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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VI
51.
Giovedì 25 ottobre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 2

Audizione del Presidente della Consob, sulle tematiche relative all'operatività della stessa Consob (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Conte Gianfranco, Presidente ... 2 13 18 25 26
Barbato Francesco (IdV) ... 13
Causi Marco (PD) ... 15
Fogliardi Giampaolo (PD) ... 17
Fluvi Alberto (PD) ... 16 19 24
Montagnoli Alessandro (LNP) ... 16
Strizzolo Ivano (PD) ... 17
Vegas Giuseppe, Presidente della Consob ... 2 19 24 25 26

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Presidente della Consob ... 27
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 25 ottobre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 13,45.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente della Consob, sulle tematiche relative all'operatività della stessa Consob.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del presidente della Consob, sulle tematiche relative all'operatività della stessa Consob.
Sono presenti il professor Giuseppe Vegas, presidente della Consob, e il dottor Giuseppe D'Agostino, vicedirettore generale.
Do la parola al presidente Vegas.

GIUSEPPE VEGAS, Presidente della Consob. Signor presidente, ringrazio lei e la Commissione per aver creato questa occasione di dialogo. Sono intervenuto in questa sede già lo scorso anno, e ritengo che incontrarci periodicamente possa essere molto utile, per uno scambio di opinioni e, soprattutto, per riferire quanto sta facendo la Consob in questa fase delicata e difficile sia per la finanza, sia per l'economia.
Se lo permette, signor presidente, procederei alla lettura di una breve relazione che ho approntato per l'occasione, omettendone le parti meno rilevanti. Chi vorrà farlo, potrà comunque leggere la versione integrale del documento, che consegnerò alla Commissione.
Prima di affrontare in dettaglio i temi oggetto dell'audizione, che riguardano in maniera specifica l'attività della Consob, vorrei brevemente richiamare i principali sviluppi che stanno caratterizzando i mercati e gli assetti della vigilanza in Europa.
Il quadro macroeconomico globale è ancora fortemente vulnerabile, e le principali economie avanzate mostrano una crescita debole, o si trovano in una fase recessiva, mentre le economie emergenti cominciano a manifestare preoccupanti segni di rallentamento.
Le necessarie manovre di contenimento della spesa pubblica intraprese in Europa (non soltanto in Italia) stanno avendo ripercussioni negative sull'economia, in alcuni casi amplificando la congiuntura e rischiando, per tale via, di compromettere - quantomeno nel breve termine - gli obiettivi di risanamento dei conti pubblici. Assistiamo a questo fenomeno in diversi Paesi, anche mediterranei.
Nonostante il moderato allentamento delle tensioni sul fronte della crisi del debito sovrano in Europa, le incertezze sull'evoluzione della situazione finanziaria della Grecia e le difficoltà che il governo spagnolo sta affrontando sono ancora fonte di apprensione. L'innovazione finanziaria, sia di prodotto, sia di processo, nonostante i suoi aspetti positivi, può generare importanti fragilità, poiché consente


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di espandere in maniera non trasparente il ricorso al debito e l'esposizione ai rischi di credito, di controparte e di mercato. Le criticità maggiori emergono rispetto alle crescenti dimensioni del sistema bancario ombra e alla diffusione di prodotti finanziari derivati, dei cosiddetti exchange traded funds (ETF) e di pratiche di mercato come le vendite allo scoperto e l'high frequency trading (HFT). I mercati finanziari rimangono esposti anche a numerosi rischi, che potrebbero svilupparsi al loro interno.
Si tratta di una serie di innovazioni che, da una parte, sono condivisibili, perché sono novità, ma, dall'altra, producono qualche preoccupazione.
A livello internazionale, la forte attenzione verso questi temi è testimoniata dai provvedimenti europei adottati o in corso di adozione. In particolare, le disposizioni in materia di derivati over-the-counter (OTC), contenute nella European Market Infrastructure Regulation (Regolamento EMIR) e nel «Regolamento di vendite allo scoperto e taluni aspetti dei CDS» (cosiddetto Regolamento short selling), rappresentano una risposta alla crisi finanziaria del 2008, risposta che, ovviamente, arriva un po' in ritardo, ma che è comunque benvenuta, soprattutto perché condivisa a livello europeo.
Nell'ambito delle iniziative di regolamentazione e vigilanza sul risparmio gestito, la Consob ha presieduto un gruppo di lavoro presso l'ESMA (European Securities Markets Authority), nuovo organismo entrato in vigore il 1o gennaio dell'anno scorso come regolatore dei regolatori europei, contribuendo attivamente alla definizione di principi volti a contenere i possibili rischi derivanti dai cosiddetti «fondi strutturati», ivi inclusi gli ETF, che sono fondi d'investimento costituiti da altri fondi d'investimento.
L'evoluzione della regolamentazione si accompagna a nuove iniziative sul fronte degli assetti istituzionali della vigilanza. L'attuale impianto prevede un'architettura fondata sul Consiglio europeo per i rischi sistemici (European Systemic Risk Board - ESRB) e sul Sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziaria (European System of Financial Supervision - ESFS), comprendente, a sua volta, tre autorità europee: l'EBA (European Banking Authority), riguardante le banche, l'EIOPA (European Insurance and Occupational Pension Authority), relativa alle assicurazioni, e l'ESMA (European Securities Markets Authority), per i mercati finanziari.
Queste autorità hanno competenze specializzate nei predetti settori. La divisione delle competenze, all'atto dell'istituzione del modello in questione, è stata operata sulla base delle direttive esistenti, sebbene il rapporto de Larosière indichi l'opportunità, in occasione della prima revisione del sistema, di prevedere l'introduzione di una ripartizione di competenze per finalità, cosa che, ovviamente, in sede di discussione della revisione delle competenze dell'EBA, potrebbe anche essere estesa all'ESMA.
Le autorità europee non hanno compiti di vigilanza, ad eccezione dell'ESMA, che svolge un compito specifico con riferimento alle agenzie di rating, alle infrastrutture di mercato e a taluni soggetti con una forte connotazione cross-border. Il modello, inoltre, si fonda sulla centralizzazione di alcune funzioni regolamentari e non elimina le differenze che a livello domestico connotano gli assetti istituzionali e gli approcci alla vigilanza.
La recente proposta della Commissione europea di trasferire le competenze operative in materia di vigilanza sulle banche ad un'unica autorità europea modifica in maniera significativa l'attuale assetto della vigilanza finanziaria.
Con riferimento al settore bancario europeo, le competenze regolamentari rimarranno assegnate all'EBA, mentre quelle di vigilanza prudenziale sulle banche dei Paesi appartenenti all'Eurozona saranno trasferite alla BCE. Viceversa, negli altri settori, le autorità europee (EIOPA, ESMA) continueranno ad avere competenze quasi esclusivamente regolamentari, mentre la vigilanza sui relativi comparti rimarrà a livello domestico. Quest'ultimo aspetto presenta importanti criticità, per il persistere di disomogeneità


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nei vari Paesi dell'Unione sia nella ripartizione delle competenze, sia nelle prassi di vigilanza adottate.
Un quadro istituzionale coerente con l'istituzione di un'autorità di vigilanza centralizzata per le banche dell'Eurozona richiederebbe un'analoga soluzione anche per la vigilanza sui mercati mobiliari o, quantomeno, l'introduzione di forme di cooperazione rafforzata nell'ambito dell'attuale ESMA. Si tratta di un processo complesso ma, a mio avviso, necessario, se si vuole davvero addivenire alla piena integrazione tra Stati membri, che potrebbe compiersi anticipando la revisione delle autorità europee, prevista per il 2014.
Il riferimento fondamentale per l'operato della Consob è l'articolo 47 della Costituzione, che esordisce stabilendo: «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme». Talune dinamiche strutturali e demografiche, che hanno interessato le economie dei Paesi avanzati, e la crisi finanziaria degli ultimi anni hanno evidenziato come il modello economico prevalente in Europa continentale sia inadeguato a garantire una crescita sostenibile e, con essa, la formazione di risparmio nel lungo periodo.
Se questo è il quadro costituzionale di riferimento, ne consegue che occorre dare all'articolo 47 della Costituzione una lettura dinamica e non di mera tutela dell'esistente. In sostanza, il risparmio deve essere certamente salvaguardato con regole rigorose, controlli accurati e sanzioni esemplari, ma soprattutto deve essere promosso con l'adozione di politiche economiche che consentano di disporre di condizioni di partenza favorevoli.
Da un lato, infatti, è necessario garantire la stabilità del sistema economico e finanziario, mitigando i rischi derivanti dalle eccessive fluttuazioni dei mercati; dall'altro, è essenziale favorire lo sviluppo di un'economia dinamica, che porti a una costante crescita del prodotto interno lordo. Il presupposto basilare di qualsiasi tutela del risparmiatore è, infatti, creare la condizione concreta affinché il risparmio possa formarsi.
Le finalità della vigilanza della Consob emergono dal combinato disposto di taluni articoli del decreto legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998, recante il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria. In particolare, nell'ambito della disciplina degli intermediari, il TUF prevede che la vigilanza abbia come obiettivo la salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario, la tutela degli investitori, la stabilità ed il buon funzionamento del sistema finanziario, la competitività del sistema finanziario e l'osservanza delle disposizioni in materia finanziaria.
Per il perseguimento di questi obiettivi, la Consob vigila sulla trasparenza e correttezza dei comportamenti, mentre la Banca d'Italia è competente in materia di contenimento del rischio, stabilità patrimoniale e sana e prudente gestione degli intermediari (articolo 5).
Nell'ambito della disciplina dei mercati, le finalità di vigilanza sono individuate nella verifica della trasparenza e dell'ordinato svolgimento delle negoziazioni e nella tutela dei consumatori (articolo 74). Con riferimento alla vigilanza sugli emittenti, la Consob esercita i poteri previsti dalla legge «avendo riguardo alla tutela degli investitori nonché all'efficienza e alla trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali» (articolo 91).
Si tratta di obiettivi solo apparentemente contraddittori. In realtà, essi si completano a vicenda, poiché, ai sensi del TUF, esiste un nesso inscindibile tra la tutela dell'investitore, il buon funzionamento dei mercati e la stabilità del sistema finanziario. In un mercato dei capitali integrato, qual è quello comunitario, la competizione fra ordinamenti crea spazi per arbitraggi fra giurisdizioni. Costi della regolazione più elevati rispetto a quelli delle piazze finanziarie concorrenti sortiscono l'effetto di incentivare la delocalizzazione dell'attività di intermediazione finanziaria verso giurisdizioni più permissive. L'utilizzo del passaporto europeo o della libera prestazione consente, poi, ad intermediari ed emittenti di raccogliere risorse - anche nel nostro Paese - rimanendo


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sottoposti agli standard di vigilanza dello Stato di provenienza, che possono essere più tolleranti.
La complessità e l'interazione tra la pluralità degli obiettivi delineati dal TUF richiedono, da parte dell'autorità di vigilanza, un controllo e una valutazione del contesto di riferimento costanti, secondo un approccio che non può prescindere da una visione integrata delle dinamiche evolutive dei mercati e dei comportamenti degli attori finanziari.
Per fronteggiare un quadro di riferimento sempre più sfaccettato, è necessaria un'accurata attività di pianificazione strategica e operativa, che la Consob ha già posto in essere dal 2010. È, altresì, necessaria una struttura organizzativa in grado di soddisfare le esigenze di maggiore specializzazione, per migliorare le capacità di analisi e di indagine del contesto esterno, e le esigenze di coordinamento trasversale, per assicurare un elevato livello di interazione e di sincronia operativa, a beneficio dell'omogeneità dell'azione di vigilanza.
In tale ottica, è risultata indispensabile la revisione dell'assetto organizzativo dell'Istituto, realizzata in due fasi. La prima, a fine 2011, ha premiato la specializzazione delle funzioni operative e di vigilanza. La seconda, nel settembre scorso, si è sviluppata attraverso interventi mirati, tesi a elevare ulteriormente l'efficienza e la tempestività dell'azione istituzionale. Si è provveduto, a tal fine, alla costituzione di aree funzionali e tavoli tematici aventi l'obiettivo di rendere più efficace l'interscambio informativo e l'unitarietà di azione tra le divisioni interne della Consob, con il coordinamento del Direttore generale e secondo gli indirizzi definiti dalla Commissione.
La riforma organizzativa ha consentito di ottimizzare la distribuzione del personale e di ridurre le spese dell'Istituto, a fronte di un contributo a carico dello Stato che, con il passare degli anni, si è progressivamente ridotto, fino ad azzerarsi a seguito dell'entrata in vigore, del decreto legge n. 16 del 2 marzo 2012.
Faccio presente che il contenimento della spesa corrente per beni e servizi per il 2012, rispetto all'esercizio precedente, equivale a circa 10 milioni di euro, corrispondenti a una riduzione del 24,2 per cento rispetto all'omologo dato relativo all'esercizio 2011. È stato così possibile ridurre le entrate contributive a carico dei soggetti vigilati di circa 11 milioni (circa il 9,2 per cento del totale).
La Consob ha anticipato le previsioni legislative in tema di spending review via via approvate nel corso dell'ultimo biennio, consapevole com'è che la sua autonomia organizzativa, istituzionale e funzionale trova piena legittimazione anche in una sana, efficace ed efficiente gestione delle risorse occorrenti per il proprio funzionamento. Tra l'altro, è ovvio che in un mercato in sofferenza bisogna chiedere meno risorse.
La tutela dell'investitore si fonda su un'articolata gamma di strumenti regolamentari, che, unitariamente, concorrono a disegnare un quadro operativo volto a dare concreta applicazione al principio costituzionale di salvaguardia del pubblico risparmio. La trasparenza informativa è da sempre intesa come il primo presidio codificato per ridurre il gap informativo esistente tra l'emittente-offerente di strumenti finanziari e l'investitore retail.
Questo principio è stato tradotto nell'obbligo, posto in capo all'offerente, di pubblicare un prospetto informativo, i cui contenuti afferiscono tipicamente alla descrizione del soggetto emittente e degli strumenti finanziari oggetto di sollecitazione. Al fine di assicurare che le informazioni rese tramite il prospetto siano complete e comparabili, in un contesto di libera circolazione nel mercato unico europeo, il legislatore comunitario ne ha disciplinato il format e il contenuto, ispirandosi a principi di armonizzazione massima, anche tramite il ricorso a regolamenti, che rendono immediatamente cogenti le relative previsioni (ossia direttamente applicabili negli ordinamenti nazionali, senza necessità di recepimento).
In questo quadro si leggono gli interventi che hanno portato all'adozione del


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regolamento delegato (UE) n. 486/2012 della Commissione, del 30 marzo 2012, concernente gli schemi di prospetto relativi agli strumenti finanziari comunitari, e del Regolamento (UE) n. 583/2010 della Commissione, del 1o luglio 2010, relativo allo schema di documento contenente le informazioni chiave per l'investitore in fondi comuni di investimento e in SICAV armonizzati (cosiddetto Key Investor Information Document - KIID). Quest'ultimo documento fornisce indicazioni circa il profilo di rischio, mediante l'utilizzo di un indicatore sintetico, la struttura dei costi a carico del fondo e la politica di investimento. Si tratta di un documento di due pagine, quindi molto sintetico, comune in tutta l'Europa.
Il corpus normativo europeo non consente di richiedere agli emittenti, in via generale, l'inserimento nella documentazione di offerta di elementi informativi non prescritti dalle disposizioni comunitarie. La facoltà attribuita alle autorità nazionali di richiedere integrazioni, caso per caso, di specifici prospetti è limitata all'inserimento di informazioni ritenute necessarie per la completezza e la comprensibilità degli stessi. Non ci possono essere, quindi, informazioni ulteriori rispetto a quelle specifiche riportate nel KIID. Anche richieste ad hoc, qualora veicolate in riferimento a un esteso numero di emissioni, finirebbero con il risultare elusive della disciplina comunitaria, la quale, tra l'altro, risulta rafforzata dalla disposizione nazionale contenuta nell'articolo 15 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012), che prevede il divieto di inserire clausole aggiuntive.
Conseguentemente, la Consob si è conformata al quadro normativo comunitario, il cui rispetto è sancito, tra l'altro, dall'articolo 2 del TUF, novellato l'anno scorso, che fa riferimento alle disposizioni comunitarie anche in periodi di crisi.
Nel contesto normativo disegnato dalla direttiva 2003/71/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003 (cosiddetta «direttiva prospetto»), relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, che prevede un'autorizzazione preventiva da parte dell'Autorità nazionale competente in merito alla documentazione d'offerta, la Consob si è dotata di indirizzi operativi utili ai fini della verifica della completezza, ivi inclusi la coerenza e la comprensibilità delle informazioni fornite nel prospetto.
Con specifico riferimento all'offerta al pubblico di obbligazioni bancarie, in considerazione della rilevanza del fenomeno, è stato sottoscritto, con la Banca d'Italia, un protocollo d'intesa in materia di scambio di informazioni per la verifica della coerente e completa descrizione del profilo di «rischio emittente», che in questo periodo, com'è noto, suscita qualche preoccupazione. Il set informativo reso disponibile comprende dati aggiornati, relativi ai principali ratios economici e patrimoniali, nonché informazioni circa i provvedimenti assunti dalla stessa Banca d'Italia, autorità preposta al controllo della stabilità degli intermediari finanziari. Il protocollo si iscrive in una politica di stretta collaborazione tra le due autorità e consente alla Consob di ottimizzare l'attività amministrativa di controllo. In sostanza, è stato fatto uno splitting: la Banca d'Italia è in grado di fornire tutte le informazioni necessarie sulla stabilità degli emittenti, essendo attrezzata per questa specifica esigenza.
La Consob sta realizzando un sistema per valorizzare le informazioni relative alle caratteristiche degli strumenti finanziari cosiddetti non equity contenute nei prospetti informativi. Questo sistema è funzionale a rilevare prodotti ad alta complessità o rischiosità, suscettibili di richiedere tempestivi interventi di vigilanza sugli intermediari emittenti e/o sui distributori, a protezione degli investitori. La possibilità di attingere a un set informativo concreto sui prodotti finanziari, organizzato nella forma di prospetto, è un valido elemento a supporto delle scelte di investimento da parte dei risparmiatori.
Alla luce dell'ampiezza di tipologie dei prodotti di investimento finanziario e della varietà delle relative strutture, questo presidio di trasparenza costituisce la condizione


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necessaria, ma non sufficiente, per la sostanziale tutela degli investitori, soprattutto di categoria retail.
È stato ritenuto pertanto necessario, nel quadro del processo di regolamentazione europea, concentrare l'attenzione sulla correttezza della condotta degli intermediari, soggetti che rendono possibile al risparmiatore l'accesso al mercato degli investimenti finanziari, rafforzando le tutele incentrate sul rispetto delle regole di condotta, di precisi requisiti organizzativi e di governance, volti ad assicurare il perseguimento del migliore interesse del cliente.
In sostanza, la nostra attività si è ampliata, in quanto, oltre ad esaminare il prospetto, verifichiamo quali siano i soggetti destinatari dei prodotti e le modalità del collocamento. D'altronde, questo è richiesto dalla direttiva 2004/39/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 (cosiddetta direttiva MiFID).
A tal fine, l'intermediario ha il dovere non solo di rendere chiare e complete informazioni circa gli strumenti o prodotti finanziari che distribuisce, senza limitarsi alla consegna di prospetti informativi o di schede-prodotto, ma anche di fornire un giudizio di coerenza dell'investimento proposto rispetto allo specifico cliente. Questo è ovvio, perché il prodotto deve essere calibrato su chi lo acquista.
Tale valutazione di adeguatezza e appropriatezza rappresenta l'attività core dell'intermediario, perché coniuga la necessità di acquisire informazioni sui bisogni finanziari dei clienti e la capacità di esaminare la morfologia dei prodotti che si intendono raccomandare, nel perdurare della relazione contrattuale. Viene, quindi, richiesto all'intermediario che distribuisce i prodotti finanziari - tra i quali vi possono essere anche quelli di propria emissione - di dotarsi di una metodologia di rilevamento dei profili del cliente e delle diverse caratteristiche di rischio dello strumento finanziario distribuito. Anche a questo riguardo, quindi, c'è la possibilità di svolgere un'attività di controllo.
A seguito dell'attuazione della direttiva MiFID, la Consob ha pianificato un'articolata e complessiva attività di vigilanza sul rispetto delle norme di correttezza nella prestazione dei servizi di investimento, con particolare riguardo alla distribuzione di prodotti finanziari.
In questo senso, la Consob si è adoperata, negli ultimi quattro anni, per effettuare 52 ispezioni sugli intermediari, di cui 27 negli ultimi due anni.
I controlli di natura cartolare ed ispettiva hanno interessato le principali banche del Paese, rappresentative di una quota pari all'80 per cento del mercato nazionale dei servizi di investimento. Particolare attenzione è stata dedicata alla costruzione delle politiche commerciali degli intermediari e alla gestione dei conflitti di interesse, al fine di riscontrare il grado di allineamento del modello di business con la cura degli interessi dei clienti. In altre parole, si è inteso riscontrare le possibili ragioni della distanza tra la realtà operativa delle banche ed il modello normativamente dato, valutando la rilevanza attiva dei conflitti di interesse.
Dal punto di vista dell'applicazione delle regole di condotta, sono state rilevate deficienze procedurali nella raccolta e nella gestione dell'informazione relativa agli investitori, nella metodologia di profilatura della clientela e nelle procedure di verifica dell'adeguatezza dei prodotti raccomandati, indice di una potenziale elusione del dovere normativamente inteso di servire al meglio i propri clienti. Sono state prese iniziative specifiche per la rimozione dei comportamenti organizzativi non conformi e iniziati procedimenti sanzionatori nei confronti di esponenti aziendali di alcuni intermediari ispezionati.
Questi comportamenti, sebbene non abbiano determinato la distribuzione di prodotti «nocivi», hanno richiesto, e continuano a richiedere, un rafforzamento del monitoraggio diretto del rispetto delle regole di adeguatezza, con riguardo soprattutto al rischio di concentrazione nei portafogli degli investitori, attraverso il compimento di mirate azioni di enforcement.
Rimane fermo, nel piano della vigilanza sugli intermediari della Consob, l'obiettivo


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di promuovere l'innalzamento della qualità dei servizi di consulenza agli investitori retail, come antidoto alle difficoltà di scelta in condizioni di incertezza, in un'ottica di pianificazione finanziaria.
A rafforzamento dei presidi di vigilanza per la tutela degli investitori, lo scorso anno è stato appositamente costituito l'Ufficio di vigilanza sui fenomeni abusivi, cui sono attribuite le competenze sugli abusivismi sia degli emittenti, sia degli intermediari, in precedenza assegnate a diverse unità organizzative della Consob. I risultati degli accertamenti hanno confermato la bontà della scelta organizzativa compiuta.
Tra l'altro, c'è da notare che, forse a causa delle difficoltà degli ultimi anni, è cresciuto il numero degli abusivi, cioè di coloro che propongono prodotti falsi senza entrare in alcuna categoria, evitando tutti i tipi di controllo.
La Consob è impegnata in una costante attività di vigilanza sull'informazione finanziaria, tramite controlli volti a verificare la rispondenza dei documenti diffusi dagli emittenti di titoli quotati alle norme che ne disciplinano la redazione, ivi inclusi i principi contabili internazionali.
L'attuale fase congiunturale aumenta le esigenze di informazione del mercato, con particolare riguardo ai rischi cui le società sono esposte, al patrimonio disponibile per farvi fronte, all'effettiva capacità di generare reddito. Ciò ha richiesto un approccio proattivo nella vigilanza sull'informativa finanziaria diffusa al mercato. Particolare attenzione, ad esempio, è stata dedicata al tema della valutazione degli avviamenti. Questo vale anche per il settore bancario.
Ulteriori approfondimenti, sempre con riferimento al settore bancario, hanno seguito le criticità che hanno assunto progressivamente rilevanza per il mercato: esposizione al debito greco, impairment test degli avviamenti, piani di ricapitalizzazione a seguito delle richieste dell'EBA, monitoraggio dei profili di liquidità, operatività in derivati creditizi e qualità dei crediti.
Con riferimento alla vigilanza sugli emittenti quotati, anche a seguito della recente riorganizzazione, la Consob ha rafforzato le attività riguardanti i profili di corporate governance. In particolare, lo scorso anno, l'Istituto ha per la prima volta deciso di assistere ad alcune assemblee delle società quotate, al fine di verificare il regolare svolgimento dei lavori e le modalità di partecipazione realmente offerte agli azionisti di minoranza.
Fino ad oggi, la Consob ha partecipato a oltre trenta assemblee, caratterizzate da deliberazioni o vicende societarie complesse (ovviamente, abbiamo deciso di partecipare alle assemblee delle società che presentassero le situazioni più complicate, non quelle più semplici).
Nel 2011 è, altresì, entrato in vigore il nuovo «Regolamento recante disposizioni in materia di operazioni con parti correlate». In questo ambito, la Commissione ha esaminato oltre cento documenti, per verificare la corretta applicazione delle disposizioni regolamentari e l'adeguata informazione al pubblico sulle operazioni di maggiore rilevanza.
Mi rendo conto che sto intervenendo in audizione mentre sono in corso le contrattazioni in borsa. Tuttavia, credo che un esempio concreto, riferito a una società, sia importante per valutare ciò che è accaduto negli ultimi due anni. Peraltro, trattandosi di valutazioni concernenti episodi sostanzialmente chiusi, non credo che quanto sto per riferire sia tale da influire sui corsi borsistici odierni.
Le vicende che hanno interessato il gruppo Fondiaria-SAI dal 2010 a oggi rappresentano un caso emblematico, che riflette i molteplici profili della vigilanza della Consob sugli emittenti quotati.
Occorre preliminarmente osservare che banche e compagnie di assicurazione, siano esse quotate o non quotate, sono vigilate, rispettivamente, dalla Banca d'Italia e dall'Isvap. Pertanto, la vigilanza della Consob su banche e assicurazioni quotate, che agisce sui piani, diversi e complementari, della correttezza informativa e della tutela degli azionisti di minoranza, non può prescindere da un adeguato flusso informativo proveniente dalle autorità di settore.


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L'attività di vigilanza della Consob sul gruppo Fonsai ha interessato numerose aree di indagine e si è avvalsa di una pluralità di strumenti, che vanno dalle richieste di informazione al pubblico e alla Consob, all'audizione degli esponenti aziendali, agli scambi informativi con le Procure della Repubblica. Queste iniziative hanno consentito di fare emergere tempestivamente una serie di criticità.
Una prima area di intervento dell'Istituto che ho l'onore di presiedere ha riguardato le informazioni contenute nei bilanci e nei prospetti di aumento di capitale nei periodi in esame, cioè dal 2010 in avanti. In particolare, per quanto riguarda gli aumenti di capitale del 2011, è stato richiesto di integrare il prospetto informativo con specifiche informazioni in merito agli effetti economici e patrimoniali di tutte le operazioni con parti correlate, segnalando oneri, a carico del gruppo Fonsai e a favore di società della famiglia Ligresti, per circa 500 milioni di euro nel triennio 2008-2010. Il medesimo prospetto rendeva, altresì, evidente che la situazione economico-finanziaria del gruppo era fortemente negativa e in costante peggioramento, con perdite per 929 milioni nel 2010. Con riferimento alla rivalutazione delle riserve sinistri richiesta a Fonsai dall'ISVAP, che ha contribuito a evidenziare nel bilancio consolidato 2011 una perdita di 1,1 miliardi di euro, sono in fase di definizione le verifiche di competenza sulla correttezza delle informazioni finanziarie fornite al pubblico nel prospetto.
In secondo luogo, la Consob è stata chiamata a valutare la sussistenza di obblighi di OPA su Premafin, Fonsai e Milano Assicurazioni, in relazione alle varie proposte volte ad acquisire il controllo del gruppo Fonsai.
I contesti nei quali la Consob ha valutato le richieste di esenzione dall'obbligo di OPA sono risultati differenti. Nel caso Groupama (inizio del 2011), la Consob ha ritenuto sussistente l'obbligo di OPA, valutando che il complesso di pattuizioni poste in essere con soci di riferimento Premafin consentisse a Groupama di compartecipare al controllo di Fonsai.
Quanto al progetto di integrazione avanzato da Unipol Gruppo Finanziario (UGF), la Consob ha potuto soltanto prendere atto della sussistenza dei presupposti di legge e regolamentari per l'esenzione da salvataggio di società in crisi, a fronte del deterioramento delle condizioni economico-finanziarie di Fonsai, certificate dalle esplicite richieste di ricapitalizzazione giunte dall'ISVAP. La Consob, tuttavia, ha condizionato il proprio parere favorevole alla revoca dei benefici concessi da UGF a favore dei precedenti azionisti di controllo Premafin e alla circostanza che gli stessi non esercitino il diritto di recesso conseguente alla fusione. In altri termini, se ci fossero state le risorse per corrispondere una buonuscita ai precedenti soci, ciò avrebbe significato che la società non era in condizioni tali da richiedere un salvataggio, ma disponeva di risorse aggiuntive, con la conseguenza che sarebbe scattato l'obbligo di OPA.
Per quanto attiene agli assetti proprietari di Premafin, la Consob ha fatto emergere che una quota pari a circa il 20 per cento delle azioni Premafin, intestata a due trust con sedi in paradisi fiscali, era in realtà riconducibile, fino al 2003, a Salvatore Ligresti. Conseguentemente, è stata effettuata una segnalazione alla procura della Repubblica competente, che ha disposto il sequestro delle quote.
Sotto il profilo degli abusi di mercato, la Consob ha condotto una serie di indagini che hanno già portato alla contestazione di due episodi di manipolazione del mercato relativamente alle azioni Premafin: il primo, da parte di Salvatore Ligresti e di soggetti a lui vicini; il secondo, da parte di Vincent Bolloré. Anche in questo caso gli interventi della Consob sono stati prontamente segnalati all'autorità giudiziaria per i profili di competenza.
L'attività di vigilanza sui mercati appare oggi di cruciale importanza, per via dei mutamenti di contesto riconducibili alla crescente frammentazione degli scambi e alla competizione fra piattaforme di negoziazione (trading venue).
Nel primo semestre del 2012, la quota di scambi over-the-counter, più «oscuri»


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rispetto a quelli che hanno luogo nelle borse tradizionali, ha sfiorato il 50 per cento, registrando un incremento di oltre 10 punti percentuali rispetto al semestre precedente. Questo significa che la parte di transazioni che avvengono nella borsa tradizionale si avvia a diventare minoritaria rispetto al complesso degli scambi. Quindi, bisogna monitorare tutto, non soltanto quello che è più visibile.
La riduzione della quota di scambi nell'ambito di Borsa italiana e di altre trading venue pone potenziali rischi, rivenienti, ad esempio, dall'allontanamento dei prezzi di mercato dai fondamentali economici e dai maggiori incentivi, per le trading venue, a effettuare scelte strategiche più aggressive e profit-oriented. Ne consegue uno sforzo di vigilanza più intenso da parte nostra.
Un'ulteriore criticità nella vigilanza dei mercati deriva dall'innovazione di processo, che, oltre ad apportare benefici, può anche originare rischi, come avviene nel caso del trading automatizzato e dell'high frequency trading.
L'high frequency trading, fenomeno che si sta espandendo molto nell'ultimo periodo, consiste nell'eseguire transazioni a una velocità molto elevata (si parla di molte volte al secondo). Un primo problema causato da questa tecnica innovativa consiste nell'allontanare chi presta denaro dall'economia reale, in quanto tutto è concentrato su chi fa trading. Inoltre, tale meccanismo muove artificialmente i prezzi, ovviamente accentuando la tendenza già in atto (nella fase attuale, accentuando il calo; tuttavia, se accentuasse l'aumento, potrebbero causare bolle speculative), senza che, a fine giornata, ci siano effettivi scambi di proprietà.
Per questi motivi, il fenomeno è sotto osservazione. Noi abbiamo iniziato l'anno scorso, ma sono in corso monitoraggi anche negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. La Germania sta predisponendo un disegno di legge in materia. Alla fine dell'anno scorso, siamo intervenuti e, a partire da questa primavera, Borsa italiana ha previsto il pagamento di multe, che scattano ogni qualvolta si raggiunge il numero di 100 transazioni non andate a termine. Infatti, una tecnica per muovere i prezzi senza alcun reale esborso è quella di fare proposte di acquisto o di vendita e di cancellarle prima che vengano eseguite. Questo metodo potrebbe prestarsi a manipolazioni di mercato non facili da seguire, data la velocità delle transazioni, che, comunque, devono essere regolate.
Inoltre, la Consob ha monitorato l'andamento del mercato, in concomitanza con la diffusione, da parte di due agenzie di rating internazionali, del declassamento del merito di credito e dell'outlook relativi al debito sovrano italiano e alle maggiori banche domestiche. Tale monitoraggio ha tratto impulso (si tratta di attività svolte a partire dall'anno scorso) da anomalie nell'andamento dei prezzi o da rumors che anticipavano gli interventi delle agenzie di rating, nonché da alcune criticità che potevano configurare violazioni del regolamento (CE) n. 1060/2009, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, di cui è stata informata l'ESMA.
In generale, l'attenzione della Consob e dei regolatori nei confronti delle agenzie di rating si giustifica per l'impatto che i relativi giudizi possono avere sui prezzi di mercato dei titoli interessati e per l'effetto sistemico dei giudizi stessi. Tra l'altro, è in corso un'indagine della magistratura: attendiamo di conoscerne i risultati complessivi, ma credo che l'iniziativa non sia priva di interesse.
La Consob è poi intervenuta, durante lo scorso anno, e anche in questo, per moderare le vendite allo scoperto. Il fenomeno è fisiologico, ma - come dimostra il regolamento (UE) n. 236/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2012, che entrerà in vigore il 1o novembre prossimo - non può esser lasciato alla libera determinazione degli operatori. Oltre ad applicare misure restrittive temporali su queste operazioni, abbiamo anticipato l'introduzione di alcune previsioni contenute nel predetto regolamento in tema di vendite allo scoperto e credit default swap (CDS). Si tratta, in particolare, del divieto di vendite allo scoperto «nude», cioè senza il possesso


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dei titoli, e dell'obbligo di notifica all'autorità di vigilanza dell'assunzione o variazione di posizioni nette corte relative al capitale degli emittenti, al superamento di determinate soglie quantitative.
La dimensione dei mercati mobiliari italiani, e di quello azionario in particolare, mostra un deficit strutturale rispetto a tutte le principali economie europee. Ieri è stato pubblicato uno studio che dimostra come la borsa di Milano sia diminuita in termini di capitalizzazione in modo alquanto preoccupante negli ultimi anni. Le condizioni della borsa di Milano sono testimoniate tanto dal modesto numero di società quotate (287 a fine settembre), che è rimasto stabile rispetto all'anno scorso, quanto dal peso sul PIL della capitalizzazione complessiva (21,2 per cento a fine settembre).
In questo contesto, le piccole e medie imprese (soprattutto le medie, ovviamente), che caratterizzano in modo significativo il tessuto imprenditoriale nazionale, continuano a rappresentare una percentuale del listino inferiore alla media europea, evidenziando una consolidata avversione al mercato dei capitali. Quest'ultima dipende da molti fattori, a volte anche culturali, come il desiderio, da parte della proprietà, di avere le mani più libere.
Per contrastare questo fenomeno, la Consob si è fatta carico di diverse iniziative. La prima, volta a realizzare una significativa riduzione degli oneri derivanti dagli adempimenti regolamentari a carico degli emittenti quotati, ci ha visti impegnati in un lungo e intenso confronto con le parti interessate, durato un anno. Dalla ricognizione effettuata è risultata la presenza di una regolamentazione troppo vasta e complessa, che occorreva semplificare: per attirare gli investimenti, bisogna rendere il mercato più friendly.
La Consob ha istituito, nel febbraio dello scorso anno, un tavolo di lavoro sul tema della semplificazione regolamentare, in particolare della disciplina degli emittenti. Obiettivo del tavolo è stato quello di individuare possibili interventi di razionalizzazione, finalizzati a limitare le aree di sovraccarico che non trovavano giustificazione in equivalenti benefici per gli investitori e, anzi, potevano causare difficoltà a chi opera nel nostro Paese, creando condizioni di svantaggio competitivo. Il motivo principale dello scarso interesse degli investitori per la realtà italiana è, infatti, ancor più del livello della tassazione, il cosiddetto «sovraccarico» amministrativo. Dobbiamo, quindi, mantenere gli stessi livelli di tutela dell'investitore, rimuovendo in maniera opportuna alcune misure che appaiono francamente onerose. Alcune semplificazioni sono state attuate al fine di dare agli operatori maggiore certezza nella lettura del quadro normativo vigente, minimizzando i relativi costi di compliance e mantenendo inalterati i livelli di tutela accordati agli investitori (alcune normative sono molto costose e, probabilmente, inutili).
La seconda iniziativa ha riguardato la costituzione di un gruppo di lavoro finalizzato all'individuazione di interventi volti a favorire l'accesso delle imprese, in particolare di medie dimensioni, al mercato del capitale di rischio. Il gruppo di lavoro, al quale partecipano i rappresentanti delle associazioni di categoria e dell'industria finanziaria, ha definito, a seguito di un'analisi sui fattori di freno e disincentivo alla quotazione, specifici interventi. Questi sono volti, da un lato, a stimolare l'interesse delle imprese alla raccolta di capitali di rischio e, dall'altro, a sviluppare la domanda di titoli azionari da parte degli investitori. Ciò al fine di delineare un «percorso guidato» in grado di favorire il processo di apertura delle medie imprese al mercato dei capitali, sia esso rappresentato dal mercato regolamentato o da sistemi multilaterali di negoziazione. Esistono, infatti, anche in questa fase, molte medie imprese di successo, le quali non riescono ad esportare ed a trovare una collocazione adeguata, soprattutto nei mercati emergenti, perché non sufficientemente capitalizzate. Nelle circostanze attuali, l'intensa capitalizzazione di cui queste imprese hanno bisogno difficilmente può essere fornita dal sistema bancario, il quale, da un lato, incontra difficoltà nel


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l'attività di funding e, dall'altro, è tenuto a rispettare regole molto stringenti di adeguatezza patrimoniale.
Il confronto con gli operatori, sviluppato nell'ambito del gruppo di lavoro, ha evidenziato come il successo di iniziative di rilancio dei mercati azionari per le medie imprese debba necessariamente passare dallo sviluppo di investitori specializzati nell'investimento in capitali di rischio delle piccole e medie imprese (private equity e venture capital). È, dunque, presupposto imprescindibile il potenziamento del ruolo degli investitori istituzionali specializzati nell'investimento in capitale di rischio delle imprese più giovani e innovative, soprattutto di quelle operanti nei settori tecnologicamente più avanzati. La scommessa che può fare il Paese è la seguente: cercare di far crescere le imprese di medie dimensioni, per portarle al livello di imprese medio-grandi.
Per quanto attiene alle transazioni finanziarie, la Commissione europea ha presentato al Consiglio, il 28 settembre 2011, una proposta di direttiva riguardante un sistema comune di tassazione delle transazioni finanziarie (financial transaction tax, o FTT). La proposta della Commissione prevede che ciascuno Stato membro introduca un'imposta sulle operazioni finanziarie pari ad almeno lo 0,1 per cento del controvalore scambiato per le operazioni finanziarie a pronti e ad almeno lo 0,001 del valore nozionale per le operazioni in derivati. L'imposta si applica agli scambi in cui almeno una delle controparti, ossia il committente finale, sia stabilita in uno Stato membro e sia coinvolto un ente finanziario che abbia sede nell'Unione. Non assume, dunque, alcun rilievo la nazionalità dell'emittente dei titoli oggetto della transazione.
L'iniziativa della Commissione europea presenta taluni profili di criticità. Con riguardo al disegno del prelievo, ad esempio, la proposta europea non prevede una differenziazione delle aliquote in funzione del grado di regolamentazione del mercato in cui avviene lo scambio. L'aliquota, cioè, è uguale per i mercati regolamentati, per i sistemi multilaterali di negoziazione e per i mercati over-the-counter, contrariamente a quanto era stato auspicato nel corso della riunione del G-20 di Pittsburgh, nel 2009. Una siffatta differenziazione, e la conseguente canalizzazione delle operazioni dai mercati OTC verso forme di mercato più trasparenti, integre e sicure, potrebbe contribuire ad accrescere il contenuto informativo dei prezzi e a migliorare l'efficienza allocativa delle risorse, poiché è proprio nei mercati organizzati che ha luogo il processo di formazione dei prezzi. Sostanzialmente, nei mercati over-the-counter non opera una pluralità di acquirenti e di venditori; spesso, infatti, le transazioni avvengono tra singoli soggetti ed il processo di formazione dei prezzi non presenta la stessa trasparenza che si osserva nei mercati regolamentati. Questa circostanza potrebbe dar adito a formazione di prezzi non ragionevoli e a distorsioni che si possono riflettere su tutto il mercato.
Tra i diversi Stati membri sono emerse posizioni contrastanti in merito all'introduzione della FTT. Undici Stati europei, condividendo le finalità ultime dell'imposta, hanno deciso di avviare la procedura di cooperazione rafforzata, al fine di accelerare il processo di convergenza verso l'adozione di un sistema comune di imposta sulle transazioni finanziarie.
Nell'attesa di iniziative europee, alcuni Stati hanno agito autonomamente, introducendo nella legislazione interna forme di tassazione delle transazioni finanziarie. In Italia, il 9 ottobre scorso, il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013), introducendo, sulle compravendite di azioni di emittenti italiani e sulle operazioni in strumenti finanziari derivati, un'imposta di bollo con un'aliquota unica, pari allo 0,05 per cento, da applicarsi, rispettivamente, sul controvalore dell'operazione e sul valore nozionale di riferimento.
L'imposta italiana si discosta dal disegno della Commissione europea del settembre dell'anno scorso sostanzialmente per la mancata differenziazione dell'aliquota


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in funzione della tipologia di strumento finanziario negoziato. Ciò determina una forte penalizzazione per l'operatività in strumenti derivati. Rispetto alla suddetta proposta, inoltre, vi è un esplicito riferimento alla nazionalità dell'emittente, mentre manca il riferimento al principio di residenza in Italia dell'intermediario, quale ulteriore elemento di definizione dell'ambito di applicazione dell'imposta.
Le ragioni del non perfetto allineamento con la disposizione europea sono da ricercarsi nella circostanza che la norma è chiamata a operare nel più ristretto ambito nazionale. Tuttavia, rimanendo ferma la possibilità, per i non residenti, di effettuare all'estero transazioni su azioni italiane senza essere tenuti al pagamento dell'imposta, permangono rischi di elusione attraverso la delocalizzazione di importanti comparti dell'industria finanziaria nazionale.
I rischi connessi all'introduzione della FTT potrebbero, peraltro, essere amplificati nel caso in cui l'Italia adottasse l'imposta in via anticipata rispetto all'entrata in vigore della direttiva europea in materia. In tal caso, la disposizione italiana, pur costituendo una sorta di «normativa ponte», destinata a operare solo in via temporanea, potrebbe comunque determinare sui mercati effetti di spiazzamento, anche irreversibili.
L'imposta recentemente introdotta in Francia contiene, invece, alcune previsioni in grado di attenuare gli effetti negativi derivanti dall'adozione isolata dell'imposta. L'imposta francese si applica alle operazioni relative a titoli emessi da società francesi, indipendentemente dalla residenza degli intermediari. In questo modo, si minimizzano gli incentivi alla delocalizzazione dell'industria finanziaria, che ha diverse migliaia di occupati. Tale imposta esclude, inoltre, gli scambi aventi ad oggetto titoli emessi da società con capitalizzazione inferiore a 1 miliardo di euro, in questo modo evitando di penalizzare i titoli meno liquidi. È quindi calibrata sui titoli principali del listino e offre una salvaguardia per quelli minori. Si applica non sulle singole operazioni, bensì sulle posizioni nette in acquisto a fine giornata. Inoltre, sono previste alcune penalizzazioni per l'high frequency trading e per la negoziazione in CDS di titoli del debito sovrano. Allo stato attuale, il meccanismo adottato tutela maggiormente il mercato francese. Sotto tale profilo, ovviamente, non è in discussione la scelta di applicare questo tipo di imposta; probabilmente, però, qualche razionalizzazione potrebbe essere opportuna.
Nel ringraziare la Commissione e il suo presidente, mi fa piacere ricordare che la Consob è e sarà impegnata nell'attuazione delle linee di azione che ho testé descritto, per la tutela del risparmio e la stabilità del sistema finanziario, ben consapevole che l'autonomia ad essa garantita dalla legge costituisce il presupposto essenziale affinché la sua attività di vigilanza possa essere sempre più efficace e imparziale. Il confronto costruttivo con Parlamento e Governo non potrà che dare maggior forza alla sua azione, soprattutto in momenti di difficoltà come quello attuale.

PRESIDENTE. Cari colleghi, resto sempre più convinto che l'osservazione inserita nel parere che abbiamo espresso alla Commissione Bilancio dovesse essere messa in relazione alla vicenda della Tobin tax dovesse essere formulata come condizione. Comunque, ne parleremo nelle opportune sedi.
Ringrazio il presidente della Consob.
Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FRANCESCO BARBATO. Voglio, innanzitutto, ringraziare il professor Giuseppe Vegas per la sua partecipazione all'audizione odierna, a nome mio e del gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori.
La mia prima domanda verte, ovviamente, su una vexata quaestio. Lei ha riservato, infatti, un capitolo della relazione alla vicenda che ha visto coinvolte Fondiaria-SAI e Unipol. Sono già state poste in risalto, per quanto riguarda il gruppo Fondiaria-SAI, le responsabilità delle autorità di controllo, le quali hanno


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tenuto in vita un soggetto che era «bacato», diciamo così, già da tempo. Tre settimane fa, ho presentato un'interrogazione a risposta immediata in Commissione, evidenziando le responsabilità dell'Isvap, il cui presidente, Giannini, è stato recentemente raggiunto, non a caso, da provvedimenti emessi dalla Procura della Repubblica di Torino, in relazione alla regolarità dei bilanci e delle comunicazioni sociali del gruppo Fondiaria-SAI.
Ascoltando la relazione, mi è sembrato di capire che la Consob abbia dato il cosiddetto via libera alla richiesta di esenzione dall'obbligo di OPA da parte di Unipol, mentre non avrebbe fatto lo stesso con Groupama. Questa informazione potrebbe anche farci piacere, in quanto Groupama è un gruppo straniero, mentre Unipol è un gruppo italiano; tuttavia, in punto di diritto e di rispetto delle regole, ci chiediamo se, nello svolgimento della sua funzione di vigilanza, la Consob abbia svolto fino in fondo il proprio compito.
Ho appreso con piacere del «disco rosso» che avete opposto alla liquidazione della buonuscita milionaria a favore della famiglia Ligresti, perché l'avete ritenuta non opportuna. Ho sentito anche, però, che il figlio del Ministro dell'interno, Cancellieri, probabilmente non estraneo alla predisposizione dei bilanci irregolari di Fondiaria-SAI, ha lasciato la società, dopo quattordici mesi di lavoro, con una liquidazione di circa 3,5 milioni di euro. Perciò, non si danno soldi a Ligresti, ma al figlio del Ministro sì, nonostante questi abbia fatto parte di un management che ha causato danni inenarrabili al gruppo e agli azionisti.
A tale proposito, avrei piacere di comprendere come mai, anche in società a capitale pubblico, si consenta di elargire laute liquidazioni a favore di coloro che hanno causato «buchi» nei bilanci. Infatti, non solo si versano liquidazioni a favore di chi stravolge Finmeccanica, ma i responsabili della vicenda Fondiaria-SAI, che meriterebbero la galera, ottengono anche una bella liquidazione, come risulta dai bilanci approvati, e vengono nominati direttori in un'altra importante azienda.
Ci chiediamo, quindi, se esista un sistema di controllo in questo Paese, nel quale ci meravigliamo quando sono pronunciate sentenze di condanna nei confronti degli «scienziati del terremoto».
Vorrei sapere, insomma, fino a che punto la Consob abbia fatto la propria parte.
Lei, presidente, ha opportunamente bocciato la parte del disegno di legge di stabilità che riguarda la Tobin tax, rilevando, con grande chiarezza, come il sistema francese, che salvaguarda i titoli minori, sia molto più efficace e funzionale.
Approfittando dell'esperienza da lei maturata a capo di un importante osservatorio, vorrei che formulasse al legislatore qualche suggerimento, da utilizzare per l'elaborazione di norme atte a distogliere risorse dalla speculazione finanziaria tout court, quella più violenta e più pericolosa, facendole affluire al finanziamento delle attività produttive del Paese. In altre parole, poiché non è mancato, nella relazione, un riferimento alle piccole e medie imprese italiane di successo, mi piacerebbe che lei, dall'alto della sua esperienza, e dall'osservatorio importante che presiede oggi, ci fornisse qualche spunto operativo, al fine di indirizzare i flussi finanziari verso le attività produttive del Paese.
Non ho alcuna difficoltà, presidente, a riconoscerle un profilo istituzionale e professionale corretto, anche con riferimento al periodo in cui ha ricoperto cariche di Governo. Lei è una persona perbene.
Oggi è invalsa l'abitudine, che definirei un vizio, di intrecciare la politica con la pubblica amministrazione, soprattutto con le authorities e le altre istituzioni impegnate in attività di controllo. In questi giorni, sta facendo notizia l'iniziativa assunta dal Comitato per la candidatura di Matteo Renzi presso il Garante per la protezione dei dati personali, il cui collegio è presieduto da Antonello Soro, un ex parlamentare. Recentemente, abbiamo appreso anche della nomina a giudice costituzionale di un altro politico. Si tratta di persone che vantano un curriculum specchiato, sul quale nulla c'è da dire. Tutta


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via, il punto è un altro: se si è stati di parte, se ci si è schierati politicamente, sarebbe opportuno, forse, tracciare una linea di separazione netta e invalicabile. Chi svolge un'attività di natura politica non può, dalla sera al mattino, andare a svolgerne una che richiede indipendenza di giudizio.
Cito il suo caso, presidente, pur essendo lei una persona degnissima e al di sopra di ogni sospetto, in quanto ritengo che sia da evitare un intreccio tra la politica e gli altri livelli istituzionali o di controllo. In particolare, dei collegi delle authorities dovrebbero far parte, a mio avviso, persone che non solo garantiscano la terzietà, ma l'abbiano anche manifestata, segnatamente attraverso la non appartenenza a schieramenti politici.
Cosa ne pensa? Le rivolgo questa domanda, presidente Vegas, perché lei è stato membro del Parlamento e componente del Governo.

MARCO CAUSI. Ringrazio molto il presidente della Consob per l'ampia relazione. Ci piacerebbe avere da lui ulteriori informazioni in merito all'evoluzione di alcune normative in materia di regolamentazione dei mercati.
Nella sua esposizione, il presidente Vegas ha giustamente evidenziato la necessità di un nuovo percorso verso una vigilanza unica europea nel settore bancario. Ci piacerebbe sapere di quali informazioni disponga sull'andamento della vicenda e, soprattutto, apprendere quali siano le resistenze, particolarmente da parte della Germania, a muoversi nella direzione indicata.
Non voglio nascondere al presidente Vegas che abbiamo sollecitato questa sua audizione dopo aver appreso dai giornali di un forte disaccordo espresso da alcune sigle sindacali in merito al processo di riorganizzazione della Consob. Leggendo queste notizie sui giornali ci siamo chiesti cosa stesse accadendo e cosa provocasse lo scontro con i sindacati.
Do atto al presidente Vegas di non avere eluso la questione. Ritengo, però, che le argomentazioni da lui addotte, a sostegno delle decisioni dell'Autorità in materia, non sono del tutto convincenti. In proposito, gli chiederei soltanto se, a suo avviso, sia possibile riaprire un tavolo di trattative, in modo da comporre gli attuali contrasti. Credo sia necessario fare di tutto per far rientrare il dissenso espresso da grandi organizzazioni sindacali, anche accettando, eventualmente, di rivedere talune criticità. Infatti, alcune organizzazioni sindacali hanno espresso una valutazione critica in merito all'accentramento del momento decisionale, attuato, peraltro, in controtendenza rispetto alla tradizione, secondo la quale, all'interno dell'Autorità, era lasciata maggiore libertà di determinazione alla divisione tecnica.
Su questo aspetto invito il presidente Vegas ad un'ulteriore riflessione in questa audizione.
Vorrei chiedere, inoltre, un approfondimento su due tematiche specifiche, affrontate nella relazione, di cui si è avuta notizia dalla stampa.
La prima riguarda gli scenari di probabilità. Quando le autorità europee hanno scelto la strada che il presidente ci ha illustrato nella sua relazione, si è sviluppata una discussione. Molti accademici ed economisti europei hanno rivolto appelli affinché gli scenari di probabilità non siano eliminati dai prospetti informativi. Ho letto dell'applicazione del metodo degli scenari di probabilità ad alcune obbligazioni emesse da istituti bancari italiani negli ultimi anni. Il risultato fa impressione: se avessero preso visione degli scenari di probabilità, molti dei risparmiatori che hanno comprato quelle obbligazioni avrebbero riflettuto, forse, più attentamente.
Sebbene la regolamentazione europea abbia ritenuto tale metodo non prioritario rispetto agli altri, vorrei sapere se possiamo permetterci il lusso, per così dire, di rinunciare alla facoltà di farne a meno. Pur avendolo utilizzato in passato, adesso dovremmo metterlo da parte, per effetto di una normativa comunitaria che, se ho capito bene, è più lassista rispetto alla normativa italiana in materia. Insisto, quindi, a domandare al presidente Vegas


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se il metodo degli scenari di probabilità, essendo un patrimonio della Consob, non possa comunque essere conservato, nonostante le normative europee lo rendano non obbligatorio.
Al termine di una interessante e completa relazione, ci ha ricordato, presidente, la questione della financial transaction tax.
In attesa dell'emanazione di un provvedimento europeo, si ipotizza l'approvazione di un provvedimento nazionale in materia. Perciò, le sue osservazioni sono rilevanti e, quindi, ne faremo tesoro, in vista della discussione che si svolgerà nei prossimi giorni. Come lei sa, infatti, il disegno di legge di stabilità è attualmente all'esame della Commissione Bilancio, mentre la Commissione Finanze ha appena espresso il proprio parere in relazione agli aspetti fiscali del provvedimento.
A tale riguardo desidero porle una domanda, presidente, traendo spunto, anche in questo caso, dalle notizie apprese dai giornali.
Qualche anno fa, il Ministro Padoa-Schioppa aveva istituito un gruppo di lavoro - all'interno del quale erano rappresentate anche la Consob e la Banca d'Italia -, ai fini dell'elaborazione di un nuovo regolamento in materia di strumenti derivati, che ancora non è stato emanato. Vorrei sapere, pertanto, se siano state avanzate proposte al Ministero dell'economia e delle finanze - e se questo abbia deciso autonomamente di non procedere all'adozione del provvedimento -, oppure se il lavoro non sia ancora concluso.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Saluto e ringrazio il presidente Vegas.
La mia domanda verte sulle sue ultime considerazioni relative alla Tobin tax. Nel disegno di legge di stabilità, il Governo indica in 1 miliardo e 88 milioni di euro gli introiti che potrebbero derivare dal tributo. Se, tuttavia, si avvererà - non ho dubbi al riguardo - quanto lei ha ipotizzato, presidente, non solo non ci sarà il gettito previsto, ma dovremo affrontare anche un problema di occupazione. Vorrei chiederle, quindi, quale consiglio possa darci al riguardo, visto che l'iter del provvedimento ci consente, in questa fase, di presentare proposte emendative.
Se si ripeterà ciò che è avvenuto in seguito all'introduzione della cosiddetta tassa sulle imbarcazioni - la tassa ha fatto scappare via tutti, e le entrate sono state di gran lunga inferiori a quelle preventivate -, avremo un «buco» nel bilancio di un miliardo e 88 milioni di euro.
Il disegno di legge di stabilità 2013 prevede un'aliquota unica dello 0,05 per cento (ammesso che sia applicata), mentre la Commissione europea suggerisce una distinzione tra operazioni in derivati e operazioni a pronti, con aliquote variabili tra lo 0,1 e lo 0,001 per cento.
Si tratta di una scelta politica che spetta al Parlamento: invece di tagliare 2,2 miliardi di euro di detrazioni fiscali, potremmo scegliere di aumentare l'aliquota della cosiddetta Tobin tax, per attuare, con il gettito corrispondente, interventi a favore delle fasce più deboli.
È evidente che l'iniziativa, come abbiamo chiarito fin dai primi dibattiti su questa ipotesi di nuova tassazione, deve essere coordinata a livello europeo. Vorrei sapere, quindi, quali Paesi, oltre la Francia, abbiano già applicato la FTT, o intendano farlo a breve termine. Credo che l'esempio possa essere seguito, anche se nutriamo qualche preoccupazione: gli introiti potrebbero essere inferiori a quelli attesi, e potremmo distruggere uno dei settori ancora sani della nostra economia.

ALBERTO FLUVI. Ringrazio il presidente Vegas per la relazione. Non entrerò nel merito di tutti gli aspetti che egli ha voluto sottolineare, soprattutto di quelli specifici riguardanti una vicenda particolare, non solo perché, in questo momento, i mercati sono aperti, ma anche perché la vicenda medesima è all'attenzione della magistratura, che provvederà ad accertare eventuali responsabilità.
Come sottolineato dall'onorevole Causi, abbiamo chiesto l'audizione odierna per fare il punto sugli aspetti organizzativi interni alla Consob. Il presidente Vegas è libero di non rispondere in merito a tali


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questioni, salvo che esse mettano a rischio quello che consideriamo un principio cardine delle autorità di vigilanza: il principio di collegialità.
Siamo preoccupati - lo dico senza reticenze -, poiché la riorganizzazione interna dell'Autorità, messa in atto mediante due interventi, dello scorso anno e di quest'anno (di solito, siffatte operazioni sono attuate alla vigilia delle vacanze, quando l'attenzione generale è minore), rischia di sembrare un po' barocca e opaca. Temiamo, in particolare, che essa abbia reso più difficile individuare le strutture responsabili di determinate attività, con ripercussioni sull'iniziativa di vigilanza delle singole unità organizzative.
Sto affrontando l'argomento soltanto per capire - mi creda, presidente Vegas -, senza alcun pregiudizio. Conoscendola personalmente, so che posso permettermelo.
Quando una struttura come la Consob, con circa 500 dipendenti, passa da 40 a 70 unità organizzative, 51 uffici, 9 divisioni, 3 aree, 7 tavoli di coordinamento, il rischio è che non si riesca a capire chi risponde a chi.
Ad esempio, la scelta di costituire una sorta di ufficio di presidenza, che assomiglia troppo - posso sbagliarmi, e sono pronto a ricredermi in tal caso - a una sorta di filtro del presidente, che impartisce indirizzi e indicazioni agli uffici. Il presidente, ovviamente, ha le sue prerogative, ma comunque presiede un organo collegiale.
L'altra domanda riguarda il direttore generale, il dottor Caputi: si può configurare, nei suoi confronti, una situazione di conflitto di interessi, giacché egli è membro anche di altri organismi?

IVANO STRIZZOLO. Ringrazio anch'io il presidente Vegas per l'esposizione, e mi limito a porre al nostro ospite due domande sintetiche.
Innanzitutto, vorrei sapere se il decreto-legge n. 21 del 2012, concernente la tutela e salvaguardia delle partecipazioni strategiche (golden rule), che il Parlamento ha recentemente convertito in legge, abbia determinato, per la Consob, ricadute in termini di indirizzi operativi e, se la risposta fosse affermativa, quali.
Inoltre, in merito ai rapporti con le altre authority, vorrei sapere se, da quando ha assunto l'incarico di presidente della Consob a oggi, siano stati tempestivi e adeguati, a suo giudizio - forse, ho capito male, ma l'esposizione è stata molto formale -, la collaborazione e lo scambio di informazioni con l'Isvap e con la Banca d'Italia. Infatti, pur avendo competenze diverse, tali autorità operano in settori rispetto ai quali anche la Consob esercita importanti funzioni.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Ringrazio anch'io il presidente Vegas per la sua bella e ampia esposizione. I colleghi hanno già fatto domande più tecniche, più approfondite e più professionali.
Da parte mia, vorrei porle una domanda che l'uomo della strada probabilmente si porrebbe leggendo il testo della relazione, da cui risulta che la Consob si è adoperata, negli ultimi quattro anni, a effettuare circa 52 ispezioni, di cui 27 negli ultimi due anni, relativamente ai soggetti che svolgono attività di distribuzione di prodotti finanziari. Il riferimento, in particolare, è agli istituti bancari.
Nella relazione si afferma, inoltre, che il comportamento dei predetti intermediari, sebbene non abbia determinato la distribuzione di prodotti «nocivi», ha richiesto e continua a richiedere un rafforzamento del monitoraggio diretto del rispetto delle regole di adeguatezza, avuto riguardo soprattutto al rischio di concentrazione nei portafogli degli investitori, attraverso il compimento di mirate azioni di enforcement.
Sorgono tantissime preoccupazioni e tanti dubbi al riguardo, soprattutto perché si è fatto riferimento agli istituti bancari. Ritengo che il piccolo risparmiatore potrebbe allarmarsi di fronte a queste considerazioni, soprattutto laddove si afferma l'esigenza di continuare a vigilare. Le vorrei chiedere, presidente, di essere più chiaro al riguardo Non desidero provocare allarmismi, ma desidero sicuramente sollevare motivati dubbi su questo tema.


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PRESIDENTE. Prima di darle la parola, presidente Vegas, porrò anch'io un paio di domande in merito ai temi affrontati nella relazione.
Innanzitutto, la ringrazio per i chiarimenti che ci ha fornito in merito alla vicenda della Tobin tax, cui si è interessata, naturalmente, anche la Commissione. Immagino, in proposito, che dietro una certa difesa di questa particolare forma di imposizione ci siano considerazioni ideologiche. In Italia, abbiamo la cattiva abitudine di anticipare, spesso, presi dalla foga, misure che gli altri Paesi, invece, si guardano bene dall'adottare. In tal modo, come lei, presidente, ha descritto nella relazione, generiamo, talvolta, conseguenze irreversibili nel nostro sistema.
La Commissione ha svolto, tra il 2010 e il 2011, un'indagine conoscitiva sui mercati degli strumenti finanziari. Rilevo dalla relazione che sono stati compiuti alcuni passi in avanti, soprattutto riguardo alla semplificazione dei prospetti. Mi domando se occorra compierne altri per migliorare le condizioni di accesso alla borsa.
Un tema rimasto inevaso è quello del listing. Abbiamo visto la borsa allontanarsi progressivamente dal nostro Paese, e anche le banche si sono disimpegnate, monetizzando le loro partecipazioni. A questo punto, mi chiedo - e le chiedo, presidente - quale panorama preveda per la nostra borsa. Dobbiamo rinunciare completamente a un suo eventuale sviluppo, oppure è ancora possibile fare qualcosa per garantirne la sopravvivenza? Benché le transazioni si concludano, ormai, attraverso altri canali, la borsa rappresenta comunque una vetrina per il nostro Paese.
L'articolo 32 del decreto-legge n. 83 del 2012, come modificato in sede di conversione, ha introdotto una nuova regolamentazione della cambiale finanziaria. Si tratta di uno strumento rilevante, almeno per consentire un primo accesso al finanziamento da parte delle società, soprattutto di quelle appartenenti al novero delle piccole imprese e delle microimprese. A tale riguardo, vorrei sapere se si debbano fare ulteriori passi o se, negli ambienti del risparmio gestito e degli investitori, si cominci a parlare di cambiali finanziarie.
La Commissione ha recentemente espresso un articolato parere sullo schema di decreto legislativo recante ulteriori modifiche e integrazioni al decreto legislativo n. 141 del 2010.
Ebbene, mi risulta che non sia stato ancora costituito l'albo delle persone fisiche consulenti finanziari, una cui sezione è dedicata alle società di consulenza finanziaria. Si è sulla buona strada, invece, grazie al lavoro svolto dalla Consob, per quanto riguarda l'albo unico dei promotori finanziari, alla cui tenuta provvede un organismo costituito dalle associazioni professionali rappresentative dei promotori e dei soggetti abilitati.
L'organizzazione dell'albo dei consulenti finanziari sta incontrando difficoltà di tipo economico, concernenti i costi per la costituzione degli organi e per il reclutamento del personale. Si ignora anche il numero dei potenziali iscritti. Non sono mancate proposte da parte di soggetti privati, ma ritengo, francamente, che sarebbe una sciocchezza affidare la tenuta dell'albo a qualcuno che ci metta le risorse finanziarie per un periodo transitorio.
Vorrei sapere, pertanto, se sia possibile ipotizzare un percorso che, in una fase preliminare, coinvolga la Consob, magari inserendo una disposizione ad hoc in uno dei provvedimenti di prossima emanazione. La costituzione dell'organismo per la tenuta dell'albo mi sembra assolutamente rilevante, ove si consideri che i consulenti finanziari non sono sottoposti, al momento, a un'adeguata forma di vigilanza, pur dando vita a un comparto che coinvolge molte persone.
Un altro problema che mi interessa approfondire è quello delle cosiddette vendite allo scoperto. Lei stesso, presidente, ci ha detto che gli scambi over-the-counter sono aumentati quando la regolamentazione è diventata eccessiva: i mercati, evidentemente, si sono regolati di conseguenza. Lo stesso discorso vale per le vendite allo scoperto. Vorrei chiederle, quindi, cosa bisognerebbe fare, al di là


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delle posizioni assunte anche dalla Consob, nei mesi scorsi, per impedire o limitare in alcuni periodi le vendite allo scoperto. Infatti, sia l'high frequency trading, sia le vendite allo scoperto producono distorsioni sui mercati, soprattutto in una fase recessiva. Vorrei sapere cos'altro si dovrebbe fare o, almeno, cosa stiano pensando di fare gli organismi internazionali rispetto a tali questioni.
Un'ultima considerazione attiene al tema dell'organizzazione interna della Consob. Capisco che da alcuni settori della politica, non appena il problema viene sollevato dalla CGIL, partano attacchi a tutto campo sul tema dell'organizzazione. Tuttavia, c'è un altro aspetto della questione che non mi è molto chiaro.
In passato, quando era diretta da un altro presidente, la Consob ha compiuto scelte che considero singolari. Non abbiamo mai dedicato una riflessione al funzionamento dell'Autorità, ma oggi abbiamo un'occasione per parlarne. Perciò, vorrei sapere da lei, presidente, se non trovi singolare che la borsa abbia sede a Milano, mentre la Consob si articoli in due strutture, una assolutamente debordante, con sede a Roma, e un'altra, molto più leggera, da quel che mi risulta, con sede a Milano. Vorrei sapere se il sovradimensionamento di una delle due strutture (in rapporto addirittura di 3 a 1) sia in qualche modo giustificato oppure se esso rappresenti il retaggio di un'impostazione che caratterizzava le scelte compiute in passato, che sarà sicuramente superata, anche alla luce delle modifiche strutturali nel frattempo realizzate.

GIUSEPPE VEGAS, Presidente della Consob. Ringrazio il presidente della Commissione e tutti gli onorevoli deputati.
Le domande che mi sono state rivolte, tutte estremamente interessanti - alcune delle quali, forse, mai poste in passato -, discendono da un approccio e da una considerazione diversi dei rapporti tra Parlamento e Autorità. Comunque, credo che la consuetudine di rapporti, anche a livello personale, consenta di superare qualsiasi questione di regolamento di confini. Credo, insomma, che questa sia una buona occasione per dialogare. Certo, alcune cose non si chiedono, normalmente, neanche al sindaco di un piccolo Comune; tuttavia, sono felice di poter dare una risposta, perché, magari, con un chiarimento...

ALBERTO FLUVI. Anziché banalizzare, come sta facendo, se mi dice che la collegialità della Consob è salvaguardata, sono tranquillo.

GIUSEPPE VEGAS, Presidente della Consob. Le vorrei rispondere motivatamente, onorevole Fluvi. Non stavo banalizzando: stavo precisando, in via preliminare, che non ho alcuna intenzione di invocare l'autonomia della Consob e che, anzi, considero l'audizione odierna l'occasione buona per avere un dialogo franco con il Parlamento e per spiegare come siano avvenuti certi fenomeni.
Arriveremo alle domande concernenti il tema dell'organizzazione dell'Autorità, ma ritengo opportuno rispondere ai vostri quesiti seguendo l'ordine in cui sono stati formulati.
Ringrazio l'onorevole Barbato anche per le sue cortesi espressioni di stima.
La sua prima domanda verteva sulla responsabilità degli organi di controllo nell'ambito della vicenda Fondiaria-SAI. Come ho cercato di spiegare, tale responsabilità esiste, ovviamente nell'ambito delle competenze di ciascuno. L'attività che è stata compiuta in relazione alla nota vicenda dipende, in parte, dalla conoscenza che abbiamo avuto dei valori di bilancio delle società interessate e, soprattutto, dalla considerazione di questi ultimi da parte dell'autorità di settore, che è l'Isvap, ai fini della verifica della sussistenza dei requisiti patrimoniali delle imprese di assicurazioni.
Ciò ha consentito alla Consob di svolgere, con riferimento alla seconda richiesta di valutazione circa la sussistenza dell'obbligo di OPA, un'operazione differenziata rispetto alla prima. In occasione della prima richiesta, infatti, non disponevamo di informazioni concernenti l'in


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sufficienza dei requisiti patrimoniali delle società. In occasione della seconda richiesta, invece, disponevamo di tali informazioni; di conseguenza, abbiamo dovuto prendere atto della sussistenza dei presupposti da cui la legge fa discendere, nell'ipotesi di salvataggio di società in crisi, l'esenzione dall'OPA.
La Consob non può influire sulla politica delle remunerazioni; semplicemente, cerca di far emergere la realtà finanziaria, in modo che il mercato possa conoscerla. Il mercato, a sua volta, può anche ritenere che una remunerazione, giudicata molto alta, sia in realtà equa.
In relazione al recente episodio, poc'anzi ricordato, abbiamo assunto, in questi giorni, un'iniziativa di carattere ispettivo, dalla quale è emerso che un amministratore della società assicurativa in questione avrebbe ottenuto un compenso di notevole entità. Perciò, abbiamo chiesto alla società di illustrarci in quale modo si sviluppi la sua politica remunerativa: è giusto che, prima della prossima assemblea, la quale dovrà deliberare proprio in merito alle politiche remunerative, si sappia cosa è stato fatto nel recente passato e cosa si intenda fare in futuro. In proposito la Commissione ha soltanto il potere di rivolgere domande, ma non può, ovviamente, decidere se un determinato trattamento debba essere riconosciuto o meno.
Sulla questione della cosiddetta Tobin tax, sollevata da alcuni deputati, premetto, a beneficio di una maggiore chiarezza, che non ho bocciato, né ho espresso valutazioni sulla bontà della scelta operata con il disegno di legge di stabilità 2013. La Consob agisce secondo il dettato della legge: quindi, se la norma sarà approvata, dovrà semplicemente osservarla, come tutti.
Mi sono permesso di notare che, probabilmente, alcuni suoi aspetti potrebbero essere corretti, per salvaguardare - se questo è il desiderio del Governo - il riequilibrio del sistema finanziario. Ad esempio, potrebbe essere opportuno introdurre nel dettato normativo una maggiore considerazione delle attività finanziarie, sempre tenendo conto dell'esigenza di non compromettere il funzionamento del sistema finanziario nel suo complesso. Sotto questo profilo, la legislazione francese, che ha il medesimo obiettivo di individuare nuove entrate, non include alcune norme che, così come sono state scritte da noi, potrebbero produrre conseguenze non favorevoli.
Mi riferisco, innanzitutto, alla questione relativa alla localizzazione degli intermediari. Se applichiamo l'imposta alle transazioni che hanno per oggetto titoli italiani, grazie al sistema basato sulla società Monte titoli, l'imposta può essere percepita a prescindere dal luogo in cui avvengono le operazioni. In tal modo, non vi sarebbe alcuna convenienza a spostare all'estero le transazioni dall'Italia verso l'estero. Si consideri che gli effetti negativi di tale spostamento potrebbero consistere non soltanto in una riduzione dei valori soggetti all'imposizione, ma anche nella probabile (secondo alcuni, certa) delocalizzazione degli intermediari, con conseguente perdita di posti di lavoro, nonché delle entrate fiscali derivanti dai redditi di questi soggetti.
Vi è, inoltre, una considerazione concernente la dimensione delle imprese colpite dall'imposta. Si potrebbe distinguere in base alla dimensione delle imprese o a quella del risparmiatore. Si potrebbe anche differenziare in base all'entità degli acquisti o delle vendite, prevedendo un'esenzione per i piccoli risparmiatori, eventualmente compensabile con un modestissimo incremento dell'aliquota negli altri casi (quindi, a parità di saldi), oppure si potrebbe scegliere di riferire l'imposizione esclusivamente alle società di maggiori dimensioni. Si tratta di decisioni che spettano, ovviamente, al Parlamento. Il mio compito è semplicemente quello di evidenziare l'esistenza di alternative rispetto a una volontà politica incentrata su questo tipo di imposta.
La terza considerazione è relativa agli strumenti derivati. Applicando a questi la stessa aliquota applicata alle transazioni sui titoli, siccome i derivati costituiscono un montante, si blocca il relativo mercato.


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L'allontanamento da quel tipo di investimento potrebbe ripercuotersi negativamente anche su molti piccoli risparmiatori, i quali utilizzano i derivati semplicemente a fini di copertura.
Probabilmente, quindi, un ripensamento delle singole aliquote potrebbe essere utile. Né va trascurato che, applicando la stessa aliquota ai mercati tradizionali ed a quelli over-the-counter, si spiazzano i primi a favore dei secondi. Mi sono permesso di ricordare, al riguardo, che i due mercati non hanno gli stessi livelli di trasparenza; quindi, potrebbe essere opportuno riequilibrare le aliquote in funzione della trasparenza. Questa linea potrebbe essere seguita dal Parlamento senza modificare l'impostazione di fondo né della manovra, né di questa imposta in particolare. Qualche correzione potrebbe essere utile sia per migliorare il funzionamento della FTT, sia per evitare che gli effetti dinamici siano preponderanti rispetto agli effetti di gettito o di regolazione del mercato.
Per quanto concerne la domanda relativa alla terzietà dei soggetti chiamati ad assumere determinati incarichi, non mi sento qualificato per dare una risposta, giacché il tema è completamente estraneo al mio lavoro e, comunque, non riguarda singole persone. Teoricamente, tutti i cittadini dovrebbero beneficiare dello stesso livello di tutela costituzionale. Si potrebbe anche stabilire che certe categorie di soggetti, in quanto hanno svolto particolari compiti, non possono svolgerne anche altri, ma la materia dovrebbe essere regolata da una legge costituzionale. Mi rendo conto che, attualmente, la politica non gode dei favori della cronaca, ma penso che nessun Paese possa risolvere i propri problemi senza politica. Si tratta, casomai, di trovare una buona politica. Il discorso esula dall'oggetto dell'audizione. In ogni caso, ritengo che la praticabilità di certe ipotesi debba essere valutata in base alle norme costituzionali, prescindendo dai casi personali.
L'onorevole Causi poneva quesiti circa la vigilanza bancaria e le resistenze tedesche. Si tratta di un ambito assolutamente estraneo a quello di competenza della Consob, che riguarda, piuttosto, il sistema delle banche centrali. Come si può evincere anche dal testo dell'intervento pronunciato ieri dal presidente Draghi davanti a tre Commissioni e ad altri componenti del Bundestag, sembra che molte resistenze stiano venendo meno. L'elemento fondamentale, riguardo non solo alla vigilanza bancaria, ma anche all'approccio e alla funzione svolta dalla BCE nell'ultimo periodo, consiste nell'aver chiaramente dimostrato ai mercati che l'euro non è in discussione e che saranno adottati interventi senza limiti quantitativi. Avere escluso il rischio che l'euro possa venire meno ha rasserenato i mercati. Ogni Paese deve fare quanto necessario, ma in questo modo lo scenario è comparabile con quello degli Stati Uniti, dove la liquidità è garantita dalla Federal Reserve. La posizione della banca centrale europea pone il nostro continente in posizione di parità rispetto ai concorrenti e rasserena i mercati: lo dimostra il fatto che essa ha inciso in maniera molto positiva sullo spread, nonostante il differenziale mantenga un andamento ondivago.
Per quanto concerne la questione dell'organizzazione interna, è opportuno, innanzitutto, ristabilire la verità dei fatti.
Faccio presente che la collegialità non è mai venuta meno. Infatti, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento di organizzazione - che risale al 1994 e non è stato assolutamente modificato in questa parte -, il presidente sovrintende all'attività istruttoria, riferisce alla Commissione per le conseguenti delibere, convoca la Commissione, stabilisce l'ordine del giorno, ne dirige i lavori, vigila sull'attuazione delle deliberazioni e, a tal fine, detta le necessarie direttive e ne tiene informata la Commissione.
Tradizionalmente - quindi, non da quando sono io alla guida della Consob - tutta l'attività istruttoria è stata supervisionata direttamente dal presidente. Esistono limiti di segretezza, ma di tale attività si riferisce in Commissione quando si adotta una delibera.


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Ciò premesso, è prassi ordinaria avere incontri (ne ho avuti numerosi) con responsabili di istituti, banche e società: ovviamente, questi soggetti chiedono informazioni in merito alle nostre regolamentazioni, ed è giusto che siano preventivamente informati.
Mi è stato contestato di aver incontrato l'amministratore delegato di Mediobanca, en pendant con la vicenda Ligresti. Si tratta, tuttavia, di un fatto del tutto ovvio. Peraltro, come ho già dichiarato, l'incontro ha avuto luogo non nella sede di Mediobanca, dove non ho mai messo piede, ma nella sede della Consob, alla presenza di funzionari della Commissione. Come ho già accennato, se qualcuno chiede di conoscere un orientamento, mi sembra assolutamente corretto rispondere che, nel caso in cui si prevedano vantaggi economici per la parte uscente, è necessario dar luogo a un'OPA, da cui non è possibile, in tale ipotesi, essere esentati (per i motivi che ho già spiegato). In una recente trasmissione televisiva, è stato chiesto al Garante etico della Consob se si trattasse di un'azione corretta, ed egli ha risposto, per iscritto, che di queste cose non si occupa, perché rientrano nell'ambito della discrezionalità del presidente.
La Consob, infatti, presenta una particolare composizione: da un lato, c'è l'organizzazione amministrativa; dall'altro, c'è la Commissione. Il presidente si trova nel mezzo, essendo, da una parte, il vertice dell'organizzazione amministrativa e, dall'altra, il vertice della Commissione. Tutta l'attività istruttoria, quindi, viene supervisionata dal presidente e, in seguito, ogni decisione è rimessa alla Commissione.
Se si chiede perché, allora, esista l'ufficio di presidenza, rispondo che, come la Camera, presso la quale opera il Servizio Bilancio dello Stato, anche la Commissione ha bisogno di un minimo di filtro, che non attiene alla formazione dei documenti e al loro esame (anche a questo riguardo, il regolamento stabilisce che il presidente fissa l'ordine del giorno), ma consiste in un'attività di controllo, che è necessaria perché, senza di essa, la Commissione deciderebbe «al buio». Il paragone con le procedure della Camera è calzante, poiché le quantificazioni degli effetti finanziari conseguenti ai progetti di legge, agli emendamenti e agli altri testi normativi, come effettuate dalla Ragioneria generale dello Stato, sono verificate dal Servizio Bilancio dello Stato. È giusto che sia così, perché un doppio controllo è necessario. Tra l'altro, l'ufficio di presidenza della Consob è composto da poche persone.
Tutti gli organi che sono chiamati ad assumere decisioni si avvalgono di una segreteria: mi meraviglierei se non ci fosse, anche perché la sua mancanza potrebbe dare adito a una sorta di predominanza degli uffici rispetto al soggetto incaricato di decidere.
Lo stesso vale per alcuni tipi di analisi e di decisioni. Alcuni hanno sostenuto (non in questa sede) che un ufficio autonomo, destinato all'analisi quantitativa, sia stato incorporato in una struttura più organizzata e non sia più in grado di lavorare. In realtà, non è così, perché nessun ufficio è realmente autonomo: opera in modo discrezionale, ma poi riferisce alla Commissione. Che un ufficio operi autonomamente, oppure sotto la direzione di una struttura maggiormente organizzata, non fa alcuna differenza, atteso che è comunque la Commissione a decidere. Faccio presente, inoltre, che l'ufficio autonomo ha un potere meno incisivo, mentre nell'ambito di una struttura più grande, quale, ad esempio, la Divisione mercati, possono essere meglio valutati gli effetti delle politiche societarie e si può, quindi, svolgere un'azione di controllo più efficace.
Ci si chiede perché non utilizziamo l'approccio cosiddetto quantitativo. Si tratta, in effetti, di un approccio sensato, utilizzabile soprattutto per il controllo ex post. Tuttavia, esso non è più ammesso nei prospetti, in base alla legislazione comunitaria. È data la facoltà di richiedere integrazioni di specifici prospetti, in via del tutto eccezionale; in linea generale, però, ci porremmo contro i principi comunitari, e quindi saremmo passibili di sanzione, se chiedessimo a chi deve redigere


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un prospetto di inserirvi da elementi informativi ulteriori rispetto a quelli previsti dal KIID. Queste informazioni possono essere inserite nei prospetti relativi ai prodotti finanziario-assicurativi, ma nel caso in cui le compagnie decidano di avvalersi di tale facoltà.
Occorre considerare, poi, che il metodo quantitativo può rivelarsi utile per gli investitori in alcuni casi, ma non in tutti. Ad esempio, nel caso di un bond emesso dal Monte dei Paschi Siena, il prospetto strutturato esponeva risultati positivi, mentre ex post l'investimento è stato negativo.
Peraltro, poiché siamo chiamati a esprimere un parere sul prospetto, un approccio di tipo quantitativo comporterebbe la necessità di modifiche continue, in relazione alla variabilità dei parametri. Oltretutto, il fatto che tali parametri facciano riferimento al passato potrebbe dar adito a rischi più elevati per l'investitore.
Last but not least, ricordo che l'interessante metodologia di cui stiamo parlando - la Consob ne ha sostenuto l'adozione, ma gli altri ventisei Paesi sono stati di diverso avviso, per cui dobbiamo adeguarci - impone la definizione di un benchmark. Ebbene, poiché il benchmark finale sarebbe costituito dal rischio di default dei buoni del tesoro italiani, è abbastanza evidente la controindicazione ad assumere come termine di riferimento un'informazione che non soltanto esprime un rischio molto elevato ma, in qualche caso, è anche fallace. Qualche mese fa, chi ha acquistato sul mercato secondario CCT o BTP italiani ha avuto modo di pagarli un prezzo molto basso e, di conseguenza, ha potuto lucrare sia sul prezzo, sia sul tasso di interesse, realizzando un rendimento finale molto elevato. Adesso, invece, i prezzi sono cresciuti, e il vantaggio economico si è ridotto. Se, quindi, avessimo utilizzato quel tipo di approccio, avremmo disincentivato l'acquisto di titoli di Stato italiani, che, invece, si è dimostrato un investimento proficuo.
Si tratta, pertanto, di un criterio di difficile applicazione, e il fatto che l'Europa lo vieti, in questa fase, ci induce a ritenere che non sia opportuno adottarlo.
Le vicende riguardanti l'utilizzo del criterio di giudizio sul quale ci siamo soffermati, unitamente all'erronea contestazione riferita all'inserimento della struttura di analisi all'interno di una più ampia divisione - che, invece, come ho già posto in risalto, è in grado di analizzare meglio i prodotti finanziari - hanno portato ad alcune azioni sindacali francamente sgradevoli.
Risale a qualche mese fa la lettera di un sindacato nella quale si affermava che le delibere assunte sotto la nuova presidenza della Consob in tema di organizzazione dell'Autorità sembrano rendere meno efficiente ed efficace l'attività precipua dell'Istituto, riducendo l'intensità e l'ampiezza dei compiti di vigilanza.
Queste affermazioni, francamente, non corrispondono al vero, e non sono, pertanto, tollerabili. Per questo motivo, abbiamo chiesto all'Avvocatura generale dello Stato di valutare se ricorrano gli estremi per promuovere un'azione legale: si può discutere di questioni organizzative e ci si può anche scontrare, ma non si può affermare che da un certo tipo di organizzazione dipende la tutela del risparmiatore.
Non c'è alcun problema con le organizzazioni sindacali, con le quali collaboriamo utilmente, ma affinché vi sia la maggiore armonia possibile occorre che la verità sia ripristinata.
Auspico, quindi, che tutto si appiani, e che si riconosca come le responsabilità appartengano non a singole persone, ma all'organizzazione nel suo complesso.
Faccio presente, per inciso, che la menzionata lettera ha suscitato - per la prima volta, che io sappia - una reazione piuttosto vivace, per così dire, da parte della dirigenza della Consob. Quasi tutti i dirigenti, infatti, hanno sottoscritto una lettera il cui contenuto contrasta con l'approccio sindacale.
Credo che, per la buona armonia e per il buon funzionamento di un'organizzazione, sia importante la collaborazione della maggioranza del personale: all'attività


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di un singolo non può essere collegata la responsabilità del cattivo funzionamento della struttura, perché non è esattamente così. Pur essendo assolutamente favorevole al più ampio dialogo possibile con i sindacati - che ricerchiamo costantemente -, credo che non si possa trascurare questo aspetto fondamentale.
Alla domanda dell'onorevole Causi sulla Tobin tax credo di avere sostanzialmente risposto.
L'onorevole Montagnoli ha sollevato un problema di quantificazione del gettito atteso da tale imposta. Non mi occupo più di tale materia. Posso soltanto affermare che bisogna valutare l'aspetto statico e quello dinamico della norma. In altre parole, possono variare i comportamenti e, di conseguenza, anche le quantificazioni.
Credo di aver tranquillizzato anche l'onorevole Fluvi circa la collegialità. Ripeto, comunque, che tutte le decisioni sono adottate dalla Commissione. La normativa vigente prevede, per molti aspetti della nostra attività, l'obbligo di segretezza, con l'unica eccezione delle informazioni da comunicare al Ministro dell'economia e delle finanze. L'attività istruttoria è riservata, ma tutte le decisioni competono sempre e comunque alla Commissione.
Anche in merito all'ufficio di presidenza mi sembra di avere già risposto.
Quanto al direttore generale, ricordo che la persona cui è stato affidato tale incarico ha dichiarato, ai sensi di legge, di ricoprirne altri. Non sono in grado di valutare l'eventuale esistenza di un conflitto di interessi. A me sembra che non vi siano i presupposti per ritenerlo sussistente; comunque, essendoci la dichiarazione, tutto è stato fatto in modo trasparente e in conformità alla legge.

ALBERTO FLUVI. Nessuno mette in discussione la trasparenza dell'operazione, tanto meno il sottoscritto, ma la valutazione è un'altra cosa.

GIUSEPPE VEGAS, Presidente della Consob. Trattandosi di competenze che attengono a settori diversi, non dovrebbe sussistere alcun problema di conflitto di interessi.
Quanto alla golden rule, onorevole Strizzolo, non vi sono state ricadute dal punto di vista dell'operatività della Consob.
A mio avviso, i flussi di informazione con le altre authority sono adeguati - soprattutto con la Banca d'Italia -, anche grazie ai protocolli che regolano la materia. Come ho già ricordato, essi sono molto utili per avere conoscenza del rischio emittenti nel settore bancario, che attualmente è quello di maggiore rilievo.
Credo di avere risposto anche al presidente Conte in merito alla questione della Tobin tax.
Quello del listing è un problema che ci eravamo posti l'anno scorso. In quest'ultimo periodo, francamente, esso è stato oggetto di minore interesse, per il semplice motivo che non c'è un flusso imponente da regolare: bisogna andare a cercare con il lanternino, diciamo così, le imprese che si vogliono quotare (per fortuna, è stata annunciata qualche IPO).
Il fatto che alcuni istituti bancari abbiano abbandonato la borsa desta qualche preoccupazione. Intendiamoci: sono comprensibili le ragioni che hanno spinto gli istituti bancari a fare cassa attraverso la vendita delle azioni che detenevano nei loro portafogli. È comprensibile, altresì, che Borsa Italiana debba unirsi, per fare massa critica, con altri soggetti. Abbiamo tuttavia constatato - questo è l'elemento di maggiore criticità - che non si è verificato, dopo la fusione tra Borsa Italiana e London Stock Exchange, l'afflusso sperato di IPO, di finanziamenti e di trader verso la borsa italiana. In altri termini, l'aggregazione non ha accresciuto la capitalizzazione della nostra borsa. Spero si tratti di un fenomeno non irreversibile, che desta sicuramente qualche preoccupazione. Resta indispensabile, per Borsa Italiana, realizzare un collegamento con qualche altra borsa internazionale, perché, con le attuali dimensioni della finanza, non è pensabile continuare a operare ciascuno per conto proprio.


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Le cambiali finanziarie sono uno strumento nuovo, non ancora operativo. È opportuno, quindi, attendere per conoscere le reazioni del mercato.
Un discorso analogo vale per il credito al consumo e per i consulenti finanziari. Quanto a questi ultimi, si registra la massima disponibilità a lavorare con la Commissione. Stiamo cominciando ad avere contatti con le associazioni di categoria, anche per definire un'eventuale disciplina transitoria, insieme al Ministero dell'economia e delle finanze. Come avviene per tutte le professioni, l'inizio è sempre caratterizzato da una certa gradualità, ma sono convinto che in tempi ragionevoli arriveremo a una definizione della materia.

PRESIDENTE. È necessaria una normativa, o pensate di poter agire da soli?

GIUSEPPE VEGAS, Presidente della Consob. Ci vuole una normativa e, comunque, prima bisogna comprendere esattamente i termini della questione.
Quanto alle vendite allo scoperto e ad altri fenomeni, quale l'high frequency trading, ricordo, pur senza avere intenzione di avanzare rivendicazioni, che abbiamo avuto il merito di porre il problema delle credit rating agency già l'anno scorso; una notazione analoga vale per la regolamentazione delle vendite allo scoperto.
Poiché si tratta di fenomeni nuovi, bisogna capire se quel che vediamo accadere costituisca qualcosa di ineluttabile o se, invece, sia suscettibile in qualche modo di essere regolamentato.
A mio avviso, è necessario garantire a tutti parità di trattamento, altrimenti qualche soggetto potrebbe avvantaggiarsi ingiustamente. Nulla in contrario, dunque, rispetto all'innovazione finanziaria; tuttavia, questa deve essere funzionale allo sviluppo del mercato, e il mercato deve essere funzionale all'economia reale; diversamente, si corre il rischio che si generino «bolle», come si è verificato nel 2007 e nel 2008.
Quindi, una regolamentazione degli aspetti più rischiosi di tali fenomeni è indispensabile.
Ci fa piacere che il problema sia stato compreso a livello comunitario, dove si va verso un level playing field. Ciò è necessario, per evitare che si produca un fenomeno di freeriding di un Paese nei confronti dell'altro, il che sarebbe, francamente, molto sgradevole (il rischio esiste già adesso). Come per la banking union, è indispensabile arrivare anche a una forma di financial union, per consentire a tutti di giocare sullo stesso livello e di non creare concorrenza tra ordinamenti, che è la concorrenza di tipo peggiore.
Tra l'altro, il fatto di avere ordinamenti diversi nei singoli Stati membri scoraggia l'investitore straniero: l'investitore asiatico, ad esempio, se costretto a entrare nelle dinamiche di ciascun Paese, finisce per rinunciare all'investimento, a causa delle eccessive complicazioni. In Europa, invece, abbiamo proprio bisogno di attrarre capitale di investimento dall'estero.
L'ultima questione è relativa alle sedi di Milano e di Roma. Si tratta di decisioni che vengono, come si suole dire, da lontano. La Consob è stata istituita a Roma, ha una sede secondaria a Milano, e il personale si è stratificato nel tempo, anche per effetto di concorsi recenti che hanno privilegiato la sede di Roma. Allo stato attuale, anche in considerazione della struttura dei costi della pubblica amministrazione, è alquanto difficile spostare personale da una sede all'altra. Quindi, si fa ricorso a forme di telelavoro, che comunque sono efficaci.
In prospettiva, si potrà procedere ad assunzioni di personale, anche se non nel prossimo futuro: guardiamo tutti con molta preoccupazione all'aspetto dei costi, che bisogna ripartire sul mercato. Si potrebbe pensare di ampliare un po' la sede di Milano. Tuttavia, come la recente esperienza dimostra, quando si bandiscono concorsi per la sede di Roma, si presentano molti concorrenti; al contrario, quando si mettono a concorso posti per la sede di Milano, malgrado si tratti di lavoro nel settore pubblico, caratterizzato da stabilità e relativamente ben remunerato, non


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si registra un'adeguata risposta tra i giovani provenienti dal mercato del lavoro del Nord Italia.
Probabilmente, un posto di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione, ancora adesso, non attrae molte persone: c'è da sperare che il mercato del lavoro, nelle regioni del Nord, rimanga tale ancora per molto.

PRESIDENTE. Non lo dica al Ministro Fornero: potrebbe dire che a Milano sono choosy anche da questo punto di vista...

GIUSEPPE VEGAS, Presidente della Consob. Per concludere, vorrei ringraziare la Commissione, aggiungendo che resto a disposizione per qualunque ulteriore domanda e per eventuali chiarimenti.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Vegas, anche per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato), e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,35.

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