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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(VIII e XIV)
1.
Mercoledì 21 novembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Pescante Mario, Presidente ... 3

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, sulle procedure di infrazione in materia di discariche illegali (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Pescante Mario, Presidente ... 3 7 13 19
Bratti Alessandro (PD) ... 8 14
Clini Corrado, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 3 14 17 18
Formichella Nicola (PdL) ... 8
Ghiglia Agostino (PdL) ... 10
Gozi Sandro (PD) ... 7
Lanzarin Manuela (LNP) ... 10
Maggioni Marco (LNP) ... 8
Morassut Roberto (PD) ... 11 17
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 11
Pompili Massimo (PD) ... 12 18
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONI RIUNITE
VIII (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI) E XIV (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 21 novembre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XIV COMMISSIONE MARIO PESCANTE

La seduta comincia alle 8,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, sulle procedure di infrazione in materia di discariche illegali.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, sulle procedure di infrazione in materia di discariche illegali.
La richiesta di audizione è stata determinata dalla decisione assunta il 24 ottobre dalla Commissione europea di deferire l'Italia alla Corte di giustizia europea per la mancata attuazione di una precedente sentenza del 2007 che imponeva all'Italia di bonificare centinaia di discariche illegali e incontrollate di rifiuti. Il problema è stato esaminato in una riunione congiunta con l'VIII Commissione e devo ringraziare sia i componenti che il presidente Alessandri per aver acconsentito a svolgere un'audizione che non fosse a latere di quella oggi si terrà presso l'VIII Commissione, ma desse particolare evidenza a questo tema.
Gli inadempimenti prevedono un'ammenda forfetaria di 56 milioni di euro e un'ammenda giornaliera di 256.000 euro per ogni giorno successivo all'eventuale seconda sentenza di condanna emessa dalla Corte di giustizia europea, fino alla regolarizzazione delle infrazioni. I dati che ha richiamato la Commissione europea fanno riferimento a 255 discariche, 16 delle quali contenenti rifiuti pericolosi, ancora da bonificare e delle quali solo 31 saranno bonificate entro il 2012.
Si rileva, inoltre, che il calendario completo per l'ultimazione dei lavori è stato definito unicamente per la metà delle discariche, cioè 132 su 255. La Commissione europea non dispone di informazioni da cui risulti che l'Italia abbia istituito un sistema di controllo adeguato per evitare l'apertura di nuove discariche illegali. Si tratta di dati estremamente preoccupanti sui quali vorremmo acquisire un'indicazione da parte del Ministro.
Do la parola al Ministro per lo svolgimento della sua relazione.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie. Vorrei entrare subito nel merito. Segnalo soltanto che i dati sulla base dei quali la Commissione europea ha aperto le procedure d'infrazione nei nostri confronti sono in parte diversi da quelli che noi abbiamo potuto rilevare e anche il contesto nel quale queste procedure sono state presentate è diverso. Per esempio, al 2010, anno al quale fa riferimento l'ultima osservazione della Commissione, la percentuale di raccolta differenziata dell'Italia ha superato il 35 per cento - nel nord


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Italia è al 41 per cento - diversamente da come la Commissione europea aveva rilevato.
In ogni caso, entrando nel merito, parliamo prima di tutto della procedura di infrazione n. 2077 del 2003 relativa alle discariche abusive, che ha portato alla sentenza di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea del 26 aprile 2007 e poi all'emanazione del parere motivato da parte della Commissione europea. Rispetto ai 5.297 siti da ripristinare segnalati inizialmente dalla Commissione europea, sulla base delle valutazioni e del monitoraggio che abbiamo eseguito possiamo dire che oggi il numero di discariche da ripristinare è pari a 234 siti. In 148 di questi siti gli interventi sono in corso, sono cioè già oggetto di iniziativa di ripristino; le discariche con interventi già programmati da parte degli enti locali sono 77, mentre 9 sono sottoposte a sequestro. Questo è il quadro dei dati a oggi.
Per quanto riguarda la situazione dei siti censiti in Campania, ad oggi abbiamo 47 discariche, tutte ex discariche precedenti alla normativa del 1997. Di queste, 44 sono oggetto di interventi di bonifica o di ripristino; in 2 di esse il procedimento di bonifica è avviato, cioè non ci sono interventi in corso, ma sono stati programmati; una, invece, è sottoposta a sequestro da parte dell'autorità giudiziaria.
Il 24 ottobre 2012 siamo stati informati dagli uffici della Commissione europea in merito alla decisione del collegio dei commissari di deferire il nostro Paese alla Corte di giustizia. Questo dovrebbe portare al pagamento di un'ammenda forfetaria di circa 56 milioni di euro e di una giornaliera di 256.819 euro per ogni giorno successivo all'eventuale seconda sentenza di condanna.
Come dicevo, la notizia comunicata dagli uffici della Commissione fa riferimento a dati che non sono aggiornati. In ogni caso abbiamo deciso, per evitare la condanna da parte della Commissione europea, di sottoporre al CIPE un programma di ulteriori finanziamenti per le bonifiche che sono ancora oggetto di procedura di infrazione, vale a dire per quel gruppo di siti di cui ho appena parlato. Abbiamo preparato una delibera CIPE e abbiamo avviato una collaborazione con le regioni per analizzare in maniera puntuale lo stato di avanzamento delle iniziative in corso. Il calendario delle riunioni con le regioni da qui alla metà del mese di dicembre è molto intenso.
Ho comunicato al Commissario europeo all'ambiente le nostre iniziative e credo che questo potrebbe portare alla sospensione della notifica. Ne parlerò la prossima settimana direttamente con il Commissario Potocnik in modo da raggiungere questo obiettivo. Ritengo che ci siano tutte le condizioni poiché i dati sono già oggi molto diversi da quelli che hanno determinato la decisione del collegio dei commissari.
È tuttavia evidente che, se problematiche di questo tipo non si affrontano e non si affrontano per tempo e con metodo, portano a questi risultati. Al di là del fatto che ci siano iniziative in corso e che il numero delle discariche sia ridotto rispetto alla situazione iniziale, è altrettanto chiaro che, nel momento in cui si considerano le procedure di infrazione come un incidente amministrativo e non invece come un motivo per intervenire e per investire, si arriva inevitabilmente al punto nel quale l'Italia è costretta a pagare.
La seconda procedura di infrazione, la n. 2195 del 2007, riguarda la gestione dei rifiuti in Campania. Qui siamo in presenza di una condanna da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea. La Commissione europea ha notificato la messa in mora nel settembre 2011, contestando all'Italia il fatto che nella regione Campania non era stata ancora avviata una rete integrata per la gestione del ciclo dei rifiuti. In tutto questo pesa molto quel che era avvenuto a Napoli, di cui tutti noi abbiamo memoria.
Nel caso di Napoli, anche a fronte del rischio di una condanna che era stimata in 500.000 euro al giorno, ho avviato subito un negoziato con il Commissario europeo Potocnik e, sulla base degli impegni assunti dalla regione Campania, che ha approvato il Piano dei rifiuti, e delle iniziative


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avviate dal comune di Napoli in particolare per quanto riguarda la raccolta differenziata, a gennaio 20102 siamo riusciti a ottenere una sospensione della procedura europea.
La regione Campania si è impegnata ad adottare entro giugno 2012 il programma per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, anche con misure transitorie fino al 2016. Questo programma è stato trasmesso alla Commissione europea a giugno 2012. Successivamente, la Campania ha anche assunto l'impegno di trasmettere rapporti trimestrali sullo stato di attuazione del programma, il primo dei quali dovrà essere pronto entro il 15 dicembre 2012.
La situazione in Campania è ad oggi questa. C'è un quadro di riferimento e c'è un crono-programma predisposto dalla regione; è in corso, come sapete, il trasferimento di una parte dei rifiuti di Napoli in impianti all'estero, mentre un'altra parte, derubricata da rifiuto urbano a rifiuto speciale, è in corso di trasferimento nelle discariche soprattutto della Campania.
Siamo in attesa di una sentenza del Consiglio di Stato che dovrebbe chiarire se questi rifiuti, che sono trattati meccanicamente, cioè trito-vagliati, debbano essere considerati rifiuti urbani oppure speciali. Nel caso in cui il Consiglio di Stato stabilisse che sono rifiuti urbani, la situazione della Campania diventerebbe più complicata di quella attuale perché la regione avrebbe difficoltà a trasferirli nelle discariche, in particolare in quelle della regione Puglia.
Dobbiamo evitare assolutamente che a Napoli si riapra una situazione di emergenza che comprometta tutto il lavoro positivo compiuto innanzitutto dal comune con l'avvio della raccolta differenziata. Ieri ho incontrato gli assessori regionali e l'assessore della Campania ha avviato un dialogo con i colleghi per riconsiderare nell'ambito della Conferenza delle regioni, eventualmente con un supporto normativo, la gestione in Italia, durante la fase transitoria, di una parte dei rifiuti solidi urbani che non riescono a essere smaltiti all'interno della regione Campania.
In tale sede, ho nuovamente confermato al presidente della Conferenza delle regioni, Vasco Errani, anche a fronte di notizie di stampa stravaganti, che l'eventuale possibilità di riutilizzare in Italia, all'interno di impianti di trattamento dei rifiuti a fini di valorizzazione energetica, rifiuti solidi urbani provenienti da una regione diversa da quella sede degli impianti, sarà oggetto di un accordo con le regioni e non certo di un decreto legge che imponga loro di subire tale eventuale iniziativa. Il tema, tuttavia, esiste. Infatti, nel momento in cui a Roma si prospetta, ad esempio, la possibilità di trasferire una quantità molto importante di rifiuti all'estero e sulla base di stime di costo molto significative, è opportuno che nel nostro Paese ci si chieda se non sia giusto affrontare la questione tenendo conto che una parte degli impianti del nord Italia oggi è sottoutilizzata per l'effetto positivo dell'incremento della raccolta differenziata, che sottrae materiale di base ai termovalorizzatori. È un tema dunque al centro dell'attenzione, ma non oggetto di iniziative autonome del Governo che prescindano dalla volontà delle regioni.
L'ultima procedura di infrazione, a mio parere la più insidiosa, è quella del 2011 relativa alla gestione dei rifiuti nella regione Lazio. È una procedura che inizialmente riguardava soltanto la discarica di Malagrotta, ma che successivamente è stata estesa ad altre discariche di rifiuti urbani del Lazio. Questo è avvenuto con il parere motivato della Commissione europea notificatoci il 1o giugno 2012.
La principale contestazione di questa procedura d'infrazione concerne la violazione dell'articolo 6 della direttiva europea n. 98 del 2008 sui rifiuti, la quale stabilisce che gli Stati membri devono evitare che in discarica siano collocati rifiuti non trattati. In particolare, per «trattamento» la Commissione europea considera la selezione delle diverse frazioni di rifiuti, da un lato, e la stabilizzazione della frazione organica, dall'altro.
Ci sono due aspetti che vanno tenuti in considerazione.


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Il primo aspetto è il seguente. La selezione della frazione umida nel caso della regione Lazio corrisponde a circa il 30 per cento dei rifiuti urbani. La selezione della frazione umida e la stabilizzazione della frazione organica hanno due vantaggi: evitano fenomeni di decomposizione chimica e perciò di contaminazione ambientale nelle discariche dove viene conferito il rifiuto non trattato e consentono la valorizzazione della frazione organica stabilizzata, soprattutto in forma di compost. La Commissione europea rileva che nel Lazio e in particolare a Roma, sostanzialmente, questa selezione non avviene. È uno dei problemi enormi di fronte ai quali ci troviamo nella capitale d'Italia.
Il secondo aspetto riguarda, invece, la selezione per materia della parte restante dei rifiuti che è qualcosa di più della raccolta differenziata, che da sola non basta. Quello che occorre, infatti, è realizzare un ciclo di recupero dei rifiuti: una volta che il rifiuto viene raccolto in maniera selezionata, deve entrare in una filiera industriale di recupero perché altrimenti, come avvenuto spesso in passato, se la raccolta differenziata non ha il ciclo di recupero «a valle» finisce solo con l'appesantire le procedure di raccolta senza produrre effetti sul recupero.
La Commissione europea mette in evidenza proprio questi due aspetti, del recupero dei materiali e della selezione della frazione organica, come estremamente critici nel Lazio. La regione Lazio, rispondendo alla Commissione europea, ha affermato che la situazione sta migliorando, che la raccolta differenziata è in aumento, che sono in corso le misure per compensare il deficit di trattamento nel sub ATO di Latina e per utilizzare il surplus di trattamento nel sub ATO di Frosinone; che sarebbero state avviate iniziative per rendere pienamente operativi i quattro impianti di trattamento meccanico-biologico attualmente in esercizio a Roma e per ampliarne ulteriormente la potenzialità.
È stato altresì comunicato l'impegno assunto, faticosamente, con il Ministro dell'ambiente al momento della sottoscrizione da parte della regione Lazio, del comune e della provincia di Roma del cosiddetto «Patto per Roma», finalizzato in particolare all'aumento dalla raccolta differenziata, che dovrebbe arrivare al 30 per cento alla fine di quest'anno, al 40 per cento nel 2013, al 50 per cento nel 2014, al 60 per cento nel 2015 e al 65 per cento nel 2016.
Ciò che possiamo aggiungere a queste informazioni riguarda due elementi. Da un lato, le iniziative annunciate dalla regione sono state avviate, ma in modo non così efficace da superare le obiezioni della Commissione europea. Presso la regione Lazio da oltre un anno giacciono richieste di autorizzazione all'esercizio di impianti, in particolare quelli per la selezione della frazione umida e la stabilizzazione della frazione organica, che sono strategici per uscire dall'emergenza di Roma. Inoltre, l'iniziativa per la raccolta differenziata a Roma è partita, ma non ha ancora prodotto gli effetti che ci aspettavamo.
Ci sono problematiche organizzative che non competono al Ministero dell'ambiente, ma al comune e riguardano in particolare l'AMA, e ci sono problematiche che riguardano l'organizzazione del lavoro dato che, come sapete, l'organizzazione della raccolta differenziata a Roma inizialmente seguiva una procedura totalmente diversa da quella di tutte le altre realtà italiane.
Stiamo completando in queste ore una valutazione dell'effettiva capacità degli impianti e dell'organizzazione per far fronte intanto alla procedura di infrazione e per evitare che nel sistema di gestione dei rifiuti del Lazio, e di Roma in particolare, continui a essere presente una quota importante di rifiuto non trattato, che è la stessa quota che dovrebbe giustificare l'esportazione all'estero dei rifiuti della capitale. Cosa che, personalmente, ritengo sia un messaggio molto negativo a livello europeo e internazionale.
Stiamo cercando di capire quali sono le misure urgenti da mettere in atto, a cominciare da quelle che consentano un rapido rilascio delle autorizzazioni per gli impianti all'esame della regione ormai da troppi mesi. La mia valutazione personale


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è che uno dei problemi critici del Lazio sia determinato proprio dal fatto che non sono stati autorizzati in tempi ragionevoli gli impianti che avrebbero potuto consentire, già nel 2012, di ridurre drasticamente il conferimento in discarica dei rifiuti urbani.
Stiamo ancora cercando di capire meglio come mai negli impianti di Colleferro, in provincia di Roma, venga conferito combustibile derivato da rifiuti provenienti da altre regioni d'Italia e non i rifiuti urbani di Roma. È paradossale che Roma debba conferire i rifiuti in impianti all'estero quando alle porte della città ci sono impianti non utilizzati per i rifiuti di Roma. Nonostante gli interventi che abbiamo cercato di attuare dunque e la stipula del Patto per Roma, la situazione presenta ancora molti aspetti non chiari.
Il commissario nominato per far fronte all'emergenza rifiuti di Roma, dichiarata nel giugno 2011, aveva assunto come unica ipotesi quella di trovare un sito alternativo alla discarica di Malagrotta, che deve essere chiusa. Quell'ordinanza di nomina non aveva però considerato l'esigenza di affrontare complessivamente la gestione dei rifiuti della città.
Proprio in queste ore stiamo lavorando per capire come fare, tenendo anche conto del fatto che in questo momento la giunta regionale della regione Lazio è in carica solo per l'ordinaria amministrazione e quindi rappresenta un interlocutore problematico, anche solo dal punto di vista amministrativo.

PRESIDENTE. Sono molto grato al Ministro per i dettagli e i problemi che ha posto. Credo che abbia esaurito alcune probabili domande.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SANDRO GOZI. Non entrerò nei dettagli di una materia che i colleghi della Commissione ambiente seguono di più. Mi riferirò soltanto ai profili che riguardano i rapporti tra l'Italia e la Commissione europea, che in questa vicenda sono disastrosi. Anche se lei ha usato molta diplomazia, la nostra immagine in Europa ne risulta ulteriormente degradata.
Sarò molto diretto. Signor Ministro, questo Governo è stato una soluzione di emergenza, un'emergenza che a mio modo di vedere non è limitata solo all'economia e alla finanza. C'era anche un'emergenza ambientale evidente quando avete assunto questo incarico. I 56 milioni di ammenda derivanti dalla prima procedura di infrazione non sono caduti dal cielo. Sono la somma dei 28.000 euro al giorno che si sono accumulati nel periodo intercorrente fra le due sentenze.
Credo che il piano nazionale che vi apprestate a sottoporre al CIPE per le discariche a cui lei ha fatto riferimento avrebbe dovuto essere annunciato a gennaio di quest'anno per dare un segnale di svolta anche in questa materia. Le chiedo dunque perché non siate riusciti a farlo o perché abbiate valutato di non presentare questo piano all'inizio dell'anno.
In secondo luogo, lei ci ha riferito che la Commissione europea e il Commissario Potocnik, nell'avviare la prima procedura, hanno utilizzato dati non aggiornati. Tuttavia, detto che circa la metà delle infrazioni comunitarie in materia ambientale derivano dall'Italia - ovviamente non ne faccio carico a lei perché si sono accumulati trentacinque anni di errori e di negligenze europee -, mi chiedo come mai nel dialogo permanente che c'è a livello politico e amministrativo tra il Ministero dell'ambiente e la Direzione generale ambiente della Commissione europea questi dati non siano stati forniti prima.
Se la Commissione avesse avuto prima i dati aggiornati, forse non avrebbe posto le stesse richieste per le quali le nostre due Commissioni hanno preso l'iniziativa di convocare l'audizione a cui il Ministro si è reso cortesemente disponibile.
Nella nostra prospettiva capiamo benissimo che il diritto ambientale italiano è molto prolifico di infrazioni a causa della ripartizione delle competenze tra Stato, regioni ed enti locali. Ci sembra però che il potere sostitutivo che lo Stato potrebbe adottare per evitare le infrazioni, soprattutto


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in situazioni di emergenza, non sia stato sufficientemente utilizzato in materia ambientale. Le chiedo, dunque, perché lo Stato non si sia sostituito, come avrebbe potuto, in questa materia agli enti territoriali inadempienti.
Non rubo altro tempo ai colleghi della VIII Commissione, che sicuramente vorranno intervenire sulla questione della discarica di Malagrotta.

MARCO MAGGIONI. Soffermandomi soprattutto sull'ambito di ciò che compete alla XIV Commissione, vorrei porre alcune domande al Ministro.
La prima riguarda la discordanza tra i dati riferiti. Mentre la Commissione europea sostiene che siano 255 i siti che hanno generato le procedure d'infrazione, lei ci ha invece comunicato che quelli ancora da ripristinare sono 234, di cui 47 in Campania. Sarebbe interessante conoscere, inoltre, la distribuzione di questi siti regione per regione per evidenziare eventuali criticità legate a particolari aree oppure capire se siano equamente distribuiti su tutto il territorio nazionale, da Bolzano ad Agrigento.
Per quanto concerne, invece, l'emergenza rifiuti in Campania, apprezzo il fatto che il Governo intenda procedere senza emanare un decreto-legge, ma facendo in modo di trovare un accordo e un dialogo con le regioni ed è vero che al nord ci sono parecchi impianti di smaltimento sottoutilizzati. Credo, però, che un trasferimento di massa di rifiuti dal sud al nord non incentiverebbe il sud a migliorare la raccolta, lo smaltimento dei rifiuti e in particolare la raccolta differenziata.
Infine, in relazione all'emergenza che si prefigura in Lazio e a Roma, chiedo al Governo di utilizzare lo stesso metodo che intende adottare per la Campania, vale a dire di non procedere per decreto-legge, spostando l'emergenza da Roma al nord e forzando l'autonomia di ciascuna regione per quel che concerne la disponibilità a ricevere rifiuti provenienti da altre regioni.

NICOLA FORMICHELLA. Ringrazio il Ministro per la sua relazione. Anch'io non entrerò nello specifico della materia, che è di competenza della VIII Commissione. Mi riferirò molto semplicemente alle osservazioni della Commissione europea e alle nostre azioni.
Parto da un presupposto che mi pare sia il fulcro della questione, visto che rischiamo un'ammenda di 56 milioni di euro. Come possiamo leggere nei comunicati della Commissione europea al momento del deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea, la Commissione afferma che, se trattati in modo adeguato, i rifiuti possono diventare una risorsa importante non solo dal punto di vista energetico, ma anche dal punto di vista del recupero dei materiali e della creazione di posti di lavoro.
Credo che dovremmo intendere così la questione. Se tentiamo ogni volta di tappare il buco, non riusciremo mai a far reagire il nostro sistema Paese in maniera positiva. Forse possiamo eliminare il problema oggi, evitando la multa, ma ce lo ritroveremo in futuro. Faccio questa premessa perché dall'intervento del Ministro mi pare di aver colto che il Governo non ha la possibilità di interagire con gli enti locali per far sì che i problemi siano risolti in modo veloce e adeguato.
Mi riferisco a quanto il Ministro ha detto a proposito del fatto di non capire perché, ad esempio, i rifiuti di Roma non si possano portare a Latina o perché i rifiuti della Campania non possano confluire negli impianti del nord, o perché si permette al sindaco di Napoli di non realizzare i termovalorizzatori e di portare i rifiuti all'estero, facendo pagare ai cittadini 400 euro a tonnellata.
Credo che la risposta del Governo debba essere sistemica. Tra un anno o due, altrimenti, saremo di nuovo qui a ripetere le stesse cose.

ALESSANDRO BRATTI. Ringrazio il Ministro, che credo abbia dipinto un quadro molto preciso e veritiero di una vicenda che riguarda quasi trent'anni di problemi irrisolti, se è vero che la prima Commissione parlamentare d'inchiesta a occuparsi degli illeciti nel ciclo dei rifiuti


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fu quella presieduta da Massimo Scalia e che, a distanza di venticinque anni, tante questioni non sono state risolte e forse sono state peggiorate.
Per quanto riguarda le discariche, l'allora Commissario europeo Frattini nel 2007 ne indicava in Italia 4.826. Alla Commissione parlamentare d'inchiesta di cui faccio parte risulta che solo in Calabria ne sono state censite dal Corpo forestale dello Stato un numero pari a 8.000, anche se probabilmente non sono tutte discariche in senso stretto. La procedura d'infrazione va affrontata anche perché il rischio di pesanti sanzioni pecuniarie è molto concreto, ma la mia preoccupazione è anche che, mentre risolviamo un pezzo del problema, in giro per l'Italia se ne stiano creando molti altri, in una situazione di emergenza continua per alcune regioni. Vorrei, quindi, sapere in primo luogo se il Ministero dell'ambiente ha perfettamente chiaro il quadro delle situazioni irregolari sul territorio nazionale.
Vorrei anche chiederle se le 103 discariche che hanno dato luogo a una delle prime procedure d'infrazione che ci sono state notificate rientrano nelle 255 contestate adesso o se queste siano aggiuntive.
Per quanto riguarda la Campania, inoltre, non mi sembra che dal punto di vista impiantistico siano stati fatti dei grossi passi avanti, anzi. Dall'osservatorio della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti sembra che anche la raccolta differenziata non stia procedendo alla velocità sperata. Vorrei però ricordare ai colleghi della Lega che i rifiuti campani stanno già arrivando al nord per via della loro riclassificazione da rifiuti urbani a rifiuti speciali.
Lo smaltimento del rifiuto speciale è infatti a libero mercato e l'assessore regionale campano ci riferiva che quest'anno la regione ha prodotto circa 400.000 tonnellate di rifiuti, una piccolissima parte delle quali va in Olanda e la stragrande maggioranza gira per l'Italia, riempiendo sia le discariche sia soprattutto le casse dei privati. Riuscire, quindi, a stipulare accordi regionali non è un ragionamento peregrino; l'avevamo già proposto in tempi forse meno difficili, ma la polemica politica è stata superiore alla necessità di risolvere il problema. Oggi paradossalmente guadagnano i privati al nord e non il sistema pubblico: anche per questo il tema deve, quindi, essere assolutamente affrontato.
A proposito di Malagrotta, le sue considerazioni, Ministro Clini, sono opportune. Bisogna però capire bene quali siano gli strumenti per far muovere il sistema. Mentre in Campania a suo tempo gli impianti non c'erano, a Roma infatti gli impianti ci sono. Quest'inerzia che va avanti ormai da un paio d'anni, o forse fin dalla nomina del primo commissario, non è oggettivamente comprensibile. Il fatto che a Colleferro arrivi, legittimamente, certo, il 70 per cento del combustibile da rifiuto speciale proveniente da ogni parte d'Italia, mentre i rifiuti laziali e romani continuano a finire in discarica non trattati, è grave. Qualcuno ci ha guadagnato parecchio e ci sono pesanti responsabilità politiche, se non d'altro tipo, ma non spetta a noi dirlo.
Nel Lazio dunque ci sono gli impianti, c'è la possibilità di incrementare la raccolta differenziata e di far lavorare meglio gli impianti di trattamento meccanico-biologico (TMB) e c'è la possibilità di utilizzare i due o tre impianti di incenerimento esistenti in maniera più razionale. Se poi un parte di rifiuti dovrà uscire dalla regione ci si ragionerà, ma, intanto, occorre cominciare a far funzionare quello che c'è.
Vorrei richiamare la sua attenzione, Ministro, su un'altra situazione che si sta verificando in alcune regioni e anche nella mia. Non siamo mai riusciti, per motivi abbastanza evidenti, ad adottare un decreto sui rifiuti speciali assimilati agli urbani. Ci sono regioni che assimilano molto e regioni che non assimilano per nulla. In questa situazione, io non vorrei che fosse un escamotage e che le regioni avessero capito che si può regolamentare il grado di assimilazione dei rifiuti.
Non vorrei che per risolvere il problema dei rifiuti urbani si consentisse di


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deassimilare moltissimo per lasciare la circolazione dei rifiuti al libero mercato. In una situazione normale una simile discussione si potrebbe anche affrontare, ma, sapendo che nel nostro contesto buona parte di questi rifiuti entra in un circuito incontrollato e diviene appannaggio del malaffare, l'operazione è molto pericolosa. Qualche politico o amministratore locale potrebbe voler far mostra di aver diminuito la quantità di rifiuti urbani, ma in realtà non ha fatto altro che metterli da un'altra parte.
Come ripeto, è una situazione molto pericolosa. Siamo alla fine della legislatura, ma anche al suo predecessore, signor Ministro, avevo proposto di mettere sedute attorno a un tavolo le forze e le imprese sane di questo Paese che lavorano nel ciclo integrato dei rifiuti per affrontare questa questione. È chiaro che nell'impiantistica c'è uno squilibrio perché al nord ci sono più impianti che al sud, ma davvero bisogna tentare di affrontare il problema una volta per tutte.
Al di là delle infrazioni comunitarie, infatti, che sono pesanti e ci segnalano che le cose non funzionano, il rischio è ricorrere a stratagemmi cartacei per rinviare il problema, facendo e rifacendo piani - credo che ormai ne abbiamo gli armadi pieni -, senza che nel concreto succeda mai nulla.

AGOSTINO GHIGLIA. Voglio intanto ringraziare il Ministro per la disponibilità e per l'attività che il Governo sta svolgendo per cercare di evitare al nostro Paese questo ulteriore esborso economico, già peraltro in essere.
Vorrei approfittare della sua presenza, Ministro, anche se siamo alla fine della legislatura, per sollevare e porre anche all'attenzione dei colleghi un punto che, secondo me, in questi ultimi mesi sta diventando l'imbuto del ciclo dei rifiuti. Qualunque iniziativa che non sia un'iniziativa per la differenziazione del rifiuto, che comunque non sparisce da solo, viene ormai bloccata in qualsiasi parte d'Italia. Sta quasi diventando un'emergenza. Faccio riferimento a quanto successo ancora qualche settimana fa in Valle d'Aosta, dove un referendum ha bocciato la realizzazione di un impianto di valorizzazione dei rifiuti.
È una situazione diffusa. Ci sono addirittura comitati che sorgono contro le bonifiche. So che sembra ridicolo, ma capita anche questo magari perché arrivano dei camion che, passando, disturbano e deturpano il territorio. Sta diventando un fenomeno incontrollabile a fronte di una deresponsabilizzazione della catena di comando.
Le province ci sono e non ci sono, ma hanno competenze specifiche. Le regioni stanno legiferando su quadranti e ambiti diversi per il trattamento dei rifiuti, ma finché ci sono le province comunque non decidono. Le province hanno ancora un ruolo, ancorché in articulo mortis, e andranno avanti ancora per quasi un anno. Tutto il ciclo si sta quindi bloccando.
Mi rendo conto che forse siamo in ritardo, ma l'esercizio di una sorta di potere sostitutivo scalare secondo le responsabilità e le competenze, che intervenga a fronte di emergenze che potrebbero non essere tali qualora qualcuno decidesse di portare avanti uno dei tanti piani o di portare a termine una delle tante procedure senza la paura di dover sfidare posizioni che sono impopolari soltanto perché in un micro ambito si creano situazioni al limite del terrorismo, non solo psicologico, e del paradosso, sarebbe opportuno.
Occorrerebbe ragionare tutti assieme su questo. Corriamo il rischio di avere ancora più abusivismo, ancora più infrazioni e ancora più micro discariche - che poi sono anche le piazzole di sosta dove qualcuno scarica qualsiasi cosa - perché risulta impossibile contare su strutture adatte a portare a termine il ciclo dei rifiuti.
Secondo me è un grande tema che dovremmo affrontare e su cui vorrei l'opinione del Ministro.

MANUELA LANZARIN. Vorrei anzitutto replicare al collega Bratti che non si tratta solo di una battaglia politica. È una


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questione di equità, su cui ci siamo sempre confrontati con il Ministro e con i colleghi in VIII Commissione.
Se in Campania, che cito perché è la situazione che abbiamo affrontato negli ultimi cinque anni di legislatura, avessimo visto, anche dopo l'avvento del sindaco De Magistris che ha fatto tanti proclami al riguardo, una progettazione di un certo tipo e un passo diverso nell'azione amministrativa, forse alcuni pregiudizi avrebbero potuto essere chiariti. Invece non c'è alcuna novità. Purtroppo l'impiantistica non parte perché a volte, e qui mi ricollego a quanto diceva il collega Ghiglia, si rincorre il consenso e l'umore del popolo senza il senso di responsabilità che ogni amministratore, da nord a sud, dovrebbe avere e imporre quando si tratta di certe scelte. Se il nord ha realizzato gli impianti, è perché ha creduto in questi investimenti e i risultati si vedono. Per questo il nord chiede solo parità di trattamento. Non possiamo pensare che, a fronte del dissesto finanziario e dei problemi di personale e di indebitamento di certi enti locali, non sia premiato chi ha gestito il territorio in un altro modo.
Chiederei, quindi, al Governo se abbia intenzione di sanzionare i comuni campani, laziali o anche del nord Italia - perché ce ne saranno sicuramente anche lì - che entro il 2012 non raggiungeranno il parametro del 65 per cento di raccolta differenziata come previsto dalla normativa europea. Credo che sarebbe un segnale importante per far sì che chi è chiamato a rispondere del proprio territorio lo faccia con atti concreti e non solo a parole.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Ormai i governi si susseguono, il tempo passa, ma i richiami dell'Unione europea non mancano mai e a volte si concludono con sanzioni economiche. Una volta si tratta della depurazione dell'acqua; una volta è la captazione; adesso è la questione delle bonifiche delle discariche illegali dei rifiuti.
Lei ha affermato che nel Lazio, ad esempio, c'è anche un problema di ritardo nelle autorizzazioni e nel modo di affrontare le questioni. Credo che ognuno debba assumersi le proprie responsabilità, altrimenti in questo Paese non si troverà più il bandolo della matassa. Se ci sono delle responsabilità, la prima cosa da fare è farle emergere chiaramente e poi dichiarare cosa si sta facendo per rimediare. Diversamente non arriveremo mai al dunque.
Il collega Bratti, ad esempio, ha accennato al fatto che la capacità degli impianti di trattamento dei rifiuti nel Lazio potrebbe quasi soddisfare il fabbisogno, eppure non si riesce a capire perché questo non avvenga. Alcuni impianti sono in fase di completamento o di potenziamento, ma i tempi necessari per la realizzazione dei relativi lavori dovrebbero essere più brevi. Come ripeto, le questioni vanno affrontate con serietà, anziché con grandi annunci per poi essere abbandonate a se stesse. Questo significa che ogni giorno bisognerebbe vedere un progresso. Invece, passa un anno e ci accorgiamo che siamo andati indietro anziché avanti.
Nel Lazio si apre la fase elettorale come in altre regioni, ma non si possono rinviare i problemi per mesi. Le giunte, gli assessori e i dirigenti ci sono e sono ancora in carica. Visto che ogni mese anche i politici in quella regione prendono lo stipendio, dovrebbero dirci che cosa stanno facendo.

ROBERTO MORASSUT. Anch'io ringrazio il Ministro Clini perché non è la prima volta che si rende disponibile per un confronto molto sincero con le Commissioni parlamentari su problemi così rilevanti. Vorrei puntualizzare un aspetto che riguarda il Lazio e chiedere al Ministro un'ulteriore informazione.
Dalla rassegna dei problemi che lei ha esposto e che anche oggi sono molto presenti sulla stampa emerge chiaramente una responsabilità collettiva degli enti locali laziali per i ritardi e per le difficoltà che si sono create nella regione. Questa mattina lei stesso ha dichiarato alla stampa che sarebbe stato individuato un sito temporaneo alternativo alla discarica


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di Malagrotta. Poiché qui non ne ha parlato, le chiederei di precisare meglio cosa intende.
Gli ultimi due commissari che se ne sono occupati hanno presentato varie ipotesi. Ci rendiamo conto che si tratta di una decisione molto difficile e contrastata sul territorio. Tuttavia, la decisione del commissario Sottile sembra abbastanza delineata nella direzione di individuare il sito alternativo del sito di Monti dell'Ortaccio. Tralascio le valutazioni quasi scontate sulla grande tensione sociale che si crea in queste situazioni. Faccio solo notare che parliamo di un quadrante che da cinquant'anni soffre la presenza di Malagrotta ed è naturale che lì le reazioni siano più radicali e accese.
Voglio sottolineare però il fatto che su Monti dell'Ortaccio si sono espresse molte autorevoli istituzioni di carattere scientifico, tra cui l'ARPA Lazio e il Dipartimento di epidemiologia della regione Lazio, la stessa conferenza di servizi, le istituzioni locali, non in quanto soggetti politici ma in quanto strutture tecniche, e la stessa Autorità di bacino. Per questo le chiedo: stante la difficile situazione e la delicatezza della decisione, ritiene che ci sia la possibilità di esaminare altre ipotesi riferibili ad analisi condotte dalle istituzioni locali e in particolare dalla provincia nonché di considerare la posizione di comuni che, nell'ambito provinciale, si sono proposti come siti alternativi per ospitare i rifiuti non trattati di Roma? Mi riferisco in particolare al comune di Bracciano.
Vorrei sapere se questa informazione è giusta e se il commissario ritiene di poterla prendere in esame per assumere una decisione che, vista la ormai prossima scadenza per Malagrotta, sarà evidentemente una decisione definitiva.

MASSIMO POMPILI. Mi scuso per il ritardo e per non aver potuto ascoltare l'introduzione del Ministro. Mi limiterò a un paio di considerazioni, ritenendo esaustiva la disamina dell'onorevole Morassut e altrettanto pertinente la domanda posta da ultimo.
Credo che il Ministro conosca molto bene la situazione dell'area della quale parliamo e le criticità di Roma nel trattamento e smaltimento dei rifiuti. Tutto il quadrante che si trova a ovest della città ha come epicentro la discarica di Malagrotta, ma io vorrei aggiungere un tema che, per quanto riguarda le tematiche ambientali, ha marciato nel corso degli anni parallelamente alla questione Malagrotta. Mi riferisco al fatto che in quella stessa area c'è una raffineria; c'è un inceneritore di rifiuti ospedalieri; ci sono un cementificio, un oleodotto, un metanodotto e una rilevante presenza di cave, relativamente alle quali non possiamo avere la certezza che siano eseguiti controlli continui ed esaustivi sul materiale che viene riversato nelle stesse.
È dunque una situazione complessiva molto difficile e che noi riteniamo ormai essere arrivata al limite della sostenibilità, anche perché nel frattempo l'inurbamento della zona è andato avanti. Stiamo parlando di argomenti che sono emersi non negli ultimi due o tre anni, ma almeno da venticinque anni. Era abbastanza inevitabile che avanzassero anche l'inurbamento e la presenza demografica. Sulla base di test specifici è stata anche testimoniata l'incidenza di tumori e altre gravi malattie ascrivibili alle conseguenze sulla salute della crisi ambientale di quella zona.
Come diceva l'onorevole Morassut, possono esserci stati dei ritardi imputabili agli enti locali, ma io francamente non mi sento di dire che la provincia abbia le responsabilità principali in quanto il tema dei rifiuti è istituzionalmente in capo all'ente regione, mentre l'individuazione del sito, trattandosi del territorio di Roma, è in capo principalmente al comune. La provincia può avere un ruolo di accompagnamento e finanche da protagonista, ma per come la vedo io questa è la situazione dal punto di vista politico. Non pretendo però che sia un'opinione totalmente condivisa.
C'è una sua dichiarazione, Ministro, che è comprensibile dalla sua ottica istituzionale e di visione del problema. Lei afferma che, quando a dicembre il commissariamento


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scadrà, poiché gli enti locali non hanno prodotto nulla, interverrà il Governo. Per un verso tale dichiarazione è rassicurante, ma per l'altro può essere interpretata come perentoria: ciò che fino adesso non è stato in grado di fare nemmeno il prefetto Sottile, lo farà il Governo.
In questi giorni sulla stampa stanno affiorando indiscrezioni circa il fatto che il 25 per cento dei rifiuti prodotti giornalmente a Roma, cioè circa 1.250 tonnellate su 4.000, potrebbe essere portato all'estero, naturalmente con un aggravio di spesa rispetto al trattamento ordinario. Oggi sul Corriere della Sera lei denuncia giustamente che a breve distanza da Roma ci sono inceneritori che non lavorano a pieno regime e che ricevono rifiuti da altre parti dell'Italia e forse anche dall'estero. È evidente che fanno questo perché così guadagnano di più. Le rivolgo però una sollecitazione molto aperta a capire meglio come stanno le cose. Glielo dico, signor Ministro, perché questa vicenda si collega, ad esempio a quella di Gaia, società di più di una ventina di comuni a cavallo tra la provincia di Roma e quella di Frosinone «saltata» a causa del fatto che i fondi ricavati dalla TARI venivano usati per altro anziché per pagare la società. Alla fine, gli impianti sono diventati obsoleti perché non manutenuti adeguatamente e per tenere in vita la società si è intrapresa la strada del conferimento di rifiuti provenienti da fuori provincia e fuori regione.
La cosa che però mi preoccupa di più è il fatto che, nonostante il trasferimento dei rifiuti sia ancora solo un'ipotesi e non rientri in quella che lei ha annunciato come un'eventuale presa in carico politica e istituzionale dell'intera questione da parte del Governo, qualche giorno fa il consiglio d'amministrazione dell'AMA, con il dissenso della rappresentante del centrosinistra, che è uscita dall'aula, abbia già deciso, forse con trattativa privata o comunque in base alla migliore offerta, di incaricare per sei mesi una società affinché i rifiuti siano portati fuori dal Lazio.
Inoltre, l'AMA ha già preparato e approvato il bando di gara per proseguire in questa direzione per i prossimi dieci anni.

PRESIDENTE. Signor Ministro, io vorrei riallacciarmi agli interventi degli onorevoli Bratti e Formichella.
Poiché non solo non ho una specifica competenza, ma su questi temi rasento la sprovvedutezza, sono andato a leggere i resoconti dei lavori della Commissione presieduta dall'onorevole Scalia, che risalgono a ventiquattro anni fa. Sono rimasto impressionato. L'onorevole Bratti ha ragione a dire che da allora è accaduto quanto di peggio si potesse immaginare e che alcune situazioni si sono aggravate.
Ad esempio, ma lei lo ha già sottolineato, Ministro, il fatto di aver privilegiato i trasferimenti all'estero dei rifiuti, che definirei delocalizzati (ai quali vanno sommati i notevoli trasferimenti nel territorio nazionale), rovinano l'immagine del nostro Paese, come diceva l'onorevole Gozi, non solo a livello europeo, ma complessivamente sul piano internazionale. Come succede nel terzo mondo, sembra che dobbiamo affidarci all'estero perché non siamo in grado di smaltire i nostri rifiuti.
Come ha fatto rilevare l'onorevole Formichella, inoltre, esiste un atteggiamento abbastanza demagogico, populista e ideologizzato da parte di alcuni amministratori locali per cui, ad esempio, si dichiara palesemente che i termovalorizzatori non si costruiranno. Esistono termovalorizzatori sia all'estero sia nel nostro Paese, ma vengono dipinti come un danno per la popolazione, facendo un'azione di diseducazione e di provocazione. Trasferire all'estero i rifiuti forse sarà più economico nell'immediato, ma le chiedo quanti termovalorizzatori si realizzerebbero sommando questi costi per risolvere in modo diverso la questione di un corretto smaltimento dei rifiuti.
Le vorrei porre, inoltre, un problema locale, già evidenziato, peraltro, che riguarda Frosinone. Ho incontrato occasionalmente alcuni tecnici di quella zona, che mi hanno parlato di un livello di utilizzazione degli impianti della zona del 35 per cento. Si domandavano come mai la città di Roma non se ne serva. Evidentemente c'è una speculazione intorno a questi trasferimenti e smaltimenti alternativi


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che contrasta con la possibilità di risolvere alla base il problema sfruttando i termovalorizzatori e gli impianti sottoutilizzati al nord come al centro.
Non so se esistano poteri di sostituzione che lo Stato possa esercitare, ma credo che, quando un sindaco attacca un termovalorizzatore come fosse una centrale nucleare, il Governo potrebbe anche svolgere un'azione, prima di tutto di convincimento, per cercare di risolvere radicalmente il problema.
Do ora la parola al Ministro Clini per la replica.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie. Vorrei intanto ridefinire con chiarezza il contesto.
La situazione italiana in termini di gestione dei rifiuti solidi urbani non è disastrosa. Ci sono regioni italiane del nord che hanno performance di recupero molto più elevate di quelle di molte realtà della Germania, dell'Olanda o della Francia. Non parliamo della Gran Bretagna, che non recupera quasi nulla.
Il vero problema non che l'Italia è incapace di gestire in maniera razionale, efficiente e con valori economici positivi i rifiuti solidi urbani. Il problema dell'Italia è rappresentato dalle problematiche che ci hanno ben descritto gli onorevoli Morassut e Pompili da un lato, e Ghiglia dall'altro. In altre parole, il problema è che c'è un difetto di governance. Dove c'è capacità di governo del territorio le cose funzionano bene, nei trasporti come nei rifiuti; dove, invece, questa capacità non c'è funzionano male sia i trasporti sia i rifiuti.
In primo luogo, dunque, non è assolutamente vero che l'Italia debba scusarsi o discolparsi nei confronti dell'Unione europea perché non è capace. Per quanto riguarda le direttive e gli standard europei abbiamo una situazione assolutamente disomogenea: molte regioni italiane, dall'Umbria e dalla Toscana in su, danno risposte di altissimo livello nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti e, indipendentemente dalle maggioranze che governano queste regioni, sono anche un indicatore di buongoverno del territorio. Per usare termini molto espliciti, purtroppo, la gestione non corretta o non sostenibile del ciclo integrato dei rifiuti è in generale un indicatore di scarsità nel livello di governo del territorio.
In secondo luogo, vorrei rispondere all'onorevole Gozi dicendo che abbiamo attivato la procedura per il CIPE dopo che il 24 ottobre 2012 abbiamo ricevuto dalla Commissione europea la notizia della decisione del collegio dei commissari. Prima di allora, fin dal nostro insediamento abbiamo lavorato per ricostruire lo stato dell'arte, capire cioè qual fosse la situazione e quale lo stato delle iniziative in atto per affrontare il tema delle discariche abusive e gestirlo. I risultati sono stati quelli che vi ho riferito.
Naturalmente, abbiamo informato la Commissione europea di questo lavoro, ma il collegio dei commissari, attraverso le procedure interne della Commissione, che sono un po' «impermeabili», a un certo punto ci ha notificato l'infrazione. Allora ci siamo mossi con una seconda iniziativa: da un lato la predisposizione del piano CIPE e dall'altro la lettera a Potocnik per spiegare lo stato dell'arte e le nostre azioni.
Confido che, come già avvenuto nel caso di Napoli, ciò possa fermare la procedura avviata dalla Commissione europea.

ALESSANDRO BRATTI. Il piano per le discariche è già stato presentato al CIPE, Ministro?

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. No. Abbiamo preparato il documento e ci presenteremo al CIPE appena si convocherà.
L'onorevole Gozi ha colto esattamente il punto che ho cercato di illustrare. Nel caso dei rifiuti, ma anche di altre procedure di infrazione - come sapete, quelle per i reati ambientali sono le più importanti che abbiamo -, siamo in presenza di un'articolazione dei livelli di governo che non consente all'amministrazione centrale


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e al governo nazionale di assumere la piena responsabilità delle questioni. Al Governo, cioè, non è consentito di intervenire su quanto sta avvenendo a Roma piuttosto che a Napoli o in Calabria, di cui non abbiamo parlato, ma che si trova al limite di una gravissima emergenza, o a Palermo. Si è tentato con i commissari straordinari. Abbiamo maturato una lunga esperienza: la regione Campania, per esempio, ha cominciato a essere commissariata sui rifiuti tra il 1995 e il 1996. Si tratta però di un'esperienza totalmente fallimentare, come da ultimo dimostra il caso di Roma, dove il commissario per l'emergenza rifiuti a Roma è stato nominato perché la regione, il comune e la provincia hanno detto al Governo di non essere capaci di risolvere il problema, ma appena il commissario ha presentato delle soluzioni a quel punto regione, provincia e comune le hanno respinte. Forse il commissario ci ha messo del suo, ma siamo in una situazione molto singolare.
Da un lato le amministrazioni regionali e locali hanno regolarmente chiesto al Governo il commissariamento e finora si è usata la procedura prevista dalla legge sulla Protezione civile, che d'ora in poi, per fortuna, non sarà più possibile usare, per mettere in campo strutture commissariali che avrebbero dovuto risolvere il problema che le amministrazioni regionali e locali non erano in grado di risolvere. Tuttavia, non appena i commissari identificavano la soluzione, le stesse amministrazioni regionali e locali che avevano detto di non sapere come fare si sono opposte e si oppongono e i sindaci con la fascia tricolore protestano di fronte ai siti scelti per gli impianti.
La verità, dunque, è che una parte del nostro Paese sta dando la rappresentazione di uno scarso livello di responsabilità. Essendo un ministro tecnico posso forse permettermi di dirlo chiaramente. Quando ci confrontiamo con il Commissario europeo all'ambiente la situazione è la seguente: io gli spiego che abbiamo nominato un commissario del Governo italiano per risolvere il problema dei rifiuti di una città; il commissario di governo ci comunica successivamente che non può procedere perché i sindaci e il presidente della regione hanno bocciato la soluzione che ha proposto; io torno dal Commissario europeo e questi, a quel punto, strabuzza gli occhi e mi chiede chi governi in Italia e quale sia il punto di garanzia.
Siamo dunque in una situazione difficile. Questa è la condizione di Roma come di Napoli e della Campania, che pure ha fatto dei passi avanti, ma non sufficienti per permetterle di uscire dall'emergenza. L'onorevole Bratti ricordava che i dati relativi a Napoli sono positivi rispetto a prima, ma sono assolutamente insufficienti rispetto a quelli che dovremmo avere.
Tornando agli interventi degli onorevoli Morassut e Pompili, vorrei dire che la nostra difficoltà al momento è duplice. Da un lato, dobbiamo dare una risposta credibile alla Commissione europea perché altrimenti la procedura di infrazione su Roma andrà avanti e sarà molto più dolorosa di quella concernente le discariche abusive. È un punto delicatissimo. Si tratta della procedura di infrazione sulla gestione dei rifiuti nella capitale di uno dei più importanti Paesi europei. Non stiamo parlando di discariche abusive nate dalla gestione precedente alla legge Ronchi. Stiamo parlando di qualcosa che avviene adesso a fronte delle direttive europee e delle leggi nazionali.
La complessità e delicatezza della situazione di Roma è data dal fatto che, da qualunque parte la si prenda, qualcuno dice che non si può fare.
Non entro nel merito delle valutazioni del commissario Sottile. Suo compito è trovare un sito che corrisponda ai parametri delle direttive europee. Il sito di Corcolle, individuato dal prefetto Pecoraro, semplicemente non era corrispondente a quanto previsto dalle direttive europee perché la sicurezza idrogeologica del sito, data la presenza di un bacino acquifero importantissimo, era tale da non consentire l'insediamento di una discarica, a meno di non compiere lavori che sarebbero durati trenta o quaranta anni. Il


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prefetto Sottile ci deve dire dunque se esiste un sito che corrisponde alle caratteristiche indicate dalla direttiva europea. Dopodiché quello che io non credo possibile è che l'Italia possa permettersi che a Roma i rifiuti siano abbandonati per strada.
Se altri comuni della regione si sono offerti di ospitare i rifiuti di Roma, sono i benvenuti, ma io non lo so perché non sono voluto entrare nel merito dell'attività commissariale.
Quanto alla sottoutilizzazione dell'impianto di Colleferro, il fatto è che lì non vengono trattati e valorizzati dal punto di vista energetico i rifiuti di Roma perché Roma non produce il CDR di qualità per il quale quell'impianto è autorizzato e non lo produce perché la città ha preferito andare avanti con il sistema della discarica. Alla fine, però, bisognerà cambiare strategia.
È possibile che il Governo adotti un provvedimento per i motivi che dicevo prima. Credo che nessuno in Italia potrebbe accettare che, da qui a qualche settimana, la capitale diventi l'immagine di un territorio che non è possibile gestire dal punto di vista dello smaltimento dei rifiuti urbani. Se questo avvenisse perché l'Italia in generale non è in grado di farlo, potremmo anche farcene una ragione. Tuttavia, se dovesse avvenire a Roma non sarebbe questo il motivo. Evidentemente ci sono ragioni che portano Roma all'emergenza nonostante esistano tutte le condizioni per evitarlo. Per quanto ci riguarda, cercheremo di evitarlo in tutti i modi, rispettando le direttive europee e le leggi nazionali.
Rispetto al quadro normativo nazionale, lo ha ricordato prima l'onorevole Lanzarin, vorrei segnalare che entro la fine dell'anno dobbiamo raggiungere, per legge, l'obiettivo del 65 per cento di raccolta differenziata. Siccome una parte del nostro Paese non ha raggiunto questo obiettivo, dovremo intanto evitare che una parte delle realtà locali sia fuorilegge. D'altra parte non possiamo semplicemente decidere una proroga.
Quello che faremo è un provvedimento per riallineare gli obiettivi in relazione alla direttiva europea che prevede il 50 per cento di recupero, che potrebbe equivalere anche a più del 65 per cento di raccolta differenziata. Nello stesso tempo, però, dobbiamo stabilire il criterio in base al quale chi non raggiungerà l'obiettivo sarà penalizzato. Diversamente ci troveremo nella stessa situazione di ora. Stiamo studiando una modalità legata anche alla gestione della tariffazione dei rifiuti, affrontando in questo modo lo stesso tipo di problema che incontriamo per la messa a punto delle tariffe relative alla gestione del servizio idrico.
È stato richiamato spesso il tema del trasferimento dei rifiuti dal sud al nord e all'estero. Come ripeto, il recupero e la valorizzazione dei rifiuti sono l'obiettivo della direttiva europea e della gestione del ciclo integrato dei rifiuti a regime. Al riguardo, vorrei dire che non stiamo lavorando per mettere una toppa. Ci sono purtroppo situazioni di emergenza, ma il lavoro che stiamo facendo, compreso il Patto per Roma, mira a portare il ciclo a regime.
Il nostro obiettivo deve essere quello di inserire il ciclo dei rifiuti all'interno di un ciclo industriale, e non di smaltimento, attraverso il recupero. Il ciclo industriale non può avere una dimensione locale, bensì una dimensione di filiera industriale. Se io recupero il vetro, la plastica o la carta, non devo essere obbligato a realizzare l'impianto di recupero dove viene prodotto il rifiuto: quello di cui ho bisogno è una filiera industriale che ottimizzi il recupero in modo compatibile con il mercato. Lo stesso vale per la valorizzazione energetica.
L'idea che oggi in Italia, per una ragione di carattere politico, non si possano utilizzare impianti industriali in grado di valorizzare dal punto di vista energetico la frazioni di rifiuti che, a valle della raccolta differenziata, è destinata al recupero energetico è assurdo. È fuori da ogni logica. Stiamo parlando di un ciclo industriale, non di un sistema che prende e butta


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rifiuti da una parte all'altra. L'obiettivo è quello di formare un sistema industriale.
Sono d'accordo con l'onorevole Bratti sulla questione da lui posta. Abbiamo già attivato un confronto con Federambiente per ragionare su questo tema, il che inoltre ci permetterebbe di evitare il sotterfugio da lui menzionato, cioè far finta che i rifiuti urbani diventino un'altra cosa e finiscano in un circuito diverso. Credo si debba tenere ben presente qual è il nostro obiettivo industriale.
Ci stiamo lavorando senza forzare le situazioni, ma semplicemente cercando di trasferire su scala nazionale ciò che già avviene laddove in Italia le cose funzionano. È un altro dei motivi per cui i rifiuti di Roma, come già avviene per quelli di Napoli, vanno all'estero. Questa scelta nasce dal fatto che manca in quelle città una cultura della valorizzazione industriale del rifiuto come materia prima seconda o come fonte energetica.
Io spero che in queste settimane si riesca a dare una chiave di lettura diversa dal passato a questa problematica. Ieri abbiamo avviato la discussione con gli assessori regionali e ci rivedremo martedì prossimo per ragionare su questo tema oltre che sul dissesto idrogeologico.
L'onorevole Ghiglia sottolineava inoltre una situazione che, per altro, abbiamo già sperimentato in altri settori, nella quale taluni «spiegano» alla popolazione che non si può fare nulla perché qualsiasi iniziativa genera un danno all'ambiente e alla salute. È una questione seria, di fronte alla quale bisogna che tutti agiscano con senso di responsabilità.
Al riguardo vorrei riferivi quanto segue. Nel tentativo di dare una mano al comune di Roma e alla regione Lazio avevamo chiesto all'autorità di bacino del Tevere di verificare i siti più sicuri dal punto di vista idrogeologico per trovare l'alternativa temporanea alla discarica di Malagrotta. È stato individuato un sito assolutamente sicuro. Ottanta metri di argilla sottostanti sono senza alcun dubbio sicuri. Bene, per scoraggiare la scelta di questo sito, autorevoli autorità pubbliche hanno scritto un rapporto nel quale è detto che non si possono aprire discariche perché dovunque si fanno cresce il numero delle persone ammalate di tumore. Vi renderete conto del livello di responsabilità con il quale ci confrontiamo.
Una cosa del genere, raccontata alle regioni italiane che nel corso degli ultimi decenni hanno smaltito rifiuti cominciando dalle discariche, è una provocazione assurda.

ROBERTO MORASSUT. Scusi Ministro, ma qual è il sito indicato dall'Autorità di bacino?

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. I siti sono due e li abbiamo resi pubblici sul sito web del Ministero dell'ambiente. Uno è Pizzo del Prete e l'altro Monte Carnevale. Dal punto di vista idrogeologico sono i siti più sicuri, ma la reazione è stata che «dovunque si fa una discarica crescono i tumori tra la popolazione».
Allora io mi chiedo: cosa dobbiamo fare di fronte a una dichiarazione del genere? Non voglio entrare nel dettaglio, ma chiedete ai colleghi parlamentari dell'Emilia, del Veneto, del Piemonte, della Lombardia o della Toscana dove sono state fatte le discariche che hanno impedito in quelle regioni che sorgessero emergenze e che intervenisse la malavita organizzata. Se avessero dovuto ragionare con questi criteri, in Italia non ci sarebbe stato un solo sito.
Dobbiamo avere tutti trasparenza e senso di responsabilità. Le regole stabilite dalle direttive europee sono molto chiare. O si assume il principio che, rispettando le regole stabilite dalle direttive europee, la protezione dell'ambiente e della salute sono garantite oppure dobbiamo dire che le direttive europee non rispettano né l'ambiente né la salute. Il ragionamento è molto semplice.
Quando l'onorevole Ghiglia segnala che si sta creando una situazione di questo tipo, io dico che si è già creata, eccome! Le amministrazioni, dal governo in giù, in questo momento subiscono una pressione


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enorme. Possiamo liberarci del problema dicendo che c'è stato un referendum o che il comune ha deciso che non si fa, ma i problemi restano e alla fine riemergono nella misura in cui non li affrontiamo ora. Come posso spiegare al Commissario europeo che non riusciamo a risolvere il problema dei rifiuti di Roma perché è stato scritto che dove si fa una discarica aumentano i tumori? Il Commissario europeo sarebbe a ragione stupefatto e mi chiederebbe che cosa buttiamo in discarica per provocare un simile effetto.
Voglio essere chiaro su questo punto fino alla provocazione. Le direttive europee e le leggi nazionali stabiliscono i criteri per realizzare discariche, impianti di incenerimento e impianti di depurazione. Deve essere chiaro a tutti che i limiti di emissione e le condizioni di gestione degli impianti per lo smaltimento dei rifiuti stabiliti dalle direttive sono il risultato di valutazioni che durano anni e sono formulate insieme all'Organizzazione mondiale della sanità. I livelli che abbiamo fissato in Italia per la gestione di questi impianti sono ancora più severi di quelli delle direttive europee.
Se dopo aver fatto tutto questo lavoro e avere approvato leggi per la protezione dell'ambiente e della salute, qualche amministrazione pubblica si alza e dice che quelle leggi non servono a niente perché, per il fatto stesso che c'è un impianto, aumentano le malattie tra la popolazione, allora è inutile immaginare di lavorare per la legalità. Stiamo da un'altra parte e l'illegalità ha avuto forza proprio dove le amministrazioni locali non hanno avuto la capacità di far valere le leggi.

MASSIMO POMPILI. Questo è inaccettabile, signor Ministro. È come se dicesse che stiamo dalla parte dell'illegalità.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. No, sto dicendo un'altra cosa e voglio che sia molto chiaro. Dove si assume che le regole stabilite dalle direttive europee e dalle leggi nazionali per la protezione dell'ambiente e della salute non sono efficaci perché un impianto per lo smaltimento dei rifiuti, qualunque esso sia, genera comunque in ogni caso effetti negativi per la salute, apriamo la strada alla gestione illegale dei rifiuti. Questo è il punto.
Il problema che abbiamo in Italia e per il quale ci troviamo in difficoltà nei confronti della Commissione europea non è che il nostro Paese non sia capace di fare. Nel nostro Paese c'è chi si è assunto la responsabilità di fare e di non assecondare gli umori della popolazione, che di volta in volta ha dovuto accettare queste scelte, e lì la situazione oggi è tra le migliori in Europa. Grandi città italiane non hanno più bisogno della discarica perché, tra raccolta differenziata e valorizzazione energetica, la discarica non è più all'ordine del giorno. Ci sono però altre realtà italiane che invece sono ancora appese alle discariche: è un dato oggettivo.
Sentivo la responsabilità di dire questo con chiarezza perché, quando il Commissario europeo ci chiede conto, bisogna che io vi riferisca esattamente di cosa parliamo. Ci siamo impegnati - e speriamo di riuscire a fornire una risposta positiva - a fare in modo che per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti si realizzino due condizioni. La prima è che vengano rispettate sempre le leggi, assumendo che esse sono la garanzia per i cittadini, soprattutto quando stabiliscono i limiti delle emissioni inquinanti e i criteri sulla base dei quali possono essere identificati i siti per lo smaltimento dei rifiuti. La seconda è che, come sta già avvenendo in molte regioni italiane, la gestione del ciclo dei rifiuti passi dallo smaltimento alla valorizzazione industriale.
Questa è la prospettiva sulla quale dobbiamo lavorare. Per farlo ci vuole grande responsabilità, soprattutto in quelle realtà del nostro Paese che sono ancora appese alle discariche, contrariamente a quanto abbiamo deciso congiuntamente, come Stati membri, a livello europeo quando abbiamo stabilito che nello smaltimento dei rifiuti la discarica è uno strumento residuale.
Mi scuso per essermi dilungato.


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PRESIDENTE. Alcuni colleghi hanno chiesto di prendere la parola, ma devo comunicare che il Ministro ha in programma un'audizione presso la Commissione ambiente.
Ringrazio il Ministro Clini per la chiarezza e il coraggio, che credo sia stato ampiamente condiviso. Mi permetto di sottolineare che ha adoperato spesso il termine assurdità collegato alle difficoltà politiche. Se vogliamo associare alla politica anche questo termine così depauperante, facciamolo pure, ma quella è una brutta politica. Le reazioni dell'opinione pubblica sono reazioni provocate. Ci sono dei «Masaniello» che intervengono per raccogliere il consenso di persone sprovvedute e disinformate.
Sarebbe stato utile fissare un altro appuntamento, ma questa legislatura non ce lo consentirà. L'auspicio e l'augurio che le rivolgiamo, signor Ministro, è che, nel momento di passare il testimone, sia lei stesso a raccoglierlo. In ogni caso il suo lavoro sarà senz'altro utile a chi le succederà.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,30.

VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici)

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