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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(V e XIV)
2.
Giovedì 25 febbraio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Marinello Giuseppe Francesco Maria, Presidente ... 2

Audizione del sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, onorevole Stefano Saglia, nell'ambito dell'esame del Documento di lavoro della Commissione: Consultazione sulla futura strategia UE 2020 (COM(2009)647 def.) (ai sensi dell'articolo 126-bis del Regolamento):

Marinello Giuseppe Francesco Maria, Presidente ... 2 4 6 8
Gozi Sandro (PD) ... 4
Polledri Massimo (LNP) ... 5
Saglia Stefano, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico ... 2 6

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

[Avanti]
COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) E XIV (UNIONE EUROPEA)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 25 febbraio 2010


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO

La seduta comincia alle 14,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, onorevole Stefano Saglia, nell'ambito dell'esame del Documento di lavoro della Commissione: Consultazione sulla futura strategia UE 2020 (COM(2009)647 def.).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 126-bis del Regolamento, del sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, onorevole Stefano Saglia, nell'ambito dell'esame del Documento di lavoro della Commissione: Consultazione sulla futura strategia UE 2020 (COM(2009)647 def.).
Do la parola al sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico per lo svolgimento della relazione.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor presidente, il tema oggi in esame sicuramente merita un'attenzione particolare. Stiamo parlando della strategia dell'Unione europea, che supera i traguardi sino a oggi perseguiti attraverso la strategia di Lisbona. Gli argomenti sui quali il Documento di lavoro della Commissione interviene riguardano, innanzitutto, una crescita basata sulla conoscenza e sull'innovazione, il coinvolgimento dei cittadini in una società partecipativa e un'economia competitiva interconnessa e più verde.
Il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri - d'intesa, in particolare, con il Ministero dello sviluppo economico - ha lavorato per il Governo a stretto contatto con la Commissione per cercare di valorizzare tre punti fondamentali: il mantenimento di una forte base industriale e la definizione di una politica industriale europea; la valorizzazione delle piccole e medie imprese, in quanto vero motore dello sviluppo del continente, con particolare attenzione alla loro capacità di fare ricerca, di innovare e di competere sui mercati internazionali; un'attenzione agli aspetti territoriali a partire dalla difesa della politica di coesione, intesa come politica comunitaria che integra la dimensione economica, sociale e territoriale.
In particolare, su quest'ultimo punto si sta negoziando il regime di sostegno dei diversi fondi strutturali europei, che rappresentano, soprattutto per le regioni dell'obiettivo Convergenza e per quelle del Mezzogiorno, un'opportunità che il Ministero ritiene debba essere colta attraverso una stretta collaborazione con le regioni, cercando però di concentrare sempre di più e meglio la spesa, dedicandola in modo particolare alle infrastrutture, per superare il divario tra nord e sud e, soprattutto, per fare in modo che vi sia un volano virtuoso, che può provenire - a nostro avviso - più da investimenti di carattere pubblico volti al sostegno all'innovazione


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che non semplicemente dall'elargizione di contributi alle imprese.
Per quanto riguarda i punti che abbiamo sottolineato alla Commissione europea e che saranno oggetto della futura strategia della Commissione stessa, il tema dell'energia ha sicuramente un rilievo centrale. Sapete che le direttive già in essere prevedono la strategia del «20-20-20» da realizzare entro il 2020, cioè la riduzione dei gas serra del 20 per cento, l'incremento della produzione da fonti rinnovabili fino al 20 per cento della produzione nazionale e il raggiungimento di un risparmio ed una maggiore efficienza energetica, con una riduzione del 20 per cento dei consumi di energia attraverso un suo uso razionale ed efficiente.
È una strategia che viene confermata. L'Italia è impegnata a perseguire tali obiettivi, anche se molto ambiziosi, e pensiamo di poterli raggiungere, in particolare per quanto riguarda le fonti rinnovabili, anche attraverso l'attivazione di collaborazioni forti. Sono in atto, infatti, attività di cooperazione significative con i Paesi del Mediterraneo e con i Paesi dei Balcani. Anche la realizzazione di impianti in questi Paesi viene contabilizzata ai fini degli obiettivi europei, considerata la conformazione del nostro territorio, che è densamente popolato e non sempre idoneo ad ospitare determinate infrastrutture concernenti il settore energetico.
Sulla strategia energetica, quindi, lavoriamo nell'ambito della green economy con incentivi significativi, in particolar modo, alle fonti rinnovabili e stiamo preparando il piano per l'efficienza energetica, che può rappresentare un atout importante anche per l'industria italiana: sono molte, infatti, le imprese italiane che hanno raggiunto efficienza e qualità in questi settori.
Il rapporto fondamentale per l'attuazione di queste politiche non può che essere quello tra le regioni e lo Stato. Nel merito, i piani di attuazione regionale riferiti ai fondi strutturali, in particolare a quelli derivanti dall'obiettivo Convergenza, e quelli interregionali debbono trovare un coordinamento sempre migliore e più stretto perché possano centrare gli obiettivi.
Sui temi dell'innovazione abbiamo lavorato attraverso i bandi del piano «Industria 2015», relativi all'efficienza energetica, alla mobilità sostenibile e al made in Italy; stiamo progettando due ulteriori bandi, che riguarderanno più in generale il settore della ricerca e, in particolare, anche l'innovazione nei settori culturale e turistico. Su queste misure abbiamo investito 570 milioni di euro e pensiamo di doverne investire altrettanti sulle linee di finanziamento che ho appena citato.
Dal punto di vista dell'innovazione, si pone un problema relativo alle nuove tecnologie e al tema della banda larga. Anche in quest'ambito, gli investimenti vanno compiuti insieme alle regioni per cercare di collegare le aree in difficoltà di sviluppo o sottoutilizzate. In questo contesto, il Mezzogiorno non può che rappresentare una questione nazionale, all'interno di una strategia di politica industriale nazionale che possa mettere il Paese nelle condizioni di competere all'indomani del termine della crisi.
Secondo le nostre previsioni, con queste politiche, grazie anche alle risorse comunitarie, quest'anno potremo registrare un incremento del prodotto interno lordo nell'ordine dell'1 o dell'1,2 per cento. Crediamo che la strategia che si sta delineando, incentrata soprattutto - come ricordavo - su innovazione, ricerca e green economy, possa contribuire in maniera significativa, da un lato, a riconvertire attività manifatturiere in alcuni casi obsolete o, comunque, non più competitive e, dall'altro, a garantire la rioccupazione dei tanti lavoratori che oggi sono in cassa integrazione o hanno una vertenza aperta con la loro azienda. In particolare, penso ai 150 casi che stiamo trattando direttamente con il nostro ufficio vertenze, che riguardano sia aziende multinazionali che stanno lasciando l'Italia, sia crisi strutturali di imprese italiane.
Un altro elemento fondamentale riguarda le reti di impresa. Abbiamo - ormai - raggiunto la convinzione che non


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sia più sufficiente solo lo strumento del distretto industriale dal punto di vista territoriale né sia possibile pensare che le aziende - soprattutto quelle piccole e medie - si aggreghino in maniera spontanea, perché l'individualità degli imprenditori è difficilmente superabile. Con lo strumento delle reti si possono creare, allora, a tutti gli effetti, sistemi produttivi che mettano in comune alcuni servizi e alcune attività, consentendo alle imprese di competere meglio a livello internazionale.
Come accennavo, la strategia non può che passare anche attraverso investimenti importanti nel campo delle infrastrutture. Siamo convinti che la dotazione di 17 miliardi di euro già approvata dal CIPE possa essere incrementata fino a 23 miliardi di euro da destinare ad infrastrutture, in particolare nel settore dei trasporti, e che ciò possa contribuire in maniera significativa anche all'uscita dalla crisi, trattandosi - ovviamente - di opportunità di lavoro e di investimento molto significative.
Per quanto riguarda l'internazionalizzazione delle imprese, abbiamo insistito con l'Europa - e insisteremo ancora - affinché vi sia una normativa omogenea sul tema del made in che possa essere compatibile con le regole comunitarie, ma - allo stesso tempo - possa proteggere l'eccellenza delle nostre produzioni dalla concorrenza sleale che proviene dai Paesi dell'estremo Oriente.
Per quanto riguarda i mercati nei quali riteniamo si debba continuare l'opera di internazionalizzazione, ci sono certamente Paesi come Cina e India, ma anche Brasile e Russia. In particolare, su questi ultimi due Stati si sta lavorando in maniera molto intensa anche attraverso ICE, SIMEST e SACE per fare in modo che diventino a tutti gli effetti soggetti attivi nel rapporto di import-export con il nostro Paese.
Chiedo di essere autorizzato a depositare un documento che contiene alcuni spunti per un approfondimento dei temi oggetto dell'audizione e resto a disposizione delle Commissioni per ulteriori chiarimenti e precisazioni.

PRESIDENTE. La ringrazio per la relazione, onorevole Saglia, nonché per la sua capacità di sintesi.
Do ora la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SANDRO GOZI. Credo che i tre obiettivi presentati dal Governo siano, in linea di massima, condivisibili. Avrei alcuni brevi rilievi relativi al metodo e alcuni approfondimenti di merito.
Riguardo al metodo, trovo singolare, come ho già avuto modo di rilevare, che le Camere prendano conoscenza della posizione dell'Italia - non mi riferisco solamente alla strategia cosiddetta «20-20-20», ma all'ultimo Programma nazionale di riforma relativo alla strategia di Lisbona - dopo che questa è già stata comunicata alla Commissione europea. Ritengo che sia interesse del Governo, del Parlamento e del Paese poter dibattere su tali questioni prima che la posizione dell'Italia venga formalmente comunicata alla Commissione europea.
Su tale questione, tra l'altro, abbiamo presentato - in maniera assolutamente bipartisan d'accordo tra maggioranza e opposizione - anche una specifica proposta emendativa al disegno di legge comunitaria 2009, ora nuovamente all'esame della Camera dei deputati, proprio per poter svolgere un dibattito nelle Camere, ovviamente preparato nella stessa maniera in cui stiamo preparando il tema oggi in discussione. Credo che ciò sia nell'interesse di tutti.
Dal punto di vista del metodo, quindi, ho alcune perplessità sul fatto che il dibattito non sia avvenuto, nonostante l'impegno assunto dal ministro Ronchi.
Sulle questioni di merito, vorrei che il rappresentante del Governo approfondisse il tema relativo ai fondi e alla revisione di bilancio. È evidente che la strategia «20-20-20» si incrocia, anche temporalmente, con la revisione del bilancio comunitario e


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anche che quest'ultimo deve essere messo al servizio dei nuovi obiettivi. Vorrei avere alcuni ragguagli in più sulla posizione che il nostro Governo sta tenendo e intende tenere in Europa.
Un'altra questione è legata alle priorità rappresentate dai settori dell'energia, dell'ambiente e dagli obiettivi «20-20-20»: qual è la posizione del Governo rispetto all'ipotesi di introdurre una fiscalità dell'ambiente a livello europeo, senza ovviamente aumentare il tetto massimo di imposizione, ma rivedendo all'interno di esso la struttura impositiva? Che cosa pensa il Governo di proposte come la carbon tax o simili, che sono in discussione o addirittura entrate in vigore in altri Paesi membri? A livello europeo è opportuno cominciare a ragionare anche di questi strumenti di incentivo e di sanzione, relativi, in sostanza, a determinati comportamenti?
Un ulteriore tema riguarda le piccole e medie imprese, l'innovazione, la tecnologia e la ricerca: al di là della priorità che giustamente il nostro Paese dà alla dimensione della piccola e media impresa, quali sono le richieste specifiche che intendiamo portare all'attenzione del Consiglio europeo di marzo? Che cosa, in particolare, vogliamo che l'Europa faccia per favorire l'innovazione e le attività di ricerca delle piccole e medie imprese, posto che condivido le considerazioni sulle questioni della dimensione e sulla necessità di trovare nuovi tipi di incentivi per aumentare la dimensione delle imprese e favorirne le aggregazioni?
L'ultima questione riguarda la dimensione internazionale. Credo, certamente - lo abbiamo dimostrato anche in Aula - che l'iniziativa made in sia meritevole di tutela, anche se la battaglia è ancora lunga, come sappiamo. Mi chiedo se non sia opportuno estendere la questione a livello europeo e utilizzare la nuova strategia «20-20-20» anche per una nuova politica di promozione e di generale tutela della proprietà intellettuale a livello internazionale.
A questo proposito, sarebbe inoltre utile conoscere l'opinione del Governo sulla revisione del fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che la Commissione europea ha messo a disposizione più per ragioni di immagine che di sostanza. Va presa in considerazione l'idea che una politica industriale europea - che ancora manca e che vorremmo ci fosse e cominciasse a esserci in parte con la strategia «20-20-20» - prenda in esame e affronti il tema delle delocalizzazioni, magari cominciando a pensare, in termini di prospettiva, a quali politiche industriali europee adottare, non solo per cercare di rallentare tali delocalizzazioni, ma anche per promuovere rilocalizzazioni dal resto del mondo in Europa. Credo che, in prospettiva, questo potrebbe essere un obiettivo, tanto difficile quanto necessario e urgente, che l'Europa potrebbe porsi. Vorrei sapere se il Governo sta cominciando a ragionare su questi aspetti legati alla dimensione esterna di una nuova politica industriale europea.

MASSIMO POLLEDRI. Vorrei ringraziare il sottosegretario Saglia e porgli due domande. La strategia di Lisbona e il protocollo di Kyoto sono molto politicamente corretti e apprezzabili, ma risalgono a una determinata epoca, anteriore alla crisi. La crisi ha cambiato la situazione e forse è un po' politicamente scorretta.
Tutti sappiamo che l'applicazione del protocollo di Kyoto comporta un onere aggiuntivo per le nostre aziende di 8 miliardi di euro. Sono stati messi in atto alcuni tentativi, credo non timidi, da parte del ministro Prestigiacomo per negoziare. Faccio presente che la Cina, come ricordava il sottosegretario, aumenta ogni anno la propria capacità di produzione di energia elettrica - e, quindi, di CO2, - in quantità pari alla produzione europea. Il fatto che tutti gli anni quel Paese aumenti la produzione di un tale ammontare dimostra che, ovviamente, il protocollo di Kyoto non funziona. Mi domando se ci sia l'intenzione di rivederlo. Lo stesso dicasi per l'obiettivo «20-20-20».
Mi è rimasto un dubbio sulla questione citata della contabilizzazione degli impianti


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nei Balcani. Mi sembrava che dai certificati verdi fossero esclusi quelli relativi ad energie rinnovabili prodotte all'estero e chiedo al sottosegretario, quindi, se questi vengono contabilizzati o meno. Noi siamo sempre stati contrari, perché le spese aggiuntive sulla bolletta si devono prevedere per iniziative in Italia.
Passo a un'altra questione: il nucleare. Il Parlamento ha approvato un provvedimento legislativo in materia di centrali nucleari, ma se facciamo due conti la ricaduta sui comuni è pari a un ventesimo di quello che si ottiene con l'idroelettrico in provincia di Sondrio. Forse la centrale nucleare ha un impatto superiore rispetto a un impianto idroelettrico in un territorio.
Vorrei, inoltre, che venisse data una precisazione sul decreto che è in fase di predisposizione sui certificati verdi e sugli incentivi per gli impianti fotovoltaici. Ricordo che, per promuoverne la diffusione, si è cercato, in particolare con le disposizioni del comma 173 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2008, di incentivare i comuni, ovvero di considerare tutte le loro tariffe sempre integrate. Avendo tali disposizioni forza di legge, queste dovrebbero valere sempre. Dunque, se il decreto ministeriale dovesse modificare tale previsione legislativa, sarebbe sicuramente impugnato da parte di alcuni comuni. Vorrei, quindi, sapere se esiste tale intenzione.
Da ultimo, le chiedo se può fornire precisazioni sulle due linee di finanziamento che ha annunciato per l'innovazione tecnologica e per le energie rinnovabili

PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario Saglia per la replica.

STEFANO SAGLIA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Grazie per le domande che mi sono state poste. Per quanto riguarda la politica di coesione e la programmazione che stiamo costruendo in queste settimane, come sapete, si tratta della programmazione per gli anni 2007-2013, in base alla quale, alla fine del 2009, abbiamo avuto un incontro - in sede di Commissione europea - con il precedente Commissario europeo alle politiche regionali e abbiamo spiegato quali sono le risorse a disposizione, quali gli investimenti che abbiamo realizzato sino a oggi e che cosa intendiamo realizzare, con l'impegno da parte del Governo e delle regioni interessate a non perdere neppure un centesimo di tali risorse.
Vi sono alcuni problemi, perché - in alcuni casi - si sono verificati avanzi anche con riferimento al 2009; però, tutto sommato, gli investimenti sono in corso. Va da sé che, contemporaneamente, con il nuovo Commissario europeo alle politiche regionali si sta già negoziando il futuro, cioè ciò che accadrà nei sei anni successivi al 2013. In merito, si pongono alcuni problemi, che abbiamo ben presenti, ma che hanno bisogno ovviamente di un'azione forte e congiunta del Paese nei confronti della Commissione, non certo per alterare i dati, perché, alla fine, la decisione della Commissione per l'individuazione delle aree meritevoli di un sostegno è determinata - come sapete - dai dati relativi al PIL pro capite.
Non è motivo di grande soddisfazione, ma le aree del nostro Paese che rientrano nell'obiettivo Convergenza continueranno a essere meritevoli del sostegno comunitario, il che, da un lato, ci può rallegrare per il fatto che continueremo a ricevere risorse, ma, dall'altro, deve farci riflettere sul fatto che ormai da vent'anni siamo nell'obiettivo Convergenza con quattro regioni, senza la benché minima possibilità di uscirne. Non c'è stata la convergenza e continuiamo a essere convergenti per il futuro.
Ciò è un po' preoccupante, perché l'Irlanda, alcune zone della Spagna e della Grecia sono uscite dal regime di convergenza, in quanto hanno raggiunto determinati livelli di PIL pro capite. La crisi probabilmente cambierà lo scenario, però questi sono i dati anteriori alla crisi. C'è poi sicuramente un tema relativo a Romania e Bulgaria, Paesi recentemente entrati nell'Unione europea, che nella futura programmazione avranno un sostegno


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molto significativo in quanto in tali Paesi il reddito rientra nei parametri dell'obiettivo Convergenza con riferimento a tutto il loro territorio. È chiaro che la discussione sul bilancio comunitario diventa, quindi, decisiva.
L'intensità degli aiuti sicuramente diminuirà e le nostre aree, nostro malgrado, continueranno a farne parte; tuttavia, l'obiettivo che ci proponiamo da anni, quello della concentrazione delle risorse e degli investimenti, a questo punto diventerà un dovere assoluto: non potremo più attuare iniziative che non abbiano veramente una possibilità di colpire il bersaglio in maniera significativa e in questo le regioni avranno un ruolo fondamentale.
Stiamo seguendo il negoziato, che è ormai a buon punto. Sul tavolo ci sono le predette preoccupazioni, ma cerchiamo di orientarle alle esigenze del nostro Paese. Abbiamo insistito sostenendo le nostre convinzioni, tanto che il Consiglio europeo di marzo ha dedicato il piano d'azione - che poi durerà quattro anni - per quanto riguarda l'industria energetica, al tema delle reti. Crediamo che, sia per l'incremento delle fonti rinnovabili, sia per la sicurezza del sistema energetico nazionale, sia per la competitività delle imprese, le infrastrutture, le reti, la ricerca e l'introduzione delle cosiddette «reti intelligenti», le quali possono portare alla tracciabilità dell'energia prodotta, rappresentino un progetto molto ambizioso e importante, sul quale abbiamo ottenuto che la Commissione dedicherà linee di finanziamento significative. Lo stesso vale per l'automobile elettrica, alla quale il piano d'azione europeo destinerà risorse importanti.
Per quanto riguarda le piccole e medie imprese, il solco è tracciato dallo Small Business Act per l'Europa, che noi dobbiamo recepire e abbiamo recepito come documento di indirizzo, ma che deve diventare poi una best practice anche nella nostra attività legislativa. Esso sostiene che dobbiamo rendere tutta la normativa che emaniamo nel campo economico friendly, ossia amichevole, nei confronti delle piccole e medie imprese, e quindi giudicare qual è l'impatto delle nostre decisioni, anche legislative, prima di tutto nei confronti delle stesse, a maggior ragione in Italia, visto che la loro diffusione è molto significativa.
Siamo, quindi, in questo solco, sulle piccole e medie imprese e abbiamo attuato alcune iniziative anche a livello di Governo centrale: basti pensare al Fondo di garanzia per le stesse, con la dotazione di circa 1 miliardo e 600 milioni di euro. Tale strumento ha dato una boccata di ossigeno molto importante, nel momento in cui vi è stata un'asfissia del credito piuttosto diffusa. Si tratta di una misura concreta e adeguata.
Vorremmo spiegare alla Commissione anche il concetto stesso di rete di impresa, non solo perché siamo pronti, ma perché potrebbe anche essere un elemento transfrontaliero di collaborazione tra le imprese. Nulla vieta, infatti, che imprese di una determinata filiera, che si frequentano e si conoscono per attività commerciali, possano anche godere di strumenti agevolativi europei nel momento in cui ci sono progetti anche interregionali.
Sulla questione della carbon tax ho un'opinione abbastanza precisa: per quanto riguarda il protocollo di Kyoto siamo ormai alla discussione in merito al suo funzionamento e il 2012 è ormai imminente. La nostra posizione è che lo strumento dell'allocazione delle quote non ha funzionato. Siamo nel paradosso - l'Italia lo vive in queste settimane e lo vivrà nei prossimi mesi - di dover adottare un provvedimento che riguarda il riconoscimento delle quote di emissione di CO2 per impianti nuovi entranti nel mercato e che costerà al contribuente italiano - o in altra forma allo Stato o a chi dovrà farsene carico - 800 milioni di euro. Ciò perché nel piano di allocazione nazionale abbiamo previsto una quantità di emissione di CO2 in atmosfera largamente insufficiente rispetto alla fotografia della situazione esistente. Quindi, quando il cittadino si avventura ad affrontare tali questioni e chiede se con questo provvedimento sia diminuito l'inquinamento, la risposta è negativa, in quanto si tratta di un giro di carta.


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Poiché vorremmo fare una politica effettivamente amichevole da un punto di vista ambientale, credo che il sistema delle quote vada sostituito con un altro. Poi, possiamo studiare se esso debba essere strutturato attraverso un'azione di fiscalità, una tassazione agli operatori o altre strategie, però dobbiamo uscire dal sistema Kyoto, perché non ha funzionato.
Dobbiamo, inoltre, prestare attenzione a un altro elemento: se trasferiamo questi oneri o queste pseudo multe alla fiscalità generale, si pone un problema anche di accoglienza da parte dei cittadini di queste misure, che potrebbe far diventare impopolari anche le tecnologie verdi, le quali, invece, fortunatamente godono del sostegno dell'opinione pubblica.
Sulla questione degli impianti nei Paesi dei Balcani e in quelli del Mediterraneo, preciso che gli investimenti da fonti rinnovabili vengono contabilizzati per il raggiungimento dell'obiettivo del 20 per cento se interconnessi con un elettrodotto col Paese d'origine. Il riconoscimento degli incentivi e dei certificati verdi è determinato da accordi di reciprocità fra i due Paesi. Ne abbiamo, per esempio, uno in funzione con la Serbia, però sono due realtà diverse: una cosa è la contabilizzazione ai fini del raggiungimento dell'obiettivo, un'altra l'incentivazione economica, determinata da accordi bilaterali fra gli Stati. Nel caso della Serbia, per esempio, abbiamo sottoscritto un accordo che riconosce gli incentivi in entrambe le sponde dell'Adriatico.
Per quanto riguarda le compensazioni, penso che quelle previste per legge, quindi anche quella del nucleare, siano una buona base di partenza per un negoziato. Ritengo che, anche in quel caso, con le comunità locali che ospiteranno gli impianti ci sarà un negoziato significativo, che porterà ad avere compensazioni ancora più elevate di quelle che abbiamo considerato all'interno della normativa.
Sul conto energia mi sento di tranquillizzare l'onorevole Polledri, perché nella bozza di decreto che abbiamo portato alla Conferenza Stato-Regioni abbiamo riconosciuto ai comuni il punto di scambio sul posto e la possibilità di agevolazione al 100 per cento per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in particolare - in questo caso - dal solare fotovoltaico, realizzati dai comuni sui propri terreni. Questa misura non era presente nella prima bozza, ma l'abbiamo inserita, penso anche con soddisfazione dei sindaci. In sede di Conferenza Stato-Regioni vedremo poi se ci sarà bisogno di modificarla ulteriormente, ma l'opinione del Governo è favorevole.

PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal sottosegretario Saglia (vedi allegato).
Ringrazio l'onorevole Saglia e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,15.

[Avanti]

XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea)

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