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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XI
15.
Mercoledì 11 aprile 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Moffa Silvano, Presidente ... 3

Audizione del direttore generale dell'INPS, Mauro Nori, sugli aspetti di carattere gestionale e organizzativo legati al riordino dell'Istituto e all'attuazione delle recenti riforme in materia di requisiti per l'accesso alla pensione e di ricongiunzione onerosa delle posizioni previdenziali (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Moffa Silvano, Presidente ... 3 4 5 8 10 13 14 16
Bobba Luigi (PD) ... 8 10
Cazzola Giuliano (PdL) ... 4 5 11 13
Codurelli Lucia (PD) ... 10
Damiano Cesare (PD) ... 11
Fedriga Massimiliano (LNP) ... 5 12 13
Foti Antonino (PdL) ... 13
Gnecchi Marialuisa (PD) ... 8 13
Nori Mauro, Direttore generale dell'INPS ... 3 4 5 6 7 8 14
Scandroglio Michele (PdL) ... 7 11
Schirru Amalia (PD) ... 10

ALLEGATO: Documentazione presentata dal direttore generale dell'INPS, Mauro Nori ... 17
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

[Avanti]
COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 11 aprile 2012


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SILVANO MOFFA

La seduta comincia alle 14,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivo a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del direttore generale dell'INPS, Mauro Nori, sugli aspetti di carattere gestionale e organizzativo legati al riordino dell'Istituto e all'attuazione delle recenti riforme in materia di requisiti per l'accesso alla pensione e di ricongiunzione onerosa delle posizioni previdenziali.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del direttore generale dell'INPS, Mauro Nori, sugli aspetti di carattere gestionale e organizzativo legati al riordino dell'Istituto e all'attuazione delle recenti riforme in materia di requisiti per l'accesso alla pensione e di ricongiunzione onerosa delle posizioni previdenziali.
Accompagnano il direttore generale il dottor Gabriele Uselli, direttore centrale pensioni, e il dottor Luca Sabatini, direttore centrale prestazioni a sostegno del reddito.
Nell'autorizzare la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione presentata dal nostro ospite (vedi allegato), do la parola al dottor Nori per la relazione.

MAURO NORI, Direttore generale dell'INPS. Vi ringrazio per questa possibilità di fornire alla Commissione alcuni elementi di cognizione.
Entro subito in argomento fornendo alcuni dati relativi alla recente riforma, come da titolo della richiesta di audizione, per spiegare che cos'è l'INPS o meglio quello che viene definito, anche giornalisticamente, il «super INPS», a seguito dell'assorbimento dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP) e dell'Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo e dello sport professionistico (ENPALS). Alcuni elementi sono contenuti come schede di sintesi nel breve documento che ho presentato.
Attualmente l'Istituto gestisce oltre 360 miliardi di entrate e 360 miliardi di uscite. Ha 22,5 milioni di lavoratori iscritti, 1,5 milioni di imprese, 21 milioni di pensionati e 4,5 milioni di soggetti che hanno percepito nel 2012 prestazioni di sostegno al reddito. Sotto il profilo della struttura, possiede venti sedi regionali e 470 agenzie sul territorio. L'accorpamento degli enti porta i dipendenti dell'INPS a 34.000.
Abbiamo preparato anche un paragone con i principali sistemi organizzativi del welfare in Europa. Gli stessi compiti che svolge attualmente l'INPS vengono svolti in Francia da otto enti con 120.000 dipendenti. In Germania vengono svolti solo compiti di carattere previdenziale da due enti con 80.000 mila dipendenti.


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In Francia i costi amministrativi in rapporto alla spesa per protezione sociale sono il 3,9 per cento, mentre in Italia l'INPS spende il 2,7 per cento. Il sistema francese costa 1,2 punti in più. Il sistema tedesco costa un punto percentuale in più perché i costi amministrativi in rapporto alla spesa sociale sono pari al 3,7 per cento, contro il 2,7 per cento dell'Italia. Ho voluto evidenziare questi elementi per fornire un quadro di sintesi a proposito dell'ente, ormai unico, che sovrintende alla gestione del welfare in Italia.
Per quanto riguarda l'incorporazione, a poco più di quattro mesi dall'emanazione del decreto-legge che ha determinato la caducazione e il subentro, a far data dal 7 dicembre, dell'Istituto nazionale di previdenza nei rapporti attivi e passivi con INPDAP ed ENPALS, il percorso intrapreso può essere sintetizzato in tre fasi.
Definirei la prima fase come primum vivere perché, all'indomani del 7 dicembre, tutti i rapporti attivi e passivi degli altri enti sono venuti in capo all'Istituto. Per fare un esempio, le cartelle esattoriali dell'ENPALS dovevano essere ridenominate in termini INPS perché anche solo per questioni formali potevano essere oggetto di contenzioso con il sistema delle imprese oppure il sistema degli uffici pagatori non accettava più le sottoscrizioni del sistema di governo dell'INPDAP e dell'ENPALS. Nei primi giorni dell'integrazione abbiamo realizzato il cosiddetto switch sui sistemi di pagamento e autorizzazione dell'Istituto.
La seconda fase dell'incorporazione è quella che stiamo vivendo in questo momento ed è caratterizzata dalle disposizioni che hanno determinato la regolamentazione e il controllo della spesa. Il primo passo è stato adottare un unico sistema di contabilizzazione per far sì che tutti i processi di spesa e di entrata soggiacessero a un unico meccanismo operativo sotto il profilo contabile. Il secondo tipo di controllo, che è di livello superiore, ha riguardato la gestione della contrattualistica degli altri enti, effettuando una verifica rapporto per rapporto sulla rispondenza a criteri di razionalità. Se, ad esempio, il fornitore è lo stesso e l'INPS gode di condizioni più favorevoli, si utilizza il contratto INPS. Questo lavoro di verifica sta proseguendo.
La terza fase è quella matura per l'avvio dell'integrazione e consta di tre momenti. Siamo partiti da un sistema che prevedeva tre posizioni organizzative, tre sistemi operativi e tre contabilità diversi. Siamo passati a un unico sistema operativo, un unico sistema contabile e un unico sistema di qualificazione contrattuale, ma con tre posizioni organizzative distinte. L'approdo sarà un solo sistema e una sola posizione organizzativa. Questo avverrà quando avremo completato la fase di riassetto, che ho illustrato in poche pagine.
La proposta per il riassetto organizzativo che ho formalizzato al presidente risponde a tre criteri. Il primo è raggiungere gli obiettivi di economicità che il legislatore ci ha posto. Il secondo obiettivo è garantire le specificità degli enti che abbiamo incorporato, eliminando le ridondanze. Il terzo obiettivo è garantire il miglioramento del servizio per i nostri portatori di interesse, che sono i cittadini e gli organismi di rappresentanza dei cittadini.
Questo è il quadro di riferimento dell'attuale fase dell'incorporazione di INPDAP ed ENPALS nell'INPS.

PRESIDENTE. Grazie, direttore.
Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

GIULIANO CAZZOLA. Il direttore, che ringrazio, ha parlato di 21 milioni di pensionati. Secondo me, si tratta di 21 milioni di pensioni.
Inoltre, come è possibile che i dipendenti dei tre enti siano solo 34.000?

MAURO NORI, Direttore generale INPS. È la somma algebrica.

GIULIANO CAZZOLA. Vuol dire che sono calati molto quelli dell'INPS perché ai miei tempi erano 33.000.


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MAURO NORI, Direttore generale INPS. Attualmente i dipendenti INPS sono 26.900 e 6.900 circa sono quelli degli altri enti.

GIULIANO CAZZOLA. Bene. La ringrazio.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Non avendo la relazione sotto mano ho riportato dei numeri ascoltando l'intervento del direttore.
Mi interessa il paragone tra l'INPS e gli enti che erogano le stesse prestazioni in Francia e in Germania. Se non erro, il direttore ha detto che il costo amministrativo dell'INPS è il 2,7 per cento della spesa per prestazioni, l'1,2 per cento in meno della Francia e l'uno per cento in meno della Germania. Le proporzioni, però, non sono le stesse rispetto al numero dei dipendenti. La Francia ne ha 120.000: o eroga molte più prestazioni in valore assoluto oppure nel nostro Paese il costo unitario di ogni dipendente è decisamente più elevato. Lo stesso vale per la Germania.
Vorrei capire dove sta la realtà, se gli altri Paesi erogano più prestazioni oppure se il costo del personale in Italia è molto più elevato.

PRESIDENTE. Do la parola al direttore per una prima replica.

MAURO NORI, Direttore generale dell'INPS. Le prestazioni sono sostanzialmente omogenee. Il costo unitario dei dipendenti INPS è sicuramente più elevato di quelli francesi in particolare. La Germania ha un sistema completamente diverso, mentre quello francese lo potremmo definire un meccanismo labour intensive. L'informatizzazione non è spinta come in Italia e il sistema privilegia la varietà degli enti, con una distribuzione del personale molto più capillare sia sul territorio sia a livello di specialità di ente.
In Germania il discorso è diverso perché l'ente previdenziale si occupa esclusivamente di previdenza e le attività legate al sostegno al lavoro sono veicolate attraverso i Länder. In Germania esistono due enti: l'Istituto di previdenza federale dei dipendenti stipendiati (BFA), accentrato a Berlino, che si occupa della previdenza per il personale impiegatizio e la dirigenza, e un ente territoriale, il Landesversicherungsanstalt (LVA), che si occupa invece della previdenza degli operai.
Circa sei anni fa è iniziato un processo di integrazione tra i due enti che è ancora in corso. I problemi che sorgono quando si attuano queste forme di incorporazione sono i soliti: quale ente assume il predominio sull'altro, come viene gestita la tesoreria e con quali modalità.
Dai contatti con i miei omologhi so che l'integrazione sta marciando con molta prudenza.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Se le prestazioni erogate sono circa le stesse, il costo unitario del nostro personale è più del doppio di quello della Francia.

MAURO NORI, Direttore generale dell'INPS. Sì, ma in termini assoluti spendiamo meno.
Tra i nostri costi c'è anche quello di ammortamento del sistema tecnologico. Ricordo che l'Italia è un modello di riferimento di livello internazionale, se non mondiale. All'interno di una scheda trovate il riferimento a questo strumento unico, cioè il sistema UniEMENS, che viene considerato una delle eccellenze italiane. L'Italia è l'unico Paese al mondo in grado di conoscere il mese successivo, quindi sostanzialmente in tempo reale, i dati delle retribuzioni, i dati della contribuzione e i dati relativi al rapporto di lavoro (cassa integrazione, malattia, maternità) di ogni lavoratore del settore privato.
Nei prossimi mesi e anni speriamo che sia possibile anche nell'ambito del settore pubblico.

PRESIDENTE. Chiederei al direttore generale di ragguagliarci in merito a due questioni incluse nella richiesta di audizione. L'una è relativa al problema dei cosiddetti «esodati». Come sappiamo, c'è


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un tavolo ministeriale aperto, ma in questa Commissione più di una volta siamo tornati sull'argomento con audizioni e confronti con il Ministro.
L'altra riguarda il tema delle ricongiunzioni onerose. Non so se la Direzione sia in grado di fornirci qualche elemento aggiuntivo rispetto a quelli, per la verità, molto scarsi che finora abbiamo avuto.

MAURO NORI, Direttore generale dell'INPS. Il problema dei cosiddetti «salvaguardati» è un problema complesso, che cercherò di rendere in qualche misura più leggibile attraverso alcuni chiarimenti.
Innanzitutto, per cercare di facilitare l'esposizione, vorrei inquadrare il problema. La pensione di anzianità nel corso degli anni ha avuto un utilizzo non sempre rispondente alla finalità strutturale di un intervento previdenziale. Ricordo a me stesso che negli anni Settanta e Ottanta la pensione di anzianità rappresentava forse il più importante elemento di flessibilità del mercato del lavoro.
Successivamente, con lo sviluppo e con l'innalzamento dei requisiti a partire dagli anni Novanta, ha rappresentato anche un ammortizzatore di ultima istanza. Il meccanismo del turn over veniva agevolato attraverso l'utilizzo di questo strumento anticipato di pensionamento rispetto alla pensione di vecchiaia universalmente nota. Parto da questo elemento per chiarire il perimetro entro il quale ci muoviamo.
Il legislatore, nell'ambito dell'innalzamento dei requisiti per la pensione di anzianità, ha previsto la salvaguardia di alcune categorie di lavoratori che, in questo snodo, venivano a trovarsi in una particolare condizione, o perché si esauriva il periodo di integrazione e sostegno al reddito o perché venivano collocati in mobilità ed espulsi dal mercato del lavoro, laddove l'incremento dei requisiti allungava il periodo di raggiungimento della pensione.
Aggiungo un altro elemento che complica il meccanismo. Non è la prima volta - credo che sia la terza - che si fa ricorso alla cosiddetta salvaguardia. La prima volta è stato nel 2005, quando Ministro del lavoro era Maroni e con lo «scalone» si cominciò a parlare dei «diecimila». Allora per la prima volta si inserirono nell'ambito del nostro ordinamento i cosiddetti «diritti soggettivi finanziariamente condizionati», ovvero si costruirono norme condizionate dalle risorse che il legislatore appostava per poter garantire la salvaguardia.
I primi furono, come ripeto, i «diecimila» all'epoca dello «scalone» del Ministro Maroni e l'INPS introdusse un elemento di novità che fu colto da quel dicastero, cioè il monitoraggio per anticipare il fenomeno della salvaguardia a un momento precedente alla pensione. Vi chiedo scusa se risulterò scolastico, ma è importante capire questo passaggio. Fin dall'inizio all'Istituto ci fu chiaro che, se il monitoraggio fosse stato fatto al momento della domanda di pensionamento, sarebbe scoppiato il caos dal punto di vista sociale. All'epoca si parlò addirittura della «lotteria dei diecimila».
Se presentando la domanda il 1o gennaio si fosse risultati il numero diecimila della lista, e per questo, secondo lo schema iniziale della norma, salvaguardati, ma con una decorrenza al mese successivo, e un minuto dopo fosse arrivata la domanda di pensione numero diecimila e uno con una decorrenza pensionistica anteriore, si sarebbe determinato un mismatch, un ingorgo che avrebbe prodotto situazioni di elevata conflittualità.
L'Istituto nel 2005 ideò, quindi, il monitoraggio antecedente. Alla cessazione del rapporto di lavoro il lavoratore sapeva già, attraverso un meccanismo di certificazione del diritto a pensione, se al momento dell'esodo sarebbe rientrato o meno nel numero dei soggetti salvaguardati. Ciò forniva un elemento di certezza e serviva a guadagnare tempo se al momento della cessazione del rapporto di lavoro non si fosse ottenuto il diritto a pensione. Questo meccanismo è stato reiterato nella scorsa legislatura con la riforma delle finestre mobili di giugno ed è stato reiterato anche con l'attuale sistema.
Al di là del fatto che non si parla più di numeri, ma di valori, cosa che complica


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in parte il calcolo, attualmente sono previste sei categorie di salvaguardia: la mobilità ordinaria e lunga; gli «esodati»; i versamenti volontari; gli esonerati della pubblica amministrazione; gli accordi individuali e collettivi; e i congedi per figli disabili, inseriti con il decreto Milleproroghe.
Su questa base fornirò alcuni dati relativi alle platee. Quando parliamo di platee parliamo di potenziali destinatari, non di soggetti che attualmente si trovano a essere senza lavoro e senza sostegno al reddito. Il numero effettivo dipenderà dalle scelte che saranno compiute, anche in sede amministrativa, relativamente alle ricognizioni persona per persona che stiamo conducendo in queste settimane. L'indagine che stiamo svolgendo è un'indagine puntuale sui soggetti che va al di là della statistica.
Per quanto riguarda i lavoratori in mobilità, si discute sull'interpretazione. Se gli accordi sindacali effettuati entro dicembre determinano anche la data di cessazione del rapporto di lavoro, questo comporta una certa platea. Se, invece, gli accordi sindacali si riferiscono a dicembre, ma possono collocare in mobilità nei quattro anni successivi, è chiaro che la valutazione dal punto di vista statistico assume una complessità molto più elevata, tanto da arrivare a un grado di confidenza - non voglio rubare il mestiere agli statistici -, cioè di affidabilità della previsione molto più basso.
Per questa categoria stimiamo che nei prossimi quattro anni la platea sarà superiore ai 40.000-45.000 soggetti. Mi riferisco non a persone che attualmente sono senza lavoro o senza sostegno, ma a una platea potenziale di lavoratori in mobilità da qui ai prossimi quattro anni. Stiamo provvedendo a verificare quanti di questi raggiungano comunque i requisiti senza bisogno dell'intervento di salvaguardia previsto dalla norma.
Per quanto riguarda la categoria degli «esodati» del settore bancario, parliamo di una platea che oscilla tra i 13.000 e i 15.000 soggetti e anche in questo caso stiamo provvedendo a verificare i requisiti.

MICHELE SCANDROGLIO. Ci può fornire i dati precisi?

MAURO NORI, Direttore generale dell'INPS. Mi riservo di fornire un elaborato.
Come dicevo, per quanto riguarda gli «esodati» del settore bancario abbiamo circoscritto una platea potenziale di circa 13.000 soggetti. Occorrerà verificare quanti di questi raggiungeranno i requisiti a pensione con il solo intervento del fondo di solidarietà.
Ricordo che il fondo di solidarietà consente ai bancari, alle Ferrovie dello Stato o agli esattoriali di usufruire di un meccanismo di sostegno al reddito, pagato dalle imprese del comparto, fino a un massimo di 60 mesi. L'operazione che stiamo compiendo su questa platea potenziale - a oggi massima - consiste in una ricognizione del numero di coloro che raggiungono i requisiti attraverso questo strumento e di coloro che, invece, non li raggiungono o perché non fanno domanda o perché non possiedono i requisiti contributivi o anagrafici sufficienti per i nuovi criteri pensionistici.
Gli esonerati dalla pubblica amministrazione sono circa 4.000, ma possiamo dire che, a seguito delle disposizioni del Ministero della funzione pubblica, la platea è pari a zero. Questi soggetti potevano optare per lo svolgimento di attività di volontariato, cristallizzando i propri requisiti contributivi e conservando una quota parte di retribuzione. La circolare della Funzione pubblica ha stabilito che queste persone possono essere accompagnate alla pensione mediante tale strumento e i nuovi requisiti per il pensionamento. Data questa ipotesi, per noi la platea di questa particolare categoria afferente ai pubblici dipendenti corrisponde a zero.
Quanto agli accordi individuali e collettivi, stiamo procedendo alla ricognizione delle oltre 70.000 cessazioni effettuate entro dicembre e stiamo provvedendo a una sorta di liquidazione anticipata di questi soggetti per verificare quanti non raggiungano i requisiti. Stiamo parlando di una platea massima. Questi dati rappresentano


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un perimetro massimo. Gli accordi individuali e collettivi sono quelli siglati da Poste italiane, quelli raggiunti con alcune categorie di dirigenti e altri accordi individuali.
Per quanto attiene invece alle nuove disposizioni riguardanti i congedi per chi assiste i figli disabili e a cui mancano ventiquattro mesi al pensionamento, la platea potenziale si attesta intorno a un migliaio di soggetti.
Questo è il perimetro entro il quale, alla data odierna, ci stiamo muovendo.

LUIGI BOBBA. Sui versamenti volontari?

MAURO NORI, Direttore generale dell'INPS. Last but not least. La categoria dei versamenti volontari è quella che fa «sballare» i conti.
Vorrei fare una premessa. Il dato di partenza riguardante gli autorizzati ai versamenti volontari era di 1.400.000 soggetti. Io vi prego di considerare questi numeri come non rappresentativi della realtà perché ci sono situazioni che credo il legislatore non avesse oggettivamente intenzione di tutelare. Alcuni soggetti attualmente hanno 30 anni, hanno avuto un periodo di disoccupazione di qualche mese e hanno chiesto l'autorizzazione ai versamenti volontari. È presumibile che il legislatore non avesse intenzione di salvaguardarli per i prossimi 37 anni con i diritti a pensione. Sicuramente questi soggetti vanno espunti dal calcolo.
Il numero delle autorizzazioni ai versamenti volontarie è, quindi, di gran lunga (lo ripeto tre volte) inferiore al perimetro iniziale della norma. È chiaro che esso dipenderà da uno screening, che verrà effettuato sotto il profilo amministrativo e nell'ambito dei diritti soggettivi, di quei soggetti che stanno versando e si sono visti allungare il diritto a pensione di tre o quattro anni. Il perimetro, come dicevo, è molto inferiore al dato di partenza. Stiamo provvedendo all'elaborazione in fasce di questi numeri.
Sottolineo la complessità di tale processo perché è del tutto simile alla certificazione del diritto a pensione di ogni singolo individuo. Dobbiamo compiere un'indagine certosina soggetto per soggetto.
Da qui nasce la complessità del fenomeno che abbiamo circoscritte e descritto.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano formulare ulteriori quesiti e osservazioni.

MARIALUISA GNECCHI. La ringrazio molto per aver individuato la categoria dei «salvaguardati». Ci sembra il termine giusto e cercheremo di utilizzarlo.
Rispetto a questo concetto e ai dati che lei ci ha fornito, un ordine del giorno presentato da noi nell'ambito della discussione sul decreto cosiddetto «Salva Italia» e firmato da tutti i gruppi, mirava - il suo accoglimento ha condotto successivamente alla modifica del decreto Milleproroghe - a tener conto di tutti coloro che hanno perso il lavoro in questo periodo di crisi.
Ci teniamo molto a sottolinearlo perché si sente parlare di «esodati», ma il singolo lavoratore che ha perso il lavoro o è stato licenziato per i gravi problemi legati alla crisi economica non capisce se rientra in questa categoria. Per «esodati», infatti, si intendono i dipendenti di Telecom, di Poste e di altre grandi aziende. Come ripeto, teniamo molto al concetto di salvaguardati perché i singoli lavoratori sono quelli di cui soprattutto dovremmo occuparci, dal momento che non hanno alcun ombrello o tutela e rischiano di essere abbandonati. Siamo, quindi, molto contenti per la sensibilità dimostrata.
I dati relativi ai 45.000 lavoratori in mobilità o ai 13.000 «esodati» del settore bancario sono i più facili da individuare perché la mobilità dipende da accordi e dall'autorizzazione del Ministero e quindi l'INPS ne ha piena conoscenza. Ci rendiamo conto che rilevare il singolo lavoratore licenziato sarà invece più difficile. Vorrei quindi fare alcune considerazioni su prosecuzione volontaria e licenziamento individuale.
Noi temiamo molto l'interpretazione che verrà data della prosecuzione volontaria.


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Sappiamo che un soggetto potrebbe aver chiesto l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria perché gli mancavano poche settimane o pochi anni di contribuzione e quindi potrebbe aver finito di versare tre o quattro anni fa. Una volta perfezionati i requisiti si smette di versare. È evidente che non si continua a pagare di più o a versare una settimana all'anno per tenere accesa la prosecuzione volontaria. Sappiamo anche che la prosecuzione volontaria è una di quelle poche situazioni che rimane valida per tutta la vita. Per questo abbiamo capito subito che sarebbe stato un problema.
Contiamo davvero sull'autorevolezza dell'INPS, oltre che del legislatore, perché persone nella stessa situazione non vengano trattate in modo diverso. Se una persona ha perso il lavoro tre o quattro anni fa non deve essere trattata peggio di chi l'ha perso a dicembre 2011. Siamo consapevoli delle difficoltà e creare una graduatoria non sarebbe giusto, ma a parità di requisiti esiste un diritto non subordinato alle risorse economiche.
Questa è l'altra cosa che ci terrorizza. In una situazione di gravità come quella che stiamo vivendo, un cinquantenne difficilmente ritrova lavoro. Per un sessantenne, specialmente se si tratta di una donna, le cose vanno ancora peggio. C'è un reale bisogno di certezza del diritto e per questo contiamo sui tavoli tecnici e sull'autorevolezza dell'INPS. L'invito all'INPS è a sfruttare tutte le proprie abilità e conoscenze della storia del sistema previdenziale affinché questo diritto sia riconosciuto.
Dobbiamo però dire che la prima esperienza non ci fa sperare in bene. La situazione delle donne - contribuzione per quindici o vent'anni - ci pone un grande dubbio in merito all'autorevolezza dell'INPS. Né il decreto «Salva Italia» né il decreto Milleproroghe hanno abrogato l'articolo del decreto legislativo n. 503 del 1992 che aveva cristallizzato i requisiti per tutti coloro che avessero già maturato i quindici anni oppure che avessero l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria. Non troviamo l'abrogazione, ma una circolare dell'INPS in cui viene detto vent'anni punto e basta.
Da questo nasce la preoccupazione per tutti i contributi silenti. Nasce la preoccupazione che queste donne - è più facile che siano donne a trovarsi in questa situazione - debbano versare altri cinque anni di contribuzione volontaria, e qualcuno dovrebbe informarle di questo. Oltretutto l'età della pensione è stata spostata in avanti.
Vi chiediamo di riflettere e di darci un riferimento perché dal punto di vista normativo non abbiamo trovato nulla, tant'è che nel volume Prestazioni sociali dalla A alla Z, che riguarda il 2012 e parte dal «Salva Italia» e dal Milleproroghe, i quindici anni vengono ancora dati per scontati, mentre la successiva circolare dell'INPS li ha cancellati. Non abbiamo dubbi sul fatto che vada fatta un'analisi precisa sui contributi volontari.
Per quanto riguarda i congedi per le persone che assistono figli o parenti disabili - l'emendamento in Senato parla di figli, ma sappiamo benissimo che la sentenza della Corte costituzionale contempla i familiari e alcune correzioni andranno fatte - non ci stupisce che siano solo un migliaio. Fissando la data al 31 ottobre 2011, qualcuno avrà iniziato dopo o finito prima e pertanto non viene conteggiato nei salvaguardati, ma a pari condizione. Torna, quindi, il mio discorso iniziale, sul quale vorrei veramente che riflettessimo.
Quanto alla mobilità, condividiamo l'interpretazione data al fatto che l'accordo debba essere precedente al 4 dicembre. A noi piacerebbe il 31 dicembre, ma ci rimettiamo alla legge. Sappiamo, però, che gli accordi di mobilità potevano prevedere periodi di cassa integrazione prima e di mobilità poi e che erano stipulati con la previsione specifica del pensionamento. Essere salvaguardati vuol dire, quindi, mantenere le regole precedenti.
L'aspettativa di vita crea di per sé un problema perché il relativo calcolo può far uscire dalla platea degli aventi diritto alla salvaguardia un numero considerevole di persone sfortunate come le altre. Poniamo


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il problema perché, come ho già detto, a parità di requisiti vorremmo che corrispondessero parità di diritti e certezza del diritto, soprattutto in materia previdenziale. Questo vale anche per gli accordi individuali e collettivi e per i licenziamenti o la perdita del posto di lavoro a qualunque titolo.
Quello che noi chiediamo è che vangano avviati dei tavoli tecnici dove discutere e riflettere. Chiediamo che le regole siano certe e possibilmente condivise anche con le Commissioni lavoro di Camera e Senato. Non pensiamo di essere i tecnici o gli esperti per eccellenza. Sicuramente meglio di noi fanno i patronati, gli enti e tutti coloro che lavorano a tempo pieno in questo campo. Tuttavia, le nostre antenne captano quello che succede nei territori.
Crisi occupazionali, persone disperate e situazioni gravi le abbiamo ben presenti e vorremmo che quello che non è stato possibile fare prima del 6 dicembre venga fatto almeno in corso d'opera, così da non creare ingiustizie maggiori di quelle che già si stanno delineando.

PRESIDENTE. Vi prego di contenere gli interventi in un lasso di tempo ragionevole.

AMALIA SCHIRRU. La mia prima domanda è stata anticipata dall'onorevole Gnecchi. Vorrei capire, per quanto riguarda i pensionati con figli disabili, se nell'ambito della salvaguardia ci sia la possibilità di considerare le indicazioni della Corte costituzionale e riconoscere il diritto anche ai familiari.
Come seconda domanda, vorrei sapere se rientrano in questa categoria anche i lavoratori con una invalidità pari all'80 per cento e i non vedenti.

LUCIA CODURELLI. Sarò molto breve. L'onorevole Gnecchi ha già sottolineato molto bene le questioni principali su cui attendiamo una risposta.
Vorrei sottolineare un aspetto relativo alla prosecuzione volontaria. Nella prima parte della sua relazione ci ha fornito un quadro del funzionamento dell'Istituto per dimostrare che siete in grado di rispondere a qualsiasi esigenza. Poiché non ho ancora ricevuto risposta su questo, ribadisco che oggi migliaia e migliaia - se non di più - di lavoratori non hanno assolutamente cittadinanza all'INPS.
L'eliminazione dell'Istituto postelegrafonici (IPOST) risale al 2010, ma questi lavoratori non sono in capo a nessuno. Al proposito è stata anche presentata un'interrogazione. Alcuni di essi dovrebbero essere in pensione da questo mese, ma ancora non hanno potuto fare i versamenti volontari. Attenzione a dire che tutto è sotto controllo perché in questo caso addirittura le domande non sono state protocollate. C'è un problema di fondo legato al servizio minimo. La prosecuzione volontaria non è un fenomeno sotto controllo da parte dell'INPS, perché questo ente è stato abolito nel luglio 2010.
Nonostante quanto è stato detto sul funzionamento dell'Istituto, a questa Commissione la settimana scorsa sono stati consegnati dei piani di recupero, di cui qualcuno dovrebbe rispondere. Si parla di 738.000 pratiche nel 2011 e di 85.000 nel primo trimestre del 2012.
Questo genera qualche dubbio sulla ottima funzionalità descritta all'inizio.

LUIGI BOBBA. La mia è una domanda piuttosto secca, anche se ha bisogno di un'argomentazione preliminare.
Il Ministro ci aveva fornito il dato di 1.472.000 soggetti in prosecuzione volontaria. Adesso per fortuna - lo dico senza nessuna ironia, anzi con apprezzamento - con la sua elencazione più dettagliata e disaggregata abbiamo le idee più chiare e disponiamo di una stima più sensata quanto meno della platea.
Tuttavia, se con un esercizio di simulazione dividessi per tre quel dato, che lei ha sostenuto essere di grande lunga (lo ha ribadito tre volte) superiore alla realtà, e aggiungessi i numeri delle altre categorie, depurandoli di un coefficiente più basso, otterrei comunque circa mezzo milione di salvaguardati. Siccome, secondo i calcoli, la legge tutelerebbe 65.000 persone, questo significa più di 400.000 soggetti non tutelati


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che dovrebbero rientrare in questo provvedimento del Governo.
È stata fatta una stima del costo di questa simulazione un po' arruffata?

GIULIANO CAZZOLA. Anch'io cercherò di essere breve.
Il dato di 357.000 che era circolato non sembra essere clamorosamente infondato. Mi pare però che alcune cose vadano chiarite, anche ridimensionando la tragedia che si è costruita sui cosiddetti «esodati».
In realtà gli «esodati» non sono quelli che si trovano nella condizione peggiore. Nonostante la buona volontà e l'intenzione ribadita dall'onorevole Gnecchi, un disoccupato uti singuli o è in prosecuzione volontaria o si attacca alla canna del gas. Se non è in prosecuzione volontaria è dimenticato da Dio e dagli uomini rispetto a chi invece ha stretto accordi che saranno gestibili quando comincerà a venir meno il contributo all'esodo che deriva dall'azienda. Se anche noi trattassimo con più moderazione la vicenda degli «esodati» faremmo un servizio all'equità. Un disoccupato che non sia in prosecuzione volontaria non è affatto tutelato dalle norme.
Ciò detto, vengo alle domande. La prima riguarda i quindici anni di anzianità contributiva delle donne previsti nel 1992. Qual è la norma che supera il dettato normativo secondo il quale nel 1992 chi era in prosecuzione volontaria vi rimaneva per quindici anni? Io non l'ho trovata.
La seconda domanda che le chiedo, poiché abbiamo avuto una risposta del Governo in Commissione, riguarda i benefici contributivi riconosciuti a certe categorie di invalidi, come per esempio i ciechi o le vittime del terrorismo. Visto che la norma tace, a noi è stato posto il problema del perché, se esistono sconti contributivi o un'anzianità convenzionale riconosciuta, occorra una norma che li riconfermi. Il Viceministro Martone, a una mia interrogazione relativa alla condizione dei ciechi, ha risposto che, senza una previsione normativa esplicita, perdono il beneficio contributivo che è loro riconosciuto, cosa che non mi pare trovi riscontro nella norma.
Se rimane confermato, come è stato ribadito più volte, che le lavoratrici fino al 2015 potranno andare in pensione con 57 anni di età e 35 di contributi perché la norma non è stata modificata, non si capisce perché in questi altri casi si ritenga che ci sia una modifica normativa implicita.

MICHELE SCANDROGLIO. Capisco che la politica dell'azienda sia quella di utilizzare parole come platea e di non definirne i contorni in maniera puntuale. È altresì vero che, come lei ha sottolineato prima, potremmo addirittura dire che questa platea si allarga fino a un 1,5 milioni di persone. Siccome questa è una Commissione parlamentare, a me farebbe piacere che, pur con le cautele e con la paludata attenzione che deve avere il direttore generale dell'INPS, ci facesse capire se siamo nell'ambito di quei 150.000 o 160.000 che erano previsti o se ci troviamo di fronte a un vulnus significativamente più profondo, che merita maggiore attenzione.
Con tutta la buona volontà, dirci che 1,5 milioni possono diventare uno, mi sembra una valutazione un po' forte, visto che, da quanto si legge, risultano già 120.000 soggetti individuati.

CESARE DAMIANO. Ringrazio il direttore perché perlomeno qualche dato ce l'ha fornito, naturalmente con tutte le accortezze del caso. Che io sappia è la prima volta che ascoltiamo dati riferiti a platee disaggregate. Si parla di platee potenziali e quindi di potenziali destinatari. Capisco quale sia l'argomento. Tra il potenziale e il reale bisognerà fare la «prova del budino», cioè mangiarlo per vedere se è buono.
Detto questo, la prima domanda che vorrei fare è la seguente. Escludendo i cosiddetti versamenti volontari, le platee che lei ci ha indicato sono di circa 130.000 persone potenziali. Rappresentano il doppio, nel caso in cui il potenziale diventasse


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reale, delle risorse stanziate, ma rappresentano sicuramente una parte, se consideriamo i versamenti volontari, di coloro che potrebbero essere interessati. Come si vede e qualcuno lo ha accennato, una platea di effettivi fruitori di un beneficio pensionistico pari a 350.000 soggetti, platea di cui si è parlato in tutto questo periodo, pare una cifra realistica e probabilmente addirittura sottostimata.
Ferma restando l'incertezza dei dati, una prima questione l'abbiamo risolta e abbiamo degli ordini di grandezza. Queste cifre potenziali fanno riferimento alle attuali normative, anche quelle che sono state cambiate con il Milleproroghe. In altre parole, i potenziali fruitori delle vecchie regole pensionistiche sono coloro che, tra gli altri, matureranno il diritto all'assegno pensionistico nel periodo intercorrente fra il 6 dicembre 2011 il 6 dicembre 2013.
Lo dico perché, per quanto ci riguarda unitariamente, noi pensiamo che questa formula sia assolutamente insufficiente. Lì sono comprese finestra mobile e aspettativa di vita: nel caso in cui passasse la nostra interpretazione, avremmo un ulteriore allargamento della platea? Questa è la prima domanda.
Per quanto riguarda i lavoratori in mobilità, è evidente che un accordo di mobilità stipulato entro il 4 dicembre 2011 pone il lavoratore, non necessariamente entro quella data, in mobilità. Riteniamo però che, anche se non posto in mobilità, ma lavoratore con un accordo che lo porrà in mobilità successivamente, questo lavoratore debba essere computato tra coloro che beneficeranno delle vecchie regole pensionistiche. Credo di aver capito che questa è anche la vostra interpretazione e ne vorrei la conferma.
Io mi sono sforzato di ribadire al Ministro, ma senza successo, che dopo il 4 dicembre, come lei sa, sono stati stipulati altri accordi di mobilità. Mi riferisco a grandi imprese, come Termini Imerese o Alenia o Fincantieri. Queste aziende sono escluse dal computo? È evidente che noi le vogliamo includere. Tutto questo ovviamente porterebbe a un allargamento dei numeri.
Quando lei parla di accordi individuali e collettivi, mi pare di aver capito che non fa riferimento solo a Poste, ENI o Telecom, ma anche a quel singolo lavoratore della piccola impresa che si è licenziato individualmente, non ricadendo nella fattispecie di un qualche accordo collettivo di riferimento. Se me lo conferma, mi rassicura. Inoltre, che fine fanno i lavoratori di aziende poste in stato di fallimento o fallite? Rientrano in questa tutela? La questione dei soprannumerari dell'INPDAP è stata risolta? Parrebbe di sì, ma vorrei una conferma anche su questo argomento.
Infine, l'onorevole Gnecchi faceva giustamente riferimento a coloro che matureranno nell'arco dei prossimi due anni il diritto alla pensione sulla base delle vecchie regole pensionistiche dei 40 anni. Se dovessimo calcolare, oltre alla finestra, anche l'aspettativa di vita, alcuni di questi lavoratori, direttore, per poche settimane perderebbero il diritto alla vecchia regola previdenziale.
Questo è un grosso problema, che andrebbe affrontato perché corre il rischio di mettere in una condizione di disparità questa fattispecie di lavoratori.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Cercherò di essere molto veloce. Ringrazio il direttore dell'INPS e prendo atto che il Governo con la norma del decreto «Salva Italia» non aveva assolutamente idea a chi si riferisse e quali danni poteva fare al Paese. Ma questa ovviamente non è una domanda per il direttore dell'INPS.
Vorrei specificare che, oltre a 1.400.000 potenziali soggetti in prosecuzione volontaria, ci sono anche degli «esodati» atipici. Quella del dipendente del piccolo negozio che fa l'accordo col datore di lavoro per l'incentivo alla pensione, percependo una liquidazione più alta per pagare i contributi volontari e andare in pensione, è la stessa logica degli «esodati» classici. Semplicemente devono pagare una contribuzione volontaria. Non possiamo distinguere


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le platee in modo tale che gli «esodati» siano salvaguardati e gli altri non siano considerati «esodati». Anche quelli sono «esodati».
Vorrei capire dal direttore dell'INPS quando potremo avere dati certi, così da convincere il Governo a prendere misure per capire a chi ci rivolgiamo e qual è il costo. Se non sbaglio, erano stimati tra 60.000 e 70.000 soggetti. C'è stata una modifica per cui il Governo deciderà il numero, ma i soldi sono sempre gli stessi. Il numero rimane inalterato, ma semplicemente non è stato scritto. Capisco bene, direttore, che sbilanciarsi è molto pericoloso, ma vorrei sapere se c'è il rischio di sfondare quota 350.000 oppure se i diversi soggetti inclusi nelle sue stime, secondo lei - non vogliamo darle alcuna responsabilità - potranno rientrare in quella cifra che arriva dai mezzi di informazione.
Anche nel corso dell'audizione col presidente Mastrapasqua alla Commissione non è stato fornito alcun tipo di stima, né precisa né per grandi numeri.

ANTONINO FOTI. Vorrei parlare di un altro argomento all'ordine del giorno, e cioè le ricongiunzioni onerose, per capire se a oggi siano noti i possibili costi. Questa vicenda nasce a seguito dell'approvazione di una legge finanziaria elaborata dal Ministro Tremonti. È stato compiuto un tentativo per sanarla con una mozione bipartisan, ma la Ragioneria dello Stato si è opposta perché il costo era di 400 milioni di euro. Ora sembra - ne vorrei conferma dal direttore generale - che il costo sia addirittura di 1.200 milioni di euro all'anno fino al 2021.
Se è così, come si pensa di risolvere quest'altro problema?

MASSIMILIANO FEDRIGA. Integrando la domanda dell'onorevole Foti, questo significa che dal blocco delle ricongiunzioni l'INPS ha messo a bilancio un miliardo e 200 milioni di euro in più all'anno?

GIULIANO CAZZOLA. Dai dati che ci ha fornito il direttore emerge una sorpresa. Noi credevamo che fossero gli «esodati» a non far quadrare i conti e invece ci accorgiamo che sono i soggetti in prosecuzione volontaria. Il fatto è che questi erano stati inseriti nel primo elenco, quello dei 65.000.
La previsione era sbagliata all'inizio.

PRESIDENTE. Non c'è dubbio.

MARIALUISA GNECCHI. Ho qui l'atto Camera C. 4829 e vorrei consegnarlo al direttore generale dell'INPS.
Questo atto contiene le stime previste per il decreto «Salva Italia». I prosecutori volontari sono conteggiati al comma 14 dell'articolo 24 del decreto «Salva Italia». Nella relazione «bollinata» dalla Ragioneria dello Stato è riportato esplicitamente che «la definizione di tale contingente è stata verificata anche sulla base dei dati amministrativi degli enti previdenziali interessati». Con l'abrogazione totale delle quote, che valevano per dipendenti pubblici e privati, autonomi, uomini e donne (tutto l'universo mondo praticamente), si prevedeva un risparmio pari a zero nel 2012, perché i requisiti erano ancora quelli previgenti, di 315 milioni di euro nel 2013, di 750 milioni nel 2014, di un miliardo e 600 milioni nel 2015 e così via.
Varrebbe la pena riesaminare queste pagine per avere il quadro preciso. Noi pensiamo che probabilmente mantenere le quote sarebbe stata la soluzione più giusta, ma ovviamente non è il direttore generale dell'INPS che può ridarcele. Forse la pensa come noi e non lo può dire.
Per quanto riguarda le ricongiunzioni onerose, ci siamo rimasti molto male quando il Ministro Fornero, rispondendo ad una interrogazione, ci ha detto che non è possibile ritornare alla ricongiunzione gratuita verso l'INPS, perché i costi sarebbero insostenibili, e che i calcoli li aveva fatti l'INPS stesso. Il presidente Mastrapasqua, richiesto di spiegarci in audizione questi conti, ci ha detto che non li ha fatti l'INPS, ma il Ministero. Voglio che sia molto chiaro che l'articolo 12 della legge n. 122 del 2010 non prevedeva alcuna entrata, così come il collega Fedriga ha ricordato.


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Il sottosegretario Bellotti il 27 luglio 2011, accogliendo la mozione di tutti i gruppi, ci disse in Aula che il Governo intendeva adottare un'interpretazione autentica della norma per aggirare i costi della Ragioneria, quantificati in 400 milioni di euro. Adesso la previsione è di un miliardo e 470 milioni di euro all'anno fino al 2021. Vorrei ricordare a tutti - noi non ci siamo opposti, ma anzi l'abbiamo accettato - che dal 1o gennaio 2012 esiste il contributivo per tutti. Fare i conti in questo modo ci sembra non solo una lotteria, ma dare i numeri.
Sulle ricongiunzioni onerose occorrerebbe fare un discorso a sé stante. Abbiamo apprezzato moltissimo la circolare n. 97 del 2011 dell'INPS, che ha ridotto il danno. Ci piacerebbe però che quella circolare venisse estesa almeno a tutti coloro che hanno cessato il rapporto di lavoro prima del luglio 2010 e che a costoro sia garantita la ricongiunzione gratuita verso l'INPS, mentre verso gli altri enti, in base alla legge n. 29 del 1979, è sempre stata onerosa.
Come dicevo, alle ricongiunzioni onerose varrebbe la pena dedicare uno spazio ad hoc.

PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

MAURO NORI, Direttore generale dell'INPS. Grazie. Ho preso numerosi appunti, ma chiedo scusa se alcune cose saranno saltate (mi riservo di fornire una risposta successivamente).
Parto da alcuni punti che vorrei chiarire subito. All'onorevole Fedriga vorrei dire che non è vero che il Governo non sapeva a chi si stava riferendo. Il Governo ha correttamente elaborato delle stime in relazione alla situazione socio-economica. Il problema di queste norme, come ho detto in premessa, è che sono finanziariamente condizionate e prevedono un'attuazione mobile in relazione allo stato delle cose.
Le platee relative alla mobilità sono frutto di una stima prospettica da qui ai prossimi due o tre anni. Questo significa che potenzialmente e idealmente, se il Paese intercettasse la ripresa e non ci fossero più lavoratori in mobilità, queste stime andrebbero ridotte in maniera anche drastica. Mi si chiedeva quando potremmo avere dati certi. Il Ministro ci ha chiesto di fare in fretta. Quando parliamo di platee, parliamo di soggetti che non sono già nella condizione drammatica in cui si siano interrotti gli interventi di sostegno e non si sia raggiunto il requisito pensionistico. Ci riferiamo a soggetti che potrebbero entrare in questo meccanismo.
È inevitabile - la storia ci ha insegnato questo - che molti accordi di mobilità vengano stipulati tra azienda e organizzazioni di rappresentanti dei lavoratori sul presupposto che ci sia spazio per la salvaguardia. Nel momento stesso in cui dovesse essere chiaro che questo spazio non c'è, molti accordi potrebbero essere rivisti. La prudenza nel fornire queste informazioni non è di maniera o legata al fatto che si vuole mantenere l'ambiguità. Sono le circostanze a rendere oggettivamente complessa una puntuale definizione.
Per quanto riguarda i singoli lavoratori, la cifra di 70.000 cessati al 31 dicembre equivale al numero di soggetti che al sistema EMENS risultavano cessati a quella data. Sulla base di questo stiamo provvedendo a svolgere la ricognizione. Vi posso anche annunciare che molti di essi non rientrano in questo ambito. La somma alla data odierna è valutata per eccesso.
Sul fronte dei versamenti volontari, il problema è molto complesso perché la platea è vasta e molti soggetti sono stati autorizzati prima del 2007. Ci sono, quindi, profili che in termini di salvaguardia devono essere interpretati in base alla successione delle leggi.
Per quanto riguarda i quindici anni di contribuzione delle donne e la possibilità che rientrino nell'ambito dei contributi silenti, l'interpretazione è stata come sempre assunta in maniera concordata con i


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ministeri vigilanti. Sono in corso approfondimenti che valuteremo nell'evolversi della situazione.
L'onorevole Schirru poneva il problema dell'interpretazione della Corte costituzionale a proposito di chi assiste figli disabili, soprattutto non vedenti o con invalidità superiore all'80 per cento. Per queste ultime due categorie esistono benefici personali. L'estensione della sentenza della Corte costituzionale fa parte, invece, dell'approfondimento che stiamo conducendo in maniera serrata con i ministeri vigilanti. Come ripeto, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ci ha chiesto di fare presto anche per dare elementi di certezza a questi soggetti.
L'onorevole Codurelli ha posto il problema dei versamenti volontari e quindi non mi ripeto. Per quanto riguarda l'IPOST, effettivamente ci sono stati dei disallineamenti che stiamo provvedendo a risolvere. Con riferimento alla platea delle prestazioni indebite, abbiamo fatto una ricognizione nel corso del mese di dicembre. Abbiamo inviato alcune comunicazioni e stiamo trattando. C'è stato un cambiamento di orientamento più generale rispetto a questa partita, ma stiamo effettuando una ricognizione anche sull'attività condotta dalle sedi territoriali. Esistono, infatti, operazioni effettuate centralmente e operazioni che dipendono dalla gestione quotidiana delle singole sedi.
L'onorevole Bobba ha anticipato una stima relativa ai versamenti volontari, dividendo per tre la cifra indicata per sottolineare che io avevo ribadito per tre volte la mia prudenza su questo versante. Forse ho sbagliato perché avrei dovuto ribadirla per dieci o quindici volte. A quel punto probabilmente la stima sarebbe stata più vicina alla realtà. Allo stato attuale non stiamo parlando di 500.000 soggetti potenziali, ma di un numero molto inferiore. Come ripeto, queste sono le stime alle ore 15.25 dell'11 aprile. La prossima settimana o tra qualche mese potrebbero essere diverse.
Lo stesso legislatore presupponeva una stima mobile, altrimenti non avrebbe stabilito un diritto finanziariamente condizionato. Se le cifre fossero stabili, non staremmo discutendo di un diritto così configurato. Il legislatore lo aveva già previsto nel 2005, lo ha reiterato lo scorso anno e in questa fase. L'elemento della mobilità delle platee e delle stime è legato alla stessa costruzione della norma. Si può discutere, ma tant'è.
L'onorevole Cazzola ha posto il problema della veridicità o meno del dato di 357.000 soggetti. Come ripeto, si tratta di platee che stiamo riducendo alla luce degli approfondimenti puntuali che sono in corso. Sulla stessa falsariga rispondo all'onorevole Scandroglio.
Per quanto riguarda i soprannumerari dell'INPDAP, onorevole Damiano, sulla base della norma votata dal Parlamento, stiamo predisponendo un piano triennale di assorbimento degli esuberi INPDAP, potendo beneficiare del recupero del 20 per cento del turn over. Una quota parte di questo 20 per cento di nuove assunzioni sulla base delle cessazioni sarà utilizzato per assorbire i soprannumerari INPDAP.
Il problema delle ricongiunzioni è legato essenzialmente al disallineamento dell'età legale di pensionamento tra le donne del pubblico impiego e le donne del settore privato. Il ripristino della norma sulle ricongiunzioni diviene molto oneroso per effetto del comportamento indotto dal mancato allineamento temporale tra l'età della pensione di vecchiaia delle donne del pubblico impiego e quelle del settore privato.
In termini interpretativi la risposta alla normativa potrebbe essere ciò che avviene, ad esempio, nell'ambito delle gestioni miste tra lavoratori autonomi e lavoratori privati per l'assicurazione generale obbligatoria, dove chi utilizza contributi di altre gestioni si porta dietro il requisito più pesante. Questo però non risolverebbe il problema della ricongiunzione gratuita. Se fosse rimasta in vita la norma precedente, le donne del settore pubblico potrebbero


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optare per la gestione dell'assicurazione generale obbligatoria privata e beneficiare dell'anticipo di pensionamento. Il disallineamento genera il costo elevato.
Il ripristino della ricongiunzione sconta questo effetto combinato.

PRESIDENTE. Ringrazio il direttore generale dell'INPS, anche perché, come sottolineava l'onorevole Damiano, per la prima volta abbiamo dati disaggregati che ci consentono di ragionare in maniera più puntuale su questioni molto delicate e complesse.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,30.

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