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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione I
13.
Mercoledì 4 aprile 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

Audizione del Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dottor Corrado Calabrò, sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Bruno Donato, Presidente ... 3 9 19 22 23
Briguglio Carmelo (FLpTP) ... 16
Calabrò Corrado, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 3 19 22 23
Calderisi Giuseppe (PdL) ... 12
Gentiloni Silveri Paolo (PD) ... 13
Giovanelli Oriano (PD) ... 23
Iapicca Maurizio (Misto-G.Sud-PPA) ... 9
Mantini Pierluigi (UdCpTP) ... 17
Tassone Mario (UdCpTP) ... 9
Turco Maurizio (PD) ... 18
Vanalli Pierguido (LNP) ... 15 22
Vassallo Salvatore (PD) ... 12 22
Zaccaria Roberto (PD) ... 10 22
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 4 aprile 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dottor Corrado Calabrò, sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitti di interessi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, professor Corrado Calabrò, sullo stato delle attività di controllo e vigilanza in materia di conflitto di interessi.
A nome mio e di tutta la Commissione ringrazio il presidente per la sua presenza e gli do la parola per la sua relazione.

CORRADO CALABRÒ, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. È sempre motivo di interesse per l'autorità che presiedo confrontarsi con il Parlamento, l'Organo massimamente rappresentativo. In queste due settimane abbiamo avuto ben quattro confronti con il Parlamento, in varie Commissioni: per un presidente in scadenza di mandato non è poco.
La nostra è un'attività che tocca settori sensibili e/o economicamente rilevanti. Sulla materia del conflitto di interessi, specificamente, ho avuto più volte modo di illustrare al Parlamento gli elementi e gli aspetti problematici riscontrati nella sua pratica applicazione, sia in occasione di specifiche audizioni presso le competenti Commissioni parlamentari, compresa la vostra, sia nelle relazioni annuali che l'Autorità presenta al Parlamento entro il 30 giugno di ciascun anno, e da ultimo nella relazione sull'attività svolta nell'ultimo triennio.
Approvata il 12 dicembre scorso dal Consiglio dell'Autorità, la relazione riassuntiva dell'attività svolta nell'ultimo triennio 2009-2011 è stata inviata il giorno successivo, 13 dicembre, al Parlamento, indirizzandola - come per norma - ai Presidenti della Camera e del Senato. Inoltre, non appena avuta notizia che questa Commissione era interessata a un aggiornamento sulla questione, la relazione è stata prontamente inviata anche al presidente Donato Bruno, il 6 marzo scorso. In tale relazione, si dà ampio e motivato conto della deliberazione adottata il 30 novembre 2011, che è stata oggetto di polemiche. La deliberazione è altresì accessibile sul sito istituzionale dell'Autorità.
La legge n. 215 del 2004 attribuisce all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'Antitrust, e residualmente all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l'Agcom, competenze diversificate in materia. Per quanto riguarda il regime delle incompatibilità e il divieto per il titolare di cariche di governo di agire in


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situazioni di conflitto di interessi, la vigilanza su eventuali violazioni è attribuita dalla legge esclusivamente all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, cioè all'Antitrust. All'Agcom è stata assegnata, invece, una competenza specifica sulla fattispecie del cosiddetto «sostegno privilegiato», che in qualche modo costituisce un riverbero del conflitto di interessi.
In che cosa consistono le funzioni attribuite all'Agcom? Sostanzialmente nell'accertamento che le imprese che agiscono nei settori di Sistema integrato delle comunicazioni, il SIC, e che fanno capo a un titolare di cariche di governo, al suo coniuge o a suoi parenti entro il secondo grado, ovvero sottoposte al controllo dei medesimi soggetti, non pongano in essere comportamenti che forniscano un sostegno privilegiato al titolare stesso, violando alcune disposizioni di legge denominate nella prassi «leggi parametro». Tali norme sono quelle che disciplinano il sistema radiotelevisivo e hanno a fondamento, come è noto, alcuni princìpi generali, quali il pluralismo, l'obiettività, la completezza, l'imparzialità e la lealtà dell'informazione.
La ratio della norma è quella di evitare che imprese riconducibili ai titolari di cariche di governo, in ragione della natura delle attività esercitate nell'ambito della comunicazione, assumano anche un rilievo «politico», così offrendo all'uomo di governo vantaggi tali da alterare le regole della competizione democratica e della parità tra i competitori politici.
Si tratta, a ben vedere, di una ratio diametralmente opposta a quella delle norme sul conflitto di interessi affidate alla competenza dell'Antitrust. Queste ultime, infatti, postulano controlli dall'alto verso il basso, analizzando il comportamento che va dal pubblico al privato: adozione di un atto di governo, vantaggio patrimoniale preferenziale e danno all'interesse pubblico, nonché collegamento funzionale tra questi elementi e il titolare di carica di governo.
Nel caso del sostegno privilegiato, invece, ciò che spetta all'Agcom verificare è l'azione dal basso verso l'alto, cioè dalle imprese radiotelevisive verso il titolare delle cariche di governo (cosiddetto «controllo dal basso»), al quale le imprese devono avere effettivamente offerto un sostegno mediante un'accertata violazione di una legge parametro.
La figura di illecito introdotta dalla legge n. 215 nell'ambito delle funzioni dell'Agcom costituisce, dunque, una fattispecie complessa ma riconducibile a un conflitto di interessi reale, che deve cioè essersi concretato e non essere solo potenziale, vale a dire non meramente riconducibile a situazioni considerate astrattamente idonee a permetterne il verificarsi.
Pertanto, la violazione di una norma parametro diviene una condicio sine qua non per l'intervento dell'Agcom in materia di conflitti di interessi. Si tratta, peraltro, di una condizione necessaria ma non sufficiente, come risulterà dal prosieguo della mia esposizione.
Poiché il legislatore si è limitato a indicare i soli elementi costitutivi di tale illecito - la violazione di norme preesistenti e una conseguente condotta che integri un indebito vantaggio - l'Autorità ha enucleato una definizione per quanto possibile ampia nel suo Regolamento. L'Agcom ha identificato infatti il sostegno privilegiato con «qualsiasi forma di vantaggio, diretto o indiretto, politico, economico, di immagine, al titolare di cariche di governo».
L'applicazione della legge 22 febbraio 2000, n. 28, sulla par condicio è un esercizio giuridico arduo e complesso - me ne darete atto - per l'amplificazione e la suggestione mediatica e per la necessità di tenere il passo coi tempi. L'evoluzione delle modalità e degli strumenti della comunicazione politica dilata il perimetro in cui gli stessi devono essere ricondotti. In questo quadro si colloca l'applicazione interpretativa dell'Autorità sui videomessaggi, resa nel corso della campagna elettorale per le elezioni amministrative del 2011.
Si tratta di un tipo di comunicazione, quello dei videomessaggi, che può avere un impatto rilevante sul pluralismo dell'informazione,


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ma per il quale la normativa vigente non detta disposizioni specifiche, limitandosi a disciplinare la comunicazione politica e i messaggi politici autogestiti. I programmi di informazione all'interno dei quali sono stati trasmessi i videomessaggi sono invece caratterizzati dall'autonomia editoriale e dalla correlazione con i temi dell'attualità della cronaca e, a differenza della comunicazione politica, non sono regolati dal criterio della ripartizione matematicamente paritaria degli spazi attribuiti, dovendosi essi conformare esclusivamente al criterio della parità di trattamento. E a questo proposito ricordo che abbiamo discettato a lungo, in seno alla Commissione parlamentare di vigilanza sui servizi radiotelevisivi, su che cosa significhi parità di trattamento a parità di situazioni.
L'Autorità, effettuando un bilanciamento tra il diritto-dovere di cronaca garantito dall'articolo 21 della Costituzione e i princìpi sul pluralismo dell'informazione, ha prescritto che i videomessaggi dei soggetti politici possono essere diffusi nel corso dei telegiornali e dei programmi d'informazione solo in casi eccezionali di rilevante interesse pubblico, con modalità tali da non incidere sul pluralismo dell'informazione. Inoltre, abbiamo stabilito che durante le campagne elettorali i videomessaggi non possono essere diffusi, al fine di evitare una confusione ontologica con i messaggi politici autogestiti disciplinati dalla legge sulla par condicio.
Più arduo, e ancora tutto da affrontare, è il problema di internet, che si riversa sul tema nevralgico della libertà della rete. Preliminarmente sarà bene rilevare con migliore definizione la valenza e gli effetti dell'informazione politica attraverso la rete. Va poi affrontato il problema, comune a tutti i regolatori, di capire se il set di regole per i media tradizionali possa essere ribaltato nel mondo di internet e se il consumo abbreviato e sincopato di notizie grazie ai nuovi strumenti integri veramente una forma di pluralismo cognitivo.
Dico questo perché do dimostrazione che dove c'era spazio per un nostro intervento chiarificatore non abbiamo esitato a porlo in essere, ma dove la legge dispone direttamente non c'è margine per una disciplina regolamentare integrativa che, in realtà, sarebbe correttiva.
Secondo la legge, come dicevo, l'ipotesi di sostegno privilegiato passa necessariamente attraverso la violazione di una delle citate leggi parametro. La disposizione primaria prevede inequivocabilmente, in ordine all'esercizio dei compiti assegnati all'Agcom riguardo al sostegno privilegiato, che sia preventivamente intervenuto l'accertamento della violazione delle norme parametro, cioè l'accertamento definitivo contenuto nel provvedimento finale con il quale l'Autorità ha sanzionato la violazione di dette norme.
In aderenza al dettato della legge, il Regolamento dell'Agcom prevede, pertanto, che il primo accertamento debba necessariamente precedere il secondo: durante il corso del procedimento per l'accertamento della violazione della legge parametro, l'intervento in materia di sostegno privilegiato non può ancora essere portato a effetto.
Peraltro, l'Autorità ha ritenuto - questo poteva farlo e lo ha fatto - che la violazione della normativa sul pluralismo e sulla par condicio configuri d'ufficio gli estremi per l'avvio dell'accertamento del sostegno privilegiato. Dunque, anche in mancanza di esposti, denunce e via dicendo, quando sussiste il sospetto che un'operazione possa aver dato adito a un sostegno privilegiato, a una violazione della legge parametro, l'Autorità d'ufficio promuove anche l'altro procedimento.
Una volta che, a seguito della violazione della legge parametro, venga accertata, in un separato procedimento, la decorrenza del sostegno privilegiato, l'Agcom deve diffidare l'impresa. Questo è il punto. La legge sul conflitto di interessi, anche dopo l'accertamento definitivo, non ci dà la possibilità di sanzionare, ma prima dobbiamo diffidare l'impresa a desistere dal comportamento contestato e ad adottare le necessarie e possibili misure correttive.


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Solo in caso di inottemperanza alla diffida nel termine assegnato, l'impresa responsabile del sostegno privilegiato può essere sanzionata. Le sanzioni sono quelle previste per l'infrazione alla legge parametro in concreto violata, con un inasprimento sino a un terzo.
Come primo provvedimento applicabile, dunque, la legge prevede semplicemente la diffida. Solo in caso di reiterazione di tale condotta, dopo la diffida sarà possibile l'esercizio, da parte dell'Autorità, del relativo potere sanzionatorio.
Per le violazioni delle norme sul pluralismo informativo e sulla par condicio, cioè delle principali leggi parametro, non sono normalmente irrogabili in prima battuta sanzioni pecuniarie, essendo la prima misura normalmente adottabile in tali circostanze quella dell'ordine di riequilibrio e di ripristino della parità di accesso al mezzo radiotelevisivo. Tuttavia, nell'applicazione pratica della legge in materia di pluralismo e di par condicio, l'Autorità ha ritenuto applicabile, a presidio degli ordini di riequilibrio impartiti, sanzioni amministrative da 10.000 a 258.000 euro, con un'interpretazione che è stata avallata dalla giurisprudenza amministrativa.
Sul versante del sostegno privilegiato, l'Autorità non ha potuto invece sovvenire alle lacune della legge n. 215 del 2004, che presuppone chiaramente in tale materia la persistenza, da parte dell'impresa, nella violazione contestata.
Infatti, come dicevo, le sanzioni previste dalla legge per tali situazioni sono applicabili solo quando l'impresa, non ottemperando alla diffida, non provvede al riequilibrio informativo ordinato dall'Autorità.
La struttura legislativa della fattispecie del sostegno privilegiato non consente così l'esercizio immediato del potere sanzionatorio da parte dell'Autorità, a differenza dei casi di violazione delle norme parametro.
L'opinione divergente - parlo in perfetta trasparenza, e su questa materia c'è assoluta trasparenza; come vi dicevo, della relazione abbiamo dato atto subito, la delibera è sul sito, i dibattiti sono stati sempre aperti - pure rappresentata in seno al Consiglio dell'Agcom, che è un Consiglio pluralista, non appare assecondabile, stante la chiarezza delle norme in questione che non ne consentono un'interpretazione difforme.
Se nessuna delle sanzioni comminate dall'Autorità in materia di par condicio è stata mai annullata dal giudice amministrativo - nonostante i ricorsi riguardino la quasi totalità delle deliberazioni - è perché l'Autorità si è mossa sempre su un terreno solido, evitando di scivolare su interpretazioni suggestive ma arrischiate.
Ho già messo in luce nelle mie precedenti relazioni - e confermo oggi - che, stanti le condizioni di non resipiscenza cui è sottoposto, il conflitto di interessi ha in concreto una via per sfuggire alle conseguenze sanzionatorie astrattamente previste dalla legge, anche per la brevità del periodo elettorale (lì un rimedio l'abbiamo potuto porre), ma è la stessa legge che così l'ha configurato.
In occasioni recenti il Parlamento ha rivendicato la propria competenza per casi che rientravano nel quadro comunitario e per i quali la sovranità nazionale risentiva delle limitazioni stabilite dall'articolo 117 della Costituzione, nel testo sostituito dalla legge costituzionale n. 3 del 2001.
Bene: questo del conflitto di interessi, viceversa, è un caso rimesso fondamentalmente alla legislazione nazionale.
È pur vero che in ambito europeo sono intervenute le linee guida dell'OCSE, le quali, ispirandosi a modelli di legislazione sul conflitto di interessi più vicini al modello statunitense, includono soluzioni anche a carattere preventivo, quali l'attribuzione solo di quelle funzioni pubbliche per le quali il rischio di conflitto non esiste, la costituzione di un blind trust, le dimissioni dall'ufficio pubblico se il conflitto non può essere risolto in altro modo. Soluzioni, queste, che danno rilievo anche al semplice pericolo di una situazione potenzialmente di conflitto di interessi. Si tratta, peraltro, di linee guida non vincolanti per i Paesi europei, per cui è rimessa al legislatore del singolo Stato la scelta del sistema normativo da attuare.


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Spetta quindi al legislatore dettare le norme ritenute più appropriate in questa materia, alla luce anche del rilievo da me fatto circa la tendenziale inconcludenza del procedimento e anche alla luce dei rilievi fatti dal presidente Pitruzzella nella sua audizione.
Questa non è materia in cui l'Agcom possa dettare regole extra legem con proprio regolamento. Noi possiamo solo adottare norme di esecuzione e quindi essenzialmente disposizioni che accelerino e semplifichino il procedimento e questo è quello che esattamente abbiamo fatto con la recente modifica del nostro Regolamento sulla risoluzione del conflitto di interessi.
Infatti con delibera n. 628/11/CONS del 12 dicembre 2011 - anche sulla scorta dell'esperienza dell'ultima campagna elettorale - l'Autorità ha stabilito di apportare una forte abbreviazione dei tempi procedimentali stabiliti dalla delibera adottata nel corso della precedente consiliatura nel 2004, per i procedimenti finalizzati ad accertare il sostegno privilegiato, al fine di renderli compatibili maggiormente con il periodo limitato di svolgimento delle campagne elettorali.
Per tali fattispecie, il termine del procedimento è stato fissato in un massimo di quindici giorni, prorogabili a venti solo in caso di specifiche esigenze istruttorie, in luogo dei centocinquanta giorni (prorogabili fino a duecentodieci) precedentemente previsti, cui abbiamo dovuto attenerci durante la nostra consiliatura. Inoltre, si è stabilito che per le violazioni della par condicio che intervengono negli ultimi quindici giorni della campagna elettorale tali termini siano in via d'urgenza ulteriormente ridotti a quarantotto ore, in analogia con la scansione procedimentale fissata dalla legge n. 28 del 2000 per le violazioni ivi contemplate. Più di questo abbiamo ritenuto che il Regolamento non potesse fare.
Le sanzioni comminate dall'Autorità in materia di par condicio dal 2005 all'ultima campagna elettorale, durante la nostra consiliatura, quindi, ammontano complessivamente a 2.250.460 euro.
Con riferimento all'anno 2009, nel corso del quale vi è stato il pressoché contemporaneo svolgimento di elezioni europee, amministrative e referendarie, l'Autorità ha avviato d'ufficio il procedimento per l'accertamento della sussistenza del sostegno privilegiato nei confronti della società RTI, Rete televisiva italiana, facente capo all'allora Presidente del Consiglio Berlusconi. Il procedimento è stato avviato a seguito della violazione in materia di par condicio riscontrata a carico del notiziario TG4, che ha comportato, per le violazioni della legge parametro, l'irrogazione di una sanzione pecuniaria di 180.000 euro.
Il procedimento per sostegno privilegiato si è concluso invece con l'archiviazione, perché il comportamento tenuto dal TG4 e sanzionato per la violazione della legge parametro, non era stato poi reiterato nel corso della campagna elettorale. Come dicevo, è infatti necessaria una condotta che permanga, mentre l'impresa, in questo caso comprovato, aveva posto in essere misure necessarie per assicurare l'osservanza delle norme in materia di parità di accesso e quelle correttive per ottemperare al riequilibrio.
Un ulteriore procedimento per sostegno privilegiato, sempre a carico della società RTI, è stato avviato nel 2010, in connessione con la campagna elettorale per le elezioni regionali, provinciali e comunali. Il procedimento è stato avviato a seguito della violazione in materia di par condicio riscontrata a carico del TG5, che ha comportato l'irrogazione, nei confronti della predetta società, di una sanzione pecuniaria di 100.000 euro per non aver ottemperato al richiamo al rispetto dei princìpi di completezza, correttezza, obiettività, equità e parità di trattamento.
Anche tale procedimento si è concluso con l'archiviazione, da parte del Consiglio dell'Autorità, per quanto riguarda il sostegno privilegiato, sulla base dei medesimi presupposti della precedente archiviazione.
In tale delibera, l'Autorità ha peraltro posto in luce che l'addebitabilità della violazione al sostegno privilegiato non avviene


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solo in presenza di un dolo specifico, rappresentato dall'intenzione di favorire il titolare di cariche di governo, ma che per la configurazione dell'illecito è sufficiente la mera colpa, alla luce delle regole generali sull'illecito amministrativo. Anche questo è un altro passo avanti piuttosto interessante che si è compiuto, almeno rispetto alla nostra prassi. Sotto questo profilo, l'impresa ha però dimostrato, depositando agli atti la relativa documentazione, di essersi adoperata, per tutto il periodo della campagna elettorale, a trasmettere alle proprie strutture editoriali, tra le quali la testata del TG5 oggetto di sanzione, richiami all'osservanza delle norme e delle delibere in tema di parità di accesso dei soggetti politici al mezzo radiotelevisivo, intensificando tale attività a partire dal giorno successivo al nostro richiamo. E invero, la violazione riscontrata non è stata reiterata, essendosi rilevato, nella settimana successiva, un riequilibrio dello squilibrio informativo iniziale; da qui l'archiviazione.
Il 2011 ha visto lo svolgimento delle elezioni provinciali e comunali, con turno di ballottaggio nei giorni 29 e 30 maggio, a cui si è parzialmente sovrapposta la consultazione referendaria del 12 e 13 giugno. Si è trattato di una tornata elettorale lunga e complessa, che ha visto l'Autorità particolarmente impegnata.
Significative sono state le sanzioni comminate, per un totale di più di 1 milione 117 mila euro. Di esse, sanzioni per un totale di 558.230 euro sono state irrogate nei confronti di RTI, così ripartite: 100.000 euro nei confronti del TG4, 258.320, 100.000 e 100.000 euro rispettivamente ancora nei confronti del TG4 nonché del TG5 e Studio aperto. Queste ultime tre hanno riguardato le interviste del Presidente del Consiglio diffuse in data 20 maggio dai tre notiziari facenti capo a Mediaset. Tali interviste, diffuse in serrata sequenza il giorno 20 maggio, durante i turni di ballottaggio, su cinque telegiornali del prime time - Studio aperto, TG5, TG4, TG1 e TG2 - per gli argomenti trattati e per le modalità di realizzazione sono risultate caratterizzate da elementi di marcata propaganda elettorale, assumendo così i tratti distintivi della comunicazione politica anziché dell'informazione. Pertanto, stante l'impraticabilità dell'adozione della misura del riequilibrio - interviste di analogo tenore ai candidati di schieramenti opposti avrebbero infatti reiterato le violazioni censurate sull'altro versante - l'intervenuta violazione delle regole della par condicio è stata ritenuta direttamente sanzionabile.
I competenti uffici dell'Autorità hanno poi avviato d'ufficio e sulla base di esposti il procedimento per l'accertamento della sussistenza del sostegno privilegiato.
Nel corso del procedimento è stato approfondito il tema delle eventuali conseguenze sanzionatorie ai sensi della disciplina sul conflitto di interessi.
Da tale approfondimento è risultato confermato che l'esercizio del potere di diffida per sostegno privilegiato presuppone il permanere delle condizioni per l'eventuale persistenza della violazione contestata da parte delle imprese e cioè, nello specifico, che tale comportamento venga reiterato in permanenza del periodo elettorale, alla cui durata sono condizionati una serie di obblighi in capo alle imprese di comunicazione.
Non sussistendo tale condizione, il procedimento non ha potuto che concludersi con l'archiviazione. Proprio dall'approfondimento condotto, peraltro, è emersa - come dicevo - l'esigenza di ridurre drasticamente i termini procedimentali per tale fattispecie, apportando le modifiche regolamentari che prima ho ricordato.
A completamento delle recenti attività riconducibili alla materia del conflitto d'interessi ricordo che nel 2011 l'Autorità ha rivolto al Governo e al Parlamento una segnalazione in materia di limite antitrust per stampa-televisione e conflitto di interessi.
Abbiamo segnalato la scadenza, il 31 dicembre 2010, del divieto per i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete di acquisire partecipazioni in imprese editrici e giornali quotidiani. In proposito, l'Agcom ha segnalato come il divieto fosse di particolare


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rilevanza ai fini del pluralismo, auspicando un intervento legislativo. La segnalazione è stata rinnovata in data 2 marzo 2011.
In accoglimento di tale segnalazione, il Governo ha prorogato il termine in questione al 31 dicembre 2012, ossia alla fine di quest'anno, riformulando il divieto con riferimento al conseguimento di ricavi da parte di uno stesso soggetto in misura superiore all'8 per cento del valore economico del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC).
L'altro versante della segnalazione, rimasto a questo riguardo senza seguito, era attinente al fatto che le citate leggi parametro non contengono, tra i comportamenti vietati che possono configurare sostegno privilegiato, alcun riferimento alla stampa.
L'Autorità, pertanto, ha rappresentato al Governo e al Parlamento la problematicità della questione, segnalando che in caso di rivisitazione della legge sul conflitto di interessi andrebbe colmato il vuoto normativo che non consente, allo stato della legislazione vigente, di configurare la sussistenza del sostegno privilegiato da parte delle imprese della carta stampata.
In conclusione, sono evidenti le problematicità e criticità nell'applicazione della legge sul conflitto di interessi, per quanto ci riguarda, specificamente sul versante del sostegno privilegiato, che costituisce l'unico ambito di competenza dell'Agcom.
L'azione dispiegata dall'Autorità in questo settore non ha potuto non risentire dei limiti di effettività connaturati al sistema della legge n. 215 del 2004, la quale, benché elegante nel suo disegno, difetta di sostanzialità nelle misure concrete da essa derivanti.
La legge, infatti, ha scelto il criterio del sostegno reale, non potenziale - al quale, come abbiamo visto, si ispirano altre legislazioni - dal quale deriva che le ipotesi di sostegno privilegiato concretamente accertabili finiscono per essere registrate solo ex post. Di conseguenza, la generale debolezza sanzionatoria delle norme che regolano il sistema informativo viene per così dire esaltata nei procedimenti in materia di conflitto di interessi.
L'Autorità ha fatto quanto in suo potere per conferire una maggiore effettività alla norma, ma senza giungere a un hysteron proteron che avrebbe ribaltato la previsione legislativa.
Di ciò, come dicevo, abbiamo ripetutamente informato il Parlamento, ogni anno e in ogni occasione, in modo assolutamente trasparente. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente.
Informo che il presidente Calabrò ha consegnato una relazione scritta, di cui dispongo la distribuzione.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MAURIZIO IAPICCA. Presidente Calabrò, la ringrazio per essere intervenuto e per la sua esposizione. Vorrei focalizzare un punto che a noi meridionali sta a cuore: la sede di Napoli dell'Autorità. I sindacati ci informano che esiste il pericolo che si voglia svuotare la sede di Napoli per portare tutte le attività alla sede di Roma. Come a lei è ben noto, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2007 ha stabilito le funzioni istituzionali dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che devono essere equamente suddivise tra la sede di Napoli e la sede operativa di Roma.
Tutto questo, però, non sta avvenendo e ci informano sempre i sindacati che si sta spostando l'interesse soprattutto verso Roma. Questo creerebbe un grosso disagio alla regione Campania.
Voglio ricordarle che lo spirito per il quale fu scelta la città di Napoli per la sede centrale dell'Agcom era quello di dotare il territorio di un centro decisionale importante per il Mezzogiorno. Spostare tale sede, dunque, risulterebbe un clamoroso passo indietro.
Vorrei un'assicurazione da lei che tutto questo non avverrà nel prossimo futuro.

MARIO TASSONE. Signor presidente, vorrei fare una riflessione, nella quale è


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implicita una domanda, anche perché sulle Autorità amministrative indipendenti la I Commissione ha avuto la possibilità di svolgere ampie ricognizioni.
Ho ascoltato con molta attenzione la relazione del presidente Calabrò, che ringrazio, e la mia domanda è volta a sollecitare da parte sua - se intende ritornare su questo aspetto nella sua replica, rispondendo alle domande dei colleghi - il chiarimento di alcuni punti che mi risultano dubbi.
Per quanto riguarda la prima parte della sua relazione, rispetto alla trasmissione e quant'altro, chiedo quale sia il rapporto tra la Commissione bicamerale di vigilanza sui servizi radiotelevisivi e l'Authority, se esista un'interrelazione e soprattutto un collegamento rispetto a dati ed elementi che il presidente ha voluto evidenziare.
Inoltre, la relazione ha portato alla nostra attenzione la problematica relativa alla conflittualità di interessi. A questo riguardo, presidente Calabrò, credo che di tale questione sia piena la storia di questo Parlamento, almeno negli ultimi anni. Non c'è dubbio - chiedo se su questo tema può ritornare in sede di replica per approfondirlo meglio - che ci sia un'insufficienza di normativa. Tuttavia, relativamente alla problematica che riguarda l'Authority, vorrei capire se lei vede qualche lacuna, qualche disfunzione tra la norma ordinaria e la norma istitutiva delle Authority.
Io - lo dico con estrema chiarezza - ho guardato sempre l'Authority con sospetto, ma anche con grande interesse misto a preoccupazione. Non c'è dubbio che a volte esista qualche discrepanza e qualche disarmonia tra la legge ordinaria e la legge istitutiva dell'Authority.
La questione della regolamentazione e dei conflitti di interessi che rimangono tutti in piedi, anche rispetto al dato, che lei poneva con molta attenzione, dei poteri sanzionatori, ci porta su un terreno sdrucciolevole, molto opaco. Forse è bene chiarire anche questi aspetti, per capire, attraverso l'occasione dell'audizione odierna, se sussistono lacune e disfunzioni, aspetti inesplicabili sul piano normativo che potrebbero essere risolti ai fini della loro concreta attuazione.
Ho colto la sua sofferenza, anche nell'esposizione, ma siamo in una situazione ibrida. Il discorso è sempre lo stesso: una troika Parlamento, Governo, Authority, cui aggiungo la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, per quanto riguarda la RAI. Esiste insomma un complesso di tensioni verso una normativa, verso la vigilanza e verso la regolamentazione. A volte, però, la regolamentazione sta a metà e non dispiega tutti i suoi effetti, come del resto la vigilanza e il controllo.

ROBERTO ZACCARIA. Ringrazio il presidente Calabrò. Personalmente mi sono permesso di insistere per lo svolgimento di questa audizione, nonostante avessimo avuto dall'Autorità un'ampia documentazione su questo argomento, perché il tema di oggi - l'applicazione della legge sul conflitto di interessi in materia di mezzi di comunicazione - è molto specifico ma anche molto delicato.
Ho insistito, dunque, sebbene in realtà su questo argomento il presidente Calabrò fosse già venuto in questa Commissione durante l'esame in sede referente del progetto di legge di modifica della normativa sul conflitto di interessi, nella XV legislatura. Poiché non tutti coloro che oggi sono qui erano presenti allora, mi sembrava opportuno che, a distanza di sei anni, si potesse ritornare su questo specifico argomento. Considerato che il mandato dell'Autorità - come ha ricordato garbatamente il presidente all'inizio della sua relazione - sta per scadere, questa era l'occasione per fare un bilancio su un periodo settennale significativo di applicazione della legge n. 215 del 2004.
Dirò subito che la circostanza che mi aveva destato qualche preoccupazione era che dopo quella audizione del 2006 - certamente per un disguido - non erano state inviate le relazioni semestrali per quattro anni: 2007, 2008, 2009, 2010.
Il presidente Calabrò ha già risposto dicendo che le relazioni dell'Autorità sono


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numerose e, peraltro, quella annuale viene presentata in maniera molto solenne in Parlamento. Tuttavia, il punto che vorrei richiamare è che queste audizioni non servono soltanto al presidente dell'Autorità per comunicarci certe posizioni, ma servono ai parlamentari per interloquire. Mi rivolgo ai colleghi: se provate, come parlamentari, a promuovere un'interrogazione o un'interpellanza su questi argomenti all'Assemblea, vi verrà risposto che non potete farlo. Dunque, l'unica occasione che abbiamo per interloquire, dialogare ed, eventualmente, dal punto di vista di ciascuno di noi, anche criticare un certo tipo di atteggiamento, è nell'ambito di un'audizione.
Sulla trasparenza, peraltro, avrei qualcosa da osservare. Certamente alcune delibere sono molto più in evidenza sul sito dell'Autorità, ma quella sul conflitto di interessi, sino a qualche giorno fa, non l'avevo trovata (può darsi che sia un po' «nascosta» nel sito). A mio avviso, si tratta di una questione molto importante, perché la materia del conflitto di interessi suscita molta attenzione da parte dei cittadini, e del resto la norma è fatta a tutela dei cittadini. Credo che questo punto debba essere chiarito, ma mi sembra che sia già evidente che d'ora in poi queste decisioni saranno disponibili in modo chiaro sul sito dell'Autorità, in modo che anche chi non è capace di consultarlo possa trovarle rapidamente.
Venendo al merito, credo che si ponga un problema delicato. La legge ha, per un lettore «semplice», un contenuto abbastanza chiaro: l'Autorità accerta che le imprese che agiscono in settori del Sistema integrato delle comunicazioni, SIC, non pongano in essere comportamenti che, in violazione di una serie di altre disposizioni - in particolare la legge sulla par condicio ma anche altre norme chiamate «leggi parametro» - forniscano un sostegno privilegiato al titolare di cariche di governo.
La disposizione è dunque chiara ed è stata chiarita ulteriormente dall'Autorità, che ha dato la nozione di sostegno privilegiato specificandone il significato. Tale nozione significa sostanzialmente che se un soggetto possiede delle televisioni che, durante la campagna elettorale, lo aiutano, esse forniscono appunto un sostegno privilegiato di qualsiasi natura, politica, economica, di immagine. Questo è chiaro.
C'è però un elemento - questo è il punto centrale di quello che ci dice il presidente Calabrò - che inquina il discorso, laddove si parla di «previa diffida». Non basterebbe dunque violare le norme parametro. Un soggetto che ha violato ripetutamente le norme in materia di par condicio durante la campagna elettorale che dura trenta o quarantacinque giorni, capita che venga sanzionato più volte. Se questo soggetto ricade nell'ambito del controllo del Presidente del Consiglio si configura, potremmo dire automaticamente, l'altra fattispecie, ossia il sostegno privilegiato. Se la RAI, durante il Governo Berlusconi, violava la par condicio - e l'ha fatto - non essendo di proprietà e sotto il controllo del Presidente del Consiglio, non si dava luogo al sostegno privilegiato. Se invece la violazione riguardava le aziende dell'allora Premier - Retequattro, Canale 5 e Italia 1 - si determinava una situazione diversa.
Il problema nasce nella diffida. Siccome il procedimento sanzionatorio è un procedimento seriale, prima bisogna diffidare, chiedere di non commettere più la violazione e poi sanzionare in caso di reiterazione. Dunque, quando un soggetto commette violazioni reiterate in campagna elettorale - perché in campagna elettorale gli conviene violare la legge per dare un sostegno al suo riferimento - se applichiamo la diffida dopo la campagna elettorale è come se facessimo le contravvenzioni durante una fiera, quando si parcheggia fuori posto, mentre finita la fiera non lo fa più nessuno. Quindi, la diffida è inutile.
A questo punto pongo una domanda al presidente Calabrò e ai colleghi della Commissione. Se esiste una legge dello Stato che ha due interpretazioni possibili, una che la rende applicabile e una no, voi la interpretate in maniera che sia inapplicabile o che sia applicabile? Consideriamo l'esempio del gioco del calcio, che è chiaro


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per tutti: come sapete, nel gioco del calcio all'inizio delle partite ci sono alcuni soggetti che sono «diffidati», ma la diffida nasce da vicende precedenti. Il problema, dunque, è capire se noi consideriamo soltanto una campagna elettorale o una sequenza di campagne elettorali. Prendiamo il caso di Rete 4 (adesso non c'è più lo stesso direttore quindi se ne può parlare in maniera più distaccata): io dico che, durante gli ultimi sette anni, Rete 4 ha violato la legge sulla par condicio almeno dieci volte, e sono ottimista, perché è successo sicuramente più di dieci volte.
Che cosa impedisce, allora, di considerare valida, ai fini della diffida, la diffida precedente? Sappiamo che se noi isoliamo una campagna elettorale non coglieremo mai il sostegno privilegiato. Se, invece, guardiamo la sequenza delle campagne elettorali, facciamo come avviene nel gioco del calcio: si fa una diffida, magari nella campagna precedente, e quel soggetto, ai fini dell'applicazione del sostegno privilegiato, è «ammonito», quindi non è necessaria un'altra diffida perché sostanzialmente è un violatore seriale di quella norma.
In sostanza voglio affermare questo: si poteva adottare un'interpretazione - la più ristretta - che prevedesse alla prima violazione in campagna elettorale la diffida anche per il sostegno privilegiato (nel caso di azienda e leader) oppure un'interpretazione, che io ritengo migliore e possibile, che prevedesse una diffida valida anche per le campagne elettorali successive nel caso in cui il soggetto commetta l'atto (naturalmente se l'atto non viene più commesso, la diffida non ha seguito).
C'è una legge che necessita di modifiche; ce l'hanno detto sia il presidente Pitruzzella che il presidente Calabrò. Tuttavia, di una legge che ammette, a mio modo di vedere, due interpretazioni, noi abbiamo dato l'interpretazione più restrittiva. Ricordo che nella relazione semestrale del giugno 2006, alle pagine 12-13, il presidente dell'Agcom dice che un'interpretazione di questo tipo si poteva forse anche configurare, ma che «una simile interpretazione integrata della legislazione di settore non è stata ancora mai asseverata e, allo stato, costituirebbe solo una malcelata ipotesi di studio». Vorrei che questa «malcelata ipotesi di studio» in una Commissione parlamentare fosse ritenuta degna di attenzione.

GIUSEPPE CALDERISI. Ringrazio il presidente Calabrò per la sua esposizione, che credo chiarisca - se ce ne fosse stato bisogno - quali siano gli ambiti di competenza e i poteri dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni previsti dalla legge, alla quale evidentemente l'Autorità si deve assolutamente attenere. Se dunque ci sono - e sicuramente ce ne sono - ragioni di una modifica della legislazione il Parlamento deve operare in questo senso, ma ritengo che non possa pretendere che l'Authority, con interpretazioni forzate, vada al di là dei confini stabiliti dalla normativa vigente. Lo dico anche con riferimento all'ultimo intervento.
Credo che da questa esposizione abbiamo ben chiaro quali sono i compiti e i poteri dell'Authority e quali sono, eventualmente, gli ambiti di una riforma che però spetta al Parlamento fare e che non può la stessa Authority fare da sola.

SALVATORE VASSALLO. Vorrei fare, se il presidente Calabrò me lo consente, una breve considerazione preliminare, che non attiene specificamente a questa audizione, bensì alla riflessione che stiamo svolgendo da qualche tempo sulle Authority e sul rapporto tra il Parlamento e le autorità indipendenti.
Un elemento che forse potrebbe rendere più efficace lo scambio di informazioni nonché il reciproco controllo - nel senso in cui può essere usato il termine - è che le relazioni degli auditi ci fossero consegnate in anticipo, e non alla fine della lettura, che a quel punto risulterebbe meno necessaria. Ciò ci consentirebbe di valutare esattamente cosa i nostri ospiti ci dicono, evitandoci di capire solo dopo un paio d'ore che c'era qualcosa che avremmo potuto chiedere e approfondire meglio. Questa è una considerazione che proveremo a svolgere qualora dovessimo


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lavorare - come sarebbe auspicabile - a un progetto di riforma.
Nel caso specifico, la natura del problema è stata già illustrata: il sostegno privilegiato, nel caso del conflitto di interessi tra il Presidente del Consiglio e le sue televisioni che lo favoriscono, non è stato perseguito come, a nostro avviso, l'Autorità avrebbe dovuto fare. L'Autorità sostiene che ciò non è stato possibile perché i tempi del procedimento sono più lunghi dell'arco temporale in cui si può svolgere questa azione considerata illecita dalla nostra legislazione.
Vorrei rivolgere al presidente Calabrò due domande molto puntuali. Questo non è un conflitto di interessi e un caso di sostegno privilegiato qualunque, ma il principale conflitto di interessi è il caso di sostegno privilegiato più evidente agli occhi dei cittadini italiani, degli analisti del nostro sistema politico e di chiunque legga i giornali. Se era già ben chiaro che, dato il modo in cui era disegnato il Regolamento, sarebbe stato impossibile perseguire il più evidente conflitto di interessi, il più palese caso di sostegno privilegiato da molti anni - da quando, cioè, Silvio Berlusconi è sulla scena politica - mi chiedo perché il presidente Calabrò si accorge solo il 12 dicembre 2011, ossia quasi alla fine del suo settennato, dell'opportunità di modificare il Regolamento per permettere all'Autorità di intervenire.
Il Regolamento prevedeva un termine massimo di 150 giorni per lo svolgimento del procedimento. Il presidente può dirci come questo termine avrebbe impedito all'Autorità di darsi e di dare ai soggetti coinvolti nel caso di sostegno privilegiato, tempi più stretti e compatibili con un'effettiva applicazione della norma?

PAOLO GENTILONI SILVERI. Signor presidente, grazie anche per l'ospitalità. Da un certo punto di vista, si può dire che la discussione non sia ancora approdata a nulla, nel senso che, almeno a mio avviso, è ovvio che siamo d'accordo con quanto il presidente Calabrò ha sostenuto e ribadito - giacché lo ha fatto anche in altre occasioni -, e come ha fatto più volte, in questi anni, il professor Catricalà, e di recente anche l'avvocato Pitruzzella.
Nel 2002-2003 la nostra parte politica ha combattuto una battaglia contro la legge sul conflitto di interessi, approvata otto anni fa, ritenendola «senza denti». Il fatto che oggi questo ci venga ricordato dai presidenti dell'Antitrust o dell'Agcom potrebbe anche chiudere la discussione. Siamo d'accordo nel definire questa legge poco incisiva e da modificare. Confido che il professor Catricalà, che adesso svolge il ruolo di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio - un ruolo cruciale, anche di potenziale proponente - si faccia carico di proporre una modifica nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
Detto questo, ci troviamo tuttavia di fronte a una sconfitta dell'ordinamento, perché sappiamo di esserci trovati di fronte a un conflitto di interessi molto rilevante e che le società contemporanee ne riproporranno altri casi significativi. Riconoscere ripetutamente che la legislazione di cui ci siamo dotati non è adeguata costituisce comunque una sconfitta per il legislatore, per lo Stato, per l'amministrazione.
Fermo restando che la premessa è condivisa, ossia che questa legge non fornisce strumenti sufficienti, credo che valga la pena di interrogarsi fino in fondo se - nonostante i limiti che, come ho già detto, condivido per definizione - l'Autorità non abbia avuto e non avrà, nei prossimi anni, la possibilità di utilizzare questi strumenti, per quanto limitati, e di applicarli in maniera leggermente più incisiva.
Vorrei limitarmi a questo, poiché ho preso atto, ma non sono del tutto persuaso dalle argomentazioni del presidente Calabrò. Faccio due esempi, uno dei quali non riguarda l'Agcom, bensì l'articolo 6 della legge n. 215 del 2004, quindi le competenze dell'Antitrust. Vorrei ricordare ai colleghi - esempio di scuola - che la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato in modo definitivo lo Stato italiano in merito a un provvedimento del 2004-2005 sul finanziamento ai decoder, che violava le normative europee. La Corte ha stabilito addirittura la quantificazione


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del beneficio provocato ad aziende di proprietà di un membro del Governo italiano e ha intimato a tali aziende di restituirlo. La prova provata del vantaggio conseguito da aziende per delibere prese da un Governo risiede quindi in una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea.
In quell'occasione ho segnalato questo caso con una diffida, e, se volete, un giorno vi riferirò la spiegazione - che mi limito a definire non soddisfacente - che ho ricevuto dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Il secondo caso, che è quello di cui stiamo parlando oggi, e che a mio avviso è anch'esso discutibile, riguarda le emittenti di proprietà del Presidente Berlusconi. Per quanto riguarda i giornali, riconosco l'assoluta fondatezza di quanto ha detto il presidente Calabrò. Se non ricordo male, io stesso diffidai il Giornale, e per negare la fattispecie del «sostegno privilegiato di un mezzo di comunicazione di proprietà di un esponente del Governo» per un quotidiano come il Giornale è necessario il più grande avvocato della storia. È anche vero, però, che l'elencazione di quelle norme parametro può lasciar intendere che il legislatore si riferisse alla televisione e non ai giornali, dunque c'è una lacuna da colmare.
Per quanto riguarda in particolare Rete 4, io non sono del tutto convinto - lo dico al presidente Calabrò, perché mi pare di aver colto questo nella sua argomentazione, ma se ho capito male mi correggerà - che un'altra interpretazione, quella «calcistica» dell'onorevole Zaccaria, non avrebbe retto al TAR. A me sembra discutibile sostenere che non vi sia stata reiterazione del sostegno privilegiato. Avevo conteggiato gli atti dell'Autorità contro Retequattro, e non erano i dieci di cui parlava prima benevolmente l'onorevole Zaccaria, ma molti di più.
Dal mio punto di vista, la reiterazione è certa. Inoltre, il riferimento è soltanto alle campagne elettorali? Anche il paragone calcistico dell'onorevole Zaccaria alludeva al fatto che, susseguendosi le campagne elettorali, chi è diffidato deve essere espulso. Dubito - ma vorrei che le vostre argomentazioni mi convincessero del contrario - che il sostegno privilegiato sia riferibile solo alle campagne elettorali. Anche tra le leggi parametro di cui parliamo, soltanto una le riguarda in modo esclusivo; le altre - la legge Mammì e la legge Maccanico, per intenderci - non si riferiscono a campagne elettorali.
Sappiamo bene che i princìpi generali - e non devo certo dirlo al presidente Calabrò - si riferiscono con una specifica legislazione alle campagne elettorali, ma sono validi, per l'appunto, in generale. A mio avviso, dunque, si presume che il sostegno privilegiato sia valido in generale e non solo in campagna elettorale.
Infine, c'è una questione di cui abbiamo parlato decine di volte in Commissione di vigilanza sulla RAI. Personalmente ritengo - e mi pare che più volte anche il presidente Calabrò si sia pronunciato in questo senso, sebbene la prassi e i regolamenti non siano chiari - che all'Autorità sia consentito, e penso anzi che sia un suo dovere, intervenire d'ufficio, perché si potrebbe dire che, su una determinata fattispecie, non c'è stata denuncia di parte, nessuno ha segnalato un caso di sostegno privilegiato, anche se ci sono state molte diffide e denunce.
La normativa accorda sempre più poteri all'Autorità, e ritengo che sia giusto. Pensate al parere espresso un anno fa dal Consiglio di Stato sul rapporto tra il ministero e l'Autorità: il Consiglio di Stato ha in pratica detto che il ministero non ha più alcun potere e che i poteri sono interamente nelle mani dell'Autorità (mi scuso per la semplificazione). Ebbene, un'Autorità che giustamente dispone di sempre maggiori poteri non può, a mio avviso, non considerare seriamente l'ipotesi di interventi di ufficio.
Forse la norma non riguarda solo le campagne elettorali, forse si deve intervenire d'ufficio, e non solo su denuncia, forse la frequenza e la reiterazione di quei comportamenti avrebbero meritato il tentativo di un'applicazione più stringente. Tale interpretazione non avrebbe retto al TAR? Credo che valesse comunque pena


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di correre il rischio, giustificato dall'interesse generale di attuare questa legge sia pure così fragile.

PIERGUIDO VANALLI. Vorrei svolgere qualche considerazione e porre una domanda «interessata». Innanzitutto, esprimo il mio apprezzamento nei confronti dell'intervento del collega napoletano, che ha difeso le dislocazioni territoriali delle Authority. Questa è una battaglia che cerchiamo di portare avanti da tempo e che finalmente trova ragione in qualche altro collega, che sono sicuro sottoscriverà anche le nostre future proposte di legge in tal senso.
Vorrei limitarmi a registrare una diversa sensibilità nell'affrontare i «reati», così come li ha inquadrati il collega Zaccaria. Se questi vengono commessi dai politici in campagna elettorale, chi li commette meriterebbe una doppia sanzione, se la violazione è reiterata dalle elezioni precedenti, e quindi è giusto che chi lo ha commesso non parli una seconda volta e anzi, a questo punto, sarebbe anche il caso di negare il diritto di parola in via preventiva, per esser certi che non commetta ulteriori infrazioni.
Si pesano, invece, in maniera diversa ben altri tipi di reati e si dice che, in fondo, sono ragazzi che sbagliano e vanno aiutati.
Questa doppia misura della tipologia del reato, per la quale parlare di politica in televisione esprimendo idee contrarie a quelle altrui è da considerarsi più pericoloso di altri atti, a me sembra abbastanza curiosa.
Tra l'altro, vorrei capire quando si concretizzerebbe il secondo «fallo da espulsione» in un dibattito televisivo. Quando Emilio Fede parla bene di Berlusconi al TG4 è già di per sé un «reato», ma siamo sicuri che gli stia facendo un piacere? Magari - come è già capitato, poiché una volta ha vinto, un'altra ha perso, un'altra ancora ha pareggiato - non sempre parlar bene di qualcuno in una determinata sede gli reca dei vantaggi. Come è possibile che si intervenga sanzionando qualcuno che, come in questo caso, parla bene di qualcun altro, se non si è neppure certi che così facendo gli abbia davvero reso un vantaggio? Ad ogni modo, dubito che questo possa ripetersi ancora, giacché Emilio Fede non c'è più; sul fatto che poi non ci sia più neanche Berlusconi, invece, non ci metterei la mano sul fuoco.
Il concetto di questa tipologia di «reati» (come continuo a definirli) è emerso quando si sono presentati sulla scena politica Berlusconi e le sue televisioni; tuttavia, sembra che il futuro non sia più televisivo, ma si proietti piuttosto verso internet ed altri canali. L'amministratore delegato di Telecom, di Vodafone o di altri, per esempio, avranno lo stesso problema di Berlusconi, domani o dopodomani? Le questioni che ora solleviamo per la televisione potranno valere anche per internet, e come riusciremo a intervenire, qualora fosse così? Se al contrario non sarà così, perché questo deve valere ora per la televisione? Questi sono i dubbi che mi sono sorti ascoltando gli interventi.
Passo alla domanda «interessata»: non le sarà sfuggito che nella futura (immediata o meno) campagna elettorale, la Lega sarà l'unica forza di opposizione. Noi infatti non abbiamo mai dato la fiducia al Governo, invece qualche altra forza politica considerata anch'essa di opposizione l'ha data, benché non sempre dia la fiducia ad alcuni suoi provvedimenti, dunque è necessaria una piccola distinzione. Comunque, poniamo che saremo in due all'opposizione (giusto per esagerare): in merito alla par condicio, avremo lo stesso spazio in proporzione alle altre forze politiche o, come forse era previsto prima, maggioranza e opposizione si dovranno dividere lo spazio, e quindi a noi toccherà, in proporzione ai nostri eletti, il 20 per cento in più di quello a disposizione del resto delle forze politiche che interverranno nei dibattiti?
Questo problema ce lo siamo già posto oppure pensiamo di risolverlo con l'idea geniale che se fino a ieri valeva un principio da domani ne varrà uno diverso? In tal caso, ha ragione il collega: abbiamo creato le Authority, consegniamo nelle loro mani le chiavi della macchina e non ci


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domandiamo più neanche se mettono la benzina e cosa ne fanno; poi, quando la macchina ci serve, scopriamo che la stanno usando altrove.
Ho definito la domanda «interessata» perché vorrei capire quanto tempo libero avrò durante la campagna elettorale o se sarò invece costretto ad apparire in tutte le televisioni per bilanciare lo spazio che avranno gli altri candidati di tutte le altre forze che sostengono il Governo. A maggior ragione, l'attuale Presidente Monti e i ministri che compongono il Governo quando interverranno in televisione verranno conteggiati come parte della maggioranza - come giustamente valeva per Berlusconi o Prodi fino a ieri - o saranno dei corpi estranei, in quanto tecnici, fuori dalle percentuali previste dalla par condicio?
Saranno forse banalità, ma se, da qui alla prossima campagna elettorale, potessimo scoprirlo in tempo, potremmo organizzare anche la nostra vita politica e privata.

CARMELO BRIGUGLIO. Il collega Zaccaria ha detto che questa è una delle rare occasioni in cui si utilizza anche il momento dell'audizione per un confronto - per quanto sui generis - fra le forze politiche, ed è comunque utile coglierlo.
Ritengo inoltre che il senso complessivo dell'audizione ci faccia capire che, anche in una stagione priva di asprezze polemiche - visto che il Presidente Berlusconi non è più al Governo - la questione resta di grande importanza per la democrazia italiana. Il fatto che l'audizione del presidente Calabrò, che ringrazio anch'io a nome del nostro gruppo, ci dia la possibilità di svolgere qualche riflessione è sempre importante. Specie quando la relazione, come in questo caso, demolisce la normativa esistente.
L'Italia non ha una legge sul conflitto di interessi. Quando si sostiene che questa legge esiste, ma prevede sanzioni non significative, non incisive, non concrete, si coglie - al di là del linguaggio istituzionale del presidente Calabrò - anche questo aspetto. Quando si afferma che la legge, benché elegante nel disegno, difetta di sostanzialità, si è detto tutto, e apprezziamo questa espressione, anch'essa elegante.
Credo che tutte le forze politiche, in un momento che non voglio definire di disarmo né di armistizio, ma certamente di maggiore serenità erga omnes, debbano porsi il problema. Noi lo stiamo facendo e credo che questa sia anche l'occasione per riflettere su come dare al nostro Paese una vera e propria legge sul conflitto di interessi.
L'onorevole Zaccaria non lo ricordava bene, ma ci sono state le occasioni e gli strumenti parlamentari per occuparsi di questo. A dire il vero, l'Agcom ci ha fatto una segnalazione importante, che è stata scarsamente recepita dal Governo e prontamente dal Parlamento, quando il 31 dicembre 2010 scadeva il divieto, per i soggetti che esercitano l'attività televisiva, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani.
Seguirono mozioni parlamentari e il Parlamento impegnò il Governo, che peraltro chiese di rielaborare la mozione unificata. Ne derivò il decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, che prorogava fino alla fine di quest'anno, al 31 dicembre 2012, un divieto che, mi permetto di dire, è stato prorogato in base alla segnalazione dell'Autorità e per una specifica iniziativa parlamentare. Il Governo, però, non si era attivato - e capiamo tutti bene il perché -, su questo fronte.
Come può passare sotto silenzio il fatto che la legge non disciplini il caso del sostegno privilegiato da parte delle imprese della carta stampata? Forse vi abbiamo fatto l'abitudine, ma quando i parametri della democrazia del nostro Paese precipitano nelle graduatorie internazionali, capiamo che incide anche questo. Questa è l'occasione per dire che dobbiamo disciplinare questo campo, anche in base all'esperienza italiana, non soltanto per quel che concerne i giornali quotidiani; è stato citato un esempio lapalissiano, nel quale abbiamo visto per lungo


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tempo, nella prassi quotidiana, che il sostegno privilegiato è concreto, ma non è l'unico caso.
In Italia abbiamo anche l'incrocio di giornalisti della RAI o di imprese televisive che hanno contratti di collaborazione con importanti quotidiani o periodici della carta stampata, che di fatto forniscono un sostegno privilegiato. Credo sia un caso specifico che andrebbe analizzato. Poiché siamo in una stagione di maggiore riflessione e «coesione» fra le forze politiche, e il tema si presta meno a uno scontro da bipolarismo «muscolare», credo che nel complesso, ancorché con qualche timidezza secondo alcuni e con qualche raffinata ironia secondo me, la relazione del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ci imprima una sollecitazione forte a fare ciò che è il nostro dovere e il nostro compito precipuo, ossia quello di legislatori, e così facendo colmare le lacune che sono state segnalate e registrate.

PIERLUIGI MANTINI. Vorrei limitarmi solo a una puntualizzazione, perché i colleghi che sono intervenuti prima di me hanno già portato molti argomenti e riflessioni mature. Poiché il clima di questa audizione è quello di fine legislatura o, comunque, di chiusura di una fase, credo di poter dire che partiamo da un fallimento sostanziale, a fronte di un sempre sostanziale palese caso di conflitto di interessi.
Come ricordava il collega Briguglio, siamo fuori, anche formalmente, da qualunque dinamica di berlusconismo o antiberlusconismo. Ciononostante, il caso Italia è stato oggetto di moltissima attenzione internazionale, europea e interna. D'altra parte, anche la legge Frattini fu a suo tempo un tentativo di risposta, naturalmente da valutare. Tuttavia, partiamo comunque da un fallimento, perché sembra quasi che non ci si sia accorti e che non ci sia stata una rilevazione e una forma di intervento da parte dell'Autorità garante su forme di sostegno privilegiato per mancanza di strumenti e così via.
Partendo da questo fallimento, credo che qualunque sia la configurazione di un'Authority anche riformata, o di una legge migliore, dovremmo convenire sul fatto che gli accertamenti e le funzioni di controllo sono funzioni di ufficio, non esercitate su denuncia di parte. La denuncia di parte non è applicabile a questo sistema, nel senso che - come è stato ricordato da altri colleghi - fotografa singoli episodi, singole condotte e singoli comportamenti, che nel momento specifico possono meritare una sanzione o correzione, ma non fotografano la dinamica completa. È come voler interrompere e spezzettare un'immagine in mille coriandoli e poi fingere di rimetterla insieme; tanto vale lasciare l'immagine in movimento, in modo che i fotogrammi possano scorrere.
Si tratta dunque di funzioni prevalentemente d'ufficio, con un controllo continuo, basato sul monitoraggio e su quel concetto di posizioni che non si identificano in una condotta, in una campagna elettorale o in un comportamento specifico.
La seconda puntualizzazione è la seguente: partendo dal fatto che il mezzo è ormai «esploso» - non si parla più di passaggio dall'analogico al digitale terrestre ed inoltre esistono il web e altri strumenti tecnologici - credo che anche questa realtà più ricca e complessa, dal punto di vista tecnologico, ci debba indurre a riflettere sul fatto che l'Autorità indipendente deve avere una sua forte discrezionalità. Per tornare alla domanda iniziale, da cosa l'Autorità è indipendente? Non intendo neppure sfiorare il tema, che ha tante risposte, tutte valide e tutte complesse, ma non è un'autorità amministrativa indipendente dalla politica, lato sensu intesa (il che, peraltro, non è neanche del tutto vero, per via dei meccanismi di nomina e così via).
Indipendente dal Governo? Certamente, ma indipendente anche dalla logica del codicillo e dell'applicazione pedissequa del regolamento o della norma - su questo


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ci dobbiamo capire - cioè indipendente dal punto di vista classico dell'esercizio della discrezionalità.
O l'Autorità garante - qualunque essa sia e qualunque siano i soggetti controllati - ha questa forza e non si trincera dietro l'idea che, non essendo scritta la tal cosa nel tal comma, allora non la si fa, oppure non è un'autorità garante, non è un'autorità amministrativa indipendente e soprattutto non è in grado, a fronte dell'evoluzione delle tecnologie, della complessità dei casi, dei casi limite e, se vogliamo, anche di tante zone grigie, di esercitare una funzione di controllo di questo tipo, che si rende assolutamente impossibile, su questi interessi.
So che in questo modo si sfiora quasi la discrezionalità politica, ma un'autorità amministrativa indipendente ha anche una quota di discrezionalità politica, perché altrimenti sarebbe un mero plesso di un'amministrazione organizzativa ed esecutiva di norme, regolamenti e direttive.

MAURIZIO TURCO. Penso che ci sia anche un problema di visuale, nel senso che mi pare non stiamo mettendo al centro - parlo di noi parlamentari - qual è l'oggetto della necessità di avere un'agenzia indipendente. Per noi il centro è il diritto del cittadino ad essere informato. Lo diamo tutti per scontato, però mi bastano poche parole per arrivare al fatto che, sia quanto al conflitto di interessi, sia quanto alla par condicio - sono d'accordo col collega Zaccaria, che ha sollevato un punto fondamentale - vi è una situazione consolidata di «delinquenza», - se si può usare il termine, che io penso sia adeguato - non più occasionale ma professionale. Ci sono dei comportamenti che, nel tempo, si sono cristallizzati quasi come un dato caratteristico di questo modo di operare.
Devo dire, presidente Calabrò, che anche se naturalmente non chiederò a lei, come nessuno di noi ha chiesto, di suggerire una nuova legge - perché quella dovrebbe essere, anzi è, una responsabilità nostra che di tutta evidenza non si è esercitata e continua a non esercitarsi appieno - c'è però una responsabilità dell'Autorità. Non v'è dubbio infatti che le considerazioni del collega Mantini siano fondatissime. L'Autorità non può stare a guardare, nel senso che voi avete già gli strumenti di valutazione e le vostre decisioni, che avete accumulato nel tempo, sono già una dimostrazione che nel sistema c'è qualcosa che non funziona.
Mi riferisco alla legge e all'applicazione della legge sia sul conflitto di interessi sia sulla par condicio, per quanto riguarda le questioni relative alla parità di trattamento e di accesso, ma poi anche a tutto il grande campo dell'agenda politica, di chi la scrive, attraverso i mezzi di informazione, non avendone il potere di legge, ma abusando della sua posizione. Questa questione, lo ripeto, riguarda il conflitto di interessi di cui stiamo parlando, ma anche la legge sulla par condicio.
Lei ha citato giustamente - perché di quello si parlava - tutta una serie di televisioni private che fanno capo all'ex Presidente del Consiglio, ma nella RAI è forse diverso? C'è in RAI una catena di comando forse molto diversa da quella esercitata da un soggetto politico rispetto alle televisioni private? La catena di comando che c'è in RAI non è politica, non viola il diritto fondamentale del cittadino a essere informato e dei soggetti politici ad essere conosciuti? Lì viene a cadere, secondo me, quel velo di ipocrisia che copre ciascuno dei miei colleghi, intesi come rappresentanti di quei partiti che vanno ad incidere direttamente sul diritto del cittadino ad essere informato, per un verso, attraverso l'occupazione della RAI e, per altro verso, attraverso l'utilizzo di canali privati.
Credo allora, signor presidente, che l'Autorità si deve forse far forte, se non altro, del concetto di indipendenza, nel senso che - a mio avviso il collega Mantini ha completamente ragione - voi il potere ce l'avete: esercitatelo! Il problema è chiaramente anche che lo si può esercitare fino a un certo punto. Ecco, dov'è questo punto? Fin dove siete cioè disposti ad esercitare il vostro potere?
Noi abbiamo visto che finora, almeno per quanto riguarda la RAI e per quanto


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riguarda noi radicali, avete emesso decine di delibere, non so quante esattamente. Non possiamo fare finta che ogni violazione sia una singola violazione. Se queste decine di violazioni si ripetono nel tempo, hanno un significato diverso. Non possiamo noi essere costretti a fare un esposto o una denuncia mensile su quello che accade, per esempio, sui canali pubblici, e lei costretto ogni mese a ribadire che c'è una violazione.
Lei ha chiesto alla RAI, mi pare un mese fa, particolare attenzione a un tema di estremo interesse - la questione delle carceri - perché iscritto nell'agenda politica del Paese non dalla politica italiana ma dalle organizzazioni internazionali. Ha visto qualcosa? Non è successo niente. Imporre certe cose, e non semplicemente sottolinearle e segnalarle, è anche un problema di autorevolezza. C'è un problema di efficacia. Questo, a nostro avviso, sta molto nella vostra volontà.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Calabrò per la replica.

CORRADO CALABRÒ, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Vorrei innanzitutto rassicurare l'onorevole Iapicca, che non c'è nessuna intenzione di chiudere la sede di Napoli.
Parlando con assoluta trasparenza, questa intenzione c'è stata tre anni fa, a seguito di un rilievo del nostro organo di controllo interno, che ci faceva rilevare l'antieconomicità di tenere due sedi. A seguito di questo, abbiamo scritto alla Presidenza del Consiglio, che non ci ha mai risposto, pertanto ritengo che la questione - sono passati tre anni - è da considerarsi chiusa.
Quanto agli spostamenti, alcune coppie si sono ricongiunta, specialmente quando hanno avuto la nascita di un figlio, e qualche nuovo ufficio è stato allocato a Roma, ma in compenso sono state potenziate altre funzioni a Napoli.
L'onorevole Tassone richiamava il rapporto con la Commissione parlamentare di vigilanza, che non rappresenta un problema: abbiamo un ottimo rapporto, interattivo. Normalmente adottiamo le stesse disposizioni, anche se non sempre le adottiamo entrambi. In due occasioni - comprese queste prossime elezioni amministrative, nel maggio che viene - la Commissione parlamentare di vigilanza non ha adottato il suo regolamento perché riteneva che si trattasse di elezioni circoscritte e quindi non di interesse nazionale, mentre noi l'abbiamo adottato, come sempre. Anche in una precedente occasione di elezioni a più vasto raggio, la Commissione parlamentare di vigilanza non ha adottato il suo regolamento, mentre noi lo abbiamo fatto.
C'è stato poi un caso in cui siamo stati in divergenza con la Commissione parlamentare di vigilanza: quando essa ha ritenuto applicabile ai programmi di informazione - allora la preoccupazione era Santoro - le norme sulla par condicio che valgono per la comunicazione politica. Noi abbiamo ritenuto diversamente - o meglio, in prima battuta, contro la mia volontà, è prevalsa una certa posizione - ma il TAR ha ribadito quello di cui sono stato sempre convinto e che avevo scritto al presidente Zavoli - ho partecipato a tre audizioni in Commissione parlamentare di vigilanza - che cioè non si potessero equiparare due tipi diversi di trasmissione, quindi noi abbiamo lasciato maggiore libertà per i programmi informativi.
Ricordo a me stesso che sulla RAI è responsabile in primis la Commissione parlamentare di vigilanza; questo vale anche per l'intervento del rappresentante radicale, l'onorevole Maurizio Turco. Non è che non abbiamo sanzionato la RAI o che non abbiamo ottenuto nulla: un po' di spazio è stato dato ai radicali, anche se non quanto avremmo voluto, però noi ci siamo mossi e forse sarebbe stato auspicabile anche qualche indirizzo da parte della Commissione parlamentare di vigilanza.
L'onorevole Tassone ha fatto un'osservazione centrale, riecheggiata poi in vari altri interventi, sotto diversi aspetti, chiedendo come si configurino queste Autorità,


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come agiscano, quali poteri abbiano e quali no. Bisogna fare un distinguo fondamentale.
L'Agcom - anche altre Autorità, ma adesso parlo di quella che presiedo, anche se ancora per poco - ha due tipi di investitura. La prima deriva fondamentalmente dalle norme comunitarie, sia quelle recepite dal nostro ordinamento, sia quelle non recepite, se sono chiare e precise. Lì il nostro campo di competenze e i nostri poteri sono forti; abbiamo poteri di intervenire sulle imprese che non ha nemmeno il Governo. Noi regoliamo i programmi delle imprese, per rispettare il libero mercato, la concorrenza e via dicendo, e interveniamo con determinazione assoluta.
I nostri provvedimenti in materia sono assunti tra le best practice europee, vengono cioè prese a modello dalle altre Autorità e discusse nel BEREC (Body of European Regulators for electronic communications), che ne raggruppa trentaquattro. Adottiamo questi provvedimenti attenendoci alle norme, perché nessuna indipendenza consente di violare la norma, sia essa comunitaria o nazionale; l'indipendenza sta infatti nell'applicare la legge con indipendenza, ma indipendenza da chi? Dice sempre una direttiva comunitaria che le Autorità sono indipendenti sia nei confronti dei soggetti regolati, sia nei confronti del Governo, dal quale non accettano né sollecitano direttive. Credo che lo abbiamo sempre fatto, in questo campo.
In secondo luogo, abbiamo delle competenze «appiccicate con lo spillo», che ci vengono da leggi dello Stato, e che sono state appoggiate all'Autorità perché ha la competenza in materia di telecomunicazioni elettroniche, acconsentendo a che ci occupassimo anche di questo. Quando si trattava però di applicare una legge, noi non dovevamo attenerci solo al dettato della legge stessa, al codicillo o al capoverso, ma anche a quello che la legge chiaramente stabilisce e al suo spirito, così come applichiamo le direttive comunitarie secondo lo spirito comunitario, che ci dà tanta forza.
La legge, specificamente questa sul conflitto d'interessi, non ci dà questi poteri. Noi abbiamo grandi poteri in campo economico, ma nei diritti di libertà ci dobbiamo muovere con misura.
È stato chiesto se non vediamo che c'è - o c'era - un conflitto di interessi palese. Come cittadino posso avere la mia opinione, ma come presidente dell'Autorità non posso che rigirarvi la domanda. C'era un modo per risolvere il problema a priori: considerare il conflitto di interessi potenziale, come fanno altre legislazioni e come l'OCSE ha suggerito nella sua raccomandazione, e non invece effettivo, a posteriori, volta per volta.
Su questo noi avevamo un margine di intervento, che abbiamo esercitato interamente, nella determinazione dell'ampiezza della fattispecie, come l'onorevole Zaccaria ci ha dato atto.
Mi sorprendo che non sia stato colto l'esercizio d'ufficio. Noi agiamo d'ufficio, non aspettiamo necessariamente l'esposto o la segnalazione. Qualche volta abbiamo sanzionato duramente, per esempio nel caso delle interviste rilasciate il 20 maggio 2011, non contemporaneamente ma in sequenza, dall'allora Presidente del Consiglio Berlusconi. Si sarebbe potuto dire che non erano contemporanee o a reti unificate, ma noi abbiamo detto che quello era un artifizio, perché la sequenza serrata equivale alla trasmissione a reti unificate. Fin là potevamo arrivarci e ci siamo arrivati.
Alla riduzione dei termini siamo arrivati tardi, ma la nostra è anche un'Autorità complessa. Oltre a una deliberazione della precedente consiliatura, veniva fatta la considerazione secondo la quale sarebbe stato conveniente lasciare un termine più lungo, in maniera da vedere se la violazione fosse stata reiterata, perché se il termine è breve, la fattispecie è esaurita.
Ora veniamo alla fattispecie esaurita. Si chiede perché la diffida non debba valere anche per il futuro? Nel calcio è così. L'onorevole Zaccaria è un appassionato di sport quanto me per cui sa che, se un


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giocatore viene diffidato nel campionato, la diffida non vale nella Coppa Italia né nella Champions League e viceversa.
Intendiamoci, non è che il nostro intervento sia limitato alle campagne elettorali, fatto è però che mentre queste sono in corso vigono regole più stringenti, mentre al di fuori di esse vigono regole più elastiche: l'obiettività, la completezza, la non discriminazione e la lealtà dell'informazione.
Si possono applicare sanzioni? Lasciamo stare il sostegno privilegiato, perché ci avete detto voi che prima deve violare la legge parametro e poi fate la diffida. Questo dice la legge, non mi si può chiedere di violare la legge, cosa che peraltro non ho mai fatto, per lo meno consapevolmente.. In questo caso si può interpretare diversamente? Sì, ma il prius è la violazione della legge parametro che, guarda caso, abbiamo riscontrato che avviene nel corso della campagna elettorale.
Finita la campagna elettorale, e non solo perché le macchine non stanno più addensate nel parcheggio, ma perché proprio è vietato, finito quel periodo, recuperare: non si può più applicare la sanzione. Come abbiamo rimediato? Riducendo a un decimo, da 150 a 15, il termine per intervenire: interveniamo d'ufficio entro quindici giorni. Negli ultimi giorni della campagna elettorale - visto che era stata trovata la scappatoia di farlo proprio in extremis - lo facciamo in quarantotto ore. Più di questo non possiamo fare, nell'esercizio di un potere regolamentare. «Regolamento» è un'espressione equivoca, che ha infatti indotto in errore ad esempio anche nella questione dell'ultimo miglio.
Una cosa è dove l'Autorità ha una competenza esclusiva, che nemmeno la legge può invadere, perché con l'articolo 117 della Costituzione il legislatore nazionale si è così autolimitato. Altra cosa è quando invece abbiamo un regolamento di esecuzione, come in questo caso, con cui possiamo stabilire soltanto procedimento, termini, modalità e così via, senza poter modificare altro.
Già nel determinare la fattispecie d'origine ci siamo allargati quanto più abbiamo potuto, ma non in materia di diritti e libertà. Ci si chiede perché non abbiamo affrontato un giudizio del TAR. A parte che - per me è titolo di vanto - il TAR non annulla quasi mai le nostre delibere, non posso fare un esperimento in corpore vili. Ci sono anche richieste di risarcimento danni.
È vero, all'inizio del 2006 io mi sono posto la questione se non si potesse dare un'interpretazione evolutiva; il nostro servizio giuridico, con un suo parere, ci ha messo nero su bianco che non si può. Posso io adottare una deliberazione in contrasto con un motivato e argomentato parere del servizio giuridico dell'Autorità? Voi sì, in quanto legislatori, avete la libertà assoluta di stabilire quello che volete in una legge, ma io posso stabilire soltanto quello che la legge mi dice di fare. Un tentativo di applicazione più stringente c'è stato, ma come e dove potevamo esercitare i nostri poteri.
Quanto alle ripetute violazioni, c'è forse un equivoco. Qualche emittente, in particolare il TG4, almeno finché era diretto da Emilio Fede, ha compiuto più d'una violazione, ma attenzione, non erano tutte in favore del Presidente Berlusconi; per esempio, quel TG è stato sanzionato anche perché non ha dato spazio alla Lega, e senza che la Lega stessa ponesse la questione - come non ha mai fatto in tutti questi anni, questa di oggi è la prima occasione in cui lo sento - noi siamo intervenuti anche a tutelare la Lega, come l'UdC, come l'Italia dei Valori, che pure tante volte ce lo ha chiesto, e anche altri partiti, come il Partito Radicale.
Se quel soggetto ha poi violato le norme per altri aspetti, noi non sommiamo le violazioni avvenute in una trasmissione a favore di Berlusconi a quelle precedenti a favore di altri soggetti. L'Autorità deve sanzionare per il singolo caso, l'accertamento deve essere definitivo, devo arrivare alla sanzione, dopodiché deve fare la diffida: non può sanzionare subito, perché questo dice la legge che il Parlamento ha approvato. Non può né modificare la sequenza, né alterarla. Il conflitto deve essere effettivo. Sarebbe dovuto bastare un


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conflitto potenziale, per cui o non si possiedono catene televisive o non si può essere uomo di governo, ma non è così e la legge lo consente.
Un controllo continuo c'è, però nel periodo non elettorale si basa soltanto su questi princìpi di fondo. A questo proposito avevo fatto recentemente un'analisi di alcune segnalazioni dell'onorevole Zaccaria.
Tra l'altro, per la RAI è una situazione diversa naturalmente, perché non si parla di conflitto di interessi, ma di violazione delle leggi parametro, sui cui abbiamo sanzionato anche la RAI, che poi è diversificata tra primo, secondo e terzo canale; e una volta ancora più di oggi.
Tra l'altro, mi è venuto in mente che, quando era presidente della RAI l'onorevole Zaccaria e anche quando lo era Lucia Annunziata, si stabilì, nella prassi, senza che lo dicesse la legge, la regola di un terzo, un terzo e un terzo; una regola pratica, che ha però funzionato.

ROBERTO ZACCARIA. Fuori dalla campagna elettorale.

CORRADO CALABRÒ, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.. Vale anche nella campagna elettorale, con una precisazione per l'onorevole Vanalli che chiedeva se abbiamo considerato il Governo come rientrante nella maggioranza. No, noi abbiamo considerato l'onorevole Berlusconi rientrante nel partito di cui è esponente quando non parlava per esigenze di governo, ma per esigenze di partito, elettorali o di propaganda politica. Se il presidente Monti diventasse esponente di un partito, alloro la assimileremo, ma non fino a quando avrà una posizione terza, come in questo momento.
Il Governo ha notevole spazio in questo periodo, ma a me sembra che le novità che ha portato lo meritassero perché merita la dovuta attenzione anche il dovere di cronaca. Tutti questi aspetti vanno contemperati con il diritto-dovere di cronaca, che deve riferire dell'attualità.
Adesso la Lega dovrà comunque avere il suo spazio. Però nell'occasione delle prossime elezioni amministrative non dettiamo le regole nazionali, perché l'ambito circoscritto di queste elezioni fa sì che noi vigiliamo sulle televisioni locali ma non sul piano nazionale, dove è come se non fossimo in campagna elettorale. Per le televisioni locali vale il criterio della par condicio, mentre per quelle nazionali valgono i principi generali vigenti fuori dai periodi elettorali: obiettività, completezza, lealtà e non discriminazione.

PIERGUIDO VANALLI. Mi riferivo alla campagna elettorale per le politiche dell'anno prossimo...

CORRADO CALABRÒ, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Penso che l'Autorità si comporterà come sempre.

PRESIDENTE. Do la parola al collega Vassallo, che credo non abbia avuto risposta a una sua domanda.

SALVATORE VASSALLO. Ho posto due domande. Ad una il dottor Calabrò ha risposto dicendo che l'Agcom è un'organizzazione complessa. La domanda chiedeva perché il Regolamento non sia stato adeguato prima del 2011, essendo quella l'unica ragione che impediva il perseguire la fattispecie del sostegno privilegiato. Il dottor Calabrò ha detto delle cose che non ho del tutto compreso, concludendo che l'Agcom è un'organizzazione complessa che quindi ha bisogno di tempo.
L'altra cosa che ho chiesto è se i termini di cui si parla per il completamento del procedimento siano termini massimi. L'Agcom non era in condizione di dare tempi più stretti, entro quei vincoli, ai soggetti coinvolti nel caso, in modo da poter applicare le sanzioni?

CORRADO CALABRÒ, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Anzitutto io ho portato anche un'altra considerazione, che è stata fatta valere in seno al consiglio, invitando a non stringere troppi i termini, perché una volta che chiudiamo il procedimento, questo è


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chiuso, e a tenere invece i procedimenti sotto osservazione. Un'opinione contrastava l'altra, perché c'era una delibera precedente. A campagna elettorale in corso, a «bocce in movimento», bisogna pensarci un momento.
Quanto alla seconda domanda, sì, sono termini massimi, però quando vengono presentate memorie di difesa imponenti, quando i soggetti chiedono il rispetto dei termini o di essere auditi, se non lo facciamo, violiamo i diritti di difesa, e perdiamo dinanzi al TAR solo per la violazione del procedimento.

PRESIDENTE. Conosciamo la storia del presidente Calabrò e credo abbia motivi per rispettare un regolamento che sia il meno attaccabile possibile.
Ha chiesto di intervenire l'onorevole Giovanelli, per porre una domanda, anche se esula dal tema dell'audizione odierna.

ORIANO GIOVANELLI. Vorrei che il presidente Calabrò ci rassicurasse rispetto all'interpretazione del diritto d'autore, relativamente alla possibilità che, in virtù di quelle regole di cui si parla, possano addirittura essere oscurati dei siti.
Questo tema è stato sollevato da un articolo del quotidiano La Stampa qualche giorno fa, e lei lo ha poi in parte ridimensionato o comunque smentito. Vuole per favore darci qualche spiegazione su questo?

CORRADO CALABRÒ, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Questo tema è stato oggetto di due audizioni: al Senato, nella scorsa settimana, e stamattina dinanzi alla Commissione sul fenomeno della contraffazione alla Camera.
Quel testo non è nostro. Io posso parlare del testo del regolamento, non della norma di legge predisposta dalla Presidenza del Consiglio, anche se il sottosegretario Catricalà ha detto a La Stampa - e ha detto a me - che quella disposizione non c'era assolutamente, così come non c'è nel nostro regolamento.
Di oscuramento dei siti si è parlato fin dal primo momento, adombrando una possibilità che ha creato un certo sgomento, ma l'oscuramento dei siti non è assolutamente mai stato nelle nostre intenzioni.
Altre legislazioni prevedono l'oscuramento, ma non la nostra. Noi prevediamo invece che ci sia innanzitutto un procedimento dinanzi all'Internet service provider (ISP), a cui il titolare del diritto fa presente che il suo diritto d'autore è stato violato. Se l'ISP ritiene di convenire, toglie il contenuto illecito; se non ritiene di convenire, è attivato allora un procedimento dinanzi a noi, dove entrambe le parti, in un tempo breve - su questo, per esempio, avevamo libertà di stabilire i termini, lo abbiamo fatto, ma la Commissione europea ci ha detto che non erano abbastanza brevi, che avrebbero dovuto esserlo di più, e dunque li abbiamo abbreviati ulteriormente - possono far valere le proprie ragioni. In seguito a questo rapido procedimento e contraddittorio, noi possiamo emanare l'ordine di rimozione del contenuto illecito, la cui presenza configura tra l'altro un reato. Nessun oscuramento del sito è però previsto nel nostro schema.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Calabrò e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,50.

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