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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VI
38.
Mercoledì 27 luglio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 2

Audizione del Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sulle tematiche relative ai giochi ed alle scommesse, anche alla luce dei recenti interventi normativi in materia (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Conte Gianfranco, Presidente ... 2 7 9 11 12 18 21 23 28
Barbato Francesco (IdV) ... 18
Comaroli Silvana Andreina (LNP) ... 13
Ferrara Raffaele, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ... 2 9 11 12 13 18 22 23
Fogliardi Giampaolo (PD) ... 12
Forcolin Gianluca (LNP) ... 20
Fugatti Maurizio (LNP) ... 11
Sardelli Luciano Mario (PT) ... 19
Soglia Gerardo (PT) ... 20 23
Tagliaferri Antonio, Direttore della direzione per i giochi dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ... 12
Ventucci Cosimo (PdL) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 27 luglio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 14,25.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sulle tematiche relative ai giochi ed alle scommesse, anche alla luce dei recenti interventi normativi in materia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sulle tematiche relative alle scommesse ed ai giochi, anche alla luce dei recenti interventi normativi in materia.
Innanzitutto, formuliamo gli auguri per il prossimo rinnovo dell'incarico al dottor Ferrara, il quale è accompagnato dal dottor Antonio Tagliaferri, direttore della direzione per i giochi, dal dottor Diego Rispoli, direttore della direzione per le accise, dal dottor Roberto Fanelli, responsabile delle attività normative, legali e contenziose, dal dottor Salvatore Lampone, responsabile per i controlli, l'audit e la sicurezza, e dal dottor Michele Giannarelli, addetto stampa.
Dottor Ferrara, le gravi tensioni manifestatesi di recente sui mercati finanziari hanno portato a una rapidissima approvazione del decreto-legge n. 98 del 2011, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria. Tuttavia, la necessità di concludere nel minor tempo possibile l'iter parlamentare del provvedimento ci ha sostanzialmente impedito di approfondire con la consueta attenzione le disposizioni rientranti negli ambiti di competenza della Commissione.
Da qui l'esigenza, che l'audizione odierna mira a soddisfare, di acquisire dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato alcuni elementi informativi in merito all'evoluzione del settore dei giochi, anche alla luce della pressione mediatica originata dal fenomeno delle ludopatie, oggetto di molteplici convegni, del quale la Commissione ha avuto modo di occuparsi, incidentalmente, sia in occasione dello svolgimento di atti di sindacato ispettivo, sia in precedenti audizioni.
Le chiediamo, direttore, di fornirci una descrizione sintetica della normativa introdotta dal decreto-legge n. 98 del 2011, naturalmente con specifico riferimento alle competenze dell'Amministrazione da lei diretta, e di aggiornarci, altresì, riguardo allo stato di avanzamento delle procedure volte alla trasformazione della stessa in agenzia, indicando, eventualmente, le problematiche che hanno finora impedito la concreta realizzazione di tale progetto.
Le do quindi la parola per lo svolgimento della relazione.

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Le disposizioni recate dall'articolo 24 del decreto-legge n. 98 del 2011 si muovono in un solco di continuità,


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almeno per quanto riguarda la parte che può essere ricondotta alla funzione di promozione o suggerimento svolta dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
Non è, invece, riconducibile a iniziative dell'AAMS un'altra parte della citata normativa, relativa ad alcune tematiche che sono state trattate anche in precedenti audizioni.
Sostanzialmente, le nuove norme introducono nella materia dei giochi una maggiore possibilità di controllo, riservando un'attenzione particolare ad alcune aree delicate, come quella riguardante la tutela dei minori, e alla parte tributaria, fino a oggi probabilmente trascurata.
In particolare, le innovazioni seguono tre direttrici fondamentali: la predisposizione di più efficaci strumenti di contrasto dell'evasione fiscale e delle irregolarità commesse nel settore dei giochi; l'espansione dell'area di tutela dei minori; l'allineamento, nella maniera più efficace possibile, della normativa in tema di rettifica e accertamento delle basi imponibili e delle imposte rilevanti ai fini dei giochi con quella applicabile negli altri settori impositivi, anche nel senso che le informazioni e i dati acquisiti dall'AAMS potranno essere utilizzati sia per prevenire, sia per reprimere le violazioni in materia di imposte dirette, IVA, IRAP e via elencando.
L'esame parlamentare del decreto-legge n. 98 del 2011 è stato particolarmente celere per le ragioni ricordate dal presidente, ma credo che la filosofia cui si ispira l'articolo 24 del provvedimento sia comunque degna di apprezzamento.
Ad esempio, il comma 25 della disposizione citata non consente la partecipazione a gare o a procedure a evidenza pubblica, né il rilascio o il rinnovo di concessioni in materia di giochi pubblici, al soggetto il cui titolare o rappresentante legale o negoziale, ovvero il direttore generale o il soggetto responsabile di sede secondaria o di stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, risulti condannato, ovvero imputato o indagato per i reati di associazione per delinquere, associazioni di tipo mafioso anche straniere, ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. Inoltre, il medesimo divieto si applica anche al soggetto partecipato in misura superiore al 2 per cento del capitale o patrimonio da persone fisiche condannate, imputate o indagate per uno di tali delitti.
La materia tributaria è stata completamente rivisitata.
Innanzitutto, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato procede, avvalendosi di procedure automatizzate, alla liquidazione dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, e dei relativi interessi e sanzioni, nonché al controllo della tempestività e della rispondenza rispetto ai versamenti dei concessionari delle informazioni contenute nella banca dati del Ministero dell'economia e delle finanze (comma 1). In mancanza di versamento, le somme dovute a titolo d'imposta unica, interessi e sanzioni per ritardato od omesso versamento sono iscritte direttamente nei ruoli resi esecutivi a titolo definitivo (comma 4).
Inoltre, in analogia con la disciplina che definisce i compiti dell'Agenzia delle entrate in materia di accertamenti relativi a imposte sui redditi e IVA, è previsto che gli uffici dell'AAMS procedono alla rettifica e all'accertamento delle basi imponibili e delle imposte rilevanti ai fini dei singoli giochi, anche sulla base di fatti, atti e violazioni constatati dalla Guardia di finanza o rilevati da altri organi di polizia, anche utilizzando metodologie induttive di accertamento per presunzioni semplici (comma 8).
È stato stabilito altresì, per la prima volta, che gli appartenenti all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato assumono, nei limiti del servizio cui sono destinati e nell'esercizio dei poteri ad essi conferiti dalla leggi in materia fiscale e amministrativa, la qualità di agenti di polizia tributaria (comma 15).
Le norme passate in rassegna, unitamente a quelle che avevamo chiesto e ottenuto, relative alla possibilità di svolgere accertamenti bancari e di intervenire in maniera più significativa sui meccanismi


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di rilevazione degli illeciti fiscali (mi riferisco all'articolo 15, comma 8-duodecies, del decreto-legge n. 78 del 2009, come modificato dall'articolo 1, comma 69, della legge n. 220 del 2010), offrono all'Amministrazione uno strumentario operativo più certo e affidabile, che consentirà di ovviare in maniera più efficace a eventuali patologie nel settore dei giochi.
Abbiamo anche suggerito - e di ciò siamo particolarmente soddisfatti - previsioni sanzionatorie ancora più incisive a presidio del divieto di gioco per i minori.
In altra occasione non era stato possibile accogliere le nostre iniziative, cosicché, per circostanze non previste e non prevedibili, era mancata, fino al 31 dicembre dello scorso anno, una disposizione che stabilisse un divieto generale di gioco da parte dei minori.
Successivamente, l'articolo 1, comma 70, secondo periodo, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità 2011) ha introdotto per la prima volta nell'ordinamento, con effetto dal 1o gennaio 2011, un espresso divieto a consentire la partecipazione dei minori di anni diciotto ai giochi pubblici con vincita in denaro.
Sennonché, ritenevamo francamente insufficiente, sotto il profilo della deterrenza, l'apparato sanzionatorio posto a presidio del suddetto divieto. A nostro avviso, le sanzioni previste dal terzo periodo del menzionato articolo 1, comma 70, della legge n. 220 del 2010 andavano rafforzate, per richiamare l'attenzione degli operatori sulla necessità di impedire effettivamente, mediante gli opportuni controlli, l'accesso dei minori ai locali di gioco. L'elevazione della sanzione amministrativa pecuniaria applicabile alla violazione del divieto e la previsione di sanzioni accessorie, da noi suggerite, dovrebbero garantire in maniera più efficace, non soltanto, dal punto di vista della prevenzione, il rispetto del predetto divieto, ma anche la repressione delle eventuali violazioni.
Inizialmente, avevamo ipotizzato anche altri interventi, che si è deciso, in seguito, di accantonare.
Ciò nonostante, la maggior parte delle proposte da noi formulate ha trovato pieno accoglimento nell'articolo 24 del decreto-legge n. 98 del 2011. In virtù delle nuove disposizioni di cui al comma 21 della disposizione, la violazione del divieto di gioco per i minori può essere punita, indipendentemente dalla sanzione amministrativa pecuniaria, con la chiusura temporanea degli esercizi commerciali, dei locali o dei punti di offerta del gioco e, in caso di commissione di tre violazioni nel corso di un triennio, addirittura con la revoca di qualunque autorizzazione o concessione amministrativa da parte di tutte le competenti autorità, alle quali l'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato indirizzerà apposita comunicazione.
Secondo noi, si tratta di un progresso significativo nel processo di miglioramento del quadro normativo, cui non può non essere sottesa, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, la fondamentale esigenza di tutela dei soggetti deboli e, in particolare, dei minori.
Allargando il discorso, la Commissione ricorderà che l'articolo 15-ter del decreto-legge n. 78 del 2009 ha assegnato all'AAMS (anche in questo caso c'era stata una nostra proposta) il compito di promuovere un piano straordinario di contrasto del gioco illegale, avvalendosi di un apposito Comitato, presieduto dal Direttore generale dell'Amministrazione stessa. Si tratta di una struttura interforze: ne fanno parte rappresentanti di vertice della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza e dell'Amministrazione autonoma, ma la sua composizione potrà essere integrata da altri soggetti, la cui partecipazione dovesse essere ritenuta necessaria.
Il Comitato per la prevenzione e la repressione del gioco illegale, la sicurezza del gioco e la tutela dei minori, cui attribuiamo molta importanza, ha il compito di pianificare e coordinare interventi organici, sistematici e capillari sul territorio nazionale, con particolare e specifica attenzione all'attività di prevenzione e repressione dei giochi on-line illegali.


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Insediatosi a ottobre dello scorso anno, il Comitato ha già promosso, nel primo semestre di quest'anno, rilevanti iniziative, dei cui esiti dovremmo avere piena e particolareggiata conoscenza nelle prossime settimane.
Tuttavia, al di là del numero delle sanzioni comminate e delle contestazioni elevate - l'obiettivo era di intervenire nel settore degli apparecchi da divertimento, ma non solo -, il ritorno positivo delle predette iniziative è consistito, innanzitutto, nell'efficacia del messaggio comunicato agli operatori del settore: per la prima volta, infatti, l'amministrazione dello Stato e tutte le forze dell'ordine hanno dimostrato di poter operare congiuntamente, e in modo coordinato, come forza d'urto contro eventuali fenomeni illegali.
Lo strumento del controllo coordinato sarà utilizzato ancora di più nei prossimi mesi. In particolare, sono programmati, per il prossimo autunno, altri interventi, in occasione dei quali si darà molta importanza - questo è l'orientamento del Comitato - alla verifica del rispetto del divieto di gioco per i minori. Il nuovo strumentario normativo, sul quale mi sono soffermato in precedenza, costituirà sicuramente un valido ausilio.
Nel settore dei giochi - il dato è ormai di comune conoscenza -, le entrate continuano a essere caratterizzate da un trend di crescita esponenziale. Per quest'anno si prevede un ulteriore incremento della raccolta, il cui volume complessivo dovrebbe attestarsi intorno ai 70 miliardi di euro, contro i 61 del 2010. Ancora una volta, più del 50 per cento di tale somma è riferibile al settore delle new slot, agli apparecchi da divertimento, mentre sono discontinui gli andamenti degli altri settori, tra i quali crescono in modo significativo e costante i giochi on-line.
Per quanto riguarda i giochi tradizionali, Lotto e Superenalotto, quest'ultimo risente molto dei livelli di jackpot raggiunti: dopo i noti jackpot degli anni precedenti, si è registrata una fase di calo, legata all'elemento psicologico; ora sembra ripresentarsi il trend degli anni precedenti, in cui i consistenti jackpot hanno reso i montepremi particolarmente appetibili.
Anche il gioco del Lotto ha avuto una buona performance nell'ultimo scorcio dell'anno.
Tengo a precisare che alla crescita del volume complessivo della raccolta non corrisponde una crescita proporzionale delle entrate. È diversa, infatti, l'incidenza della tassazione.
Nei giochi tradizionali, come il Lotto e il Superenalotto, l'imposizione fiscale incide in una misura che va dal 25-30 per cento fino al 50 per cento. In tali casi, quando la raccolta ha un trend positivo, il ritorno per l'erario è più che proporzionale rispetto alle medie; se, invece, la raccolta cala, anche l'erario ne risente di più.
In altri settori, come quello dei giochi on-line, le aliquote d'imposta sono più basse.
Nel caso delle new slot, com'è noto alla Commissione, il prelievo erariale unico, di cui all'articolo 39, comma 13, del decreto-legge n. 269 del 2003, è determinato a scaglioni, applicando l'aliquota del 12,6 per cento alla parte di raccolta fino all'ammontare rilevato nel 2008, e aliquote discendenti (dall'11,6 per cento fino all'8 per cento) in relazione a scaglioni di incremento prestabiliti rispetto alla raccolta del 2008.
È molto più bassa l'incidenza dell'imposta unica sulle scommesse (mediamente, essa è intorno al 4-4,5 per cento).
Alla base delle evidenziate differenze vi sono ragioni non soltanto tecniche. Quando fu varata la riforma del 2003, si pensò di utilizzare la leva fiscale per rendere più competitivo il sistema legale rispetto a quello illegale.
Il trattamento diversificato è da ricondurre, quindi, non soltanto a esigenze erariali, ma anche allo specifico intento di rendere più appetibile il gioco legale rispetto al gioco illegale, attraverso una più compiuta regolamentazione del mercato del gioco. In una situazione nella quale la sottrazione a ogni forma di tassazione favorisce il gioco illegale, è evidente che il trattamento tributario dei giochi legali


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deve essere calibrato in modo da costituire un fattore di erosione dell'area dell'illegalità. Questa è la ragione per la quale la tassazione è più elevata in alcuni settori e più bassa in altri.
Complessivamente, andando a memoria, nel primo semestre dell'anno in corso abbiamo registrato una crescita della raccolta intorno al 19 per cento rispetto al medesimo periodo del 2010, con un crescita delle entrate erariali che, come ho già rilevato, non è proporzionale a quella dei volumi di raccolta dei singoli giochi, ma più elevata nei casi in cui è più alta l'incidenza dell'imposizione fiscale: nel Lotto, ad esempio, si è registrato un notevole incremento della raccolta, che ha innalzato il livello delle entrate.
Questo è il quadro generale.
A margine, mi sia consentito ribadire anche in questa sede particolarmente qualificata - mi pare che il tema sia stato implicitamente richiamato dal presidente nella sua introduzione - la preoccupazione che ho già manifestato in molteplici occasioni: i carichi, gli impegni, gli obiettivi e le prospettive di regolamentazione di un mercato come quello affidato alla gestione dell'Amministrazione dei monopoli di Stato sono assolutamente incompatibili con le risorse, umane e materiali, di cui l'Amministrazione medesima dispone attualmente.
Si tratta di un aspetto per noi fondamentale, oggetto di continue riunioni tra i pochi dirigenti. Si pensi che è presente all'audizione odierna tutta la dirigenza di vertice dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, eccettuato il capo del personale.
L'articolo 1 della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità 2011) ha opportunamente prescritto, al comma 77, che il Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato avvii senza indugio l'aggiornamento dello schema-tipo di convenzione accessiva alle concessioni per l'esercizio e la raccolta non a distanza, ovvero comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici, con l'obiettivo di selezionare concessionari dotati almeno dei requisiti di cui alla lettera a) del comma 78 (attinenti alla forma giuridica, alla sede legale e operativa, al titolo abilitativo, al fatturato complessivo, alla capacità tecnico-infrastrutturale, alla solidità patrimoniale, alla prevenzione dei conflitti di interessi degli amministratori, agli speciali requisiti di affidabilità, onorabilità, professionalità e indipendenza degli amministratori, del presidente e dei procuratori, ovvero di alcuni di essi), che accettino di sottoscrivere convenzioni recanti clausole, condizioni e termini idonei ad assicurare il rispetto dei numerosi obblighi elencati dalla lettera b) del medesimo comma (sui quali sarebbe eccessivo dilungarsi in questa sede).
Ebbene, le nuove incombenze previste a carico dei concessionari si riflettono anche sull'attività dell'Amministrazione, la quale deve procedere, tra l'altro, alla verifica del possesso e del rispetto dei predetti requisiti e obblighi, a ispezioni, ad accessi, ad acquisizioni di documentazione, all'emanazione di direttive concernenti l'erogazione dei servizi da parte dei concessionari e la separazione contabile e amministrativa, alla verifica dei costi delle prestazioni, comparandoli con quelli analoghi in altri Paesi, alla segnalazione alla competente Autorità di ipotesi di violazione della legge n. 287 del 1990.
Tutti questi adempimenti, e altri che non ho menzionato, richiedono conoscenze tecnico-professionali di cui l'Amministrazione, in questo momento, non dispone.
Ai dipendenti dell'AAMS sono richieste dalle nuove disposizioni conoscenze che non hanno mai fatto parte del loro bagaglio culturale e professionale, difficilmente rinvenibili - posso affermarlo anche alla luce delle mie precedenti esperienze professionali (nel settore bancario e in altre aziende, nel Corpo della Guardia di finanza come ufficiale e, successivamente, come direttore dell'Agenzia delle entrate) - in altre amministrazioni pubbliche o in aziende private, a meno che non si faccia riferimento a società di revisione contabile, le quali hanno competenze specifiche in materia di bilanci.


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A fronte di tutte le incombenze cui ho fatto cenno, in questa e in altre occasioni, non è oggettivamente possibile che l'Amministrazione dei monopoli continui ad avere, in totale, soltanto sei direttori, me compreso, dirigenti di prima fascia, e poco meno di trenta dirigenti di seconda fascia, distribuiti negli uffici periferici operanti sul territorio nazionale.
Signor presidente, lei ha accennato alla trasformazione in agenzia fiscale, prevista già dall'articolo 40, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007. L'iter è stato avviato e i decreti attuativi arriveranno presto - spero - all'attenzione delle competenti Commissioni parlamentari, ai fini dell'espressione del prescritto parere.
Per citare alcuni numeri, l'Agenzia del territorio, che assolve compiti di primaria importanza, rispetto ai quali non sono sicuramente da meno, però, quelli affidati all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, ha più o meno trecento dirigenti, l'Agenzia delle entrate ne ha circa mille, di cui più o meno trenta di prima fascia, e l'Agenzia delle dogane ne avrà, credo, in numero più o meno corrispondente a quello dell'Agenzia del territorio.
Qualcuno vorrà spiegarmi come si possa governare, a regime, un mondo come quello dei giochi e dei tabacchi con un organico di dirigenti così ristretto.
Oggi ci stiamo occupando del settore dei giochi, ma non dobbiamo dimenticare che c'è anche l'area dei tabacchi, che assicura un gettito erariale superiore a quello dei giochi. Il dottor Rispoli è responsabile della direzione per le accise.
Tra tabacchi e giochi, l'Amministrazione dei monopoli governa più o meno 22-23 miliardi di euro di gettito erariale. Si tratta della seconda voce, per entità di gettito, nel panorama delle agenzie fiscali, e non è assolutamente possibile immaginare che settori di tale rilevanza per l'erario possano essere governati con un organico all'interno del quale figurano soltanto sei posizioni dirigenziali di prima fascia.
Lo ripeto ancora una volta e coram populo: riusciamo ad andare avanti perché il nostro personale, che non perdo mai l'occasione di ringraziare per la sua disponibilità, si sta prodigando in maniera encomiabile. Tuttavia, la gestione ordinaria di un'amministrazione non può basarsi sui sacrifici del personale, dirigente e non, soprattutto con gli attuali carichi e responsabilità.
Del resto, penso che questa sia la sede più idonea per sollevare problemi di questo tipo, per chiedere una maggiore compatibilità tra le attività richieste e gli strumenti forniti per espletarle, al fine di rendere l'Amministrazione sempre più efficiente e capace di produrre servizi all'altezza delle aspettative.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

COSIMO VENTUCCI. Innanzitutto, ringrazio il dottor Ferrara.
Non è certo la prima volta che ci incontriamo, e so che il grido di dolore lanciato dal direttore generale è già risuonato nelle orecchie di coloro che sono chiamati più direttamente a effettuare le valutazioni del caso.
In generale, se l'Agenzia del territorio ha trecento dirigenti, l'Agenzia delle entrate mille e quella delle dogane duecentottanta, il panorama è sconcertante: posta l'esigenza di tagliare le spese, mi sembra che la pubblica amministrazione debba compiere uno sforzo responsabile. Si tratta di una responsabilità che riguarda tutti.
Rimane il fatto che l'Amministrazione dei monopoli di Stato assolve i propri compiti con sei dirigenti di prima fascia e trenta di seconda.
Seguo le vicende del comparto da molto tempo e, quindi, ricordo le iniziative di Vincenzo Visco e tutti i provvedimenti in materia di giochi approvati a partire dal 2000.
Occorre distinguere, secondo me, due aspetti. Il primo è quello fiscale. Da questo punto di vista, gli sforzi di riorganizzazione dell'AAMS hanno prodotto risultati ampiamente positivi, ove si consideri che


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dal settore dei giochi provengono entrate per circa dieci miliardi di euro. Ciò va ascritto anche al notevole spirito di sacrificio del gruppo dirigente dell'Amministrazione, il quale si è assunto, nei primi anni 2000, responsabilità che andavano ben al di là di quelle che lo Stato poteva legittimamente chiedere ai propri funzionari.
Non si può sottacere che, a quel tempo, il settore dei giochi era completamente allo sbando, in mano alla criminalità organizzata e a gruppi di potere locali, i quali, pur non essendo criminali con la pistola in tasca, realizzavano introiti enormi senza versare alcunché allo Stato.
La situazione è molto cambiata, e sono convinto che la Commissione prenderà atto della carenza di dirigenti negli organici dell'AAMS. Sappiamo tutti cosa significhi disporre di personale particolarmente qualificato, in grado di prendere le decisioni più appropriate nei vari momenti della vita di un ente.
Da un diverso punto di vista, l'impetuoso sviluppo che ha caratterizzato il settore dei giochi sta creando situazioni anomale.
Non voglio dilungarmi per non togliere spazio ai colleghi, ma mi consenta di esprimere, direttore, la preoccupazione che si possa ritornare alla situazione precedente. Se i provvedimenti che dovranno essere assunti nei confronti dei concessionari (per non parlare di chi gestisce materialmente gli apparati) - pure ispirati, astrattamente, da validissime ragioni - non terranno conto degli sforzi compiuti da costoro per produrre una raccolta di 70 miliardi di euro, che ha procurato allo Stato 10 miliardi di euro di entrate, si finirà non per risolvere i problemi, ma per crearli.
Andando direttamente agli aspetti più scottanti, mi riferisco a due questioni in particolare.
La prima concerne la lentezza dei collaudi relativi ai sistemi di gioco VLT. Da un anno a questa parte, è stato abilitato soltanto il 40 per cento degli apparecchi per i quali i concessionari hanno inoltrato richiesta. Insomma, gli operatori lamentano questa pecca di natura tecnica. Forse, la maggiore organizzazione permette ad alcune società di seguire percorsi prioritari. Comunque, si tratta di problemi che si presentano in altre situazioni analoghe.
L'altra questione che desidero segnalare riguarda i requisiti e gli obblighi previsti a carico dei concessionari. Ebbene, non si può imporre a questi ultimi di azzerare i debiti con i Monopoli, indebitandosi con le banche, e poi stabilire, appena un anno dopo, che le società non possono avere debiti: così non può funzionare. I requisiti di solidità patrimoniale stanno creando problemi, che, secondo me, devono essere affrontati.
Mi pare - e le chiedo scusa, direttore, se il rilievo che mi accingo a formulare le apparirà eccessivamente severo - che per dieci anni vi sia stato un colloquio stretto tra l'AAMS e gli operatori (e riconosco che c'è voluto un certo stomaco per parlare con alcuni soggetti...), che è servito a mettere in linea con insopprimibili esigenze di legalità il comparto dei giochi. In quest'ultimo periodo, invece, sembra che tale colloquio sia venuto meno, che vi sia una difficoltà di comunicazione, forse anche per questioni di carattere economico.
Ho letto - non so se lei potrà confermarlo, direttore - che c'è un certo interesse da parte degli investitori esteri. Questo è un fatto positivo. Naturalmente, l'Amministrazione deve verificare l'identità di tali soggetti, i quali, se non erro, hanno già immesso 300 milioni di euro nel segmento delle VLT, la cui messa in esercizio presuppone adempimenti e verifiche estremamente costosi.
Le chiedo, direttore, se i provvedimenti di recente emanazione, relativi ai requisiti oggettivi delle società concessionarie, possano essere rivisti (mi pare che i dieci maggiori concessionari abbiano espresso il proprio assenso a una determinata scadenza, forse non ultimativa). È possibile sedersi intorno a un tavolo con le società concessionarie, non per svolgere attività sindacale, sia ben chiaro, ma per verificare la situazione economico-finanziaria di questi soggetti, che comunque godono della fiducia della pubblica amministrazione?


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RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Innanzitutto, occorre sgombrare il campo dagli equivoci: la normativa sulle VLT non è stata proposta dai Monopoli di Stato e, pertanto, non è possibile attribuircene la paternità. Si tratta di disposizioni che saranno applicate come la legge ha stabilito.
Ciò premesso, mi stupiscono le lamentele circa una presunta difficoltà di dialogo con l'Amministrazione. A me risulta, infatti - e potranno confermarlo i miei collaboratori -, che ci sia stata un'intensa interlocuzione con tutti i concessionari, soprattutto con i dieci storici, in occasione dell'emanazione del decreto interdirigenziale 28 giugno 2011 (ricordo che tale provvedimento definisce i requisiti sulla base dei quali l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato valuta il possesso di un'adeguata solidità patrimoniale da parte delle società di capitali concessionarie del gioco pubblico esercitato e raccolto non a distanza). Non è corretto, quindi, fare riferimento a tale decreto come a un atto calato dall'alto, mediante il quale l'Amministrazione avrebbe esercitato un potere autoritativo discrezionale (il che non è mai avvenuto, tanto meno nella circostanza cui stiamo facendo riferimento).
Che poi il decreto possa essere ulteriormente vagliato, ed eventualmente modificato, è tutto da verificare.
D'altro canto, se si analizza il provvedimento - a firma del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e del Ragioniere generale dello Stato - in maniera asettica, accantonando, per il momento, il discorso relativo al rapporto d'indebitamento, ci si avvede che esso dà esatta attuazione alle disposizioni recate dall'articolo 1, commi 77 e seguenti, della legge n. 220 del 2010.
Peraltro, la disciplina introdotta dalla legge di stabilità 2011 non è frutto dell'elaborazione dell'Amministrazione (non avevamo neanche le capacità tecniche per concepirla in quel modo), ma è, probabilmente, la trasposizione nel settore dei giochi della normativa vigente per le concessioni autostradali.
Il decreto interdirigenziale 28 giugno 2011 - ripeto - non ha fatto altro che dare concreta attuazione alla disciplina puntuale di cui alle citate disposizioni di legge, che esso non poteva certo modificare, anche per quanto riguarda i requisiti di solidità patrimoniale.
Avendo lavorato anche nel settore bancario, onorevole Ventucci, so bene che le banche concedono finanziamenti soltanto alle imprese che possiedono requisiti, oggettivi e soggettivi, tali da comprovarne la capacità di restituire quanto ricevuto. Perché un criterio analogo non dovrebbe valere anche per i nostri concessionari? Non è logico pretendere che la rete distributiva dei giochi sia costituita da operatori dotati di adeguati mezzi patrimoniali e finanziari, idonei a far fronte a tutte le obbligazioni (tributarie e non) verso l'AAMS e lo Stato?
D'altra parte, nel predisporre i bandi di gara, nonché lo schema-tipo della convenzione accessoria alle concessioni - già in essere quando ho assunto la guida dell'Amministrazione, ma che condivido -, ci siamo attenuti ai principi comunitari in materia di selezione concorrenziale.
So di toccare argomenti delicati, ma gradirei incontrare coloro che hanno esposto le proprie lamentele a lei, onorevole Ventucci, senza avere la coerenza di venire a parlarne con noi. Ci muovono molte accuse sgradevoli, e spesso e volentieri propongono ricorsi giurisdizionali avverso i nostri provvedimenti. Perché hanno remore a venire da noi? Se si comportano così, ci deve essere qualche altro motivo.

PRESIDENTE. Mi fa venire in mente, direttore, la vicenda della moratoria dei debiti delle piccole e medie imprese: all'inizio, poiché dovevano palesare la propria situazione di difficoltà finanziaria, gli imprenditori non presentavano domanda alle banche, temendo di vedersi revocare gli affidamenti.

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.


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Con noi un rischio simile non esiste. L'Amministrazione è stata bistrattata per molti anni, ma spero che la situazione sia cambiata da quando la dirigo: mi attribuisco almeno questo merito.
Passando al tema specifico del rapporto di indebitamento, onorevole Ventucci, il valore che lo esprime non è, di norma, superiore a 2; nel decreto interdirigenziale 28 giugno 2011, invece, io e il Ragioniere generale dello Stato abbiamo previsto che esso possa assumere un valore non superiore a 4. Non sto sostenendo che tale valore sia immutabile, perché si può ragionare: venendo in rilievo elementi tecnici, siamo pronti a ricevere qualunque suggerimento provenga dalla Commissione o da altri soggetti qualificati. Tengo a dire, comunque, che abbiamo già tenuto conto della situazione complessiva nella quale si sono trovati i concessionari.
Circa due anni fa, costoro sono stati chiamati a versare 15.000 euro per ciascun apparecchio VLT, e ciò ha portato nelle casse delle Stato più di 850 milioni di euro. È verosimile ritenere che alcuni concessionari abbiano fatto fronte a tale obbligo mediante finanziamenti bancari. Tuttavia, il cash inflow che caratterizza il comparto dei giochi consentiva di sostenere l'onere anche attraverso l'autofinanziamento.
Tra l'altro - mi sia consentito rilevarlo -, è giusto che chi decide di investire nel settore impieghi non soltanto capitali di terzi, ma anche i propri. L'obiettivo dell'analisi di solidità patrimoniale è, infatti, quello di verificare che ci sia un giusto equilibrio tra capitali appartenenti all'imprenditore e quelli che costui si procura ricorrendo all'indebitamento (ad esempio, presso il sistema bancario). Essa rivela la capacità dell'imprenditore di sostenere le esigenze finanziarie connesse alla gestione corrente e di realizzare investimenti duraturi senza ricorrere all'indebitamento.
Posso aggiungere che condivido l'impalcatura generale delle disposizioni di legge cui è stata data attuazione con il decreto interdirigenziale del 28 giugno scorso. Volendo cercare qualche neo, tali disposizioni potrebbero essere considerate troppo specifiche e, probabilmente, troppo simili a quelle che riguardano altri comparti concessori. La mia sensazione, come ho già accennato, è che sia stata operata una sorta di trasposizione della disciplina relativa alle concessioni autostradali, senza quegli aggiustamenti che sarebbe stato opportuno introdurre, in considerazione degli elementi di diversità dei due settori. Comunque, ribadisco di condividere l'impalcatura generale della disciplina, che mira a garantire l'affidabilità, anche sul piano patrimoniale e finanziario, dei concessionari dei giochi.
Il comma 77 dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010 ha previsto che l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato avviasse senza indugio l'aggiornamento dello schema-tipo della convenzione accessoria alle concessioni per l'esercizio e la raccolta non a distanza, o comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici. Ciò affinché, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, vale a dire entro il 30 giugno 2011, i concessionari ai quali sono già consentiti l'esercizio e la raccolta di tali giochi potessero sottoscrivere l'atto integrativo occorrente per adeguare i contenuti della convenzione ad alcuni principi di cui al comma 78 del medesimo articolo.
Prima del 30 giugno abbiamo incontrato i concessionari, recependone le indicazioni. Ecco perché ci stupisce, oggi, che essi abbiano sollevato la questione della mancanza di dialogo. Ci sarà, probabilmente, l'effetto psicologico cui faceva riferimento lei, signor presidente, ma non penso che il motivo reale sia quello.
Noi siamo pronti a vagliare ogni suggerimento, naturalmente entro la cornice disegnata dal legislatore. È la legge che ci indica come muoverci: non possiamo, né vogliamo, fare di più o di meno rispetto a quanto essa ci impone. Il nostro compito è assicurare il buon andamento del settore affidato alle nostre cure. Se gli interessi dell'erario saranno soddisfatti, con la dovuta attenzione per la tutela degli aspetti sociali collegati al gioco, l'Amministrazione avrà svolto bene il proprio lavoro. Non


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abbiamo interesse, invece, a creare contrapposizioni: non l'abbiamo fatto finora, e non lo faremo in futuro.

PRESIDENTE. Direttore, c'è una questione che non è stata affrontata. Se un concessionario è stato costretto a indebitarsi per far fronte a un onere previsto da una normativa precedente, e appena un anno dopo gli si chiede, come requisito per sottoscrivere un atto integrativo alla convenzione, di non essere troppo indebitato, ciò potrebbe danneggiare chi superi l'indice di indebitamento richiesto, favorendo di fatto qualcun altro.
Questo problema richiederebbe, forse, un approccio più soft: un conto è avere la concessione di un'autostrada, che genera continuamente cash inflow (ciò nonostante, le opere di manutenzione sono sempre rinviate), un altro è partecipare a gare complesse come quelle bandite nel settore dei giochi. Credo che il collega Ventucci volesse segnalare questo tema.

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Signor presidente, credo che non si possano attribuire all'amministrazione compiti che sono propri della legislazione, pena uno spostamento delle responsabilità connesse alle due attività. Se il legislatore non ha attribuito rilevanza alle valutazioni sulle quali lei si è da ultimo soffermato, come avrebbe potuto farlo l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato? Se ci fossimo spinti fino a tanto, saremmo stati tacciati di avere debordato dai nostri compiti e di avere abusato delle nostre potestà.
Il decreto è modificabile, tenendo conto, tuttavia, dei vincoli fissati dalla norma: è questa che prevede l'adeguamento delle convenzioni. Se la legge avesse previsto l'applicazione delle nuove disposizioni soltanto alle future convenzioni, noi avremmo fatto esattamente questo. Invece, il comma 79 dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010 ha stabilito che fossero integrate anche le convenzioni in essere, per adeguarne i contenuti ad alcuni principi di cui al comma 78 del medesimo articolo.
Ripeto che la disposizione non è frutto della nostra elaborazione. A noi competeva l'emanazione, congiuntamente alla Ragioneria generale dello Stato, di un decreto che desse concreta attuazione al dettato della legge: questo è il punto fondamentale. Se la norma sarà modificata, come a questo punto è auspicabile, modificheremo immediatamente anche il decreto interdirigenziale, per renderlo coerente con le nuove disposizioni legislative.

PRESIDENTE. Trovo che questo rimpallo di responsabilità sia sbagliato, perché la disciplina che stiamo commentando non è stata scritta da soggetti completamente estranei al settore.
L'audizione odierna nasce, come altre, dal fatto che ci ritroviamo, sovente, ad approvare disposizioni i cui effetti non sono stati approfonditi in maniera adeguata. Il problema si genera, in particolare, quando un provvedimento legislativo - nel nostro caso, la legge di stabilità per il 2011 - non viene esaminato con la dovuta attenzione dal Parlamento, presso il quale esso effettua soltanto un veloce transito.
Se c'è la necessità di apportare correzioni, è giusto che il Parlamento abbia piena cognizione degli effetti prodotti da disposizioni che non sono state vagliate in maniera adeguata.

MAURIZIO FUGATTI. La domanda che desidero porre esula dall'argomento di cui si è discusso finora.
L'articolo 1, comma 50, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale, l'evasione e l'elusione fiscale nel settore del gioco, nonché di assicurare l'ordine pubblico e la tutela del giocatore, ha attribuito all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato il compito di stabilire, nel rispetto degli obblighi comunitari, le modalità per procedere alla rimozione dell'offerta, attraverso le reti telematiche o di telecomunicazione, di giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro in difetto di concessione, autorizzazione, licenza od


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altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla stessa Amministrazione.
In proposito, vorrei sapere se disponiate di riscontri concreti circa l'efficacia di tale attività di contrasto, anche in termini di spostamento degli utenti verso le più sicure piattaforme legali.

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Signor presidente, chiederei al dottor Tagliaferri di intervenire.

PRESIDENTE. Prego, dottor Tagliaferri.

ANTONIO TAGLIAFERRI, Direttore della direzione per i giochi dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Per dare risposta alla sua domanda, onorevole Fugatti, sarà sufficiente evidenziare alcuni dati.
Negli ultimi anni, è stata compiuta una vasta attività di deviazione dei tentativi di collegamento ai siti illegali on-line: alla fine del 2008, abbiamo monitorato più di 400 milioni di tentativi di accesso ai siti inibiti. Ciò significa, in concreto, che i tentativi di collegamento sono stati reindirizzati su un'apposita pagina web di AAMS, nella quale si segnala l'impossibilità di collegamento al sito, in quanto non rientrante tra quelli muniti della prescritta autorizzazione. Attualmente, i siti inibiti sono circa 3.000.
I numeri ci dicono che siamo riusciti a recuperare al settore legale moltissime persone che, in precedenza, si indirizzavano verso l'area, grigia o nera, dell'illegalità. Infatti, la raccolta del gioco legale on-line, che era, nel 2008, di circa 1,4 miliardi di euro, nel 2010 è stata di circa 4,9 miliardi di euro: questo è l'effetto concreto delle nostre iniziative.

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. La procedura di inibizione dei siti illegali è stata concepita dall'Amministrazione, perché non esisteva una norma che la prevedesse esplicitamente (è stata anche contestata, senza successo, in sede giurisdizionale). Si tratta di un'iniziativa assunta tempo fa - non ne ho, quindi, il merito -, che è stata particolarmente apprezzata in sede comunitaria.
A tale proposito, desidero segnalare che l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato - la quale avrà molti difetti, ma, evidentemente, anche qualche pregio, che è giusto evidenziare - ha recentemente sottoscritto con la francese ARJEL (Autorité de régulation des jeux en ligne) un accordo di cooperazione internazionale per la lotta contro il gioco illegale e la tutela dell'etica sportiva. L'accordo, il primo in assoluto a livello comunitario, è stato indicato dalla Commissione europea come un esempio da seguire nel settore dell'offerta del gioco a distanza.
In occasione delle trattative che hanno preceduto la stipula, abbiamo fornito all'Autorità di regolazione francese, su sua richiesta, ogni informazione concernente l'attività di inibizione dei siti illegali, da noi sperimentata con successo, come ha riferito il dottor Tagliaferri, già da alcuni anni.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Svolgo il mio intervento affinché rimanga agli atti la mia posizione in tema di giochi, che ho avuto modo di ribadire più volte in questa sede.
In breve, ritengo immorale che lo Stato incameri entrate attraverso il gioco.
Il direttore Ferrara ha posto l'accento, nell'ampia relazione, sulla questione della tutela dei minori. Ebbene, credo che analoga tutela dovrebbe essere estesa, in qualche modo, anche a quei maggiorenni che dilapidano interi stipendi per giocare con le slot machine.
L'entità della raccolta dei giochi nel primo semestre del 2011 (che lascia immaginare, ove si confermi il trend attuale, una raccolta complessiva annuale di oltre 70 miliardi di euro), e il sensibile incremento percentuale rispetto al medesimo periodo del 2010, mi fanno inorridire.


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Tutti noi abbiamo la possibilità di verificare come intorno al mondo dei giochi si muovano - soprattutto nei grossi centri, dove gli operatori più importanti hanno aperto grandi sale dedicate ai giochi - personaggi molto spesso squallidi, provenienti da ambienti nei quali regnano, purtroppo, il malcostume e la disperazione.
Non rivolgo il mio sfogo ai rappresentanti dei Monopoli di Stato, i quali mi potrebbero rispondere, giustamente, che l'attività di gioco è permessa dalla legge e che noi siamo il legislatore.
Affronto il tema, ancora una volta, affinché rimanga agli atti tutta la mia disapprovazione e, in secondo luogo, per ricordare ai colleghi della Commissione quanto sia urgente occuparsi - lo permettono, del resto, i tempi e l'andamento della legislatura - di taluni aspetti problematici legati al cosiddetto gioco legale, che rovina tantissime famiglie.
Quando entriamo nei bar, la mattina, per prendere un caffè, già alle 7,30 notiamo persone intente a giocare. Si tratta di situazioni molto diffuse, che, come legislatori, dovremmo avere il coraggio di affrontare nel modo giusto.
È immorale che lo Stato realizzi introiti in questo modo. Non ritengo valida, a tale proposito, l'obiezione secondo la quale, senza il gioco legale, controllato dallo Stato, si svilupperebbero quello illegale e i connessi fenomeni delinquenziali: anche il commercio di sostanze stupefacenti prospera nell'illegalità, ma non per questo il legislatore ha deciso di legalizzare le droghe, per evitare che le spaccino i trafficanti e per incamerare nuove entrate tributarie. Da un punto di vista etico - non aggiungo di solidarietà cristiana, perché mi esporrebbe ad altre obiezioni -, è immorale che lo Stato legalizzi il gioco per fare cassa.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Desidero avere dal direttore Ferrara alcune precisazioni.
La prima riguarda il divieto di gioco per i minori: possiamo affermare che tutti i giochi sono effettivamente inaccessibili ai minori, o vi sono ancora aree non comprese nel divieto? Se non sbaglio, sembra che ci sia la possibilità di utilizzare in maniera fraudolenta alcune tipologie di apparecchi da divertimento. Mi può dare una spiegazione, direttore?
Una questione ormai vecchia è quella riguardante i 98 miliardi di penalità. Soprattutto dopo la conversione in legge del decreto-legge n. 98 del 2011, alcuni cittadini mi hanno chiesto perché, invece di approvare una manovra «lacrime e sangue», non abbiamo pensato di riscuotere le predette penalità. Le chiedo, direttore, di darmi una spiegazione tecnica, in modo che possa riferire alla gente che me lo chiede perché non riusciamo a riscuotere una somma così ingente.
Passo a un'ultima richiesta. Leggendo i giornali, apprendiamo quotidianamente della scoperta, anche grazie alle verifiche della Guardia di finanza, di situazioni d'illegalità. Per fortuna, i controlli stanno aumentando. Ebbene, mi piacerebbe conoscere anche l'esito di tali attività e, in particolare, se si riesca anche ad ottenere qualche risultato in seguito all'accertamento delle irregolarità.

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Il divieto di gioco per i minori riguarda, in generale, tutti i giochi pubblici che consentono una vincita in denaro. Sono esclusi dal divieto, di conseguenza, gli apparecchi e congegni da divertimento ed intrattenimento senza vincita in denaro, contemplati dall'articolo 110, comma 7, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto n. 773 del 1931 (più specificamente, si tratta di apparecchi e congegni elettromeccanici che distribuiscono, direttamente e immediatamente dopo la conclusione della partita, premi consistenti in prodotti di piccola oggettistica, non convertibili in denaro, ovvero sono di semplice intrattenimento, essendo la durata della partita variabile in relazione all'abilità del giocatore).
Si sono verificati casi in cui il gioco è stato dissimulato come intrattenimento, ma il fenomeno è stato piuttosto contenuto.


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Nell'azione di verifica periodica si controlla anche tale aspetto, ma non si riscontrano particolari problemi: da questo punto di vista, la situazione è rassicurante.
È comunque importante l'attività di controllo. A me capita, abbastanza spesso, di notare persone di minore età, o che sembrano tali, nelle adiacenze di punti di offerta di gioco nei quali sono installate new slot. In questi casi, naturalmente, segnalo immediatamente la circostanza alla sede competente della Guardia di finanza.
L'articolo 24, comma 21, del decreto-legge n. 98 del 2011 ha previsto, per la prima volta, che il titolare dell'esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di offerta del gioco, all'interno dei predetti esercizi, identifica i giocatori mediante richiesta di esibizione di un idoneo documento di riconoscimento.
In linea di principio - ripeto - l'utilizzo surrettizio degli apparecchi e congegni di cui all'articolo 110, comma 7, lettere a) e c), del predetto testo unico delle leggi di pubblica sicurezza non assume una particolare evidenza patologica.
Risponderò prima alla domanda concernente i controlli e gli accertamenti, perché quella relativa alle penalità richiede un'esposizione più lunga.
Premetto che, negli ultimi anni, il legislatore si è orientato nel senso di rendere possibile l'utilizzazione dei dati rilevati dalla Guardia di finanza, dagli altri organi di polizia e dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ai fini delle rettifiche e degli accertamenti relativi alle altre imposte di competenza dell'Agenzia delle entrate.
Per quanto riguarda, in particolare, il settore dei giochi, l'articolo 15, comma 8-duodecies, del decreto-legge n. 78 del 2009, come modificato dall'articolo 1, comma 69, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità 2011) dispone, da un lato, che i soggetti pubblici incaricati istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza e gli organi di polizia giudiziaria che, a causa o nell'esercizio delle loro funzioni, vengono a conoscenza di fatti o atti che possono configurare violazioni amministrative o tributarie in materia di giochi, scommesse e concorsi pronostici, li comunicano all'ufficio dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e al comando provinciale del Corpo della guardia di finanza territorialmente competenti (terzo periodo). Inoltre, la medesima disposizione prevede che gli organi di polizia giudiziaria, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, che può essere concessa anche in deroga all'articolo 329 del codice di procedura penale, trasmettono all'ufficio dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e al comando provinciale del Corpo della guardia di finanza territorialmente competenti documenti, dati e notizie acquisiti nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria, ai fini del loro utilizzo nell'attività di contestazione e accertamento amministrativo e fiscale. Rimane ferma, naturalmente, l'autonomia dei procedimenti penali e amministrativi.
La risposta alla sua domanda, onorevole Comaroli, è dunque affermativa.
Aggiungo che sono state notevolmente inasprite le sanzioni previste per l'alterazione degli apparecchi da intrattenimento.
Qual era il meccanismo utilizzato? Occorre premettere che gli apparecchi sono tutti collegati, tramite rete telematica, al sistema di controllo della Sogei, partner tecnologico dell'Amministrazione. Di conseguenza, i dati di gioco sono comunicati, in via telematica, al sistema informatizzato di controllo della Sogei. Sulla base dei dati comunicati vengono liquidate le imposte, cioè il PREU, e si procede all'iscrizione a ruolo o all'eventuale accertamento.
Un fenomeno illecito che ha caratterizzato il settore per molto tempo, almeno fino alla fine del 2009, consisteva nel «taroccare» l'apparecchio, in modo da non trasmettere al sistema centralizzato tutti i dati della raccolta di gioco. Più specificamente, o era attiva, presso il punto di gioco, una macchina completamente sconosciuta, non dotata di nulla osta per la distribuzione e/o per la messa in esercizio, oppure la macchina era dotata dei predetti nulla osta, ma erano


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alterati i dispositivi elettronici di comunicazione con il sistema centralizzato di controllo.
Dopo alcune proroghe del regime precedente, è stato introdotto un nuovo dispositivo, che ha reso più difficile l'alterazione dei dati. Infatti, fino al 2009, il settore degli apparecchi da intrattenimento aveva fatto registrare una crescita di circa il 10 per cento, anno su anno, mentre nei primi sette od otto mesi del 2010 si è verificato un incremento del 23 per cento: se ne può fondatamente dedurre che molti di coloro che sottraevano imponibile, alterando gli apparecchi, non hanno potuto più farlo. È chiaro che, entrato a regime il nuovo sistema, le crescite del 2011 sul 2010 sono state più contenute: siamo nell'ordine del 3-4 per cento di crescita dei volumi.
Abbiamo inasprito anche le sanzioni in materia di prelievo erariale unico. Il comma 2 dell'articolo 39-quinquies del decreto-legge n. 269 del 2003, come modificato dall'articolo 24, comma 18, del decreto-legge n. 98 del 2011, stabilisce che, nelle ipotesi di apparecchi che erogano vincite in denaro o le cui caratteristiche consentono il gioco d'azzardo, privi del nulla osta per la messa in esercizio di cui all'articolo 38, comma 5, della legge n. 388 del 2000, e successive modificazioni, e nelle ipotesi di apparecchi e congegni muniti del predetto nulla osta, il cui esercizio sia qualificabile, tuttavia, come illecito civile, penale o amministrativo, si applica la sanzione amministrativa dal 240 al 480 per cento dell'ammontare del prelievo erariale unico dovuto, con un minimo di euro 5.000 (il testo precedente prevedeva, invece, l'applicabilità della sanzione amministrativa dal 120 al 240 per cento dell'ammontare del prelievo erariale unico dovuto, con un minimo di euro 1.000).
Oltre a ciò, le nuove disposizioni hanno introdotto alcune modifiche in materia di determinazione forfetaria del prelievo erariale unico (che ha qualche attinenza anche con la questione dei 98 miliardi di penalità, di cui dirò tra poco).
Come sapete, l'articolo 39-quater, comma 3, del decreto-legge n. 269 del 2003 dispone che, in presenza di apparecchi e congegni per i quali i dati relativi alle somme giocate non siano memorizzati o leggibili, risultino memorizzati in modo non corretto o siano stati alterati, gli uffici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determinano induttivamente l'ammontare delle somme giocate sulla base dell'importo forfetario giornaliero, definito con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
Quindi, il sistema già prevede che, quando la macchina non comunica il dato, o perché è stata alterata, o perché si verifica un qualsiasi malfunzionamento, intervenga un meccanismo secondario, che consente comunque di determinare l'imponibile giornaliero, cui è applicato il prelievo erariale unico in maniera forfetaria.
Peraltro, nella scheda di gioco di ciascun apparecchio vi sono circuiti sui quali risiedono svariati contatori progressivi (del volume di euro introdotti e restituiti, delle partite effettuate e via dicendo), i quali continuano a registrare tutti i dati di gioco anche nel caso di mancata comunicazione degli stessi al sistema centrale. Ciò vuol dire che l'Amministrazione ha, in prima battuta, la possibilità di applicare il prelievo erariale unico sulla base del valore forfetario giornaliero della raccolta e, successivamente, di procedere al conguaglio tra quanto versato a titolo forfetario e quanto effettivamente dovuto, tenendo conto dei dati risultanti dai predetti contatori progressivi.
Mi rimane soltanto da dire, al riguardo, che l'importo forfetario giornaliero del PREU è stato aumentato del 100 per cento dall'articolo 24, comma 17, del decreto-legge n. 98 del 2011. Il raddoppio di tale importo, nonché delle sanzioni amministrative applicabili in caso di illecito, rende poco conveniente l'alterazione dei dispositivi di comunicazione con il sistema centrale.
Passando alla questione dei 98 miliardi di euro, anche a me rivolgono spesso,


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onorevole Comaroli, la domanda che hanno posto a lei. Poiché il tema è agli onori della cronaca da molto tempo, è opportuno fare un po' di chiarezza.
I 98 miliardi di euro di cui discutiamo corrispondono al complesso delle penali calcolate dal Procuratore regionale per il Lazio della Corte dei conti, il quale, a dicembre del 2007, ha chiesto alla Sezione giurisdizionale per il Lazio della Corte medesima, in via principale, di condannare al pagamento di tale somma (oltre interessi e rivalutazione monetaria), in favore del Ministero dell'economia e delle finanze, in solido tra loro e con alcuni dirigenti dell'Amministrazione, i dieci concessionari del servizio pubblico di attivazione e conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito con vincite in denaro, mediante apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Il Procuratore regionale ha contestato alle società concessionarie di aver violato gli obblighi di servizio previsti dall'articolo 22, comma 1, della legge n. 289 del 2002 e dalla convenzione di concessione, cagionando l'inefficace funzionamento del servizio pubblico, nonché lo sperpero delle molteplici risorse finanziarie pubbliche impiegate, a vario titolo e in vario modo, nella prevenzione e nel contrasto del gioco illegale.
Più specificamente, le inadempienze contestate dal Procuratore regionale riguardano: il mancato avviamento della rete telematica alla data del 13 settembre 2004, nonché il mancato completamento della rete entro la data del 31 ottobre 2004; il mancato completamento dell'attivazione della rete entro il 31 dicembre 2004; a far data dal 1o gennaio 2005, il mancato inserimento in rete di molti apparecchi installati e muniti di nulla osta per la messa in esercizio; dal 1o luglio 2005, il mancato rispetto dei livelli di servizio relativi allo scambio di informazioni con l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
Ad esempio, poiché il livello di servizio prevedeva la fornitura del messaggio di risposta ai fini della raccolta dei dati di gioco, tramite il gateway di accesso, entro trenta minuti dalla richiesta, era prevista l'applicazione, in caso di inosservanza, di una penale di 50 euro per ogni ora di ritardo dopo i primi trenta minuti di tolleranza.
Se si considera che per ogni giorno di ritardo nell'avviamento della rete era stabilita una sanzione di 10.000 euro, che per ogni giorno di ritardo nel completamento dell'attivazione della rete era prevista una sanzione di 20.000 euro e che, per ogni apparecchio non in rete dopo il 1o gennaio 2005, la sanzione applicabile era di 5 euro, ci si rende conto di come sia stato possibile arrivare a un ammontare di penali pari a circa 98 miliardi di euro.
Tutti gli inadempimenti contestati ai concessionari dalla Corte dei conti si sono verificati nella fase di start-up del sistema, dal 2004 al 2005, quando si sono susseguite normative che prevedevano termini di attuazione particolarmente stringenti.
Se si siano verificati fenomeni patologici lo chiarirà la magistratura, nelle sedi opportune; tuttavia, devo precisare subito, per esigenze di chiarezza, che i 98 miliardi di euro erano frutto della mancata applicazione delle penali contrattuali, non dell'imposta.
Quello che ho esposto è, a grandi linee, il quadro di riferimento, il dato storico, la cui valutazione, sotto il profilo dell'individuazione di eventuali responsabilità, è di competenza di altri organi.
Per quanto riguarda, in particolare, le attività compiute dall'Amministrazione, in concomitanza o poco dopo l'iniziativa della Corte dei conti, le sanzioni calcolate dal Procuratore regionale per il Lazio (e, prima ancora, dalla Commissione presieduta dal Sottosegretario Grandi) sono state irrogate con appositi provvedimenti ai dieci concessionari, i quali hanno proposto ricorso giurisdizionale al TAR per il Lazio.
Il TAR ha annullato i provvedimenti, ritenendo che essi fossero stati emanati dall'Amministrazione violando i diritti di partecipazione dei concessionari al procedimento sanzionatorio e, soprattutto, cumulando


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tutte le penali possibili dalla scadenza dei vari termini, senza rispettare il principio di proporzionalità e omettendo di verificare la coerenza delle stesse con l'equilibrio del sinallagma nella prestazione del servizio.
Ricordo, peraltro, che codesta Commissione aveva approvato, già a luglio 2007, la risoluzione Nannicini n. 7-00254, che impegnava il Governo ad adottare tutte le necessarie iniziative, anche di carattere normativo, affinché il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato procedesse, d'intesa con i soggetti interessati, alla revisione delle convenzioni di concessione, prevedendo, in particolare, che l'eventuale applicazione di penali fosse disposta nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.
I contenuti della risoluzione erano fatti propri dal Vice Ministro dell'economia Visco, il quale emanava apposita direttiva rivolta al direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. In attuazione del richiamato atto d'indirizzo, e in conformità alla direttiva impartita dal Vice Ministro, veniva predisposto un atto aggiuntivo alla convenzione di concessione, finalizzato, tra l'altro, alla rimodulazione del sistema delle penali, attuata introducendo, accanto al principio del danno effettivamente arrecato, anche i principi di ragionevolezza e proporzionalità.
L'atto aggiuntivo veniva sottoposto al preventivo esame, in sede consultiva, del Consiglio di Stato, il quale esprimeva il proprio autorevole assenso, osservando, peraltro, che la commissione prevista dall'articolo 27, comma 4, della convenzione di concessione, cui era demandata la definizione delle procedure e dei criteri per la rilevazione, il calcolo e l'arrotondamento delle penali, dovesse essere costituita da tre esperti estranei all'Amministrazione.
Successivamente, sulla base della nuova formulazione recepita nell'atto aggiuntivo, l'Amministrazione riavviava, nei confronti dei concessionari, il procedimento sanzionatorio relativo a tutte e quattro le penali, con specifica riserva, in relazione alla quarta, di dare corso ad ulteriori attività all'esito dei lavori della suddetta commissione.
Sono state comminate, quindi, le prime tre sanzioni, per gli inadempimenti relativi ai seguenti obblighi convenzionalmente assunti dai concessionari: avviamento della rete telematica entro il settantacinquesimo giorno dalla data di pubblicazione dell'elenco dei concessionari, collegando un numero di apparecchi pari ad almeno il 5 per cento del numero di apparecchi di gioco indicati nella dichiarazione iniziale; completamento dell'attivazione della rete entro il 31 ottobre 2004, collegando il 95 per cento degli apparecchi di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), punti 3 e 4, della convenzione; collegamento del residuo 5 per cento degli apparecchi entro il 31 dicembre 2004.
I concessionari hanno proposto impugnativa davanti al TAR per il Lazio, il quale, con sentenze depositate nei mesi di novembre e dicembre 2009, ha respinto i ricorsi, ritenendo che i provvedimenti sanzionatori fossero immuni dai vizi prospettati in sede giurisdizionale.
Tuttavia, i concessionari hanno appellato le sentenze del TAR, che sono state annullate dal Consiglio di Stato.
Per quanto riguarda le prime tre penali, dunque, i concessionari nulla devono, allo stato, all'Amministrazione.
Con riferimento, invece, al mancato rispetto dei livelli di servizio e allo scambio telematico di informazioni con l'Amministrazione, devo ricordare che, formalizzata la mia nomina a direttore generale, ho ritenuto necessario rivedere, in considerazione dell'importanza della materia, la composizione della commissione di cui all'articolo 27, comma 4, della convenzione, cui era demandata la definizione delle procedure e dei criteri per la rilevazione, il calcolo e l'arrotondamento delle penali.
Il predetto organo, meglio noto come commissione Monorchio, era presieduto, in realtà, dal dottor Domenico Oriani, già presidente di sezione della Corte dei conti. A ricoprire la carica di componente anziano


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e presidente emerito operativo ho ritenuto di chiamare colui che aveva rappresentato la più alta espressione della dirigenza statale, il professor Monorchio, la cui autorevolezza era, ed è, unanimemente riconosciuta. Il terzo componente era un magistrato ordinario in servizio presso il tribunale di Roma, il consigliere Adelchi d'Ippolito, che peraltro svolgeva le funzioni di vice capo dell'ufficio legislativo finanze del Ministero dell'economia e delle finanze.
A conclusione dei propri lavori, la commissione predisponeva, a luglio 2009, una relazione nella quale, oltre a definire i criteri da utilizzare per la concreta determinazione delle penali previste in relazione al funzionamento del gateway di accesso - che definiamo, con locuzione riassuntiva, quarta penale - manifestava il timore che l'entità di tali penali, ove travalicasse determinati limiti di equilibrio contrattuale, potesse violare i principi di ragionevolezza e proporzionalità. Conseguentemente, la commissione invitava l'Amministrazione a valutare la possibilità di adottare misure correttive idonee a ricondurre a razionalità amministrativa l'applicazione del sistema sanzionatorio.
Abbiamo quindi chiesto all'Avvocatura generale dello Stato se i risultati cui l'Amministrazione era pervenuta fossero coerenti con gli anzidetti principi, indicati come fondamentali nelle sedi parlamentare, giurisdizionale, consultiva e tecnico-amministrativa.
Ritenendo che vi fosse una disarmonia nel sistema delle penali convenzionali, l'Avvocatura suggeriva di ricondurre a un giusto equilibrio l'intero apparato sanzionatorio, rappresentando l'opportunità di seguire, a tal fine, un criterio di omogeneità metodologica rispetto alle tre penali già comminate.
Ci siamo rivolti, pertanto, al Consiglio di Stato in sede consultiva, il quale, con il parere n. 4408 del 2010, ha avallato - in quanto idoneo a consentire una quantificazione correlata a tutti gli elementi rilevanti e l'adozione di una penale coerente con il pregiudizio arrecato all'interesse pubblico - il criterio della modulazione degli importi delle penali, in funzione della durata di ciascun inadempimento e del numero degli apparecchi coinvolti, fino a un limite massimo.
Utilizzando tali criteri, abbiamo contestato gli inadempimenti che danno luogo all'applicazione della quarta penale ai dieci concessionari, i quali potranno formulare le proprie controdeduzioni entro i termini stabiliti.
È prevedibile, comunque, che i concessionari propongano l'ennesimo ricorso al TAR.

PRESIDENTE. Vuole indicarci, direttore, l'entità della quarta penale?

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Si tratta all'incirca di 60 milioni di euro, ripartiti tra i dieci concessionari. Spero che paghino.
Affinché tutto sia chiaro, non è superfluo precisare che il tema sul quale ci siamo soffermati attiene alle modalità di svolgimento del rapporto tra l'AAMS e i concessionari: poiché questi ultimi sono incorsi in violazioni degli obblighi assunti, l'Amministrazione ha applicato, mediante provvedimenti amministrativi, le penali specificatamente previste dalla convenzione.
Resta in piedi, ovviamente - a prescindere dall'esito dei giudizi promossi in sede giurisdizionale amministrativa avverso i provvedimenti di irrogazione delle penali convenzionali -, il procedimento dinanzi alla Corte dei conti, nel quale si dovrà accertare, invece, se i medesimi inadempimenti dei concessionari abbiano determinato un danno erariale, e in quale misura: per saperlo, dovremo attendere la conclusione del giudizio.

PRESIDENTE. Mi pare che il direttore abbia chiarito entrambe le vicende.

FRANCESCO BARBATO. Desidero innanzitutto ringraziare il direttore Ferrara, a nome mio e del gruppo Italia dei Valori, che ho l'onore di rappresentare in questa Commissione, per tutte le informazioni che ci ha fornito oggi.


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Poiché la stima che nutro nei suoi confronti è nota, posso affermare subito che la sua relazione ha rafforzato una convinzione che avevo già maturato: il direttore generale sembra un pilota di Formula 1 costretto a guidare un'auto che, a causa di carenze tecniche, non è in grado di tenere in maniera adeguata la pista.
Passando alle domande, ho l'impressione che la vexata quaestio del contenzioso con i concessionari rappresenti una sorta di peccato originale in cui sono coinvolti l'AAMS, la politica e tutto il resto: non si riesce a venirne a capo! Caro direttore, noi stiamo svolgendo alcune riflessioni al riguardo e, soprattutto, stiamo valutando quali atti ciascuno di noi dovrà responsabilmente mettere in campo, ma non mi piace, in linea di principio, che un'amministrazione statale si presenti in questo modo.
Partendo dai controlli, malgrado le nuove disposizioni abbiano previsto sanzioni più severe a carico di chi consente la partecipazione dei minori ai giochi con vincita in denaro, sembra che non sia stato chiuso, finora, alcun locale di gioco, ricevitoria o agenzia di raccolta di scommesse. Eppure, nei filmati mostrati da alcune trasmissioni televisive è documentato come i minori entrino indisturbati nelle sale da gioco, al cui interno possono fare ciò che vogliono. Non pensa quindi, direttore, che i controlli siano inadeguati?
Mi sembra, peraltro, che i funzionari dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato assistano alle partite di calcio della Serie A unicamente per attestare il risultato finale degli incontri. Se sono di questo tipo i controlli che svolgete, non mi sembrano adeguati.
Non le pare, inoltre, che vi sia un conflitto tra l'attività di concessionario e quella di gestore di sale da gioco?
Passando all'inadeguatezza della struttura organizzativa, in relazione ai compiti sempre più numerosi e complessi affidati all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, poiché il settore dei giochi veleggia, in base ai dati del primo semestre, verso i 70 miliardi di raccolta annua - il che significa, purtroppo, che stiamo diventando sempre di più un Paese di giocatori -, le chiedo, direttore, se ritenga di poter rimanere alla guida dell'AAMS nella situazione da lei descritta.
In proposito, volendo riprendere l'immagine del pilota di Formula 1, questi sa bene che ogni inefficienza della vettura rischia di compromettere la sua incolumità personale.
Pensa che ci sia una responsabilità della politica? Vorrei, direttore, che la sua risposta fosse caratterizzata dalla stessa onestà che ha contraddistinto il suo accorato appello.
L'AAMS non è posta in condizione di lavorare bene, mentre altre amministrazioni finanziarie hanno molti dirigenti. Avete chiesto un adeguamento? Se non l'avete fatto, c'è una responsabilità vostra; se, invece, avete richiesto l'adeguamento, ma non vi è stato concesso, con la conseguenza che non avete potuto curare al meglio un settore così delicato come quello dei giochi, allora c'è una responsabilità politica.
Nei giorni scorsi, abbiamo visto il portavoce del PdL, Capezzone, appoggiare la trasformazione in sala giochi dei locali dell'ex cinema Palazzo, a Roma. Devo confessare che fatti simili mi spaventano: ho l'impressione che la politica - posto che tutto dipenda dalla politica - voglia mantenere l'Amministrazione dei monopoli di Stato in una situazione di debolezza, allo scopo di rendere più forti i vari soggetti che stanno dall'altra parte.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Direttore Ferrara, la ringrazio per il lavoro che l'AAMS svolge e anche per l'esposizione molto chiara.
Il primo quesito che intendo porre riguarda i cosiddetti «totem». Questi apparecchi hanno lavorato per quattro anni, durante i quali l'Amministrazione ha attribuito 87 concessioni, emanando un bando per altre 300. C'erano aziende anche italiane che li producevano e 2 milioni di persone comunque censite, riconoscibili e tracciabili. Qual è l'orientamento attuale? Perché tutto è fermo?


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Quanto alle VLT, che sono gli apparecchi di maggiore resa, ce ne sono più di 20.000 attive su 57.000. Il problema sta nelle verifiche tecniche di conformità condotte da Sogei. In particolare, si sono verificati problemi di allineamento di alcune piattaforme con i sistemi di controllo del partner tecnologico dell'AAMS. Si è in attesa che, forse fra un anno, o forse domattina, tutti gli inconvenienti verificatisi siano superati. Tuttavia, questo modo di procedere non appare corretto, dal momento che, se 37.000 apparecchi non sono in funzione, i relativi introiti vanno perduti.
Infine, due questioni riguardano il rapporto tra pubblica amministrazione e organo legislativo.
Da questo punto di vista, direttore, lei ha fatto innanzitutto notare, in maniera puntuale, e direi anche brillante, come talune disposizioni possano risultare, sotto il profilo finanziario, eccessivamente penalizzanti per il settore.
Un'altra problematica che ha voluto segnalare è relativa al personale.
Se l'Amministrazione, al di là della delle considerazioni da lei svolte in questa sede, direttore, ha da sottoporre al Parlamento ulteriori valutazioni, potrà farlo anche in seguito, magari facendo pervenire alla Commissione una relazione scritta e circostanziata: in questo modo, potremmo analizzare meglio i punti controversi e i nodi da sciogliere, e poi prendere le nostre decisioni in merito.
Sarebbe quanto mai opportuno disporre di un testo scritto, concernente le criticità normative alle quali, secondo l'Amministrazione, occorrerebbe dare soluzione.

GIANLUCA FORCOLIN. Anch'io le porrò due sintetici quesiti, direttore.
Con riferimento alle difficoltà dovute alla carenza di personale dirigenziale, e alla necessità di un assetto organizzativo che consenta all'AAMS di adempiere senza affanno compiti sempre più complessi, ritiene possibile immaginare una partecipazione degli enti locali all'attività di accertamento nei settori di competenza dell'Amministrazione, sulla falsariga di quella già attuata con l'Agenzia delle entrate?
In effetti, i comuni già svolgono, a livello territoriale, importanti verifiche. Penso, ad esempio, agli uffici della polizia locale, che procedono a svariati controlli, periodicamente o anche su segnalazioni dei cittadini.
Nell'ottica del federalismo, credo che gli enti territoriali, in ragione delle loro specificità, possano fornire un valido supporto anche per quanto riguarda le problematiche evidenziate nell'audizione odierna. Peraltro, se abbiamo riguardo alla tutela dei minori e alle attività di monitoraggio e deterrenza rispetto ai fenomeni illegali, i sindaci possono essere considerati già in prima linea. Chiedo, quindi, se l'AAMS ritenga di poter avallare una simile impostazione.
In merito ai 70 miliardi di raccolta, una scomposizione territoriale del dato complessivo ci aiuterebbe a capire e a sviluppare le nostre riflessioni con maggiore cognizione di causa. Grazie.

GERARDO SOGLIA. Desidero sapere, direttore, se sia stata ispirata dall'Amministrazione, e per quali motivi, la disposizione recata dall'articolo 24, comma 33, del decreto-legge n. 98 del 2011, che istituisce il Bingo a distanza, stabilendo un'aliquota d'imposta inferiore del 2 per cento rispetto a quella vigente per il Bingo di sala.
Perché questa disparità di trattamento del Bingo rispetto agli altri giochi, assoggettati a un'aliquota omogenea, indipendentemente dalle modalità di gioco (fisico ovvero a distanza)?
Ricordo che mi sono fatto promotore di alcune iniziative parlamentari a favore delle imprese concessionarie del Bingo fisico, le quali hanno dovuto far fronte, in questi ultimi anni, a una situazione di notevole sofferenza economica.
In tale contesto, ritengo necessario evitare che l'evidenziata disparità di trattamento ponga in una posizione di svantaggio competitivo le predette concessionarie, equiparando l'aliquota d'imposta applicabile al gioco fisico e a quello on-line.


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PRESIDENTE. Direttore, le domande che le porrò riguardano questioni che i colleghi non hanno sollevato.
La prima attiene ai requisiti prescritti per la partecipazione alla procedura di selezione per l'affidamento in concessione della realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante gli apparecchi da divertimento e intrattenimento di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto n. 773 del 1931.
In proposito, non capisco, francamente - e mi assumo la responsabilità di ciò che sto per dire, consapevole del valore che possono assumere certe affermazioni, soprattutto se fatte nelle sedi parlamentari -, cos'abbia indotto a stabilire, all'articolo 24, comma 25, del decreto-legge n. 98 del 2011, che non può partecipare a gare o a procedure ad evidenza pubblica, né ottenere il rilascio o il rinnovo di concessioni in materia di giochi pubblici il soggetto il cui titolare o rappresentante legale o negoziale, ovvero il direttore generale o il soggetto responsabile di sede secondaria o di stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, risulti anche soltanto indagato per uno dei delitti previsti dagli articoli 416, 416-bis, 648, 648-bis e 648-ter del codice penale, ovvero, se commesso all'estero, per un delitto di criminalità organizzata o di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.
Ho stima e fiducia massime nell'operato della magistratura, ma mi sembra esagerato espellere da un segmento di mercato - sostanzialmente, di questo si tratta - un soggetto che è semplicemente indagato, soprattutto quando viene in considerazione una società quotata in borsa (oggi, peraltro, può provocare l'apertura di un'indagine preliminare per associazione di tipo mafioso anche una conversazione per strada fra tre o più persone).
Mi si potrebbe obiettare che esiste la Commissione antimafia, e che dobbiamo tenere conto, nel nostro lavoro di parlamentari, delle indicazioni provenienti da settori cui sono attribuite specifiche competenze. Tuttavia, poiché la politica è anche mediazione, non possiamo non avere la giusta considerazione per gli interessi complessivi della pubblica amministrazione, nonché dei mercati.
Capisco che si preveda, sulla base della normativa europea, l'esclusione dagli appalti di coloro che risultano condannati o imputati, ma mi lascia molto perplesso, conoscendo le lungaggini della giustizia nel nostro Paese, che osti alla partecipazione a una gara il semplice fatto di essere sottoposti a indagini preliminari.
Passando a un altro argomento, abbiamo ascoltato in audizione, alcuni giorni fa, i rappresentanti dell'Associazione italiana degli istituti di pagamento, sulle tematiche attinenti al sistema dei pagamenti alla luce del recepimento nell'ordinamento italiano della direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno.
Ebbene, vorrei sapere se l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato stia affrontando tale problematica, anche in relazione al fatto che sta aumentando, nel mercato (mi riferisco, naturalmente, al settore delle tabaccherie), il peso dei predetti servizi.
Prendiamo il caso di Sisal Holding Finanziaria Spa, società già iscritta nell'elenco generale degli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del decreto legislativo n. 385 del 1993, che ora ha presentato istanza alla Banca d'Italia per poter operare come istituto di pagamento. Mi risulta che gli introiti derivanti dall'attività di prestazione di servizi di incasso e pagamento nei confronti del pubblico, che la società svolge anche attraverso la controllata Sisal Spa, siano arrivati quasi allo stesso livello dei proventi derivanti dai giochi.
Ciò comporta, evidentemente, la necessità di una valutazione complessiva del ruolo delle tabaccherie e dei punti di gioco disseminati nel Paese. A tale proposito, ritengo che la normativa introdotta dall'articolo 24, comma 42, del decreto-legge n. 98 del 2011 produrrà gli stessi effetti di un aborto naturale.
Nel nostro Paese convivono, curiosamente, due atteggiamenti contrapposti: da


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un lato, spingiamo per la liberalizzazione di alcuni settori; dall'altro, ci rifiutiamo di razionalizzare i punti di vendita di generi di monopolio, predisponendo, anzi, una regolamentazione che innalza una sorta di recinzione intorno a quelli esistenti. Uno degli strumenti utilizzati per compiere questa seconda operazione è quello dei requisiti, o criteri, di produttività minima.
Per far comprendere come dovrebbe intendersi, secondo me, la produttività, mi è sufficiente fare l'esempio dei distributori di carburanti, ai quali l'articolo 28, comma 8, del decreto-legge n. 98 del 2011 consente, oltre all'esercizio della somministrazione di alimenti e bevande (fermi restando, naturalmente, il rispetto di determinate prescrizioni e il possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità), l'esercizio dell'attività di un punto di vendita non esclusivo di quotidiani e periodici, senza limiti di ampiezza della superficie dell'impianto, nonché l'esercizio della vendita di pastigliaggi.
In un Paese nel quale Poste Italiane Spa chiude i propri uffici nei territori montani, nonostante i nostri sforzi, quando affrontiamo l'esame di provvedimenti in materia di montagna o di piccoli comuni, non si riesce a capire che la valutazione di redditività deve essere condotta avendo riguardo a un complesso di elementi.
In particolare, nel caso delle tabaccherie, la redditività dovrebbe essere valutata tenendo conto, oltre che dei proventi della vendita di tabacchi, anche degli introiti derivanti dall'offerta di servizi.
Tornando all'esempio del distributore di carburanti, una rete di distribuzione omogenea deve considerare che tale attività può diventare redditizia, anche nel paese di montagna, se unita alla vendita di tabacchi, alla ricevitoria e ai servizi di pagamento.
Per questo motivo, non condivido la proposta della Federazione italiana tabaccai di consentire l'apertura delle rivendite speciali esclusivamente presso quei distributori che erogano almeno due milioni di litri annui di carburanti: significherebbe dare tale possibilità soltanto alle aree di servizio collocate sulle autostrade o su strade a scorrimento veloce.
Qual è la sua opinione al riguardo, direttore?

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Onorevole Barbato, ribadisco l'incompatibilità dell'attuale assetto organizzativo dell'Amministrazione con i compiti ad essa affidati, che diventano sempre più complessi, e con gli obiettivi, sempre più ambiziosi, che si intendono perseguire attraverso la sua azione.
Tutti gli appartenenti all'Amministrazione hanno sopperito alle attuali carenze con notevoli sacrifici, allo scopo di garantire comunque una gestione il più possibile efficiente.
Possiamo continuare ad affrontare con il consueto spirito di sacrificio le sfide che una realtà complessa quotidianamente ci propone, come abbiamo fatto finora - con risultati che sono sotto gli occhi di tutti -, ma non è possibile immaginare che il nostro apparato organizzativo debba rimanere immutato: l'Amministrazione ha bisogno di una riforma profonda, in termini qualitativi e quantitativi.
Ho fatto presente più volte, in ogni sede, l'esigenza di un adeguamento della nostra dotazione organica. Tra l'altro, ho proposto l'assunzione in deroga di giovani funzionari in possesso di determinate capacità tecniche (ad esempio, informatiche). Ho rappresentato la predetta esigenza non soltanto a voce, ma anche per iscritto, e non è la prima volta, come sapete, che ne parlo in questa sede. Ovviamente, ogni decisione al riguardo spetta al Governo e al Parlamento.
Finora, le nostre richieste finora non sono state accolte, se non in parte. Riteniamo necessario, quindi, uno scatto, un deciso passo in avanti, onde consentire all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato di svolgere al meglio le proprie funzioni di regolazione e controllo del comparto dei giochi, di dare risposte tempestive, qualificate e quantitativamente


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adeguate alle istanze provenienti da un settore che è delicatissimo sotto diversi profili.
Anche nella situazione attuale, non mi sento votato al suicidio, onorevole Barbato: cerco semplicemente di garantire con ogni mezzo il buon funzionamento dell'Amministrazione che dirigo.
Se le mie eventuali dimissioni potessero semplificare il processo di adeguamento organizzativo, sarei pronto a rassegnarle immediatamente. In altre parole, se la mia presenza dovesse ostacolare in qualche modo il suddetto processo, sarei pronto a farmi da parte senza alcun indugio.
Non penso, tuttavia, che un mio abbandono sarebbe di ausilio. Ritengo, piuttosto, che il compito di chi ha la responsabilità di vertice di strutture importanti sia quello di tentare con tutte le proprie forze, in ogni sede, di ottenere ciò che ritiene giusto per migliorare l'efficienza dell'amministrazione che dirige o di cui fa parte. Attenendomi a questa regola di condotta, continuerò a profondere tutto il mio impegno a favore dell'AAMS, fino a quando lo riterrò coerente con i miei principi.
La prego, onorevole Barbato, di leggere il mio sfogo iniziale, che confermo in toto, come uno stimolo per tutti: questa è una sede qualificatissima, nella quale abbiamo la possibilità di rappresentare in maniera compiuta tutte le nostre esigenze.

PRESIDENTE. Poiché ha affrontato la questione della dotazione organica, direttore, ci può fornire qualche informazione sul personale proveniente da altri uffici del Ministero dell'economia e delle finanze?

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Per effetto della chiusura delle direzioni territoriali dell'economia e delle finanze, disposta dall'articolo 2, comma 1-ter, del decreto-legge n. 40 del 2010, sono transitate nei ruoli dell'AAMS, a domanda, circa 1.300 unità di personale.
Ciò ha consentito l'apertura di sedi provinciali e di sezioni distaccate. Tuttavia, in quasi tutte le nuove sedi manca un dirigente responsabile.
Si tratta di personale animato da una grande buona volontà. Stiamo riscontrando sul campo l'aspirazione di questi nuovi colleghi a entrare appieno in meccanismi che non conoscevano, ma è chiaro che il mutamento radicale dello scenario operativo postula un'adeguata formazione.
Infatti, il personale transitato all'AAMS dalle direzioni territoriali dell'economia e delle finanze deve passare dallo svolgimento di funzioni fondamentali e importanti, certamente, ma di tipo amministrativo, ad attività che sono, invece, di natura prettamente operativa, la cui esecuzione richiede fasi di formazione e di rodaggio difficilmente conciliabili con i tempi ristretti che caratterizzano le nostre attività. Peraltro, la necessità di destinare risorse materiali e personali alla formazione, che è quasi esclusivamente interna, cioè affidata ai nostri funzionari, si risolverà, per il tempo occorrente al completamento della fase formativa, in un ulteriore aggravio per la struttura organizzativa, perché dovremo far convivere l'attività di formazione con tutte le altre connesse all'assolvimento dei compiti a noi demandati.

GERARDO SOGLIA. Giacché il volume dei giochi è sempre più importante, non si potrebbe pensare a una separazione tra le funzioni tradizionali dei Monopoli di Stato e quelle relative ai giochi, da affidare a un'Amministrazione autonoma?

RAFFAELE FERRARA, Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. La creazione di un'agenzia, dotata delle capacità operative e delle risorse necessarie, dovrebbe rispondere proprio a esigenze di maggiore flessibilità.
Cosa avrebbe di più l'Agenzia rispetto all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato? Ad esempio, se devo trasferire un dirigente, o cambiargli le funzioni, devo passare, oggi, sotto tante forche caudine; con l'Agenzia, invece, simili provvedimenti sarebbero rimessi alla valutazione


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del comitato di gestione. Insomma, l'Agenzia darebbe quella capacità di muovere pedine e risorse che l'Amministrazione dei monopoli non ha: le pastoie burocratiche, purtroppo, appesantiscono anche la nostra attività.
Quanto ai controlli, il 5 e 6 maggio scorsi sono stati effettuati in più di 11.000 esercizi, diversificando anche gli orari. Venti contestazioni hanno riguardato la presenza di minori nei punti di offerta di gioco, ma sono state molte di più quelle per altri titoli. Alla luce delle norme recate dall'articolo 1, commi 65 e seguenti, della legge n. 220 del 2010, entrate in vigore il 1o gennaio 2011, stiamo procedendo, quindi, all'applicazione delle sanzioni nei confronti degli esercenti o dei concessionari che contravvengono alla normativa in materia di gioco lecito e sicuro.
Non bisogna confondere i concessionari per la gestione della rete telematica degli apparecchi e terminali da intrattenimento con gli altri soggetti. Il settore delle concessioni di gioco era uno dei pochi in cui ci si occupava soltanto del concessionario, senza badare a ciò che sta a valle. Abbiamo voluto l'istituzione dell'elenco di cui all'articolo 1, comma 533, della legge n. 266 del 2005, sostituito dall'articolo 1, comma 82, della legge n. 220 del 2010, proprio per creare una sorta di albo che qualificasse tutti gli operatori del settore: l'iscrizione nell'elenco costituisce titolo abilitativo per i soggetti che svolgono le attività in materia di apparecchi da intrattenimento, in relazione alle attività da ciascuno di essi esercitate.
Fosse per me, farei eseguire anche l'analisi del sangue, per così dire, a chi, come il gestore, ha rapporti contrattuali con il concessionario. Nella nostra terminologia tecnica, il gestore è colui che, in quanto proprietario, possessore o detentore a qualunque titolo di apparecchi di gioco, sia incaricato da uno dei dieci attuali concessionari, delle attività consistenti nella messa a disposizione degli apparecchi medesimi, nelle azioni necessarie al loro funzionamento presso gli esercizi, secondo modalità conformi alle prescrizioni normative in materia, nonché nella messa a disposizione dell'importo residuo (vale a dire, della differenza tra la raccolta, le vincite erogate dagli apparecchi, ovvero pagate in sala, e il compenso a lui spettante).
La normativa vigente consente che i concessionari di rete siano proprietari o noleggiatori degli apparecchi di gioco e, teoricamente, anche proprietari o conduttori delle sale in cui gli apparecchi sono collocati. Con l'istituzione dell'elenco, che consta di tre sezioni, di cui una suddivisa in ulteriori tre sottosezioni, ci siamo messi nella condizione di monitorare la situazione e di comminare eventuali sanzioni. Peraltro, le categorie interessate volevano questo tipo di monitoraggio.
I totem non sono consentiti perché il gioco on-line, in quanto gioco pubblico, sottostà alla generale riserva a favore dello Stato. In altre parole, la raccolta di gioco a distanza, attraverso apparecchi terminali collegati alla rete Internet, integra un'ipotesi di intermediazione vietata nella raccolta di gioco, la quale è da ritenersi lecita soltanto se effettuata da chi sia titolare di una valida concessione rilasciata dall'AAMS (l'esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa è previsto e punito dall'articolo 4 della legge n. 401 del 1989).
Proprio questa mattina il Comitato per la prevenzione e la repressione del gioco illegale, la sicurezza del gioco e la tutela dei minori si è occupato della materia dei giochi on-line.
Abbiamo un'anagrafe dei conti di gioco - sono oltre 3 milioni i conti registrati - che comincia a funzionare, e che abbiamo messo a disposizione delle forze di polizia e della magistratura.
Ebbene, se consentissimo a un soggetto, titolare di un conto, di raccogliere gioco a distanza, presso gli esercizi pubblici, dagli avventori di passaggio, senza autorizzazione espressa e senza la possibilità di procedere ai necessari controlli, frustreremmo le finalità della nostra legislazione in materia, la quale mira a contrastare il gioco irregolare ed illegale, a perseguire la tutela dei consumatori e dell'ordine pubblico,


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in particolare dei minori, e a impedire le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore.
Noi siamo in grado di sapere, in base ai codici fiscali legati ai conti di gioco, quanto hanno movimentato i soggetti, dove e per quanto tempo. Consentendo l'utilizzo dei totem, invece, i nostri controlli sarebbero aggirati. Alcuni operatori lamentano - lo so bene - che i totem sono stati in funzione per qualche tempo. Ciò nonostante, per noi è fondamentale evitare aggiramenti delle norme, tali da impedire il monitoraggio del gioco on-line. Siamo coscienti dell'impossibilità di contrastare in maniera assoluta ogni tentativo di elusione dei controlli - venendo in considerazione sistemi informatici -, ma non per questo possiamo rinunciare a erigere i necessari argini. Siamo assolutamente contrari a forme di intermediazione che consentano di eludere ogni controllo in merito alla conformità del gioco alla disciplina vigente nel nostro Paese.
Nel settore delle VLT ci sono stati ritardi legati alla fase di sperimentazione, che comunque era necessaria. Nessuno ha usufruito di binari privilegiati: semplicemente, sono stati diversi gli approcci dei concessionari, alcuni dei quali sono stati bravi ad adeguare i propri sistemi, mentre altri hanno avuto maggiori difficoltà (uno, in particolare, anche quotato, ha riconosciuto di avere incontrato qualche problema).
Naturalmente, chiederemo conto del fatto che soltanto 20.000 apparecchi su 57.000 siano collegati al sistema di controllo attraverso la rete telematica. In particolare, chiederemo alla Sogei se vi siano problemi di compatibilità tra il sistema centrale e le piattaforme tecnologiche per l'offerta di gioco, ossia i sistemi di gioco.
Le VLT sono assoggettate a una tassazione di particolare favore rispetto alle new slot, e ciò crea anche i problemi cui ha fatto cenno l'onorevole Ventucci (le VLT sono riconducibili, essenzialmente, a produttori esteri).
Le disposizioni recate dall'articolo 12, comma 1, lettera l), del decreto-legge n. 39 del 2009 miravano a realizzare un mix: a evitare, cioè, che si determinasse uno spostamento della raccolta dalle new slot alle VLT. Era stabilito, infatti, che i concessionari delle new slot potessero acquisire, previo pagamento di 15.000 euro per ogni apparecchio, un numero di videolottery fino a un massimo del 14 per cento dei nulla osta già posseduti.
Vorrei che le esigenze di chi ritiene di investire esclusivamente nelle VLT fossero contemperate con quelle di coloro che hanno investito nel settore delle new slot. Avere agganciato il numero delle VLT da acquisire a quello delle new slot già possedute, attraverso la predetta percentuale del 14 per cento, ha costituito una garanzia in tal senso, ma vorrei che il meccanismo diventasse permanente, in modo da obbligare chi investe nelle VLT a investire anche nelle new slot.
Le VLT presentano aspetti di maggiore delicatezza rispetto alle new slot: essendo molto più elevati il costo massimo della singola partita e la vincita massima consentita (cui si aggiungono il jackpot di sala e il jackpot di sistema di gioco), ne è stata prevista l'installazione in ambienti dedicati, che devono essere di un certo tipo e avere determinate caratteristiche.
Tenendo conto anche delle già ricordate problematiche di ordine tecnico, si comprende perché l'avvio a regime delle VLT richieda tempo e cautela. Comunque, stiamo procedendo, e siamo pronti anche a bandire presto, come disposto dall'articolo 24, comma 35, del decreto-legge n. 98 del 2011, per rispondere a rilievi comunitari, la nuova procedura di selezione per l'affidamento in concessione della realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco lecito, che riguarderà sia le new slot, sia le VLT.
Riguardo ai requisiti di solidità patrimoniale, procederemo a un'ulteriore disamina della disciplina recata dalla legge n. 220 del 2010, indicando i punti di più difficile applicazione per noi, ma anche di possibile complicazione per gli operatori. La Commissione riceverà una relazione in merito.


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Per quanto concerne gli enti locali, gli agenti della polizia locale rientrano tra i soggetti tenuti a comunicare all'ufficio dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e al comando provinciale del Corpo della Guardia di finanza territorialmente competenti fatti o atti, di cui vengano a conoscenza a causa o nell'esercizio delle loro funzioni, che possano configurare violazioni amministrative o tributarie in materia di giochi, scommesse e concorsi pronostici.
A tale proposito, ricordo che, quando sono stato direttore centrale e, in seguito, direttore generale dell'Agenzia delle entrate, ho propugnato la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento fiscale (all'epoca, l'articolo 1 del decreto-legge n. 203 del 2005 incentivava tale partecipazione mediante il riconoscimento di una quota pari al 30 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo, a seguito dell'intervento del comune che avesse contribuito all'accertamento stesso). La norma ha funzionato o non ha funzionato, a seconda dei casi, per ragioni più locali che generali. Non vedo, quindi, perché non possano esserci analoghe forme di partecipazione anche nel settore dei giochi, prevedendo l'attribuzione agli enti locali di una quota dell'evasione accertata e recuperata.
Sono d'accordo, onorevole Forcolin. Effettueremo tutte le valutazioni necessarie, al fine di avanzare proposte nel senso da lei auspicato.
Passando a un altro quesito specifico, accedendo al sito Internet dell'AAMS è possibile reperire, unitamente ai dati nazionali relativi alla raccolta dei giochi, anche la distribuzione della raccolta su base regionale, per ogni segmento di gioco. Non ricordo, invece, se sia stata effettuata una distribuzione anche su base provinciale. Comunque, faremo pervenire alla Commissione un elaborato che dia conto della scomposizione territoriale della raccolta.
A tale proposito, tengo a precisare - naturalmente non a beneficio dei presenti, che ne sono perfettamente a conoscenza, ma affinché risulti dal resoconto stenografico della seduta - che i 70 miliardi di euro, cui abbiamo fatto sovente riferimento, rappresentano il volume complessivo delle somme giocate. Tuttavia, una percentuale significativa di tali somme torna ai giocatori, sotto forma di vincita: mediamente, il cosiddetto payout non è inferiore al 75 per cento. Nel 2010, su 61 miliardi di euro di raccolta, 44 sono stati distribuiti ai giocatori che hanno realizzato vincite. Il payout cambia a seconda del tipo di gioco (nel caso delle VLT, ad esempio, non può essere inferiore all'85 per cento).
Inoltre, occorre considerare che dalla raccolta dei giochi traggono profitto non soltanto gli operatori, ma anche i settori dell'industria e del terziario che forniscono ai primi beni e servizi.
Comprendo le obiezioni di carattere ideologico ed etico, onorevole Fogliardi. Bisogna anche considerare, però, che il gioco è diventato un comparto industriale dal valore di circa 5 punti di PIL. A livello internazionale, il nostro sistema è visto come un modello.
Per quanto riguarda il Bingo, poiché tale gioco - che ha richiesto notevoli investimenti iniziali e registra costi operativi elevati, tra i quali quello relativo al personale addetto alle sale - era penalizzato anche sul piano tributario, siamo stati noi a proporre l'abbattimento del PREU al 12 per cento, misura che ha dato risultati importanti, con un recupero della raccolta intorno al 23-25 per cento.
Oggi, l'aliquota d'imposta del 10 per cento, per il Bingo a distanza, ci sembra oggettivamente disallineata: sarei dell'idea di portarla al 12 per cento. Se si decidesse di portare entrambe le aliquote al 10 per cento, non ci vedrei nulla di male, purché nel medio termine - e a regime - ci sia un ampliamento della base imponibile, tale da consentire il recupero di ciò che si perderebbe nell'immediato.
Cosa penso, signor presidente, a proposito di esclusione dalle gare? Forse è un'esagerazione, forse è troppo, visti il clima e i tempi, estendere la predetta esclusione anche a coloro che sono sottoposti a indagini preliminari e che, di


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conseguenza, si trovano nella condizione di semplici indagati. Tuttavia, la previsione è collegata a reati particolarmente gravi, quali, tra l'altro, l'attività di tipo mafioso, la ricettazione, il riciclaggio e via discorrendo.
È certamente opinabile ciò che abbiamo proposto: se è sbagliato, ho sbagliato io. Tuttavia, nella materia di cui stiamo discutendo, alla troppa accondiscendenza ritengo preferibile un po' di rigore in più. Sono, forse, eccessivamente garantista rispetto agli interessi generali. Penso sia meglio correre il rischio di escludere un indagato, di cui potrebbe essere riconosciuta l'estraneità al contesto criminoso, piuttosto che ammetterne uno che potrebbe essere rinviato a giudizio e, eventualmente, anche condannato per reati di mafia. L'interesse generale non ammette, a mio avviso, che la tenuta di un settore tanto delicato possa essere messa in pericolo, anche solo potenzialmente, da infiltrazioni della criminalità organizzata.
È troppo? Può darsi. È opinabile, certo. Noi, però, la pensiamo così. Peraltro, abbiamo effettuato una valutazione delle conseguenze derivanti dall'eccesso in un senso o nell'altro, dalla quale abbiamo tratto la convinzione che l'Amministrazione non potesse consentire il coinvolgimento di una concessione pubblica tanto rilevante e delicata in vicende processuali penali quali quelle considerate. Se la nostra decisione è stata frutto di un'analisi parziale, siamo pronti a farne ammenda e ad applicare fino in fondo, eventualmente, norme che impongano diverse determinazioni.
In quanto deputato e presidente della Commissione parlamentare competente, lei può consentirsi di pronosticare, signor presidente, che l'articolo 24, comma 42, del decreto-legge n. 98 del 2011 produrrà gli effetti di un aborto naturale, ma il direttore generale dell'Amministrazione cui è affidata la cura del settore interessato non può consentirsi valutazioni analoghe.
Il dato storico è che stavamo lavorando alla riformulazione delle disposizioni impartite con una circolare del 2001. Il citato documento di prassi - elaborato con l'idea di rivisitare l'intero assetto dei punti vendita di generi di monopolio, al fine di renderlo più adeguato alle modificate dinamiche del mercato - disciplinava i criteri generali per l'istituzione di rivendite ordinarie, tra i quali i valori di produttività minima, l'istituzione di rivendite speciali, il rilascio dei patentini e via dicendo.
Dopo aver sentito le parti interessate, eravamo pronti ad adeguare il contenuto della circolare alle norme nel frattempo intervenute, tenendo conto anche degli orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia.
L'articolo 24, comma 42, del decreto-legge n. 98 del 2011 stabilisce che le modalità per l'istituzione di rivendite ordinarie e speciali di generi di monopolio, nonché per il rilascio ed il rinnovo del patentino, dovranno essere dettate dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, con regolamento da emanare entro il prossimo 31 dicembre.
Quando saremo chiamati a collaborare alla stesura del regolamento, avanzeremo le nostre proposte, attenendoci ai principi espressamente indicati dalla norma. Peraltro, anche in quella sede faremo presente la necessità di tenere conto degli indirizzi consolidati della giurisprudenza. Sotto questo profilo la normativa originaria, contenuta nella legge n. 1293 del 1957, si ispirava al principio della soddisfazione delle esigenze di pubblico servizio, in un'ottica generale di ottimizzazione e razionalizzazione della rete di vendita sull'intero territorio nazionale.
L'articolo 24, comma 42, del decreto-legge n. 98 del 2011 conferma tale impostazione, laddove fa riferimento, per quanto riguarda le rivendite ordinarie, all'esigenza di garantire all'utenza una rete di vendita capillarmente dislocata sul territorio (lettera a), tenendo conto di determinati requisiti di distanza e produttività minima (lettera b), e, con riferimento alle rivendite speciali, alla possibilità di istituirle soltanto ove sussista un'oggettiva ed effettiva esigenza di servizio (lettera e).


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Comunque, lo schema di regolamento dovrà essere sottoposto al vaglio degli organi consultivi.

PRESIDENTE. Approfitto delle precisazioni da lei fornite, direttore, per chiederle se sia legittimo - personalmente, nutro qualche dubbio al riguardo - che talune rivendite ordinarie sostengano la distribuzione di grandi volumi di tabacchi da parte di titolari di semplici patentini. Mi sembra che tale fenomeno meriti qualche attenzione.
Alla ripresa dei lavori, dopo il periodo di sospensione, predisporremo un atto di indirizzo sugli argomenti rimasti inevasi e sugli altri affrontati nell'audizione odierna.
Sulla questione da ultimo posta ci riserviamo di audire la Federazione italiana tabaccai e le associazioni dei depositari. Immagino che ci sia lo spazio per rivederci e per acquisire ulteriore documentazione, in vista degli adempimenti da assolvere, se non erro, entro il prossimo 30 settembre.
Ringrazio il direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,10.

VI Commissione (Finanze)

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