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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite (VI e X)
2.
Giovedì 15 marzo 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Dal Lago Manuela, Presidente ... 3

Audizione del Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'economia e delle finanze, Mario Monti, sul disegno di legge C. 5025, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 1 del 2012, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Dal Lago Manuela, Presidente X Commissione ... 3 8 9 14
Conte Gianfranco, Presidente VI Commissione ... 8 20 24
Barbato Francesco (IdV) ... 9
Cimadoro Gabriele (IdV) ... 14
Crosetto Guido (PdL) ... 19
Fava Giovanni (LNP) ... 18
Fluvi Alberto (PD) ... 10
Formisano Anna Teresa (UdCpTP) ... 14
Fugatti Maurizio (LNP) ... 12
Galletti Gian Luca (UdCpTP) ... 17
Lulli Andrea (PD) ... 16
Monti Mario, Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'economia e delle finanze ... 3 20
Pugliese Marco (Misto-G.Sud-PPA) ... 11
Raisi Enzo (FLpTP) ... 10
Saglia Stefano (PdL) ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONI RIUNITE
VI (FINANZE) E X (ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 15 marzo 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA X COMMISSIONE MANUELA DAL LAGO

La seduta comincia alle 17,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'economia e delle finanze, Mario Monti, sul disegno di legge C. 5025, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 1 del 2012, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'economia e delle finanze, Mario Monti, sul disegno di legge C. 5025, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 1 del 2012, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.
Sono presenti anche il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, e il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento, Antonio Malaschini.
Do, quindi, la parola al Presidente del Consiglio dei ministri, professor Mario Monti.

MARIO MONTI, Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'economia e delle finanze. Onorevoli presidenti, onorevoli deputati, sono molto grato per questa occasione che mi viene offerta di comparire dinanzi a loro e ringraziare le Commissioni VI Finanze e X Attività produttive per l'importante lavoro svolto su questo provvedimento.
Desidero fare una breve premessa. In questi ultimi mesi, ma soprattutto in queste ultime settimane, si sono verificati progressi considerevoli nella distensione del quadro finanziario internazionale, europeo e italiano, ma vorrei fare presente che il quadro non si è certo ancora perfettamente normalizzato. Restiamo, quindi, in posizione di attenta vigilanza rispetto ai mercati finanziari. Dobbiamo anche osservare che, dai recenti miglioramenti, vengono stimoli per persistere nella direzione intrapresa di politiche economiche molto incisive e rigorose, e non certo prematuri e pericolosi impulsi al rilassamento di questo quadro.
È in questo contesto che mi permetto di iscrivere l'importante provvedimento al quale stiamo arrivando grazie all'impegno loro, del Senato e del Governo all'inizio. Oggi l'Italia ha riacquistato la capacità di mantenere i propri impegni. È passata tra gli attori di una politica di miglioramento del quadro europeo e, per fortuna e per impegno comune di tutti, non è più un potenziale fattore di crisi in Europa; ma resta veramente fondamentale il fatto di rispettare i tempi e il tono nella realizzazione


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delle politiche di risanamento e di crescita.
L'incompiutezza rischierebbe di pregiudicare i risultati già ottenuti. Ogni arretramento può ancora determinare cadute gravi del sistema. Pertanto restano essenziali sia la piena consapevolezza dei fattori di rischio ancora attuali sia la convinta determinazione nel risolvere le questioni aperte senza ritardo.
A dieci giorni dalla scadenza del termine di vigenza del decreto-legge n. 1/2012 e dopo che il Senato ha approvato con modificazioni sostanziali e nel complesso - riteniamo - migliorative il disegno di legge di conversione, ritengo opportuno spiegare personalmente le ragioni per le quali il decreto costituisce un tassello necessario della strategia di intervento messa in atto dal Governo per ristabilire quel quadro di fiducia che si sta gradualmente ristabilendo, come ho accennato.
Messi in sicurezza i conti pubblici con gli interventi del dicembre scorso, adesso è necessario rilanciare lo sviluppo. I contenuti e i tempi degli interventi, compreso il decreto-legge in esame, hanno avuto un primo scrutinio favorevole da parte dei mercati, come testimonia l'andamento dello spread in particolare dopo l'adozione del decreto-legge da parte del Governo e soprattutto l'approvazione dello stesso da parte del Senato.
Chi ci osserva e ci valuta dall'esterno, che si tratti delle organizzazioni internazionali o che si tratti dei mercati, tende a valutarci sinteticamente e complessivamente, per cui è apprezzato ciò che è stato fatto tempestivamente in materia di finanza pubblica, ma siamo attesi ai vagli e alle verifiche ulteriori. Le liberalizzazioni ne fanno parte preminente, così come certamente la soluzione di problemi strutturali nel mercato del lavoro, tematiche sulle quali, come sapete, il Governo con le parti sociali è in dirittura d'arrivo prima di portare il risultato di questo negoziato in Parlamento.
Il decreto-legge al vostro esame ha a oggetto la finalità della crescita. Il ristabilimento delle condizioni favorevoli agli investimenti interni e internazionali, allo sviluppo di autonome iniziative imprenditoriali e all'accentuazione delle dinamiche concorrenziali è la garanzia più seria che si sta avviando un robusto processo di crescita economica e che, per conseguenza, lo Stato è un debitore strutturalmente sempre più affidabile e, in ultima analisi, sempre meno bisognoso di credito. D'altro canto, la necessità di stimolare lo sviluppo economico risponde all'esigenza, altrettanto prioritaria, di migliorare le condizioni economiche dei cittadini.
Il nesso tra l'apertura dei mercati, direi anche il consentire ai mercati una maggiore respirazione, e la crescita economica vi è ben noto. Questo indirizzo non è peraltro espressivo di un atteggiamento fideistico e remissivo nei confronti dei mercati, come entità superiori. È piuttosto il risultato della convinzione, corroborata dall'evidenza storica e internazionale, che i mercati sono utili strumenti per l'allocazione delle risorse nelle economie, ma che mercati che svolgano queste funzioni efficacemente non esistono in natura ma piuttosto devono essere il risultato di una paziente opera da parte dei pubblici poteri volta a rimuovere ostacoli e a creare istituzioni di sorveglianza sulla corretta dinamica dei mercati - in primis le autorità della concorrenza - e di interventi dei Governi tesi a rimuovere quelle restrizioni alla concorrenza che non derivano solo dai comportamenti delle imprese, quali cartelli, abusi di posizioni dominanti o concentrazioni eccessive, ma che, soprattutto in Paesi ad antico e incisivo ruolo dei poteri pubblici, derivano soprattutto da provvedimenti legislativi e amministrativi adottati dalle autorità centrali e territoriali, che hanno determinato restrizioni della concorrenza, spesso in storica simbiosi, per non dire collusione, con organismi rappresentativi delle diverse categorie; organismi più che legittimi, ma il cui risultato complessivo di operatività alla protezione di interessi particolari non ha giovato, né in Italia né in altri Paesi, alla crescita economica, allo slancio del sistema economico-sociale e neppure all'equità, perché spesso ha voluto dire privilegio


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dato agli inclusi in un sistema di protezione a danno degli esclusi. Questo è avvenuto sia in sistemi con istituzioni complesse, come le università - quante volte si sono troppo tutelati gli inclusi o i produttori dei servizi piuttosto che gli utenti dei servizi? - sia nei mercati in generale così come nelle professioni. Di solito gli esclusi tendono a essere i giovani e i più deboli socialmente.
Scusate se ho speso qualche parola di troppo su questo tema, ma credo importante cogliere l'occasione di dibatterne. In un altro contesto, quello europeo, mi è capitato di esercitare questa funzione pro-concorrenziale per diversi anni e parlando al Parlamento europeo ho sempre cercato di sollecitare la considerazione che una politica a favore dell'apertura e della concorrenza - certo con tutele sociali essenziali - è una politica che deve essere ben vista sia da chi ha una visione più liberale dei meccanismi economici, perché allora ne apprezzerà il contributo di efficienza, sia da chi ha una visione più fondata sull'equità e sulla socialità, perché di solito più concorrenza vuol dire minori rendite di posizione e quindi minori freni all'economia; si tratta in buona sostanza di delle imposte occulte che, attraverso interventi dei pubblici poteri, spesso non consapevoli di questi effetti degli interventi, determinano gravami su alcuni cittadini, con vantaggi a volte indebiti per altri cittadini.
Ecco perché credo che dobbiamo considerare gli sforzi per le liberalizzazioni come sforzi non tanto - ripeto e concludo su questa parte generale - di ossequio a un principio, quanto come sforzi concreti per determinare più crescita, ma anche più equità; e non sono così frequenti le occasioni in cui si può servire la finalità dell'equità e della crescita con gli stessi provvedimenti. Ecco perché noi riteniamo che un Governo abbia il dovere di contribuire a questo sforzo.
Questo decreto-legge, specialmente dopo la sua elaborazione a seguito della prima lettura parlamentare da parte del Senato, è un segno concreto della consapevolezza raggiunta dalle classi dirigenti del Paese in merito alle priorità e al modo di affrontarle, quindi una credenziale che legittima il nostro Paese a esigere dalle istituzioni europee il necessario apporto a favore delle politiche per la crescita.
Non vi sarà sfuggito che abbiamo dedicato molta attenzione all'incisività della presenza italiana nell'Unione europea e, lavorando attivamente e concretamente con nostri partner che solo fino a qualche mese fa sembravano praticamente inavvicinabili, li abbiamo indotti a operare con noi (mi riferisco in particolare al Governo tedesco) per politiche equilibrate, che coniughino la disciplina finanziaria e di bilancio, di cui ormai siamo tutti convinti assertori, con la necessaria attenzione alle politiche per la crescita. Ma allora il provvedimento su cui stiamo lavorando è al centro di queste preoccupazioni.
Come già messo in evidenza dai relatori del provvedimento dinanzi alle Commissioni riunite, gli ambiti di intervento coperti dal decreto-legge sono ampi. Si pongono gli strumenti per liberalizzare interi settori della vita economica e per ridurre gli oneri amministrativi che gravano sulle iniziative imprenditoriali, si interviene sulle professioni regolamentate per eliminare alcune gravi restrizioni al corretto funzionamento del gioco concorrenziale, viene istituita la società semplificata a responsabilità limitata al costo di un euro per favorire l'imprenditorialità giovanile.
Si potenzia il servizio di distribuzione dei farmaci e l'attività notarile, si accrescono le tutele per i consumatori e per le piccole e medie imprese, si promuove la concorrenza nei mercati dell'energia, profilando in particolare la separazione della rete di distribuzione del gas dall'impresa incumbent, allo scopo di promuovere lo sviluppo della rete stessa nel contesto delle reti europee e la concorrenzialità nei mercati nazionali.
A proposito di energia, di fronte a osservazioni o polemiche che del resto mi sembrano svanite nelle ultime settimane, secondo le quali in una geometria astratta della fisica politica il Governo sarebbe stato forte con i deboli e deboli con i forti - immagine suggestiva ma del tutto non corrispondente alla realtà - non credo che


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per esempio il provvedimento sull'energia abbia avuto come controparte soggetti particolarmente deboli, e potremmo fare altri esempi.
Abbiamo cercato di guardare non alla forza o alla debolezza dei soggetti, ma al merito del caso; a proposito del merito mi viene in mente che prima ho dimenticato di enunciare che l'azione di liberalizzazione, di concorrenza giova non solo alla crescita (certo non dall'oggi al domani, ci vuole un po' di tempo), ma anche al merito, perché c'è più possibilità di espressione da parte di coloro che in un mercato, in una professione, in qualsiasi tipo di cimento economico hanno più da dire e da dare.
Si aprono i mercati della distribuzione dei carburanti, rafforzando l'autonomia dei distributori nei confronti delle compagnie; nel rispetto dell'esito referendario si razionalizza la normativa in materia di gestione dei servizi pubblici locali; si dettano norme in materia di assicurazioni e di banche allo scopo di contenere i costi per gli utenti; si definisce un quadro organico di regolazione tecnica indipendente nei trasporti aerei, ferroviari, autostradali, portuali, come presupposto necessario per aprire questi settori alla competizione.
Qualcuno ha chiesto - e condividiamo tutti gli impulsi di chi vorrebbe andare molto velocemente in queste direzioni: immaginate se non li sentiamo anche noi! - perché per il sistema ferroviario non siamo andati più avanti, ma noi vogliamo una concorrenza che non sia una giungla anche nelle grandi industrie a reti. Nel caso dell'apertura a concorrenti della rete ferroviaria occorre seguire un certo passo, per evitare che chi entra sulla rete (operatore nazionale o estero) possa scremare i benefici delle rotte di qualità ad alta redditività, lasciando all'operatore ex monopolista tutti gli oneri che derivano dal servire i cosiddetti «rami secchi», che però non sono affatto socialmente secchi e devono essere serviti.
Prima occorre un sistema di autorità e di criteri per dettare norme sul costo del servizio universale e via dicendo. Anche rispetto a tanti miei ex colleghi economisti (dico ex colleghi perché purtroppo sono uscito dalla loro categoria), dico che dobbiamo contemperare l'impulso ad andare avanti con la consapevolezza del fatto che dobbiamo andare avanti senza creare squilibri.
Non voglio ripetervi tutti i settori ai quali avete dedicato attenzione, ma ne cito ancora alcuni. Si promuove la modernizzazione della disciplina della distribuzione della stampa, tema non insensibile, mi dicono; si interviene per la prima volta al fine di accelerare il pagamento dei debiti di amministrazioni statali a favore delle imprese per transazioni commerciali avvenute; si dà attuazione alle direttive europee scadute in materia di diritti aeroportuali e in altre materie, in relazione alle quali si profilavano possibili infrazioni al diritto dell'Unione.
Proprio perché stiamo incalzando sempre di più la Commissione europea affinché vigili attentamente sul grado di apertura degli altri mercati europei ai quali gli operatori italiani sono interessati, non possiamo tanto permetterci di restare indietro noi in quei settori dove non siamo ancora ben aperti.
La disciplina di queste materie per molti aspetti è stata migliorata nel corso dell'esame al Senato, a seguito di costruttivi interventi dei gruppi parlamentari e anche di singoli parlamentari. Si è per esempio disciplinata la possibilità di attribuire un rating di legalità alle imprese, allo scopo di diffondere corrette prassi nei comportamenti imprenditoriali. È stata potenziata l'attività di enforcement svolta dall'Antitrust contro le clausole vessatorie ai danni dei consumatori; si è affermato il principio del riconoscimento del rimborso spese al tirocinante dopo i primi sei mesi. Anche cose minuscole, rispetto ai grandi disegni teorici di liberalizzazione, ma cose molto importanti per la vita pratica dei cittadini.
Si è favorito l'accesso - forse avrete sentito parlare del tema delle farmacie nel contesto delle liberalizzazioni, ma non ne sono sicuro - alla titolarità della farmacia anche per coloro che, pur essendo farmacisti,


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hanno svolto la propria attività prevalentemente presso le cosiddette «parafarmacie». Si è data, poi, la possibilità di cumulare i titoli svolgendo una gestione associata.
È stato introdotto l'obbligo per il medico di informare il paziente dell'esistenza di farmaci equivalenti idonei alla specifica terapia e l'obbligo per il farmacista, nei limiti in cui la prescrizione del medico lo consenta, di fornire il medicinale al prezzo più basso. Quindi, si è proceduto col «bilancino», per così dire, ma cercando sempre di andare il più avanti possibile con molto realismo.
Si è istituita - un altro dei molti campi di cui si è parlato e su cui si è agito - senza oneri per la finanza pubblica un'Autorità ad hoc per la regolazione organica del complesso dei settori del trasporto. Per i taxi, senza rinunciare neanche in questo ambito all'introduzione di elementi di modernizzazione, si è lasciato a comuni e regioni la competenza a decidere sulla base del parere tecnico dell'Autorità e a quest'ultima è stato conferito, inoltre, il potere di impugnare innanzi al TAR del Lazio le decisioni dell'amministrazione.
Dimenticavo di dire - ma lasciatemelo fare - che sono molto grato a chi ha rappresentato assiduamente e con grande competenza il Governo, come il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà e il sottosegretario De Vincenti, su queste tematiche, perché si sono potuti trovare modi più fini ma anche più forti per portare in porto queste aperture e queste liberalizzazioni.
Lasciatemi anche dire che, rispetto a chi ci osserva con tanto interesse, e non sempre necessariamente benevolo, dall'estero, ci siamo sforzati di rappresentare meglio la realtà. Il Governo ha presentato il proprio decreto-legge, poi ci sono stati molti dibattiti al Senato e, purtroppo un po' più ristretti, alla Camera; per tanti giorni si è letto nei giornali di trattative e di arretramento. Ecco, lasciatemi dire che alla fine, con l'intervento anche del Governo, in accordo col Parlamento, per recuperare lo spirito e l'impostazione iniziale, mi sento di affermare candidamente che il quantum di liberalizzazione non ha perso un grammo ed ha, invece, acquistato in realismo e in capacità di applicazione.
Nel desiderio di sintetizzare ho anche ingiustamente dimenticato di ringraziare il sottosegretario Malaschini: naturalmente anche a lui sono grato per il contributo dato.
Non voglio abusare del vostro tempo. In conclusione, onorevoli presidenti, onorevoli deputati, vorrei evidenziare la peculiarità del metodo utilizzato. Nel corso dell'esame il Governo è stato sempre disponibile a riscrivere molti aspetti delle discipline contenute nel decreto-legge, arrivando a individuare un soddisfacente punto di equilibrio tra le esigenze diverse, a volte confliggenti, che sono state rappresentate dalle diverse compagini della maggioranza che lealmente lo sostiene.
È stato fatto un lavoro certosino di discussione e di affinamento del testo, norma dopo norma e a volte parola dopo parola. L'atteggiamento dei gruppi parlamentari e dei relatori è stato propositivo e collaborativo; non è mancata attenzione anche a proposte di parlamentari dell'opposizione che, nel merito, sono apparse condivisibili.
L'ideale sarebbe poter ripetere sempre un simile lavoro di analisi, approfondimento e condivisione delle scelte. Purtroppo, non sempre ci sono i tempi necessari e il rischio è che i risultati positivi conseguiti, che ho sommariamente ricordato, possano - se si indulgesse troppo e si dedicasse troppo tempo - essere vanificati del tutto.
Faccio quindi appello al senso di responsabilità della Camera, che del resto ha potuto avere un ruolo più incisivo di quello che ha potuto avere per le liberalizzazioni nel già ricordato decreto n. 201 del 2011, che, se mi permettete, è la madre di tutti i decreti della politica economica di questo Governo.
È nell'interesse generale del Paese mantenere l'equilibrio raggiunto dopo l'esame avvenuto in Senato, condiviso a larga maggioranza dalle forze politiche ivi rappresentate, e quindi approvare definitivamente il provvedimento.


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Il Governo è naturalmente aperto ad accogliere le indicazioni che la Camera vorrà formulare in ordine a come attuare le discipline previste nel testo approvato dal Senato. Questa non è mai una storia che finisce: questioni nuove e diverse potranno ben essere oggetto di riflessione ulteriore e di interventi futuri, posto che l'attività di riforma normativa non può certo dirsi esaurita.
L'urgenza della situazione che ha imposto gli interventi in esame non elimina l'obbligo per il Governo di presentare annualmente il disegno di legge per la concorrenza - un'innovazione dovuta a personalità parlamentari che sono presenti in questa sala - e quella può essere la sede appropriata per continuare l'opera o per andare più in là o per fare manutenzione intelligente degli strumenti che con questo decreto sono stati predisposti.
Anche l'eventuale modifica di disposizioni attualmente contenute nel testo del decreto che si rivelassero inadeguate dovrebbe - credo - in questo momento essere rinviata a futuri interventi.
Per le ragioni che ho cercato di spiegare, la priorità oggi - e vi prego di prendere questo come un vero appello nell'interesse generale del Paese che stiamo portando fuori da una situazione difficile col contributo di tutti - è l'approvazione del disegno di legge di conversione.
Grazie, onorevoli presidenti e onorevoli deputati.

PRESIDENTE. Ringraziamo il Presidente del Consiglio, senatore Monti, al quale chiedo di fare avere alla presidenza la relazione scritta in modo da poterla mettere a disposizione di tutti i parlamentari presenti.
Do ora la parola al presidente della VI Commissione, onorevole Gianfranco Conte.

GIANFRANCO CONTE. Presidente Monti, nel ringraziarla per la sua presenza, mi sento però di farmi interprete, credo anche a nome dell'onorevole presidente Dal Lago, dell'imbarazzo che hanno vissuto le nostre due Commissioni in relazione a questo monocameralismo alternato che ci ha messo nelle condizioni di non avere il tempo a disposizione per apportare le modifiche al decreto-legge al nostro esame che magari, nella volontà di molti dei nostri colleghi sarebbero state necessarie. Dunque, un richiamo per creare le condizioni di garantire i tempi per un esame nei due rami delle Camere è assolutamente necessario.
Credo di interpretare anche il senso del dibattito che si è svolto in queste giornate e che ci ha messo obiettivamente in difficoltà. Pur riconoscendo il lavoro che è stato fatto, questo comprime la prerogativa dei parlamentari che appartengono a questo ramo del Parlamento di intervenire per modifiche, forse anche di dettaglio, ma che venivano considerate necessarie. Lei ha però già anticipato che tali proposte di modifica saranno oggetto di riflessione da parte del Governo in prossime occasioni.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi deputati che vogliano intervenire per formulare osservazioni ovvero porre quesiti.
Comunico che, se sarà superato il tempo concordato di cinque minuti, toglierò la parola, così da permettere a tutti i parlamentari iscritti di parlare.
Permettetemi una precisazione. La seduta delle Commissioni riunite è iniziata alle ore 14,30 per valutare e votare gli emendamenti. In quella sede, la presidenza ha comunicato che il Presidente Monti dovrà assolutamente andare via prima delle ore 19, e lo ringraziamo per aver anticipato l'audizione alle ore 17.
È doveroso che tutti i gruppi possano intervenire, non escludendo alcuna forza politica. È stato chiesto ai rappresentanti di gruppo dell'una e dell'altra Commissione di fornire i nomi degli iscritti a parlare - e così hanno fatto - e i presidenti hanno deciso di concedere cinque minuti per ciascun intervento. Se il Presidente Monti potesse restare fino a mezzanotte, vi lasceremmo parlare tutti. Ricordo che la procedura adottata per sedute analoghe è sempre stata questa.


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FRANCESCO BARBATO. A nome del gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori, signor Presidente del Consiglio dei ministri, la ossequio e la ringrazio per la sua presenza a questa audizione. Siamo onorati della sua presenza perché un Presidente del Consiglio dei ministri che partecipa ai lavori di una Commissione è davvero rilevante.
D'altronde, noi dell'Italia dei Valori abbiamo espresso un voto di fiducia pregiudizialmente positivo solo sulla sua persona, perché lei rappresenta sicuramente un profilo tra i più elevati del nostro Paese, di cui andiamo fieri.
Vorrei però replicare, signor Presidente del Consiglio, alle sue considerazioni in ordine al provvedimento sulle liberalizzazioni. Lei sottolinea l'importanza del provvedimento e dichiara che addirittura nel suo iter non avrebbe perso un grammo. Certo, signor Presidente del Consiglio, non ha perso un grammo perché sulla bilancia questo provvedimento non pesa.
Le dico questo perché noi ci saremmo aspettati un provvedimento che davvero mettesse in moto delle liberalizzazioni e avviasse una vera concorrenza e competizione. Tutto ciò è propedeutico naturalmente alla riduzione di costi e tariffe, ed è quello che si aspettano gli italiani. A questo dovrebbe servire, a mio avviso, un provvedimento del genere.
Invece lei parla di banche e assicurazioni che conterranno i costi per gli utenti. Signor Presidente, io so solo una cosa: c'è una «casta» che ottiene mutui dalle banche al tasso del 1,57 per cento. Non ho visto miglioramenti e ho le prove provate del fatto che banche e assicurazioni, all'indomani dell'approvazione del provvedimento in esame, massacreranno ancora di più gli utenti e i cittadini.
Signor Presidente, alla fine che cosa resta? Resta che per gli italiani non ci saranno riduzioni di tariffe e prezzi, bensì «paccate» di aumenti. Quest'anno arriverà l'IMU, aumenteranno le addizionali regionali e le accise. Sulla loro pelle gli italiani quest'anno riceveranno le vere «paccate».
Noi ci aspettavamo liberalizzazioni, partendo, ad esempio, dal suo palazzo, signor Presidente del Consiglio. Noi ci aspettavamo la liberalizzazione di Palazzo Chigi. Io personalmente sono venuto davanti a Palazzo Chigi per farle notare che in quel palazzo ci sono persone «imbucate» che svolgono lavori in modo anomalo. Lei giustamente ha rimosso - l'ho letto nella risposta che ci ha fornito il suo ministro - alcuni dirigenti di dipartimento, ma ha affidato queste mansioni al suo braccio destro, vale a dire il segretario generale, che guarda caso si trova nella stessa situazione illegittima, perché anche lui è un pensionato d'oro e ha ottenuto una consulenza esterna per continuare a svolgere il suo ruolo.
Le liberalizzazioni si devono fare rimuovendo queste situazioni e portando aria fresca, a cominciare da palazzo Chigi.
Le pongo un'altra domanda. Si parla di sberle e bocciature per il Governo. Questa mattina è stato bocciato un ordine del giorno a mia firma, sul quale c'era il parere favorevole del Governo. Io ho chiesto il voto del Parlamento per avere un parere politico. Per questa ragione è stato messo ai voti e il Governo è stato battuto (Commenti).

PRESIDENTE. Chiedo a tutti di far parlare l'onorevole Barbato.

FRANCESCO BARBATO. C'è una politica che vuole tenere ancora in piedi vizi, privilegi e difetti, ad esempio nel campo dello smaltimento dei rifiuti, su cui era incentrato il mio ordine del giorno. Quella politica è stata smascherata e ha mostrato il suo vero volto, esprimendo un parere difforme da quello del Governo.
La conclusione è la seguente, signor Presidente. Lei ha l'abilitazione all'insegnamento e lo fa con grande onore, ma io ho l'impressione che non abbia l'abilitazione a governare. Occorre che un Governo abbia il sostegno democratico ed elettorale per svolgere l'attività ordinaria. Abbiamo scadenze importanti per la RAI, la Guardia di finanza, le autorità di vigilanza. Le pare mai possibile andare avanti


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con permessi temporanei di soggiorno a palazzo Chigi?
Ormai che, come dice anche lei, la crisi acuta è superata, non ritiene per il bene del Paese che occorra un Governo che abbia l'abilitazione a governare e che si vada a elezioni?

ALBERTO FLUVI. Anche io volevo ringraziare il Presidente Monti non solo per aver voluto partecipare alla seduta delle Commissioni riunite, ma anche per quanto ci ha esposto nella sua introduzione.
Anche noi condividiamo la distensione - prendo in prestito la sua definizione della situazione finanziaria del nostro Paese - del quadro finanziario, ma questa distensione non può significare rilassamento, bensì deve impegnare il Parlamento, il Governo e tutte le forze politiche a proseguire lungo la politica di rigore che abbiamo iniziato a tracciare, a cominciare dal cosiddetto decreto Salva Italia, per poi proseguire con gli altri provvedimenti già approvati o in discussione nei due rami del Parlamento.
Condividiamo le considerazioni del presidente Conte, evidenziando la necessità di individuare strumenti che consentano ai due rami del Parlamento di poter lavorare alla pari. Certo non è la prima volta che questo succede, perché ormai sta diventando purtroppo una consuetudine: sta al Parlamento individuare, eventualmente con la modifica degli strumenti parlamentari, la strada per rispondere a quel giusto punto di domanda.
Anche noi, Presidente, consideriamo prioritaria l'approvazione del decreto-legge sulle liberalizzazioni, perché lo consideriamo un tassello importante di quel quadro politico cui lei faceva riferimento: il rigore dei conti pubblici, l'equità, la crescita sono i tre pilastri sui quali si fonda - a mio avviso - la politica del Governo e il sostegno delle forze politiche, il sostegno del Partito Democratico, a questa esperienza di Governo.
Riferendomi a questi tre pilastri, vorrei cogliere l'occasione della sua presenza per allargare il campo dell'audizione. È chiaro che il rigore senza equità non sta in piedi, perché è difficile perseguire politiche di rigore se non si ha la sensazione che il rigore sia distribuito in maniera eguale fra tutti i contribuenti italiani.
Abbiamo apprezzato il cambio di passo che abbiamo registrato nella lotta all'evasione fiscale. Fare del tema della fedeltà fiscale un punto prioritario nell'azione del Governo credo sia basilare per affermare, per inverare quel concetto di equità, che, come dicevo prima, è alla base di qualunque politica economica del Governo e dovrebbe costituire il minimo comun denominatore di qualunque politica economica.
Vorrei porle una domanda in merito al tema della riforma fiscale. In Commissione finanze abbiamo incardinato il disegno di legge delega sulla riforma fiscale e siamo in attesa di conoscere la posizione del Governo su questo importante argomento. Sono stati fatti molti passi avanti con il decreto Salva Italia (penso all'aiuto alla crescita economica e alle altre questioni). Si tratta di portare avanti il percorso e vorremmo sapere a che punto sia il Governo.
Vorrei in secondo luogo porle una domanda più specifica, che riguarda il tema del costo dei carburanti. Oggi abbiamo letto sui giornali che la benzina ha superato la soglia dei 2 euro al litro. Sappiamo che nel 2012 sono previste maggiori entrate a carico dei consumi, comprese le accise, per circa 15 miliardi di euro.
Vorrei chiederle se, ferma rimanendo l'aspettativa di gettito prevista nel bilancio dello Stato, sia possibile introdurre una sorta di «accisa mobile», la chiamo così, che consenta ai consumatori, pur mantenendo il livello di entrata al bilancio dello Stato - e qui ritorno al concetto di equità - di non assistere passivamente al progressivo incremento del prezzo del carburante, fermo restando - come ho appena detto - il gettito previsto dal bilancio per il 2012. La ringrazio, Presidente.

ENZO RAISI. Signor Presidente, anche a nome del gruppo parlamentare Futuro e Libertà desidero ringraziarla per essere venuto


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di fronte alle Commissioni riunite e aver svolto il suo intervento. Diciamo che è stato anche troppo gentile, nel senso che ci ha ringraziato troppe volte per il nostro lavoro, ma in questo caso non abbiamo lavorato così tanto, come diceva giustamente il presidente della VI Commissione.
Desidero cogliere l'occasione per dire che sicuramente il Governo, fino adesso, ha fatto molto bene, e la scommessa di questa maggioranza sta proprio nella fase delle proposte sullo sviluppo, per cui abbiamo guardato con grande attenzione a questo decreto e ci attendiamo, come preannunciato dal Governo, anche ulteriori interventi.
Mi permetto di dire - da liberalizzatore liberale quale sono, e da chi l'ha sempre guardata con grande attenzione sin da quando lei era professore universitario e poi Commissario europeo - che avrei voluto un pochino più di coraggio con riferimento al tema delle professioni. Invece dell'aumento del numero dei notai - che mi interessa poco perché già oggi molti posti da notaio sono vacanti e la commissione è composta da notai - mi sarei aspettato che alcune delle loro competenze esclusive fossero eliminate. Penso, ad esempio, alla costituzione delle imprese e al mutamento di società, che sono già realizzate da altri professionisti, per cui le nostre imprese pagano due volte.
Sul tema degli ordini professionali eravamo partiti con la speranza che venisse eliminato l'esame di Stato, ma, oggi, abbiamo certificato che i praticanti per sei mesi non ricevono lo stipendio, cioè non vengono neanche pagati, questione che peraltro oggi è già prevista nel Codice deontologico degli avvocati; quindi abbiamo addirittura fatto un passo indietro. Da questo punto di vista ci aspettavamo maggior coraggio, e spero che ci sia l'occasione - lei lo ha detto - di realizzare alcune modifiche in questo senso.
Richiamo la sua attenzione sull'argomento delle assicurazioni. Anche in questo provvedimento, per l'ennesima volta, abbiamo introdotto delle norme tese a combattere il fenomeno della frode in campo assicurativo. Da anni questo Parlamento porta avanti dei provvedimenti contro le frodi nel campo assicurativo e, di fianco a lei, c'è il dottor Catricalà, che in uno dei suoi ultimi interventi come presidente dell'Antitrust, denunciò il fatto che in Italia, inspiegabilmente, sebbene ci siamo adeguati alle richieste delle imprese assicurative, il livello del costo della cosiddetta RC Auto è andato oltre ogni percentuale credibile rispetto al resto d'Europa.
Credo che questo sia un motivo di intervento perché, se facciamo un ulteriore adeguamento rispondendo giustamente alle richieste di intervenire contro le frodi nell'RC Auto, ritengo che debba essere affrontato anche un discorso sulle tariffe, visto che fra l'altro l'RC Auto è obbligatoria e non credo che da questo punto di vista possiamo far finta di nulla.
Sulle reti e sulla semplificazione abbiamo fatto un intervento importante. Mi aspetto molto per quanto riguarda il tema della cosiddetta banda larga, cui teniamo molto. Mi aspetterei anche, finalmente, la divisione, nella rete della telecomunicazione a rete fissa, fra il gestore e la rete stessa.
Credo che la legge sulla concorrenza, che noi abbiamo tante volte chiesto al passato Governo e che non ci è mai stata data, sarà per noi un importante momento di confronto.
Questi sono gli argomenti che volevo porre alla sua attenzione, sottolineando - da «montiani» veri - che sarebbe un paradosso se, nel momento in cui il professor Monti ha l'occasione di guidare questo Paese e portare avanti quelle politiche di liberalizzazione che tutti ci attendevamo, dovessimo rimanere frustrati da una situazione che vede ancora una volta un Governo troppe volte condizionato dalle lobby; che già hanno condizionato il mondo della politica, che per venti anni non ha realizzato quelle riforme che, oggi, noi ci attendiamo dal Governo. Grazie.

MARCO PUGLIESE. Ringrazio innanzitutto lei, presidente Dal Lago, e il presidente Conte per aver preteso oggi la presenza del Presidente del Consiglio dei


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ministri presso le Commissioni riunite. Questo, peraltro, ci dà anche la possibilità di parlare direttamente al Presidente Monti, magari guardandoci negli occhi, e portarlo a conoscenza dei reali problemi che il Paese attraversa, in particolar modo una parte del Paese, il Sud.
Presidente, lei ci ha portato tanta serenità nell'esordio del suo discorso, quando ha detto che il quadro economico e finanziario del Paese sta migliorando. Lo notiamo anche attraverso la riduzione del differenziale tra i Bund tedeschi e i titoli italiani, che sicuramente è sceso al di sotto del 3 per cento. Noi del gruppo Misto-Grande Sud consideriamo di buon auspicio questo decreto-legge sulle liberalizzazioni, perché finalmente, al di là delle critiche, lei ha avuto il coraggio di applicare le liberalizzazioni in Italia. Lo dice uno che ha sempre creduto in questo spirito di liberalizzazione, che porterà sicuramente a una concorrenza e quindi a una riduzione dei costi. Inoltre, lo consideriamo di buon auspicio anche per le finalità di crescita e di sviluppo del Paese.
Tuttavia, vorrei soffermarmi su un punto del decreto-legge che è connesso al tema più generale del «caro carburanti». Come accennava prima il collega del PD Fluvi, questo è il tema più scottante che oggi riguarda tutti gli italiani, i cittadini, le famiglie e le imprese.
Signor Presidente, le disposizioni contenute nel testo del decreto-legge, sia per quanto riguarda il diritto di esclusiva che verrà meno per i benzinai, sia relativamente alla possibilità che i gestori si potranno aggregare, a mio modesto parere non porteranno a un miglioramento dal punto di vista del costo reale dei prezzi dei carburanti.
Oggi, in Italia, il costo al litro per la benzina verde è di quasi 2 euro e per il diesel 1,8 euro. Il prezzo della benzina è aumentato del 18,6 per cento solo nel 2011 e quello del gasolio del 25,5 per cento; la quota delle accise, in questi tre mesi, dall'inizio dell'anno ad oggi, è aumentata del 20,7 per cento per la benzina e addirittura del 34 per cento per il diesel.
Questa situazione crea anche dei paradossi, delle contraddizioni, a danno del Sud, perché proprio in questi giorni sui giornali leggiamo che in Basilicata, la produzione di petrolio è aumentata di 150.000 barili al giorno. Inoltre, la Basilicata e la Sicilia, che assicurano il 90 per cento della produzione nazionale del greggio, coprono il 15 per cento circa del fabbisogno nazionale.
Presidente Monti, al di là di tutto quello che di positivo è presente in questo decreto-legge sulle liberalizzazioni, credo che un forte intervento sia necessario sul caro carburanti. Dico questo perché il caro carburanti comporta un aumento del costo dei trasporti, un aumento del costo dei prodotti e quindi una diminuzione dei consumi per le famiglie e per le imprese.
A mio avviso, dunque, intervenire per ridurre le accise, così come diceva il collega del PD, e introdurre un tetto all'IVA, che sulla benzina è progressiva, potrà sicuramente contribuire a una forte aumento della nostra competitività nell'ambito dell'Europa, poiché, diciamolo pure, l'Italia è il Paese con il carburante più caro in Europa. Inoltre, se, da una parte, questo intervento comporterà introiti minori per le casse dello Stato, dall'altra parte, produrrà un aumento dei consumi, quindi una ripresa dell'economia reale. Grazie.

MAURIZIO FUGATTI. Il gruppo della Lega Nord considera importante la presenza del Presidente del Consiglio dei ministri davanti alle Commissioni parlamentari. Del resto, signor Presidente, non è la prima volta, e questo glielo lo riconosciamo. Questa volta, però, crediamo che lei si presenti quasi per una sorta di compassione nei confronti degli organi parlamentari. Infatti, lei si è presentato, candidamente, quasi a voler dare una benedizione solenne - come ha già in parte rimarcato il presidente Conte - ad un processo funebre che riguarda l'autonomia delle Commissioni e, in questo caso, l'autonomia della Camera dei deputati.
Riconoscendo che ha accennato a tale questione nel suo intervento, dico però che


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lei non può portare ad esempio l'iter parlamentare del cosiddetto decreto Salva Italia, ricordando che quel decreto è stato discusso, di fatto, solo alla Camera. Quella, signor Presidente, era tutta un'altra situazione; c'era una situazione finanziaria, di crisi, completamente diversa. Lei non può dunque nascondersi dietro l'affermazione che siccome per il decreto Salva Italia si è fatto in un certo modo, non lavorando al Senato, oggi si può fare all'inverso! Crediamo che anche lei ricordi che le situazioni erano completamente diverse.
Dopo aver commissariato la politica e i partiti, oggi lei - il suo Governo, signor Presidente - commissaria le Commissioni e commissaria le istituzioni parlamentari. Infatti, all'interno di questa Commissione non si è lavorato e crediamo che l'assenza, oggi, in questa Commissione, dei leader di partito della maggioranza - non è frequente che un Presidente del Consiglio parli in Commissione, quindi ci aspettavamo la presenza dei leader o dei capigruppo di maggioranza, invece ne vediamo solo uno - sia un sintomo di quello che è successo.
Lei si presenterà, con questo provvedimento, probabilmente per la dodicesima o tredicesima fiducia - abbiamo perso i conti - pur avendo una maggioranza che supera i 500 parlamentari. Non crediamo che sia rispettoso del Parlamento questo modo di legiferare. E se poteva esserlo quando c'era una crisi imminente, oggi lei è venuto a dirci che questa crisi un po' si sta risolvendo, quindi riteniamo che anche il comportamento nei confronti del Parlamento debba essere diverso.
Inoltre, siamo stati delusi anche del contenuto della sua relazione. Francamente la lettura dell'articolato poteva farla benissimo il sottosegretario qui presente, e non serviva il Presidente del Consiglio dei ministri. Lei è parso quasi un professorino che viene a spiegare agli scolaretti quello che si sta facendo. Noi non ci sentiamo degli scolaretti, non so se i colleghi di maggioranza si sentano tali.
Francamente, Presidente, sentirsi ripetere da lei, articolo per articolo, quello che è stato fatto, non ci sembrava opportuno.
Lei ha parlato di progressi considerevoli nel quadro finanziario, ha riferito la volontà del Governo di persistere nella direzione intrapresa, ha parlato di politiche economiche rigorose e del mantenimento degli impegni. Va bene, noi ne prendiamo atto. È un bene che oggi lo spread sia diminuito di circa 150-200 punti, ma noi non ne faremmo semplicemente un merito della manovra di questo Governo. Noi ne attribuiamo il merito alla circostanza che la Banca centrale europea ha fatto quello che non aveva mai fatto, ossia ha immesso liquidità nel sistema economico.
Noi crediamo che il Governo si debba impegnare affinché quella liquidità venga utilizzata per darla alle imprese, alle piccole e medie imprese e alle famiglie, e non venga trattenuta dalle banche o usata semplicemente per acquistare i titoli di Stato.
Lei ha parlato di dialogo importante e di un rapporto nuovo con la Germania. Noi crediamo che con il Fiscal compact - questa è una domanda che le rivolgiamo - la nostra sovranità fiscale e di bilancio sarà persa, poiché ce la imporrà la Germania. Se, allora, avere questo nuovo rapporto significa che la Germania deciderà quello che dobbiamo fare noi, francamente non ci pare un buon rapporto di fiducia tra i due Paesi. Ci dica, quindi, se lei è d'accordo che il nostro Paese perda la sovranità fiscale e di bilancio.
Infine, lei ha parlato di competenza del Governo. Noi non discutiamo le competenze dei singoli membri del Governo, però oggi, Presidente, ci chiarisca la questione della gratuità dei conti correnti fino a 1.500 euro per i pensionati.
Tenga conto che il sottosegretario Polillo oggi ha sostenuto che quella norma deve essere rivista, in quanto «fa male» alle banche, mentre il sottosegretario De Vincenti, qui presente, ha smentito tale tesi.
Cerchiamo di metterci d'accordo! Questi sono temi delicati, che toccano migliaia di persone e, quindi, vorremmo da lei una presa di posizione finale su questo punto, così come vorremmo sapere qual è la sua


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posizione sull'articolo 27-bis, relativo alle commissioni di massimo scoperto delle banche.

PRESIDENTE. Avrebbe dovuto intervenire ora l'onorevole Formisano, ma l'onorevole Cimadoro ha un problema personale e mi ha assicurato che, se lei, onorevole Formisano, gli cede la parola, non parlerà più di un minuto.
Avendo concesso cinque minuti di tempo, credo che il Presidente del Consiglio non potrà risposte rispondere a nessuno. Chiederemo eventualmente se vorrà dare incarico ai suoi uffici di fornirle per iscritto. Dovrebbe restare fino alle 19, a meno che non si fermi di più.

GABRIELE CIMADORO. Ringrazio la collega Formisano, che è molto gentile. Ringrazio il Presidente del Consiglio dei ministri per la sua presenza e lo ringrazio innanzitutto per la dignità che con lui ha ritrovato il nostro Paese, al di là del contenuto delle leggi e dei decreti e di tutto quanto è stato approvato per la ripresa e lo sviluppo dell'economia del nostro Paese.
Ci tenevo a svolgere questa considerazione e proprio per questo motivo ho insistito per avere la possibilità di un breve intervento. Colgo, inoltre, l'occasione per porre due questioni semplicissime che non abbiamo affrontato nel provvedimento in esame e che nemmeno il Governo ha ancora affrontato.
La prima è rappresentata dal «banale» problema derivante dal fatto che, sulla base della legislazione vigente, stiamo andando verso l'aumento dell'IVA al 23 per cento. Io credo che dare seguito a tale aumento sia una follia! Pensiamo alla contrazione degli acquisti che ne deriverebbe ed a quanto questo problema potrebbe pesare sulle tasche degli italiani. L'incremento dell'IVA al 23 per cento (e probabilmente oltre) è un problema serissimo che il Governo dovrà affrontare nel senso di non dare seguito a tale aumento.
L'altra questione che vorrei sottoporre riguarda un tema, quello dell'edilizia, che in Commissione - io sono il capogruppo dell'Italia dei Valori nella X Commissione - abbiamo discusso e che abbiamo fatto presente tutte le volte ai ministri e ai sottosegretari. Questo Governo non ha ancora affrontato il problema dell'edilizia, un problema gravissimo nel nostro Paese, soprattutto al Nord. Io credo che un minimo di attenzione su questo tema debba essere tuttavia dedicato dal Governo e spero che lo faccia al più presto.

ANNA TERESA FORMISANO. A nome dell'UdCpTP desidero ringraziare il Presidente Monti per la sua presenza nelle Commissioni riunite. È per noi una presenza importante.
In primo luogo, desidero anche comunicare e dichiarare apertamente che per noi la priorità è approvare questo provvedimento in tempi rapidi. Ci rendiamo conto di quanto sia importante il tempo rispetto a queste misure.
L'ho affermato nella dichiarazione di voto in Aula e voglio ripeterlo ora: noi abbiamo a cuore, tra gli altri, due problemi in maniera pressante e importante, quello dell'occupazione giovanile, anzi della disoccupazione giovanile, e quello della non occupazione, ossia della perdita dei posti di lavoro di quella fascia di persone che va tra i 40 e i 50 anni, purtroppo in aumento nel nostro Paese, costituita da padri e madri di famiglia che non hanno facilità a essere ricollocati nel mondo del lavoro e che rappresentano, ormai, quasi un dramma nel nostro Paese.
Credo che questi due aspetti non rappresentino soltanto un problema generazionale, ma che siano e debbano essere, a nostro avviso, un problema nazionale.
Quando abbiamo saputo dell'incentivo a costituire una società a responsabilità limitata semplificata per i giovani, con un capitale sociale di un euro, noi abbiamo valutato molto positivamente questo provvedimento, in questa direzione.
Vorrei, però, sommessamente, come ama esprimersi lei, Presidente, parlare non solo da parlamentare, ma anche da mamma che fa anche la parlamentare, pensando ai tanti ragazzi che hanno un'idea e che vorrebbero fare gli imprenditori,


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ma che non hanno alle spalle la forza economica per poter iniziare e che non hanno magari nessuno che possa accompagnarli in banca o ad aprire un finanziamento.
Pensiamo a questi ragazzi e a quanti cervelli abbiamo nel nostro Paese che potrebbero realizzare imprese, ma che magari non hanno la possibilità di farlo, non avendo le risorse.
Termino con una domanda, ossia se è stato valutato, da lei in primis, Presidente, quale sia il ritorno in termini di occupazione di questi provvedimenti nel breve e nel medio periodo, perché credo che anche questo sia importante da valutare. Potrebbe essere un buon messaggio per il Paese. Grazie.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA VI COMMISSIONE GIANFRANCO CONTE

STEFANO SAGLIA. Innanzitutto non possiamo che rallegrarci del fatto che, come ha comunicato il Presidente Monti, l'accoglienza dei prodotti finanziari dello Stato italiano sui mercati sta avendo un giudizio più positivo del passato. Questo è l'elemento fondamentale sul quale si è interrotta l'esperienza di Governo precedente e sulla quale si è avviata questa. Credo che sia uno degli obiettivi fondamentali dell'agenda politica del Governo.
Quello che, però, non ci basta è il fatto che vi siano alcuni nodi che ovviamente l'attività del Governo non può sciogliere solo ed esclusivamente con un provvedimento, ma con un'azione più completa. Tratterò brevemente un paio di questioni che riguardano il provvedimento all'esame delle Commissioni riunite e poi svolgerò due considerazioni di carattere generale.
Per quanto riguarda il tema dei carburanti, non stiamo a discutere se fosse migliore la riforma precedente o quella prevista in questo provvedimento. È sicuramente un fatto positivo che si sia aggredito il tema della distribuzione, però noi vorremmo fare una raccomandazione, che è innanzitutto quella di prestare attenzione su come saranno attuate le disposizioni in materia contenute in questo provvedimento.
Il problema sta sempre nel rapporto tra lo Stato e le regioni in merito alla ristrutturazione della rete e sui provvedimenti amministrativi che seguiranno l'approvazione delle norme e che potrebbero rendere non efficace la riforma stessa. Si interviene, anche con questo provvedimento, sullo «stacco» Italia-Europa, che è di 3,5 centesimi al litro. Interveniamo con una riforma importante come quella contenuta nel provvedimento su un pezzo del problema.
Mi rifaccio anche agli interventi precedenti per affermare che l'altro pezzo del problema, anche più rilevante, è certamente quello delle accise. Sappiamo che è difficile toccarle, però invitiamo il Governo a esaminare la questione della sterilizzazione dell'IVA, visto e considerato che oggi l'andamento del prezzo del petrolio, a causa di diverse crisi internazionali, è particolarmente gravato dalle vicende che conosciamo. Quello in oggetto potrebbe essere un provvedimento che alleggerisce immediatamente la vita non solo dei cittadini, ma anche delle imprese che lavorano con la mobilità e con il trasporto.
Per quanto riguarda, invece, una questione tra le più importanti affrontate nel provvedimento, quella concernente la società SNAM Rete Gas, noi vorremmo avere dal Governo rassicurazioni sul fatto non tanto che si sia seguita la strada della separazione proprietaria, che rispettiamo, anche se noi avevamo scelto quella della separazione gestionale, ma su un'altra questione. Entrambe le soluzioni possono raggiungere l'obiettivo, ma a patto che venga mantenuta l'unitarietà del gruppo SNAM, cioè che tutte le attività regolate rimangano all'interno del gruppo, considerando gli stoccaggi, i rigassificatori e la rete di trasporto. Ciò contribuirebbe a creare un gruppo con una massa critica importante, che riuscirebbe poi a competere a livello europeo e internazionale.
Concludo ricordando le questioni del credito e del lavoro. Noi pensiamo che la norma che è stata inserita in questo provvedimento,


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con l'approvazione di un emendamento al Senato, è sicuramente improvvida. Non l'abbiamo provocata noi e non ne condividiamo appieno il contenuto, però anche quell'intervento normativo dimostra un malessere che esiste nel rapporto fra l'impresa e gli istituti di credito e che di fatto si amplifica anche nelle aule parlamentari.
Ci chiediamo non tanto come verrà espunta questa norma, che è argomento di altri tavoli, quanto se il Governo, in base all'esperienza che il professor Monti ha, è in grado di poterci indicare quali siano gli ostacoli reali per i quali le risorse che provengono dalla Banca centrale europea non possono o non riescono a essere messe a disposizione del credito alle piccole e medie imprese.
Si tratta di un elemento sul quale probabilmente, nell'ambito dei tecnicismi che caratterizzano questi prestiti fra Banca centrale europea e banche nazionali, esiste una spiegazione, ma che le imprese e i cittadini non riescono più a cogliere, in quanto vedono, da una parte, le difficoltà delle loro possibilità di accedere al credito e, dall'altra, la possibilità, invece, per le banche di rifinanziarsi sul mercato internazionale.
Lo stesso discorso vale per le regole di Basilea 3. Vorrei sapere se il Presidente Monti ritenga che il Governo italiano abbia la forza di porre nelle sedi più opportune la questione di rimettere in discussione tali accordi, che certamente, in tempi di crisi, sono particolarmente pesanti.

ANDREA LULLI. Naturalmente mi associo ai ringraziamenti per la presenza del Presidente del Consiglio dei ministri. Non è solo un gesto di cortesia: credo che il fatto di assicurare tale presenza - non è, peraltro, la prima volta che lei viene nelle Commissioni parlamentari, nonostante la breve esperienza da Presidente del Consiglio dei ministri - anche se faticoso, sia il segnale della volontà di intraprendere un percorso molto giusto e doveroso per il recupero della credibilità delle istituzioni e della politica. A mio avviso, senza tale elemento sarebbe difficile risolvere la crisi del nostro Paese. Certamente occorre lo sforzo di tutti, però credo che questo sia molto importante.
Il gruppo del Partito Democratico, come ha già affermato il mio collega Fluvi, è disponibile all'approvazione in tempi congrui del disegno di legge di conversione in legge del presente decreto-legge, dal momento che riteniamo questo un segnale politico rilevante. Avremmo certamente alcune osservazioni da svolgere e alcuni aggiustamenti da proporre che spero - lei lo ha sostenuto e a me fa molto piacere - sia possibile attuare in occasione dell'approvazione della legge annuale sulla concorrenza, che credo sia uno strumento molto importante.
Siamo particolarmente contenti della norma sulla separazione proprietaria della rete Snam, che rappresenta un tema complesso: vigileremo e la incoraggeremo ad andare avanti affinché i tempi siano rispettati. Infatti, riteniamo che questa sia una misura di politica industriale necessaria per il nostro Paese, che può significare attrazione di investimenti e l'assunzione di un ruolo più forte del nostro Paese in Europa e nel Mediterraneo. Allo stesso tempo, essa può rappresentare anche l'occasione per porre condizioni per l'abbassamento dei prezzi del gas per le famiglie e per le imprese italiane, magari per essere meno dipendenti da accordi internazionali, come Gazprom, tanto per essere chiari, che certamente non hanno fatto del bene al nostro Paese, a nostro giudizio.
Ciò premesso, credo che sia importante poter lavorare in modo più incisivo. Noi avremmo voluto interventi più decisi su alcuni aspetti, per esempio, sulla questione dell'esclusività delle professioni. Non è solo un problema di costi per i cittadini, ma anche di innovazione necessaria nei servizi di questo Paese.
Il nostro è un Paese che viaggia a due velocità, basate sulla struttura dei servizi pubblici e privati e sulla manifattura, che in realtà compete tutti i giorni da anni sui mercati internazionali con grande difficoltà.


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Credo che questo sia un punto molto importante e voglio citare - lo conoscerà - un libro di Salvatore Rossi - Controtempo. L'Italia nella crisi mondiale - che credo indichi bene le azioni da compiere, con il necessario consenso, con la necessaria maturazione e, quindi, con gradualità. Credo che sia un punto molto importante.
Avremmo voluto un impegno maggiore, ma non in questo decreto che è già complicato. La raccomandazione che raccolgo dal presidente Conte è di non farci arrivare più decreti - non è la prima volta che accade; anche gli altri Governi l'hanno fatto - con decine e decine di articoli, perché ciò va a detrimento della chiarezza della legislazione.
Quanto alla politica industriale, Presidente, noi abbiamo bisogno di interventi. Abbiamo un problema di Finmeccanica e di altre grandi realtà e rischiamo di perdere posizioni strategiche.
Vorrei, inoltre, che il Governo, con il suo ministro dello sviluppo economico, fosse più incisivo anche su FIAT. Non è accettabile che di un piano industriale da 20 miliardi, che è stato annunciato, ancora non si sappia nulla.

GIAN LUCA GALLETTI. Anch'io mi unisco ai ringraziamenti al Presidente del Consiglio e al Governo per aver accolto l'invito a partecipare alla seduta odierna delle Commissioni riunite. Mi unisco, però, anche a tutti coloro che si sentono amareggiati da come è andato il dibattito.
Sono sei anni che mi sento amareggiato, cioè dal giorno in cui sono entrato in Parlamento. Sui decreti tecnicamente rilevanti e complicati dal punto di vista politico la storia è sempre stata questa: una Camera ha discusso, anche approfonditamente, e l'altra ha approvato ciò che ha stabilito la prima. La verità è che, con questo sistema, con questi regolamenti parlamentari, non è possibile fare diversamente. Non è possibile! I tempi sono questi e succederà sempre così!
Proprio per questo motivo, nell'ultima riunione della Conferenza dei Presidenti di gruppo, abbiamo deciso di rivedere i regolamenti parlamentari e, fra i punti che abbiamo segnalato alla Giunta del regolamento, c'è proprio quello che riguarda i tempi e le modalità di approvazione dei decreti (soprattutto di quelli economici), nel rapporto fra le due Camere, atteso che certe dinamiche si sono già ripetute per troppe volte.
Non lo rilevo per amor di polemica, perché è successo con Governi di centrosinistra e con Governi di centrodestra e oggi succede con il Governo Monti. C'è qualcosa nella macchina che non funziona, cioè nei regolamenti parlamentari.
Molto velocemente passo al tema delle liberalizzazioni. Mi iscrivo insieme all'onorevole Lanzillotta e all'onorevole Della Vedova fra i liberalizzatori della prima ora ma, proprio perché sono un liberalizzatore, osservo che non dobbiamo attribuire troppa importanza alle liberalizzazioni.
Le liberalizzazioni sono un mezzo e non un fine. Sono un mezzo che serve a far sì che il mercato sia più equo, che vengano abbattute le barriere che impediscono ai giovani di avere le giuste opportunità, che si vadano a scalfire alcuni corporativismi che in un sistema di mercato tendono a crearsi nell'ambito di aree protette ai fini della realizzazione di extraprofitti (è giusto che lo facciano, ma è giusto anche che l'Autorità intervenga per togliere tali extraprofitti). È una sorta di manutenzione del mercato che bisogna compiere in continuazione per renderlo il più libero possibile. È altrettanto chiaro che il mercato non è un fine, ma un mezzo per la soddisfazione dei bisogni dell'uomo e perché ci sia equità nella società in cui si vive.
Le liberalizzazioni non sono la panacea di tutti i mali. Chi pensava che dopo le liberalizzazioni il mondo economico in Italia sarebbe cambiato probabilmente non conosce il principio della liberalizzazione. Le liberalizzazioni daranno vantaggi economici? Certamente, daranno anche vantaggi economici, ma non li daranno domani, bensì nel medio-lungo periodo. State tranquilli, ne daranno soprattutto le liberalizzazioni che sono contenute in questo


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decreto e, paradossalmente, i maggiori vantaggi economici deriveranno dai capitoli che abbiamo discusso di meno.
Non voglio sminuire le liberalizzazioni delle farmacie, dei taxisti e delle libere professioni. Ritengo che queste siano importanti e che su tale versante abbiamo fatto molto, ma noi trarremo i vantaggi maggiori dalla separazione della Snam Rete Gas, da quanto è stato stabilito sui servizi pubblici locali e dalla creazione dell'Autorità dei trasporti. Penso che nel medio periodo questi interventi daranno un risultato altamente positivo in termini di crescita e di liberalizzazione del mercato.

GIOVANNI FAVA. Presidente Monti, noi non la ringraziamo né nel merito né tantomeno nelle modalità, che ci hanno portato al dibattito di oggi, e le voglio spiegare il perché.
Non la ringraziamo nel merito per le ragioni che abbiamo illustrato in un dibattito che si è protratto per diversi giorni. Non è vero che non abbiamo lavorato; sarebbe meglio dire che abbiamo lavorato per niente, che è cosa diversa, perché, se non avessimo lavorato, non saremmo rimasti in questa Commissione a discutere di questioni anche importanti, non avremmo nemmeno dovuto subire l'onta di sentirci dire dai relatori e dal Governo stesso che molti dei nostri emendamenti erano non solo condivisibili, ma anche assolutamente comprensibili e probabilmente rappresentavano dei miglioramenti del provvedimento, ma che non sarebbero stati presi in esame per mancanza di tempo.
Qui abbiamo creato un precedente assolutamente antipatico, che credo si ripercuoterà nel tempo. Ho detto ai colleghi della maggioranza che hanno scelto la via del «suicidio parlamentare» che noi non eravamo interessati a questo tipo di scelta, ma loro evidentemente sì. C'è una strategia volta a fare harakiri, che noi non condividiamo, ma nell'ambito della quale il risultato che abbiamo ottenuto in tutto questo dibattito è assolutamente nullo: abbiamo accettato modalità incomprensibili perché c'erano i tempi e i modi per poter discutere, migliorare ulteriormente il testo e farlo nuovamente approvare dal Senato, e c'era la disponibilità dell'opposizione a fare in modo che ciò potesse avvenire.
Vorrei ricordarle - forse a lei è sfuggito perché non credo abbia seguito i lavori di questi giorni delle Commissioni - che non abbiamo mai assunto atteggiamenti ostruzionistici, siamo sempre sistematicamente intervenuti nel merito di quelli che ritenevamo essere emendamenti che miglioravano il testo del Governo che ci è stato presentato come modificato dal Senato.
Non abbiamo quindi condiviso le modalità con le quali si è arrivati a questo voto e devo dire che, per certi versi, il suo intervento deludente ha confermato i nostri dubbi. Lei ha parlato di «cose minuscole» e ha fatto bene perché di questo si tratta, perché è vero che quelle quattro questioni che sono state sbandierate al vento come grandi innovazioni, grandi liberalizzazioni che attengono al tema dei tassisti piuttosto che delle farmacie piuttosto che di qualche notaio in più, non cambieranno la vita dei cittadini di questo Paese.
Non la cambieranno non solo nel breve, ma nemmeno nel lungo periodo, quindi è inutile che veniate a raccontarci che gli effetti non si vedranno a breve perché sono effetti di lungo periodo, in realtà sono effetti che non sposteranno di un millimetro la situazione in cui versa un Paese gravato da 2 milioni di miliardi di debito pubblico e sicuramente non riusciranno a risollevare le sorti del debito di questo Paese, che è il vero problema che ci affligge.
L'unica grande innovazione, seppur parziale e assolutamente marginale rispetto alla dimensione del problema, che è quella delle commissioni bancarie è già stata oggetto di una serie di retromarce repentine cui abbiamo assistito in questi giorni, conferme e smentite, ma voglio fidarmi del sottosegretario, che ringrazio per la sua presenza in questi giorni e per la sua puntualità, che afferma che tutto


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quello che è stato detto al di fuori della Commissione non rappresenta le intenzioni del Governo.
Mi auguro, quindi, che il Governo almeno su questo punto voglia tenere duro, cioè su un punto che è stato discusso e deliberato dal Senato, quindi che ha quel minimo di consacrazione di sovranità che è rappresentata dall'essere passato da un organismo istituzionalmente preposto a questo. Mi auguro che anche questo non si cambi. Noi ci sentiamo amareggiati perché lei a un certo punto, quasi ridendo, ha parlato di senso di responsabilità e di ruolo incisivo del Parlamento, ma di quale senso di responsabilità stiamo parlando? Noi l'avevamo, siamo venuti e abbiamo proposto 400 emendamenti e alcuni di questi eravamo disposti a segnalarli.
Noi abbiamo messo tutto il senso di responsabilità che serviva, abbiamo partecipato a un dibattito che ha rasentato l'onanismo parlamentare, ma quando questo eccede ed è indotto da un soggetto terzo si arriva allo stalking. Poiché vogliamo evitare lo stalking, annunciamo che in questo momento il gruppo della Lega Nord, con una decisione molto sofferta, sceglie di abbandonare i lavori di queste Commissioni per l'inutilità che ormai gli stessi rappresentano nell'ambito del dibattito che deve essere affrontato in modo civile all'interno di un Parlamento.
Voi state uccidendo il Parlamento e noi non parteciperemo a questo assassinio!

(I deputati del gruppo della Lega Nord Padania abbandonano l'aula).

GUIDO CROSETTO. Mi dispiace intervenire in assenza del gruppo della Lega. Pur non facendo parte delle due Commissioni, intervengo in sostituzione del collega Bernardo e non voglio aggiungere parole all'intervento del collega Saglia, che ha riassunto alcune posizioni importanti per il PdL.
Poiché, come ha detto prima, lei non avrà tempo per le risposte, mi consenta solo alcune riflessioni, visto che i momenti di possibile riflessione con il Presidente del Consiglio sono giustamente pochi.
Partirei da alcuni dati che non sono forniti dal mio partito, ma dall'analisi annuale della crescita per il 2012, presentata dalla Commissione europea il 23 novembre 2011, cioè dai dati di quell'Europa a cui ci riferiamo in ogni nostra riflessione.
Partirei con un dato che mi ha colpito (la Camera l'ha stampata soltanto venti giorni fa), che le leggerei perché lei ha iniziato parlando di questi provvedimenti con un quadro di finanza complessiva. «Grazie alle riforme pensionistiche attuate già negli anni passati - non calcolano ancora l'ultima - e nonostante un'età di uscita dalla forza lavoro che colloca l'Italia al ventesimo posto - adesso è cambiato tutto dopo la riforma Fornero - l'indicatore di sostenibilità di bilancio nel lungo periodo S2 - lei sa perfettamente a cosa si riferisce - si presenta come uno dei migliori valori in Europa, collocandosi al secondo posto nella graduatoria».
Quando parla della finanza pubblica italiana, nella sua relazione, l'Europa a novembre del 2011 dice questo sulla sostenibilità del bilancio di lungo periodo in Italia, ante intervento sul sistema delle pensioni Fornero, ante manovra del Governo Monti di dicembre. Questo è un dato interessante nell'analisi che noi facciamo della finanza, su cui poi basare i nostri interventi. Sarebbe stato interessante averlo anche prima delle ultime decisioni di finanza.
Un'altra cosa che mi ha colpito in questo rapporto, che penso sia il motivo per cui il Governo sta facendo interventi, è che il rallentamento dell'economia, secondo la Commissione europea, ha carattere strutturale e si riflette su un PIL, che nei prossimi dieci anni dovrebbe crescere a un tasso poco superiore, in Europa come media, all'1 per cento.
Questi sono i punti di riferimento su cui il suo Governo e il Parlamento devono lavorare. Non condivido la posizione della Lega perché penso che le prerogative del Parlamento non siano dovute a concessioni del Governo e, se non vuole esercitarle, è una scelta politica. Non è sicuramente colpa del Governo se il Parlamento


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non vuole intervenire: interviene e basta e ha i tempi per intervenire anche lavorando sabato e domenica. È una scelta politica non farlo.
Se queste sono le condizioni di lavoro, Presidente, abbiamo nella prospettiva dei prossimi dieci anni una crescita europea dell'1 per cento. Ci saranno Paesi come la Germania che cresceranno dell'1, dell'1,5, del 2 o del 3, e altri Paesi che decresceranno o cresceranno dello 0,5. Poniamo in questi anni le condizioni perché il nostro Paese possa crescere magari più dell'1 per cento o almeno dell'1 per cento e le condizioni che mettiamo sono contenute nei decreti che stiamo approvando a spron battuto.
Questo è uno dei fondamentali: liberalizzazioni. Dalle mie parti dicono: «piuttosto che niente, meglio piuttosto», e in quest'ottica questo è un decreto accettabile. Lei ha ribadito più volte che queste sono le liberalizzazioni che sono state consentite da un passaggio parlamentare, dalle discussioni prima del decreto, dalla situazione italiana. Non sono a mio avviso - ma su questo lei ha una sua riflessione - le liberalizzazioni di cui ha bisogno il Paese, che nessun Governo precedente e nessuno successivo al suo avrà la possibilità di fare e la maggioranza parlamentare per farle.
Considero il suo passaggio un fatto fondamentale, non perché la consideri il portatore del verbo in terra, ma perché considero che le condizioni date al suo Governo siano irripetibili. Non ci sono mai state in passato e non ci saranno in futuro. Questo è un carro su cui necessariamente dobbiamo cercare di caricare tutto il possibile.
Io non condivido la sua posizione sulla rete ferroviaria. O si fa subito, come per Snam Rete Gas, o non si fa. Non condivido il fatto che in un decreto dedicato alla crescita del PIL in Italia non si parli di turismo, di cultura, di settore nuovi come le staminali. Non le sto dando una colpa, ma dei suggerimenti. Alla politica spetta un minimo di indirizzo, quando non spetta la gestione del potere.
Ritengo che questo non possa essere esaustivo né per il tema lavoro, di cui parlavamo prima, né per il tema del credito. Il Senato ha dato al Governo, l'unico che può mediare in questa situazione, un atout perché le banche sono costrette a sedersi a un tavolo in cui il Governo può fare moral suasion. Il sistema del credito alle piccole e medie aziende e alle famiglie è il tema dei temi in questo momento. Se usciamo da questo palazzo, il primo commerciante, il primo artigiano, il primo lavoratore che incrociamo ci dirà che il primo problema, al di là del pagamento tra le imprese, problema che deriva anche dal credito, e dalla pubblica amministrazione, sono le restrizioni avute negli ultimi sei mesi e che ci saranno nei prossimi.
Non lo consideriamo esaustivo. È uno dei passaggi che il Governo deve fare. Mi sta anche bene che siano «contratte» le libertà di intervento di Camera e Senato, ma in quest'ottica o si ha coraggio da adesso al 2013 o le condizioni per agganciare il timido sviluppo europeo previsto non ci saranno più. E non è questa politica che sarà in grado di ripristinarle una volta finito il Governo Monti.

PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi e do la parola al Presidente Monti per la replica.

MARIO MONTI, Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'economia e delle finanze. Desidero ringraziare ancora i presidenti delle Commissioni riunite, e tutti i deputati che ne fanno parte, per avere partecipato al dibattito su un tema considerato da tutti potenzialmente importante, alcuni ritenendo che il Governo abbia svolto il proprio compito sufficientemente bene, altri reputando, invece, con giudizio di pari dignità, che il compito non sia stato sufficientemente ben svolto. Io porto, ovviamente, identico e grande rispetto nei confronti delle considerazioni dell'uno e dell'altro tipo.
In ogni caso, ciascuno degli interventi, compresi quelli di coloro che, pur essendo intervenuti nel dibattito, non si trovano


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più nell'aula in questo momento, e non per motivi di viaggio, aveva un contenuto interessante per noi. Ne abbiamo, infatti, preso nota, e nelle occasioni successive, alle quali ho fatto riferimento, non mancheremo di prenderli in considerazione. Non posso assicurare che seguiremo ciò che è stato eventualmente suggerito, ma per noi sono importanti tutti gli spunti che ci avete offerto, dei quali vi ringrazio.
Capisco - e questo mi sembra un punto sul quale si è registrata unanimità tra voi - il disagio causato dalla ristrettezza dei tempi del dibattito parlamentare, che in questa occasione è toccato alla Camera esprimere. Trovo incoraggiante, tuttavia, come cittadino italiano e come interlocutore, in questa breve fase della mia vita, di entrambe le Camere, quanto è stato osservato dall'onorevole Galletti. Non è incoraggiante, naturalmente, che questa situazione si protragga da sei anni: questo mi dispiace, anche se attenua, forse marginalmente, la responsabilità di questo Governo; è incoraggiante che, a giudizio dell'onorevole Galletti, sia possibile, rivedendo i regolamenti parlamentari, trovare una soluzione. Ovviamente, non ho né la competenza, né la capacità di giudizio per esprimermi al riguardo, ma mi auguro che sia possibile conseguire tale risultato.
Ringrazio, inoltre, tutti coloro che mi hanno rivolto espressioni di apprezzamento personale.
Premesso che non potrò rispondere puntualmente, e in dettaglio, a ogni domanda, vorrei cominciare da un aspetto che ho trovato particolarmente interessante, e che mi ha colpito.
È stata manifestata una certa delusione da coloro i quali si aspettavano di più, in materia di liberalizzazioni, da un Governo che è presieduto da chi ha dedicato una parte della propria vita alla materia della concorrenza, e che - mi permetto di aggiungere - vede nella posizione importante di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio un'altra persona che ha parimenti dedicato una parte della propria vita alla medesima materia. L'osservazione mi consente di chiarire, prima di tutto a me stesso, la differenza che intercorre - e qui entriamo pienamente nel ruolo della politica, se posso permettermi - tra l'imporre, con i poteri di un'autorità nazionale o comunitaria, il rispetto delle norme che disciplinano la concorrenza, e il modificare disposizioni legislative che hanno per effetto, voluto o incidentale, restrizioni della concorrenza. Mi permetto di dire che non si tratta affatto di una questione di coraggio: in entrambi i casi occorre un minimo di coraggio, come voi parlamentari sapete benissimo, perché siete molto esposti alle pressioni di chi vorrebbe indurvi a prendere decisioni diverse da quelle che, magari inizialmente, pensate essere giuste.
Faccio l'esempio mio, perché non oso fare riferimento all'esperienza di presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, del sottosegretario Catricalà. Ebbene, quando ero Commissario europeo per la concorrenza, a Bruxelles avevo il compito di assicurare il rispetto del diritto europeo della concorrenza da parte delle imprese, anche le più grandi e anche non europee, le quali si fossero rese responsabili di violazioni, che si trattasse di cartelli, di abusi di posizione dominante, di fusioni vietate, o anche - e questa è una peculiarità del livello di governo europeo particolarmente stimolante - di interventi per impedire aiuti di Stato che i Governi degli stessi Stati membri dell'Unione Europea intendessero concedere alle rispettive imprese.
Un Commissario per la concorrenza armato, per così dire, di poteri sufficienti, e che sappia esercitarli, può fare molto per immettere più concorrenza nel sistema economico europeo.
L'esercizio nel quale sono stato coinvolto questa volta, e che abbiamo scelto noi di compiere, perché nessuno ci imponeva di adottare un provvedimento in materia di liberalizzazioni, è diverso. Se vogliamo, esso è ancora più interessante, ma passa necessariamente - e ci mancherebbe altro! - attraverso voi, attraverso il Parlamento. Per imporre più concorrenza senza cambiare le leggi, c'è l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ma tutti gli interventi contemplati dal provvedimento


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all'esame delle Commissioni richiedono per definizione - altrimenti non saremmo qui - modifiche legislative.
Veniamo, quindi, al punto: cosa può fare un Governo, che ritiene di interesse del Paese avere più concorrenza e più liberalizzazioni, per realizzare tale obiettivo? Proporre al potere legislativo di modificare alcune leggi: non è l'esclusiva volontà del Governo che può determinare come la realtà debba mutare.
Qui arriviamo a considerazioni come quelle che sono state svolte, da ultimo, dall'onorevole Crosetto. Mi scuso se, in qualche caso, ho omesso di citare i nomi dei deputati ai cui interventi ho fatto riferimento, come, ad esempio, a quello dell'onorevole Raisi. Peraltro, essendo stati svolti pochi interventi, tutti molto chiari, sarà agevole, per ciascuno di voi, comprendere a chi farò riferimento nel corso della mia replica. Ebbene, l'onorevole Crosetto addossa sulle spalle di questo Governo una responsabilità che è particolarmente storica: il pensiero che né prima si poteva fare né dopo si potrà fare fa tremare. Se è stato possibile predisporre un «pacchetto» di liberalizzazioni, e se questo, una volta approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati, entrerà in vigore - e si tratterà, come ha rilevato qualcuno di voi, di qualcosa che è stato tentato negli ultimi venti anni, ma non è stato fatto -, ciò sarà stato dovuto, effettivamente, al fatto che, in questa particolare configurazione della vita parlamentare e politica italiana, l'appoggio al Governo viene da un insieme di partiti i quali hanno ritenuto di dare fiducia a questa particolare esperienza, nata in condizioni di emergenza. In proposito, trovo condivisibile, come molti di voi hanno osservato, che ci sono diversi gradi di emergenza, ma che certamente non siamo usciti dall'emergenza.
Questa particolare configurazione delle forze della maggioranza - per così dire - ci ha permesso di trovare un equilibrio che, in passato, Governi di centrosinistra o di centrodestra non potevano avere, per definizione. D'altra parte, siccome, ovviamente, dipendiamo dal consenso parlamentare di questa maggioranza non strutturata, abbiamo potuto spingere la nostra volontà liberalizzatrice fin dove ce lo consentivano le prese di posizione dell'una o dell'altra forza politica. Ciò spiega perché, stavolta, sia stato possibile fare - credo onestamente - in materia di liberalizzazioni, ma anche in materia di controllo della finanza pubblica, molto più di quanto non fosse stato possibile in passato. Tuttavia, in questo caso non si trattava, come avveniva a Bruxelles, o come compete all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di applicare mediante appositi strumenti legali le leggi esistenti. Si trattava, piuttosto, di spostare i confini tracciati dalle leggi italiane un po' più in là, verso una maggiore concorrenza: un'opera ardua, alla quale il Parlamento ha contribuito, resistendo anche a molte pressioni provenienti, a seconda delle vicinanze, da varie categorie.
In questo senso, penso che il risultato finale di questo esercizio, che è per sua natura diverso e più difficile di quelli fatti da autorità che devono semplicemente applicare le norme, sia molto buono.
Vorrei fare alcune altre osservazioni. È stato chiesto, per quanto riguarda la riforma fiscale, che cosa farà il Governo in materia di delega fiscale. In Consiglio dei ministri - domani, ma è improbabile - molto più probabilmente, la prossima settimana, ci occuperemo di questo provvedimento e, quindi, avrete modo di prenderne conoscenza e di lavorarci sopra.
A proposito del tema del prezzo dei carburanti, al quale siamo tutti ovviamente molto sensibili, è stato rilevato che si è fatto uso abbastanza intenso da parte del Governo - non con questo decreto, ma con quello precedente - di aumenti di accise e in genere di imposte. Ne siamo perfettamente consapevoli: quello che abbiamo cercato di fare - e credo fatto - di nuovo avvalendoci della pluralità di appoggi che permettevano e, anzi, esigevano di intervenire in materia di riforma delle pensioni, da una parte, ma anche di parti di imposta patrimoniale, dall'altra, è un provvedimento intenso e pesante. Non lo nego.


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Invito però a tenere presente - ma credo che sia ben noto - che l'Italia veniva in quel periodo considerata la prossima Grecia. Credo che non vi sia prezzo troppo alto da pagare per evitare di diventare la prossima Grecia. Abbiamo tutti presente cosa sono le condizioni economiche, sociali, morali, di perdita di fiducia in se stessi, civili, alle quali è sottoposto adesso il popolo greco, certamente soprattutto per sue carenze del passato e non tanto e non solo per le politiche europee del presente.
L'onorevole Crosetto ha citato un passo di un rapporto della Commissione europea del novembre 2011, dal quale effettivamente può sembrare che tutto andasse piuttosto bene per la finanza pubblica italiana; infatti, il mio Governo in quella materia si è semplicemente fatto carico di dare esecuzione a un impegno preso nell'estate del 2011 dal precedente Governo, e cioè l'impegno di arrivare al pareggio di bilancio per il 2013, impegno richiesto dalle autorità europee e molto, ma davvero molto impegnativo per l'Italia. Abbiamo però ritenuto che l'Italia non avesse alternative rispetto al suo adempimento e, quindi, di lì il pacchetto del cosiddetto decreto Salva Italia.
La crescita che potrà derivare da questi provvedimenti di liberalizzazione è difficile da quantificare e, come l'onorevole Galletti ha sottolineato, più si è a favore delle liberalizzazioni più si dovrebbe fare opera di attenuazione delle aspettative, dal punto di vista degli effetti miracolosi di breve periodo.
Molti studi mostrano tuttavia che, più che un effetto diretto sulla crescita, si tratta anzitutto di un effetto di equità, che non è crescita di per sé, ma è un effetto di aumento della produttività dell'economia, quindi, della competitività, di produzioni italiane che trovano più spazio nei mercati internazionali e, attraverso questo, maggiore crescita e maggiore occupazione.
Per quanto riguarda i nessi tra la nostra economia e quella europea, è stato da qualcuno rilevato che, se c'è stata effettivamente una felice diminuzione dei tassi di interesse in Italia in questi mesi, lo si deve però all'intervento dalla Banca centrale europea. Non mi interessa il gioco dell'attribuzione dei meriti, speriamo solo di consolidare i risultati.
Uno studio di oggi o di ieri della Banca centrale europea rileva tuttavia che, a partire da novembre, la diminuzione dei tassi di interesse italiani è stata la più alta tra quelle dei diversi Stati membri dell'Unione europea e questo fa cadere alla radice la tesi secondo la quale in Italia sarebbero diminuiti i tassi d'interesse e gli spread a seguito dell'intervento della Banca centrale europea.
Desidero dare due risposte puntuali in materia bancaria. In materia di commissioni bancarie, abbiamo argomentato in Commissione al Senato contro l'emendamento ben noto, poi approvato a larga maggioranza. Se il Parlamento vorrà cambiare la norma, agevoleremo il ritorno alla previgente disciplina da noi proposta nel decreto Salva Italia e da voi approvata nella legge di conversione.
Con riferimento al tema della gratuità delle spese di apertura e di gestione dei conti di pagamento di base (quello per i pensionati, come definito nel Salva Italia), destinati all'accredito e al prelievo della pensione del titolare per trattamenti pensionistici fino a 1.500 euro, ieri - come è stato rilevato - l'intervento di un sottosegretario ha messo in discussione questa norma nella V Commissione. Come il sottosegretario De Vincenti ha oggi chiarito su domanda della Lega Nord, questa norma non è in discussione.
Vorrei concludere dicendo che per il resto ho tre fogli fitti di appunti e, quindi, di suggerimenti che vi confermo prenderemo in considerazione.
Lasciatemi però concludere con un'esortazione. La tempestività di approvazione di questo provvedimento, purtroppo, è un'esigenza che - con tutto il rispetto ovviamente per il Parlamento, mi permetto di sottolinearlo di nuovo, e la sensibilità di chi ci osserva dal di fuori e che regola i suoi comportamenti in base a quello che noi facciamo - è grande.
Questo non vuol dire perdere sovranità. È stato chiesto quale sia la mia opinione sul Fiscal Compact, se così perdiamo la


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sovranità fiscale di bilancio. In questa fase e in questi anni, in materia fiscale di bilancio, viviamo la stessa identica fase che i Paesi europei hanno vissuto da venti a dieci anni fa in materia monetaria. Ricorderete come ogni Paese fosse ben affezionato alla propria sovranità monetaria, alla propria moneta, alla propria banca centrale, e come quello venisse visto come l'ambito più vicino al cuore della sovranità nazionale accanto agli eserciti.
Dopo un po' si è capito che, con l'integrazione dei mercati finanziari europei, solo un Paese aveva conservato la sovranità monetaria, la Germania. Quando il giovedì la Banca centrale tedesca decideva il tasso di interesse e lo comunicava alle due del pomeriggio, i Governatori degli altri Paesi avevano a disposizione un massimo di un minuto o due per poter decidere in totale autonomia e sovranità come regolare il proprio tasso di interesse.
Di fronte a questa perdita di un'antica sovranità monetaria, perdita a vantaggio dei mercati, si è compiuto il passo storico di condividere questa sovranità e, anziché perderla a favore dei mercati, sono state create la moneta unica e la Banca centrale europea.
Credo che per la fase della sovranità fiscale siamo in questo momento e quindi a chi - purtroppo in questo momento assente - sottolinea la perdita di sovranità fiscale farei osservare che cose come il Fiscal Compact e come queste regole sono un tentativo di recupero di una sovranità condivisa, anziché una perdita di sovranità al mercato. Mi permetterei quasi di dire che sarebbe un po' come se la Lombardia - per prendere una regione a caso - pretendesse di avere una propria sovranità monetaria e fiscale. In altri tempi era possibile, in quelli di oggi no. Grazie ancora.

PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente del Consiglio Mario Monti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 19.

VI Commissione (Finanze)

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