare, ma come un comparto economico rilevante anche per gli interessi dell'erario. Partendo da tale premessa, le chiedo di esprimere la sua opinione in merito alla riflessione che mi accingo a sviluppare.
Con gli ultimi provvedimenti abbiamo introdotto le videolottery (VLT), per la necessità di collegare tutto il sistema alla rete telematica e sconfiggere, in tal modo, il gioco illegale (o, comunque, rendere più appetibile quello legale). Con un provvedimento di poco precedente, però, avevamo chiesto agli imprenditori del settore - sempre allo scopo di fare un ulteriore passo in avanti verso la correttezza, la trasparenza e la legalità - di sostituire le vecchie macchine (non solo nelle sale giochi, ma anche negli altri locali pubblici che se ne erano dotati) con le cosiddette «comma 6». Orbene, nel settore operano diversi soggetti (gestori e concessionari), ma, in base al provvedimento legislativo, le videolottery non sono accessibili ai gestori o, comunque, ai soggetti di dimensioni economiche più contenute, ai quali, tuttavia, avevamo chiesto un consistente investimento per ammodernare le macchine.
Sono convinto che quello dei giochi rappresenti effettivamente un comparto economico rilevante per il Paese, ma ritengo che questo sia un momento di difficoltà per alcuni soggetti, in particolare per i gestori, i quali avevano fatto investimenti e, adesso, si vedono «scavalcati» dall'introduzione delle videolottery, che rischiano di mettere fuori mercato le vecchie macchine, con costi a carico delle aziende. Direttore, desidererei avere un suo chiarimento a tale riguardo.

PRESIDENTE. Se non vi sono altre domande, avrei alcune questioni da porre. Spero di riuscire a farlo in maniera compiuta.
Prendo spunto dalla riflessione proposta dall'onorevole Fluvi, che riguarderebbe, più in generale, l'impostazione


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complessiva del mercato dei giochi. Il Parlamento ha approvato una sorta di norma transitoria per effetto della quale il nuovo sistema delle videolottery non avrebbe comportato l'uscita dal mercato delle macchine «comma 6a», sulla base di una valutazione positiva da parte dell'Amministrazione che tenesse conto anche degli investimenti effettuati.
Proprio per le garanzie di sicurezza che richiede, però, il sistema non può essere affidato a un numero eccessivo di soggetti. In questi anni, abbiamo assistito alla nascita di tante società. Vorrei conoscere la sua valutazione, direttore, in ordine al numero dei provider, ma anche dei distributori delle slot. A mio avviso, in mancanza di una struttura organizzativa radicata sull'intero territorio nazionale, in grado di garantire i controlli, un eccessivo numero di soggetti mette in difficoltà l'Amministrazione. Dovrebbe costituire oggetto di valutazione anche la proliferazione delle macchinette slot negli esercizi pubblici, che rende le stesse di fatto incontrollabili.
Direttore Ferrara, non ritiene che in un mercato maturo sia opportuno indurre i protagonisti a consorziarsi? Ciò consentirebbe all'Amministrazione di confrontarsi con un numero ristretto di soggetti - in competizione tra loro e in grado di garantire l'innovazione - e di affrancarsi dal duplice onere di dialogare con centinaia di operatori e di dare risposta alle più svariate richieste.
Il discorso coinvolge il ruolo di SOGEI nella gestione dei servizi. Questa Commissione non ha ancora audito la predetta società, in quanto sono in corso cambiamenti. Mi pare, comunque, che uno dei punti deboli della gestione, soprattutto sotto il profilo del contrasto al gioco illegale, sia costituito dall'atteggiamento dilatorio di SOGEI nel venire incontro alle varie esigenze. L'ampiezza del mercato, la forza dei soggetti che in esso operano e la loro capacità di innovazione non deve costringere a una rincorsa inutile l'Amministrazione, la quale, al momento, non ha i mezzi, né dispone di adeguate tecnologie per stare dietro a fenomeni in continua evoluzione. Naturalmente, vengono fatti investimenti in più direzioni, ma all'Amministrazione manca qualcosa per essere in grado di rispondere a un mercato che propone innovazioni continue (ad esempio, la lotteria Win for life, mentre è necessario riflettere più approfonditamente sul Bingo elettronico e su alcune innovazioni che investono, più in generale, la visione complessiva del settore dei giochi). Vorrei capire se questa visione dei problemi, sotto il profilo della gestione del software, sia condivisa dall'Amministrazione.
Andando avanti, emerge, inoltre, la necessità di concentrare l'esercizio del gioco in locali controllabili, in modo da evitare la parcellizzazione dei controlli e, soprattutto, di garantire che i collegamenti telematici, sui quali si è soffermato l'onorevole Bragantini, non vengano bypassati, con conseguenti minori introiti.
Anche l'aspetto del payout è interessante: più alto è il payout, più il gioco diventa divertimento e non ludopatia. Ricollegandomi all'intervento dell'onorevole Ventucci, considero singolare che un settore come il Bingo, con cui si è dato avvio alla revisione del sistema dei giochi, sia assoggettato a un prelievo fiscale esageratamente alto rispetto ai rilevanti investimenti che ha richiesto. Nella situazione attuale, dunque, alcuni soggetti che operano nei giochi investono poco, ma hanno ricavi altissimi (con le videolottery sono migliorati il tipo di investimento e anche il ritorno per lo Stato), mentre altri, che hanno dovuto investire, rispettare regole rigorose e impiegare personale, subiscono un prelievo alto e scontano il disincentivo derivante dalla scarsa remuneratività del gioco. Ciò ha fatto sì che le sale per il Bingo si riducessero progressivamente dalle 340 previste dal piano originario di Visco alle attuali 170. Vorrei conoscere, quindi, gli orientamenti dell'Amministrazione rispetto a tale specifico settore, anche in considerazione del fatto che si comincia a parlare di Bingo elettronico.
Al di là delle passate polemiche, mi piace ricordare la previsione che formulai al riguardo nel corso della discussione


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svoltasi in Assemblea. Nel contestare le valutazioni del Ministro Visco, il quale pronosticava proventi per 800 miliardi, sostenni che ne sarebbero stati incassati al massimo 50. Sbagliai, perché ne furono incassati 54, ma di certo non 800! Il sistema previsto era assolutamente sbagliato, richiedeva grandi investimenti ed enormi sale per garantire un minimo di vincita ai giocatori. Chiedo, quindi, come intenda intervenire l'Amministrazione e, soprattutto, se sia possibile aiutare un settore in forte crisi.
Un altro settore in profonda crisi è l'ippica. Si tratta di un altro tema che ci ha appassionato in questi mesi e che ha richiesto molte riunioni con l'UNIRE anche presso il Ministero dell'economia e delle finanze. Vorrei sapere, direttore, se ritenga ipotizzabile lasciare all'UNIRE la sola gestione delle corse e riprendere la gestione delle scommesse, ovvero affidarla a società miste, in grado di garantire appeal a un gioco ormai in grave difficoltà. Alla luce degli annunci del Ministro Zaia, è importante capire in quale modo si possa uscire da una crisi che appare irreversibile.
Passando ad altro tema, la gara per l'aggiudicazione del «Gratta e Vinci» è un esempio di come le norme possano generare concentrazioni di fatto. A tale proposito, vorrei sapere se il sistema del multiprovider consentirà di assistere a una selezione più aperta o se, invece, assisteremo a una gara tra le solite Sisal e Lottomatica, giacché è difficile raggiungere i 10.000 punti di vendita. Confida in una partecipazione più ampia, direttore, o ritiene che, alla fine, la concentrazione prevarrà?
Il tema dei casinò è aperto da tanti anni. Dovremo affrontarlo quando si immaginerà di realizzare sale dedicate, al di là delle ipotesi delineate dal Ministro Brambilla nella proposta presentata al Consiglio dei Ministri.
Per quanto riguarda il settore del tabacco, vorrei sapere a che punto sia la vicenda, già affrontata dalla Commissione, dei depositi dei sequestri giudiziari. L'Amministrazione dei monopoli era gravata dal costo dei locali nei quali era custodito il materiale di contrabbando sequestrato, che era costretta a conservare (e si trattava, spesso, dell'intero carico di Tir) in attesa che i giudici ne disponessero la distruzione. Approvammo, pertanto, una norma volta a liberare l'Amministrazione da tale onere. Vorrei sapere, pertanto, se siano intervenute novità da questo punto di vista.
Vorrei conoscere, inoltre, lo stato della questione Yesmoke e prezzo minimo, che ha fatto registrare iniziative a livello comunitario e ha generato pressioni che investono tutto il settore dei tabacchi.
Del fenomeno della contraffazione ci siamo occupati anche in occasione dell'audizione del Dipartimento delle dogane, ma mi piacerebbe sapere quali provvedimenti siano stati presi nei confronti dei rivenditori trovati in possesso di prodotti contraffatti. Torneremo poi sul discorso delle accise, il cui incremento può produrre un aumento del contrabbando e della contraffazione.
Per quanto riguarda il fenomeno che si sta verificando con la Slovenia, una direttiva europea stabilisce che, quando le sigarette transitano da uno Stato a un altro dell'Unione europea, debba essere applicata l'accisa del Paese di destinazione. A tale riguardo, vorrei sapere se, a livello comunitario, siano state assunte iniziative in merito alla direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, che potrebbe porre rimedio al fenomeno del trasferimento di tabacchi fra Stati e, quindi, al dumping che viene effettuato sfruttando diversi sistemi di aliquote e prezzi.
Alcune questioni riguardano i commi 96 e 97 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), fortemente voluti dal sottosegretario Grandi, in materia di depositi fiscali di tabacchi lavorati. La norma consentiva che nello stesso locale potessero avere sede i depositi del concessionario e uno o più depositi di altri soggetti. Vorrei sapere se lei, direttore, non consideri quelle norme inattuabili e in grado di creare grandi problemi al settore della distribuzione (ragione


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per la quale dovrebbero essere abrogate). Connesso a tale questione è il discorso della concessione delle licenze in alternativa alla chiusura dei depositi fiscali. Come lei ricorderà, direttore, dopo che la misura fu approvata, il sottosegretario Grandi riconobbe in Commissione di avere sbagliato: infatti, poiché Catania poteva concedere licenze per tabaccherie, molti depositi furono improvvisamente chiusi (magari, anche in Trentino) per aprire tabaccherie in quella città. Simili forzature, probabilmente, dovrebbero essere evitate.
Passando ad altro argomento, ritengo che i rivenditori di generi di monopolio, essendo concessionari, abbiano l'obbligo di esporre nel proprio locale di vendita tutti i prodotti per la cui vendita hanno conseguito la concessione. Si assiste, invece, a un fenomeno deplorevole, che riguarda soprattutto quei tabaccai che hanno anche le concessioni dei giochi. In particolare, costoro utilizzano le fideiussioni poste a garanzia del pagamento delle sigarette per finanziare, indirettamente, il pagamento delle vincite ai giochi. In altre parole, utilizzano giornalmente disponibilità che dovrebbero essere destinate all'acquisto dei tabacchi per il pagamento delle vincite realizzate dai clienti con i «Gratta e Vinci» e le altre lotterie. Ciò induce ad assottigliare l'assortimento di sigarette e a concentrare gli acquisti sui cinque o sei brand più venduti. Ovviamente, il fenomeno non si verifica nelle rivendite di soli tabacchi, prive di giochi, che tengono ad assicurare la completezza dell'assortimento. Se c'è una concessione, dovrebbe valere l'obbligo di esporre per la vendita tutti i prodotti distribuiti dall'Amministrazione; altrimenti, si potrebbe fare a meno della concessione e collocare i prodotti maggiormente richiesti in qualsivoglia punto di distribuzione.
Il problema va affrontato perché, oltre a una riduzione degli stock e a un aumento delle richieste di rifornimento di alcuni prodotti, ha un ulteriore effetto deleterio. Mi risulta che l'Amministrazione dei monopoli abbia imposto anche ai tabaccai che non pagano le forniture di rifornirsi comunque, facendo leva su istituti mutualistici istituiti dalla FIT che garantiscono il pagamento. Escussa la fideiussione, non si fa più credito al tabaccaio moroso, per cui qualcuno deve intervenire per saldare i pagamenti non effettuati. Mi risulta che diversi soggetti si trovino attualmente in difficoltà. Forse anche a causa di ciò si sono verificate situazioni incresciose, che vale la pena di segnalare all'Amministrazione. Di recente è stata vinta una somma rilevante al Superenalotto con un sistema a caratura, ma i giocatori che ne avevano acquistato le quote, quando si sono rivolti al titolare della rivendita per incassare la propria parte della vincita, hanno appreso che costui non aveva giocato la scheda e sono stati costretti a rivolgersi alla magistratura.
Nella sua esposizione, direttore, ha sorvolato sulla vicenda dei tabacchi, perché i problemi riguardano soprattutto il settore dei giochi. Vorrei sapere, però, avviandomi a concludere, se non ritenga che sia esagerato il termine di 370 giorni per rispondere a una richiesta di apertura di esercizio, soprattutto in un contesto nel quale il Ministro Brunetta ribadisce continuamente che i comportamenti dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche devono essere allineati ai tempi e alle aspettative degli utenti. Sono molti i casi in cui un dirigente della pubblica amministrazione è tenuto a rispondere alle istanze presentate dai cittadini entro 30 giorni. Inoltre, l'Agenzia delle entrate deve dare risposta scritta e motivata alle istanze di interpello entro 120 giorni. Invece, l'Amministrazione dei Monopoli comunica ai richiedenti che occorrono almeno 370 giorni. Mi sembrano davvero eccessivi per dare una risposta a un imprenditore che chiede di aprire un nuovo esercizio commerciale.
La vicenda del ravvedimento operoso è stata già affrontata dall'onorevole Ventucci, ma vorrei conoscere anch'io l'opinione dell'Amministrazione a tale riguardo.
Do quindi la parola al direttore Ferrara per la replica.


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RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Proverò a dare una risposta a tutti, anche se gli argomenti sono tanti.
L'onorevole Bragantini ha sollevato una serie di questioni. La gara per il Superenalotto è stata esperita e la gestione del gioco è stata aggiudicata alla SISAL. Non essendo stato possibile espletare tutte le fasi esecutive, la norma alla quale si è fatto riferimento aveva prorogato al 30 giugno di quest'anno la precedente concessione, in attesa di completare l'iter della gara. Dal 1o luglio è in vigore la nuova convenzione, che prevede condizioni più vantaggiose per l'Amministrazione.
Sui giochi on line le domande sono state trasversali. Cercherò di affrontare l'argomento in maniera organica.
Rivendichiamo la primogenitura del portale dei giochi a distanza: si è trattato di una battaglia condotta dall'Amministrazione. Abbiamo spinto moltissimo per avere il portale, proprio nella logica della centralità dello Stato e in considerazione dei profili di pericolosità del gioco on line: comportando l'utilizzo di Internet, esso presenta profili di rischiosità che non siamo ancora in grado di valutare appieno, anche per le evoluzioni tecnologiche che stanno per affacciarsi. In quest'ultimo anno i giochi on line hanno superato i 3 miliardi di raccolta tendenziale rispetto a una previsione di 700 milioni di euro. In particolare, ha fatto registrare un clamoroso boom il poker on line.
Ritenevamo che il portale fosse un presidio. Il giocatore che desiderasse giocare on line doveva passare attraverso un portale gestito dal partner tecnologico SOGEI, che smistava verso il sito prescelto per giocare. Oltre ad assicurare in tempo reale la conoscenza informatica degli accessi, tale sistema sembrava garantire, ponendosi dal punto di vista del giocatore, una significativa presenza dello Stato anche sul piano - diciamo così - psicologico. Le vicende legislative hanno comportato una revisione di questa impostazione. La normativa comunitaria ha comunque adottato sistemi che non coincidono con il portale, ma gli si avvicinano molto, in quanto consentono l'automatica registrazione telematica delle giocate (che comporta la possibilità di accedere dell'anagrafica dei conti). Tali sistemi si avvicinano molto al portale sul piano della leggibilità in tempo reale di quello che avviene nel rapporto tra il giocatore, che è la parte debole, e il concessionario del gioco.
Siamo molto attenti alle tematiche del gioco patologico e della tutela dei minori. Anticipo che realizzeremo una campagna pubblicitaria ad hoc. I Monopoli di Stato hanno, infatti, la possibilità di investire in attività di promozione. In particolare, ho stabilito che tale attività debba riguardare non il gioco (perché il ruolo dell'Amministrazione non consiste nel promuovere il logo dello Stato), ma specifici profili della nostra attività istituzionale. È necessario dare all'utenza un messaggio chiaro sui rischi del gioco, mettendo in risalto gli aspetti della responsabilità, della moderazione e della tutela dei minori.
Alla descritta iniziativa di carattere comunicativo abbiamo pensato di abbinare progetti di sensibilizzazione sulle patologie da gioco, in collaborazione con le ASL delle Regioni Piemonte e Liguria. Nei prossimi giorni sarà attivato un collegamento Help tra i call center di alcuni concessionari e le ASL, allo scopo di assicurare una capillare presenza sul territorio e di fornire una prima assistenza ai soggetti che ritenessero di averne bisogno.
Nonostante sia direttore dell'Amministrazione dei monopoli di Stato, non fumo, né ho intenzione di cominciare a cinquantacinque anni. L'onorevole Bragantini, in qualità di fumatore, si dichiarava, comunque, giustamente lieto della diminuzione del consumo di tabacchi, osservando che il minore introito sarebbe ripagato dai minori costi sanitari. Mi limito tuttavia a rilevare che, mentre la perdita di gettito erariale è quantificabile, diventa difficile accertare gli effetti prodotti, sotto il profilo sanitario, dalla riduzione del consumo di tabacchi; infatti, non è stata scientificamente dimostrata la sussistenza di un


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nesso eziologico tra alcune patologie e il fumo. In generale, però, condivido assolutamente, al punto che ho cercato di distogliere i miei figli dal vizio del fumo, purtroppo con scarsi risultati.
Il tema della struttura dell'AAMS è nodale per rispondere a molti dei quesiti posti anche dal presidente.
Per quanto riguarda le modalità di distribuzione automatica delle sigarette (che hanno costituito oggetto anche di qualche ripresa televisiva di Striscia la notizia a Cagliari), è intervenuta una proroga dell'obbligo di utilizzazione del documento identificativo, che è stata già resa operativa. Sul territorio nazionale, quindi, chi voglia usare i distributori automatici deve fornire i propri dati identificativi. Vi è, poi, il problema dei controlli, che dipendono dal nostro numero e dalla mole di compiti che dobbiamo svolgere (elementi dei quali occorre tenere conto anche quando si considerano eccessivi i 370 giorni previsti per rispondere a una domanda concernente l'apertura di una rivendita). La disciplina, comunque, è stata già varata. Quindi, la distribuzione automatica delle sigarette richiede l'utilizzo di un documento idoneo.
Le questioni relative alle videolottery (VLT) sono state oggetto anche dell'intervento dell'onorevole Fluvi.
Il presidente e i miei collaboratori sono testimoni di come, da neofita - ho cinque anni di esperienza come direttore dell'Agenzia delle entrate, ma ho «scoperto» il mondo dei giochi da poco e, quindi, ho dovuto imparare il mestiere -, mi sia chiesto perché le 350.000 new slot ex «comma 6» (che dal 15 dicembre dovranno diventare 6a, dotate di un sistema di controllo più raffinato, basato sulle famose smart card), dovessero avere software indipendenti, più facilmente soggetti a contraffazione. Sarebbe, invece, più opportuno utilizzare un unico cervello elettronico, che attivi la macchinetta a richiesta, secondo la filosofia delle videolottery, le quali saranno collegate a sistemi centrali collocati presso il concessionario o presso le sale, in modo da garantire la massima concentrazione e da evitare rischi di alterazione. Nonostante tutta la buona volontà e il capillare impegno della Guardia di Finanza, dell'Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato e dell'Amministrazione, sarebbe impossibile controllare in modo sistematico 350.000 macchine dislocate in circa 40.000 esercizi.
Abbiamo impostato nuove tecniche di rilevazione, anche sulla base di dati statistici, e nei prossimi giorni avremo i primi ritorni del percorso avviato all'inizio dell'anno con la Guardia di Finanza. I risultati sono buoni, ma il problema è che il controllo deve essere effettuato a monte, non a valle, evitando una proliferazione di autonome macchine difficilmente controllabili.
In tale settore l'illegalità si è manifestata in una duplice forma, di cui una ha fortunatamente perso significato. L'evasione pura, realizzata attraverso macchine non omologate, prive di nulla osta e, di conseguenza, completamente sconosciute allo Stato, e in alcune aree del Paese collocate accanto a quelle conosciute, è un fenomeno in attenuazione. La cronaca e le indagini della Polizia giudiziaria dimostrano come il fenomeno della macchina completamente sconosciuta sia sempre meno frequente. Il fenomeno più subdolo e più difficile da sconfiggere è, invece, quello dell'alterazione, nei modi più svariati, delle macchine regolarmente dotate di nulla osta e collegate alla rete del concessionario. Per fronteggiarlo, occorre attivare ogni forma di controllo. Anche le cosiddette 6a sono uno strumento utile, ma rimane sullo sfondo l'esigenza di concentrazione in luoghi dedicati, alla quale ha fatto riferimento il presidente, attesa l'impossibilità di controllare quotidianamente tutte le macchine.
L'onorevole Fluvi ha giustamente rilevato come gli operatori del settore, i quali hanno effettuato rilevanti investimenti, oggi siano in difficoltà, perché ignorano quali saranno gli sviluppi e i rapporti tra il mondo delle VLT e il mondo delle new slot. I due settori devono restare separati: le VLT devono andare in ambienti dedicati. Escludo che esse possano essere collocate in luoghi aperti al pubblico, quali


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bar o corner, perché hanno una configurazione operativa diversa da quella delle new slot. Essendo rivolte a una più ampia platea di pubblico, per ragioni legate alla tipologia di gioco e alle possibilità di vincita, devono essere concentrate in ambienti dedicati, come indicato anche dalla normativa.

PRESIDENTE. Chiedo scusa ai colleghi, ma vorrei chiedere come si possano garantire i minori in un locale in cui le macchine «comma 7», dedicate ai bambini, coesistano con quelle «comma 6».

RAFFAELE FERRARA, Direttore dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Saranno evitate situazioni ibride. La presenza di apparecchi «comma 7» impedisce la collocazione delle VLT: porremo questo divieto. Le VLT dovranno essere collocate in sale dedicate, destinate a nicchie particolari di giocatori, quali sale Bingo, agenzie di scommesse e spazi che già ospitano giochi diversi da quelli praticabili con gli apparecchi da intrattenimento senza vincita in denaro.
Nella speranza di rispondere compiutamente all'onorevole Fluvi, e anticipando una risposta all'onorevole D'Antoni, il quale manifestava, giustamente, l'esigenza di una disciplina organica del settore dei giochi, desidero evidenziare come talune disposizioni, apparentemente illeggibili, recate dal decreto-legge anticrisi abbiano opportunamente corretto la legislazione vigente - ad esempio, l'articolo 39-bis della legge n. 296 del 2007 -, caratterizzando meglio l'area dei soggetti responsabili e gli strumenti antievasione.
Come ribadisco sempre ai concessionari, il sistema stratificatosi nel tempo appare zoppo. Il concessionario dimentica spesso una parte rilevante del proprio essere. Egli è imprenditore, ma anche titolare di una concessione: attraverso la sua organizzazione imprenditoriale, finalizzata alla soddisfazione di un interesse privato, anche lo Stato realizza le proprie finalità. Il concessionario, quindi, deve far convivere la funzione pubblicistica - perché si tratta di pubbliche funzioni attribuite a privati - con il proprio interesse imprenditoriale.
Tutta la disciplina dei giochi è incentrata sul rapporto tra lo Stato concedente e il concessionario. Quello che avviene a valle di tale rapporto non è oggetto di disciplina. Per partecipare a una gara per l'attribuzione di una concessione, il soggetto deve essere in regola con le autorizzazioni di pubblica sicurezza e con le norme antimafia, ma non è ancora prevista una disciplina ad hoc - spero di poterla proporre - per i gestori, i quali sono soggetti importanti nella filiera dei giochi. Gestore può essere chiunque compri una new slot o una VLT e la ponga a disposizione del concessionario, che spesso non investe direttamente, ma ha avuto la concessione per collegare alcune macchine (che si possono comprare o prendere a noleggio) alla rete telematica di proprietà dell'amministrazione dello Stato.
La legislazione si preoccupa solo del rapporto con il primo anello, che è fondamentale. Nella legislazione in materia di concessione di opere pubbliche è contemplata, invece, tutta una disciplina relativa alle problematiche riguardanti i rapporti tra concessionario ed altri soggetti. La normativa dovrebbe, quindi, essere completata.
Capisco le preoccupazioni dei gestori. Inizialmente, il decreto-legge n. 149 del 2008 aveva previsto l'avvio della sperimentazione delle VLT. Successivamente, dopo che in materia era intervenuto il decreto-legge recante interventi urgenti in favore delle popolazioni dell'Abruzzo, il decreto-legge n. 78 del 2009 ha introdotto una disciplina di dettaglio relativa allo svolgimento delle gare, ai tempi, alla durata delle concessioni, agli aggi e ad altri aspetti. Destano preoccupazione, in particolare, settori come quello delle new slot, che stavano ancora investendo per sostituire le «comma 6» con le «comma 6a» e, adesso, devono fare i conti con il nuovo prodotto. Ribadisco, tuttavia, che si dà loro anche un'opportunità di sviluppo. Comunque, si deve prevedere una disciplina che consenta di non penalizzare le


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new slot (chi oggi le gestisce lamenta giustamente un rilevante carico tributario).
A tale proposito, desidero aggiungere che, se l'Amministrazione non avesse suggerito le modifiche normative approvate a fine anno, per sopperire a esigenze finanziarie di comparti quali l'ippica avremmo dovuto elevare la tassazione dal 12 al 13,5 per cento. Invece, sposando pienamente le richieste delle associazioni di categoria - ci siamo resi conto che una simile misura avrebbe determinato un'involuzione del sistema -, abbiamo elaborato un metodo di tassazione a scalare, che è stato ben accetto, ma che oggi, probabilmente, si dimostra inadeguato sotto il profilo perequativo. Infatti, alle new slot si applica, a decorrere dal 1o gennaio 2009, il prelievo erariale unico del 12,6 per cento fino a concorrenza di una raccolta pari a quella dell'anno 2008 (con la previsione di abbattimenti, che portano la misura dell'aliquota all'11,6, al 10,6, al 9 e all'8 per cento, a seconda che si registri, rispettivamente, un incremento della raccolta fino al 15 per cento, dal 15 al 40 per cento, dal 40 al 65 per cento e oltre il 65 per cento); alle VLT si applicherà, invece, in via transitoria, un prelievo del 2 per cento delle somme giocate per gli anni 2009-2011, del 3 per cento delle somme giocate per l'anno 2012 e del 4 per cento delle somme giocate per l'anno 2013. Anche considerando i 750 milioni di euro che i concessionari pagheranno per le VLT, il divario di tassazione esiste, per cui è necessario stare attenti a modulare la disciplina in maniera tale che le anzidette categorie non risultino penalizzate.
L'onorevole D'Antoni desidera più precisi ragguagli in ordine alla composizione della raccolta. Alcuni settori vantano un segno clamorosamente positivo; altri, come il Lotto, subiscono contrazioni abbastanza contenute, per contrastare le quali abbiamo introdotto la formula innovativa del «10 e Lotto»; anche le scommesse ippiche e il Bingo subiscono una flessione. Inoltre, dal 2003, le scommesse sportive sono cresciute del 300 per cento, le new slot del 580 per cento. Le scommesse ippiche e il Bingo subiscono una flessione per ragioni esogene e endogene. In particolare, il Bingo paga - rispondo anche al presidente - una legislazione eccessivamente di dettaglio, che ha richiesto investimenti cospicui e che, soprattutto, impone costi operativi estremamente pesanti. Mentre l'investimento richiesto per le new slot è costituito dal solo costo della macchina, per allestire una sala Bingo bisogna pagare il locale, retribuire il personale e ammortizzare le spese informatiche.
Il decreto-legge anticrisi ha previsto una diminuzione del prelievo erariale all'11 per cento, che ha ottenuto il plauso della categoria, nonché ulteriori modalità di gioco. Sono state date, dunque, le prime risposte. Il Bingo elettronico aiuterà moltissimo.
Abbiamo istituito un tavolo di confronto con le diverse associazioni e federazioni e siamo assolutamente favorevoli a un testo unico dei giochi. È infatti necessario armonizzare il trattamento tributario dei giochi con gli altri regimi impositivi (imposte dirette e IVA). Da questo punto di vista, ho cercato di avanzare proposte, tra le quali una che estendeva l'istituto del ravvedimento operoso al prelievo erariale unico. Inoltre, una disposizione approvata alla fine del 2008 ha previsto la possibilità di rateizzare il pagamento dei carichi iscritti a ruolo a titolo di PREU, come già accade per l'IVA e le imposte sui redditi.
Mancano norme sul piano operativo e dei controlli. Per quanto riguarda la lotta all'evasione, il decreto-legge anticrisi ha aperto scenari nuovi. È stato creato, presso l'Amministrazione dei monopoli, il Comitato di alta vigilanza in materia di giochi (la cui prima riunione mi riprometto di convocare prestissimo), con particolare riferimento ai giochi on line. Ne fanno parte l'Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza, la Polizia di Stato e tutti gli enti, non soltanto pubblici, che possono contribuire a determinare una linea di controllo di tipo preventivo o repressivo.
Nei controlli sono stati coinvolti anche i concessionari, nell'ottica secondo la quale essi esercitano pubbliche funzioni e,


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quindi, se ne assumono la responsabilità anche penale. Poiché il concessionario è, in quanto tale, un incaricato di pubblico servizio, non può trascurare una serie di incombenze (come mi sono permesso di ricordare alla categoria, peraltro suscitando il risentimento di taluni). Con il sistema precedente, che è stato modificato, il concessionario rispondeva comunque a titolo di responsabilità oggettiva. Se non veniva individuato il responsabile dell'alterazione dell'apparecchio da gioco, ne rispondeva comunque il concessionario. Oggi, invece, una norma attribuisce ai concessionari di rete, in quanto incaricati di pubblico servizio, i poteri di accesso e ispezione tecnica e amministrativa sulle macchine collegate alla propria rete e contempla, se questa collaborazione porta all'individuazione degli effettivi responsabili, un esonero da responsabilità per il concessionario e, in generale, per tutti i soggetti che appartengono alla filiera (quindi, anche per i gestori e gli esercenti), quando abbiano adempiuto all'obbligo di segnalazione all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e agli organi di polizia delle illiceità o irregolarità riscontrate nella gestione degli apparecchi da divertimento e intrattenimento.
La disciplina dei giochi on line, che risale al 2006, è stata rivista dal legislatore con la legge comunitaria 2008, che fissa alcuni principi e inasprisce le pene. È vero che Internet è fuori controllo, ma l'Amministrazione oscura i siti «.com», in quanto illegali. Nonostante la nostra azione preventiva, che comunque ci ha procurato qualche batosta a livello giudiziario, abbiamo rilevato 1 miliardo e 200 milioni di tentativi di accesso a siti illegali oscurati: una cifra da capogiro! La filosofia, ribadita con la menzionata legge comunitaria, è quella secondo la quale l'operatore italiano deve lavorare soltanto su siti «.it» e, nel caso in cui abbia la titolarità, anche mediante società controllanti e controllate, di siti «.com», non può consentire al giocatore italiano di accedervi, pena la sospensione o revoca dell'autorizzazione alla raccolta del gioco (e la segnalazione all'autorità giudiziaria per l'applicazione delle sanzioni penali).
Come evidenziato dal presidente, è necessario il totale coinvolgimento di tutti, perché l'Amministrazione non è assolutamente in grado di garantire da sola il controllo del gioco, sia esso on line o di altro tipo. Occorre non soltanto una riorganizzazione dell'apparato tecnologico dell'amministrazione statale impostata sull'individuazione di tecnologie che consentano la gestione e il controllo a posteriori (da questo punto di vista, ho ricevuto risposte positive dai vertici di SOGEI), ma anche il coinvolgimento di altri corpi dello Stato che dispongono di apparati informatici importanti: la Guardia di finanza, la Polizia postale e l'Arma dei carabinieri. Il Comitato di alta vigilanza, di cui ho già detto, avrà specifici compiti anche in materia di gioco on line.
La regolamentazione in materia di giochi on line comincia ad assumere, dunque, caratteristiche di maggiore organicità e i regolamenti a cui faceva riferimento l'onorevole Bragantini sono in procinto di essere adottati. Dobbiamo aspettare, tuttavia, che il partner tecnologico prepari un piano di fattibilità sostenibile. Stiamo sollecitando SOGEI, la quale ci ha dato, come ho accennato poc'anzi, le prime risposte confortanti. Profonderemo tutto il nostro impegno nel tentativo di disciplinare la materia in maniera rapida e appropriata.
Per quanto concerne la raccolta, consegno alla Commissione un report contenente il riepilogo generale per macrocategorie di giochi e il riepilogo di dettaglio per singolo gioco, aggiornati al mese di agosto dell'anno in corso.

PRESIDENTE. Poiché ha accennato al tema del ravvedimento operoso, sul quale si è dibattuto, in occasione dell'esame in sede referente del decreto-legge n. 78 del 2009, sarebbe interessante che ne spiegasse la logica, direttore, anche alla luce della vicenda che ha coinvolto la Corte dei Conti.

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.


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Si è fatta un po' di confusione, alla quale ho cercato di porre rimedio anche in altre circostanze.
Il giudizio contabile avviato dalla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale per il Lazio della Corte dei Conti non attiene ad aspetti fiscali.
La questione, già ampiamente discussa (si tratta dei famosi 90 miliardi di penali), attiene alla fase di avviamento e attivazione della rete telematica del gioco lecito. Le convenzioni prevedevano l'applicazione di penali per il mancato rispetto, da parte dei concessionari, degli obblighi previsti dalla convenzione (ad esempio, per ogni ora di mancata connessione degli apparecchi alla rete telematica era prevista una penale di 50 centesimi). Si trattava, quindi, di una questione di natura contrattuale, connessa all'applicazione di penali di tipo convenzionale.
Quando la Procura regionale della Corte dei Conti ha invitato i concessionari a dedurre, contestando il danno erariale derivante dall'omesso versamento delle penali, l'Amministrazione ha immediatamente provveduto all'applicazione delle stesse, ma i concessionari hanno proposto ricorso al TAR per il Lazio, che ha dapprima accolto l'istanza di sospensione dell'esecutività degli provvedimenti impugnati e, successivamente, pronunciando nel merito, li ha annullati, sostanzialmente, per violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.
A proposito della descritta vicenda giudiziaria, non ancora conclusa (pende, infatti, un regolamento di giurisdizione proposto dai concessionari, i quali contestano la giurisdizione della Corte dei Conti, deducendo che essa spetta, invece, al giudice ordinario), ricordo che la Commissione Finanze ha approvato, in data 24 luglio 2007, la risoluzione Nannicini n. 7-00254, che impegnava il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, d'intesa con i soggetti interessati, a procedere alla revisione delle convenzioni, prevedendo, in particolare, che l'eventuale applicazione di penali fosse disposta nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.
La convenzione, riformulata alla luce di tali principi, secondo le indicazioni del Parlamento e del Governo, è stata trasmessa per il prescritto parere al Consiglio di Stato, che ha suggerito talune modifiche, non senza ribadire che l'applicazione di sanzioni per l'inadempimento di obblighi assunti dal concessionario, quando è rimessa alla potestà discrezionale dell'amministrazione pubblica concedente, deve rispettare i principi di ragionevolezza e proporzionalità.
Insediatomi a capo dell'Amministrazione (giuridicamente, da ottobre, ma di fatto da luglio dell'anno scorso), ho immediatamente costituito un'apposita Commissione, chiamando a farne parte persone di altissimo profilo istituzionale, non solo della magistratura. Colgo l'occasione per rivolgere un sentito ringraziamento, per la collaborazione prestata, al professor Monorchio, al presidente Oriani, magistrato della Corte dei Conti, e al consigliere Adelchi d'Ippolito, vice capo di gabinetto del Ministero dell'economia e delle finanze. La Commissione ha sottoposto a revisione la materia delle penali, specificando i criteri di applicazione delle stesse in relazione agli inadempimenti individuati nella convenzione.
Orbene, la proposta normativa che era stata formulata non riguardava l'argomento delle penali, ma mirava a introdurre un ravvedimento operoso di natura tributaria. Una volta affermata la natura tributaria del prelievo erariale unico (riconosciuta anche dalla Corte Costituzionale), nonché l'esigenza di armonizzare il comparto tributario di cui discutiamo con la disciplina generale, non capisco per quale motivo non debba essere consentito anche all'operatore tenuto al versamento del PREU di riparare agli errori eventualmente commessi, utilizzando l'istituto già previsto, in via generale, dall'articolo 13 della legge n. 472 del 1997.
Quando dirigevo l'Agenzia delle entrate, andando controcorrente, ho sempre sostenuto che, sebbene l'evasione fiscale sia dilagante nel nostro Paese, a fronte di una normazione farraginosa e spesso incomprensibile - spesso, anch'io devo leggere


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più di una volta le norme per capirne il senso - sia necessario distinguere un'evasione «buona», frutto di errori commessi in buona fede, incertezze interpretative o sviste, e una «cattiva», vale a dire dolosa, intenzionale, fraudolenta. Quest'ultimo fenomeno deve essere colpito duramente. Nel contempo, però, sembra equo concedere a chi si avveda di avere sbagliato la possibilità di riparare all'errore.
Se questa è la filosofia di fondo, la materia deve essere disciplinata in modo da evitare disarmonie. Esiste già una norma che prevede la riduzione a un sesto dell'ammontare della sanzione amministrativa per tardivo od omesso versamento delle somme che risultano dovute a titolo di PREU a seguito di controlli automatici (si tratta dell'articolo 39-ter, comma 3, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003). Ebbene, non capisco perché tale disposizione non possa essere armonizzata con quella generale (articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997), di recente modificata, che prevede la riduzione della sanzione a un dodicesimo del minimo. Quella dell'armonizzazione mi sembra una linea guida condivisibile.

PRESIDENTE. Credo che sull'argomento, affrontato anche nel corso del dibattito - invero, molto caotico - svoltosi sul decreto-legge anticrisi, siano state dette tante sciocchezze.
È importante capire che, essendo stata definita soltanto dal 2007 la natura tributaria del PREU, i concessionari non hanno potuto usufruire del ravvedimento in relazione ai comportamenti posti in essere negli anni precedenti.

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Desidero chiarire che sono assolutamente contrario a sanatorie, alle quali la materia di cui ci stiamo occupando si presta ancora meno delle altre. Una volta affermata la natura tributaria del prelievo erariale unico, sono favorevole, invece, a un allineamento del settore dei giochi agli istituti tipici e classici degli altri comparti tributari.
Quando si fa riferimento a penali e convenzioni, tutto rimane in ambito civilistico o, al più, in quello dei provvedimenti autorizzatori. La materia presenta difficoltà perché, com'è stato spesso chiarito in sede giurisdizionale amministrativa (ad esempio, in relazione alla problematica dei centri di trasmissione), l'Amministrazione assume, al tempo stesso, la veste di concedente e quella di controparte contrattuale. Il provvedimento direttoriale ha natura di provvedimento amministrativo, cui fa da contrappeso, quasi sempre, anche una natura contrattuale. È quindi necessario stare molto attenti. Dopo il mio insediamento, ho espresso al dottor Tagliaferri l'intenzione di limitare il campo dei provvedimenti amministrativi e di promuovere una disciplina legislativa più dettagliata, allo scopo di fare dell'Amministrazione l'esecutrice dei provvedimenti legislativi approvati dal Parlamento: in questa materia, è opportuno che la potestà normativa sia esercitata esclusivamente dal legislatore, a livello primario. Considero, dunque, necessario accorpare e avvicinare le materie.
Il presidente ha fatto riferimento alla pluralità di soggetti che opera nel mondo dei giochi. È necessario disciplinare tutti i rapporti, non soltanto quelli con i concessionari.
L'emersione di volumi dall'area del gioco illegale è avvenuta attraverso il maggiore payout: è vero che abbiamo 47 miliardi di raccolta, ma con payout che vanno dal 75 all'85 per cento queste somme ritornano in gran parte ai vincitori, al pubblico.
È opportuno evitare confusioni a proposito dei valori della raccolta, in termini assoluti, e la redistribuzione. Nel caso del Superenalotto, questa è spesso concentrata ma, poiché il gioco in questione si inscrive in un complesso all'interno del quale i giochi più importanti sono «Gratta e Vinci» e new slot, la redistribuzione della raccolta è molto ampia.
È assolutamente necessario che si addivenga a un riordino complessivo delle diverse categorie di soggetti. Quando abbiamo realizzato la riforma, manovrando


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la leva fiscale, ciò ha comportato, in astratto, una maggiore remunerazione della filiera che, in concreto, è soltanto potenziale. Posto che, su 100 euro di giocate, 75 devono essere attribuiti ai giocatori che hanno diritto, 12,6 (in precedenza 13,5) all'erario e 0,3 ai Monopoli, per spese amministrative, mentre ciò che rimane resta alla filiera, possiamo ipotizzare che, se il concessionario di rete fosse anche proprietario delle macchinette e gestore, tratterrebbe circa il 12 per cento del giocato. In realtà, non sappiamo cosa succeda a valle del rapporto tra Amministrazione e concessionari, perché tra i soggetti che operano a tale livello intercorrono rapporti commerciali. Com'è giusto che avvenga nel mercato, soltanto i concessionari, i gestori e gli esercenti possono determinare, nell'ambito dei rapporti privatistici tra loro intercorrenti, e sulla base di diversi elementi (ad esempio, noleggio o acquisto degli apparecchi da intrattenimento, spesa per gli spazi in cui collocarli, e via dicendo), quanto spetti a ciascuno su ciò che resta alla filiera.
A tale proposito, nel panorama di complessivo riordino cui faceva giustamente riferimento l'onorevole D'Antoni, considero fondamentale una disciplina dei requisiti oggettivi e soggettivi di accesso dei nuovi soggetti che definisca anche i comparti dei quali gli stessi dovranno occuparsi, dal momento che si tratta di ammetterli a fare parte di un sistema che ha un impatto importante sulle entrate erariali. In futuro, l'Amministrazione e il legislatore dovranno individuare anche requisiti ulteriori rispetto a quelli già prescritti, il cui possesso dovrà essere richiesto in ragione dei rilevanti riflessi dei giochi sotto il duplice profilo economico e sociale.
SOGEI dovrà essere chiamata a sforzi ancora più intensi, ma i segnali sono positivi. Notoriamente, da questo punto di vista sono un mastino: i miei amici ai vertici di SOGEI conoscono i miei trascorsi all'Agenzia delle entrate e sanno che non faccio sconti, anche perché, quando vengono in rilievo rapporti istituzionali, quelli di amicizia personale vengono meno. Finora ho ricevuto segnali positivi; in futuro, verificheremo i livelli di collaborazione.
Per quanto riguarda le domande concernenti specifici aspetti tecnici, affiderò la risposta ai miei collaboratori.
Dopo aver discusso dei problemi vecchi, di quelli nuovi, delle prospettive future, nonché degli interessi in gioco, non resta che affrontare il tema della struttura di un'efficiente amministrazione.
L'evoluzione dell'Amministrazione dei monopoli di Stato è stata inversamente proporzionale a quella dei giochi: nel 2003 eravamo 1.500; da allora i volumi di gioco sono cresciuti, ma noi siamo diventati 1.350 e, molto spesso, siamo destinatari di provvedimenti poco accettabili, dai quali sembra trasparire una concezione dell'Amministrazione come punto «di risulta». Mi rifiuto categoricamente di accettarlo! Lo ribadisco in tutte le sedi e chi mi conosce sa che su queste cose non transigo: non posso prendere su di me e su chi lavora ai Monopoli questo tipo di responsabilità. Gli interessi in gioco sono rilevanti e non ho alcuna intenzione di deflettere sul piano del contrasto all'illegalità.
Il presidente lamentava che 370 giorni per avere una licenza sono eccessivi. Tuttavia, vorrei ricordare che, dopo gli interventi con i quali sono state «tagliate» alcune posizioni dirigenziali, ho 34 dirigenti di seconda fascia, mentre all'Agenzia delle entrate ne avevo 1.000.
Portiamo all'erario 21 miliardi di euro all'anno, con crescite esponenziali, ma è difficile governare il sistema con 34 dirigenti. La Sicilia ha una gestione ad interim, cioè ha affidato l'incarico al dirigente di seconda fascia di Napoli. Fino a poco tempo fa, la Calabria era senza dirigente e l'interim era affidato a Bari. La Sardegna non ha un dirigente, per cui ne abbiamo mandato ad interim uno dal centro. Adesso, abbiamo il problema di Bologna.
Se qualcuno è in grado di affrontare temi così rilevanti in questo modo, sono pronto a cedere il passo, perché non posso assumermi questa responsabilità. Ho assoluto e inderogabile bisogno di un potenziamento


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quantitativo. Non chiedo grandi numeri, perché non ve n'è bisogno. Chiedo un potenziamento quantitativo e soprattutto qualitativo, perché devo dare risposte anche al personale (cui devo rivolgere un ringraziamento per quanto fatto fino ad oggi), che ha aspettative ed è stato trascurato rispetto a quello degli altri comparti dell'amministrazione finanziaria.
I tagli orizzontali non funzionano: i tagli vanno effettuati in maniera verticale, dopo una due diligence dei ruoli attribuiti, delle responsabilità e del peso specifico dei compiti da assolvere. Se le riforme della pubblica amministrazione non saranno improntate a tali criteri, continueremo a parlare di cose trite e ritrite, come ribadisco ormai da molti mesi.
Spero - anzi, poiché mi è stato promesso, sono sicuro - di avere risposte, senza le quali, però, sarà difficile gestire il comparto.

PRESIDENTE. Desidererei sapere quante unità di personale dell'ETI, ovvero delle manifatture, siano comprese nell'attuale organico.

FABIO CARDUCCI, Direttore centrale della direzione per l'organizzazione e le risorse dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. All'epoca erano circa 204, ai quali si è aggiunta qualche altra unità in seguito.
Nel tempo, la professionalità del personale proveniente dall'ETI non si è dimostrata molto funzionale, fermo restando che, alla luce dei numeri indicati dal direttore generale, il personale che si aggiunge si rivela sempre utile. Molti erano stati impiegati presso le manifatture, che poi hanno chiuso.

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Desidero aggiungere un'ultima considerazione.
A seguito della gara per l'assegnazione delle concessioni di gioco ippico, si è registrata un'esplosione di contenziosi. Adesso abbiamo avviato la procedura di selezione per l'affidamento in concessione del «Gratta e Vinci» e in futuro dovremo indire quella per il gioco on line, con impatti di tipo comunitario. Tutti ci citano per danni! In questa situazione, è inaccettabile non avere una direzione legale che si occupi dei contenziosi e, inoltre, una direzione audit e sicurezza che abbia come missione principale i controlli sul territorio. Si tratta di strutture vitali per l'Amministrazione.
A livello provinciale, nel progetto di trasformazione in agenzia, che potrebbe essere la chiave di volta, prevedo 80 posizioni dirigenziali nelle province. Devono esistere dei presidi che siano funzionali. D'altra parte, i concessionari hanno uffici studi e uffici tecnici specializzati e anche noi abbiamo bisogno di esperti di informatica; non intendiamo bandire necessariamente concorsi esterni, ma pretendiamo di acquisire, previa selezione, personale specializzato, anche attraverso la mobilità all'interno della pubblica amministrazione.
In questo mondo che evolve verso tecnologie sempre più sofisticate abbiamo un crescente bisogno di ingegneri, di informatici, di legali, di gente che sappia fare pianificazione e controllo (altra materia poco conosciuta), che sappia effettuare una valutazione tecnologica dei processi. Se tale bisogno non dovesse essere soddisfatto, diverremmo una «vecchia» amministrazione, buona a fare da parafulmine per i problemi altrui; ma una simile prospettiva è inaccettabile per chi si prefigga come obiettivi l'efficacia e l'efficienza.

COSIMO VENTUCCI. È ben noto questo cahier de doléances a chi, come il sottoscritto, sedendo in Parlamento da più legislature, ha assistito allo smembramento dell'Amministrazione dei monopoli di Stato, mediante l'attribuzione dei compiti di produzione e commercializzazione all'Ente tabacchi italiani.
Noi italiani non riusciamo mai a vedere più in là di qualche anno, anche quando si tratta di realizzare infrastrutture. Nel 1998, quando fu attuata la scissione, nessuno immaginava quale sviluppo avrebbe avuto il settore dei giochi; oggi, ne sta pagando lei le conseguenze, direttore.


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Raccolgo il suo appello come parlamentare, ma credo che anche il presidente e i colleghi siano sulla stessa linea. Dovremo evidenziarlo al Governo.

CONCETTA ANNA DI PIETRO, Dirigente ufficio integrazione funzionale e controllo operativo dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Ci sono state rivolte numerose domande.
In primo luogo, ci è stato chiesto se intendiamo risolvere il problema del transito transfrontaliero dando piena attuazione alla direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008. La direttiva non innova in questo campo, perché la possibilità di vendere sul territorio di uno Stato un prodotto proveniente da un altro Stato, con pagamento dell'imposta nello Stato in cui avviene l'immissione in consumo, era già prevista dalla direttiva 1992/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992 (che l'articolo 47 della citata direttiva del 2008 abroga con efficacia al 1o aprile e al 31 dicembre 2010). L'unica differenza risiede nel fatto che, mentre la prima direttiva consentiva tale possibilità sia nel caso in cui i prodotti circolassero in sospensione di accisa sia nel caso in cui giungessero nello Stato di destinazione ad accisa già assolta nel territorio di provenienza, la nuova direttiva prevede solo quest'ultima fattispecie. È quindi previsto che prodotti preventivamente immessi in consumo in uno Stato membro possano essere poi venduti in un altro Stato membro purché l'accisa venga assolta nello Stato di destinazione.
La direttiva prevede anche una procedura molto rigida, articolata nel modo seguente: prestazione di una garanzia prima della partenza della merce; segnalazione della spedizione prima di effettuarla; assolvimento dell'imposta il giorno successivo alla ricezione della merce. Invece, per l'accisa riscossa al momento dell'immissione in consumo in Italia, sono previsti quindici giorni e per tutte le immissioni in consumo avvenute dal 1o al 15 del mese l'accisa è dovuta entro il 15 del mese successivo. Potrebbe sembrare quasi un vantaggio, ma non è così, perché giocano un ruolo fondamentale i controlli: se tutto fila liscio e la merce viene controllata, il problema non c'è, perché riscuotiamo l'accisa, ma è necessario porre in essere una procedura che ci consenta di governare il settore e il mercato.
Mi sono permessa di portare un prospetto che evidenzia il livello di accisa e il livello di imposizione, quindi di prezzi, nell'ambito dell'Unione europea. Lo scenario è impressionante. Bisogna premettere che la normativa comunitaria prevede limiti minimi da rispettare, sia come incidenza sia come importo monetario. Per quanto riguarda le sigarette, le direttive vigenti prevedono un'incidenza minima dell'accisa pari al 57 per cento, e noi siamo al 58,5, nonché un minimo monetario di 64 euro per 1.000 sigarette (quindi per chilogrammo), e noi siamo a 108,23. Ciò nonostante, per quanto riguarda l'incidenza, ci collochiamo al diciannovesimo posto in Europa, perché in Polonia l'incidenza è del 79,58 per cento e nella Repubblica Slovacca del 74,03 per cento. Per quanto concerne, invece, l'importo monetario, pur trovandoci al diciannovesimo posto, abbiamo 108,23 euro per chilogrammo, contro i 67,66 euro della Polonia.

PRESIDENTE. Senza entrare nel dettaglio tecnico, sottolineo che i signori di Yesmoke si sono garantiti vantaggi economici, in passato, spedendo le sigarette dalla Svizzera.
Si può quindi formulare l'ipotesi che, approfittando della direttiva, si costituiscano canali privilegiati per la distribuzione delle sigarette. A questa Commissione interessa capire come si intenda contrastare l'evidenziato fenomeno, perché recepire una direttiva non significa interpretarla secondo le esigenze del mercato. Più che conoscere gli aspetti specifici della questione, che poi ci indurrebbero ad addentrarci nei dettagli, vorrei sapere se l'Amministrazione sia pronta ad affrontare simili evenienze e, inoltre, se abbia avviato qualche verifica.

CONCETTA ANNA DI PIETRO, Dirigente ufficio integrazione funzionale e controllo operativo dell'Amministrazione autonoma


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dei monopoli di Stato. Le attività preordinate al recepimento della direttiva sono a buon punto. Abbiamo affrontato il problema e recepiremo anche questa possibilità nel nostro ordinamento, ma pensiamo anche di realizzare un sistema per controllare il fenomeno il più possibile, in modo da garantire il gettito erariale.

PRESIDENTE. Bene. Questa era la risposta che ci premeva ascoltare.

CANIO ZARRILLI, Dirigente ufficio tabacchi lavorati dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Per quanto riguarda la valutazione dell'Amministrazione circa le disposizioni contenute nella legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), l'articolo 1, comma 96, prevede che i soggetti autorizzati a istituire e gestire depositi fiscali di tabacchi lavorati (per la distribuzione all'ingrosso) debbano dimostrare di avere la disponibilità dei locali adibiti a deposito per un periodo di almeno nove anni.
La previsione è stata oggetto di rilievi anche da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, in quanto, oltre ad apparire sproporzionata rispetto alla finalità da conseguire, crea un ostacolo all'ingresso di altri operatori.
La disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 97, attribuisce ai delegati alla gestione dei depositi fiscali di Logista Spa (il più importante distributore di tabacchi lavorati) la facoltà di svolgere in proprio la funzione di depositario autorizzato. In tal modo, lo stesso soggetto diviene, sostanzialmente, concorrente di se stesso.
Condividendo le critiche espresse al riguardo, abbiamo già formulato una proposta di abrogazione.

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Per quanto riguarda la norma da ultimo citata, l'Amministrazione, recependo un'obiezione già formulata dall'Antitrust, ha avanzato un'apposita proposta di modifica per il tramite del gabinetto del Ministro.
Abbiamo proposto di modificare anche la disposizione che richiede il possesso almeno novennale dei locali da adibire a depositi fiscali. Il Presidente Catricalà inviò una missiva specifica su tale tema.

CANIO ZARRILLI, Dirigente ufficio tabacchi lavorati dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. L'abrogazione del citato comma 97 è necessaria. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato l'ha chiesta espressamente.
Per quanto riguarda l'Amministrazione, ci siamo adeguati ai rilievi formulati dall'Autorità in merito alla prestazione delle cauzioni e all'indicazione delle marche (che sono state già abolite).

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Sì, abbiamo già eliminato tali obblighi. Attraverso modifiche o abrogazioni, stiamo attuando, dunque, il superamento di tali prescrizioni.
Per quanto riguarda la questione dei depositi dei sequestri giudiziari, ne abbiamo ancora tre, che hanno costi molti rilevanti e richiedono un impiego di personale non più sostenibile.

FABIO CARDUCCI, Direttore centrale della direzione per l'organizzazione e le risorse dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Abbiamo tre strutture dedicate. Trieste ha un costo significativo, in quanto, a differenza delle altre, l'immobile non è proprietà dell'Amministrazione. Adria e Benevento, invece, sono strutture di proprietà e con dipendenti dell'Amministrazione.
Al direttore è stata data l'autorizzazione a distruggere i tabacchi sequestrati. Sono state bandite gare per gli oltre 3 milioni di chilogrammi presenti a Trieste. È stata anche provata una macchina sul posto, per valutare gli aspetti positivi e negativi dell'operazione. A Trieste, dove soffia la bora, l'abbattimento delle polveri può costituire un problema.
Quindi, stiamo cominciando a distruggere, nei vari siti...


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PRESIDENTE. Potremmo mandarvi un po' di fumatori...

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Il tema del prezzo minimo, Yesmoke, è ormai all'ordine del giorno, anche perché è oggetto di una possibile procedura di infrazione da parte della Commissione europea.
Considerati anche i tempi di un eventuale ricorso alla Corte di giustizia - peraltro, in questa avventura europea non siamo soli -, riteniamo di poter sostenere la bontà della scelta fatta con la legge n. 311 del 2004, che aveva attribuito al Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la delega ad individuare criteri e modalità per la fissazione di un prezzo minimo di vendita delle sigarette. La disposizione era finalizzata non soltanto ad assicurare stabilità al gettito erariale, ma anche a scoraggiare vendite sottocosto, che possono essere rivolte alle categorie più deboli, in particolare ai minori. La norma era dettata, quindi, anche da una finalità di tutela della salute pubblica, oltre che di mantenimento del gettito.
Alcuni operatori Yesmoke hanno contestato il prezzo minimo anche in sede giurisdizionale. Pronunciandosi in sede cautelare, il TAR aveva accolto le doglianze di Yesmoke avverso gli ultimi provvedimenti adottati dall'Amministrazione. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha riformato l'ordinanza del TAR e ha respinto l'istanza cautelare. Adesso, siamo in attesa della pronuncia nel merito da parte del TAR.
La questione dovrà essere affrontata in modo più organico a livello comunitario. Gli incontri presso la Commissione europea si susseguono, perché l'eventuale abolizione del prezzo minimo si rifletterebbe sulla determinazione dell'accisa, determinando un significativo aumento di quest'ultima e, a seguire, un adeguamento dei prezzi al rialzo da parte delle case produttrici, con i rischi a cui abbiamo fatto riferimento in precedenza.
Attualmente, l'ippica è uno dei settori maggiormente in difficoltà. Sono particolarmente sensibile a questo mondo per una serie di ragioni anche personali (per me i cavalli sono importanti, anche se non ne posseggo alcuno). Ritengo necessario superare alcuni equivoci di fondo. Il piano del Ministro Zaia è di grande interesse, perché ridisegna lo scenario. È necessario distinguere nettamente il fenomeno sportivo, quindi lo spettacolo ippico, dal gioco connesso: il primo deve fare da traino al secondo e deve renderlo appetibile. Se non si dimostra interesse verso il fenomeno sportivo - come avviene per il calcio, che è molto seguito e, per tale motivo, attrae quasi tutte le scommesse sportive - non vi può essere un incremento. Modificare il gioco non significa necessariamente garantire un ritorno in termini di maggiore sostenibilità per l'ippica, come fenomeno sportivo, mentre, probabilmente, si può verificare il contrario.
Le iniziative sono state sempre assunte dall'Amministrazione di concerto con l'UNIRE e con gli organi preposti. Anche i provvedimenti di fine anno, con i quali si prevedeva di aumentare il PREU al 13,5 per cento, non hanno intaccato quanto era stato destinato al mondo dell'ippica; aggiungendo il cosiddetto «prelievo UNIRE», al settore sono destinate somme che, pur non essendo cospicue, possono essere reinvestite.
Personalmente, considero necessario uno sforzo comune. L'Amministrazione è pronta ad aprire tavoli con gli operatori, come ha fatto anche recentemente, ma non le si possono attribuire compiti non suoi. Essa si occupa, infatti, delle scommesse ippiche, vale a dire del gioco, non del sottostante fenomeno sportivo. Come ho affermato in premessa, non si può chiedere all'Amministrazione di fare pubblicità al gioco dell'ippica, perché essa, come qualunque amministrazione, deve fare promozione della sua missione istituzionale: la tutela del gioco legale, della trasparenza, della legalità, della responsabilità nel gioco. Più di questo non si può fare. Quindi, è inutile additare l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato come la responsabile del cattivo funzionamento del settore.


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Anche in occasione dell'esame parlamentare dei provvedimenti più recenti, recependo istanze provenienti dal mondo dell'ippica, ci eravamo fatti promotori di modifiche normative - il presidente ne è testimone -, così come abbiamo fatto per il Bingo; tuttavia, le nostre proposte sono state messe da parte all'ultima ora, per ragioni interne a quel settore, non riconducibili in alcun modo all'Amministrazione dei monopoli. Non possiamo fare di più.
Si potrebbe valutare un'eventuale modifica normativa dello schema adottato per il settore delle scommesse sportive (in precedenza, gestite dal CONI), dal cui ammontare complessivo viene prelevata una quota destinata a finanziare le attività del CONI. Fino al 2011-2012, dalle entrate erariali ed extraerariali derivanti dai giochi pubblici con vincita in denaro saranno attinte risorse per l'UNIRE e l'ippica. Si può anche fare un discorso del tipo CONI, in modo da porre un netto discrimine tra il gioco su base ippica e il fenomeno sportivo ippico, sul quale non abbiamo e non rivendichiamo competenze. A noi compete la gestione delle concessioni in materia di giochi, che per quanto ci riguarda, a legislazione vigente, è intangibile. Tutto il resto non ci appartiene: possiamo collaborare, ma non essere additati come responsabili di situazioni in ordine alle quali non abbiamo responsabilità né normative né operative.
Per quanto riguarda il «Gratta e Vinci», ritengo che il legislatore si sia fatto carico di un problema, perché, alla luce della convenzione precedente, si poteva tranquillamente procedere al rinnovo. La tendenza è aprire alle gare, come vuole l'Unione europea, anche il settore del «Gratta e Vinci». Essendo «ricchissimo», era giusto che la sua gestione fosse oggetto di competizione. Tuttavia, il «Gratta e Vinci» richiede particolare attenzione, perché il biglietto del gioco è un valore come il francobollo e la moneta; di conseguenza, per esigenze di sicurezza, la stampa deve essere effettuata da operatori di provata affidabilità. Le norme approvate dal legislatore mirano a garantire che la materia sia gestita da professionisti. È auspicabile che tale criterio sia seguito.
Non vi sono concentrazioni, signor presidente, e condivido il principio dell'esclusività cui lei faceva riferimento: continuo a sostenerlo sebbene sia oggetto di critiche. Desidero illustrare brevemente, quindi, le ragioni dell'Amministrazione.
Quest'anno la raccolta da «Gratta e Vinci» raggiungerà circa 10 miliardi, contro i 9 dell'anno scorso, di cui circa 1,9 miliardi di euro saranno destinati all'erario e una quota consistente ai ricavi degli operatori. Tale raccolta è concentrata in un numero limitato di punti di distribuzione, che sono circa 45.000, ma che aumentano considerando i bar, i corner e le agenzie di scommesse. Il problema connesso all'esclusività sta nel fatto che, se non si copre in modo capillare la distribuzione, si lasciano spazi per la vendita clandestina dei falsi. Recentemente, la Guardia di Finanza ha sequestrato ai confini con la Slovenia 2 milioni di falsi «Gratta e Vinci» stampati in Cina.
La misura mira, dunque, alla riduzione dell'illegalità e non vuole favorire nessuno. Il distributore che opera nella legalità difficilmente accetterà di essere canale di distribuzione del «Gratta e Vinci» clandestino. Ecco perché sosteniamo la tesi dei 10.000 punti vendita. Avevamo proposto 15.000, che forse erano troppi, anche se 10.000 potrebbero rivelarsi pochi. Gli operatori interessati a partecipare alla gara si stanno organizzando in consorzi e raggruppamenti temporanei, in modo da garantire una capillare presenza sul territorio nazionale. Il cittadino del piccolo centro della Calabria (la mia terra) deve, infatti, avere la possibilità di comprare i «Gratta e Vinci» al pari di chi abita, ad esempio, a Roma. Tutti devono avere la possibilità di giocare se lo ritengono coerente con il proprio stile di vita.

PRESIDENTE. Bene, vi ringrazio.
Desideravo porre una domanda sulle rivendite speciali nelle stazioni ferroviarie, ma la formulerò eventualmente in altra sede.


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L'audizione ha dato modo di rilevare l'attenzione che l'Amministrazione dedica ai settori affidati alla sua cura e la necessità - il tema è molto sentito - di rinforzarne la struttura organizzativa. Devo tuttavia osservare come, ormai travolto dalla rincorsa verso i giochi, il settore dei tabacchi evidenzi l'esigenza di un recupero.
Nel ringraziare nuovamente il direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e i suoi collaboratori, ai quali auguriamo buon lavoro, autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 17,15.


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VI Commissione (Finanze)

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