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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(V-XIV Camera e 5a-14a Senato)
5.
Giovedì 27 ottobre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Pescante Mario, Presidente ... 3

Audizione del Commissario europeo per la programmazione finanziaria e il bilancio, Janusz Lewandowski, sul quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020 (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato):

Pescante Mario, Presidente ... 3 6 8 9 13 18
Bonfrisco Anna Cinzia (PdL) ... 11
Cambursano Renato (IdV) ... 11
D'Amico Claudio (LNP) ... 12
Di Giovan Paolo Roberto (PD) ... 12
Duilio Lino (PD) ... 9
Formichella Nicola (PdL) ... 8
Gottardo Isidoro (PdL) ... 10
Lewandowski Janusz, Commissario europeo per la programmazione finanziaria e il bilancio ... 6 14
Santini Giacomo (PdL) ... 5
Vannucci Massimo (PD) ... 13

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Commissario europeo per la programmazione finanziaria e il bilancio Janusz Lewandowski ... 19
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

[Avanti]
COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) - XIV (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
5a (PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO) - 14a (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 27 ottobre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XIV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI MARIO PESCANTE

La seduta comincia alle 14,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Commissario europeo per la programmazione finanziaria e il bilancio, Janusz Lewandowski, sul quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato, l'audizione del Commissario europeo per la programmazione finanziaria e il bilancio, Janusz Lewandowski, sul quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020.
Diamo inizio a questa audizione dando il più cordiale benvenuto al Commissario Lewandowski e ai suoi collaboratori anche a nome del presidente della V Commissione della Camera dei deputati Giancarlo Giorgetti, che è qui accanto a me e che - in un'ottica dell'alternanza - ha lasciato a me l'onore di presiedere questa seduta.
La ringrazio, caro Commissario, per questa audizione, che conferma la sua grande disponibilità a un confronto sistematico con i Parlamenti nazionali. Nei giorni precedenti abbiamo svolto diverse audizioni, l'ultima delle quali con i membri della Commissione affari costituzionali del Parlamento europeo, e in quella sede già affermai che il Trattato di Lisbona può essere quasi definito il Trattato dei Parlamenti europeo e nazionali.
Questa sua disponibilità a un confronto sistematico con i Parlamenti nazionali è dunque molto importante. Ricordiamo che nel settembre 2010 lei è già intervenuto in audizione presso le Commissioni riunite bilancio e politiche dell'Unione europea sia della Camera che del Senato in merito alle prospettive di riforma del quadro finanziario dell'Unione europea dopo il 2013 e del sistema di risorse proprie dell'Unione stessa.
Questa mattina, quando ci siamo salutati stringendoci la mano, abbiamo affermato entrambi che oggi è una bella giornata grazie a quanto è accaduto ieri, o meglio questa notte, nel Consiglio europeo.
Credo che in quella sede sia stato raggiunto un importantissimo accordo, soprattutto per quanto riguarda la dotazione del cosiddetto fondo salva Stati che è salita a 1.000 miliardi di euro, quasi il triplo del fondo originario, per il sostegno alla ricapitalizzazione delle banche, e anche per la scelta di far partecipare gli obbligazionisti privati (banche, assicurazioni) alle perdite sul valore facciale del debito della Grecia.
Questi segnali costituiscono un'importante concretizzazione della rinnovata capacità dell'Unione europea di assumere, sia pure sotto la pressione di eventi esterni drammatici, decisioni difficili, mosse da


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uno spirito solidale, cui si dovrebbe ispirare il processo di integrazione europea.
Mi auguro che un analogo approccio sia seguito anche nel negoziato sul quadro finanziario, che presenta una rilevante delicatezza per due ordini di motivi.
In primo luogo, dal volume del bilancio europeo dipenderà infatti sia l'effettiva capacità dell'Unione di esercitare le sue competenze, sia la definizione dei settori prioritari di intervento.
Se vogliamo rilanciare il processo di integrazione, a fronte della crisi odierna, è necessario prevedere accanto al fondo salva Stati un intervento finanziario dell'Unione europea efficace, riconoscibile per i cittadini e in grado di rilanciare la crescita e l'occupazione, di fronte alla difficoltà degli Stati membri nel reperire risorse adeguate nei rispettivi bilanci.
Mi permetta, Commissario, di aprire questa parentesi, perché lei sa che il nostro è uno dei Paesi che attualmente ha delle sofferenze e si trova in una tenaglia che riguarda il debito, il pareggio di bilancio che viene richiesto, i sacrifici ma anche un'esigenza di crescita e di investimenti, perché altrimenti, limitando l'azione unicamente al risanamento delle finanze nazionali, i Paesi diventano sempre più poveri ed è difficile parlare di risanamento. I prestiti risolvono nel breve termine certi problemi contingenti, ma non c'è proiezione verso il futuro.
In secondo luogo, agganciandomi alla precedente mia riflessione, le scelte che saranno operate in merito all'allocazione degli stanziamenti incideranno molto sui rapporti tra gli Stati membri, in quanto concorreranno a definire la futura fisionomia dell'Unione. Occorre evitare che prevalga - mi lasci passare questo termine un po' brutale - l'arroganza di qualche Stato membro o si pervenga alla creazione di direttorii.
Ieri, nell'incontro con il suo collega vice presidente della Commissione europea, Maroš Šefčovič, si discuteva sull'opportunità di evitare che una politica intergovernativa prendesse il posto di quella che dovrebbe essere una politica comunitaria. La realtà è che non vi è una politica comunitaria: stiamo assistendo a una vera e propria diarchia.
Questo crea problemi perché gli interventi dell'Unione europea sono accettati, anzi per certi aspetti anche sollecitati, così come anche gli «ordini», purché provengano da un'istituzione, mentre c'è qualche difficoltà ad accogliere quelli che provengono solo dalla Banca centrale europea o addirittura da due o da un solo Stato. Il guaio è che fino a qualche mese fa si affermava che l'Unione europea parlasse con 27 voci e per quanto riguarda la politica monetaria con riferimento all'euro a 17 voci, ma ora il cerchio si è ristretto e sembra parlare solamente con due voci.
Ciò non va bene non per un problema di gelosia - siamo confinanti con uno di questi Paesi e la gelosia può anche essere una caratterizzazione storica dei nostri rapporti -, ma perché è difficile spiegare ai propri cittadini che certe richieste ci vengono fatte da due Paesi dell'Unione. Come ho già detto ieri, ribadisco l'importanza che non ci siano direttori, che tentino di dettare legge in questo ambito.
Nello scorso luglio le nostre Commissioni parlamentari hanno già avviato l'esame delle proposte della Commissione europea presentate il 29 giugno sul quadro finanziario pluriennale e hanno svolto numerose audizioni con rappresentanti del Governo, esperti e istituti di ricerca, e la scorsa settimana con europarlamentari italiani. Devo ringraziare il presidente Giorgetti e la Commissione bilancio della Camera che presiede per l'impulso dato a questa attività.
Credo di interpretare anche il pensiero del presidente e dei membri della Commissione bilancio nel dire che queste audizioni hanno fatto emergere il dilemma nel quale si dibatte l'Italia e al quale prima mi riferivo, introducendo il tema dell'esigenza di una politica europea auspicabilmente con un unico ministro dell'economia - nel futuro sarà possibile - in sostituzione dei direttorii.
Vorremmo far presente che il nostro Paese è il terzo contributore netto del bilancio europeo, è impegnato in un processo


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di risanamento delle finanze pubbliche e quindi non può che considerare prioritario il miglioramento del nostro saldo netto negativo, che ammonta in media a circa 5 miliardi di euro l'anno nel periodo 2007-2013.
Per altro verso, l'Italia ha sempre avuto una posizione favorevole all'incremento del volume del bilancio dell'Unione, in quanto presupposto per lo sviluppo delle politiche comuni. In più occasioni anche la nostra Camera dei deputati si è pronunciata - generalmente all'unanimità - a sostegno di questa impostazione, di cui si è fatta portatrice anche nell'ambito delle riunioni interparlamentari su tale tema.
Il Parlamento italiano è quindi impegnato a trovare un compromesso avanzato tra queste due esigenze apparentemente inconciliabili. Posso quindi sin d'ora affermare che non intendiamo aderire, in base a un calcolo ragionieristico che spesso soffriamo anche nel nostro Paese, alla richiesta di riduzione del volume complessivo del bilancio europeo. Si tratterebbe di una scelta semplicistica, che ignorerebbe le ben più complesse considerazioni di carattere politico ed economico.
Allo stesso tempo, riteniamo che vada considerato in misura crescente il ricorso a strumenti finanziari innovativi fuori bilancio. Come dicevamo anche ieri, l'Europa non può limitarsi a preoccuparsi degli aspetti di bilancio e quindi aiutare gli Stati con prestiti e con interventi. Se l'Europa non ci aiuta anche in un percorso di crescita e di investimenti, ho la sensazione che non faremo molta strada.
Ci si chiede quali siano le richieste e le proposte che vengono dal Parlamento italiano, e parlo del Parlamento italiano con una punta di orgoglio perché - spero di non essere smentito - nel parlare di Unione europea e di problematiche europee c'è una grande unità nel nostro Parlamento, termine misconosciuto nelle nostre vicende politiche nazionali.
La nostra legge comunitaria è stata approvata all'unanimità, mozioni sono state approvate all'unanimità in Commissione e in Parlamento, e anche su questo discorso degli interventi finanziari fuori bilancio c'è unanimità di intenti. Mi riferisco non soltanto ai project bond, che sono stati giustamente proposti dalla Commissione, ma anche in maniera più ambiziosa agli Eurobond in senso stretto.
Non è un'invenzione italiana, perché sapete che prima del nostro Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti vi era già stata la proposta del presidente dell'Eurogruppo Juncker molto tempo fa, e ci ha confortato la notizia appresa ieri dal vice presidente della Commissione europea, Maroš Šefčovič, secondo cui la Commissione starebbe predisponendo un Libro verde in materia.
La mia premessa è stata anche troppo lunga, Commissario Lewandowski, e la ringrazio per la sua attenzione. Al di là della diversa competenza esistente tra le Commissioni parlamentari, c'è una seconda distinzione tra Camera dei deputati e Senato, quindi cedo la parola al mio amico e collega Giacomo Santini che rappresenta il Senato in qualità di vicepresidente - in quel ramo del Parlamento - della 14a Commissione Politiche dell'Unione europea, per un indirizzo di saluto nei suoi confronti.

GIACOMO SANTINI. Signor presidente, porto con poche parole al Commissario Lewandowski il saluto del Senato della Repubblica per quanto riguarda la 14a Commissione permanente che si occupa di politiche comunitarie, ma vedo anche i colleghi della Commissione bilancio, che forse con maggiore competenza potranno ascoltare il Commissario per la programmazione finanziaria e il bilancio. Voglio solo ricordare che ero fra i due o tre parlamentari italiani presenti la settimana scorsa a Bruxelles alla presentazione di questo piano finanziario pluriennale e quindi ho già raccolto molte notizie, ma anche qualche preoccupazione che vorrei condividere con i colleghi e trasformare in domande per il Commissario.
Il presidente Pescante ha approfondito il problema centrale di quell'incontro, le risorse proprie, e in effetti la prima preoccupazione deriva da questo: poiché


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l'Unione europea per circa il 70 per cento vive di risorse che non sono proprie, ma che provengono dai bilanci nazionali, mi chiedo se sia verosimile chiedere, come qualcuno ha ipotizzato a Bruxelles la scorsa settimana, un aumento dei contributi da parte dei Paesi membri, in un momento in cui i bilanci nazionali sicuramente non sono floridi.
Le affido questa domanda, signor Commissario, in quanto lei è stato tra i primi a parlare di questa problema. Alcuni temi sono emersi nei tre giorni di dibattito a Bruxelles, perché prima delle questioni di bilancio si è parlato anche della politica della pesca, laddove il piano di riforma di questo settore non favorisce la pesca mediterranea, anzi è orientato completamente verso una pesca nordica, baltica o del Mare del nord, con notevoli ripercussioni per i pescatori sul piano economico e finanziario.
È, infine, ancora maggiore la preoccupazione per quanto concerne l'annunciata riforma della PAC, ossia della politica agricola comune. L'applicazione dei nuovi princìpi annunciati avrebbe un esito fortemente negativo per la politica mediterranea e creerebbe un ulteriore sbilancio tra politica mediterranea e politica agricola continentale.
Vorrei affidarle queste tre riflessioni, signor Commissario, senza togliere tempo e spazio ai colleghi che avranno modo di approfondire ulteriori temi. Grazie.

PRESIDENTE. La ringrazio. Do ora la parola al Commissario Lewandowski.

JANUSZ LEWANDOWSKI, Commissario europeo per la programmazione finanziaria e il bilancio. Grazie, onorevoli presidenti e commissari per questa possibilità di parlare a rappresentanti eletti dal popolo.
In passato, abbiamo individuato dei percorsi comuni con il presidente Pescante sullo sport, in quanto io correvo veloce sui percorsi brevi mentre Pescante faceva corse su percorsi più lunghi ed era molto più bravo di me.
Questo non è il nostro primo incontro, e il senatore Santini ha giustamente ricordato l'attività della delegazione italiana in due occasioni: la COSAC di Varsavia con la partecipazione della delegazione parlamentare italiana, e la notevole attività della delegazione del Senato in occasione della conferenza sul futuro del bilancio europeo tenutasi a Bruxelles.
Ha ragione, presidente Pescante, nel ricordare che oggi è una giornata all'insegna del sollievo dopo l'esito del vertice di Bruxelles: si tratta di una constatazione importante, in quanto direttamente collegata all'atmosfera e ad alcuni tratti irrazionali del dibattito sul futuro del bilancio europeo. La situazione finanziaria reale in Europa si ripercuote direttamente sul dibattito relativo al progetto europeo e alle modalità da seguire per dotare il progetto europeo di mezzi e risorse finanziarie adeguati.
Attualmente ci troviamo in una congiuntura critica, ma non possiamo presupporre che anche dal 2014 al 2020 saremo in un periodo di congiuntura negativa: dobbiamo guardare all'orizzonte 2020. Quanto ho detto non riguarda però l'Italia, che ha sempre avuto un atteggiamento costruttivo e positivo rispetto al progetto europeo.
Sappiamo bene che senza capitoli di bilancio alcune promesse come la garanzia di aiuti condizionati ai Paesi arabi, la definizione di una politica comune in materia di immigrazione o la razionalizzazione della PAC sarebbero slogan vacui, se le promesse politiche non fossero supportate e corroborate da stanziamenti sia pur modesti.
Dobbiamo quindi sviluppare un concetto di bilancio per il futuro, quindi più Europa con più o meno gli stessi soldi. Con il Trattato di Lisbona l'Europa si apre a nuove politiche e responsabilità anche nei settori dei flussi migratori, della tutela dei diritti civili, dei diritti della cittadinanza, delle reti transeuropee, dell'energia, dei trasporti, settori che oggi acquistano una valenza europea in virtù del Trattato di Lisbona.
Desidero ricordare inoltre un altro imperativo, investire nella stabilità dei Paesi vicini sull'altra sponda del Mediterraneo,


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né posso dimenticare quanto avviene al di là dei confini orientali della Slovacchia e della Polonia. Anche questo è vicinato europeo e abbiamo bisogno di stabilità anche ad est della Polonia.
Si tratta quindi di una serie di sfide che richiedono risposte comuni europee. Oggi, però, non possiamo gonfiare i bilanci, vista la congiuntura economica, e da questo contesto emerge una proposta formale che è stata messa sul tappeto il 29 giugno, proposta sottesa a una filosofia molto semplice: prendiamo i livelli del 2013, anno conclusivo dell'attuale prospettiva finanziaria, e stabilizziamo quel dato in termini reali, moltiplicandolo per sette fino al 2020 praticando solo aggiustamenti che tengono conto dell'inflazione. Questa è stata l'idea di base e queste sono quindi le cifre per il futuro, alle quali si aggiungono anche le politiche di coesione.
Nell'area delle politiche di coesione esistono massimali molto severi, ma esiste anche un concetto di regioni in transizione che potrebbe essere interessante anche per l'Italia. Al di là delle regioni in convergenza al sud, avete quattro regioni che potrebbero essere considerate in transizione, non più ammissibili all'obiettivo di convergenza, ma almeno tali da non poter essere private del tutto di assistenza. Regioni come Sardegna, Basilicata, Abruzzo e Molise potrebbero quindi rientrare nelle cosiddette «regioni in transizione».
Questo ovviamente si ripercuote sulla posizione netta, perché, se noi difendiamo l'idea di finanziare le regioni in transizione, non dimentichiamo le implicazioni future sul saldo netto dell'Italia. Nella PAC è stato difficile costruire la casa, conosco tutte le riserve, è un settore che conosco bene perché sono stato istruito sulle complessità delle diverse scuole di pensiero della politica italiana, delle diverse sensibilità, ma ci sono grosse differenze nei pagamenti diretti per ettaro in Europa, dovute in parte a motivazioni storiche, per cui in Lettonia abbiamo meno di 100 euro per ettaro, contro gli oltre 450 euro per ettaro nei Paesi Bassi e in Belgio.
Una proposta ragionevole deve basarsi su un messaggio politico sostenibile: non possiamo aiutare quelli che sono già al di sopra della media, quindi promettiamo aumenti del 50 per cento per la Lettonia, la Lituania, la Bulgaria, la Romania, ma il costo maggiore è sostenuto dai Paesi Bassi, meno 10 per cento. In Italia adesso siete a poco più di 400 euro per ettaro, con una differenziazione perché c'è anche il periodo transitorio e mi rendo conto che ci sono delle sensibilità specifiche in Italia.
Un altro elemento nuovo della proposta è il Connecting Europe Fund, un fondo per il finanziamento delle reti energetiche e dei trasporti. Credo che per motivi geografici l'Italia ne esca bene, se pensiamo al corridoio nord-sud con cui arrivare fino alla Sicilia, al corridoio che va dai Paesi della penisola iberica verso la Croazia, futuro Stato membro dell'Unione europea.
Questa comunque è la proposta e abbiamo già dato una prima delibazione, abbiamo recepito le reazioni dei senatori e deputati italiani in altre due occasioni, quindi ho già un'idea di quali potrebbero essere i nodi principali per l'Italia. Sono pronto a scendere nel dettaglio anche se non tanto sulla pesca, presidente Santini, perché non è proprio il mio dossier. Ho sentito che si tratterebbe di una sperequazione di trattamento tra Mediterraneo e Paesi baltici, ma so che anche nei Paesi baltici i pescatori sostengono più o meno le stesse cose anche se si tratta non del problema del tonno, ma di altri stock ittici tipici del Mar Baltico.
In generale, secondo me la politica della pesca è stata un fallimento o quantomeno non è stato un grande successo, ha inflitto dolori ai pescatori ma senza rafforzare la consistenza del patrimonio ittico, rappresentando quindi un costo politico senza vantaggi sostanziali per questo settore così importante nelle attività economiche dell'Europa.
Vi ringrazio per l'invito, percepisco uno spirito costruttivo all'interno del Parlamento italiano per quanto riguarda la comprensione di questo bilancio, che è relativamente piccolo e non dovrebbe diventare ostaggio dei problemi finanziari in cui versa l'Europa.


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Non voglio parlare di due Paesi che non sono poi così lontani e i cui disavanzi lo scorso anno erano superiori al volume complessivo del bilancio europeo. Se adesso cerchiamo di far sì che i fondi strutturali diventino più accessibili alla Grecia e agli altri cinque Paesi interessati dall'assistenza macroeconomica, i fondi strutturali potrebbero essere una soluzione alla carenza di investimenti, alla crisi della crescita e dell'occupazione.
Il problema principale è parzialmente risolto. Attendiamo di apprendere i dettagli della decisione assunta ieri notte a Bruxelles, ma un miglioramento nell'atmosfera, nel clima, nel sentimento percepibile anche sui mercati finanziari potrebbe anche migliorare il contesto in cui si discuterà delle prospettive finanziarie europee.
Stiamo programmando per il 2020 e non possiamo permettere che il nostro ragionamento venga oscurato da un pessimismo contingente, che ci renda incapaci di perseguire l'ambizione di dare una risposta comune a queste sfide portoghesi, italiane, polacche, problemi appunto europei.
Grazie ancora di questa possibilità di incontro nella Camera delle persone elette dalla gente.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

NICOLA FORMICHELLA. Ringrazio il Commissario Lewandowski per l'attenzione che ha voluto dimostrare verso il nostro Parlamento.
Il presidente Pescante ha evidenziato che all'interno del nostro Parlamento, nelle Commissioni politiche dell'Unione europea, insieme alla Commissione bilancio, ci stiamo occupando del tema che stiamo oggi affrontando. Ho molto apprezzato la sua affermazione secondo cui c'è bisogno di più Europa, Commissario; però bisogna farla più o meno con gli stessi soldi. Questo significa che dobbiamo cercare di spendere bene le risorse a nostra disposizione.
Vorrei esporre quattro riflessioni. La prima riguarda un aspetto apparentemente tecnico, ovvero l'inclusione della politica di coesione, che nell'attuale quadro finanziario è una sottorubrica con un proprio massimale di spesa, nell'ambito della nuova rubrica 1 insieme alla competitività. Vorrei sapere quali potrebbero essere le implicazioni di questa scelta, in particolare ai fini dell'eventuale utilizzo dei margini disponibili.
La seconda questione già citata da lei riguarda il discorso delle regioni in transizione, in cui rientrano quattro regioni italiane, che, però, hanno una popolazione complessiva inferiore ai 4 milioni di abitanti, mentre in Germania, Spagna e Francia le regioni interessate sono molto più popolose.
Vorrei sapere come questo nuovo obiettivo si concili con quelle che dovrebbero essere le finalità primarie della politica di coesione, ovvero il sostegno alle regioni in ritardo di sviluppo, sempre nell'ottica di comprendere come possiamo avere più Europa spendendo più o meno le stesse risorse. Lei sa che il nostro Governo si è giustamente opposto all'introduzione di tale nuovo obiettivo.
Il terzo aspetto problematico è la previsione per i fondi strutturali e per lo sviluppo rurale di condizionalità legate al rispetto dei parametri macroeconomici e di finanza pubblica previsti nell'ambito della nuova governance economica. Credo che per il nostro Paese come per altri Stati membri - in questa fase di bassa crescita - non sia ora il momento opportuno per introdurre tale previsione.
L'ultima domanda riguarda le risorse destinate alle misure per l'immigrazione, che, nonostante l'aumento percentuale, rimangono estremamente modeste. A noi sembra singolare che la Commissione europea, a fronte dei drammatici eventi che hanno sconvolto il Mediterraneo, non abbia ritenuto di prevedere una dotazione significativa, necessaria per sviluppare, attraverso una solidarietà finanziaria verso i Paesi più colpiti dai flussi migratori, una reale politica europea in materia. Abbiamo spesso sollevato questo problema già durante


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il semestre di presidenza svedese, ma non abbiamo mai ottenuto risposte puntuali.

PRESIDENTE. Immagino che lei, Commissario, preferisca rispondere al termine degli interventi. Rivolgo ai parlamentari presenti il cortese invito a utilizzare tempi di intervento europei, direi quindi - se siete d'accordo - di cinque minuti più eventualmente due di extra time.

LINO DUILIO. Grazie al Commissario Lewandowski. Anch'io ho partecipato ai lavori della citata riunione di due giorni a Bruxelles e ho avuto l'onore di far parte del panellist per l'introduzione ai lavori della sessione relativa alle risorse proprie.
Vorrei esprimere una prima considerazione sulle risorse proprie e sul bilancio. Lei ha detto che per il 2014-2020 si terrà conto dell'inflazione, ma sostanzialmente si consolideranno le risorse del bilancio comunitario. Questo aspetto attiene a una buona dose di realismo per l'attuale situazione in Europa.
Mi auguro che nel 2014 ci troveremo in condizioni migliori e che si possa cominciare a ragionare sull'aumento delle risorse proprie del bilancio comunitario. Questo è un "pallino" non solo mio. Dobbiamo tutti guadagnare la convinzione che un euro speso a livello nazionale ha una minore efficacia in termini di resa dello stesso euro speso a livello comunitario.
Se non facciamo questo salto, credo che il bilancio comunitario resterà sempre la Cenerentola - se così si può dire - delle politiche pubbliche che potremo portare avanti. Questa è la prima considerazione, che non credo sia di carattere filosofico astratto, perché in Italia un proverbio recita: «senza soldi non si cantano messe», mentre in Serbia si dice: «tanti soldi, tanta musica». Quindi, per realizzare politiche pubbliche degne di questo nome occorrono le risorse.
Non possiamo avere un'Europa con un bilancio comunitario obiettivamente risibile rispetto alle esigenze di politiche pubbliche che a livello comunitario dovremmo varare.
La seconda considerazione riguarda quanto abbiamo discusso a Bruxelles, e cioè l'esigenza di trasformare progressivamente il contributo degli Stati membri affinché il bilancio comunitario disponga di risorse proprie. Questo è molto importante, perché altrimenti non usciremo mai da un secondo problema, che non so se esista solo in Italia, ovvero la filosofia dell'equo ritorno, per cui ogni Stato si presenta poi a Bruxelles a contrattare una restituzione di quanto ha dato.
Si tratta di una logica ragionieristica, che considero poco europeista e non in grado di farci fare molti passi in avanti sul tema dell'Europa e della prospettiva degli Stati Uniti d'Europa. A Bruxelles abbiamo discusso alcune cose, ma qui mi limito ai titoli, perché, come lei sa, molti colleghi di alcuni Parlamenti sono stati d'accordo, altri sono stati contrari.
Si è pensato di introdurre due nuove voci per portare risorse e sostituire la quota di prodotto interno lordo: la tassa sulle transazioni finanziarie e l'IVA. Il Commissario ha specificato che si tratterebbe di una quota di IVA su una base comune, che quindi non registri differenze, anche se credo che tecnicamente la cosa andrebbe approfondita.
Le chiederei se, anche alla luce di quanto è emerso l'altro giorno in Europa, sebbene la trattativa si concluderà entro la fine del prossimo anno, ritenga che questi strumenti entreranno a far parte delle voci nuove che assicureranno risorse proprie al bilancio comunitario.
Per rimanere nei tempi europei chiesti dal presidente Pescante, avendo beneficiato della partecipazione alla riunione di Bruxelles grazie al mandato ricevuto dal presidente Giorgetti e dal presidente Pescante per la Camera dei deputati, vorrei chiederle quale sia la sua opinione sul controverso tema della nascita di obbligazioni europee. Vorrei sapere, infatti, se non stiano maturando i tempi per ricorrere a questo strumento, cioè per avere obbligazioni europee per sostenere in modo diretto progetti europei in alcuni settori.


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Il presidente Lamassoure ha spiegato l'altro giorno con il suo carisma quanto si potrebbe risparmiare, se si facessero alcune cose come Europa anziché come singoli Stati nazionali, e tutti noi abbiamo approvato risoluzioni qui nel Parlamento italiano, in cui abbiamo parlato di prodotti ad alto valore aggiunto da perseguire a livello europeo. Rimango, infatti, convinto - può darsi che sia una fissazione - che, se i cittadini europei riuscissero a vedere ospedali, università e centri di ricerca di eccellenza targati Europa, probabilmente comincerebbero ad avere un'idea meno romantica o retorica dell'Europa e sarebbero più disponibili a sopportare costi che considererebbero veri investimenti.
Sulla parte concernente la spesa sarò telegrafico, perché l'onorevole Formichella mi ha anticipato. Abbiamo delle riserve sul tema delle regioni in transizione, perché riteniamo che obbediscano alla logica del giusto ritorno. Le 51 regioni censite con circa 72 milioni di abitanti vedono, poi, nel caso dell'Italia, beneficiare di erogazioni solo per 4-5 milioni di persone, e questo ci sembra rispondere a una logica diversa da quella della coesione. Lo scopo della coesione è, infatti, diverso: cercare di aiutare le regioni in ritardo di sviluppo.
Ci sembra che in questo caso vi sia un espediente - me lo lasci dire con franchezza - per dare più soldi a Paesi che fanno pressione, piuttosto che perseguire la logica propria della politica di coesione.
Per quanto riguarda infine il cosiddetto capping, il tetto all'assorbimento dei fondi da parte di un singolo Stato membro, che la Commissione propone di fissare al 2,5 per cento, secondo noi andrebbe ulteriormente abbassato, sempre nella logica di un'equa ripartizione delle risorse, perché dobbiamo fare di tutto per far sì che le regioni in ritardo vengano portate a un certo livello. Abbassarlo dal 3 per cento al 2,5 va già bene, ma sarebbe più opportuno portarlo dal 2,5 al 2 per cento.

ISIDORO GOTTARDO. La ringrazio anch'io, Commissario, ma vorrei essere molto franco spiegandole uno stato d'animo che è giusto riportare fuori dagli schemi di quello che si rappresenta, maggioranza o minoranza che sia.
Premetto che rileggo spesso il pensiero di Alcide De Gasperi, perché ritengo che in questo momento sia necessario ripartire dall'origine dell'Europa per capire se stiamo andando nella giusta direzione. Credo che la lezione più interessante sia stata impartita dal Papa nel suo recente discorso al Bundestag, in cui ha spiegato ai tedeschi le ragioni dell'Europa soprattutto in questo momento.
La Germania ha ragione di ritenere di non poter essere un conferitore attivo all'infinito, ma credo che questo debba essere accompagnato anche da un'azione di trasparenza, perché il dato del conferimento attivo non è solo un dato contabile, ma deve essere anche analizzato, perché sappiamo che le imprese dei Paesi che pagano la politica di coesione e che sono conferitori attivi in genere sono i maggiori beneficiari degli investimenti della politica di coesione stessa (qualche anno fa era il 60 per cento).
Sarebbe bene ricordare ai cosiddetti «euroscettici» o a chi si riempie la bocca di queste questioni come stanno realmente le cose.
Lei auspica giustamente più Europa, perché serve più competitività dell'Europa in un contesto globale, ma dobbiamo andare al nocciolo della questione: ci serve più Commissione e meno politica intergovernativa.
Negli ultimi pacchetti - parlo del pacchetto Schengen e del pacchetto pesca - vi sono segnali molto interessanti, perché probabilmente la Commissione europea può contare sul sostegno del Parlamento europeo più che sul sostegno del Consiglio europeo, ma in queste interlocuzioni noi stiamo agendo alla luce del Trattato di Lisbona, che pone la Commissione in un dialogo - nella fase ascendente - con i Parlamenti e non solo con i Governi.
La Commissione ha dunque la possibilità di interagire per rafforzare una politica europea che non sia solo quella intergovernativa, perché è evidente come in questo momento la difficoltà dell'Europa risieda in un eccesso di politica intergovernativa,


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che addirittura si riduce a un dialogo fra due Paesi che si ritengono responsabili della salvezza dell'Europa.
Il nostro è un Paese che non solo ha costruito l'Europa, non solo l'ha sempre onorata, ma è ancora in grado di onorarla, se siamo dentro una politica non intergovernativa, in un'Europa che abbia un Governo europeo, a partire dall'economia.
Poiché mi sto occupando del pacchetto pesca e del pacchetto Schengen, mi sia consentito affermare che lei ha ragione nel sostenere di ascoltare le stesse critiche nel Baltico e nel Mediterraneo, laddove ognuno considera non rappresentati i propri interessi dalle proposte della Commissione, perché c'è un vizio di origine formale, per cui tutti vorrebbero che la Commissione proponesse politiche innovative salvaguardando lo status quo.
Se però abbiamo bisogno di politiche innovative, è chiaro che dobbiamo cambiarle: sarebbe paradossale pensare di salvaguardare lo status quo quando non abbiamo più stop della pesca, quando abbiamo le comunità costiere in spopolamento e tutte le imprese in crisi. È chiaro, quindi, che dall'Europa abbiamo bisogno di ricevere politiche innovative e abbiamo bisogno che i cittadini ci credano.
Ritengo che i project bond, che sono fra gli strumenti finanziari innovativi, rappresenteranno la politica di coesione, Commissario, non quella del bilancio ordinario, della PAC e così via: qui viene la lezione dell'Europa sulla politica innovativa. I project bond nascono come proposta del gruppo parlamentare del Partito popolare europeo al Parlamento europeo. È stata un'iniziativa italiana molto forte, in cui noi crediamo, perché siamo convinti che da questo strumento possa davvero venire una risposta forte per la crescita dell'Europa.
Ritengo, quindi, che su questi strumenti innovativi la Commissione europea debba investire di più, anche in termini di comunicazione.

ANNA CINZIA BONFRISCO. Ringrazio il Commissario Lewandowski per la disponibilità e vorrei chiedergli ulteriori delucidazioni in ordine al processo del Patto euro plus, che ha mosso i primi passi in questi mesi e vede i sei atti legislativi più importanti ancora in lavorazione. Questa è la mia domanda riferita al bilancio.
Per quanto riguarda le finanze, invece, la mia curiosità è assorbita dalla domanda del collega Duilio in ordine all'IVA e ai temi fiscali. Aggiungo solo rapidamente una preoccupazione sulla quale sollecitiamo la sua attenzione, pur trattandosi di una questione al di fuori dei suoi dossier più specifici, ma certamente non estranea al bilancio e alla programmazione economica: il tema dell'indice di capitalizzazione del sistema bancario.
Proseguendo su questa strada, infatti, il sistema bancario italiano, che rispetto ad altri sistemi bancari europei ha saputo reggere meglio al vento impetuoso della crisi finanziaria, rischia oggi di vedersi penalizzato da nuove e più stringenti regole in ordine alla capitalizzazione, che potrebbero causare oltre il danno anche la beffa a quel sistema che per sua natura, storia e origini ha saputo mantenere meglio l'equilibrio della leva finanziaria tra economia reale e finanza pura.

RENATO CAMBURSANO. Ringrazio il Commissario Lewandowski. Non sono tra coloro che si straccerebbero le vesti qualora venisse ridotto il quadro finanziario 2014-2020, a condizione che, come già evidenziato dall'onorevole Duilio, questi fondi non fossero finalizzati a «piccoli» interventi nei singoli Paesi, ma andassero a rinforzare le politiche comuni sul fronte della ricerca, della sanità, delle infrastrutture, cioè per l'individuazione di alcuni interventi significativi per l'intera Europa, e a condizione che venisse migliorata la qualità della spesa, cosa che per noi come Italia vorrebbe dire, innanzitutto, guardarci allo specchio.
Ho accolto anch'io con sollievo le conclusioni del Consiglio dei capi di Stato e di Governo nella nottata di ieri, così come ho accolto con sollievo anche il fatto che sia stato dato un via libera preventivo alla lettera di intenti consegnata dal Governo italiano all'Unione europea. Nutro qualche


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legittima preoccupazione sul fatto che poi si riesca a rispettare i tempi, visto che sono state imposte date precise.
Venendo al quadro finanziario pluriennale, è apprezzabile che siano stati rafforzati i fondi destinati alla ricerca, alla formazione, all'innovazione, alla sicurezza interna, e valuto positivamente che siano stati introdotti due nuovi meccanismi innovativi, quello della partecipazione al rischio e quello del finanziamento di progetti di ricerca cosiddetti «di frontiera».
Ho qualche preoccupazione sulle entrate proprie, innanzitutto perché non so - sarà una mia ignoranza - cosa si intenda per nuova IVA. L'onorevole Duilio ha anticipato alcune cose, ma vorrei chiedere ulteriori informazioni.
La seconda preoccupazione riguarda l'altra fonte di finanziamento proprio, la tassa o imposta sulle transazioni finanziarie. Ero uno dei suoi più accaniti sostenitori, ma comincio ad avere forti dubbi sulla realizzabilità di questo percorso, anche perché un simile strumento avrebbe sicuramente maggior forza e penetrabilità se fosse tradotto a livello mondiale, cioè se fosse adottato dagli Stati, perché altrimenti c'è il rischio che alcune transazioni passino altrove.
Vorrei chiederle infine perché sia stata abbandonata la cosiddetta carbon tax sulle emissioni di CO2 in atmosfera.

CLAUDIO D'AMICO. Ringrazio il Commissario per la sua presenza e cercherò di essere breve, visto che molti colleghi hanno chiesto di intervenire.
Vorrei, innanzitutto, conoscere la sua opinione sull'apertura dell'Unione europea ai Paesi dei Balcani. La Croazia ormai ha completato il suo processo per entrare a far parte dell'Unione europea, la Serbia è candidata, altri Paesi balcanici sono candidati, per cui vorrei sapere cosa ritenga possa succedere sotto l'aspetto finanziario con l'ingresso dei Paesi balcanici nell'Unione europea, se questo possa avere risvolti positivi e quali possano essere i rischi in questo processo di costante allargamento.
Vorrei, inoltre, sottolineare il tema dei fondi per l'immigrazione, soprattutto per il contrasto all'immigrazione clandestina. Il nostro Paese è stato, infatti, costretto a intervenire in buona parte con risorse proprie per fronteggiare le continue crisi provocate dall'arrivo di immigrati irregolari, non solo dal nord Africa.
Abbiamo problemi nella gestione, nel controllo e soprattutto nell'assistenza di queste persone in attesa dell'eventuale rimpatrio, che rappresenta comunque un costo. Ritengo che uno dei punti più importanti nel budget sia quello di stanziare i fondi necessari per fronteggiare queste crisi.
Vorrei sapere, inoltre, se sia stato previsto qualche intervento più consistente per continuare il processo di formazione all'imprenditoria svolta dagli immigrati, perché con l'aiuto dell'Unione europea sono stati organizzati corsi di formazione per immigrati imprenditori, che possono tornare nei loro Paesi di origine e fare sviluppo.
Ritengo, infatti, che il problema non si risolva con l'aiuto fine a se stesso per costruire una singola opera, ma che per lo sviluppo di un Paese sia importante utilizzare gli immigrati facendoli rimpatriare con una formazione imprenditoriale e un accesso al microcredito per formare imprese, perché i Paesi non possono svilupparsi senza la crescita di una piccola imprenditoria.
Il nord Italia, la Padania, è nato e vive grazie alla piccola impresa, che garantisce la maggior parte del lavoro ai cittadini. Sarebbe quindi importante che l'Unione europea incentivasse questa forma di istruzione degli immigrati, in modo che possano tornare a costruire i loro Paesi.
Mi scuso con lei perché dovrò leggere la sua risposta nei resoconti dell'audizione odierna, in quanto alle ore 15 dovrò partecipare a un'altra riunione qui alla Camera dei deputati.

ROBERTO DI GIOVAN PAOLO. Vorrei porle due domande, Commissario, perché


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per le riflessioni abbiamo a disposizione le Commissioni parlamentari e, inoltre, ci siamo già incontrati a Varsavia.
Connecting Europe Facility: non c'è troppo investimento sulle reti fisiche e meno su quelle telematiche e informatiche che saranno invece il futuro dell'Europa?
Ho chiesto poi al Commissario europeo per l'azione per il clima come mai abbiamo solo 800 milioni di euro sul clima, solo 3-4 miliardi di euro sull'ambiente e soprattutto come mai questi fondi non stiano insieme. Tralascio l'idea che dovremmo andare a una riduzione dei commissari europei, perché ovviamente questa ipotesi è come quella della riduzione dei parlamentari in Italia - lo faremo, così si è detto, in futuro - ma il Commissario ha risposto che i fondi per il clima non sono solo quelli, perché sono nascosti negli altri capitoli di bilancio.
Se però tutti i commissari pensano che i loro fondi siano nascosti in quelli degli altri, mi chiedo come faremo a stabilire di chi siano gli altri fondi.

MASSIMO VANNUCCI. Grazie, Commissario Lewandowski, in Italia troverà tutti i colleghi parlamentari che condividono l'assunto che c'è bisogno di più Europa. Più Europa si fa con maggiori quote di sovranità che gli Stati delegano e mettendo insieme più risorse possibili.
Per quanto riguarda le quote di sovranità, voglio ricordare che, come tutti sanno, la nostra Carta costituzionale già dal 1948 consente che in condizione di parità fra gli Stati siano possibili cessioni di sovranità. Non dobbiamo riunire il Bundestag ogni volta per assumere decisioni di questo tipo: questo è lo spirito italiano.
Per quanto riguarda invece le risorse, in questi sette anni di programmazione finanziaria lei prevede una dotazione di 1.025 miliardi di euro, cui l'Italia contribuirà per circa 105-110 miliardi. Abbiamo simulato ritorni di 70 miliardi di euro per il nostro Paese sulla base delle politiche previste e saremo contributori attivi per circa 30 miliardi di euro, il 30 per cento delle risorse.
Questo ci fa piacere, perché non è il principio egoistico che ci tiene insieme, ma questo avviene non per il destino, ma perché decidiamo di perseguire determinate politiche. Intervengo su questo perché mi sembra che il quadro finanziario si muova in politiche tradizionali dell'Unione europea da tanti anni, e che non tenga conto delle mutate condizioni del pianeta, perché, se lo facesse, non potrebbe che dirottare risorse verso le nuove emergenze.
Le nuove emergenze - citate anche da chi mi ha preceduto - sono quelle per l'immigrazione: non solo di contrasto all'immigrazione clandestina, ma anche di sostegno alle politiche di integrazione dei cittadini extracomunitari, di aiuto ai Paesi da cui provengono, perché il nostro è un Paese di frontiera e con le politiche tradizionali le risposte sono assolutamente insufficienti.
Se guardassimo alle mutate condizioni del pianeta, senza seguire politiche tradizionali che riproponiamo da circa 20-30 anni, come la politica agricola e le politiche di coesione, non potremmo non vedere come sia necessaria una riconversione industriale delle politiche dal punto di vista climatico-ambientale anche per essere più competitivi nel mondo, per ridisegnare una nuova possibilità di crescita, quindi di ricerca e innovazione.
Credo che, al di là di maggiori risorse, attraverso risorse proprie, come la carbon tax o nuove forme di tassazione, sia necessario indirizzare le politiche verso un pianeta che cambia e che oggi ci lancia segnali inequivocabili. Saremo sempre pronti perché, come lei sa, l'articolo 11 della nostra Costituzione ci permette di delegare sovranità in qualsiasi momento.

PRESIDENTE. Vi ringrazio anche perché abbiamo contenuto in un tempo accettabile questo ventaglio di quesiti.
A lei il compito di una risposta, Commissario. Alcuni degli interventi non pongono domande, ma sono solo riflessioni personali, ma affido a lei anche il compito di trarre le conclusioni di questo incontro, che ritengo si sia svolto in modo più rilassato, forse proprio per il clima instauratosi


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in seguito alla riunione della scorsa notte.
Do ora la parola al Commissario Lewandowski per la replica.

JANUSZ LEWANDOWSKI, Commissario europeo per la programmazione finanziaria e il bilancio. Ringrazio tutti i commissari per le loro osservazioni in questa atmosfera più rilassata dopo le tensioni che hanno preceduto il vertice della notte scorsa.
Complessivamente mi sembra che ci sia una tensione positiva nel ricercare risposte europee comuni a sfide che sono comuni. Tracciare un bilancio per il futuro nelle circostanze attuali è stato molto difficile, almeno come la programmazione finanziaria italiana fino al 2012. Anche gli amici che chiedevano di più, come Antonio Tajani, sono stati coinvolti in questo esercizio e la risposta è che occorre limitare le proprie ambizioni nella politica industriale e anche nell'assistenza per le piccole e medie imprese nel quadro delle compatibilità di bilancio.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Formichella sulla coesione, cioè sulla filosofia che deve sottendere le politiche regionali che sono nominalmente congelate cioè non crescono nella futura prospettiva finanziaria, esse rientrano nella rubrica 1 con una certa flessibilità. Nella stessa rubrica abbiamo Galileo, ricerca e sviluppo, i fondi per collegare l'Europa, la concorrenzialità. Il fatto che siano tutte raggruppate all'interno di una stessa rubrica consente una certa flessibilità. Si parla di crescita intelligente e inclusiva, questo è il titolo della rubrica che ricomprende queste diverse voci.
Per quanto riguarda le cosiddette «regioni in transizione», obiettivo che interessa 4 regioni, ho avuto reazioni variegate. Nella tabella che consegno agli atti in rosso sono raffigurate quelle che sono ancora in convergenza, in arancione le Regioni in transizione: Germania est, sud Italia, gran parte della Grecia, parte della Francia ma anche dell'Inghilterra, gran parte della Spagna.
Abbiamo avuto un forte sostegno per questo programma che costerà 39 miliardi di euro, ma il dato va rivisto perché, anche se si tratta soltanto del phasing out, del regime transitorio di uscita, costerà 30, quindi è un'ulteriore rete di sicurezza, un ammortizzatore per alcune aree europee che perdono l'ammissibilità. Ci sono state alcune difficoltà, perché la Germania est è a favore. Berlino è contraria, Parigi è contraria anche se molte aree francesi sarebbero favorevoli; forse l'Abruzzo sarebbe favorevole, ma magari il Ministro Tremonti non sarebbe d'accordo perché vuole realizzare dei risparmi.
L'onorevole Duilio poneva un quesito sulle regioni in transizione. Il nostro orientamento era a favore, perché la coesione non deve essere un'opera caritatevole per i poveri, ma deve aumentare la competitività, offrire delle chance a regioni che si trovano in una fase intermedia tra quelle che stanno recuperando e quelle più sviluppate. Questa impostazione può essere soggetta a critiche, discussioni tra Governi e Parlamenti. Questa è la proposta sul tappeto.
Per quanto riguarda i massimali, il capping alla coesione, questo congelamento nominale è qualcosa di brutale anche per la Lituania, la Lettonia, l'Ungheria. Per altri Paesi rappresenta un forte vincolo alla coesione.
Anche in questo senso abbiamo scelto una via intermedia. L'Italia ha mosso critiche al sistema di condizionalità, ma potrebbe dare legittimità alle politiche di coesione come azione preventiva per il futuro. Deve essere ovviamente adeguata anche rispetto alla situazione economica di un Paese, occorre una certa flessibilità: non può punire un Paese che si trova già in grosse difficoltà, non avrebbe senso.
Stiamo elaborando dei sistemi ad hoc per i sei Paesi, compresa la Grecia, ivi incluso un finanziamento del 95 per cento da parte di Bruxelles. Questo testimonia che la situazione è veramente difficile e non possiamo interrompere l'erogazione di fondi strutturali perché vogliamo aiutare questi Paesi, quindi dobbiamo rafforzare


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l'aspetto preventivo, cercando di scoraggiare l'accumulo di pesanti disavanzi.
Soprattutto in periodi di congiuntura favorevole, se un Paese non procede a una riduzione del debito e del disavanzo, è una forma di disincentivo per i politici nazionali, una nuova forma di legittimazione delle politiche di coesione.
Conosco però le voci critiche in Italia e in Polonia dove si nutrono timori, ma in Polonia raccomando di fare il loro dovere e di rimanere all'interno del margine di sicurezza. È comunque un disincentivo, un deterrente: non si vuole dare il colpo di grazia a un Paese già nei guai.
L'onorevole D'Amico e altri hanno posto domande sull'immigrazione. Non è un caso che l'Agenzia per l'immigrazione abbia sede a Varsavia, perché i problemi principali saranno sul fronte orientale, con gli afflussi illegali dall'Ucraina e dalla Russia attraverso la Polonia per raggiungere l'Austria e la Germania.
L'apparato burocratico quindi è a Varsavia, però il fronte operativo è il Mediterraneo con tutto il problema dei rifugiati provenienti dall'Africa e della gestione dell'immigrazione. In un'Europa che invecchia abbiamo bisogno di immigrazione per sostenere la dinamica demografica, e quindi il problema è gestire i flussi.
Un secondo aspetto è come evitare le catastrofi umanitarie, come quelle in Italia. Sono stato a Malta nei campi, non sono stato a Lampedusa ma ne conosco la situazione e so quanto sia delicata questa questione per l'Italia.
Stiamo rafforzando le nostre capacità di gestione con 3,4 miliardi di euro, quindi un grosso aumento, ma è necessario far sì che i giovani rimangano in Tunisia, Libia, Algeria, Egitto, e si crei un clima imprenditoriale con piccole imprese registrate ufficialmente piuttosto che una vita economica tra la piazza, la strada e un'attività clandestina. È fondamentale garantire la condizionalità: non possiamo soltanto mandare soldi al di là del Mediterraneo, ma dobbiamo concorrere a creare un quadro giuridico propizio alla democrazia, alla piccola impresa, al di là dell'enclave dell'industria del turismo, che non basta. Bisogna rafforzare l'ufficializzazione delle piccole attività imprenditoriali.
L'onorevole Duilio è stato testimone del nostro dibattito a Bruxelles, in cui tutti hanno avanzato la richiesta di semplificare le procedure, che sono troppo complesse per i beneficiari dei fondi europei.
Anche gli onorevoli Cambursano e Vannucci hanno posto domande relative alle risorse proprie. L'imposizione delle transazioni finanziarie è stata sostenuta in due risoluzioni del Parlamento europeo e nelle conclusioni del Consiglio europeo. Il Presidente Sarkozy vorrebbe portarla come una sua proposta al G20, per venderla a livello globale e ha una proposta pronta sulla tassazione delle transazioni finanziarie.
Ritengo che questo sarebbe meno nocivo all'economia reale di un aumento dell'imposizione sul lavoro o sul capitale, perché nelle circostanze attuali dobbiamo coinvolgere il sistema finanziario negli oneri dei pacchetti di salvataggio e questo tipo di imposizione arrecherebbe minor pregiudizio all'economia reale. Credo che potremmo arrivare a una forma di imposizione sulle transazioni finanziarie, per cui vorrei difendere questa fonte di entrate, questo cespite europeo.
So che molti vorrebbero questa imposta come cespite nazionale, ma ignoro quale sarà l'esito del dibattito a 27. Per me sarebbe straordinario ridurre il contributo nazionale del Ministro Tremonti o del Ministro Schäuble e poter consentire un miglior consolidamento delle finanze nazionali.
L'atmosfera è cambiata: prima l'Italia era più disponibile di Londra a discutere di questo tipo di imposta sulle transazioni finanziarie, mentre adesso percepisco un cambiamento nel clima, cioè la volontà di accettare una forma di tassazione delle transazione finanziarie, e speriamo che si giunga a una conclusione concreta.
Attualmente il sistema dell'IVA è artificioso. Dobbiamo passare a una condivisione delle risorse con esazione a livello nazionale e l'1 per cento inviato a Bruxelles. È una proposta controversa e il


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nostro dovere era proporre possibili cespiti di risorse proprie per il bilancio europeo.
L'IVA è orizzontale, come abbiamo sostenuto anche nelle risoluzioni del Parlamento europeo, mentre la carbon tax comporta maggiori spaccature, perché molti Paesi sono talmente contrari che il dibattito non potrebbe partire. Vogliamo comunque che il lato delle entrate del bilancio rimanga aperto fino alla fine del negoziato: dobbiamo discutere non soltanto delle spese, ma anche del versante delle entrate.
Non possiamo evitare un dibattito sui saldi netti. L'Italia ricorda i dati del rapporto 2010, che erano lo 0,3 per cento del saldo netto, ma il dato dovrebbe migliorare. Si è trattato anche della capacità di assorbimento dei fondi strutturali. Per il futuro, visto che sosteniamo anche l'obiettivo delle regioni in transizione, il saldo netto italiano dovrebbe migliorare, ma sono d'accordo: l'Italia è uno dei contribuenti netti maggiori e quindi non si può evitare un dibattito sui saldi netti.
Tutti i Paesi calcolano le proprie posizioni nette e valutano se siano precedute da un più o da un meno. Per alcuni Paesi la situazione non era sostenibile, non potevano neanche determinare una propria posizione netta al di là dello 0,4-0,5 per cento del PIL. In quattro Paesi (Paesi Bassi, Svezia, Regno Unito, Germania) la situazione non è sostenibile perché c'è un saldo negativo superiore allo 0,4 per cento del PIL, quindi per questi quattro Paesi proponiamo dei correttivi.
Con il nuovo sistema c'è una soluzione positiva anche per l'Italia, perché il vostro contributo ai cosiddetti «correttivi» sarebbe inferiore rispetto all'attuale partecipazione italiana allo sconto. Se apportassimo dei correttivi forfettari per quei quattro Paesi, l'onere per l'Italia sarebbe minore rispetto all'attuale sistema di partecipazione al cosiddetto «sconto britannico», ma spetta all'Italia fare questa valutazione in totale autonomia.
La domanda dell'onorevole Gottardo collocava il bilancio in un quadro più ampio, parlando della prevalenza di politiche intergovernative, di un direttorio a due, fatto che era stato fortemente riecheggiato anche nell'intervento introduttivo del presidente Pescante.
Adesso siamo in un'Europa diversa. Provengo da un Paese che si trova in una fase di ottimismo per quanto riguarda i trasferimenti, ma anche nei confronti del progetto europeo complessivamente inteso. In generale, però, in Europa c'è un maggiore pessimismo: se guardo i media tedeschi e francesi, constato che il progetto europeo, che in genere era accolto con fiducia almeno a livello di élite di classi dirigenti come un progetto forgiato da élite con la fiducia del popolo, attualmente si trova al centro di un vivace dibattito tra Francia, Germania, Finlandia e gli euroscettici olandesi.
Questa è la percezione e in questo contesto stiamo forgiando il quadro finanziario per i prossimi anni. C'è forse un maggiore euroscetticismo, e Paesi come il mio e la Lituania hanno la missione di dare un contributo di ottimismo e di positività, perché prima guardavamo l'Unione europea da dietro la cortina di ferro e quindi ci rendiamo conto di quanto sia prezioso tale progetto. È un progetto umano che va protetto, il cui valore va compreso appieno, e forse è giunto il momento in cui i nostri Paesi devono infondere ottimismo nel progetto europeo.
Se riusciamo a risolvere il problema di più Europa, l'Europa avrà un maggior grado di penetrazione nel governo dell'economia e ci saranno delle suscettibilità, laddove c'è una rete di normative e di regolamenti che a volte sono superflui e non rispettano il principio di sussidiarietà. Più Europa quindi con risposte ai problemi del governo dell'economia ma con politiche fiscali e riduzione degli squilibri.
Se l'Europa deve diventare più penetrante in questi settori, deve ridurre la propria penetrazione negli altri, deve essere meno invadente. Dobbiamo quindi compensare più Europa in economia con meno Europa nelle normative sulla produzione alimentare o sul divieto di fumare, dove devono essere adottate soluzioni nazionali senza subire un'invasione


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normativa da parte di Bruxelles, tanto più che abbiamo bisogno di un maggiore attivismo normativo nel settore economico-finanziario.
Per quanto riguarda la domanda su Europlus e in che misura spingersi al di là del Six Pack con ulteriori normative per quanto riguarda l'eurozona, ieri il vertice europeo ha sottolineato l'esigenza di evitare doppioni. Anch'io come responsabile del bilancio vorrei evitare strutture che si sovrappongono nell'eurozona perché sarebbero molto onerose. Se infatti ci fossero strutture doppie, sarebbe un ulteriore onere per i contribuenti perché più Europa per l'eurozona richiederebbe ulteriori strutture burocratiche, mentre noi non vogliamo creare nuove istituzioni soltanto per l'eurozona.
La ricapitalizzazione. Basilea 3 richiede il rafforzamento dei coefficienti di capitalizzazione fino al 9 per cento. Capisco che nel vostro caso venga visto come una punizione perché le banche se la sono cavata bene, laddove sappiamo che grandi banche hanno un disperato bisogno di ricapitalizzare e credo che valga la pena essere più prudenti.
Anche le banche polacche e la banca che fa parte di UniCredit sono state estremamente prudenti e non hanno sperimentato strumenti derivati. A volte la vecchia scuola è la strada migliore, senza addentrarsi nei rischi dei nuovi strumenti finanziari.
Questo però è il momento delle decisioni precise. Le decisioni di ieri notte non sono state così precise, ma la ricapitalizzazione delle banche arrivando al coefficiente del 9 per cento è stata una delle proposte concrete sul tappeto e adesso si deve passare alla fase attuativa.
Forse non ho risposto in toto alle domande dell'onorevole Cambursano e non posso certo esprimere una valutazione sulla lettera di intenti italiana. Credo che ieri - e questo include la politica italiana - sia stato un momento positivo e una forma di soluzione per l'Italia, che è un peso massimo in Europa, rappresentando il 16 per cento del potenziale nell'eurozona, mentre Grecia, Irlanda e Portogallo insieme sono il 6 per cento del potenziale dell'eurozona.
È dunque molto importante garantire la sostenibilità e la credibilità italiana sui mercati finanziari, ma non voglio dire una parola di più su una questione che rientra nella vostra sovranità.
L'onorevole D'Amico ha posto una domanda importante sull'ampliamento. Da molti anni l'ampliamento riguarda la questione dei beneficiari netti. I contribuenti netti sono all'origine del progetto europeo e adesso i prossimi Paesi sono beneficiari netti. Fortunatamente i costi per la Croazia sono modesti, ma la Croazia sarà un beneficiario netto, la Serbia, Paese candidato, sarà un beneficiario netto, i Balcani occidentali tutti insieme saranno beneficiari netti. E questo è il problema per chi come me è responsabile di garantire un equilibrio del progetto europeo.
Dovremmo riuscire a convincere la Svizzera e la Norvegia - vi prego, aiutateci a convincerle - perché saremmo felici di avere almeno un altro contribuente netto per modificare gli attuali assetti. Il prossimo Paese è la Croazia, ma non danneggia il bilancio. Certo l'adesione turca rimescolerebbe tutte le carte e rappresenterebbe un Big bang per il bilancio europeo, ma non quella della Croazia e degli altri Paesi dei Balcani occidentali.
Il senatore Di Giovan Paolo ha posto un quesito sul clima. La voce clima effettivamente non è sempre visibile sotto questo titolo, ma viene indicata anche sotto altre voci come «rendere verdi i pagamenti diretti» o «elementi di condizionalità per i fondi strutturali». Per le regioni in transizione il ventaglio di scelte sul modo di sfruttare questi vantaggi è molto ristretto rispetto alle regioni ammissibili all'obiettivo di convergenza.
Per le regioni in transizione, ad esempio, c'è un'opzione efficienza energetica, protezione dell'ambiente, quindi il bilancio dimostra maggiore sensibilità rispetto al passato, ma effettivamente dobbiamo andare a ripescarlo in diverse voci, tra cui anche «rendere verdi i pagamenti diretti».


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Collegare l'Europa: 9 miliardi per internet, 20 miliardi per i trasporti, 9 miliardi per l'energia ma tutto tramite project bonds, e non chiedetemi quale sia la mia opinione sugli Eurobonds, onorevole Duilio, perché devo mantenere una linea di carattere interlocutorio, preparatorio. Dobbiamo verificare se ci sia la possibilità di produrre project bonds per quanto riguarda reti transeuropee.
Vi chiedo quindi di non farmi domande precise sugli Eurobonds perché non sono ancora in grado di rispondere. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, Commissario. La ringrazio a nome di tutti i parlamentari per il paziente ascolto, ma anche per le sue risposte efficaci, chiare e realistiche. Per noi questo confronto è stato molto utile e credo sia stato utile anche per lei verificare come nel Parlamento italiano, tra le due Camere, e tra tutte le componenti politiche, ci sia questo feeling europeistico, al punto da indurla a definire ottimistica la nostra posizione, cosa di cui siamo lieti.
Ritengo che questa crisi ci abbia avvicinato ai cittadini, che hanno capito che c'è bisogno di Europa, che da questa crisi si esce solo se stiamo insieme e che un futuro migliore potrà venire solo da un'Europa unita, a condizione che ci sia il senso di solidarietà intravisto oggi dopo la riunione della notte scorsa, e a condizione che non ci siano ambizioni di leadership economiche o politiche da parte di singoli Paesi, quindi più Europa, ma anche maggiori responsabilità alle istituzioni europee.
Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal Commissario europeo Janusz Lewandowski (vedi allegato).
Ringrazio ancora il Commissario Lewandowski e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,40.

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XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea)

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