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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XII
3.
Martedì 1° luglio 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, sulle linee programmatiche del suo dicastero, per le parti dicompetenza (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3 6 7
Barani Lucio (PdL) ... 6
Ciccioli Carlo (PdL) ... 3
Di Virgilio Domenico (PdL) ... 7
Molteni Laura (LNP) ... 7
Sacconi Maurizio, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 1° luglio 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 13,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, sulle linee programmatiche del suo dicastero, per le parti di competenza.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma, 2 del Regolamento, del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, sulle linee programmatiche del suo dicastero, per le parti di competenza.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

CARLO CICCIOLI. Signor presidente, chiedo scusa al Ministro per la conclusione dei lavori sul precedente punto all'ordine del giorno, che è ovviamente legata al clima che si andrà a instaurare - penso - nelle prossime ore in Parlamento.
Voglio intervenire non con un lungo discorso, ma con alcuni flash, che potrebbero essere oggetto di riflessione da parte del Ministro. In primo luogo, mi sento di affermare che la qualità delle prestazioni sanitarie è determinata dalle strutture e dalle persone. Per quanto riguarda le strutture, è necessario un vasto intervento, un programma pluriennale di costruzione e ristrutturazione per il quale occorrono risorse, mentre gli interventi nei riguardi delle persone possono essere molto più rapidi.
Ho lavorato per quindici anni come medico nel Servizio sanitario nazionale. Ritengo che chi ha vissuto in prima persona questa esperienza possa esprimere una valutazione approssimativa - anche se non è più presente l'opposizione, qualche collega medico potrebbe risentirsi - secondo la quale un 40 per cento circa del personale sanitario (ho lavorato in più strutture e faccio una valutazione complessiva) lavora più ore e si aggiorna maggiormente rispetto a quanto previsto dal contratto di lavoro, interviene fuori turno e quant'altro; un 30 per cento circa, invece, compie il proprio dovere nello stretto rispetto del contratto e degli orari; infine, esiste un ulteriore 30 per cento che, all'interno delle strutture, si pone in atteggiamento passivo.
Quest'ultimo 30 per cento è quello che, ovviamente, mette in difficoltà l'altra parte degli operatori sanitari: produce liste d'attesa, elude impegni e responsabilità, tende a inviare i pazienti all'esterno del Servizio sanitario nazionale, quando può evita i turni. Insomma, è composto da persone che assumono un atteggiamento non produttivo nell'ambito del sistema.
Ebbene, ritengo che, come primo obiettivo, bisognerebbe modificare il rapporto economico del medico con il servizio pubblico nazionale. È evidente che il sistema, più o meno, funziona grazie a una serie di conguagli tra i disequilibri esistenti: tra chi


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lavora e chi no, tra coloro che rendono prestazioni ottimali e coloro che non le rendono, tra nord e sud, tra zona e zona.
La razionalizzazione del sistema, che è l'obiettivo anche del Documento di programmazione economica e finanziaria, mantenendo i livelli di prestazione, a mio avviso deve avvenire attraverso una rivoluzione dal punto di vista economico. Devono esserci un salario base e una quota legata alla produttività. Dobbiamo puntare a questo. È evidente che, se una parte della remunerazione è legata all'attività e alla produttività, diventiamo competitivi addirittura nei confronti del privato, le cui remunerazioni in genere sono basate solo sulle prestazioni.
Si tratta inoltre di un sistema comunque corretto, poiché nel pubblico l'utenza esiste e non si rileva quel tentativo di accaparramento dell'utenza che, viceversa, si riscontra da parte delle strutture private. Quest'intervento - al quale dobbiamo tendere anche facendo precise proposte ai sindacati dei medici - rappresenta uno dei primi obiettivi che dobbiamo darci.
Nella sua relazione, signor Ministro, lei ha parlato anche di merito.
Quando parliamo di merito, quindi di competenze specifiche e di eccellenze, ci riferiamo all'intero sistema e, soprattutto, ai direttori generali, sanitari e amministrativi, nonché ai primari.
Oggi viviamo una condizione per cui - come ricordava il collega Di Virgilio nel suo intervento - in tutti i concorsi per primari l'idoneità non si nega quasi a nessuno. Ne consegue una totale discrezionalità delle direzioni generali, le quali, spesso, rivelano una valenza più politica che sanitaria. Quindi, è importantissimo andare verso una restrizione, attraverso apposite commissioni, delle idoneità, limitando a poche persone, da un minimo di tre a un massimo di cinque, la scelta discrezionale del dirigente di secondo livello. Questo è l'obiettivo.
Con ciò iniziamo a ridurre la discrezionalità assoluta che oggi vive in tutte le strutture sanitarie e che addirittura comporta trasferimenti. La mia regione, le Marche, è diventata una colonia dell'Emilia-Romagna. Abbiamo tutti i direttori generali, amministrativi e sanitari che provengono - non si sa perché - dall'Emilia-Romagna. Evidentemente, si tratta di una linea di tendenza di natura politica.
Non chiedo scelte di carattere esclusivamente locale: molto spesso le scelte interne - tranne casi particolari - non sono le migliori, in quanto chi ha lavorato tutta la vita in una stessa struttura non è detto che sia il miglior dirigente per quella struttura. Probabilmente, nel corso di una vita professionale medica, sarebbe opportuno frequentare almeno due o tre strutture, così da vedere la realtà sotto punti di vista diversificati e con un orizzonte più aperto. Rimane comunque la necessità di eliminare la discrezionalità assoluta che attualmente vige.
Il criterio che ho indicato è quello del restringimento della rosa dei candidati, ma se ce ne fossero altri, ben venga la discussione: non ho preclusioni di alcun tipo. Lo stesso dicasi per i direttori generali, sanitari e amministrativi, la cui scelta oggi dipende molto meno dal curriculum di studi e di esperienze maturate in anni di lavoro sul campo, che dalla fedeltà politica nei confronti degli assessori regionali.
A mio giudizio, il cambiamento può essere gestito facendo innanzitutto in modo che la valutazione prenda in considerazione il mix fra l'attività di studio e di approfondimento - documentata dai titoli - e il lavoro specifico sul campo.
Abbiamo una serie di «scienziati della teoria» che vengono messi in campo sebbene non abbiano, spesso, la minima idea di cosa sia la gestione diretta. Deve essere posto, pertanto, un vincolo ai criteri per accedere agli elenchi da cui gli assessori possono attingere, sia come anzianità di servizio, sia come titoli specifici di studio. Insomma, si tratta di riuscire a mettere alcuni paletti che ingabbino la discrezionalità.
Il terzo punto che voglio trattare riguarda il controllo di gestione e la verifica della qualità. Oggi questi controlli sono del tutto autoreferenti. Il direttore generale nomina lui stesso chi deve controllare e


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quant'altro. L'autoreferenza porta, il più delle volte, al fatto che non ci sia nessun effettivo controllo.
Esistono più opzioni: indicare norme nazionali sulla valutazione, obbligatorie e vincolanti per le regioni, magari abbinate all'agenzia indipendente di cui parlava qualche collega; oppure, si possono adottare altri strumenti di verifica che non siano legati all'auto-nomina dei verificatori, giacché non succede mai che due squadre di calcio nominino l'arbitro. L'arbitro è un personaggio terzo, così noi dobbiamo rendere terzi i meccanismi di gestione e verifica della qualità. Non possiamo continuare a trovarci nella frequente situazione per cui la verifica di gestione di una struttura debba passare attraverso l'indagine giudiziaria. Si tratta di una situazione abnorme.
Attualmente solo lo scandalo ci porta a decidere di verificare a posteriori, mentre la normalità dovrebbe essere rappresentata dal controllo continuo sulla produttività degli operatori sanitari. Si tratta di un elemento molto importante: la produttività va verificata non soltanto globalmente nella struttura, dove chi lavora si integra con chi non lavora, ma anche nelle prestazioni personali e nella qualità complessiva delle prestazioni fornite dalla struttura stessa.
Il quarto punto che voglio trattare è quello della prevenzione, che è sempre stata un po' la «cenerentola», in quanto le risorse ad essa destinate sono sempre ridotte al lumicino. Viceversa, dobbiamo farla decollare, poiché gli investimenti sulla prevenzione implicano un risparmio rispetto alle cure. La prevenzione in oncologia implica un grande risparmio, rispetto a un paziente oncologico avanzato. Lo stesso per quanto riguarda la prevenzione in cardiologia.
Dobbiamo procedere non solo in direzione di interventi di prevenzione che salvino la vita, ma anche in direzione di azioni di risparmio reale. Per quanto riguarda i LEA (Livelli essenziali di assistenza), per esempio, la mancata prevenzione sui foci dentari comporta una serie di patologie successive che sono costosissime. Dobbiamo, pertanto, individuare meccanismi di controllo anche per patologia. Direi, anzi, che il Ministero dovrebbe esercitare una forte azione sui meccanismi di controllo, attraverso progetti per patologia, con obbligo, da parte delle regioni e delle aziende, di esercitarlo. Diversamente, si elaborano bellissimi progetti nazionali e, molto spesso, alcune aziende pilota realizzano anche iniziative egregie, ma poi tutto si ferma, come sempre, dando origine a una situazione a macchia di leopardo.
Vengo all'ultimo punto, che riguarda direttamente la mia storia professionale di psichiatra: il problema della riforma della legge n. 180. Ieri si è svolto un convegno alla Sala delle Colonne, promosso da Fondazione liberal, Psichiatria libera e altri, perché, a trent'anni dalla promulgazione della legge n. 180 - confluita poi nella legge n. 833 - la revisione delle norme per rendere operativa l'assistenza nei confronti dei pazienti psichiatrici è fortemente attesa, innanzitutto per l'esistenza di una nuova farmacologia. Nell'ultimo decennio abbiamo assistito a un cambiamento fortissimo, con l'introduzione di psicofarmaci che, a differenza del passato - i farmaci erano di natura contenitiva, bloccavano cioè i sintomi, ma avevano una serie di effetti collaterali molto forti e direi anche antisociali, creando quindi notevoli problemi - inducono anche alla riabilitazione. Abbiamo pertanto il dovere anche morale di intervenire.
Ovviamente i manicomi rappresentano un'esperienza storica, legata a un contesto assolutamente superato. Oggi, tuttavia, il manicomio è dentro casa, nelle famiglie, oppure sulla strada. Questo è un intervento che i cittadini ci chiedono: uno dei cinque punti del programma con cui questa maggioranza ha vinto le elezioni era la riforma della legge n. 180. Se non rivediamo questa legge siamo fuori dalla civiltà. È come se i trenta anni della legge Basaglia fossero un periodo storico ormai esaurito: siamo tenuti a dare risposte, ovviamente confrontandoci.
Personalmente ho messo a punto un testo, con altri colleghi, ma qui si tratta di


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arrivare a una sintesi. Diversamente, qualsiasi testo diventa solo una promozione personale. Vorrei conoscere il parere del Ministro: se sia opportuno concordare un testo con il Governo, quindi coinvolgendo il dipartimento che si occupa di tali questioni, per presentarlo poi in Commissione e in aula, oppure se sia più opportuno invece che la Commissione stessa promuova un testo concordato, aperto e il più ampio possibile.
Ieri alcuni esponenti dell'UDC sono intervenuti, comunicando l'adesione a una proposta. Mi pare un fatto positivo, giacché più vasto è il consenso, meglio è. Potremmo darci come scadenza la fine del 2009 - quindi un anno abbondante - per chiudere con una legge di riforma effettivamente applicabile.
Uno dei problemi della legislatura 2001-2006, vissuto sul campo da chi vi parla, che ancora frequentava le strutture pubbliche, è stato che molto spesso le leggi promulgate venivano delegittimate dalle strutture periferiche. Un esempio fu la legge Fini-Giovanardi sulla droga, che è stata del tutto disapplicata dalle regioni e dalle aziende. È evidente che, invece, dobbiamo varare una legge in tempi limitati e successivamente, nell'ambito della legislatura, renderla operativa attraverso interventi e finanziamenti finalizzati, prevedendo, in caso contrario, tagli alle regioni.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Sacconi per la replica.

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor presidente, propongo di svolgere la replica in altra seduta, augurandomi che possano ricrearsi condizioni di coabitazione nella Commissione. Senza entrare nel merito del dibattito che si è svolto, mi permetto di proporre di rinviare la replica ad un momento migliore.

PRESIDENTE. La ringrazio vivamente per quanto propone di fare. Purtroppo, oggi si è verificato lo spiacevole inconveniente dell'abbandono dell'aula da parte dell'opposizione, per motivi che non esito a definire abbastanza futili, considerato che i tempi della discussione, in questa Commissione, sono storicamente piuttosto ristretti. Non è la prima volta che accade e probabilmente non sarà l'ultima, ma speriamo che lo sia.
Mi dispiace molto che proprio in occasione della sua presenza l'ex Ministro Turco e gli altri componenti dell'opposizione abbiano abbandonato l'aula prima della sua replica in sede di questa audizione. La sua proposta dimostra ancora una volta grande disponibilità e signorilità nei confronti di tutto il Parlamento e di questa Commissione in particolare. Accettiamo la sua proposta e rinviamo il seguito dell'audizione ad altra seduta, dando anche la possibilità di intervenire ai due deputati dell'opposizione che si erano iscritti a parlare. La speranza è che si torni a respirare quel clima - enunciato a parole, però non sostenuto dai fatti - di collaborazione che cerchiamo di mantenere in questa Commissione.
Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire sull'ordine dei lavori.

LUCIO BARANI. Intervengo per ringraziare il Ministro della disponibilità manifestata. Ha colto di sorpresa anche noi l'abbandono di tutta l'opposizione, che è avvenuta in due step. Prima ha abbandonato il gruppo dell'Italia dei Valori in sede di esame del provvedimento in materia di sicurezza pubblica che non era oggetto della sua audizione. Infatti, sul decreto-legge relativo alla sicurezza, questa Commissione, nello specifico, è chiamata ad esprimere il parere alle Commissioni I e II solo in ordine a due argomentazioni, legate agli incidenti stradali e sul lavoro, ma quel gruppo parlamentare, abbandonando i lavori della Commissione, ha colto l'occasione per sollevare una questione che continuerà a porre anche in aula.
Successivamente, il gruppo del Partito democratico ha seguito l'esempio. Nelle precedenti legislature non si è mai verificato che un ex Ministro abbandonasse i lavori della Commissione nel momento in cui stava per iniziare l'audizione del nuovo Ministro.


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Questo episodio mette in luce il clima preoccupante che si sta instaurando nel Paese. Il fatto che lei ci abbia dato la disponibilità a ritornare e a concludere con la replica, alla presenza dell'intera Commissione, indica la volontà di far sbollire gli animi affinché, approvato il decreto sicurezza, si ritorni a lavorare in maniera seria anche in questa Commissione.
Ovviamente condanniamo il comportamento dei colleghi, trattandosi di due gruppi autonomi che hanno scelto questa forma di protesta. A nome del Popolo della libertà, la ringraziamo per la sua disponibilità a ritornare.

DOMENICO DI VIRGILIO. Anch'io sento di dover intervenire brevemente, poiché la mia sensibilità di deputato che siede in questa Commissione da tre legislature non può non sottolineare negativamente quanto è accaduto oggi.
Ringrazio anch'io il signor Ministro, che nulla ha a che vedere con questo evento. Il contrasto tra maggioranza e opposizione è sempre esistito, qualsiasi siano gli eventi e chiunque sia al Governo. Il contrasto può essere anche aspro. Ricordo sedute molto aspre e tempi strettissimi per prendere alcune decisioni. Ci siamo lamentati moltissimo, quand'eravamo all'opposizione, ma si è proceduto ugualmente poiché occorreva prendere atto del poco tempo a disposizione delle Commissioni. La Conferenza dei capigruppo stabilisce i tempi dei decreti e delle proposte di legge che verranno esaminate in aula e a questo dobbiamo adeguarci.
Ciò non significa assolutamente che condividiamo questo modo di lavorare, ma è certamente da biasimare il modo in cui si è comportata l'opposizione, che avrebbe potuto benissimo esprimere il proprio dissenso nell'ambito della discussione su quei provvedimenti. Essa aveva comunque il dovere di restare in questa sede per ascoltare la replica del signor Ministro, che nulla ha a che vedere con i contrasti politici sui provvedimenti che abbiamo esaminato.

LAURA MOLTENI. Signor presidente, anch'io a nome del mio gruppo stigmatizzo il comportamento dell'opposizione, che ha abbandonato questa Commissione poco prima dell'audizione del Ministro. Malgrado i motivi addotti verbalmente fossero altri, il fatto si è concretizzato quasi contemporaneamente all'entrata del Ministro in quest'aula. L'opposizione si è comportata in modo molto grave, visto che lo stesso Ministro, con pazienza infinita, ha ascoltato i nostri interventi, di maggioranza e di opposizione.
Lo ringrazio ancora per la disponibilità che dimostra oggi, proponendo di rimandare la sua replica a una prossima audizione. Questo significa voler rispettare tutti i rappresentanti del popolo in questa sede, che siano di maggioranza o di opposizione. A parer nostro, si tratta di un grande atto di responsabilità.
Mi permetto, in ultimo, di aggiungere una brevissima considerazione. Si parla del voler fare, del voler essere presenti, del voler fornire risposte alla popolazione. Ebbene, tutti coloro che, con senso di responsabilità, sono rimasti in questa aula - penso di interpretare il pensiero anche degli altri colleghi - credo siano favorevoli a una politica del pensare e del fare in tempo reale, necessaria se si vuole realmente dare risposte concrete.

PRESIDENTE. Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 13,50.

XII Commissione (Affari sociali)

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