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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VIII
34.
Mercoledì 14 dicembre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 2

Seguito dell'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, sulle linee programmatiche del suo Dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Alessandri Angelo, Presidente ... 2
Tortoli Roberto, Presidente ... 20 26
Benamati Gianluca (PD) ... 10
Braga Chiara (PD) ... 12
Clini Corrado, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 4 20 24
Dussin Guido (LNP) ... 3 4
Germanà Antonino Salvatore (PdL) ... 19
Ghiglia Agostino (PdL) ... 18
Iannuzzi Tino (PD) ... 7
Libè Mauro (UdCpTP) ... 2 4
Mariani Raffaella (PD) ... 5
Margiotta Salvatore (PD) ... 6
Menia Roberto (FLpTP) ... 12
Motta Carmen (PD) ... 14
Realacci Ermete (PD) ... 15 24
Togni Renato Walter (LNP) ... 4
Viola Rodolfo Giuliano (PD) ... 17
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 10

ALLEGATO: Testo integrale dell'intervento dell'onorevole Antonino Salvatore Germanà ... 27
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia (Grande Sud): Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.

[Avanti]
COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 14 dicembre 2011


Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Seguito dell'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.
Nel ringraziare il Ministro Clini e il sottosegretario Fanelli per la presenza, ricordo che nella precedente seduta del 30 novembre 2011 il Ministro ha svolto la sua relazione e che oggi si procederà alla formulazione dei quesiti, a cui seguirà la replica del Ministro stesso.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MAURO LIBÈ. Grazie, presidente. Cercherò di procedere rapidamente. Prima di tutto ringrazio il Ministro per la relazione molto articolata che ci ha reso la scorsa volta. In merito vorrei porre due o tre domande rapide.
Come primo punto, lei ha parlato di tutela del territorio. È un tema importante, che implica un impiego di risorse enormi. Noi in Parlamento, circa un anno e mezzo fa, abbiamo votato quasi all'unanimità, se non all'unanimità, una mozione che impegnava il Governo in un piano pluriennale - si parlava di vent'anni ed era naturalmente un'idea bipartisan - durante il quale si poteva tentare di accantonare una somma rilevante, ma piccola, per gli interventi da attuare, in modo da dare una pianificazione che non fosse di legislatura o, peggio ancora, annuale su questi interventi, i quali hanno bisogno, per avere effetti, di una pianificazione a lungo termine.
La domanda è se ritiene di andare a recuperare, come Governo, anche il contenuto di questo atto parlamentare di indirizzo politico. Inoltre, le chiedo qual è, secondo lei, il ruolo che in un'attività del genere può avere il ministero, che dovrebbe operare in sinergia anche con altri soggetti e istituzionali territoriali, e qual è il sostegno che il Parlamento potrebbe dare a tale attività eventualmente assumendo ulteriori iniziative?
Voglio sottolineare che la realizzazione del citato piano pluriennale, nella presente situazione di crisi economica, oltre che fare tutela del territorio, metterebbe le aziende in condizioni di lavorare - anche per un fine etico, oltre che per tutta una serie di altri aspetti -, potrebbe contribuire anche a quel piano di sviluppo di cui si parla anche in questa manovra e che dovrà avere piena attuazione nelle misure che dovranno essere adottate dall'anno prossimo.
Passo alla seconda questione. Non le parlo della Conferenza di Durban, perché magari lo farà lei. Tratto, invece, la questione


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delle ricorrenti situazioni di emergenza derivanti da calamità naturali - e dei conseguenti interventi necessari per riparare i danni provocati da tali eventi calamitosi - che chiama in causa il rapporto tra Governo, Parlamento ed enti locali su un punto, a mio avviso, essenziale. Noi abbiamo bisogno di una vera e reale lotta all'abusivismo edilizio, che, lo dico e lo ripeto - ma l'abbiamo fatto presente in tanti in quest'aula - veda regole uguali per tutti in tutto il territorio nazionale. Bisogna cercare, almeno a partire da oggi, di trovare un modo per far sì che tutti si sentano responsabili di come si svolge l'attività edilizia e di come si realizzano le costruzioni.
Con tutto il rispetto, durante le ultime alluvioni che abbiamo avuto nella mia provincia - sono presenti anche alcuni colleghi della stessa provincia - piange il cuore andare a visitare le aziende sommerse dall'acqua. Tolta la compassione umana, però, quando si vede che esse sono costruite all'interno delle aree golenali dei fiumi e che tutti gli altri cittadini che si sono comportati bene devono pagare il conto anche di quegli interventi abusivi, ciò dà anche un po' fastidio eticamente. In questo senso, io dico che c'è bisogno di tutelare anche la correttezza dei comportamenti della grande maggioranza dei cittadini onesti.
Passo alla questione Campania, che è un nodo cruciale. Ho riletto i passaggi ad essa dedicati nel suo intervento del 30 novembre scorso e, sicuramente, è vero che esiste un problema impiantistico, ma abbiamo visto che anche l'esito deludente delle decisioni prese in forza delle diverse leggi speciali che si sono susseguite e che avrebbero dovuto portare alla realizzazione degli impianti: sembravano leggi perfette ma non hanno portato ad alcuna realizzazione impiantistica.
Per questo io dico che noi abbiamo bisogno anzitutto di implementare i livelli della raccolta differenziata, di studiare bene come fare la raccolta differenziata, che non può essere una «differenziata spinta» finalizzata solo ad avere il numerino attraverso il quale il sindaco può dire di essere più bravo degli altri, ma deve essere una «differenziata sostenibile», che ha dei costi ma che sia in grado di dare risultati concreti.
Al tempo stesso, ribadisco che noi abbiamo bisogno di realizzare gli impianti. Bisogna che noi ci mettiamo di impegno - e su questo versante ci affidiamo anche a lei, signor Ministro -, per trovare il modo e il sistema per realizzare gli impianti che servono. Io che, insieme al collega Bratti, faccio parte anche della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, so bene quanto ci sia bisogno di interrompere il traffico illegale di rifiuti fra il Nord e il Sud che, voglio sottolinearlo in questa sede, non è solo un problema del Sud.
L'ultimo appello che le rivolgo, signor Ministro, riguarda la questione delle bonifiche. Io credo che intervenire sui temi ambientali sia importantissimo, ma che realizzare gli impianti sul territorio è altrettanto importante. Portare i termovalorizzatori sul territorio - cito questo tema perché è quello più impattante - non è facile, ma, se noi riusciamo a dare un segnale ai cittadini del fatto che sulle bonifiche interveniamo con rapidità, cioè diamo il segnale che vogliamo tutelare l'ambiente e la salute dei cittadini e bonificare i siti inquinati, sono certissimo che i cittadini ci daranno la possibilità di intervenire per realizzare gli impianti che servono.

GUIDO DUSSIN. Signor Ministro, il suo intervento della seduta del 30 novembre scorso nel suo complesso ci è piaciuto. In una parte, invece, quella sul problema dei rifiuti a Napoli, non abbiamo condiviso proprio la sua impostazione. Oggi è con noi anche il collega ed ex sottosegretario Menia, con il quale già a suo tempo ci trovavamo non concordi nella discussione in Assemblea sui provvedimenti d'urgenza adottati dal precedente Governo sull'emergenza rifiuti in Campania. Oggi è anche lui presente alla sua audizione e non so se sia presente in veste di suo controllore o controllato.


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CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Potremmo dire che c'è un forte partenariato!

GUIDO DUSSIN. Immagino, ma, se lei segue la linea del precedente Governo, la linea di Italo Bocchino, napoletano verace, sbaglia completamente, perché sui rifiuti di Napoli non bisogna andare a dare sostegno... Non dobbiamo essere noi, come Stato, ad attuare le necessarie iniziative in sostituzione degli amministratori locali e delle istituzioni territoriali.
Quanto da lei affermato la scorsa volta, sulla solita problematica dell'emergenza rifiuti, non ci trova d'accordo e ci farà trovare in Aula su due posizioni completamente diverse: sicuramente da parte nostra ci sarà battaglia fino in fondo.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Non ho capito che cosa, esattamente, non le piace.

GUIDO DUSSIN. La posizione per cui il ministero e lo Stato facciano fronte, rimediando alle colpe degli amministratori locali, alle esigenze di Napoli.

MAURO LIBÈ. Me avete votati tanti di quei provvedimenti...

GUIDO DUSSIN. Caro collega democristiano, noi abbiamo sempre espresso la nostra posizione e l'abbiamo sempre giustificata in un'unica maniera, ossia facendo osservare che nelle nostre zone le cose funzionano, mentre in altre zone, nelle quali, fra l'altro, voi siete in maggioranza, non funzionano.
Detto questo, signor Ministro, le chiederei alcuni chiarimenti. In merito al problema del dissesto idrogeologico lei ha parlato di un'accisa sulla benzina per trovare le risorse per interventi di prevenzione. Può essere una soluzione importante, sicuramente può essere lo strumento per una cura preventiva e, quindi, per dare una soluzione anche definitiva ai problemi.
Vorremmo, tuttavia, capire da lei, che ha conosciuto bene ad esempio il problema delle recenti alluvioni del Veneto, come possiamo andare a intervenire a fondo. È chiaro, infatti, che il solo ripristino delle opere pubbliche (le strade e gli alvei dei corsi d'acqua) non risolvono tutti i problemi. Soprattutto, non risolvono il problema delle aziende che erano già in difficoltà per la crisi economica e che hanno subìto un danno dalle calamità naturali. Queste aziende vanno sostenute, altrimenti il rischio è quello di peggiorare di molto la situazione, nel senso che molte sicuramente falliranno.
Sul tema del SISTRI so che il mio collega Togni voleva porre alcune domande e anche a me farebbe piacere saperne di più, visto che comunque questo tema ha creato molti problemi.
Per il resto, siamo in attesa dei successivi provvedimenti che lei porterà e li valuteremo in modo positivo, perché la sua impostazione al momento ci è piaciuta, a parte le considerazioni sulla questione dei rifiuti a Napoli, che - lo ribadisco - abbiamo trovato completamente negativa.

RENATO WALTER TOGNI. Buongiorno, Ministro. Ho tre questioni velocissime da porle.
La prima è quella cui accennava il rappresentante del gruppo della Lega Nord, Guido Dussin, cioè quale sia lo stato dell'arte sull'entrata in funzione del SISTRI. Noi in Commissione abbiamo in esame alcuni progetti di legge e stiamo svolgendo un ciclo di audizioni anche in vista della predisposizione di un testo unificato di tali progetti di legge. In questo senso, vorremmo capire se il ministero ha idee nuove in merito o se intende proseguire sulla linea del precedente Governo, una linea, peraltro, che vedeva tutta la Commissione contraria, non, nel senso di una contrarietà all'idea in sé della tracciabilità dei rifiuti, ma al modo in cui questa idea veniva messa in atto dal Governo.
Oltre a questo, signor Ministro, le chiedo, sul piano del metodo, se il ministero voglia interloquire di più con la Commissione per trovare una soluzione


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positiva al problema SISTRI, visto che ci sono quasi 400 mila aziende interessate e che in questo momento, con la crisi in atto, penso sia necessario intervenire in maniera veloce e concreta.
L'altra domanda è se avete già un'idea in ordine alla revisione della disciplina in materia di utilizzo del cosiddetto CSS, il combustibile solido secondario, che ora viene bruciato in termovalorizzatori.
L'ultima questione riguarda proprio la questione dei rifiuti nella regione Campania. Al di là di tutto ciò che si è detto finora, chiedo se il ministero non stia valutando seriamente l'ipotesi di realizzare impianti diversi da quelli cui si è pensato fino adesso. Per i termovalorizzatori, infatti, sappiamo che ci vuole troppo tempo perché siano messi in funzione, mentre ci sono impianti innovativi che in sei mesi possono essere realizzati e credo che si dovrebbe andare in questa direzione.

RAFFAELLA MARIANI. Grazie, Ministro. Anch'io ho apprezzato il suo intervento nella seduta del 30 novembre scorso, con la richiesta, però, di alcune precisazioni che richiederò io riguardo ai temi principali, mentre gli altri colleghi del gruppo del Partito Democratico affronteranno poi alcuni temi specifici.
In merito alla questione che lei ha sollevato riguardo al dissesto idrogeologico, mi preme soprattutto sottolineare la necessità di un rapporto più concreto con le regioni. Noi abbiamo vissuto una fase in cui, attraverso l'applicazione generalizzata dell'istituto del commissariamento, anche per la gestione degli accordi di programma stipulati fra il ministero dell'ambiente e le singole regioni, si è avuta in parte un'accelerazione delle procedure, ma anche una non piena condivisione del lavoro già svolto autonomamente dalle regioni. In questo senso auspicherei che, in un momento di riassetto delle diverse normative e, mi auguro, anche di semplificazione delle stesse, si possa recuperare ed attuare tutta quella parte di programmazione degli interventi che una buona parte delle regioni, a causa anche delle calamità passate, era già riuscita a definire.
Lei ha parlato, inoltre, di una nuova mappa della vulnerabilità del territorio. Io ritengo importante che si tenga conto degli effetti prodotti dai cambiamenti climatici in atto, che hanno prodotto, ad esempio, un mutamento importante degli effetti delle piogge sul territorio. Invito anche, però, a essere concretamente attenti e a tenere nel debito conto quello che le nostre regioni e le Autorità di bacino hanno prodotto in questi anni in termini di studi e di mappatura dei territori.
Vengo, quindi, alla questione più generale che volevo sottoporle, sulla quale abbiamo discusso a lungo con il precedente Governo, vale a dire al tema generale della gestione delle acque, disciplinata da quella parte del Codice ambientale che non si è riusciti da molto tempo a rivedere e anche ad attualizzare rispetto alle problematiche via via emerse.
Tale tema attiene non solo al dissesto idrogeologico, ma anche a tutta la partita, tanto dibattuta, della gestione del servizio idrico integrato e, con riferimento al nostro Paese (ma non solo), anche alla questione della istituzione dei distretti idrografici veri e propri, con il superamento della situazione transitoria che solo sulla carta ha visto il passaggio dalle vecchie Autorità di bacino ai nuovi distretti idrografici. Questa organizzazione fittizia, che appartiene solo al nostro Paese, fa sì che vi siano molte sovrapposizioni di competenze, anche nei momenti più delicati delle emergenze dovute al verificarsi di calamità naturali, che originano rallentamenti negli interventi e difficoltà anche nel riconoscere le responsabilità e che, comunque, i cittadini leggono come segno di una complessiva inefficienza della macchina pubblica. Ce lo sottolineano i sindaci nei casi delle emergenze, ma abbiamo tutti ben chiaro a che cosa mi riferisco.
In merito, svolgo una sollecitazione al ministero perché si abbia la forza e il tempo di parlare di tutto il sistema delle acque, compreso il tema che era stato sfiorato con la costituzione dell'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, che poi è stata soppressa. Non sono tuttavia venute meno le esigenze che erano alla base della costituzione


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dell'Agenzia, anche alla luce dell'esito del referendum del giugno scorso che c'è stato, molto chiaro e netto. Rispetto a questo punto mi piacerebbe che per una volta il Governo decidesse di affrontare la questione nella sua globalità, sapendo anche chiaramente che gli effetti della sua azione si riverberano su tante istituzioni e su tante situazioni.
Sempre in riferimento al ruolo del Ministero dell'ambiente, signor Ministro, lei ha parlato, in numerose prese di posizione, della necessità di un più stretto rapporto con il Ministero dello sviluppo economico. Io sottolineo questo positivamente, ma spero che ci sia un analogo rafforzamento del ruolo del ministero dell'ambiente e del suo rapporto anche col Ministero dei trasporti e con quello dell'agricoltura, non solo per affrontare al meglio il tema della difesa del suolo e quello della gestione delle acque, ma anche con riferimento a tutto il tema delle biomasse, cioè di un'altra questione che, sia sul versante della gestione dei rifiuti, sia su quello della loro valorizzazione a fini di produzione di energia, viene oggi molto richiamata e che comporta a sua volta tanti problemi, sia per il mondo delle imprese, sia per quello degli agricoltori.
Noi stiamo, inoltre, aspettando un decreto attuativo (che sembrava essere stato definito nell'ultima settimana del Governo Berlusconi) sulle fonti rinnovabili, un decreto che richiedeva la collaborazione tra Ministero dell'ambiente e Ministero dello sviluppo economico. Vorremmo sapere se la bozza che è circolata rimarrà tale e quale o se il nuovo Governo, come immagino, ha intenzione di cambiarla. Colgo altresì l'occasione per segnalarle l'importanza del tema generale della definizione dei decreti attuativi, che sono innumerevoli anche su altri argomenti, che i ministeri troppo spesso dimenticano di approntare, lasciando poi i terminali territoriali spesso in attesa, con danni economici per gli operatori del mercato e, soprattutto, con conseguenze inaccettabili in termini di lacunosità e di incertezza della normativa.
L'ultima questione che volevo sottolineare riguarda il rilievo molto importante che lei ha fatto al ruolo di controllo della Corte dei conti in relazione all'uso e alla gestione delle risorse necessarie per fronteggiare le ricorrenti calamità naturali. Lei ha insistito sul fatto che la Corte dei conti debba dare l'assenso preventivo, e noi, anche per altre ragioni, abbiamo sempre ritenuto che questo fosse necessario. Però, in riferimento a ciò, vorremmo anche cercare, insieme al ministero, di rivedere la normativa che, a seconda delle fasi in cui viene applicata, rallenta molto l'efficienza dell'azione amministrativa.
Noi vorremmo, insieme al Ministero dell'ambiente, poter parlare anche della necessità di approntare, in un quadro di regole chiare e trasparenti e ferma restando l'esigenza di rafforzamento dei compiti di gestione e di controllo delle risorse stanziate per le varie emergenze, di approntare - dicevo - strumenti di stimolo (sul piano delle iniziative economiche e della disponibilità dei finanziamenti) e di sviluppo di tutte le misure che possiamo ricondurre al tema della fiscalità ambientale e, quindi, anche alla possibilità di trovare risorse private, in un coordinamento di regole chiare e trasparenti.
Rispetto a questo tema rivolgiamo una richiesta al ministero di poter condividere alcune idee che su questo argomento vorremmo mettere a disposizione. Siamo tutti convinti che rispetto alla fiscalità ambientale, ma anche all'individuazione di risorse per gli investimenti, possiamo dare un contributo. Vorremmo collaborare, dunque, col ministero e non vederci arrivare norme in maniera scoordinata in provvedimenti che non hanno neanche la titolarità complessiva su questo argomento.

SALVATORE MARGIOTTA. Anch'io mi unisco all'apprezzamento per la relazione svolta dal Ministro con competenza e chiarezza nella seduta del 30 novembre scorso e pongo tre questioni in rapida successione.
Per quanto riguarda la Conferenza di Durban, chiusa la scorsa settimana, do atto al Ministro di aver dato nuovo protagonismo all'Italia nell'ambito dell'Unione europea e di aver contribuito a far avere anche all'Unione europea una posizione,


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questa volta non isolata, nell'ambito della Conferenza. Quanto ai risultati, io sono tra coloro che li ritengono ancora molto insufficienti, ma non è su questo che voglio interrogare il Ministro.
Sempre a proposito del tema dei cambiamenti climatici, faccio riferimento a due documenti. Esiste un documento nella relazione della Commissione europea al Parlamento europeo del 7 ottobre 2011 che evidenzia che solo tre Stati membri, Austria, Italia e Lussemburgo, potrebbero avere difficoltà a conseguire gli obiettivi di Kyoto. Tra questi tre solo l'Italia è un grande Paese. Peraltro, proprio a Durban, all'incontro di GLOBE, l'organismo che riunisce i legislatori, è stato evidenziato in un loro rapporto che l'Italia è tra i Paesi che nell'ultimo anno, almeno in Parlamento, non hanno prodotto significative leggi a favore della lotta ai cambiamenti climatici.
Inoltre, mentre gli altri Paesi aumentano i finanziamenti al settore, l'Italia nell'ultimo documento di economia e finanza di fatto non solo non li ha aumentati, ma li ha diminuiti. Per esempio, è a rischio di rifinanziamento del fondo rotativo di Kyoto, è stato azzerato il fondo per la mobilità sostenibile e potrei aggiungere altri esempi.
Mi chiedo, dunque, avendo ovviamente grande fiducia nella sua competenza nel settore, quali iniziative questo Governo intenda intraprendere in questo scorcio di legislatura per riportare l'Italia a essere, anche in quanto a risultati numerici, tra i primi Paesi dell'Europa nel cercare di raggiungere gli obiettivi del vecchio protocollo di Kyoto e comunque all'avanguardia in tale settore.
Passo alla seconda domanda flash. Lei è stato direttore generale del ministero fino al momento del giuramento come Ministro e conosce, quindi, meglio di me una situazione, secondo me, complessa, che, in quanto organizzazione, il ministero in questo momento presenta. Alcune grandi figure di direttori generali sono scomparse o non sono più al loro posto. Le ultime vicende del Ministro Prestigiacomo, sul versante della scelta della dirigenza e delle piante organiche, hanno determinato più di un problema, come è noto, anche a seguito di giudizi di tipo amministrativo e contabile.
Lei ritiene che in questo scorcio di legislatura ci sia tra le priorità, come io ritengo, anche quella di mettere mano alla macchina amministrativa del ministero e, in caso affermativo, in che maniera intende farlo?
La terza questione che vorrei rappresentarle è la seguente. Nell'ultima audizione del ministro Prestigiacomo, svolta in questa Commissione due giorni prima, se ben ricordo, che il Governo Berlusconi cessasse di esistere, si è parlato di dissesto idrogeologico e del famoso piano di spesa delle risorse stanziate dalla legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010).
Io mi meravigliai che in quell'occasione il Ministro ci avesse presentato, in un momento così drammatico, l'elenco degli interventi da compiere (divisi per regione). Ritenevo, infatti, che fosse il caso di presentarci l'elenco degli stati di avanzamento di spesa, cioè di farci capire quanto dei fondi stanziati due anni prima fosse stato effettivamente speso.
Vorrei sapere quindi quali sono i dati che il nuovo Ministro dell'ambiente ha a disposizione e se, come io credo, tali dati sono molto prossimi allo zero, come si pensa nel prossimo anno di accelerare la spesa delle risorse in questione.

TINO IANNUZZI. Anch'io, come i colleghi, mi associo a un giudizio di apprezzamento franco per la relazione ampia e accurata svolta dal Ministro nell'audizione del 30 novembre scorso, una relazione ricca di valutazioni e di riflessioni, ma anche di ipotesi di intervento in una gamma complessiva delle politiche e delle questioni ambientali.
Ho molto apprezzato, in particolare, l'aver posto al primo punto il discorso della prevenzione del rischio idrogeologico e della tutela del suolo, con una ricostruzione della condizione sempre più drammatica che viviamo nel nostro Paese su questo terreno ed una puntuale descrizione dello stato di vulnerabilità estremo del nostro Paese su questo versante.


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Mi rendo conto che è anche importante lo sforzo che il Ministro Clini sta compiendo e sul quale penso che dovrebbe andare avanti con forza per quel che riguarda il reperimento di adeguate risorse. La Commissione e il Parlamento dovrebbero accompagnarlo in quello che il Ministro stesso ha efficacemente indicato come uno sforzo diretto a costruire una capacità di investimento pubblico per la prevenzione del rischio idrogeologico.
Prevedere un aumento delle accise sui carburanti, come ipotizzato da lei, Ministro, è sempre doloroso e delicato per i cittadini e per le famiglie, ma, se la destinazione dei maggiori proventi delle accise è particolarmente utile, è sacrosanta, e va verso un finanziamento stabile e ordinario del fondo della Protezione civile, consentendo che questo fondo sia anche fondo di prevenzione del rischio idrogeologico, allora questa misura può essere opportuna. Mi pare questa la chiave di lettura che il Ministro ha dato e che io reputo giusta.
Su questo punto, peraltro, vorrei un'indicazione da lei, Ministro, perché proprio per rafforzare la capacità di investimento pubblico sulla frontiera del rischio geologico, nella sua relazione del 30 novembre scorso lei ha ipotizzato due ulteriori strumenti d'intervento. Il primo riguarda l'istituzione di un fondo rotativo per interventi di prevenzione del rischio per soggetti privati e imprese private attraverso la concessione di crediti a basso tasso di interesse per mettere in sicurezza edifici o insediamenti od opifici sede di insediamenti produttivi. È una misura importante, tanto più che conosciamo tutti la difficoltà del mondo dell'impresa e dell'economia nel rapporto col sistema bancario, una difficoltà enorme, che in tutto il Paese diventa ancora più pesante nel Mezzogiorno, ma su cui nei prossimi mesi dovremo per forza sviluppare un'iniziativa. Il sistema bancario è, infatti, uno di quei sistemi che vanno ricondotti con maggiore forza e vigore da parte del Governo e del Parlamento a dare un contributo all'interesse generale del Paese per uscire da una condizione così complicata e difficile come quella che stiamo vivendo. Su questo prima proposta, quindi, l'istituzione di uno specifico fondo rotativo, per noi è importante procedere.
Il secondo strumento da lei ipotizzato è quello di un credito di imposta per investimenti a favore dei titolari di manufatti o di aree, che intervengano per assicurare - scusate il gioco di parole - la messa in sicurezza, la stabilizzazione dal punto di vista della tutela idrogeologica, dell'impianto o del fabbricato o dell'area a rischio idrogeologico.
Questa direzione di marcia è giustissima, ma vorremmo sapere come in concreto questa volontà del Ministro si tradurrà in atti. Noi auspichiamo e sollecitiamo che in un provvedimento di fine anno, di cui si avverte la necessità su diversi versanti, possano essere già varate misure di questo tipo, perché sarebbero una prima concreta e positiva risposta al problema di organizzare una politica ordinaria e stabile per la prevenzione del rischio idrogeologico.
Devo anche riferire al Ministro Clini che colgo e capisco la preoccupazione legata all'applicazione dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 come novellata dal decreto-legge n. 225 del 2010. Mi rendo conto che la finalità e la ratio della norma sono giuste, però tra il dire e il fare c'è di mezzo l'emergenza, che, quando esplode, necessita di un'immediatezza di intervento a tutela della salvaguardia delle popolazioni e di interventi che possano garantire il ripristino delle infrastrutture essenziali e il superamento di condizioni di particolare pericolo.
Mi rendo conto che in questo contesto la previsione generalizzata del visto preventivo della Corte dei conti è indubbiamente un passaggio che nell'arco di poche ore è impossibile realizzare ed esaurire. Occorre intervenire realisticamente, anche perché mi pare che il Ministro con molta saggezza abbia chiarito che va tenuto fermo un principio - su questo magari si potrebbe pensare all'intervento legislativo, Ministro - ossia quello di rendere la documentazione e la certificazione delle spese sostenute nei primi giorni post-emergenza particolarmente rigorose e stringenti, evitando fenomeni, che pure ci


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sono stati, di cattivo impiego del danaro pubblico, che naturalmente vanno stroncati ed eliminati. Capisco e condivido la sua preoccupazione, con tutta franchezza, anche nella mia veste di operatore del diritto amministrativo.
Passo rapidamente a due ulteriori questioni. Signor Ministro, ci siamo già soffermati sul problema - l'ha fatto molto spesso il collega Realacci - delle agevolazioni fiscali per l'efficientamento energetico degli edifici (cosiddetto 55 per cento), sulla necessità di un pronunciamento chiaro per la stabilizzazione di tali agevolazioni fiscali.
Noi, però, siamo di fronte anche ad un altro problema, che ha ben presente anche il collega Realacci. Dal 2013, se non si interviene diversamente, scatteranno i tagli su alcune agevolazioni fiscali e, in particolare, sia su quella appena citata del 55 per cento, sia su quella del 36 per cento per gli interventi di ristrutturazione degli immobili. Esiste la concreta possibilità che, se non si prevedono diverse forme di recupero delle risorse necessarie a consolidare i conti pubblici, tra il 2013 e il 2014, l'agevolazione fiscale del 55 per cento per l'efficienza energetica degli edifici passi al 52 nel 2013 e al 34 per cento nel 2014 e che quella del 36 per cento per le ristrutturazioni edilizie (che noi vorremmo rafforzare e potenziare nel tetto di spesa ed estendere agli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico e di stabilizzazione statica e antisismica) passi al 34 nel 2013 e al 29 per cento nel 2014.
È, quindi, un problema enorme, quello rappresentato da misure finanziarie che vanno nella direzione esattamente opposta a quella sulla quale il Ministero dell'ambiente, quello delle infrastrutture e la VIII Commissione si sono trovati d'accordo alcuni giorni fa, nell'ambito della discussione del cosiddetto «decreto salva Italia», al fine di stabilizzare queste agevolazioni fiscali così preziose.
Infine, svolgo una considerazione che abbiamo già svolto con il sottosegretario Fanelli in precedenza e che voglio qui riproporle. Noi abbiamo in Campania molti problemi nella gestione dei rifiuti, ma ne abbiamo uno che è un'emergenza nell'emergenza. Col decreto-legge n. 195 del 2009, infatti, prevedemmo di stabilizzare in capo alle province non le competenze per l'impiantistica, ma quelle per le concrete attività di raccolta di rifiuti, comprese quelle di riscossione della TARSU o della TIA.
Il Governo e la maggioranza si resero conto dell'insostenibilità di quella misura e vararono un regime transitorio, prorogato prima a dicembre 2010 e poi a dicembre 2011. Nelle more è intervenuta anche una remissione della questione di legittimità costituzionale dal TAR di Salerno alla Corte costituzionale sull'incostituzionalità della prevista spoliazione del ruolo dei comuni in questo campo. La stessa manovra in corso di esame (il cosiddetto «decreto salva Italia»), da un lato, prevede all'articolo 14 l'istituzione, dal 1o gennaio 2013, del nuovo tributo comunale sui rifiuti e, dall'altro, contiene misure legislative volte a ridurre drasticamente o addirittura a eliminare il ruolo delle province.
In questo contesto, considerato anche che il Commissario europeo per l'ambiente, Potocnik, è stato nei giorni scorsi in Campania e ha evidenziato che vi sono molti problemi nella gestione dei rifiuti, ma fra questi non figura certamente quello relativo al modo in cui hanno operato i comuni nel campo della concreta attività di raccolta dei rifiuti, io le pongo con molta forza un'esigenza, ossia quella di varare immediatamente, nei prossimi giorni, senza arrivare alle ultime ore del 2011, una norma che restituisca in via definitiva le competenze in materia di gestione dei rifiuti ai comuni campani. Al riguardo, penso che una norma di mera proroga del regime transitorio in atto sia un palliativo; sarebbe comunque utile, ma io ritengo che dovremmo cogliere questa occasione per reintrodurre in Campania ciò che vale in tutta Italia, dove le competenze per le attività di raccolta dei rifiuti e di riscossione di TARSU e TIA sono in capo ai comuni. Anche su questo punto, le chiedo oggi di dare un'indicazione precisa circa l'orientamento del Governo. Grazie.


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ELISABETTA ZAMPARUTTI. Anch'io esprimo apprezzamento per la relazione svolta dal Ministro nella precedente seduta e pongo tre questioni.
La prima è relativa al dissesto idrogeologico. Chiedo se, rispetto alla mozione approvata, come aveva ricordato il collega Libè, il 26 gennaio del 2010 dalla Camera all'unanimità, questo Governo intenda ereditarne i contenuti e, in caso positivo, come intenda darne attuazione.
In particolare, sulla questione del dissesto idrogeologico volevo sapere se è tra le misure che si stanno valutando quella dell'introduzione di un'assicurazione contro i danni da calamità naturali. Io penso, infatti, che non sia scritto da nessuna parte che debba essere sempre lo Stato a pagare i danni. Penso che lo Stato debba soprattutto effettuare importanti investimenti sulla prevenzione. In parallelo credo che si possa avviare un confronto su questa questione.
Della sua relazione, Ministro, ho apprezzato in particolare il passaggio che ha svolto quando ha trattato il tema delle rinnovabili e ha sottolineato la necessità di un bilanciamento del loro sviluppo con la tutela del territorio. In particolare, nella sua audizione del 30 novembre scorso lei si è soffermato sulla questione delle biomasse, ma io so, per aver letto altre sue dichiarazioni, come lei abbia posto questo punto anche rispetto allo sviluppo dell'eolico.
Da questo punto di vista, non serve che lo spieghi, gli incentivi del nostro Paese sono esorbitanti. Ci sono stati Paesi come la Spagna che, nel momento in cui hanno deciso di rivedere la propria politica su questo fronte, non hanno avuto timore di farlo neppure con effetti retroattivi.
A questo proposito, a fronte anche dell'aumento, al di là di ciò che prevedeva il PAN degli obiettivi sul fotovoltaico, passati dagli 8 mila agli attuali 12 mila, con la prospettiva di arrivare a 23 mila megawatt, vi chiedo se considerate ragionevole che questo elemento di produzione di elettricità da fotovoltaico vada a essere compensato con una riduzione di quella prodotta dall'eolico.
Chiudo con una questione che attiene al problema fondamentale dell'avvio di una politica di decarbonizzazione. Si assiste costantemente all'aumento delle accise sui combustibili fossili per diverse ragioni, ma forse è giunto il momento di riconsiderare l'aumento delle accise sui combustibili fossili in una logica di fiscalità ambientale. Chiedo, pertanto, qual è la vostra posizione rispetto all'introduzione di una carbon tax il cui gettito potrebbe andare anche a ridurre il carico fiscale sui redditi da lavoro e in questo modo contribuire anche allo sviluppo della crescita. Grazie.

GIANLUCA BENAMATI. Anch'io mi associo al coro, che vedo unanime, al di là delle sfumature politiche, sul merito nell'apprezzamento per le modalità e i contenuti espressi dal Ministro nella seduta del 30 novembre 2011 e ho tre punti che vorrei segnalare molto velocemente.
Il primo riguarda un tema che attiene alla difesa del suolo. È già stato trattato e, quindi, non mi ci soffermerò in dettaglio. Vanno bene la proposta del fondo rotativo e del fondo specifico; c'era anche il tema menzionato dell'aumento delle accise sui carburanti per il loro finanziamento. Forse su questo punto si potrebbe rivedere qualcosa.
Abbiamo apprezzato anche la somma che è stata inserita, ancorché esigua, nel recente decreto «salva Italia». Su questo tema comunque ha già parlato l'onorevole Mariani, sostenendo che è importante una forte concertazione con i livelli regionali che possono permettere anche una conoscenza continua e precisa delle risorse disponibili per una programmazione seria.
Su questo punto segnalo, signor Ministro, una questione che è stata portata alla nostra attenzione recentemente e che peraltro non compete direttamente al suo ministero, ma al Governo più in generale. Abbiamo avuto notizia, ma non so come stia evolvendo la situazione, che la struttura della Protezione civile dovrebbe essere trasferita in termini di responsabilità dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al Ministero dell'interno. Ribadisco che, ovviamente, ciò non compete al suo ministero,


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ma al Governo nella sua interezza, però mi permetto di segnalargliela per ricevere la sua opinione, ritenendo, per parte mia, che parrebbe opportuno che tale struttura rimanesse nell'ambito e nell'alveo dell'attuale collocazione, soprattutto in ragione della tipologia di competenze e di interventi che essa deve svolgere ad ampio spettro e ad ampio raggio.
Il secondo punto che vorrei brevemente trattare è quello dell'energia, che lei ha così ampiamente indicato e illustrato nel suo intervento del 30 novembre scorso. Ovviamente esprimo apprezzamento sulle sue indicazioni e concordo con la questione delle fonti rinnovabili valutate anche in termini di sistema, quindi con uno sviluppo organico e omogeneo di queste fonti.
Del resto, abbiamo avuto anche una prova della complessità di impostare un'operazione di questo tipo nella discussione sullo schema di decreto legislativo che si riferiva agli incentivi. Ho apprezzato, quindi, il nesso da lei indicato fra promozione delle fonti rinnovabili e sviluppo tecnologico e della ricerca.
Le segnalo, su questo versante, alcune interessanti osservazioni che abbiamo ricevuto nel corso di un'indagine conoscitiva sulle fonti rinnovabili che stiamo svolgendo. In particolare, da parte dei rappresentanti degli investitori, degli stakeholder di settore, proviene un forte appello affinché il sistema degli incentivi diventi e permanga sempre di più, al di là dei valori che si vanno a determinare, un sistema certo e sicuro per la definizione dei piani economici e della remunerazione. Inoltre, da molte parti sono provenute sollecitazioni affinché il tema, che fu affrontato anche nel citato decreto legislativo, della semplificazione e della celerità delle procedure autorizzative per la realizzazione degli impianti sia chiaramente monitorato. Questa esigenza, come dicevo, è emersa con chiarezza anche nelle audizioni che abbiamo svolto nell'ambito della citata indagine conoscitiva e, quindi, mi sento di sollevarlo.
Sottopongo, quindi, alla sua attenzione un'ulteriore questione, prendendo spunto da una norma che è contenuta nel cosiddetto «decreto salva Italia», in corso di conversione in legge qui alla Camera, che prevede la soppressione dell'Agenzia per la sicurezza nucleare. È un tema delicatissimo, perché coinvolge competenze che sono appunto delicatissime. Questa Commissione, nell'esprimere il prescritto parere sul provvedimento, ha posto anche alcune condizioni in relazione a questo punto, ritenendo che transitoriamente le competenze della soppressa Agenzia dovessero essere ricondotte in capo all'ISPRA. Al di là di questo punto, peraltro, è necessario affrontare anche un tema di merito, signor Ministro, su cui so che lei è particolarmente attento e sensibile, che è quello delle autorizzazioni per il deposito delle scorie nucleari, per lo smantellamento degli impianti e per tutte le attività, me lo consenta, anche di ricerca e sviluppo nell'ambito del trattamento delle scorie nucleari. Concludo, su questo punto, affermando che sarebbe interessante avere notizia di quella famosa strategia energetica nazionale che diventa sempre più urgente.
Infine, un rapido flash. Lei nella sua relazione ha ipotizzato in maniera molto opportuna, da un dato punto di vista, l'utilizzo di siti di bonifica anche come sede di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Questa, nei dovuti modi e nelle dovute forme, ci pare effettivamente una soluzione e un'ipotesi estremamente attraente e seria.
Le segnalo in questo senso, signor Ministro, che in una recente audizione Federambiente ha avanzato una proposta molto simile alla sua, vale a dire quella di poter utilizzare in maniera più semplificata i siti delle discariche cessate come siti di installazione per impianti di questo tipo. Ciò potrebbe concorrere - lei sa benissimo che anche i termini del post mortem sono cambiati nel recente passato, giustamente, nel senso di aggravi sempre maggiori per i concessionari per la gestione della discarica per un lungo termine dopo la cessazione della sua attività - anche in quelle condizioni a fornire un aiuto ed avere un impatto economico significativo


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proprio in termini di mantenimento della sicurezza di questi siti. Grazie.

CHIARA BRAGA. Anch'io mi associo alle considerazioni, che non ripeto, dei colleghi che mi hanno preceduto. Personalmente ho molto apprezzato che il Ministro avviasse la sua audizione nella seduta del 30 novembre scorso mettendo al centro il tema della difesa del suolo e del dissesto idrogeologico.
Al riguardo avrei due questioni da porre. Una è di carattere più generale e ha a che fare con un problema reale, che chiama in causa l'organizzazione complessiva del sistema della difesa del suolo nel nostro Paese, ossia quello di una frammentazione notevole di competenze e anche di una sovrapposizione nel tempo di normative, alcune delle quali anche precedenti alla legge n. 183 del 1989 o al decreto legislativo n. 152 del 2006, rispetto alle quali è auspicabile, come richiesto da più parti, un intervento di riordino e di messa a sistema, anche in relazione al riassetto istituzionale che si sta attuando e a cui si sta mettendo mano. Al riguardo, ad esempio, il tema della revisione e correzione della parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto «Codice ambientale»), anche con il recepimento completo di due direttive comunitarie importanti, quella sul rischio di alluvioni (direttiva 2007/60/CE) e quella sulle acque (direttiva 2008/32/CE), richiede, a nostro avviso, un'iniziativa più decisa rispetto al passato da parte del Governo. Vorremmo, quindi, capire, ad esempio, rispetto ad alcuni adempimenti e ad alcune scadenze puntuali relativi all'attuazione della citata direttiva sul rischio di alluvioni (segnalo che ormai si pongono problemi di scadenze già superate), come si intenda far fronte a tali passaggi.
L'altra questione, che mi sembra non sia stata ancora trattata negli interventi che hanno preceduto il mio, ha a che fare con l'esigenza di tenere in considerazione il potenziale di crescita, anche in termini di sviluppo economico dei territori, legato alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza del territorio. In tal senso, chiedo al Ministro se valuta fattibile o auspicabile che gli interventi di prevenzione, soprattutto nelle realtà locali, possano godere di una condizione di favore, in termini di realizzabilità, con l'esclusione di queste voci di spesa dai vincoli del Patto di stabilità per gli enti locali, che sappiamo essere un freno notevole per gli interventi concreti da realizzare sui territori.
Aggiungo altre due brevissime questioni, che sintetizzo. La prima riguarda il tema della qualità dell'aria, di cui mi sembra che non si sia discusso finora, che rappresenta un fronte su cui credo che dobbiamo recuperare terreno rispetto a un'azione che in questi anni non è stata sufficientemente efficace.
Sappiamo che il problema dell'inquinamento atmosferico riguarda molte aree del nostro Paese. C'è, tuttavia, una specificità che riguarda l'area della pianura padana e tutto il relativo sistema delle regioni e degli enti territoriali che è coinvolto in una vera e propria situazione di emergenza.
Era stato avviato dal precedente Governo un lavoro di approfondimento e anche di coordinamento e chiedo se il Ministero intenda riprendere e rimettere mano a questo progetto, che mi sembra fondamentale, in chiave di approntamento di politiche pubbliche strutturali e non solo estemporanee o lasciate alle iniziative dei singoli territori.
L'ultima questione ha che fare con l'ISPRA. Al riguardo, vorrei capire, lo dico in breve, per non dilungarmi troppo, quale crede possa essere la funzione e la valorizzazione di questo istituto importante in termini di garanzia di controllo ambientale e di coordinamento delle Agenzie regionali, nel tentativo di recuperare e di riattivare un ruolo che ci sembra che in questi ultimi anni sia stato marginalizzato e poco valorizzato in numerose politiche di carattere ambientale importanti per il nostro Paese.

ROBERTO MENIA. Pongo tre piccole domande, né da controllore, né da controllato e neanche da maleducato, perché, voglio dirlo subito, fra due minuti dovrò uscire dall'Aula poiché ho un impegno, ma prometto di rientrare tra venti minuti.


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Mi associo, peraltro, alle molte espressioni di apprezzamento che sono state fin qui manifestate in ordine alla chiarezza e al pragmatismo che hanno caratterizzato la relazione svolta dal Ministro nella seduta del 30 novembre scorso.
La prima questione che vorrei porre riguarda ciò che lei ha detto (e che mi pare abbia colpito favorevolmente la Commissione, anche perché nasce dalla riflessione che ognuno di noi umanamente ha svolto) intorno a ciò che è accaduto nelle ultime settimane in Italia. Abbiamo avuto vittime e scenari da Paese tropicale, con alluvioni oggettivamente fuori norma, che ci hanno dato da pensare.
Ho apprezzato quindi il passaggio della sua relazione, Ministro, che ci lasciava intendere la volontà di intervenire soprattutto sulla prevenzione del rischio idrogeologico, con la previsione di un fondo da supportare non «a spizzico magnifico» e, soprattutto, non esclusivamente in termini di interventi di Protezione civile, a catastrofe avvenuta. Su questo punto la richiesta al Ministro è di dare alla Commissione alcuni elementi in più, ammesso che sia in grado di poterceli fornire, in termini tanto di qualità, quanto che di quantità e di calendario intorno a ciò che ha intenzione di predisporre.
Un altro elemento che io ho trovato interessante è la riflessione sulle bonifiche. In queste ore noi stiamo approvando una manovra estremamente pesante, che, se da una parte tappa i buchi, dall'altra dovrebbe cercare, per quanto possibile, di intervenire sullo sviluppo. Io credo che sia questo il problema dell'Italia dei prossimi mesi: se noi oggi tappiamo i buchi e le falle, ricorrendo a ulteriori tassazioni, dobbiamo porci poi il problema di come in Italia si crea sviluppo.
Le famose bonifiche sono, in realtà, altrettanti siti cimiteriali, in termini non solo ambientali, ma anche di sviluppo che non hanno prodotto. Quando nacque la vicenda dei siti inquinati di interesse nazionale, si immaginava forse che lo Stato provvedesse pesantemente in termini finanziari ed anche per questo una delle riflessioni interessanti che ha svolto il Ministro nella sua relazione è stata proprio quella relativa al voler metter mano sul versante delle bonifiche, ai siti di interesse nazionale soprattutto, ma non solo.
Anche in questo caso - posto che, come qualcuno ha già ricordato, lei è stato a lungo un direttore generale del ministero dell'ambiente - le chiedo se a suo avviso si può intervenire, come io credo, andando a mettere in discussione anche dati che venivano considerati immodificabili a proposito di un approccio che è stato, come ho detto, cimiteriale a proposito di questa vicenda.
Passo all'ultima questione. Lei, Ministro, è di ritorno da Durban. Io ho apprezzato, e credo che l'abbiamo notato tutti, un protagonismo, un interventismo italiano che ci ha messi comunque sotto i riflettori per quel che di buono è uscito da questa conferenza internazionale. Credo che la nostra mano si sia sentita e ciò è positivo. Le ricordo, inoltre, che la settimana scorsa, riflettendo qui in Commissione sul contenuto del cosiddetto «decreto salva Italia» - c'era anche il sottosegretario Fanelli, che partecipava ai lavori della Commissione -, abbiamo inevitabilmente affrontato l'argomento delle detrazioni fiscali del 36 per cento per le ristrutturazioni edilizie e del 55 per cento per l'efficientamento energetico degli immobili. In quella sede, abbiamo sostenuto una volta di più che queste misure dovrebbero essere messe doppiamente a regime, sia perché in realtà sono misure virtuose, sia perché ci consentono di adempiere agli impegni internazionali di cui proprio a Durban avete discusso.
Anche sotto questo profilo, ed era l'ultimo punto che volevo esaminare, chiederei dunque al Ministro se ci dà, oltre a ciò che abbiamo letto sui giornali, la sua visione, il suo racconto sugli impegni assunti a Durban e ci indica se e quali misure sono da mettere a regime e a sistema e quali altri elementi eventualmente innovativi, essendo persona molto sensibile a questi argomenti e vedendoli in maniera molto pragmatica e molto concreta, sia in grado non dico di introdurre, ma quantomeno di porre all'attenzione del Governo per rispettare gli impegni di politica


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ambientale assunti dall'Italia. So che influenzare il Governo non è sempre facile, perché ci sono altri ministeri che si oppongono, però, se ci fosse anche sotto questo profilo una pressione forte, supportata anche da una capacità e da una competenza note sotto questo profilo, ciò sarebbe un fatto positivo.

CARMEN MOTTA. Anch'io ringrazio il Ministro per la relazione svolta davanti alla Commissione nella seduta del 30 novembre scorso.
Volevo sottoporre al Ministro una richiesta di conoscere la sua valutazione su un progetto che aveva visto la luce grazie a un'intesa tra le regioni Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna relativamente al fiume Po. Si tratta di un progetto che aveva visto il finanziamento di 180 milioni di euro e che mirava alla messa in sicurezza del fiume, alla tutela del suo ecosistema e alla valorizzazione, più in generale, del fiume stesso, a favorirne la navigabilità e a incentivarne il turismo.
Le regioni e le province, insieme ai comuni, avevano già messo a punto tutta una serie di progetti, prevedendo anche un cofinanziamento, ma la manovra di luglio 2010 ha stornato questi fondi per altri interventi, come lei saprà, signor Ministro, a copertura, peraltro, degli ammortizzatori sociali e del dissesto del bilancio del comune di Palermo.
Al riguardo, ricordo che sulla questione, a suo tempo, rispose a una mia interrogazione proprio l'allora Sottosegretario Menia, dovendo, con rammarico, constatare che purtroppo le risorse non c'erano più.
Nel frattempo, lei sa che ha proceduto un altro progetto diverso di bacinizzazione del fiume, progetto che, però, la settimana scorsa è stato fortemente ridimensionato da un'altra proposta progettuale da parte dell'AIPO, la quale non prevede più la bacinizzazione, ma l'inserimento, lungo il fiume, nelle strettoie del fiume, di un sistema di pettini o pennelli - non ricordo più il termine tecnico - a corrente libera per far sì che il fiume sia navigabile, anziché 240 giorni all'anno, per tutto l'anno.
Noi in questa Commissione abbiamo depositato due risoluzioni che hanno un approccio un po' diverso al tema, anche se il progetto presentato da AIPO a Parma la scorsa settimana ha un po' cambiato la propria prospettiva.
In conclusione, signor Ministro, desidererei sapere da lei che cosa pensa il ministero di questa progettualità che si è un po' modificata nel tempo, in particolare sull'ultimo progetto AIPO, che peraltro vede la possibilità di avere finanziamenti europei. Tra poco partiranno anche i bandi per questi finanziamenti, che sono finanziamenti importanti.
Mi permetto anche di chiederle se di quei famosi 180 milioni, che erano molto diversificati come possibilità di intervento, a prescindere da quest'ultimo progetto più complessivo sulla navigabilità del fiume Po, c'è la possibilità di un recupero di risorse oppure no.
Aggiungo altre due osservazioni brevissime, perché sono temi che sono già stati toccati da altri colleghi.
Il precedente Ministro Prestigiacomo, nell'ultima audizione che abbiamo tenuto in questa Commissione, sulla questione del dissesto idrogeologico aveva rappresentato tutte le difficoltà di disponibilità di risorse, ma aveva anche precisato che, per la prima volta nella storia del ministero, sul tema era stato trovato un accordo con tutte le regioni, tanto che erano già stati approvati accordi di programma, nei quali erano state definite in maniera molto chiara sia le risorse che avrebbe stanziato il ministero che quelle che sarebbero state cofinanziate dalle regioni per interventi che - parlo dell'Emilia-Romagna - effettivamente avrebbero visto realizzare opere di primaria importanza proprio per tutelare la sicurezza del territorio dal punto di vista del dissesto idrogeologico.
Vorrei capire se, da questo punto di vista, essendo, come lei ha affermato, le risorse non più tanto certe, quegli accordi di programma hanno ancora valore, se si può sperare che comunque si possa procedere alla loro attuazione anche per


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stralci o se, invece, bisogna mettersi nella logica di dover rifare l'iter dall'inizio.
L'ultimissimo punto riguarda l'applicazione della nuova disciplina dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, come modificata dal decreto-legge n. 225 del 2010 (cosiddetto «decreto Milleproroghe 2011») con l'introduzione della famigerata - mi esprimo in questo modo per brevità, signor Ministro - «tassa sulle disgrazie», in forza della quale nel caso in cui le regioni non abbiano disponibili le risorse per poter intervenire per far fronte alle emergenze dovute a calamità naturali, esse sono obbligate a provvedere con un'apposizione di specifiche imposte regionali prima di poter accedere alle risorse statali.
Da questo punto di vista, prendo atto anzitutto delle indicazioni che lei ha suggerito e che potrebbero dare sicurezza di introiti per affrontare questi temi. E, tuttavia, voglio ricordare che nel corso dell'audizione del responsabile della Protezione civile in questa Commissione, il giudizio espresso dal prefetto Gabrielli su quella disciplina normativa è stato, se non ricordo male, che si tratta di una legge assurda, di una norma assurda.
Chiedo, dunque, se c'è la possibilità, nonostante la sua espressa volontà a intervenire in questo ambito, di modificare comunque la disciplina ormai vigente di cui all'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, perché ove si presentassero nuove situazioni di emergenza vera, per come stanno le cose, per le risorse che attualmente le regioni hanno a disposizione, la situazione sarebbe effettivamente molto difficile. Io le rappresento, signor Ministro, che, per esempio, nella provincia da cui provengo, la provincia di Parma, nel giugno dell'anno scorso tre comuni sono stati colpiti durissimamente da un evento alluvionale pesantissimo. A Sala Baganza c'è stata anche, purtroppo, una vittima. A tutt'oggi è stato compiuto da parte della regione un primo intervento di messa in sicurezza per quasi 500 mila euro, ma i ristori alle aziende e ai privati non sono di fatto possibili finché la regione non decreta lo stato di emergenza, il quale comporta, però, l'imposizione di una tassa che pagano sia gli alluvionati, sia i non alluvionati.
A me sembra, inoltre, che non ci possano essere alluvionati di serie A e di serie B. Conosciamo tutti la tragedia che si è verificata in Veneto a novembre del 2010, dove però c'è stato un intervento dello Stato molto consistente. Ovviamente si sta provvedendo per quanto è successo in Liguria e in Toscana, ma non bisogna dimenticare che in altre parti del Paese che fanno meno notizia sono successi eventi per i quali le comunità locali e le stesse regioni non hanno fondi per poter intervenire e andare incontro a danni veramente ingenti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO TORTOLI

ERMETE REALACCI. Mi associo ai complimenti al Ministro Clini per come si è comportato a Durban. Se mi è consentita una battuta, ciò significa che le sedi istituzionali, soprattutto se internazionali, tirano fuori il meglio da lei, a differenza delle trasmissioni radiofoniche, tipo «Un giorno da pecora», che tirano fuori il peggio da lei. L'invito a frequentare più le prime sedi che le seconde.
Noi sappiamo, per essere franchi e per stabilire un rapporto costruttivo - questo è il nostro primo incontro con lei e con il nuovo Governo - che questo Governo ha un tempo limitato. Io mi auguro che questo tempo sia completo, ossia che il Governo resti in carica un anno e mezzo, perché, se durasse di meno, significherebbe che ha fallito il suo mandato e sarebbero guai per tutta l'Italia, visto che tale mandato è strategico per il nostro Paese.
In questo tempo, io credo che la prima richiesta da avanzare, Ministro - non sto a ripetere le considerazioni svolte dai colleghi, che ovviamente condivido - sia quella di dare forte efficienza al ministero dell'ambiente e di fargli giocare un ruolo attivo.
È inutile che parliamo di grandi disegni legislativi. Sarà molto complicato in questo tempo avviare grandi disegni legislativi.


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Certo, si possono emanare alcune leggi, se si procede con grande determinazione e coordinamento, il che peraltro comporta che, per capirci, dovremmo riuscire ad avere già a gennaio prossimo un elenco di questioni prioritarie da approvare.
Per il resto, si può fare tantissimo utilizzando gli strumenti che il Ministero dell'ambiente ha a disposizione, facendoli funzionare, mettendoci il massimo di impegno e dando efficienza alla macchina amministrativa. Senza svolgere discorsi complicati, quindi, le elenco alcuni punti non ancora sollevati, che a mio avviso sono centrali.
Il primo punto, che in parte è stato sollevato, riguarda la partita del SISTRI, che è di un'importanza fondamentale. Noi spesso in questa Commissione abbiamo chiesto il rinvio dell'entrata in funzione del SISTRI, perché ci pareva, come si è verificato, che la vicenda non fosse a regime, però adesso siamo arrivati al dunque.
Il 9 febbraio 2012, infatti, il SISTRI dovrebbe entrare in funzione, ma c'è bisogno di una parola chiara, altrimenti uno strumento come il SISTRI, che ha una sua utilità, ma che ovviamente, se usato male, può sortire effetti perversi, rischia di rivelarsi uno sperpero di denaro pubblico, da un lato, e un'occasione persa, dall'altro. Bisogna che il Ministero dell'ambiente faccia immediatamente mente locale e ci riferisca a quali segmenti il SISTRI può essere applicato e con che tempi, altrimenti non si va avanti.
Il Governo, del resto, può farsi forte di un elemento di terzietà che questo Governo ha. A parte i colleghi della Lega, che si oppongono, esso ha una maggioranza parlamentare ampia e l'agonismo che può aver frenato in alcuni casi il rapporto con le regioni in una serie di partite che riguardano la difesa del suolo o i parchi, per citare un altro esempio, non è più giustificato.
Questo Governo può aprire dunque iniziative sui diversi fronti aperti.
Per esempio, per quanto riguarda i parchi ci sono nomine da effettuare; per quanto riguarda la difesa del suolo c'è da verificare se la struttura dei commissari straordinari, come ricordava la collega Mariani, sta effettivamente funzionando; per quanto riguarda, e lo ricordava giustamente la collega Braga, l'inquinamento atmosferico nelle città, si tratta di capire se i provvedimenti che il Governo precedente aveva annunciato all'Unione europea sono recuperabili. Stiamo parlando di una nota - non so se a suo tempo l'ha istruita lei, Ministro Clini - che il Governo italiano inviò all'Unione europea nel giugno-luglio del 2010, cui non è seguito nulla. Anzi, a quella nota è seguito il taglio al trasporto pubblico locale, che, come è noto, va in direzione opposta a quella di far respirare le nostre città!
Poi ci sono alcune questioni «piccole», che però, a mio avviso, possono fare la differenza. Ne cito tre, come esempio. La norma sulla commercializzazione delle buste di plastica biodegradabili è una misura che ha posto l'Italia all'avanguardia in Europa e nel mondo e, voglio ricordarlo, nella produzione di tali articoli l'Italia ha brevetti. Ma c'è un problema di corretta attuazione, legato alla emanazione di regolamenti, perché un «finto prodotto biodegradabile» sta inquinando questa misura e, come lei sa, il terreno della chimica verde è un terreno di competizione strategico importantissimo per il nostro Paese. È soltanto un problema di emanazione di regolamenti che assicurino che i requisiti degli articoli in questione siano quelli fissati dall'Unione europea. C'è un problema di rapporti, fondamentale in questo come in altri campi, con il Ministero dello sviluppo: il mio appello è quello di fare ogni sforzo per incontrarvi e mettervi d'accordo. Peraltro, le competenze del sottosegretario Fanelli, per esempio sul fronte delle fonti rinnovabili, possono aiutare a colmare il ritardo nella emanazione dei decreti per la promozione delle fonti rinnovabili, ai quali la collega Mariani prima faceva riferimento, ritardo che rischia di frenare il settore. Anche su questo punto io dico: «Vedetevi rapidamente in una stanza, senza gli appesantimenti precedenti e trovate un accordo proficuo».


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Queste iniziative si attuano in pochi giorni, addirittura in poche ore: basta focalizzarle.
Ci sono poi alcune altre partite legislative da chiudere. La collega Lanzarin adesso non c'è, ma io sono d'accordo sulla sua iniziativa di presentare una proposta di legge sulla questione del trattamento e dello smaltimento degli oli esausti. Ci sono state alcune vicende che hanno portato alla emanazione di norme che inguaiano la vita a pezzi del mondo imprenditoriale inutilmente, senza nemmeno salvaguardare l'ambiente. Penso a questa partita degli oli esausti, ma anche a quella del riutilizzo delle terre di riporto che riguarda tutto il comparto dell'edilizia.
Sono tutte partite che, se il ministro vuole, possono essere affrontate rapidamente, o mettendosi d'accordo con noi, con le Commissioni parlamentari, per un rapido iter parlamentare delle relative proposte di legge, oppure «approfittando del primo provvedimento che passa» per compiere gli aggiustamenti del caso alla normativa vigente. Quello che, in ogni caso, le chiedo, Ministro, è una forte determinazione nell'affrontare concretamente i problemi, non nel fare grandi proclami, perché i tempi aiutano a selezionare le questioni e anche gli strumenti.
Una partita, per esempio, che è in corso in queste ore è quella della pesca. La competenza dell'ISPRA in materia è centrale e il Regolamento che sta passando sulla pesca ci espone a fortissimi rischi nei confronti dell'Unione europea, rischi che comportano sanzioni superiori a 100 milioni di euro. In questo caso, il ministero deve svolgere anche un ruolo di coordinamento e di raccordo delle politiche complessive del Governo, facendo valere le proprie competenze specifiche.
Infine, e termino, c'è una partita strategica, ancor più all'indomani di Durban, che è quella di utilizzare l'ambiente come leva per una nuova economia. Al riguardo, ricordo che in questa Commissione l'allora sottosegretario Menia, in risposta ad una interrogazione parlamentare sulla mancata attivazione del fondo rotativo per Kyoto lesse, da persona intellettualmente onesta quale è, in maniera imbarazzata una risposta che veniva dagli uffici ministeriali (la questione del fondo rotativo Kyoto era stata sollevata da me e dal Gruppo del PD prima dell'estate del 2010 e, in quell'occasione ci venne risposto dal Ministero che i fondi sarebbero stati sbloccati non oltre il settembre successivo, nel settembre 2010).
Siamo ora a quattordici mesi dal settembre 2010 e quei fondi non hanno visto ancora la luce, ma sono importantissimi, se solo pensiamo che, anche in una fase di investimenti scarsi, l'economia si sta comunque orientando nella direzione della green economy. Infine, ricordo che nel corso del dibattito sul «decreto salva Italia» è stato sollevato in questa Commissione il tema della disponibilità e dell'utilizzo dei proventi della vendita all'asta dei diritti di emissione di CO2 (mi sembra che lei abbia poi ottenuto un cambiamento della norma inizialmente prevista) perché quei soldi stavano per essere scippati, per così dire, dalla destinazione a cui l'Unione europea, almeno per il 50 per cento, li finalizzava, cioè a provvedimenti volti a ridurre l'emissione di CO2 e a incentivare le politiche di risparmio energetico. Sono tutte questioni che conosciamo.
A me pare, quindi, e con questo concludo, che queste due partite messe insieme possono essere un formidabile volano per l'economia. Francamente, ritengo che non ci sono strumenti nuovi da mettere in campo. Occorre, invece, far funzionare quello che c'è, «mettendoci la testa sopra». Questo è quanto le chiediamo.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Dal momento che intervengo quasi per ultimo, evidentemente molte questioni sono già state sollevate. A me interessa focalizzarne tre.
Una è stata toccata dal collega Menia ed è la questione delle bonifiche. Io sono veneziano e, quindi, conosco la vicenda di Porto Marghera. Lei, Ministro, sa bene quanto quella vicenda, al pari di quelle relative ai molti altri siti inquinati di interesse nazionale del nostro Paese, abbia bisogno di un intervento importante. Mi limito a chiedere un suo parere, da questo


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punto di vista, anche per capire come il territorio possa indirizzarsi rispetto a ciò che si può fare realmente.
Qualcuno, ad esempio, comincia a sostenere che forse è meglio stare fuori dai siti di interesse nazionale per avere maggiore agibilità. Naturalmente questo porta con sé la questione del riutilizzo delle aree e tutta la polemica che è in corso anche in questi giorni con ENI riguardo all'uso di tali aree e alla possibilità di riutilizzarle nella logica di sviluppo di cui si è parlato prima.
Non mi dilungo sul dissesto idrogeologico, ma aspetto di capire dalle sue parole che cosa concretamente è possibile fare, pur rendendomi conto delle ristrettezze economiche e del fatto che le proposte avanzate circa l'istituzione di un fondo rotativo possano senz'altro innescare l'avvio di una parte almeno degli interventi necessari.
Su questo tema azzardo una valutazione. Ci sono alcuni interventi che, in alcune situazioni, potrebbero addirittura essere realizzati utilizzando il meccanismo di project financing, provando in questo modo ad aprire strade innovative. Penso che, in una situazione come questa, dettata dalla contingenza, forse dobbiamo davvero inventarci qualcosa di nuovo. E anche su questo mi piacerebbe sentire il parere di un esperto come lei.
Un'ultimissima questione riguarda la vicenda delle biomasse e delle fonti rinnovabili. I colleghi che sono intervenuti prima di me hanno ricordato tutti che forse c'è stato uno squilibrio o un eccesso nell'utilizzo degli incentivi. Io posso riferire che più che altro c'è stata, per quanto conosco anche a livello territoriale, una sorta di anarchia. Forse non sarebbe male che il Governo verificasse la situazione e procedesse nella direzione di un auspicato coordinamento dei piani energetici regionali, in assenza dei quali molte regioni hanno lasciato fare, fino a provocare di fatto una reazione negativa nei confronti di uno strumento che, invece, è stato caldeggiato da tutti come uno strumento che va nella direzione del conseguimento degli obiettivi fissati nel Protocollo di Kyoto e che, invece, nella situazione attuale ci sta mettendo in difficoltà e mette in difficoltà prima di tutto i territori.
Io vengo, ad esempio, da una regione nella quale non è stato elaborato il Piano energetico regionale e dico che forse sarebbe opportuno che in casi come questo il Ministero intervenisse e io penso che questa Commissione possa essere disponibile anche a una misura di commissariamento, laddove non siano stati approntati i prescritti strumenti di programmazione.
Tutto ciò sta infatti provocando una reazione straordinaria contraria (ed è questo il dato più negativo) da parte dei territori, che se è vero che vivono male - c'è sempre la sindrome NIMBY - interventi di questo tipo, è anche evidente che in alcuni territori questa situazione è stata gestita malissimo. In assenza di strumenti di programmazione, in assenza di lavoro di raccordo fra i soggetti presenti sul territorio e di concertazione, si corre infatti il rischio di vanificare ogni sforzo e di rendere inviso quello che è, invece, uno strumento importante di crescita del nostro territorio. Grazie.

AGOSTINO GHIGLIA. Ringrazio il Ministro per la tempestività non solo della prima audizione del 30 novembre scorso, ma anche del seguito di oggi. Non sempre siamo stati abituati infatti a tempi così celeri di attenzione nei confronti della Commissione.
Dico subito che non condivido ciò che affermava l'onorevole Realacci, perché, anche se adesso c'è una «maggioranzona», c'è anche chi apprezza le dichiarazioni da lei rese alcuni giorni fa intervenendo alla trasmissione radiofonica «Un giorno da pecora». C'è, dunque, una «maggioranzona», ma ci sono anche posizioni composite al suo interno.
Saluto anche il sottosegretario Fanelli, che ho il piacere di conoscere per la prima volta.
Avrei anch'io tre o quattro questioni velocissime. Per quanto riguarda le agevolazioni fiscali del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, io ho un'idea un po' differente rispetto ai colleghi, nel senso che riterrei che tali agevolazioni fiscali dovrebbero


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essere drasticamente ridotte nel loro ammontare percentuale, ma anche nel tempo del recupero della quota delle spese oggetto della detrazione fiscale. Continuare, infatti, ad avere una detrazione spalmata su dieci anni non rappresenta, a mio avviso, un efficace incentivo alla regolarizzazione delle fatturazioni e quindi neanche all'emersione dal sommerso delle attività imprenditoriali relative all'esecuzione di questo tipo di interventi. Il problema non è tanto avere il 55 per cento, il 34 o il 42, il problema è che in tempi rapidi si possono recuperare, sotto forma di detrazione fiscale, le spese effettuate altrimenti la spalmatura del 55 per cento su dieci anni non farà altro che vanificare gli effetti positivi di questo strumento - e credo che questo sia un effetto concretamente manifestatosi da quando è stata così diluita la durata di tale agevolazione fiscale -. Qualora fosse possibile, anche se mi rendo conto che oggi la situazione finanziaria è drammatica, nel prossimo futuro sarebbe utile valutare insieme una diminuzione del livello dell'agevolazione fiscale in parola e l'accorciamento dei tempi di recupero delle spese effettuate.
Un altro problema importante per noi, con riferimento ad alcune regioni del Nord Italia, riguarda la semplificazione e il tentativo di rendere uniformi rispetto alle emergenze, per esempio quelle riguardanti possibili alluvioni, le azioni della Protezione civile, delle regioni e soprattutto dell'AIPO. Come avevo già fatto presente al Capo della Protezione civile, quando è stato audito dalla Commissione, nel corso delle diverse allerta meteo verificatesi in Piemonte negli ultimi mesi c'è stata un'assoluta discrasia fra le azioni di questi diversi enti. Per esempio, siccome l'AIPO - porto questo esempio perché è significativo - tarava la portata del Po con strumenti e con una scala di valori diversi rispetto a quelli della Protezione civile regionale aveva autonomamente telefonato al prefetto di Biella, chiedendo di far evacuare una zona che comprendeva circa 30 mila abitanti. Fortunatamente non si è ritenuto di farlo e la Protezione civile e la regione non l'hanno fatto, però a causa dell'uso di questa scala, di questa parametrazione diversa, si stanno verificando notevoli disagi anche importanti. Correggere situazioni come questa credo che sia una questione importante, ma anche piuttosto facile da affrontare e da risolvere.
Una terza questione riguarda la ricerca sul nucleare futuro. Lei, Ministro, ne ha parlato, io credo in maniera assolutamente responsabile e anche rispettosa di quello che è stato l'esito di un referendum, che io non condivido, ma questo è affare mio.
Io credo che l'Italia debba continuare a investire nella ricerca sul nucleare e che non possa rimanere indietro. Vorrei, però, sapere da lei, Ministro, nel momento in cui cancelliamo l'Agenzia nucleare, in che modo questa ricerca può essere razionalizzata e non lasciata alla buona fede o alla curiosità culturale di un Politecnico o di un'università? In altre parole, come possiamo fare per rendere sistemica tale attività di ricerca?
L'ultima questione - so che tocco un tasto dolente; ne avevo già accennato brevemente al Ministro, molestandolo per pochi minuti nel corso della Conferenza di Durban (ai cui lavori il Ministro ha partecipato meritando senz'altro anche i miei complimenti perché il ruolo dell'Italia è emerso e il Ministro è riuscito a rendere chiaro anche all'opinione pubblica italiana l'esito della Conferenza, che la stampa nazionale forse avrebbe potuto seguire un pochino di più) - riguarda i tempi di attuazione degli accordi di programma sulla difesa del suolo e, segnatamente, dell'accordo di programma stipulato dal Ministero dell'ambiente con la regione Piemonte. Essendo uno degli ultimi accordi stipulati, come capita a tutti i colleghi piemontesi, anch'io vengo quotidianamente atteso fuori dalla porta, che sia quella di un ufficio o quella di casa, non importa, da persone che vogliono sapere quando si potrà finalmente dare seguito a questo accordo di cofinanziamento delle opere per la difesa del suolo.

ANTONINO SALVATORE GERMANÀ. Signor Ministro, la ringrazio per la sua presenza. Vorrei porre alcune domande che, ovviamente, ruotano intorno ad una questione richiamata più volte nei diversi


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interventi, il dissesto idrogeologico. Per motivi di tempo, non posso dilungarmi sull'argomento, per cui mi riservo di consegnarle il testo integrale del mio intervento e di chiedere al presidente di autorizzare la pubblicazione dello stesso in allegato al resoconto stenografico della seduta.
Io guardo con più di attenzione alla mia zona, il messinese, dove, alla distanza di quasi un anno dall'alluvione di Giampilieri, ancora «ci lecchiamo le ferite». Abbiamo avuto altri episodi, di cui uno a settembre-ottobre è stato quasi completamente ignorato; fortunatamente non ci sono stati morti, ma i danni sono stati ingenti per il florovivaismo nella zona di Milazzo e nella piana del milazzese, dove ci sono tantissime attività.
L'ultimo episodio è quello di Barcellona Pozzo di Gotto e Saponara, in seguito al quale purtroppo a Saponara ci sono stati alcuni morti e Barcellona è praticamente in ginocchio.

PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna del testo integrale dell'intervento dell'onorevole Germanà (vedi allegato).
Approfitto dell'occasione per sottoporle anch'io una questione, signor Ministro. Vorrei infatti essere tranquillizzato da lei sull'interesse che il suo Ministero avrà per il cosiddetto comparto delle rinnovabili termiche. Nel recente passato, infatti, mentre il Ministero dello sviluppo economico ha mostrato sensibilità per questo comparto, che ha una filiera tutta italiana, il Ministero dell'ambiente, a dire il vero, non ha mostrato la stessa sensibilità. Grazie.
Do la parola al Ministro Clini per la replica.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie. Questo incontro è stato veramente molto utile. Più che le domande, gli stimoli sono molti e cercherò di rispondere in modo responsabile, intanto rispetto a quello che so, e non so tutto, e poi rispetto a ciò che si può fare, tenendo conto anche dello scenario temporale che abbiamo di fronte.
Prima di tutto affronto il tema del dissesto idrogeologico e della difesa del suolo, o, meglio ancora, della difesa del territorio. Io credo che la mozione che è stata richiamata dall'onorevole Libè e da altri deputati sia un punto di riferimento, che condivido, e che ha in parte ispirato anche lo schema di decreto-legge che ho presentato al Consiglio dei ministri e che mi auguro venga discusso già il prossimo venerdì.
Esso è incardinato su due aspetti principali. Il primo è l'esigenza di assicurare una capacità operativa per le emergenze, in relazione al ruolo e all'attività della Protezione civile, cercando di rendere il più possibile efficiente l'intervento nell'emergenza. Ciò è connesso anche alla revisione dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, come modificato dal decreto-legge n. 225 del 2010 (cosiddetto «decreto Milleproroghe 2011», per quanto riguarda il rapporto fra gli interventi urgenti e immediati, cioè a valle, subito dopo l'evento calamitoso, e la capacità delle amministrazioni locali e comunque delle autorità competenti di intervenire senza dover predisporre un piano. Infatti, l'elaborazione e il controllo del piano richiede ulteriore tempo, ragion per cui, se l'intervento di emergenza dovesse aspettare i tempi amministrativi, non sarebbe più di emergenza e intanto quello che accade.
È assolutamente urgente e prioritario, però, contestualmente all'esigenza di rendere efficaci le misure, assicurare che le spese siano effettivamente destinate agli interventi che devono essere effettuati, con procedure di rendicontazione molto rigorose.
Questo è un obiettivo indicato all'interno dello schema di decreto-legge, così come vi è indicata l'esigenza di avere un fondo per le emergenze che sia adeguato, attraverso un finanziamento non emergenziale. Abbiamo bisogno cioè di avere una struttura di finanziamento che sia in grado di garantire un'effettiva capacità di intervento sempre e comunque. In secondo luogo, l'esigenza è di avere misure finanziarie, strumenti di finanziamento, in grado di assicurare il finanziamento di un fondo per la prevenzione che dovrebbe


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essere il fondo che alimenta gli accordi tra lo Stato e le amministrazioni regionali, compresi gli accordi di programma, i quali, a loro volta, dovrebbero assicurare la realizzazione di quegli interventi strutturali e infrastrutturali in grado non dico di ridurre il rischio, ma quantomeno di limitare i danni legati ai rischi, soprattutto a quelli connessi agli eventi climatici estremi.
L'impostazione di questo provvedimento tiene conto di due elementi. Vi è l'esigenza di intervenire con politiche e con normative sugli elementi strutturali del rischio, che sono, da un lato, la messa in sicurezza del territorio e, dall'altro, la riduzione dei rischi connessi agli usi impropri del territorio, compreso il fenomeno dell'abusivismo, che è stato richiamato prima e che non solo non può essere - credo - ulteriormente tollerato, ma che deve essere combattuto anche laddove sia stato regolarizzato, quando diventa un fattore di rischio per la sicurezza del territorio.
Ci sono alcuni aspetti che si aprono e che non fanno esattamente parte di un dispositivo tradizionale di decreto-legge, perché riguardano misure permanenti. Il decreto-legge, però, può essere lo strumento attraverso il quale questo processo si avvia.
Il primo riguarda le forme di finanziamento. Si pone un problema di fondo, che, con molta franchezza, mi sono già trovato ad affrontare nella discussione del provvedimento che chiamiamo manovra e che, in generale, riguarda il criterio con il quale si valutano le compatibilità di misure di supporto finanziario, siano esse incentivi o fondi per sostenere, per esempio, programmi di prevenzione.
C'è una questione di fondo, che, però, va risolta, altrimenti sappiamo quale sarà l'esito. Se da parte dell'amministrazione, ossia della Ragioneria generale dello Stato, la valutazione della compatibilità è valutazione della copertura, probabilmente è molto difficile trovare risorse. Se, invece, la valutazione viene effettuata in relazione a un conto economico delle misure, allora le risorse ci sono.
Non è semplicemente il ragionamento se conviene di più investire in prevenzione o correre dietro al danno, perché chiaramente, se calcoliamo il rapporto tra quanto costano gli interventi per i danni, non soltanto in termini di risorse finanziarie, si vede che è conveniente per l'amministrazione investire in maniera adeguata sulla prevenzione. In altri termini, se si fa il conto economico (e il conto economico dovrebbe riguardare i danni ai sistemi produttivi, la perdita di competitività, la delocalizzazione di imprese, non perché sono in aree vulnerabili, ma perché non riescono a riprendere l'attività, per esempio, a livello nazionale; ci sono numerosi eventi e fatti economici connessi agli eventi che dovrebbero essere tutti considerati) si arriva alla conclusione certa che è conveniente anche per l'amministrazione - come dicevo - investire in maniera adeguata sulla prevenzione, non soltanto attraverso risorse proprie, ma anche attraverso risorse che si liberano, per esempio, attraverso misure incentivanti o di credito di imposta.
Questo è ciò che noi abbiamo prospettato nello schema di decreto-legge che è in discussione e che mette sul tappeto questi due approcci. Se passa un criterio secco, che considera come criterio esclusivo per l'ammissibilità delle misure la copertura finanziaria, probabilmente avremo grandi difficoltà. Se, invece, riusciamo a introdurre un criterio che considera il conto economico, cioè la valutazione dei vantaggi e degli svantaggi delle misure che si prevedono, probabilmente riusciremo a muoverci in una prospettiva più chiara e con un certo successo.
Occorre anche ricordare che la problematica si presenta anche per gli accordi di programma. È stato osservato che gli accordi di programma sottoscritti alcuni mesi fa dal Ministro Prestigiacomo rappresentavano una forma di pressione nei confronti del Ministero dell'economia per ricevere i finanziamenti.
Io credo che questa sia una lettura non dico non corretta, ma non adeguata, perché gli accordi di programma sono misure programmatiche per definire un quadro di risorse che servono per compiere azioni


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finalizzate alla messa in sicurezza del territorio e alla gestione sostenibile del territorio. Se non abbiamo questo quadro di riferimento, non abbiamo neanche la possibilità di dimensionare il fabbisogno delle risorse e di definirne i criteri d'uso.
Io credo che ci sia un altissimo rischio anche per gli accordi di programma sottoscritti, che sono impegnativi per le amministrazioni che li hanno sottoscritti non solo da un punto di vista politico, ma anche amministrativo. Quando le regioni sottoscrivono un accordo di programma per la difesa del suolo, infatti, impegnano risorse proprie che sono vincolate all'interno dell'accordo di programma. Se non si muove la parte di competenza dello Stato, il rischio è che anche le risorse delle regioni vengano bloccate, come sta avvenendo.
Ve lo riferisco perché credo che questo sarà un tema sul quale ci sarà discussione all'interno del Governo. Il problema non è tanto di capire chi vince o chi perde, ma qual è il tipo di approccio che deve essere seguito per valutare questo tipo di problematiche, che nascono da emergenze che si manifestano con regolarità, ma, allo stesso tempo, dalla mancanza di una gestione programmata e di una revisione programmata degli usi del suolo. Sotto questo profilo, siamo davanti ad un tema fondamentale, non solo di politica ambientale, ma di politica economica, che ha molto a che fare con le strategie della crescita. Ve lo preciso proprio per darvi il senso di una discussione che abbiamo già in corso e che credo sarà piuttosto impegnativa nei prossimi giorni, per non dire nelle prossime settimane.
Sempre sul dissesto del territorio volevo aggiungere altre due considerazioni, richiamando molte osservazioni svolte, che sono molto importanti.
In primo luogo, la politica di prevenzione del dissesto idrogeologico si inserisce in maniera molto chiara anche in un quadro di riferimento europeo. Come è stato giustamente richiamato, il recepimento delle direttive sul rischio di alluvioni e sulle acque ha molto a che fare con le politiche nazionali e con le misure nazionali di difesa del suolo. Il mio impegno è quello di fare in modo che ci un approccio unitario a queste tematiche e non di tipo amministrativo, per cui la direttiva viene recepita, ma non si collega con le politiche. Non è tanto un problema di evitare le procedure di infrazione, quanto di non cogliere l'opportunità presentata dal quadro di riferimento europeo.
In secondo luogo, sempre in merito alla gestione del dissesto idrogeologico, vi è un tema che riguarda il rapporto esistente tra la difesa del suolo e le politiche fiscali. Sostanzialmente, la difesa del suolo è un servizio per l'economia e per i cittadini. Io credo che sarebbe utile forse, e la stessa considerazione ritornerà sulla carbon tax, riconsiderare, in relazione a questa emergenza, l'esigenza di una fiscalità finalizzata, di scopo, che non viene accolta oggi nel nostro Paese e che non richiede una grande riforma di tempi lunghi, ma un provvedimento immediata.
Noi raccogliamo dalla fiscalità generale risorse destinate a un dato scopo per consolidare una capacità di intervento in una determinata area, altrimenti avviene quello che è avvenuto e che è stato descritto per il Po: ci troviamo con risorse allocate dal Parlamento per obiettivi che poi vengono disattesi o distratti, perché prevale una priorità, che sicuramente è una priorità nel bilancio dello Stato, ma che rischia di determinare effetti negativi dal punto di vista economico, perché la mancanza degli interventi previsti, per esempio, per il Po determina effetti economici negativi sulla valorizzazione dell'uso delle sue acque. Perciò, il conto economico dovrebbe tener conto di quali sono gli effetti negativi, per esempio, in termini di mancate entrate aggiuntive determinate dal fatto che si muove un'economia attorno a questi interventi. La fiscalità di scopo potrebbe avere un significato importante da questo punto di vista, non solo per assicurare risorse a disposizione, ma anche per cercare di muovere in positivo i fattori di crescita.
Per quanto riguarda un tema che è connesso a questo, anche se riguarda anche altre questioni, quello delle misure incentivanti, il famoso 55 per cento, dico che questo è un altro tema assolutamente


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centrale. Il 55 per cento alla fine è entrato nel «decreto salva Italia», ma non è incardinato in una prospettiva stabile. Ancora una volta non è incardinato in una prospettiva stabile perché il criterio con il quale viene considerata la compatibilità non è quello del rapporto tra il costo e il vantaggio in termini puramente economici, ma soltanto in termini di copertura.
Questo tema diventa assolutamente urgente nella prospettiva del Piano di azione per l'efficienza energetica nazionale che il Governo deve adottare comunque entro la metà del prossimo anno e in vista della direttiva europea sull'efficienza energetica che verrà esaminata e chiusa dal Parlamento europeo entro i prossimi mesi.
L'impianto della direttiva europea sull'efficienza energetica è, da un lato, incardinato su obiettivi, e, dall'altro, su misure di supporto e le misure di supporto più importanti per il raggiungimento degli obiettivi sono proprio le misure di incentivazione fiscale, le quali, di nuovo, devono considerare il vantaggio economico che si crea a muovere un settore economico e un settore industriale che, per esempio, per il nostro Paese potrebbe essere molto importante, ma che ha bisogno di un driver, di un volano, altrimenti il rischio è di recepire la direttiva sull'efficienza energetica e di non poterla poi sostenere.
Ragion per cui, rimane centrale proprio il tema di come riusciamo a muovere la leva fiscale a favore di misure che hanno un risultato ambientale positivo, ma anche un risultato economico positivo. E questo è del resto uno degli effetti anche della Conferenza di Durban. Non è soltanto l'avvio di un processo che speriamo si concluda nel 2015, anzi, che vogliamo concludere nel 2015.
Durban ha un effetto immediato a livello europeo, perché determina la definizione di obiettivi più ambiziosi a livello europeo in termini di riduzione delle emissioni e perciò dà più forza alle politiche europee di efficienza energetica e sulle fonti rinnovabili, che sono già in parte definite e in parte sono in corso di definizione.
Ma noi dobbiamo avere chiaro anche il fatto che il recepimento degli accordi di Durban nella politica nazionale ha di nuovo effetti sulle politiche energetiche e sulle politiche fiscali. Abbiamo due grandi opportunità, di cui una è la direttiva europea sull'efficienza energetica e l'altra è la direttiva europea, la prima, sulla fiscalità energetica, di cui, peraltro, parleremo domani in un seminario con l'Agenzia europea dell'ambiente e con il Ministero dell'economia.
Queste due direttive sono lo sfondo delle politiche e delle misure che a livello nazionale devono essere predisposte. Io presenterò al CIPE entro la metà del mese di gennaio 2012 il Piano nazionale per il raggiungimento degli obiettivi al 2020, che ancora non era stato adottato dal Governo. E il Piano nazionale non è altro che l'individuazione non solo di obiettivi, ma anche di misure settoriali nei diversi settori, quali i consumi energetici, le fonti rinnovabili, i trasporti, l'assorbimento di carbonio da parte dei boschi e delle foreste dall'uso del suolo, la riduzione delle emissioni nel settore agricolo, l'utilizzazione delle fonti rinnovabili come materia prima per i processi industriali e non solo per la produzione di energie, per esempio per la chimica verde, di cui parlava prima l'onorevole Realacci.
Il documento che noi presentiamo al CIPE in base alle regole e anche alle leggi che dobbiamo rispettare potrebbe essere la matrice anche per il Piano energetico nazionale, cioè per la definizione di quella politica nazionale in campo energetico che ha tra i suoi obiettivi il rispetto degli obblighi europei in materia di riduzione delle emissioni. La delibera del CIPE sarà anche uno strumento di confronto tra obiettivi ambientali e, per esempio, le politiche per le infrastrutture, che diventano molto importanti in relazione agli obiettivi.
Per questo, mi sembra utile richiamare in questa sede, anche rispetto alle molte sollecitazioni che ho ricevuto, che stiamo predisponendo uno strumento che potrebbe essere un punto di riferimento anche per la discussione con il Parlamento, ragion per cui quello che vorrei fare, se voi siete d'accordo, è di avere la possibilità di un confronto su questo documento -


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l'avremo anche con le regioni - ma vorrei che ci fosse soprattutto con il Parlamento per poter avere uno scambio proprio su queste tematiche e sulle misure di supporto che esse devono ricevere.
Per quanto riguarda la parte che è stata citata sulle fonti rinnovabili, noi dobbiamo ridurre l'uso dei combustibili fossili per effetto della direttiva sulle fonti rinnovabili, che a oggi impegna l'Italia al raggiungimento del 17 per cento sulla domanda primaria, ma che presumibilmente potrebbe avere un aggiornamento nel corso del 2012, con un obiettivo più ambizioso.
Le misure attualmente in campo ci consentono di arrivare forse al 14 per cento, perciò dobbiamo compiere uno sforzo ulteriore rispetto a questo tema, sapendo, da un lato, che dobbiamo lavorare sulla riduzione della domanda primaria, ossia ridurre di fatto il volume di fonti rinnovabili necessarie, che comunque si misurano come percentuale sulla domanda primaria, e, dall'altro, che abbiamo bisogno di aumentare la capacità, in termini non soltanto di produzione di elettricità da fonti rinnovabili, ma anche, per esempio, di produzione di calore da fonti rinnovabili, per cui le rinnovabili termiche hanno una grande importanza e potrebbero avere una grande efficienza anche rispetto alle rinnovabili destinate alla produzione di elettricità.
Da questo punto di vista voglio ricordare che noi disponiamo di due strumenti di supporto, due strumenti separati. Uno è il fondo rotativo di Kyoto che ricordava l'onorevole Realacci. Tale fondo ha una dotazione di 600 milioni di euro. Non abbiamo perso questi fondi, anche se abbiamo avuto un tormentone lunghissimo per l'applicazione, perché la negoziazione con la Cassa depositi e prestiti, con l'Associazione bancaria italiana e con le regioni è stata molto complicata. Siamo arrivati alla fine superando l'ultimo ostacolo, che era stato rappresentato dalla Corte dei conti, la quale aveva osservato che probabilmente la normativa nazionale, ossia la legge finanziaria per il 2007, che affida alla Cassa depositi e prestiti il ruolo di agente implementatore o di agenzia di implementazione potrebbe non essere coerente con la direttiva europea in materia di concorrenza.
Forse avremmo dovuto aprire un bando europeo per chiedere alle banche europee la loro disponibilità a essere agenzie di implementazione. Il compromesso che abbiamo trovato è stato quello di avviare uno start-up di cinque anni con la Cassa depositi e prestiti e poi verificare.
In sostanza, quello che io mi aspetto è che entro il mese di gennaio - lo scrivo e poi chiederemo al presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini, e al suo amministratore delegato, Gorno Tempini, di rispondere di questo - presso gli sportelli bancari si apra la richiesta dei finanziamenti sulla base del decreto che ha istituito il fondo e che individua le misure che vengono finanziate attraverso un credito a lungo termine e a basso tasso d'interesse (0,50 per cento). Abbiamo ultimato quindi tutte le procedure, comprese quelle dell'accordo con le banche. È chiaramente una misura a sportello. Quello che ci aspettiamo e che ci auguriamo...

ERMETE REALACCI. È a sportello la richiesta, ma poi per l'assegnazione?

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per l'assegnazione la Cassa depositi e prestiti e il Ministero dell'ambiente svolgono lo screening delle domande sulla base del criterio a sportello, ragion per cui quelle che sono ammissibili prima entrano e prima procedono.
Ci auguriamo che le domande siano superiori alle disponibilità e che, a questo punto, si possa attivare da parte della Cassa depositi e prestiti un'integrazione del fondo con risorse proprie della Cassa, in maniera tale che il fondo rotativo cominci ad alimentarsi. Questo è l'obiettivo, la misura positiva a supporto della crescita.
In parallelo abbiamo altri fondi, che abbiamo difeso anche nella discussione sulla manovra. Come saprete, a un dato punto c'è un articolo della manovra che dispone che i fondi derivanti dalle aste per la vendita dei permessi di emissione di


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anidride carbonica saranno destinati in una data misura alla copertura del debito. Inizialmente questa misura era pari al 90 per cento. Noi abbiamo osservato che la direttiva europea che ha istituito questa procedura delle aste prevede che almeno il 50 per cento, ma non fissa un tetto, siano destinati alle politiche ambientali.
Questi sono fondi importanti e la stima nostra, ridotta, è che per misure nazionali a supporto di investimenti per la riduzione delle emissioni possiamo contare su circa 450 milioni di euro all'anno per otto anni. Dipende dal prezzo dei permessi di emissione sul mercato. È presumibile che a un aumento degli impegni e degli obiettivi di riduzione possa corrispondere un aumento dei permessi, ragion per cui le risorse potrebbero anche essere di più. La soglia minima dovrebbe essere di 450 milioni di euro, che sono destinati a queste misure. Il 10 per cento di essi deve essere destinato a misure per la cooperazione internazionale, ma non sono i 450 milioni, bensì altri 80-100 milioni di euro. Queste sono dunque le risorse che potrebbero essere di supporto a misure incentivanti e integrative. L'idea, per esempio, di far funzionare il fondo rotativo di Kyoto come volano per altri crediti da parte del sistema bancario è in questo momento in fase di valutazione insieme con la Cassa depositi e prestiti.
Passo ad altre questioni che molto rapidamente voglio richiamare.
Per quanto riguarda il SISTRI, sto cercando di fare in modo che sia funzionante e che ci sia il collaudo. Il problema che abbiamo non è discutere sul SISTRI. Non si discute questa scelta e però il SISTRI deve funzionare. Non è possibile mettere in moto un meccanismo che non funziona. Poiché ci sono stati problemi, ho accelerato tutte le procedure per riuscire a verificarne il funzionamento, in maniera tale che sia assolutamente sicuro, altrimenti avremmo creato una situazione che potrebbe anche essere molto pericolosa.
So che non ho risposto a tutto, però voglio ricordare almeno due ultime questioni. La prima riguarda il CSS, il combustibile solido secondario, che è stato richiamato dal deputato Togni. Spero di riuscire a finalizzare rapidamente il previsto decreto semplicemente applicando le direttive europee, cioè l'utilizzazione di una frazione dei rifiuti per l'uso nei cementifici sulla base dei criteri stabiliti dalle normative europee. Non ho capito perché quest'azione non è stata fino ad oggi compiuta dato che non è molto complessa dal punto di vista tecnico. Ci sono condizioni che vanno rispettate e che possono essere rapidamente attuate.
Credo, peraltro, che sia improprio immaginare che questa diventi una misura sostitutiva o concorrenziale con gli inceneritori, perché parliamo di due questioni diverse. Certamente riduce il fabbisogno di termovalorizzatori, così come lo può ridurre la co-combustione di impianti di produzione di energia elettrica, seguendo direttive e norme che sono molto chiare. Da questo punto di vista il mio impegno c'è, e non c'era bisogno che mi venisse chiesto oggi. È una delle richieste che ho avanzato subito agli uffici del Ministero.
L'altra questione riguarda le bonifiche. Non so se l'avevo già detto, e in tal caso mi scuso, ma il sistema che si è creato attorno alle bonifiche nel nostro Paese, che nasce da dati oggettivi, ossia l'esigenza di bonificare siti contaminati, è stato esageratamente gonfiato da un approccio che ha fatto intendere che l'identificazione dei siti inquinati di interesse nazionale e la loro perimetrazione avrebbero attratto ingenti risorse pubbliche.
Ci troviamo siti abnormi e assurdi, perché nella stessa zona persistono aree che sono sicuramente contaminate con aree che, invece, sono usate. Delle due l'una: o ci sono aree che devono essere interdette al pubblico ed evacuate, oppure dobbiamo avere un approccio diverso.
Quello che stiamo cercando di fare, possibilmente senza modificare la norma, ma la sua applicazione, è, da un lato, di procedere a una revisione della perimetrazione e, dall'altro, a una definizione degli usi possibili in relazione alle diverse caratteristiche dei suoli, seguendo i criteri che vengono usati nelle altre grandi economie europee che hanno bonificato siti


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importanti e li hanno resi disponibili per altri usi in relazione alle caratteristiche del sito stesso.
È un tema urgente, perché ci sono molte aree, come certamente Porto Marghera, ma anche, per esempio, Trieste - se pensate al sito inquinato di interesse nazionale di Trieste dove ci sono situazioni assolutamente ridicole - in relazione alle quali noi dobbiamo eliminare dallo scenario possibile l'uso di zone che non sono usabili.
Bisogna essere molto chiari su questo, come hanno fatto in altri Paesi, tra cui gli Stati Uniti e altri Paesi europei. Queste diventano aree di piantumazioni speciali che servono per metabolizzare nel corso di 20-30-40 anni gli inquinanti, oppure diventano aree nelle quali si sperimentano tecnologie avanzate, ma sicuramente non sono destinate a usi qualsiasi. È inutile che il proprietario di queste aree immagini di ricavare 500 euro al metro quadro per il riuso. Voi sapete che abbiamo problemi di questo tipo in questo momento.
Ci sono altre aree che, invece, possono essere messe in sicurezza oppure bonificate in maniera tale da ottenere risultati compatibili con usi limitati. Stiamo cercando di lavorare in questo senso. So che è una questione urgente e vorremmo riuscire a occuparcene con un provvedimento amministrativo, in maniera tale che si possa avere un'ipotesi di uso di aree che sono strategiche, ma che sono bloccate da anni.
Peraltro, la situazione che io credo assurda è che, da un lato, si richiama l'esigenza e l'urgenza delle bonifiche, ma, dall'altro, le procedure sono tali che non consentono di bonificare, ragion per cui alla fine permangono sorgenti di rischio importanti. Non voglio entrare nel merito delle operazioni che sono state compiute, ma sicuramente ci sono operazioni di messa in sicurezza che rappresentano di per sé una sorgente di rischio idraulico. Credo dunque che forse varrebbe la pena di pensarci un attimo su, prima di proseguire su queste strade.
Ci sono poi alcune indicazioni molto utili che sono state fornite da Ermete Realacci e che condivido. Ce n'è una, in particolare, che riguarda l'organizzazione del Ministero dell'ambiente. Come ho già avuto modo di affermare, io sto cercando di fare in modo che la situazione, che in parte è complicata per talune problematiche che si sono aperte, quali contenziosi su disposizioni amministrative e provvedimenti dell'autorità giudiziaria, sia ricondotta a quella di una ordinaria normalità, se è possibile, valorizzando le competenze che sono presenti all'interno dell'amministrazione, intervenendo in maniera molto trasparente e con procedure che assicurino il funzionamento dell'amministrazione stessa. Però, devo anche riconoscere che è uno dei passaggi forse più difficili che ho in questo momento in corso, quasi più difficile dell'emergenza idrogeologica.

PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro per il suo esauriente e completo intervento.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,10.

[Avanti]

VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici)

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