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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(V e XIV)
7.
Giovedì 22 settembre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 2

Audizione del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Francesco Saverio Romano, sul quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 2 6 13 16
Dal Moro Gian Pietro (PD) ... 11
Delfino Teresio (UdCpTP) ... 13
Fiorio Massimo (PD) ... 8
Formichella Nicola (PdL) ... 10
Gottardo Isidoro (PdL) ... 10
Gozi Sandro (PD) ... 9
Oliverio Nazzareno Nicodemo (PD) ... 11
Romano Francesco Saverio, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ... 2 13
Trappolino Carlo Emanuele (PD) ... 13
Vannucci Massimo (PD) ... 7
Zucchi Angelo (PD) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) E XIV (UNIONE EUROPEA)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 22 settembre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Francesco Saverio Romano, sul quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Francesco Saverio Romano, sul quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020.
Questa audizione ha un significato particolare perché, come sapete, la materia agricola è materia regina sul piano dei contributi comunitari. Pertanto, il punto di vista del nostro ministro è indispensabile per conoscere il quadro della politica europea.
Do, quindi, la parola al Ministro Romano.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Grazie, signor presidente e onorevoli colleghi.
Intanto, vorrei preannunciare ai componenti della Commissione agricoltura che vedo qui presenti che sarò presso quella Commissione giovedì prossimo. In quell'occasione parleremo ampiamente delle attività del Ministero, ma soprattutto delle attuali dinamiche del negoziato sulla politica agricola comune dopo gli incontri a cui ho partecipato la scorsa settimana a Bruxelles, prima con il Commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, Dacian Cioloş, poi con i parlamentari europei e ancora con il presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo e con i coordinatori presso la stessa Commissione.
Innanzitutto, intendo esprimere il mio più vivo compiacimento per l'incontro odierno, che rappresenta l'occasione per esaminare, con il vostro ausilio, la linea delle politiche finanziarie europee per il periodo 2014-2020.
Sono abituato a parlare a braccio, ma in considerazione del fatto che il mio intervento presenta molti tecnicismi e riporta anche molti numeri preferisco leggere la mia relazione per restituirvi un quadro il più completo e puntuale possibile.
Come è noto, il 29 giugno scorso la Commissione europea ha presentato il pacchetto di proposte relative al quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea per il periodo 2014-2020. In totale, per i sette anni, si prevede un bilancio di 1.025 miliardi di euro in impegni e di 972,2 miliardi di euro in pagamenti, pari rispettivamente all'1,05 per cento e all'1 per cento del PIL complessivo dei 27 Stati membri. Numeri che significano un aumento del bilancio dell'Unione europea pari al 5,04 per cento rispetto al periodo 2007-2013.
Il nuovo quadro finanziario pluriennale presentato dal presidente della Commissione


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europea, José Manuel Barroso, e dal Commissario europeo alla programmazione finanziaria e al bilancio, Janusz Lewandowski, è costruito su tre assi portanti.
Il primo è costituito da una maggiore autonomia del finanziamento dell'Unione europea rispetto agli Stati membri, con un sensibile potenziamento delle cosiddette «risorse proprie», prevedendo una nuova tassa europea sulle transazioni finanziarie (detta anche Tobin tax)e una nuova imposta sul valore aggiunto standardizzata, due provvedimenti che incontrano già l'ostilità di molti.
Il secondo asse è rappresentato da una maggiore certezza finanziaria, con la dislocazione fuori bilancio di una riserva di 58,3 miliardi di euro per alcune voci di spesa sottoposte a evoluzioni imprevedibili.
Il terzo asse portante è costituito da una maggiore trasparenza, ponendo fine ai sistemi di compensazione.
Sul fronte degli investimenti, fra le innovazioni più importanti, la Commissione propone di creare un nuovo fondo da 40 miliardi di euro, chiamato Connecting Europe Facility, per la costruzione di infrastrutture nel settore dell'energia, dei trasporti e dell'information technology.
Quanto alla politica di coesione, a essa sono destinate risorse pari a 376 miliardi di euro per l'intero periodo, pari al 35 per cento del bilancio totale, strettamente collegate agli obiettivi della strategia «Europa 2020».
In questo contesto viene proposta l'introduzione di una nuova categoria di «regioni di transizione», e in Italia questo regime comprenderebbe l'Abruzzo, il Molise, la Sardegna e la Basilicata. Inoltre, la previsione di nuove norme di condizionalità dovrebbe servire ad assicurare che i finanziamenti europei si concentrino sui risultati e creino un forte incentivo per gli Stati membri a garantire l'effettiva realizzazione degli obiettivi della strategia «Europa 2020».
Per rafforzare i programmi di educazione e formazione professionale, la Commissione propone la creazione di un programma integrato da 15,2 miliardi di euro.
Per quanto riguarda le imprese, specie le imprese medio-piccole, la proposta raddoppia i fondi portandoli a 2,4 miliardi di euro per venture capitale accesso al credito delle micro, piccole e medie imprese che vogliono internazionalizzarsi e puntare sulla qualità.
La proposta della Commissione prevede, inoltre, un notevole aumento degli investimenti in ricerca e innovazione, da 54 a 80 miliardi di euro, per rilanciare la competitività nell'Unione europea.
A fronte di tutto ciò, gli stanziamenti per la politica agricola comune (PAC) resterebbero, invece, congelati ai livelli del 2013 con 371,72 miliardi di euro, di cui il 30 per cento sarebbe condizionato ad attività eco-compatibili e alla realizzazione di progetti a tutela dell'ambiente e del paesaggio rurale.
Mi fermo un momento perché intendo fare una precisazione che sarà dettagliata nel corso dell'audizione in Commissione agricoltura. Questi 371,72 miliardi di euro corrispondono al budgetgià destinato alla PAC nella scorsa programmazione. Tale budget, seppure invariato in termini assoluti, sconta anzitutto il mancato calcolo dell'inflazione e della rivalutazione monetaria e sconta, inoltre, il fatto che la prossima ripartizione riguarderà ben 27 Paesi, diversamente da come è stato fino a oggi.
Nell'incontro con il commissario Cioloş di dieci giorni fa abbiamo manifestato la nostra forte contrarietà alle chiavi di riparto che la Commissione sta utilizzando per la redistribuzione di questi fondi. Riteniamo, infatti, che il solo criterio della superficie, senza criteri aggiuntivi, penalizzerebbe moltissimo la politica agricola italiana.
Noi chiediamo che tra le chiavi di riparto vengano inseriti il criterio del prodotto lordo vendibile, il criterio delle risorse impiegate nonché il criterio della competitività. Abbiamo anche contestato il fatto che il 30 per cento appostato alla voce greening, componente sulla quale siamo d'accordo, rientri nella misura spettante agli Stati. Il calcolo, infatti, penalizzerebbe ulteriormente il nostro Paese, che per la sua condizione orografica ha tante difficoltà a realizzare greeningcon i parametri che questa Commissione sta elaborando.


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La proposta nel suo complesso sta suscitando vivaci reazioni negative in diversi Stati membri, in particolare nei Paesi del Nord Europa. Germania, Regno Unito, Olanda, Danimarca e Svezia lamentano le eccessive dotazioni finanziarie assegnate all'Unione europea, ritenendole non compatibili con le difficili politiche di austerità attuate ovunque in Europa.
Quasi tutti i nuovi Paesi membri esprimono, con diversi accenti e livelli, insoddisfazione per le dotazioni, a loro giudizio insufficienti, assegnate alla PAC e alle politiche di coesione. Belgio Lussemburgo, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Irlanda, Slovenia e Romania giudicano invece equilibrate le proposte della Commissione.
La Commissione ha replicato alle critiche dichiarando che il volume complessivo della spesa è da ritenersi stabile e che la distribuzione delle risorse proposta è innovativa, equilibrata e orientata a favorire la crescita e l'occupazione.
Da parte italiana, la posizione espressa dalla Farnesina tende a sostenere un bilancio adeguato alle ambizioni politiche dell'Unione europea, con congrue dotazioni per la politica di coesione e l'agricoltura, richiamando, nel contempo, la necessità di impostare il bilancio su criteri di rigore compatibili con i sacrifici economici attuali e che tengano conto dell'attuale fase di congiuntura economica.
In effetti, la priorità dell'Italia è quella di ridurre nel prossimo ciclo finanziario il saldo netto complessivo, che ci vede contribuenti netti per quasi 5 miliardi di euro annui. Inoltre, una netta opposizione sarà espressa in merito all'attuale iniquo sistema dei rimborsi, che ci vede tra i principali contributori, di cui beneficiano alcuni Paesi, in primisil Regno Unito.
Il negoziato nella fase iniziale sarà affidato al Consiglio affari generali, che ne avrà la responsabilità principale. La Presidenza polacca ha già attivato una serie di incontri nell'ambito del gruppo Amici della Presidenza con lo scopo di trattare e approfondire separatamente le diverse tematiche e problematiche della proposta. Le riunioni si intensificheranno nei prossimi mesi e sono in programma anche dei seminari tecnici sull'allocazione dei fondi nella politica di coesione, a settembre, e sulla politica agricola comune, a ottobre.
Con riferimento precipuo alla rubrica «spesa agricola» (rubrica 2), la proposta della Commissione evidenzia una complessiva diminuzione nelle dotazioni assegnate e un corrispondente incremento delle altre rubriche di bilancio. In particolare, devo rilevare, rispetto al precedente periodo di programmazione, un progressivo aumento dei fondi assegnati per le politiche di coesione, la ricerca e le infrastrutture (rubrica 1) nonché per la sicurezza (rubrica 3).
In merito alle risorse assegnate all'agricoltura e alla pesca, il quadro generale che emerge è di una progressiva diminuzione in termini reali, a cui ho già accennato in precedenza. Infatti, rispetto allo scorso periodo di programmazione, nel quale il 42,4 per cento del bilancio era assegnato all'agricoltura e alla pesca (421 miliardi di euro), il nuovo programma prevede di destinare al settore il 37,4 per cento del totale di bilancio (382,9 miliardi di euro).
Le principali voci di spesa della rubrica 2 riguardano: 281,8 miliardi di euro per le spese relative ai pagamenti diretti della PAC e alle misure di mercato; 89,9 miliardi di euro per lo sviluppo rurale; 6,6 miliardi di euro per la pesca.
Ancora più marcata, all'interno della rubrica 2, è la riduzione per i pagamenti diretti e le misure di mercato, che vedono assottigliarsi le risorse a 281,8 miliardi di euro, a fronte dei 322 miliardi di euro assegnati nella precedente programmazione, con una contrazione complessiva del 12,5 per cento. Più in particolare, le allocazioni per pagamenti diretti e misure di mercato subiscono, nel nuovo periodo, una progressiva diminuzione, passando annualmente (prezzi 2011) dai 42 miliardi di euro del 2014 a poco più di 38 miliardi di euro nel 2020.
Per completezza va rilevato che, per quanto riguarda il settore agricolo, sono previste voci di spesa allocate su capitoli esterni al quadro finanziario. In particolare, nell'intero periodo di programmazione, si segnalano assegnazioni per 3,5 miliardi di euro al fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e 2,5 miliardi di euro per l'attivazione del fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, applicabile ora anche all'agricoltura. Quest'ultimo fondo, attivato nel 2006, è finalizzato al


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sostegno dei lavoratori penalizzati a causa di cambiamenti di strategia che le imprese adottano in virtù dei nuovi scenari globali.
In ultimo, si segnala che le voci di spesa afferenti alla sicurezza alimentare (2,5 miliardi di euro) e alla politica per gli indigenti (2,5 miliardi di euro) vengono trasferite rispettivamente nel capitolo 3, relativo alla sicurezza e alla cittadinanza, e nel capitolo 1, relativo alla crescita intelligente e inclusiva.
Per quanto riguarda gli indigenti, quest'anno la Commissione bilancio del Parlamento europeo ha appostato 500 milioni di euro, stessa somma dell'anno precedente. Vi è ancora una minoranza di blocco in seno al Consiglio dei ministri europeo che non consente al Consiglio stesso di approvare il regolamento, già adottato dal Parlamento, che supererebbe la sentenza della Corte di giustizia che ha di fatto bloccato l'utilizzo di questi fondi per i fini sociali di cui l'agricoltura propriamente si occupa, trattandosi di derrate agricole.
Occorre considerare che l'Italia attinge a questo fondo per ben 120 milioni su 500 milioni di euro. Noi ci siamo attivati, anche attraverso incontri bilaterali, soprattutto con due Paesi, Austria e Repubblica Ceca. Confidiamo che al prossimo Consiglio questi Paesi possano cambiare il loro atteggiamento, che è stato di indisponibilità fino allo scorso Consiglio per poi essere modificato in disponibilità con riserva.
Per quanto concerne il settore della pesca è prevista un'assegnazione per l'intero periodo pari a 6,7 miliardi di euro, a prezzi costanti 2011. Si tratta di una leggera diminuzione in termini reali rispetto alla dotazione di 6,8 miliardi di euro fissata per il periodo di programmazione in vigore. Inoltre, la Commissione ha previsto la costituzione di un nuovo fondo europeo unico per gli affari marittimi e la pesca che includerà tutti gli strumenti esistenti per il settore ittico, ad esclusione dei costi per gli accordi con i Paesi terzi e per la partecipazione dell'Unione europea alle organizzazioni multilaterali, come ad esempio l'International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas (ICCAT).
Ciò premesso, lo scenario per l'Italia è maggiormente penalizzante, in ragione della ben nota problematica della redistribuzione degli aiuti diretti. Infatti, la proposta della Commissione prospetta una graduale redistribuzione degli aiuti diretti finalizzata ad aumentare le envelopedegli Stati membri che si trovano al di sotto della soglia del 90 per cento della media europea, in rapporto all'entità della superficie agricola. La media comunitaria attualmente è di circa 270 euro l'ettaro.
Più in particolare, i Paesi che si trovano con pagamenti medi per ettaro inferiori al 90 per cento della media comunitaria - pari a circa 241 euro per ettaro - riceverebbero un aumento corrispondente al 33 per cento del gaptra il loro livello medio attuale e la predetta soglia. Una siffatta operazione di redistribuzione comporterebbe, a pieno regime, la necessità di accrescere l'envelopedi tali Paesi per un ammontare complessivo di circa 750-800 milioni di euro l'anno.
I beneficiari di tale operazione sarebbero, in misura decrescente i seguenti Paesi: Lettonia, Estonia, Lituania, Portogallo, Romania, Slovacchia, Bulgaria, Polonia, Regno Unito, Svezia, Finlandia e Spagna. A contribuire alla compensazione parteciperebbero, invece, i Paesi che si trovano al di sopra della media europea, cioè Paesi Bassi, Belgio, Italia, Grecia, Danimarca, Slovenia, Germania, Francia, Lussemburgo, Irlanda, Cipro e Malta.
Una redistribuzione così articolata contiene ben due aspetti particolarmente penalizzanti per il nostro Paese: il criterio di redistribuzione delle risorse basato esclusivamente - come ho detto poco fa - sul parametro della superficie e la proporzionalità nel riparto dei sacrifici che sono imposti ai Paesi contributori.
Della prima problematica ho già parlato. Il mio ministero si è attivato rappresentando a tutti i livelli la necessità che la redistribuzione di risorse venga improntata anche al riequilibrio, utilizzando criteri oggettivi di equità e rappresentatività. Penso che una redistribuzione basata unicamente sul fattore superficie, senza tenere conto in alcun modo né del valore delle produzioni né degli investimenti sostenuti,


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sia iniqua, ingiustificata e senza alcuna logica sul piano della politica economica e sociale.
La problematica è già a conoscenza di tutti i protagonisti del negoziato PAC e, come ho già preannunciato, successivamente alle audizioni in programma presso la Camera e il Senato mi recherò nuovamente a Bruxelles per portare ulteriori dati in ordine agli stadi di avanzamento. In questo momento i nostri uffici stanno continuando a lavorare a questo difficile negoziato, che nella sua prima fase vedrà il deposito dell'intero intervento da parte della Commissione il 12 ottobre 2011.
Inoltre, l'amministrazione ha preso parte attivamente a un gruppo di lavoro denominato «saldi netti», istituito presso il Ministero degli affari esteri unitamente al Ministero dell'economia e delle finanze, al Ministero dello sviluppo economico e alla Presidenza del Consiglio dei ministri con lo scopo di procedere a un monitoraggio delle spese e delle contribuzioni dell'Unione europea per tutte le rubriche di bilancio, nell'ambito del quale tale tematica è stata ampiamente trattata.
Perplessità suscita, inoltre, il metodo di calcolo che verrà utilizzato per accollare il sacrificio ai Paesi sopraindicati. Un onere distribuito con criteri lineari comporterebbe un taglio a regime di circa il 3,2 per cento dell'envelopedei Paesi sopra la media comunitaria. Per l'Italia la perdita si attesterebbe in circa 130-140 milioni di euro annui.
La Commissione, dal canto suo, sembra intenzionata ad adottare un criterio di proporzionalità: in sintesi, i Paesi ove è più elevato l'aiuto per ettaro contribuiranno in misura maggiore. Tale sistema peggiora ulteriormente lo scenario per il nostro Paese; infatti, in questo caso a pagare maggiormente sarebbero i Paesi che più si discostano dalla media europea, in particolare l'Italia, il Belgio e i Paesi Bassi. La diminuzione per l'Italia potrebbe concretizzarsi, a regime, nell'ordine del 5-6 per cento del budget, ovvero circa 232 milioni di euro.
In sostanza, per i produttori agricoli italiani si prospetta una progressiva riduzione degli aiuti, che raggiungerebbe complessivamente quasi il 18 per cento nel 2020 (12,6 per cento a titolo di riduzione generale e 5,6 per cento per la redistribuzione).
Ovviamente si tratta degli elementi leggibili dalla bozza di PAC che ancora non registra le nostre osservazioni. Sto, quindi, parlando di una bozza precedente all'incontro bilaterale con il Commissario Cioloş, alla nostra opera di sensibilizzazione presso i parlamentari europei e all'incontro con la Presidenza.
C'è un lavoro a uso interno che sta svolgendo il gabinetto del Commissario Cioloş, il quale per la verità ci ha mostrato un'apertura. Avevamo incontrato il Commissario già nel maggio scorso e avevamo già preventivato le nostre iniziative, anche in ordine alle chiavi di riparto. L'unica nota positiva risiede nel ricalcolo della superficie del nostro Paese; in base a quanta parte dei nostri terreni sarà riconsiderata superficie da finanziare, tale ricalcolo potrebbe rappresentare un dato importante.
Vi ho già informato che sto lavorando su tutte le predette problematiche. In questo momento la posizione della delegazione italiana è di assoluta contrarietà a questa chiave di riparto e alla PAC così come è stata presentata, e lo abbiamo espresso formalmente. Il presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro, durante il nostro incontro ufficiale, mi ha informato che, se dovesse mantenere questi criteri e questo modello, la Commissione potrebbe anche incontrare il voto negativo del Parlamento europeo.
La posizione assunta dalla Commissione agricoltura è assai in linea con le proposizioni del Governo italiano. Non è assolutamente soddisfatta di un trilogo in cui il ruolo della Commissione sta andando oltre la funzione di raccordo tra chi presenta la proposta, e cioè la stessa Commissione agricoltura per conto del Parlamento europeo, e il Consiglio dei ministri degli Stati membri.
Penso di non dover aggiungere altro, però sono pronto a fornire qualsiasi chiarimento. Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Romano.


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Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

MASSIMO VANNUCCI. Ringrazio il Ministro per questo incontro che avviene presso le Commissioni riunite bilancio e politiche dell'Unione europea.
Noi confidiamo molto nella sua attività. Se pensiamo alle cifre, che riepilogherò rapidamente, noi ci apprestiamo a varare il quadro finanziario delle risorse proprie per i sette anni compresi nel periodo 2014-2020 che ammontano a 1.025 miliardi di euro. A questi 1.025 miliardi di euro l'Italia contribuisce per oltre 100 miliardi di euro, e già sappiamo, come ha affermato anche il Ministro, che registreremo un saldo negativo di 5 miliardi di euro annui.
Dei 105-110 miliardi di euro che in questi sette anni verseremo all'Europa otterremo un ritorno di circa 70 miliardi di euro. Si tratta di 35 miliardi di euro in meno che ci farebbero molto comodo, soprattutto per le politiche di crescita che ci apprestiamo a discutere con un prossimo provvedimento legislativo.
Tuttavia, mentre nelle politiche di coesione vi sono parametri oggettivi e alcune rigidità, la parte agricola, pur nella rigidità della programmazione europea, potrebbe farci recuperare una porzione di questo disavanzo. Non è un destino cinico e baro che ci costringe ad avere un saldo negativo di 5 miliardi di euro. Possiamo mettere in campo alcune azioni e politiche per recuperare questo gap, questo svantaggio.
Come dicevo, le politiche di coesione, che sono uno dei pilastri fondamentali, sono caratterizzate da una certa rigidità. L'esito della politica agricola, invece, dipende in parte dal tipo di PAC e dalla nostra capacità di intercettare certe situazioni. Per le politiche di coesione è molto importante la capacità di spesa, ma vi è una certa rigidità di assegnazione.
Da una politica all'altra, le ricadute sul territorio saranno diverse. Perciò credo condivisibile quanto lei dice, signor Ministro, rispetto a una PAC che non guardi solo alla superficie agricola o alla buona pratica agricola, con alla base questo meccanismo di contribuzione. Per un tipo di agricoltura come la nostra è un meccanismo anche molto pericoloso perché favorirebbe la pigrizia e non sfrutterebbe le potenzialità del territorio.
Pensavo che questo tipo di indirizzo - dopo le recenti crisi dei prezzi del mercato cerealicolo, le questioni dei biocarburanti o meglio della speculazione, dell'interdipendenza e la valutazione sul fatto che non ci fosse bisogno di essere autosufficienti - fosse cambiato e che fosse emersa una ragione per modificare questo criterio.
Il secondo pilastro, di cui lei non ha parlato, è rappresentato dallo sviluppo rurale. Anche su questo si potrebbe agire per ottenere più flessibilità. Mi sembra l'aspetto meno elastico, ma per poterlo applicare nella pratica quotidiana del nostro Paese credo che una certa rigidità andrebbe superata in ordine alle misure per asse. Ritengo che sia un'azione da compiere.
Lei ha una grande responsabilità, signor Ministro, perché degli oltre 1.000 miliardi di euro previsti nel bilancio per il periodo 2014-2020 circa 370 miliardi di euro sono destinati all'agricoltura, cioè il 40 per cento. La parte flessibile, nella quale noi possiamo recuperare il nostro gap, è soprattutto l'agricoltura. Ho sentito una serie di lamentazioni, ma non ho sentito parlare di strategie concrete, di proposte in grado di incidere, di alleanze vere che si possano costruire con Paesi che hanno le nostre stesse caratteristiche.
Ci ha riferito di un incontro bilaterale, ci ha detto di aver discusso con i parlamentari europei e ci ha riportato le parole del Commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, uscendo da questi incontri piuttosto ottimista. Io però credo che non basti. Credo che occorra qualcosa di più e che lei debba proporre un'azione più generale. Penso anche che debba chiedere al Governo e al Presidente del Consiglio dei ministri che su questo l'Italia costruisca alleanze.
Non basta mettersi a posto la coscienza esprimendo il dissenso e protestando. Dobbiamo ottenere il risultato, altrimenti


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tutto questo non avrà senso. Pur condividendo le sue osservazioni, ci riserviamo di esprimere un giudizio sulla sua azione.

MASSIMO FIORIO. Anch'io ringrazio il Ministro. Il tema della PAC è già stato sollevato più volte da parte dei gruppi di opposizione, anche prima del suo incarico. Non posso non ricordare gli atti di indirizzo votati in Commissione e in Assemblea su questo tema.
Noi sappiamo benissimo che questa è una partita fondamentale per il nostro Paese, tanto più alla luce dei dati relativi al reddito degli agricoltori italiani. Secondo i dati di Eurostat, mentre negli altri Paesi il reddito del settore agricolo aumenta, l'Italia paga ancora un deficit notevole. La partita che si apre da qui ai prossimi mesi è, quindi, fondamentale.
Anche dalle sue parole, signor Ministro, non ho sentito elementi di rassicurazione rispetto alle problematiche che avevamo già anticipato negli incontri precedenti e nelle mozioni in materia di riforma della politica agricola comune, approvate dall' Assemblea della Camera il 2 febbraio 2011. Il tema dei pagamenti, la redistribuzione delle risorse e i criteri da adottare per il loro riparto rimangono, a suo dire, una partita completamente aperta. La superficie eleggibile è un criterio che non soddisfa questo Paese.
Lei ha inserito una serie di altre questioni, come ad esempio il valore del prodotto. Io aggiungerei anche l'occupazione, perché l'agricoltura di questo Paese impiega più manodopera di altri.
Gli altri elementi di condizionalità, come il greening, rischiano di penalizzare l'Italia. Per il nostro tipo di colture, quali ad esempio olivi e viti, la rotazione e il greeningdiventano questioni particolarmente complicate, ed è evidente che rispetto all'agricoltura del Nord Europa rischiamo di essere fortemente danneggiati.
Non ho sentito, tuttavia, elementi innovativi e integrativi rispetto alle preoccupazioni che avevamo già sollevato a suo tempo. Vorrei capire un po' di più in merito a quanto diceva anche il mio collega in precedenza. Lei ha parlato di incontri bilaterali, ma questa PAC sarà approvata alla luce del nuovo funzionamento dell'Unione europea. Il tema della codecisione non è secondario dal momento che prima prevaleva il ruolo del Consiglio dei ministri e ora, come lei ricordava in merito al paventato parere della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, la combinazione dei due elementi diventa più importante.
Vorrei sapere qual è l'orientamento dei Paesi membri e del nostro Paese rispetto alle strategie da mettere in campo per bloccare l'indirizzo prevalente. Penso, ad esempio, al richiamo a colture come quelle francesi, analoghe per qualche verso a quelle italiane o a quelle del Mediterraneo più in generale. Vorrei capire di più della negoziazione, al di là del rapporto che lei ha instaurato con il Commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale. Credo infatti che questo rapporto non sia sufficiente alla luce della configurazione del sistema di decisione politica dell'Unione europea, del ruolo che ha assunto il Parlamento e rispetto al tipo di lavoro che lei deve svolgere all'interno del Consiglio dei ministri europeo.

ANGELO ZUCCHI. Sarò schematico perché penso che molti colleghi vogliano intervenire.
Dalla sua relazione, signor Ministro, ho avuto l'impressione che sul budgetcomplessivo da destinare all'agricoltura, con una riduzione del 5 per cento in termini reali, la partita sia già data per persa. Non mi pare di aver compreso se anche su questo fronte intenda impegnarsi nel tentativo di cercare alleanze in ambito europeo per difendere il budgetagricolo attualizzato, in considerazione anche del fatto che esso viene distribuito ad un numero di Paesi maggiore rispetto a quanto avveniva in precedenza.
Sono perfettamente d'accordo con lei, anche se occorrerebbe fare chiarezza, sul fatto che una distribuzione basata sull'unico parametro della superficie ci danneggia. Peraltro, tale distribuzione non contiene alcun elemento di economia. Come ha ben detto lei, da questa ipotesi di


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riparto qualcuno ci perde e qualcuno ci guadagna. Le chiedo allora quali sono le alleanze possibili, quali le sensibilità presenti negli altri Paesi europei e come eventualmente possiamo risalire questa discesa intrapresa dalla proposta che è stata avanzata.
Solo con alleanze, cercando di costruire accordi europei, riusciremo a far passare il messaggio secondo cui i parametri per la distribuzione devono tenere conto non solo della superficie, ma anche di altri criteri, quali il valore del prodotto nonché la competitività e la virtuosità degli interventi in termini di occupazione.
Questa questione, secondo me, si lega anche al fatto - lei lo saprà, ma dovremmo esserne tutti consapevoli - che l'Italia sarà l'unico Paese a dover rimettere in discussione l'erogazione dei premi ai propri agricoltori, dal momento che dovrà abbandonare il modello dei premi storici e passare alla regionalizzazione. È un'operazione che tutti gli altri Paesi hanno già compiuto nel passato e che noi invece dovremo affrontare con una carenza ulteriore di risorse.
Ciò rischia di generare diversità significative all'interno dei settori merceologici di produzione dell'agricoltura e disparità fra aree geografiche del nostro territorio. La prospettiva è che un settore economico importante vedrà ridurre le proprie risorse e aumentare i conflitti interni. Non so se stiamo mettendo mano anche a questo. Come lei ha preannunciato, ne parleremo compiutamente giovedì prossimo, in occasione della sua audizione presso la Commissione agricoltura, e forse sarà quello il momento di approfondire, perché non sappiamo come il nostro Paese reggerà alle ricadute di questa situazione.

SANDRO GOZI. Mi scuso, ma non so se potrò assistere alla replica del Ministro. La leggerò di certo sul resoconto stenografico.
Credo, signor Ministro, che l'Italia si trovi in una posizione negoziale di forte contraddizione, contraddizione che emerge ogni volta che svolgiamo l'audizione di un membro del Governo.
Il Governo, attraverso il sottosegretario Mantica, ha firmato una lettera con altri sei Paesi cosiddetti «rigoristi» per non aumentare il bilancio comunitario, anche se l'aumento a cui lei faceva riferimento non è reale ma formale, perché si riferisce all'epoca in cui i Paesi membri dell'Unione europea non erano 27. Il bilancio comunitario, quindi, rimane lo stesso e forse in realtà diminuisce un po'.
Come dicevo, da una parte l'Italia segue questa linea, e dall'altra, a mio parere giustamente, vuole tutelare i fondi destinati alla PAC nelle sue diverse forme e nei suoi diversi capitoli e i fondi destinati alla politica di coesione regionale.
Credo che questa sia una contraddizione che sta emergendo in maniera stridente proprio nel settore dell'agricoltura. Io condivido la sua analisi sulla inaccettabilità per l'Italia di utilizzare unicamente il criterio della superficie, ma come lei sa bene quel criterio piace molto alla Francia, all'Olanda, alla Germania e alla Svezia, cioè ai Paesi con cui l'Italia ha firmato la lettera contro l'aumento del tetto massimo del bilancio comunitario, come pure a questi stessi Paesi piace la riduzione di parte dei fondi di coesione relativi anche all'Italia.
Quando il negoziato si concluderà, temo, come italiano e non come rappresentante del Partito democratico, che non troveremo alleati né da una parte né dall'altra. Visto che lei è in prima linea, la invito a lavorare all'interno del Governo per rivedere questa posizione, che ci vedrà perdenti su entrambi i fronti.
È una linea che non ci conviene in maniera specifica nemmeno per l'agricoltura. Il fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale a cui lei ha fatto riferimento confluirà nel quadro strategico comune dei fondi strutturali; verranno cioè applicate quelle regole di condizionalità inserite nel quadro della strategia «Europa 2020». Viste le debolezze strutturali del sistema Italia - e non voglio entrare nel merito della questione relativa al programma nazionale di riforma presentato dal Governo - avere anche il fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale sottoposto


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alla stessa condizionalità dei fondi relativi alla strategia «Europa 2020» in generale per noi è un grosso azzardo. Rischiamo pertanto di perdere su tre fronti.
A mio parere, signor Ministro, come Governo dovreste rivedere questa linea rigorista perché non ci conviene e perché non corrisponde né alle esigenze del settore agricolo né alle esigenze del dualismo economico e territoriale italiano. Il Sud e gli agricoltori ne usciranno gravemente penalizzati. Inoltre, rende difficile imbastire le alleanze a cui giustamente i vari colleghi intervenuti facevano riferimento.

NICOLA FORMICHELLA. Ringrazio il Ministro per la sua esposizione.
Ieri, nell'audizione presso la Commissione politiche dell'Unione europea della Camera il Ministro Bernini ha confermato che la linea negoziale del nostro Governo sul prossimo quadro finanziario sarà conforme agli indirizzi parlamentari. In questa prospettiva, credo sia utile sapere da lei, signor Ministro, se ritiene che la scelta di sostenere la richiesta di riduzione del bilancio europeo avrà effetti negativi sulle risorse destinate al nostro Paese nell'ambito della PAC, che, come lei sa, in base alle proposte della Commissione subirebbero un taglio di circa il 10-15 per cento.
Come abbiamo già dichiarato, noi riteniamo che questa scelta di appoggiare la Germania, il Regno Unito e la Francia nella battaglia contro il bilancio dell'Unione europea debba essere ponderata più attentamente. Rischiamo infatti di produrre un grave danno per l'agricoltura italiana, che sarebbe privata di importanti misure di sostegno.
Nel documento che contiene la nostra posizione sulla riforma del bilancio europeo, presentato il 2 maggio scorso, il Governo aveva giustamente rilanciato l'ipotesi di introdurre il cofinanziamento nazionale della PAC, sul modello della politica di coesione. Intende lei, signor Ministro, avanzare di nuovo questa proposta nell'ambito del negoziato?
Nello stesso documento il Governo chiedeva di introdurre strumenti per integrare il reddito degli agricoltori in caso di crisi. Secondo lei la Commissione europea prenderà in considerazione questa proposta nel documento che verrà presentato il 12 ottobre 2011?

ISIDORO GOTTARDO. Io chiedo scusa, ma non mi sento di aggregarmi al coro di lamentele per l'agricoltura italiana. Credo che, come parlamentari, a prescindere dalla Commissione a cui apparteniamo, dovremmo avere una visione complessiva della questione.
Se noi pensiamo alla PAC esclusivamente come alla fonte vitale per l'agricoltura italiana, in buona sostanza continuiamo a concepire un'agricoltura che non ha bisogno di ricerca, di innovazione e di investimenti, apporti che la PAC non garantisce. Una delle concezioni ferme dell'Unione europea è invece quella di ridurre la PAC per incrementare la ricerca, l'innovazione e tutte quelle politiche indispensabili anche per le imprese agricole.
Se noi usciamo dalla concezione protezionistica della nostra agricoltura e cominciamo a immaginare di scommettere sul mercato europeo, non possiamo rimanere indifferenti al fatto che ricerca e innovazione sono questioni che interessano anche noi o interessano noi di più di altri. Ritengo, quindi, che il Governo dovrebbe avere una visione più dinamica dell'agricoltura e la capacità di costringerla a misurarsi con se stessa, proprio perché non abbiamo superficie coltivabile.
Quando ero assessore all'agricoltura della regione Friuli-Venezia Giulia, signor Ministro, ho imparato che paradossalmente tutta l'agricoltura di qualità della mia regione proveniva dai territori più impervi. Ho scoperto, per esempio, che nel Carso, dove c'erano solo sassi e mancavano i terreni estesi, gli agricoltori avevano imparato a creare valore aggiunto con riferimento ad alcuni prodotti, quali ad esempio il vino e gli ortaggi. Dove il territorio era coltivabile la fonte prevalente di risorse era garantita dalla PAC o comunque dalle superfici, e quindi non c'era bisogno di creare valore aggiunto.


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Questo, a mio giudizio, è il primo problema dell'Italia. Certo, la pianura padana possiede caratteristiche che le altre Regioni non hanno, perché siamo un Paese molto differenziato. Il secondo aspetto è che questo Paese porta avanti una forte contraddizione: da un lato, vi è la concezione protezionistica dei produttori della materia prima e, dall'altro, esiste quasi un'idea conflittuale verso l'industria che deve trasformare e valorizzare il prodotto.
Fino a quando non affronteremo il mercato e non avremo il coraggio di competere alla pari con gli altri Paesi, credo che sarà difficile. Per paradosso noi siamo un Paese che difende le «quote latte» pur sapendo che produciamo molto meno latte di quello che consumiamo. La Germania, che produce più latte di quello che consuma, si batte per superare le quote. È il retropensiero di un Paese che sa perfettamente che solo attraverso la protezione può conservare le proprie attività produttive perché non competitive.
Credo che fra di noi occorra dirsi la verità, anziché giocare. Abbiamo il problema dei giovani, della ricerca e dell'innovazione, tutte questioni che in questo Paese sono forse più vitali che altrove.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Ho apprezzato molto il riconoscimento del Ministro relativamente alla posizione del presidente De Castro. Devo dire che sono soddisfatto anche per questo grado di condivisione esistente nell'Unione europea.
Vorrei segnalare soltanto tre questioni. In primo luogo, il Ministro parlava di una certa intesa, esprimendo soddisfazione per la possibilità di ricalcolare la superficie del nostro territorio. Vorrei capire come sarebbe realizzabile questo ricalcolo, se si terrà conto della questione delle zone svantaggiate, se c'è un problema di regioni e al loro interno di aree merceologiche. Vorrei insomma capire come viene ricalcolato il criterio della superficie, che come sappiamo è svantaggioso per l'Italia.
Non è un problema di Nord e Sud perché il criterio della superficie svantaggerebbe sia regioni del Sud che regioni del Nord. Infatti, mi risulta che sarebbero penalizzati, per esempio, il Veneto e la Lombardia per il Nord, la Calabria e la Puglia per il Sud. Così come ci perderebbero anche alcune aree merceologiche, ad esempio l'olivo. In altri termini, c'è l'idea di arrivare a misure compensative di accompagnamento graduale su questi aspetti oppure si assume sic et simpliciteril criterio così com'è?
L'altra questione riguarda gli agricoltori attivi. Quando ne parliamo, siccome la definizione è molto generica, siamo tutti d'accordo, ma bisognerebbe capire cosa si intenda davvero per agricoltore attivo, se ci sia la possibilità di favorire il giovane agricoltore e il ricambio generazionale, se siano fissati tetti ai premi assegnati.
Questi sono i punti che ho voluto sollevare, con la consapevolezza che la partita della difesa del budgetin agricoltura a livello europeo e delle risorse che dovranno essere assegnate all'Italia, così com'è stato per l'approvazione unanime della mozione PAC, è un problema di tutto il Parlamento e non solo del Governo.
Forse sarebbe opportuno prevedere un'audizione anche del presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, che credo sia disponibile e attento alle nostre esigenze, per capire come il Parlamento assieme all'Italia possa difendere gli agricoltori in Europa.

GIAN PIETRO DAL MORO. Mi associo a molte delle considerazioni che sono state fatte, ma vorrei mettere in risalto alcuni punti in particolare.
Come rilevato da altri colleghi, il mio primo suggerimento è quello di non mettersi sulla difensiva, evitando le prese di posizione di questi anni contro l'Europa, l'euro o la Cina. Spero che oggi il refrainsia cambiato e che nei confronti dell'Europa si ragioni in termini di disponibilità e non di attacco, mettendoci nella condizione di essere degli interlocutori. Come abbiamo visto in questi mesi, ahimè, dall'Europa possiamo anche ricevere molto.
Il rischio tuttavia è condurre la battaglia per compartimenti stagni. In altre parole, il rischio è che gruppi parlamentari, istituzioni, associazioni di categoria,


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rappresentanti del mondo del lavoro e della cooperazione trovino canali di riferimento e luoghi di incontro che non diano il senso di unità del nostro sistema Paese. Come diceva qualcuno, tante piccole povertà messe insieme non fanno una grande ricchezza, ma una grande povertà.
Il mio invito è ad attuare un'operazione come sistema Paese nel suo complesso, creando luoghi di confronto dove le Commissioni della Camera e del Senato, le istituzioni, i nostri rappresentanti al Parlamento europeo dedicati a questo impegno e ovviamente il Ministro possano sedere a un tavolo comune per costruire una strategia comune, in modo da parlare in Europa con un'unica voce. In caso contrario, come abbiamo già visto in passato, ognuno cercherebbe di privilegiare i propri canali e complessivamente daremmo un'immagine negativa.
Fatta questa prima riflessione, dobbiamo anche renderci conto della situazione in cui ci troviamo. L'Europa nasce sull'agricoltura e l'Italia ha ricevuto molto in questo settore. Il budgetdell'agricoltura negli anni passati è stato tra i più importanti, così come lo è ancora oggi. Col passare degli anni però si è progressivamente ridotto. Oggi, come diceva giustamente lei, ci sono due fattori di regressione rispetto al budgetdi riferimento: l'assenza del calcolo dell'inflazione e del costo del denaro e il fatto che gli Stati membri non sono più 13, ma 27.
Bene che vada, la torta va divisa tra più soggetti, e ovviamente i Paesi che entrano chiedono le stesse condizioni di cui noi abbiamo goduto per vent'anni. Se fossimo un nuovo Stato membro, probabilmente anche noi chiederemmo tanto quanto abbiamo avuto in questi anni passati.
L'atteggiamento giusto è quello che ci permette di trovare le modalità per riuscire non a metterci solo in contrapposizione, ma a stabilire punti di riferimento. È evidente che in questo momento si stia costituendo un asse tra Paesi come Francia, Inghilterra e Germania e il blocco dei Paesi dell'Est.
Noi dobbiamo creare alleanze per trovare punti di mediazione. Io penso che le nostre alleanze debbano passare attraverso il concetto di qualità, che è un tema importante, sapendo che il criterio della superficie non potrà essere cancellato, ma dovrà essere contenuto, cercando i meccanismi utili.
Accolgo l'invito del collega Oliverio. Poiché mi pare che sia prevista una formula transitoria nel passaggio al calcolo, questa volta cerchiamo di fare in modo che non si riproponga quanto successo con le quote latte. Facciamo in modo che i calcoli stavolta siano giusti e che per un lungo periodo non ci si torni sopra.
Vorrei anche sottolineare che, dai documenti che circolano e dagli interventi che sono stati fatti, la sensazione comune a molti Paesi è di un notevole incremento della burocrazia. La PAC per il periodo 2014-2020 sta aumentando gli impegni e i flussi burocratici. Questo appesantirà le aziende non solamente italiane, ma europee. Ci sono moltissime dichiarazioni in tal senso degli stessi componenti della Commissione agricoltura e di altri Ministri dell'agricoltura. Come sappiamo, in Italia le aziende spesso passano più tempo a sbrigare scartoffie che in campagna. Penso che dovremmo farci attori principali di una battaglia su questo fronte.
Per quanto riguarda il verde, occorre fare attenzione. Il verde, che nell'ipotesi non ufficiale viene valutato in modo significativo e importante, può includere molte variabili e molti fattori di riferimento. Penso che la nostra battaglia non dovrebbe mirare solo a contenere il peso del greening, ma piuttosto a individuare i molti fattori che sono al suo interno e puntare sulla flessibilità, dando agli Stati la possibilità di scegliere.
Mettersi contro, dato il clima internazionale e mondiale che c'è attorno a questo tema, è una battaglia persa, anche facendo ogni sforzo. Dobbiamo lavorare sulla flessibilità, come in parte è già stato detto, ma concentrandoci sul caso specifico del greening, all'interno del quale possono esserci aspetti nei quali siamo in difficoltà, ma anche fattori nei quali abbiamo competitività. Quanto sta facendo da questo punto di vista la Regione Lombardia


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testimonia del fatto che si può fare molto in questo campo e che anche noi possiamo essere competitivi. Diversamente, sui due fattori principali, superficie e greening, ci troveremmo solo in una fase antagonista senza passare alla fase di proposta.
Pur tenendo conto complessivamente delle difficoltà che stiamo vivendo, penso che come sistema Paese, tutti insieme, superando le appartenenze, dovremmo farci carico di trovare le nostre proposte di flessibilità e i nostri punti di vantaggio competitivo e presentarci in Europa, alla Commissione europea e al Commissario Cioloş, per cercare un punto di mediazione, così da non passare per quelli che urlano al vento e si arrabbiano, ma poi si devono accontentare delle quattro briciole che rimangono.

TERESIO DELFINO. Mi scuso per non aver potuto sentire l'intervento, ma la lettura del documento mi fornisce alcuni spunti di riflessione.
Per prima cosa, vorrei davvero capire, rispetto a quanto osserviamo in Commissione agricoltura, se il sistema Paese italiano considera la politica agricola l'elemento di fondo. Sovente in passato è stato criticato il fatto che alla fine, se c'era qualche interesse da sacrificare, si sacrificava l'agricoltura. Questo ovviamente noi non lo condividiamo più. Essendo contributori netti, è chiaro che dovremmo recuperare e non divaricare ulteriormente il rapporto tra i versamenti e i contributi ottenuti.
È già stato detto e abbiamo visto in altre occasioni che parlando di PAC è fondamentale difendere il budget. È quindi inutile soffermarsi oltre. Per riuscirci, è necessario trovare un sistema di alleanze che ci veda protagonisti in Europa. Anche su questo, se fosse possibile, qualche chiarimento in più sarebbe assolutamente gradito.
Per quanto riguarda, signor Ministro, la sua affermazione, non solo di oggi, rispetto ai parametri sulla base dei quali dovrebbero essere assegnate le risorse, l'eventualità del ricalcolo qui richiamata potrebbe essere di aiuto, ma non è su questo, a mio avviso, che dobbiamo puntare. Dovremmo puntare piuttosto - e mi trovo d'accordo con le osservazioni fatte, ad esempio, dal collega Gottardo - su una distribuzione di risorse che premi, oltre che parametri quali la superficie o il verde, anche la qualità e l'innovazione del sistema produttivo europeo e italiano.
La questione nodale, che non vedo emergere, ma che sarà sicuramente oggetto di nostri ulteriori confronti, riguarda quale agricoltura immaginiamo per il futuro. Abbiamo detto più volte che il nostro sistema di aziende agricole è un sistema molto frammentato e che il meccanismo di utilizzo delle risorse agricole è inadeguato per compiere quel salto di qualità che tutti riteniamo necessario per consolidare il nostro grande valore agricolo e agroalimentare.
Anche in questa prospettiva, per sfuggire a una discussione tutta domestica dove il sussidio vale più per esistere che per produrre e dare competitività al settore, vorrei capire come viene affrontata in sede europea l'ipotesi di un tetto massimo e minimo per gli aiuti e qual è l'opinione sua e del nostro Governo.

CARLO EMANUELE TRAPPOLINO. Sarò telegrafico. Ho solo due domande, anche perché gli interventi di merito sono già stati fatti. Volevo chiedere al Ministro quale sia il risultato minimo accettabile di questo negoziato e a quale criterio, tra i vari elencati anche nella relazione, diamo priorità assoluta.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Romano per la replica.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Vi ringrazio perché le domande puntuali che avete posto dimostrano una certa competenza in ordine a problematiche che talvolta richiedono studio, oltre che la passione politica che voi colleghi mettete.
Farò un ragionamento che possa accomunare alcune domande che si sono ripetute.


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Come ha sottolineato con puntualità l'onorevole Vannucci, la prima questione riguarda sia il secondo pilastro, il cosiddetto PSR (Piano di sviluppo rurale), sia la capacità di spesa delle Regioni, nonché le misure che possano dare elasticità nell'utilizzo di queste stesse risorse.
Nel corso del primo incontro bilaterale con il Commissario Cioloş io partii proprio da questo ragionamento, dicendo che noi abbiamo l'obbligo di considerare unitariamente nel Patto di stabilità tutte le nostre amministrazioni, ma se una regione non riesce a spendere le risorse del PSR queste somme tornano direttamente a Bruxelles. Il Commissario prese nota; rispose che ovviamente la PAC in corso non poteva essere cambiata, ma che sarebbe stato elemento di discussione per questa PAC.
Ritengo, infatti, che queste risorse, che non ritornano al governo centrale possano quantomeno essere utilizzate da regioni con lo stesso obiettivo di coesione, sicché in una macroarea le risorse non spese possano essere impiegate da un'altra regione con gli stessi problemi e le stesse difficoltà. Su questo sono fiducioso perché ho trovato molta disponibilità, anche se non ce n'è ancora traccia. Sono aspetti che io ricorderò a Cioloş nel momento in cui presenterà il documento ufficiale e nel momento in cui partirà il vero e proprio negoziato.
Ho sentito alcuni di voi soffermarsi sul tema delle alleanze. Vi informo che ho partecipato già a diversi incontri bilaterali, che non vi elencherò, ma oggi il tema della alleanze è ancora da venire. Noi abbiamo la necessità di capire quale proposta ufficiale emerga dalla Commissione per poi interloquire con questo o quel Paese. Sono in corso contatti con la Francia per un incontro bilaterale a breve. Ne abbiamo organizzato uno con la Germania, la Repubblica Ceca e l'Austria la scorsa settimana e ne abbiamo in programma uno con l'Olanda, Paese che ha i nostri stessi problemi.
Poiché questa PAC vedrà la sua conclusione da qui a un anno, il tema degli incontri bilaterali si innesta in un meccanismo da noi già messo in campo, quello della concertazione. Abbiamo annunciato già da tempo, e stiamo lavorando per realizzarla, la Conferenza nazionale sull'agricoltura, che si terrà il 13 novembre 2011. Nelle prossime settimane incontrerò le regioni in ordine al negoziato PAC. Ho già incontrato i rappresentanti a Bruxelles di Coldiretti e Confagricoltura e vedrò le altre organizzazioni professionali.
Ho chiesto ai Presidenti delle Commissioni agricoltura della Camera e del Senato di riferire in merito, perché sto compiendo un lavoro di cucitura dei suggerimenti, dei contributi e delle posizioni dei diversi protagonisti che, a vario titolo, concorrono alla scrittura della PAC e quindi al negoziato. È, quindi, un percorso che abbiamo ancora davanti per nulla concluso e rispetto al quale c'è comunque la soddisfazione di avere attivato meccanismi che vedranno la presenza dell'intero Governo.
La prossima settimana, al ritorno del Ministro Tremonti dagli Stati Uniti, si terrà un incontro con il Ministro degli affari esteri e il Ministro delle politiche comunitarie proprio perché, dopo aver incontrato il Vicepresidente Tajani in una riunione bilaterale questa settimana, avverto forte l'esigenza di far esprimere l'intero Consiglio dei ministri, e quindi il Governo, su una posizione che, come voi sapete, ha anche carattere di compensazione. Infatti, se chiediamo di più sulla PAC, a parità di stanziamenti, ovviamente dovremo rinunciare a qualcosa su altri versanti. Bisogna tenere in conto che le alleanze si stringono anche potendo offrire qualcosa in cambio.
È stato molto utile l'incontro col Vicepresidente della Commissione Tajani perché ho avuto il quadro degli aspetti che potrebbero incidere meno sull'interesse del nostro Paese e che potrebbero essere offerti ad altri Paesi più interessati. Mi insegnate che la trattativa è dura e faticosa, ma prevede necessariamente la possibilità di offrire qualcosa per chiedere in cambio qualcos'altro.
Purtroppo, nonostante le sollecitazioni, abbiamo un deficit nella spesa agricola delle regioni, e i Piani di sviluppo rurale non sono in linea con la spesa erogata, ad esempio, dal Governo centrale. Non voglio fare polemica. Stiamo cercando non soltanto di sollecitare, ma altresì di offrire tutta la disponibilità, anche in termini di


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assistenza tecnica, alle regioni che si trovano in difficoltà o di utilizzare i cosiddetti «progetti sponda» per riuscire quanto meno a erogare questi fondi e a emettere bandi. È davvero una tragedia non solo perdere risorse che tornano a Bruxelles, ma anche sentirsi rimproverare di non poter chiedere di più perché non riusciamo a spendere quanto già abbiamo.
Rispetto a quanto diceva l'onorevole Zucchi, io penso che la partita non sia persa. Siamo solo agli inizi. Ho il dovere di rappresentare ciò che è a mia conoscenza e di illustrare cosa stiamo facendo, perciò devo anche presentare dei dati che possono non essere «simpatici». Stiamo lavorando per modificare questi dati e lo stiamo facendo non soltanto attraverso il contributo, attualmente in atto, dei nostri uffici, ma anche con il contributo politico che deriverà da questa azione di concertazione già in corso da qualche mese e che troverà il suo momento di unità il 13 novembre a Cremona con la Conferenza nazionale sulla politica agricola.
Non so ancora in quale misura, quale dimensione avrà e come verrà proposta la modifica delle nostre superfici, di cui mi chiedeva l'onorevole Oliverio. Il tema della discussione era ampio e non potevamo scendere nei dettagli. Il Commissario Cioloş si è impegnato a formulare una proposta che riveda le nostre superfici, e siamo ancora in attesa di esaminarla.
È vero, onorevole Gozi, che siamo stati fautori della politica del rigore, ma essa non è in contraddizione con una politica che chieda l'introduzione di alcune chiavi di riparto. Certo, con quelle chiavi di riparto noi otterremmo di più, ma intanto, nella premessa, vogliamo che la filosofia di questa politica agricola comune incentivi oltre che sostenere l'agricoltura. Nel momento in cui la spirale speculativa sulle commoditydel mondo mette in ginocchio i nostri agricoltori e i nostri allevatori per il raddoppio del prezzo dei cereali; nel momento in cui le grandi multinazionali dell'energia utilizzano il feedper usi energetici anziché per gli allevamenti; nel momento in cui alla speculazione si aggiunge un dato davvero drammatico, che abbiamo affrontato nel G20 di Parigi due mesi fa, creando presso la FAO un organismo che si occuperà di incentivare la produzione in vista del fatto che nel 2040 non riusciremo a soddisfare, in termini di cibo, i due miliardi in più di abitanti del pianeta. Alla luce di tali considerazioni, è anacronistico - e l'ho detto con molta chiarezza - immaginare che la nostra Europa disincentivi la produzione. Eppure, il criterio della superficie, checché se ne dica, disincentiva e allontana l'agricoltore dalla produzione.
Capisco che qualcuno in Europa abbia più interesse a chiudere contratti con il Mercosur, che ci fornisce agricoltura a cui l'Europa risponde con la bilancia dei pagamenti fornendo tecnologia, ma noi abbiamo la necessità di difendere l'agricoltura mediterranea che si trova in competizione con l'agricoltura del Mercosur. Perciò ritengo che questa sia la battaglia prioritaria.
E vengo alle priorità. La priorità è quella di introdurre la produzione lorda vendibile in maniera consistente come chiave di riparto. Noi abbiamo poca superficie, ma abbiamo tanta produzione lorda vendibile. Il suo sostegno si inserisce nel quadro della strategia che intendiamo seguire, cioè difendere le eccellenze e le qualità che soltanto nel nostro territorio possono essere prodotte, e che ancora godono di una nicchia importante nel mercato globale e rispetto alla quale non temiamo alcuna competizione.
Il valore aggiunto di cui parlava l'onorevole Gottardo è questo: è dare la possibilità a questi territori di fare di più e meglio. Purtroppo, possiamo modificare tutto tranne le condizioni orografiche del nostro Paese. Laddove ci sono delle difficoltà il metodo incentivante è quello di assicurare un sostegno che garantisca la produzione, ma anche il mercato che riceverà queste stesse produzioni.
L'onorevole Delfino ha posto una domanda alla quale intendo rispondere. Io credo che l'Italia faccia della politica agricola l'elemento di fondo. Il lavoro che stiamo compiendo è largamente condiviso dentro il Governo e, secondo il mio modo di vedere, ci darà ragione perché, al di là delle posizioni politiche, è un metodo che unisce.
Io vi ringrazio delle osservazioni, che mi fanno ben sperare. Così come sono state espresse sono assolutamente in linea


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anche con le mie preoccupazioni. Io ho soltanto la preoccupazione aggiuntiva di non sapere quale sarà il risultato effettivo. Potenzialmente, stiamo andando nella stessa direzione. Intanto, intendo raccogliere e sottolineare un dato, cioè l'esistenza di una visione comune delle questioni agricole del nostro Paese. Su questo raccolgo unità di intenti a procedere verso una direzione che può farci migliorare questo negoziato sulla politica agricola comune.
Penso di avere detto tutto in relazione alle vostre domande. Abbiamo davanti un periodo assai difficile. Come osservava qualcuno, nella trattativa entrano adesso i nuovi Paesi membri che vorrebbero le stesse condizioni degli altri. Noi abbiamo fatto rilevare non soltanto di essere un Paese contributore netto, ma di avere sostenuto l'allargamento dell'Unione europea e di essere stati sempre solidali con i Paesi che hanno bisogno.
In questo momento il nostro glorioso Paese ha bisogno e non dobbiamo vergognarci a dirlo anche in sede europea. Chiediamo attenzione, rispetto e solidarietà da parte di un'Unione europea che abbiamo fortemente voluto e contribuito a costruire. Sono ragioni che da sole non bastano, ma se saranno espresse da tutti noi in modo univoco potranno fare breccia anche presso la Commissione.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,25.

XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea)

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