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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione II
19.
Giovedì 13 settembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3

Audizione del Ministro della giustizia sull'attuazione della delega in materia di revisione della geografia giudiziaria (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3 15 26
Bernardini Rita (PD) ... 10
Capano Cinzia (PD) ... 5
Cavallaro Mario (PD) ... 12 13
Costa Enrico (PdL) ... 4 5
Dima Giovanni (PdL) ... 10
Iannuzzi Tino (PD) ... 11
Molteni Nicola (LNP) ... 6
Napoli Angela (FLpTP) ... 7 23
Orlando Andrea (PD) ... 14
Palomba Federico (IdV) ... 7
Paolini Luca Rodolfo (LNP) ... 15
Picierno Pina (PD) ... 14
Rao Roberto (UdCpTP) ... 6
Ria Lorenzo (UdCpTP) ... 9
Rossomando Anna (PD) ... 13
Scandroglio Michele (PdL) ... 10
Severino Di Benedetto Paola, Ministro della giustizia ... 3 5 12 16 24
Siliquini Maria Grazia (PT) ... 5
Sisto Francesco Paolo (PdL) ... 8
Strizzolo Ivano (PD) ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 13 settembre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIULIA BONGIORNO

La seduta comincia alle 15,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della giustizia sull'attuazione della delega in materia di revisione della geografia giudiziaria.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro della giustizia sull'attuazione della delega in materia di revisione della geografia giudiziaria.
In primo luogo voglio ringraziare il Ministro per la sollecitudine con la quale ha accolto la richiesta, che le ho formulato giovedì scorso a nome della Commissione, di essere sentita sull'attuazione della delega in materia di geografia giudiziaria.
Come ho voluto precisare nella lettera di invito, l'audizione è diretta a consentire alla Commissione di avere conoscenza delle ragioni che hanno indotto il Governo a non accogliere molte delle condizioni contenute nel parere della Commissione, espresso - pressoché all'unanimità - il primo agosto scorso.
Faccio presente che il testo del decreto o, meglio, dei decreti - perché vi è anche quello sui giudici di pace - è stato pubblicato ieri.
Ho anche voluto precisare che l'audizione si colloca nell'ambito di quel rapporto di concreta collaborazione tra Parlamento e Governo verso il quale il Ministro ha sempre mostrato particolare attenzione, anche partecipando in più occasioni ai lavori della Commissione.
Avevo avuto notizia di una possibile relazione introduttiva ma, visto che il tempo è molto ridotto perché il Ministro ha un impegno istituzionale, prima di cominciare i commissari vorrebbero sapere se tale relazione è la stessa relazione di accompagnamento al decreto legislativo che hanno avuto modo di leggere. Se è così, preferirebbero rivolgerle delle domande; se, invece, si tratta di un documento solo per loro, vorrebbero che lo illustrasse.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Chiarisco subito su questo punto così potrete decidere con maggiore cognizione di causa. La relazione è stata confezionata ad hoc per rispondere ai vostri quesiti ed è piuttosto lunga, perché in essa prendo in esame tutti i punti del vostro parere e, come ho fatto originariamente, laddove degli spunti della Commissione non sono stati accolti, ne spiego il motivo.
Credo che questo risponda puntualmente alla domanda che mi avevate rivolto; siccome la materia è ampia, anche la relazione lo è, proprio perché ho voluto spiegare, nella più ampia misura possibile, le divergenze di decisione rispetto alle motivazioni alla base del parere.

PRESIDENTE. Ora che i commissari hanno ascoltato la risposta del Ministro, si tratta di decidere. Se la relazione è molto ampia, probabilmente per le 17,30 non vi


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sarà la possibilità di porre i quesiti, ma forse si può trovare una soluzione di compromesso: se i commissari si attengono allo schema che abbiamo predisposto, ha senso fare delle domande; se, però, cominceranno a fare interventi per contestare sui singoli tribunali, sarà meglio lasciare che il Ministro esponga la sua relazione, che è complessiva.
Credo si possa iniziare con le domande, secondo il rigoroso ordine che mi è stato dato; alla luce di quanto deciso in ufficio di presidenza, il commissario non si offenderà qualora gli ricorderò che è scaduto il tempo del suo quesito.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire.

ENRICO COSTA. Premetto che cercherò di esprimere con garbo, benché sia deluso, le mie argomentazioni, ma non si confonda il garbo con l'accettazione dei passaggi di questo provvedimento.
Ho letto la relazione con attenzione e sono rimasto colpito da molti passaggi, tra cui ne citerò uno in particolare sul quale vorrei dei chiarimenti dal Ministro. In essa si evidenzia che si sono tenuti in considerazione due aspetti, la situazione infrastrutturale e il tasso d'impatto della criminalità organizzata, con un temperamento effettuato, nella stesura definitiva del decreto legislativo, tenendo nel massimo conto i suggerimenti relativi ai due criteri appena evidenziati in particolare, delle Commissioni giustizia della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Quanto alla situazione infrastrutturale, si precisa che nella stessa devono intendersi ricompresi i profili inerenti la viabilità, la presenza di adeguamenti collegamenti, eccetera.
Invece, a me pare che siano stati accolti soltanto i rilievi della Commissione relativi alla criminalità organizzata. Spero che oggi il Ministro non voglia dirci che i rilievi sulla viabilità e sulla situazione infrastrutturale siano stati accolti nella parte relativa ai giudici di pace di cui alle aree insulari, perché una simile giustificazione sarebbe risibile; è scritto ma non è stato fatto.
Chiedo un chiarimento anche sulle cinque grandi aree metropolitane, in relazione alle quali avevamo richiesto di impedire l'accorpamento di tribunali sub-provinciali. Torino è un'area metropolitana e il tribunale di Pinerolo è stato accorpato a Torino.
Alla luce di questi aspetti, chiederei anche - se il Ministro è così garbato da fornirci questi elementi - chiarimenti su quanto è avvenuto in Consiglio dei ministri. Vorrei sapere se lo schema uscito dal Consiglio dei ministri è il medesimo che vi era stato portato dal Ministro e se, in quella sede, vi sia stata apportata qualche modifica. Lo chiedo perché il rapporto tra il Parlamento e il Governo come organo collegiale è uno, ma quello tra il Parlamento e il Ministro guardasigilli è un altro, anche per riuscire a identificare dove si sono verificate tali discrasie rispetto al parere parlamentare.
È chiaro che i presupposti sono piuttosto arbitrari, che la «regola del tre» sia stata mantenuta nonostante il parere della Camera (ma questo è un altro capitolo) e che siano stati violati dei criteri di delega, come l'estensione territoriale.
Vorrei chiedere conto al Governo anche della contraddizione rispetto alla razionalizzazione, di cui in premessa, del provvedimento, e del rapporto con i nuovi palazzi giudiziari, come nel caso di Chiavari, Bassano del Grappa e Tolmezzo.
Devo confessare che il parere della Camera è stato sofferto; non abbiamo voluto fare né un manifesto, né un'elencazione, né propaganda, e molti di noi hanno anche dovuto resistere alla tentazione di allargarne i confini. Non abbiamo voluto farlo e abbiamo tenuto la barra diritta. Se il Governo è disponibile, vorrei chiedere di rettificare il provvedimento, almeno in termini contenuti, recependo il parere della Camera, e di porsi in un'ottica di collaborazione insieme a questa Commissione nelle forme che si valuterà, per cercare di correggerlo e per giungere a un clima di minor tensione di quello che si è creato - chiaramente solo sul piano politico - nei rapporti con questa Commissione.


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Parlo, chiaramente, a nome dei colleghi deputati del gruppo che rappresento, ma se così non fosse continuerebbe ad esservi un rapporto di diffidenza nei confronti dell'esecutivo, posto che avevamo creduto e avevamo pensato davvero di mettere in atto un lavoro costruttivo. Chiaramente non abbiamo nulla di personale nei confronti del Ministro, che stimiamo, ma il nostro auspicio è che si possa arrivare anche a un rapporto politico maggiormente costruttivo.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Per colpa mia o dell'audio, non buono, ho perso la parte relativa a Tolmezzo. Lei mi ha rivolto un quesito specifico?

ENRICO COSTA. No. Tolmezzo faceva parte dei tribunali che sono stati oggetto di investimenti infrastrutturali insieme a Chiavari e a Bassano del Grappa.

CINZIA CAPANO. Signor Ministro, vorrei iniziare con una breve premessa: ci rendiamo conto che il provvedimento è di straordinaria importanza e, proprio per questo, crediamo che se fossero stati adottati tutti i criteri indicati nel parere della Camera avremmo anche potuto contare, in questo provvedimento, su un consenso più diffuso, che è sempre necessario in tema di riforme.
Devo dire, però, che mentre lei ha dichiarato di aver seguito le indicazioni della Camera, soprattutto relativamente ai tribunali interessati da fenomeni di criminalità organizzata, un solo tribunale sembra essere sfuggito a questa indicazione: quello di Lucera. Il tribunale di Lucera, attraverso la soppressione e l'accorpamento al tribunale di Foggia, vive una particolare condizione: quella di finire in un territorio che ha 600.000 abitanti e non già quella soglia di 300.000 che è indicata come uno dei criteri-guida nella ridistribuzione delle circoscrizioni. Peraltro, il suo territorio comprende numerosi comuni e presenta il fenomeno della mafia garganica, che è particolarmente agguerrita.
Nel distretto di Bari è stato fatto molto sul terreno del contrasto al fenomeno mafioso, ma sappiamo che all'interno della Puglia rimane l'area nord - Foggia e Lucera - dove la presenza della criminalità organizzata è molto forte. Appare strano che proprio Lucera sia sfuggita a questo criterio che lei ha privilegiato, anche perché accoppiando quest'ultimo alla scelta di eliminare tutte le sezioni distaccate, nel Gargano è caduto qualsiasi presidio: non vi è più, per esempio, la sezione distaccata di Rodi Garganico, e questo comporta che vi siano comuni che distano anche 150 chilometri dalla sede accorpante.
Peraltro, Lucera era stata indicata dalla Commissione come tribunale da salvare, non solo per il criterio della criminalità organizzata ma anche per quello dell'estensione territoriale perché, avendo un'estensione di 2.813 chilometri quadrati, è molto al di sopra del criterio - che pure avevate assunto - dei 2.169 chilometri quadrati. Esisteva una possibilità di razionalizzazione staccando il territorio di San Severo, e questo avrebbe consentito di mantenere la redistribuzione più vicina ai criteri che la delega aveva assunto.
Le chiedo la ragione per cui non è stata seguita l'indicazione della Commissione rispetto al tribunale di Lucera, sia sotto l'aspetto della criminalità sia sotto quello dell'estensione territoriale, e perché, in ragione di questo, non si sia deciso di salvare almeno la sezione distaccata di Rodi Garganico.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Signor Ministro, la ringrazio per questa audizione perché ci consente - spero - di mettere a fuoco in modo rapido e sintetico, ma giuridicamente argomentato, le domande che le porremo.
Senza ripetere quanto detto in generale dall'onorevole Costa, che esplicitamente e formalmente condivido, chiedo formalmente spiegazioni in ordine alle decisioni assunte per il Piemonte.
Volendo procedere secondo uno schema rapido, che poi argomenterò, vorrei sapere perché è stato emanato un


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provvedimento che va in contrasto con la legge delega, presentando, pertanto, dei chiari profili di incostituzionalità. Esso, infatti, va in contrasto con la relazione di accompagnamento della commissione ministeriale, che ha lavorato sotto il precedente Ministro e sotto quello attuale: infatti, va in contrasto, sul Piemonte, con i pareri di tutte le autorità giudiziarie piemontesi - magistratura, Procura della Repubblica, Procura generale, eccetera - e alimenta alcune ipotesi non certo giuridicamente fondate e non certo di efficienza giudiziaria sulle scelte che sono state assunte. Si tratta di una valutazione che non posso non esporre.
Innanzitutto, rileviamo come il provvedimento legislativo sia entrato al Consiglio dei ministri e, a nostro parere, ne sia uscito assolutamente variato, sopprimendo il tribunale di Pinerolo. Cito solo per brevità - ma le argomentazioni sono molto più ampie - che l'articolo 1, comma 2, lettere b), d) ed e) sono in palese contrasto con quanto stabilito dalla legge delega, determinandosi, quindi, la sua incostituzionalità. Vorrei chiederle una spiegazione al riguardo.
Come ho detto, vi è inoltre un contrasto con la relazione che accompagna il decreto legislativo, che per i tribunali submetropolitani - Milano, Torino, Napoli, Roma e Palermo - prevedeva delle condizioni che indicava nelle linee guida e si dilungava a spiegare. Queste sono state disattese con il provvedimento che, inspiegabilmente, nonostante il parere del consiglio giudiziario della corte d'appello di Torino, del tribunale di Torino, della Procura generale di Torino e delle audizioni della Procura generale del Piemonte, ha chiesto che il tribunale di Pinerolo, alla luce della legge delega, non venisse soppresso per motivi di valutazione non superficiale ma coerente alla relazione di accompagnamento. Chiedo che vengano date spiegazioni in ordine alla modifica immotivata e improvvisa di una decisione.

ROBERTO RAO. Spero di essere breve, quindi non ripeterò alcune delle considerazioni svolte dai colleghi. Molte altre domande, credo molto specifiche, verranno formulate sui singoli casi. Per quanto mi riguarda, mi attengo alla proposta da noi votata - e, come ha ricordato anche l'onorevole Costa, faticosamente mediata - che per noi era la migliore.
Sui criteri adottati, chiedo al Ministro di ridarci - ma credo fosse sua intenzione farlo - l'esatto timing dell'attuazione (anche, nello specifico, nei prossimi mesi) delle piante organiche e dell'attuazione del decreto legislativo. Inoltre, qualora nei primi mesi - oppure anche più in là - si constatasse la mancata realizzazione dei criteri di efficienza e di economia, che sono, peraltro, alla base degli obiettivi di questa delega, vorrei sapere se sono previste o, almeno, in itinere o in nuce, alcune ipotesi correttive.

NICOLA MOLTENI. Sarò rapido anch'io, perché credo che in gran parte delle mie considerazioni di carattere generale potrei ripercorrere quanto già detto nel corso dei mesi precedenti.
Ovviamente, siamo delusi e amareggiati per le risultanze emerse dal decreto approvato dal Consiglio dei ministri ed elaborato dal Ministro medesimo. Chiedo due chiarimenti in modo particolare: il primo, che ha già chiesto il collega Costa, a cui mi associo, è relativo a due strutture - Chiavari e Bassano del Grappa - che sappiamo essere due tribunali pronti ad essere inaugurati per i quali si sono spesi all'incirca 30 milioni di euro. Non le sembra, Ministro, che la soppressione dei due tribunali, pronti a essere inaugurati, rappresenti un evidente controsenso rispetto all'obiettivo e alla finalità del provvedimento, che è quella di giungere a un contenimento dei costi e delle spese?
Crediamo siano assolutamente irrazionali e illogiche le motivazioni che vi hanno portato a sopprimere anche questi due tribunali; tuttavia, la mia considerazione prevalente riguarda la sua dichiarazione di aver voluto salvare - o quanto meno «ripescare» - sei tribunali. Dei 37 tribunali che si sarebbero dovuti cancellare, 31 sono stati cancellati e 6 salvati, che sono collocati nel sud del Paese. Lei ha motivato


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e giustificato il loro salvataggio dicendo che insistono su un territorio a grande incidenza della criminalità organizzata (e non mettiamo assolutamente il dato in discussione) e che questo salvataggio avviene anche per il valore simbolico che essi hanno in quanto presìdi di legalità.
Signor Ministro, credo che possa immaginare la domanda che le pongo: non crede - personalmente credo di sì - che vi sia stato da parte sua un atteggiamento di estrema leggerezza, anche alla luce di quanto sta emergendo in questi giorni? In Lombardia, e in modo particolare in una zona ben precisa, la Brianza, si è sviluppata l'inchiesta «Ulisse», che si inserisce nel filone di un'altra inchiesta sul crimine, avvenuta un paio d'anni fa, che nel 2010 (anche la collega Napoli è ben a conoscenza dei fatti) ha portato all'arresto di 100 soggetti legati alla criminalità organizzata. L'altro ieri sono stati arrestati 38 soggetti e proprio oggi ne sono stati arrestati altri 6.
Ciò conferma che anche in Lombardia vi è una presenza, anche per la prossimità rispetto al territorio elvetico, della criminalità organizzata. Le chiedo, e ci chiediamo, perché questi tribunali non sono stati salvati; lei non reputa che il territorio lombardo e il nord in generale siano soggetti e sensibili alla criminalità organizzata? Perché salvare 6 tribunali al sud e non salvare anche quelli, che lo meriterebbero, al nord? Crediamo che sia una domanda molto banale rispetto alla quale l'atteggiamento denota quantomeno della leggerezza (e dico «leggerezza» per non dire altro).
La domanda che le rivolgiamo è legata al fatto di aver provveduto in modo assolutamente disparitario rispetto a un tema - quello della criminalità organizzata - che, purtroppo, è presente tanto al nord quanto al sud.
Chiudo collegandomi alla considerazione del collega Rao, chiedendo se è nelle corde del Ministro e del Governo prendere in considerazione l'ipotesi di un decreto correttivo.

ANGELA NAPOLI. Ministro, devo darle atto, come ho fatto anche ufficialmente attraverso un comunicato stampa, di aver dato alla regione Calabria quanto non era stato previsto nella proposta originaria del decreto.
Rimane sicuramente, però, l'amarezza per la mancanza di autonomia del tribunale di Rossano. So che questa decisione è stata fortemente legata al vincolo - che ho definito «cappio» - di quanto previsto dalla «regola del tre» e le chiedo: quando il provvedimento arriverà in itinere, vi è la possibilità, da parte sua e del Governo, di prevedere un'estensione di quel numero che abbia anche a cuore l'ordine del giorno presentato e sottoscritto da tutte le forze politiche?

FEDERICO PALOMBA. Non sembri strano che sia proprio io a ringraziare il Ministro (dopo il presidente, naturalmente) della sua presenza; è stata molto cortese. Non ho letto la sua relazione ma non ho dubbi, conoscendone la precisione, che abbia spiegato esattamente tutti i criteri e i motivi che l'hanno indotta al provvedimento; tuttavia, vorrei sapere se si tratta di una cortese spiegazione sui criteri seguiti perché, in tal caso, ci basterà leggerla e non vi sarà alcun problema.
Credo che se siamo qui per parlare con il Ministro sia per chiederle se ritiene che vi siano gli spazi ai sensi dell'articolo 5 della legge delega, che dà la possibilità di emanare dei decreti correttivi o integrativi di quanto è stato emesso. Credo che solo in questa dimensione - ovvero nella possibilità di modificare le cose - il nostro dibattito possa essere opportuno; il resto è soltanto critica politica.
Pongo due problemi al Ministro: innanzitutto, vorrei sapere se ella non ritiene che, alla luce dei criteri (parlerò solo di questi) già seguiti, come, per esempio, quello dell'impatto con la criminalità organizzata, dovrebbe essere rivalutata anche la permanenza del tribunale di Lucera. Il tribunale di Lucera, infatti, subisce un forte impatto da parte della criminalità garganica, che è un po' diversa dalle altre (anche dalla Sacra Corona Unita) ma,


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comunque, ha dei numeri veramente preoccupanti.
In secondo luogo, siccome la legge delega dispone che nei capoluoghi di provincia debbano restare i tribunali che ci sono, chiedo se nei capoluoghi di provincia dove non vi sono tribunali ma solo sezioni distaccate non vadano applicati gli stessi criteri, e se nei tribunali capoluoghi di provincia - mi riferisco in modo particolare a Olbia, Sanluri e Carbonia-Iglesias - non sia opportuno lasciare almeno le sezioni staccate.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Ministro, e grazie a coloro che l'hanno accompagnata e che conoscono il provvedimento, anche per quanto concerne l'istruttoria, in maniera dettagliata.
Vorrei segnalare che qui non siamo di fronte a un provvedimento di rango amministrativo; questa non è geografia giudiziaria ma aritmetica giudiziaria, perché quando si sopprime un tribunale si violano i parametri costituzionali dell'articolo 24, primo, secondo e terzo comma, e dell'articolo 111, secondo comma. Sopprimere un tribunale vuol dire negare la giustizia; pertanto, quando il provvedimento del Ministro ha dei criteri da rispettare e questi sono ben chiari, trovo gravissimo che si vada in contraddizione con essi, e mi riferisco, Ministro, al tribunale di Lucera. Lei non deve sottovalutare che il grido del tribunale di Lucera è corale, e le viene anche da una persona, come l'onorevole Palomba, che non è neppure del territorio. Questo le fa capire come la mafia garganica sia un problema assolutamente serio, ed entrare, in nome dei criteri che voi avete indicato, in clamorosa contraddizione, come è avvenuto per Lucera, mi sembra grave e inspiegabile. È grave e inspiegabile perché, se questo è un diritto soggettivo fondamentale, il criterio deve essere assolutamente rigoroso, e mi sembra che in un provvedimento del genere il finto rigore non possa trovare asilo.
Cercherò di essere molto chiaro: non solo è grave disattendere i comuni pareri di Camera e Senato in mancanza di una giustificazione che sia in linea con i vostri criteri, ma se volessimo numericamente prendere il criterio - sopravvenienze medie: 18.200; magistrati: 28; popolazione: 363.000 abitanti; estensione: 2.100 chilometri quadrati (sono i vostri criteri) - Lucera ha una presenza di criminalità organizzata che è stata asseverata da chiunque (mi riferisco, al di là del primo orientamento della DDA barese, a quello successivamente indicato dalla Procura della Repubblica di Lucera, numeri alla mano, dalla nota del Procuratore distrettuale antimafia di Bari, che ha avallato completamente quello che ha detto Lucera e dal parere della Commissione giustizia).
Solo numericamente, infatti, per popolazione, Lucera è al quindicesimo posto, per estensione è al secondo, per magistrati al quindicesimo - mentre vi è una serie di tribunali (tanti), tutti salvati, che sono al di sotto di questo dato - e per sopravvenienze al nono, rispetto a tanti altri tribunali, che, invece, sono stati mantenuti.
Mi avvio alla conclusione fornendo dati numerici e, soprattutto, richiamando il Governo alle sue responsabilità e all'applicazione del della delega laddove si renda conto di non aver applicato i parametri correttamente.
Per quanto concerne l'estensione, Lucera ha 2.813 chilometri quadrati rispetto ai 2.100 (non dico altro sulla grave presenza della criminalità organizzata); è stato ritenuto inferiore a ben 27 tribunali subprovinciali salvati dal Governo, nonostante fosse al secondo posto per l'estensione, al nono posto per le sopravvenienze e al quindicesimo posto per magistrati e popolazione; è stato ritenuto inferiore a 26 tribunali subprovinciali salvati con parametro di estensione più modesto; è stato ritenuto inferiore a ben 19 tribunali subprovinciali salvati con parametro di sopravvenienze medie più modesto; ancora, è inferiore a ben 13 tribunali subprovinciali aventi parametro di organico più modesto, e inferiore a 15 tribunali subprovinciali aventi parametro di popolazione più modesto.
Deposito, presidente, due documenti in cui questi dati sono puntualmente indicati e formulati, e chiedo al Governo di rispondere


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a ciascuno di essi per evitare un principio di contraddizioni che trovo intollerabile.

LORENZO RIA. Premesso che la distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio deve ritenersi fondamentale nel rapporto tra giustizia, territorio e cittadino, procedo subito a formulare le mie domande.
Signor Ministro, non pensa che la soppressione di tutte le 220 sezioni distaccate dei tribunali comporti un'effettiva lesione del concreto diritto di accesso materiale alla giustizia da parte dei cittadini?
In secondo luogo, perché non sono state prese in considerazione ipotesi alternative di revisione della geografia giudiziaria che mantenessero almeno una sezione distaccata in quei circondari di tribunale che superino parametri determinati relativi al numero di abitanti e all'estensione territoriale?
Inoltre, per valorizzare i criteri già indicati dal Governo si sarebbe potuto prevedere - come proposto nel corso dell'esame del provvedimento - almeno una sezione distaccata in quei circondari che superino il valore soglia della popolazione media di 363.769 abitanti nonché, congiuntamente, il parametro dell'estensione territoriale superiore a 2.169 chilometri quadrati (e quando dico «una» sezione distaccata mi riferisco a situazioni in cui ne sono state cancellate ben 7). Lei ritiene che, attualmente, nessuna delle sezioni distaccate esistenti svolga una funzione giudiziaria utile e necessaria, anche e soprattutto in relazione alle esigenze dei cittadini?
È possibile, signor Ministro, che delle 220 sezioni distaccate attualmente esistenti nessuna rientri nell'ambito dei parametri indicati dalla legge delega, tanto che si giungerà alla loro definitiva soppressione tout court? Ho letto la sua relazione e in essa lei parte dal presupposto che le sezioni distaccate non si sarebbero dovute istituire; di conseguenza le cancella, con una valutazione che non rientra nei criteri fissati dalla legge delega.
Personalmente ho presentato un progetto in Commissione che, sulla base di parametri demografici che tenessero simultaneamente conto del numero degli abitanti e dell'estensione del territorio, proponeva il mantenimento in alcuni circondari di tribunali particolarmente ampi e carichi di lavoro e il mantenimento di almeno una sezione distaccata con annesso ufficio del giudice di pace.
Non pensa che nella provincia di Lecce, ad esempio, una distanza di quasi 100 chilometri tra Santa Maria di Leuca e Lecce sia eccessiva e ostativa, per i cittadini, all'accesso alla giustizia? Non pensa che tali distanze siano ancora più eccessive se consideriamo la competenza del giudice di pace, i cui uffici sono stati soppressi esattamente in parallelo alla soppressione delle sezioni distaccate?
Quanto all'efficienza e al risparmio di spesa, si è posta il problema dei costi di trasferimento del personale e delle strutture dalle attuali sezioni distaccate alle sedi centrali? Molti degli stabili attualmente occupati dalle sezioni distaccate dei tribunali sono pubblici e non richiedono spese di locazione, mentre il trasferimento comporterà, al contempo, nuove spese per lo Stato e maggiori oneri dati dal fatto che strutture attualmente efficienti resteranno inutilizzate.
Per concludere, all'esito della riforma lei ritiene che abbiamo restituito al Paese una geografia giudiziaria omogenea? Ritiene che il territorio nazionale sia stato effettivamente considerato nella sua specificità analizzando le singole situazioni territoriali, di modo che a uguale porzione di territorio corrisponda uguale distribuzione di tribunale, come ad esempio Napoli nord, con estensione territoriale pari a 225 chilometri quadrati e 680.000 abitanti, e Verona, che non è la mia provincia, con un'estensione di 2.278 chilometri quadrati e 764.000 abitanti? Oppure ritiene che si possano equiparare, quanto a soppressione delle sezioni distaccate e degli uffici dei giudici di pace, il tribunale di Busto Arsizio (821 chilometri quadrati) e il tribunale di Bari (3.309 chilometri quadrati e 1.086.000 abitanti)?


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Immagino, dall'approvazione del provvedimento sulla geografia giudiziaria, che lei ritenga di sì.

RITA BERNARDINI. Signor Ministro, con questo provvedimento ha messo il dito in una piaga che non si affronta in Italia da decenni. Ho dato atto fin dal primo momento che, se non altro, il Governo se ne era assunto la responsabilità con una proposta complessiva, tanto che ho detto ai colleghi di lanciare una proposta alternativa (che, grosso modo, è quella inclusa nel parere). Reputo questo un classico caso di fiducia, perché si tratta di governare una situazione che non viene governata da anni perché i localismi - dobbiamo dirlo - che vedono uniti, da questo punto di vista, sia avvocati sia magistrati, impediscono e hanno impedito per anni una riforma che ora è stata fatta.
Per questo motivo apprezzo la sua determinazione, mi auguro che la confermi e aggiungo, concludendo, che mi auguro la stessa determinazione e la stessa forza su un altro settore, che, invece, come avrà notato dalla Conferenza dei Capigruppo, langue: quello dell'illegalità nelle nostre carceri e nella nostra giustizia.

GIOVANNI DIMA. Signor Ministro, sono qui, pur non essendo componente di questa Commissione, per sottolineare alla sua attenzione la vicenda di Rossano, che grida vendetta nel senso più genuino del termine, perché lì è scaturita una vicenda dolorosa in un territorio che ha caratteristiche subprovinciali per ragioni fisiche, geografiche, storiche e culturali.
Siamo nella Piana di Sibari, che ha caratteristiche morfologiche e territoriali particolari: solo 2 dei 20 comuni che compongono il tribunale di Rossano sono pianeggianti, Rossano e Corigliano, che rappresentano rispettivamente il primo e il secondo comune più popoloso della provincia di Cosenza per un totale di 80.000 abitanti. Gli altri sono tutti comuni della cosiddetta «Sila Greca», che si affaccia sullo Ionio; va da sé che per il primo criterio sulle distanze e sui rapporti fra i territori di quella provincia, quella parte dello Ionio cosentino è, in assoluto, la più penalizzata. Per capirci, non ha una strada decente, visto che quella che segna il territorio è la famosa 106, e il rapporto con il Pollino è tragico perché i due territori non hanno mai avuto rapporti di interscambio sociale, economico e culturale. Può quindi immaginare cosa significhi accorpare quel territorio con quello di Castrovillari.
Per questi motivi, in questa sede lamento il fatto che lei non ha tenuto conto del parere di Camera e Senato né del fatto che un componente del suo Governo - il sottosegretario Polillo - abbia accettato l'ordine del giorno alla Camera dei deputati impegnando il Governo affinché non si sopprimesse alcun tribunale in Calabria.
Le chiedo se vi sono le condizioni per un decreto correttivo al fine di riparare al momento di grande difficoltà che vive quel territorio, segnato, appunto, da un forte senso identitario. Se me lo consentono i colleghi qui presenti della provincia di Cosenza e della Calabria, esso è diverso dagli altri, nel senso che il tribunale di Rossano rappresentava e rappresenta un punto di forza, se non altro con i suoi 150 anni di storia e di specificità legate anche all'altro aspetto, ossia che lì la criminalità c'è, eccome. Bisogna stare attenti a quei due criteri fondamentali, i rapporti e la capacità di interagire fra i territori - ma lì non vi sono condizioni di questa natura - e la specificità criminale che segna quella realtà.

MICHELE SCANDROGLIO. Signora Ministro, la ringrazio di essere presente. Neanche io faccio parte di questa Commissione e garantisco che sarò molto breve.
È con molto imbarazzo che mi accingo a intervenire, e lo faccio con difficoltà; una difficoltà particolare perché, avendo sino ad oggi sempre sostenuto il Governo, mi trovo ad ammettere che molte delle critiche mosse dalle opposizioni al Gabinetto Monti sono radicate nella verità. Avevo, infatti, pensato che lei e il suo Governo avreste potuto incidere selezionando il grano dal loglio e tagliare quello che


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andava tagliato, sostenere quello che andava sostenuto e implementare quello che meritava di essere implementato.
Ebbene, se sino a ieri mi ero illuso che tutto ciò fosse vero, oggi devo ammettere che così non è, e posso dirlo con certezza. Infatti, lei e il suo Governo, con una decisione sbagliata, avete, tra le altre cose, decretato la chiusura del tribunale di Chiavari, un tribunale, sotto il profilo della produttività, efficace, efficiente ed economico; un tribunale la cui nuova sede, non ancora inaugurata, è costata 13 milioni di euro al denaro pubblico e che rischia di diventare una delle mille cattedrali nel deserto di questo Paese, una cattedrale che intitoleremo a chi ne porta la responsabilità.
Pensavo che avreste potuto non cadere in questi errori; pensavo che avreste saputo leggere i numeri e le cifre. Di queste, una fra tutte salta agli occhi: il risparmio previsto dal Piano per la razionalizzazione degli uffici giudiziari prevede una minor spesa complessiva per il primo anno di 12 milioni; è evidente che tale risparmio viene vanificato gettando al vento i 13 milioni per la sede del tribunale di Chiavari. Se a questo aggiungiamo quello di Tolmezzo, arriviamo addirittura a 30.
Tralascio i nuovi costi che l'eventuale trasferimento comporterà, e sottolineo il termine «eventuale» perché confido ancora nell'intelligenza di ammettere i propri errori; confido, quindi, nella vostra volontà di ritornare su questa ingiusta decisione con un decreto correttivo. Lei, signora Ministro, quest'estate è venuta a Chiavari e ha constatato che la cittadella della giustizia esiste ed è una realtà quasi unica: Polizia di Stato, carceri e tribunali in un solo sito, a 10 metri gli uni dagli altri. È un presidio della legalità, che vi assumete la responsabilità di smantellare.
Prima di concludere, mi soffermo solo su alcuni numeri e un'osservazione: le traduzioni dei carcerati, oggi a costo zero, costeranno 150.000 euro l'anno, e questo per sempre. Il cablaggio della struttura che avete voluto chiudere sta per essere terminato in questi giorni dall'impresa costruttrice con un costo per i cittadini di altri 100.000 euro buttati al vento. Perché, negli ambiti delle aree metropolitane, Genova non è stata considerata? È un'area metropolitana di serie B? Oltre a questo, vorrei sapere, se possibile, le ragioni vere che vi hanno indotto a chiudere il tribunale di Chiavari, perché quelle del risparmio o del contenimento della spesa pubblica non lo sono, anzi è vero il contrario. La ragione della razionalizzazione non lo è, anzi è vero il contrario, e quella di difesa del sistema della giustizia non lo è, anzi è vero il contrario.

TINO IANNUZZI. Signor Ministro, il mio giudizio critico e negativo nasce dalla convinzione che il decreto non è il risultato di un'applicazione sistematica e contestuale di tutti i criteri e princìpi direttivi posti dalla stessa legge di delega, che, francamente, era una brutta legge. Come è stato riconosciuto apertis verbis nello schema di decreto, il Governo ha applicato in prima battuta tre criteri direttivi - numero di abitanti, indice di sopravvenienze e indice di produttività - rimettendosi al pronunciamento delle Commissioni (poi assolutamente disatteso) per quanto riguarda i profili della situazione infrastrutturale e del tasso d'impatto della criminalità organizzata; diversamente, risultano completamente omesse l'indicazione e la valutazione del criterio dalla specificità territoriale e del bacino di utenza. Così facendo, avete compiuto una sorta di gerarchia interna, al di fuori del dettato legislativo, fra i criteri ed i princìpi direttivi, che a mio avviso non era e non può essere consentita.
Infine, vi è anche una pesante violazione di un criterio direttivo specifico posto dalla legge-delega, quello della lettera e), che dovrebbe essere, invece, gerarchicamente sovraordinato a tutti gli altri criteri. Nel caso dell'accorpamento del tribunale di Sala Consilina a Lagonegro, si ha un accorpamento che viola palesemente il criterio del riequilibrio tra uffici giudiziari caratterizzati da condizioni di obiettiva diversità nello stesso ambito provinciale; mentre avete accorpato il tribunale più grande (Sala Consilina)


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a quello più piccolo (Lagonegro) per numero di giudici, volume d'affari, bacino territoriale e potenzialità di espansione di comuni che hanno già chiesto di aderire al perimetro territoriale di Sala Consilina.
Si accorpano illegittimamente due tribunali che fanno parte di due province, due regioni e due corti d'appello diverse, creando una condizione di grande disagio, visto che gli abitanti del territorio del Vallo di Diano, per la sede del TAR e delle commissioni tributarie dovranno fare capo a Salerno, mentre, per quanto riguarda il tribunale, dovranno fare riferimento a Lagonegro e per la corte d'appello a Potenza. Viene violato gravemente questo criterio e questo principio direttivo specifico. Vi sono, invece, tutte le condizioni e tutte le ragioni per salvaguardare l'autonomia del tribunale di Sala Consilina nell'ambito del distretto della corte d'appello di Salerno: una provincia con circa 1,5 milioni di abitanti giustifica senza dubbio la presenza di 4 tribunali.
Da qui la sollecitazione a un decreto correttivo, nell'arco dei 12 mesi della norma transitoria per l'entrata in vigore e l'attuazione definitiva del provvedimento, alla luce delle indicazioni che, con grande chiarezza e lealtà nel percorso legislativo in Parlamento e nei rapporti istituzionali, abbiamo sempre enucleato e che militano per la salvaguardia del tribunale di Sala Consilina.

MARIO CAVALLARO. Svolgerò due considerazioni molto brevi. Non è in questione la mia fede nel Governo, anche perché dopo il tribunale hanno chiuso anche la mia provincia; vedremo cosa accadrà agli ospedali.
Innanzitutto, mi pare che la conseguenza obiettiva dell'attuazione rigorosa del provvedimento in relazione ai giudici di pace abbia confermato il timore, che più volte ho espresso, di una mutazione genetica grave del giudice di pace, che da giudice di prossimità, di primo livello e di primo ascolto diventa un giudice circondariale, addirittura, salvo per poche eccezioni - i tribunali che erano aperti e che ora vengono chiusi - presso i tribunali.
Le rivolgo, Ministro, una domanda di carattere generale e di politica giudiziaria: non sarebbe il caso di riconsiderare rapidamente questo versante della giustizia? A mio parere, vi è comunque necessità - e non basta soltanto l'attitudine mediatoria che vogliamo amplificare - di un giudice di prossimità nel nostro ordinamento. In questo momento, non solo fisicamente ma anche per i problemi organizzativi e per la selezione dello stesso giudice, è necessario ripensare a ciò.
In secondo luogo, parlo (come hanno fatto molti) per la cognizione che ho di uno specifico territorio, nel quale, pur essendo esperto in traslazioni - com'è noto, la Santa Casa di Loreto, secondo la leggenda, ce l'hanno portata gli angeli dalla Palestina - non altrettanto può fare con gli uffici giudiziari. Nelle Marche, caratterizzate da un territorio particolarmente articolato, sono state chiuse molte sezioni distaccate e due tribunali; al di là delle doglianze su quello che è stato fatto, chiedo se sia possibile (benché gli uffici periferici e le amministrazioni locali dicano di no) che tre palazzi, ossia i residui che dovrebbero ospitare tutta l'attività giudiziaria, possano ospitarne 8, 9 o 10, che dovrebbero essere quelli oggetto di tale traslazione.
Siccome la traslazione non è possibile, non sarebbe più saggio e prudente, in questa fase, invece di ipotizzare una messa a regime del provvedimento, stabilire (come del resto aveva proposto la Commissione) che vi siano dei presìdi territoriali variamente articolati e diversamente riformulati, anche sulla base dell'uso più sapiente del processo telematico? In tal modo si potrebbero evitare forme di organizzazione che finiscono semplicemente per provocare, almeno a mio parere, il congelamento dei ruoli e difficoltà operative insormontabili nell'allocazione delle nuove risorse.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. È un discorso a carattere generale o fa riferimento specifico al territorio delle Marche?


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MARIO CAVALLARO. È un discorso di carattere generale. Proprio per questo, riguarda anche tutti gli altri territori e, secondo me, le modalità di attuazione (di cui, però, non intendo discutere). Ovviamente, parlo del territorio delle Marche e ne parlo con riferimento ai tre tribunali accorpanti: Pesaro, il tribunale di Urbino e la sezione distaccata di Fano hanno due palazzi; Ancona ne ha cinque (per le cinque sezioni distaccate) e Macerata - che è comunque un tribunale che a sua volta confluisce - uno. In più, vi è il tribunale di Ascoli Piceno, nel quale confluisce San Benedetto del Tronto. Le Marche sono fatte così, non è colpa loro.

ANNA ROSSOMANDO. A nome del Partito democratico, siamo consapevoli di due aspetti imprescindibili: innanzitutto, abbiamo sempre detto, sostenuto e proposto, anche nei nostri elaborati, la revisione delle circoscrizioni giudiziarie. In secondo luogo, la razionalizzazione è partita da una legge delega che noi non abbiamo né scritto né votato. Ritenendo, tuttavia, sempre valido il presupposto della revisione, abbiamo cercato di contribuire a un parere che, utilizzando i criteri della legge delega e il lavoro della Commissione, potesse individuare alcuni correttivi per attuare la riforma, non per non attuarla.
Alla luce di questo e di quanto è stato già detto, e poiché riteniamo che la questione dei costi, in particolar modo in questo caso, non consista soltanto nell'esborso ma nel non funzionamento - come, ormai, viene ricordato ogni giorno anche degli organi di stampa, dalla voce del Governo e dal Presidente del Consiglio, non solo dagli addetti ai lavori - mi chiedo (anche se è già stato detto) se non si sarebbe potuta utilizzare una revisione della «regola del tre» per recuperare omogeneità rispetto a quello che è stato fatto per alcuni territori e per stare sempre in certi numeri ma con maggiore omogeneità e criterio.
Inoltre, con riferimento alla questione delle aree metropolitane, rimane inspiegabile, dopo averlo affermato e ribadito nella relazione, il perché, in alcune circostanze, questo criterio sia stato contraddetto. È già stato detto della questione di Pinerolo e segnalo che gli abitanti della provincia di Torino equivalgono a tutto il resto del Piemonte, dove permangono diverse questioni. Inoltre, come hanno già detto anche altri, si trattava e si tratta di un tribunale che ha comunque una sua efficienza nei criteri di lavoro.
Sempre sui criteri e sulla questione del giudice di pace, in aggiunta a quello che è già stato detto, proprio perché si è compiuta una scelta radicale (parlo delle scelte di principio, che sono quelle che fanno accettare un provvedimento, evitando di soffermarmi sui particolarismi), l'idea contenuta nel parere, «accettando» - tranne in casi particolari - la scelta di abolire le sezioni distaccate, era quella di avere una visione d'insieme tale per cui, nella soppressione di esse e di molti tribunali, globalmente si mantenesse una rete di presenza di elementi di giurisdizionalità varie.
Alla luce di questo, sottoscrivo la domanda sull'attenzione alla tempistica; la proposta della Commissione di mantenere dei presìdi di legalità, perlomeno in un certo periodo, ci avrebbe consentito di soddisfare ciò che ci interessa, ossia il criterio dell'efficienza e della razionalità, perché è nel suo negativo che paghiamo il costo maggiore. Rispetto agli elementi sui tempi di realizzazione e di organizzazione contenuti nel parere che qualcuno dei miei colleghi ha ricordato, chiediamo di conoscere la motivazione per cui si è venuti meno a quell'indicazione.

IVANO STRIZZOLO. Innanzitutto, non essendo membro di questa Commissione, desidero ringraziare il presidente e tutti i colleghi per il prezioso, serio e rigoroso lavoro svolto nell'espressione di un parere che è stato ampiamente motivato e suffragato da reali esigenze legate all'obiettivo strategico di assicurare sul territorio del nostro Paese l'amministrazione della giustizia con equità e accessibilità per tutti. È vero che nelle previsioni si dovrebbe conseguire un risparmio di spesa, ma se facciamo il conto di quello che devono


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pagare in più i cittadini e le imprese per muoversi in maniera diversa sul territorio, forse quel risparmio sarà sulle casse dello Stato ma non nei bilanci delle famiglie.
Desidero porre al Ministro un punto relativo alla decisione di chiudere il tribunale di Tolmezzo. Già qualche altro collega vi ha fatto accennato ed è vero che, rispetto ai criteri, non tutti i riferimenti sono ricompresi nell'attuale condizione di quel tribunale. Tuttavia, si tratta di una realtà territoriale che confina con due Stati esteri, ha problemi che derivano da passaggi provenienti, in particolare, dal centro e dell'est europeo, e ha una situazione che presenta anche qualche dato di preoccupazione, con la presenza di un carcere di massima sicurezza proprio nelle vicinanze del tribunale.
Forse bisognerebbe tenere conto di questo e anche del fatto che, con legge costituzionale, la circoscrizione giudiziaria di Tolmezzo è riferimento anche per le modalità di elezione del consiglio regionale. Inoltre, di recente si sono conclusi i lavori di ristrutturazione del tribunale, che sono costati, stando alle informazioni che ho ricevuto, circa 5 milioni; lunedì della prossima settimana vi sarà la cerimonia di inaugurazione, in occasione delle quale, forse provocatoriamente, il sindaco di Tolmezzo ha invitato anche il signor Ministro al taglio del nastro.
Visto che è possibile realizzare anche qualche correttivo al provvedimento che si è concluso con la pubblicazione ieri sulla Gazzetta Ufficiale, forse varrebbe la pena prendere in considerazione la possibilità di un recupero di questo importante presidio giudiziario.

PINA PICIERNO. Ministro, vorrei sottoporle due questioni. La prima riguarda il tribunale dell'area nord di Napoli, il quale assorbirà 18 comuni casertani con possibili criticità e ricadute pratiche rispetto al coordinamento delle azioni giudiziarie dovute allo spacchettamento che si è operato con il decreto. Infatti, comuni come Casal di Principe, Aversa, Gricignano d'Aversa e Lusciano saranno sotto la giurisdizione del nuovo tribunale dell'area nord di Napoli, mentre altri comuni, che sono altrettanto interessati dal fenomeno criminale dei casalesi, come per esempio Castel Volturno e Grazzanise, rimangono sotto la giurisdizione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Succederà che al tribunale di Santa Maria Capua Vetere verranno sottratti moltissimi processi legati al clan dei casalesi pur avendo acquisito una competenza specifica in materia; pertanto, vorrei chiederle se non sia possibile valutare la possibilità di una diversa organizzazione che tenga conto di una maggiore omogeneità nello svolgimento dei processi a carico dei casalesi e se non si ritenga anche opportuno provare a ubicare il nuovo tribunale della zona nord di Napoli nel territorio dell'Agro aversano, così da assicurare ad esso maggiore attenzione.
La seconda questione riguarda, invece, gli organici. Anche in questo caso, atteso che l'assorbimento del personale delle sezioni distaccate coincide con l'assorbimento dei carichi di lavoro e delle pendenze, e tenuto conto che il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, come lei saprà, aveva già un problema di sottorganico notevole, vorrei chiederle come il provvedimento intenda riassorbire con le vacanze il personale in soprannumero. Il rischio è che si possa paralizzare tutta l'attività giudiziaria legata al contrasto alla camorra dei casalesi.

ANDREA ORLANDO. Signor Ministro, lei è chiamata a questa audizione all'indomani di un parere espresso da questa Commissione con una valutazione unanime o pressoché tale, nel quale, a differenza dell'altro ramo del Parlamento, si è difesa in modo sostanziale l'impostazione data allo schema di decreto. La Commissione la ha difesa provando a mettersi nei panni di un Governo che non avesse soltanto l'obiettivo di mettersi in mostra di fronte alle telecamere ma di portare a compimento un processo sicuramente complesso e articolato.
Il Consiglio dei ministri ha deciso di disattendere largamente il parere di questa Commissione preparando un'impostazione


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apparentemente intransigente, che, a nostro avviso, porterà a transigere moltissimo, perché abbiamo l'impressione che il suo ragionamento sia che la patata bollente toccherà ad altri Governi. L'anno di tempo necessario a verificarne i primi effetti è quello in cui credo che si evidenzieranno molte delle contraddizioni che questa Commissione aveva provato ad affrontare e alla quale aveva tentato di dare una responsabile (tengo a sottolinearlo) risposta.
Credo che a questo punto occorra riflettere su come si definiscono i criteri del monitoraggio dell'attuazione di questo provvedimento perché non vorrei che, alla fine, l'unica valutazione sia quella che, atteso che tra qualche mese molte delle previsioni contenute non si realizzeranno, si deroghi complessivamente. Sarebbe davvero uno smacco per chi ha condiviso l'impostazione data a questa riforma.
Quando dico che lei ha disatteso «largamente» e non «totalmente» il parere della Commissione le do atto del fatto che alcuni dei criteri da essa indicati sono stati seguiti; lei, tuttavia, ha scelto di privilegiare il criterio del contrasto alla criminalità organizzata, benché nelle audizioni che avevano preceduto l'espressione di tale parere fossero state date valutazioni abbastanza articolate rispetto all'esistenza di questo criterio e all'efficacia del mantenimento dei tribunali in ordine al contrasto alla criminalità organizzata. Si è deciso di assumere questo criterio, ma lo si è seguito recependo alcune indicazioni e non altre.
Con riferimento al caso calabrese, per esempio, non si capisce per quale ragione si sia scelto quel criterio di priorità tra i diversi tribunali; per quali ragioni le indicazioni che venivano da alcune realtà del nord non siano apparse meritevoli di attenzione, e per quali ragioni (penso che questo sia il punto sorprendente) siano state ritenute irrilevanti le valutazioni di corti d'appello come quella di Bari. Da questo punto di vista, credo che una risposta vada data, altrimenti l'impressione che rischia di restare sul campo è che si sia ceduto ad alcune specifiche pressioni politiche, in difformità all'impostazione tecnica rivendicata dal Governo.
Ritengo che occorra riflettere su un ultimo punto, che riguarda alcune macroscopiche artificiosità. Non sono eletto in quella zona e non credo neppure di candidarmici alle prossime elezioni (visto che questa è la valutazione spesso utilizzata per pesare le nostre prese di posizione), ma l'operazione su Sala Consilina si comprende davvero poco, se non, probabilmente, riguardo all'esigenza di compiacere alcune istanze che sono tanto localistiche quanto quelle che vengono denunciate come di resistenza alle riforme.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Sarò breve, anche perché, in parte, la mia domanda è stata anticipata dal collega Scandroglio.
Signor Ministro, avete chiuso oltre il 50 per cento degli uffici giudiziari; tra questi, sicuramente ve n'erano molti inefficienti ma ve n'erano anche tanti efficienti. In tal modo, in parte avete ridotto le spese ma certamente anche l'efficienza, nonostante il Parlamento si fosse espresso con motivazioni talvolta puramente localistiche ma, in tanti altri casi, anche ben argomentate e oggettive, come abbiamo sentito poc'anzi. Addirittura, in molti casi si è ridotta l'efficienza giudiziaria a fronte di risparmi che, a mio avviso, sono tutti da dimostrare e risibili.
Capisco anche la vostra esigenza politica, visto che ormai è cosa fatta: se foste entrati nel «guazzabuglio» di scegliere «chi sì e chi no» forse non avreste fatto niente. Preso atto che, ormai, un passaggio è stato fatto, per cui avete dimostrato di aver portato a casa qualcosa, lei ritiene che da qui alla fine della legislatura possiate rivedere in modo significativo, con un adeguato provvedimento, le scelte fatte? Non parlo di una o due ma di molte sedi, comprese quelle distaccate, che sono state eliminate d'emblée. Sarebbe possibile rivederle prima che questa legislatura termini, evitando così un grave danno al Paese e rispettando, in parte, la volontà di quel Parlamento che vi ha delegato?

PRESIDENTE. Ringrazio tutti per la capacità di sintesi dimostrata.


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Do la parola al Ministro Severino per la replica.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Vorrei svolgere una premessa di carattere generale che rappresenta l'illustrazione dei presupposti di questo provvedimento così come, peraltro, hanno fatto molti onorevoli; mi sembra giusto sintetizzarne la ratio.
Il decreto legislativo, com'è a tutti noto, attua una legge delega che il Parlamento ha approvato e che il Governo ha dovuto attuare sulla base di criteri oggettivi e predeterminati che sono indicati nella stessa legge. Possiamo essere d'accordo o meno con questi criteri, ma sono quelli con i quali ha dovuto lavorare il Governo che attuava la delega.
Potenzialmente, la delega avrebbe consentito a incidere in modo ancor più significativo sull'assetto dei tribunali subprovinciali e, ancor più, sulla distribuzione territoriale delle Procure delle Repubblica; infatti, avevamo circa 45 tribunali potenzialmente eliminabili, di cui abbiamo ritenuto, secondo un criterio di autorestrizione dell'applicazione, di eliminarne 31. Tengo a dire che ogni tribunale eliminato ci è costato fior di pensieri, preoccupazioni, pensamenti e ripensamenti, perché sappiamo tutti quanto grave e problematica sia una decisione del genere.
Il Governo ha raccolto le indicazioni del Parlamento in molti punti della stesura finale del provvedimento (credo che non tutti abbiate letto il testo integrale della relazione, che è molto lunga), non solo in relazione alle scelte sui tribunali cosiddetti «antimafia» ma anche a proposito delle distribuzioni interne e degli inserimenti di procure laddove non erano originariamente previsti. Il provvedimento non sta tutto nel tema della soppressione dei tribunali ma in una difficile ridistribuzione dell'intera geografia giudiziaria che ha comportato mesi di lavoro.
Nella lettura più approfondita della relazione troverete tanti spunti nei quali il Governo ha colto dei suggerimenti di razionalizzazione interna nella distribuzione delle ex sezioni distaccate. Il Governo ha ritenuto di operare su un perimetro più ristretto, nella convinzione - sofferta e raggiunta dopo mesi - che l'intervento realizzato potesse rappresentare un giusto punto di equilibrio tra la necessità di recuperare efficienza e risorse e l'altrettanto importante garanzia di un'adeguata copertura territoriale del servizio giustizia.
Quanto alle sezioni distaccate, abbiamo invece ritenuto di dover praticare una soluzione radicale di eliminazione dell'istituto. Dopo oltre un decennio di sperimentazione, infatti, la sezione distaccata si è dimostrata un modulo organizzativo generatore di forti inefficienze attesa la precarietà dei criteri di assegnazione del personale addetto, l'assenza di autonomia organizzativa, la difficoltà di effettuare controlli continui da parte della dirigenza dei tribunali competenti e l'impossibilità di garantire livelli adeguati di specializzazione.
Credo fortemente in questo, avendo sperimentato, come molti di voi, il funzionamento delle sezioni distaccate. Dire oggi che le sezioni distaccate possano essere un presidio di giustizia o, addirittura, un presidio di giustizia nei confronti della criminalità organizzata, significa dire qualcosa di profondamente sbagliato, a mio avviso.
Una giustizia non organizzata non può combattere la criminalità, soprattutto se organizzata; un giudice precario che viene assegnato improvvisamente a una sezione distaccata e deve, di giorno in giorno, affrontare una questione diversa - oggi in una materia, domani in un'altra - non può amministrare la giustizia con efficienza. Questo è il motivo per cui la soppressione delle sezioni distaccate è stato un punto assolutamente condiviso dal Governo e risponde a una logica che ritengo profondamente basata sulla constatazione della realtà organizzativa e della geografia di questo Paese.
Si è trattato di una decisione dolorosa soprattutto perché, in alcuni casi, tali sezioni distaccate avevano dimensioni rilevanti; il caso emblematico è quello di Napoli, dove sono presenti alcune sezioni distaccate particolarmente impegnative,


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anche perché operano in un territorio problematico. Tuttavia, proprio a Napoli abbiamo voluto e potuto sostituire alle sezioni distaccate un tribunale vero e proprio, il tribunale di Napoli nord, che rappresenta il vero modo per combattere la criminalità organizzata. Raddoppiare un tribunale sostituendo alle sezioni distaccate un vero e proprio tribunale - benché, originariamente, si fosse pensato di farlo senza Procura, si è poi aggiunta anche quest'ultima, per cui è un tribunale in senso completo - rappresenta una scelta di qualificazione dell'intervento.
Visto che sto parlando di Napoli, rispondo subito anche all'onorevole Picierno: la sede del tribunale di Napoli nord è stata simbolicamente indicata in Giugliano; non potevamo creare nuovi tribunali e quello di Giugliano era già tale, ma naturalmente la sede potrebbe essere collocata, tra le sezioni di cui abbiamo parlato, nell'ambito ritenuto più opportuno. Diventa un vero presidio, ed è questo ciò che abbiamo inteso con la creazione di veri presìdi, di dimensioni adeguate e organizzate, per combattere la criminalità organizzata.
Naturalmente, alle condizioni date, che erano quelle della delega, e tenuto conto dei vincoli della stessa - quali la cosiddetta «regola del tre», che il Governo ha trovato nella legge di delega - e della necessità di salvaguardare tutti i tribunali provinciali, a prescindere da ogni requisito dimensionale (questa è la struttura normativa nella quale ha dovuto operare il Governo) si è cercato di prendere le decisioni più razionali possibili utilizzando ciò che si aveva, cioè gli spazi nei quali si poteva operare.
Le soluzioni ideali esistono sempre, e se non vi fossero stati i due limiti probabilmente si sarebbero potute trovare delle soluzioni, da un punto di vista di portata generale, più razionali. Tuttavia, non potevamo fare altro che seguire la volontà del Parlamento ed è ciò che abbiamo fatto con questo provvedimento.
Dopo averle inquadrate in questo contesto più generale, ritengo di poter ora procedere alle singole questioni poste. Vorrei anche significare, nel contesto generale, come la difficoltà di operare sia nata anche per la diversità profonda dei pareri espressi dalle Commissioni giustizia della Camera e del Senato. A testimonianza del fatto che, per quanto serio sia l'impegno di ciascuno di noi, in una materia così difficile ciascuno può avere le proprie opinioni pienamente fondate, quel che mi sembra inammissibile è il rimprovero di aver compiaciuto istanze politiche, rimprovero che viene smentito dalla quantità e dalla eterogenea provenienza dei dissensi oggi espressi, che, sicuramente, verranno espressi anche al Senato. Credo che questo, meglio di ogni altra risposta, possa significare come le pressioni politiche non abbiano rappresentato lo stimolo di questo provvedimento.
Ritengo, altresì, opportuno sottolineare, come già ho accennato prima, che la relazione di accompagnamento al decreto legislativo espliciti anche i motivi di eventuale dissenso dal parere della Commissione. È stato un input che ho fortemente avvertito, ma sapete che il parere non è vincolante, per cui avremmo anche potuto non motivare un eventuale dissenso; tuttavia, abbiamo voluto motivare sia i punti di consenso, quindi di adesione ai rilievi della Commissione, sia i punti sui quali, invece, ci siamo trovati su posizioni diverse.
Sintetizzerò molto le mie considerazioni perché nella relazione i punti di dissenso sono già stati tutti esaminati e hanno trovato ampia risposta; starà a voi vedere se essa è adeguata, ma ovviamente ciascuno si fa un convincimento e lo porta avanti. Questo è assolutamente legittimo.
Cercherò di partire seguendo l'ordine degli interventi degli onorevoli; poiché molti sono sovrapposti tra loro, li richiamerò soltanto dove si ripetono.
Partirò dalle considerazioni dell'onorevole Costa, il quale formula innanzitutto una critica di carattere generale: dopo aver richiamato infrastrutture e tasso di impatto della criminalità organizzata come criteri di eccezione rispetto a quelli generali, di questi criteri non si sarebbe tenuto conto. Nel mettere insieme i criteri


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abbiamo sempre cercato di incrociarne il più possibile per non considerarne uno prevalente sugli altri e metterli, invece, tutti insieme; di conseguenza, non potendo scegliere tutti i tribunali - vi ho illustrato i limiti che avevamo - abbiamo scelto quelli che avevano più parametri che si potessero sommare tra loro.
Per esempio, per quanto riguarda il tema infrastrutture e viabilità, su cui si è soffermato l'onorevole Costa, gli unici tribunali soppressi che potevano avere problemi collegati alla viabilità erano quelli sotto i 100.000 abitanti. Si trattava di tribunali sotto la quota minima in cui non ne abbiamo inserito alcuno perché abbiamo ritenuto (non noi, ma sulla base degli studi fatti anche dalla Commissione e condivisi in molte sedi) che un tribunale sotto i 100.000 abitanti non sia un modello di efficienza, perché un modello top va dai 200.000 circa in su. Quando siamo a 200.000 possiamo già considerare le eccezioni, ma non sotto i 100.000.
Per quel che concerne le grandi aree metropolitane, innanzitutto dobbiamo intenderci su cosa esse siano; non le abbiamo definite né enumerate noi ma la legge di delega, ed essa ci ha detto che sono cinque: Roma, Milano, Napoli, Palermo e Torino. Solo questi cinque sono definiti «tribunali metropolitani»; quello di Genova non potevamo considerarlo tale perché è la legge che non lo fa.
Su Torino, invece, sono state svolte due considerazioni: non avremmo effettuato deflazione su quel tribunale, ma non è vero, perché i numeri dimostrano il contrario e 130.000 abitanti di riferimento in meno sono stati comunque sottratti al suddetto tribunale. La deflazione è stata quindi realizzata.
Anche per quanto riguarda Pinerolo sono state avanzate molte ipotesi. Vorrei leggere la parte ad esso relativa così come l'avevo appuntata, perché già era stato oggetto di alcune considerazioni; inoltre, qui si segnala anche ciò che abbiamo fatto in adempimento a delle indicazioni delle Commissioni.
In linea con la segnalazione operata sul punto nel parere espresso dalla Commissione giustizia della Camera, si è proceduto al mantenimento del territorio del comune di Caselle Torinese, nel circondario di Torino, nella considerazione che in tale ambito ha sede l'aeroporto internazionale del capoluogo piemontese. Ciò rende più opportuno mantenere alla Procura di Torino la competenza in materia di indagini preliminari senza distinzioni tra reati di competenza della DDA e reati ordinari, che sarebbero rientrati nella competenza della Procura di Ivrea. Questo era un suggerimento della Commissione e noi lo abbiamo accolto.
Non è stato, invece, possibile assicurare il mantenimento del tribunale di Pinerolo, invocato in entrambi i pareri resi dalle competenti Commissioni giustizia, perché sarebbe stata eccessiva la presenza di ben tre Procure nello stesso ambito provinciale (Torino, Pinerolo ed Ivrea), considerato, inoltre, che l'accorpamento delle sezioni distaccate di Susa e Moncalieri al tribunale di Pinerolo avrebbe comportato un decongestionamento eccessivo del tribunale di Torino dando luogo a una riduzione del contenzioso che, sommata a quella operata presso il Tribunale di Ivrea, risulterebbe esorbitante rispetto alle necessità e non allineabile con le dimensioni degli uffici giudiziari torinesi, che subirebbero una vasta riduzione di organico per compensare l'aumento degli affari di entrambi i tribunali subprovinciali.
Detto questo, vi è la spiegazione che vi avevo fornito. Fermo restando che l'intento di base è stato quello di impedire che i tribunali metropolitani potessero subire aumenti di carichi - e non decongestionamenti - in questo senso va intesa e declinata l'affermazione contenuta nella relazione illustrativa, ove si afferma che «obiettivo dell'esercizio della delega è quello di impedire accorpamenti di tribunali subprovinciali alle cinque grandi aree metropolitane».
Su questa frase e su una sua asserita contraddizione con l'abolizione di Pinerolo credo sia stata basata la domanda sull'identità dei testi entrati e usciti. È ovvio che gli interventi effettuati vanno necessariamente letti nella loro complessiva


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dimensione; la scelta realizzata per il tribunale di Torino è finalizzata a un preciso disegno di alleggerimento del carico di lavoro precedente, in linea con tutti gli interventi effettuati nelle grandi aree metropolitane, con l'esclusione del tribunale di Roma, dove, per motivi tecnici, non sarebbe stato possibile realizzare un decongestionamento se non creando un nuovo tribunale. Poiché questo era impedito dai criteri di delega, il tribunale di Roma è rimasto come stava.
Per questo motivo, non vi è alcuna contraddizione tra questa proposizione e l'abolizione del tribunale di Pinerolo, che pure, in origine, si era cercato di conservare senza Procura proprio perché valeva la considerazione che tre Procure in quella stessa area sarebbero state troppe. Questa idea, tuttavia, è declinata ben prima dell'entrata del provvedimento in Consiglio dei ministri, fin dalla prima stesura. Onorevole Siliquini, glielo ribadisco perché la verità è che nello schema preliminare del decreto legislativo non c'era. Abbiamo lavorato su quella ipotesi e poi l'abbiamo esclusa.
Abbiamo, poi, i problemi legati a Chiavari, Bassano del Grappa e Tolmezzo, che sono le località nelle quali esistevano nuovi edifici di tribunale. Non voglio essere polemica: sono andata a vedere quei tribunali e quelle località proprio perché mi piangeva il cuore all'idea di non poter utilizzare quei tribunali, ma mi sono chiesta perché sono stati costruiti in quel modo e con quel dispendio visto che i numeri dimostravano che i tribunali esistenti erano più che sufficienti.
Scusatemi, ma credo che questo sia un momento di verità, non di polemica, nel quale ci dobbiamo confrontare e chiedere - e credo che i numeri ce lo dimostrino - perché il denaro sia stato speso in quel modo. Analizzando i numeri del tribunale di Chiavari ci si rende conto che il mantenimento di un tribunale in quella sede avrebbe rappresentato un obiettivo non coniugabile con i contenuti del provvedimento.
Ci siamo detti che occorreva valutare con la massima attenzione anche la presenza di strutture di edilizia giudiziaria idonee alla migliore allocazione delle risorse umane e materiali. Certo, non è un criterio che abbiamo messo sotto i piedi e abbiamo cercato di seguirlo, laddove era possibile e compatibile con gli altri numeri e con le altre situazioni; tuttavia, la sola presenza di una nuova struttura non può giustificare un provvedimento che deve valere non per un anno o due ma per il futuro della vita giudiziaria del Paese.
Mi sono chiesta, ci siamo chiesti e abbiamo ragionato a lungo, vista la portata a lunga gittata di questo provvedimento, se non si possa ragionare in questi termini laddove proprio non possiamo, perché i numeri non lo consentono, pensare che quelle strutture possano andare comunque, essendo di proprietà comunale, ad altre destinazioni e tener conto del tema dei numeri.
Proprio sul piano dei numeri, per il tribunale di Chiavari abbiamo una popolazione di 147.000 abitanti, una superficie di 945 chilometri, 12 magistrati, 45 amministrativi, 6.221 sopravvenienze civili e 974 sopravvenienze penali, un totale di 7.195 sopravvenuti 2006-2010, un totale di 7.439 definiti 2006-2010 e una produttività di 619,9. Questi numeri erano tutti sotto i parametri. Mi dispiace, ma la Liguria è fatta così, è stretta e lunga. Abbiamo provato a capire se potevamo accorpare a Chiavari degli altri distretti che lo rendessero coerente con i numeri, ma non si poteva per la situazione geografica della regione. Tra l'altro, in una regione con tale forma e orografia non possiamo non tener conto del fatto che tutta la popolazione è concentrata su Genova mentre le altre città hanno dimensioni molto piccole.
Quanto a Bassano del Grappa, anche qui si fa riferimento a una struttura nuova; tuttavia, come già si era argomentato nelle schede tecniche allegate al primo schema attuativo della delega, l'orografia locale, i collegamenti e la stretta contiguità territoriale con il tribunale di appartenenza (Padova) non consentono di riequilibrare adeguatamente il tribunale di Bassano del Grappa attraverso un accorpamento;


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non era accorpabile in termini di raggiungimento di numeri sufficienti.
Inoltre, il tribunale di Padova gestisce una domanda di giustizia del tutto coerente con le proprie dimensioni, quindi non emergevano ragioni per operare un decongestionamento tra province diverse (suggerito dalle Commissioni), che appariva finalizzato al mero mantenimento della struttura di Bassano del Grappa. Si sarebbe squilibrato un altro tribunale soltanto per mantenere aperto quello.
Basti rilevare che, attualmente, il tribunale di Padova gestisce poco meno di 36.000 procedimenti sopravvenuti per ciascun anno e vanta una produttività di oltre 250 processi per magistrato; nettamente sopra la media. A ciò si aggiunga che la domanda di giustizia gestita dal tribunale di Bassano è ancora più bassa di quella di Chiavari, rispetto al quale abbiamo già detto che l'esistenza di una semplice struttura edilizia di recente costruzione non è valsa al mantenimento di quella struttura.
Sempre per quanto riguarda esborsi di denaro, devo specificamente sottolineare che, in tempi recenti, l'erario ha sostenuto un ben più ampio esborso di risorse per l'adeguamento delle strutture edilizie degli uffici giudiziari di Vicenza; ciò rende sicuramente più agevole l'accorpamento delle due strutture giudiziarie. Abbiamo già speso sul tribunale di Vicenza (che è sede accorpante) in termini di ampliamento, dunque dobbiamo tener conto anche di questo quando facciamo i conti delle spese. Dei numeri ho già detto, ma sono comunque nelle tabelle e, pertanto, sotto gli occhi di tutti.
Per quanto riguarda il tribunale di Tolmezzo, unico tribunale soppresso nel distretto di Trieste, esso può vantare un solo parametro al di sopra degli standard: quello relativo alla dimensione territoriale. Invece, manifesta un deficit assoluto rispetto agli altri parametri di riferimento, sia per la scarsa popolazione amministrata - pari a 79.326 abitanti - sia per i dati relativi alla domanda di giustizia. Con particolare riguardo al dato sulla popolazione, va rilevato che il tribunale di Tolmezzo rimane nettamente al di sotto persino della soglia selezionata per il mantenimento degli uffici del giudice di pace subcircondariali (100.000 abitanti), che pure rappresentano la giustizia di prossimità e l'ufficio giudiziario di base sul quale è costruita la nuova geografia giudiziaria in adempimento della delega. La quota di 100.000 rappresenta il minimo per il giudice di pace, non certo per un tribunale.
Alla domanda dell'onorevole Costa, che è ritornata in molti interventi sulle intenzioni del Governo di modificare il decreto legislativo per correggere quello che ha fatto, già dalla lettura delle motivazioni che ha addotto vi sarete resi conto di quanto vi abbia creduto. Ciò non vuol dire che siano le migliori motivazioni possibili né che nell'attuazione del provvedimento e nell'andare avanti non si possano vedere delle aree nelle quali, invece, il sistema non funziona. Proprio per questo, il quinto comma dell'articolo 1 prevede che entro due anni potranno essere apportati, se necessari, eventuali aggiustamenti, correzioni e integrazioni.
Certo, non vorrei sentirmi dire, richiamando il quinto comma dell'articolo 1, che questo Governo sia stato pavido e che (anche questo è stato detto tra le righe) nel rinviare a due anni l'ipotesi di modifica si voglia lasciare la patata bollente ad altri.
Credo che questo Governo si sia sempre assunto tutti i pesi e gli oneri che si doveva assumere, anche quelli sgradevoli, sui quali sapeva che non vi sarebbe stato né consenso, né plauso, né adesione da parte di tutti. Questo è comprensibile, perché il transito da un sistema a un altro è doloroso, pesante e problematico per il cittadino, ma bisognava che qualcuno si assumesse l'onere di adempiere a una precisa delega del Parlamento. Non vi è alcuna volontà di prevaricazione da parte di questo Governo, che si è semplicemente assunto l'onere di rendere esecutiva una delega, con i limiti che essa aveva.
Naturalmente, nulla è immodificabile. Il tema non rientra nella decisione esclusiva del Ministro della giustizia perché è un tema di carattere governativo; è la legge che lo dice e, come sempre, il Governo


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sarà pronto a eseguire la legge laddove ve ne fossero necessità o motivazioni di carattere oggettivo.
Vorrei ora procedere trattando un altro punto molto richiamato, quello relativo al tribunale di Lucera. Al riguardo, le motivazioni sono state diverse e spero di ricordarle tutte: è l'unico tribunale antimafia che è stato abolito, ha 600.000 abitanti, è il solo presidio antimafia del Gargano. Mi dispiace se non cito tutti gli onorevoli che sono intervenuti su questa materia, ma li abbiamo tutti presenti; ne hanno parlato anche l'onorevole Capano e l'onorevole Sisto, che ci ha fornito delle graduatorie di Lucera rispetto ad altri.
Il tribunale di Lucera, collocato nel distretto di Bari, è l'unico tribunale soppresso e accorpato al tribunale provinciale di Foggia. Preliminarmente, vorrei ricordare un dato che nessuno ha ricordato e che mi sembra davvero importante, vale a dire la distanza, davvero minima - meno di 20 chilometri - tra il tribunale di Foggia e quello di Lucera, e la sostanziale equivalenza della distanza tra entrambi gli uffici e la sezione distaccata di San Severo. Mi sembra un dato importante, perché due tribunali che distano tra loro 19,5 chilometri sono praticamente un solo tribunale (o quasi).
Perché Lucera dovrebbe combattere meglio la criminalità organizzata del Gargano di un tribunale che è a meno di 20 chilometri di distanza? Questa è una domanda alla quale non trovo ancora risposta. Credetemi, mi sono pervenute considerazioni sul tribunale Lucera da tutta Italia, ma a questa domanda nessuno ancora è riuscito a rispondere; è ovvio, tuttavia, che il tribunale di Foggia, potenziato nella sua ossatura, potrà funzionare benissimo come presidio nei confronti della criminalità del Gargano.
Quanto al tasso d'impatto della criminalità organizzata, sempre fermo il limite dirimente della particolare vicinanza tra i due tribunali, la relazione che fu formulata all'epoca dal procuratore della competente DDA di Bari - cui ci siamo rivolti in quanto soggetto istituzionalmente competente - appare del tutto distonica rispetto a quanto sostenuto in atti successivi da altri soggetti, in particolare dal procuratore di Lucera.
A conferma di ciò, nella documentazione acquisita non risultano processi pendenti di particolare rilievo in materia, ed è anzi segnalata una difficoltà di coordinamento investigativo in ipotesi di mantenimento di questo tribunale in aggiunta a quello provinciale di Foggia, sede di corte d'assise; la relazione della DDA è allegata ed è sotto gli occhi di tutti. Per la verità, l'intera sopravvenienza degli affari penali trattati a Lucera, indipendentemente dalla pur necessaria valutazione qualitativa di tali processi, ammonta in media a 645 processi contro imputati noti, che collocano detto tribunale al centoquarantunesimo posto sulla scala nazionale contro una media di riferimento tre volte superiore, ovvero di 2.085.
Anche il confronto con i tribunali «rimessi in piedi» dopo i pareri espressi dal Parlamento con una valutazione che riguarda l'impatto della criminalità organizzata, mostra numeri che non ammettono equivoci. Per fare qualche esempio, basti dire che nel tribunale di Paola si registra una media di 1.195 processi penali; a Castrovillari, in esito all'accorpamento di Rossano, la media annuale sale a 1.979 processi, a Caltagirone giunge a 905 e a Sciacca, che è il più piccolo, si registrano 770 processi penali per anno, valore anch'esso superiore ai 645 di Lucera.
Come appare evidente, l'unico parametro degno di rilievo è quello della ragguardevole estensione territoriale del circondario di Lucera rispetto agli altri tribunali subprovinciali. Questo dato, tuttavia, come più volte rilevato, non può valere di per sé a giustificare il mantenimento di una struttura giudiziaria così lontana dagli altri parametri standard e così vicina al tribunale provinciale accorpante; nessun tribunale distante meno di 20 chilometri dal tribunale accorpante è stato mantenuto in vita.
Il tribunale di Lucera è collocato al centododicesimo su 165 circondari per popolazione, ben al di sotto della media di riferimento dell'ufficio ideale, pari a


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382.191 abitanti, e le sopravvenienze complessive medie annuali sono pari a 13.772 affari contro una media standard di 18.094. Queste sono le considerazioni che hanno indotto il Governo a non prendere in considerazione, purtroppo, il tribunale di Lucera fra quelli che potevano rimanere in vita.
Quanto all'incostituzionalità, onorevole Siliquini, vi sarà qualcuno che la valuterà. Noi crediamo di aver adempiuto alla delega.
L'onorevole Rao chiede il timing di attuazione, che è il seguente: per il 31 dicembre 2012 sono previste le piante organiche di magistrati e personale; per il marzo 2013 è prevista la realizzazione della logistica per i giudici di pace e le sezioni distaccate e per il giugno 2013 l'organizzazione della logistica dei tribunali. Questo è il cronoprogramma; naturalmente, lo vigileremo insieme e vedremo, tappa per tappa, a che punto siamo e come andare avanti rispetto a questa idea.
Di Chiavari e di Bassano del Grappa abbiamo già detto. Ho appuntato una frase dell'onorevole Molteni e vorrei precisare che noi non abbiamo mai parlato di tribunali simbolici come presidio della legalità; abbiamo sempre detto che i tribunali, per combattere efficacemente la criminalità, devono essere efficienti e avere un certo tipo di dimensioni e di operatività.
L'onorevole Napoli esprimeva amarezza per l'abolizione del tribunale di Rossano. Doverosamente vi rassegno i dati del distretto di Catanzaro per sottoporre alla vostra valutazione i motivi per i quali la sua geografia giudiziaria ha avuto questo tipo di collocazione. L'opzione prescelta in sede di approvazione del primo schema di attuazione della delega prevedeva di accorpare tutti e quattro i tribunali del distretto di Catanzaro ai rispettivi tribunali provinciali, rendendo Cosenza un tribunale di medie dimensioni e Catanzaro un tribunale in media con gli standard.
Tuttavia, in entrambi i pareri delle competenti Commissioni, anche all'esito del ciclo di audizioni dedicate a tale argomento, si è invocato il mantenimento di questi tribunali come presìdi indispensabili nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata che, proprio in Calabria - specificamente nel distretto di Catanzaro - manifesta fenomeni particolarmente preoccupanti per la sicurezza dei cittadini e la tutela dell'ordine pubblico. Devo dire che di questo dato si hanno conferme non di tipo sociologico ma numerico e specifico. Il numero delle pendenze che ci sono state rappresentate e delle sopravvenienze è estremamente significativo dell'impatto di questa criminalità, perché, come ho già detto, non abbiamo tenuto conto di criteri sociologici ma strettamente numerici e qualitativi.
Come sapete, in un secondo momento è stata svolta un'ulteriore riflessione in ordine al criterio dimensionale minimo, originariamente prescelto come criterio sotto il quale non si poteva tener conto nemmeno dell'impatto della criminalità organizzata e per il quale, nella prima fase, sarebbe rientrato soltanto il tribunale di Marsala, visto che la soglia era 200.000.
Abbiamo rilevato che altre realtà, come quelle prese in esame in questa sede, pur essendo dotate di bacini d'utenza di minor rilievo, sono caratterizzate da analoghe esigenze di mantenimento degli uffici giudiziari, tenendo conto della quantità e, soprattutto, della qualità del contenzioso che in tali sedi si affronta. Sul punto vi ho già dato i numeri di comparazione rispetto a Lucera, quindi avete dei parametri sulla base dei quali valutare il modo in cui sono state assunte queste decisioni.
È stato possibile, in questo caso, accogliere l'invito operato da entrambe le Commissioni in maniera pressoché integrale recuperando 3 dei 4 tribunali originariamente soppressi - Castrovillari, Paola e Lamezia Terme - con l'unica avvertenza che, laddove è possibile, l'eventuale accorpamento di tali presìdi andava coltivato ove fosse stato in grado di assicurare tutela contro la criminalità organizzata e, al contempo, un recupero netto di efficienza operativa. Il criterio della criminalità è stato pienamente osservato, cercando, però, di vedere anche se era possibile accorpare e combattere in maniera ugualmente efficace: piuttosto che


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portare tutto a Catanzaro e a Cosenza, abbiamo cercato di capire se erano possibili accorpamenti interni.
La comune appartenenza all'area a nord della provincia di Cosenza, la continuità territoriale, le comuni e specifiche fenomenologie criminali segnalate nella relazione della competente DDA e la sostanziale vicinanza geografica hanno reso quanto mai utile ed opportuno l'accorpamento tra loro dei tribunali di Castrovillari e Rossano. In tal modo, non soltanto si è mantenuto nella zona un presidio importante nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata ma, unificandolo, lo si è trasformato in una struttura ben più efficiente rispetto alle due preesistenti.
Che si tratti di una risposta adeguata - oltre che in linea con il criterio prioritario di delega di cui alla lettera e) della legge di delegazione - è confermato dall'analisi delle principali caratteristiche di entrambi i tribunali, che, come emerge sempre dalla relazione della competente DDA e dalle ulteriori indicazioni acquisite all'esito dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, sono caratterizzati da imponenti fenomeni di infiltrazione della criminalità organizzata.
Invero, l'istituzione di un presidio giudiziario unificato risulta caratterizzata da una popolazione di circa 250.000 abitanti e da un indice di sopravvenienza di poco inferiore ai 15.000 affari. Pertanto, ciò non è lontano dallo standard di riferimento e legittima ulteriormente il mantenimento della struttura così accorpata.
Quanto alla scelta della sede accorpante, va osservato che, per bacino di utenza, numero di magistrati addetti e personale amministrativo, si registra una modesta prevalenza del tribunale di Castrovillari mentre, per estensione territoriale, quest'ultimo vanta una chiara superiorità rispetto a quello di Rossano, con una superficie pari a oltre 2.000 chilometri quadrati a fronte di un territorio che, nel caso di Rossano, non supera i 1.250.
Quanto ai carichi di lavoro e alle sopravvenienze, come emerge dai dati della tabella riportata, si tratta di tribunali sostanzialmente equivalenti, con una leggera prevalenza - solo su questi ultimi specifici indici - del tribunale di Rossano.
Per converso, sotto il profilo logistico, il tribunale di Castrovillari risulta nettamente preferibile, considerato che, a differenza di quello di Rossano, esso può vantare un nuovo palazzo di giustizia. È importante sottolineare che qui non si è tenuto conto solo del nuovo palazzo di giustizia ma anche del fatto che, trattandosi di zona ad alta densità di criminalità organizzata, di un problema di accorpamento e di chi si doveva accorpare a chi - una comparazione comunque necessaria, dunque - anche quello è stato un criterio che ha determinato la propensione per l'uno piuttosto che per l'altro.
Il tribunale di Castrovillari risulta nettamente preferibile considerato che, a differenza di quello di Rossano, può vantare un nuovo palazzo di giustizia - i cui lavori sono ormai in fase di imminente ultimazione - e ha una situazione complessiva di edilizia giudiziaria in grado di assorbire, senza ulteriori spese, la nuova e più ampia struttura accorpata. Peraltro, come puntualmente osservato nel parere reso dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati, esso è anche dotato di una nuova aula bunker direttamente collegata all'attigua struttura carceraria, l'unica con sezione femminile di tutto il distretto di Catanzaro.
Ancora una volta, non è stato considerato il singolo elemento enucleato (vi prego di considerare questo aspetto in maniera significativa) - tribunale nuovo, distanza o numero - ma tutti gli elementi sono stati incrociati tra di loro per dare luogo al risultato che a noi è apparso il più obiettivo possibile.
L'onorevole Napoli - che prego di correggermi se ho capito male - mi ha chiesto perché sia stato mantenuto il numero tre. Questo non è dipeso da una volontà del Governo ma riguarda una norma primaria che abbiamo trovato; non potevamo fare diversamente.

ANGELA NAPOLI. Ho confermato l'esistenza della regola nel decreto e ho chiesto se, da parte del Governo, vi sia in futuro


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la disponibilità di tener conto di quanto approvato con un ordine del giorno per sopperire alla deroga.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Naturalmente. Il Governo tiene gli ordini del giorno nella massima considerazione. Adesso occorre esaminare gli altri problemi, con calendarizzazioni che, come abbiamo visto, sono un problema. Mi riferisco al tema delle misure alternative; voi sapete quanto il Governo tenesse a questo progetto, non per affezione personale ma perché fa parte di un più ampio programma di ristrutturazione delle carceri e di deflazione dell'emergenza carceraria. Si tratta di un provvedimento importante, per questo ne aveva chiesto la calendarizzazione e dei tempi che potessero ragionevolmente portare alla sua approvazione entro la legislatura. Mi pare che sia un'esigenza oggettiva; non è del Governo ma è rappresentata da un'emergenza, quella carceraria, alla quale noi tutti siamo chiamati a far fronte con ogni provvedimento. Mi richiamo, pertanto, allo spirito di collaborazione che ho sempre trovato in Parlamento sui provvedimenti fondamentali, come questi riguardanti il carcere, per chiedere, se possibile, che i termini indicati vengano mantenuti.
Alla domanda dell'onorevole Palomba su Lucera ho già risposto; sulle sezioni distaccate vi è stata anche una risposta di carattere generale sulla loro inadeguatezza a sostituire un tribunale, proprio perché sono entità che non funzionano.
L'onorevole Sisto è intervenuto ancora su Lucera, mentre l'onorevole Ria ha parlato di diniego di giustizia in relazione alla soppressione delle sezioni distaccate; la mia risposta, tuttavia, è già quella di carattere generale.
Per quanto riguarda i trasferimenti del personale, abbiamo curato comunque le distanze, quindi non abbiamo ipotizzato che a ciò si dovesse accompagnare una sorta di esodo biblico; a volte le distanze sono di pochi chilometri, per cui si può rimanere radicati nel proprio luogo di residenza originario e lavorare a pochi chilometri di distanza.
Anche l'onorevole Dima ha chiesto chiarimenti su Rossano; su Chiavari e Genova, che non è tribunale metropolitano, ho già risposto.
Per rispondere alle questioni su Sala Consilina e Lagonegro, vorrei partire dal distretto di Salerno perché, purtroppo, dobbiamo sempre mettere insieme varie realtà e situazioni. Siamo partiti dal tema del distretto di Salerno e del suo decongestionamento e non abbiamo condiviso i pareri espressi dalle Commissioni parlamentari in cui si suggeriva il mantenimento del territorio del tribunale di Sala Consilina nell'ambito della corte d'appello di Salerno e la diversa configurazione del tribunale di Lagonegro con accorpamento di alcuni comuni limitrofi.
È chiaro che passare da una provincia a un'altra - sia pure limitrofa - rappresenta un intervento di carattere eccezionale, ma si tratta pur sempre di un intervento di riequilibrio delle due corti d'appello limitrofe, che, benché in questi termini eccezionali, appare l'unico in grado di assicurare, alle condizioni date dalla legge di delegazione, il massimo del recupero dell'efficienza nei rispettivi territori.
All'eventuale accorpamento del tribunale di Sala Consilina con quello di Vallo della Lucania - la cui inopportunità è stata, peraltro, rilevata nel parere reso dalla Commissione giustizia del Senato della Repubblica in contraddizione con quello della Camera - ostano ragioni orografiche e rilevanti difficoltà di collegamento complicate dalla ragguardevole distanza (oltre 85 chilometri). Il merito dell'intervento è apprezzabile nel raffronto di tabelle (naturalmente, si rinvia a quelle allegate allo schema).
Se consideriamo il distretto di Potenza e guardiamo il fenomeno dall'altra parte, le particolari condizioni orografiche, la buona dotazione infrastrutturale e la facilità di collegamento rende assai utile fare eccezione - come già abbiamo esaminato per Salerno - alla regola di massima che


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impone il rispetto dei relativi perimetri delle corti d'appello per ottenere una più ragionevole razionalizzazione delle risorse. Con la mera soppressione del tribunale di Sala Consilina, tale razionalizzazione si rivelerebbe del tutto insufficiente.
Appare, infatti, molto più razionale e utile sopprimere il tribunale di Melfi e mantenere quello di Lagonegro, accorpandolo a quello assai vicino e ben collegato di Sala Consilina, ampliando, di conseguenza, il territorio della corte d'appello di Potenza così da realizzare una migliore distribuzione dei carichi di lavoro e un riequilibrio, che, sebbene ancora nettamente insufficiente, mostra di farsi preferire a possibili altri interventi a distretti invariati.
L'intervento proposto è, altresì, coerente con la preferenza che deve essere accordata al tribunale di Lagonegro rispetto a quello di Melfi in applicazione della «regola del tre», che impone il mantenimento di almeno uno dei due tribunali in questa corte d'appello. Ci trovavamo di fronte a questa situazione e potevamo solo decidere di sopprimere Melfi o Lagonegro lasciando in vita un tribunale con meno di 90.000 abitanti in entrambi i casi.
Non può non rilevarsi che si tratta di strutture giudiziarie entrambe piccolissime e sotto la soglia minima dei 100.000 abitanti, sebbene Lagonegro vanti un numero di abitanti e un'estensione territoriale maggiore di Melfi, mentre le sopravvenienze e i carichi di lavoro sono sostanzialmente equivalenti, con una leggera prevalenza di quest'ultimo tribunale.
Si consideri, infine, che la distanza dei due presìdi dalla sede accorpante (Potenza) milita ancora una volta in favore del mantenimento del tribunale di Lagonegro - che dista dal capoluogo quasi 100 chilometri - mentre Melfi dista da essa poco più di 50 chilometri. Insomma, era la scelta più razionale; se si supera il tema, non voglio dire «ideologico» ma «ideale», del passaggio da un distretto all'altro, quella era certamente la soluzione che consentiva di sacrificare meno l'efficienza di questi tribunali.
La norma non impediva di farlo; anche a Portogruaro abbiamo fatto la stessa cosa. Si possono fornire interpretazioni diverse e, poiché siamo in materia di diritto, le apprezzo e non intervengo. Anche se ognuno rimane della propria idea, volevo comunque illustrare la motivazione in termini di efficienza e di difficoltà di scelta quando si hanno possibilità limitate; ancora una volta, infatti, le regole preesistenti ci inducevano a fare alcune scelte che non erano quelle ideali, ma non potevamo che fare quelle per i paletti che ci imponevano la legge delega e le altre.
L'ultimo tema credo sia quello delle Marche. Il distretto di Ancona si caratterizza per la presenza di un solo tribunale di dimensioni conformi agli standard, mentre gli altri 6 - Ascoli Piceno, Camerino, Fermo, Macerata, Pesaro e Urbino - sia capoluoghi di provincia sia subprovinciali, sono nettamente al di sotto dei suddetti parametri di riferimento. Anche in questo caso ci siamo trovati in una situazione riguardo alla quale bisognava chiedersi perché, all'origine, fosse così; certo, l'orografia in qualche modo l'aveva condizionata, ma non del tutto. In tale contesto si è ritenuto sopprimibile il tribunale di Urbino, che è di modeste dimensioni, tenuto conto che la legge di delegazione garantisce ex lettera a) la permanenza di un solo tribunale ordinario in ambito provinciale e che non appare sostenibile la tesi secondo cui, essendo la provincia insistente denominata di «Pesaro e Urbino», entrambi i tribunali dovessero considerarsi intangibili.
Neppure poteva accogliersi la proposta di mantenimento del tribunale di Camerino mediante accorpamento del territorio della sezione distaccata di Fabriano - attualmente facente parte del circondario di Ancona - che, peraltro, non gli consentirebbe di raggiungere dimensioni nemmeno lontanamente paragonabili agli standard oggettivi di riferimento. In tal senso non si è potuto tener conto delle considerazioni della Commissione giustizia del Senato della Repubblica.
Si è, invece, tenuto conto di diverse indicazioni avanzate dalla Commissione


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riguardo diversi accorpamenti; per citare alcuni esempi, Aversa è stata spostata da Santa Maria Capua Vetere a Napoli nord, come richiesto dalla Commissione giustizia della Camera e dalla previsione della Procura, con, in più, la previsione a Napoli nord dell'inserimento della Procura, che prima non era prevista.
La zona Caselle è stata mantenuta nel distretto di Torino, come pure suggerito dalla Commissione giustizia della Camera; Legnago è stata mantenuta su Verona e alcuni comuni delle sezioni di Este sono stati scorporati e mantenuti a Padova; Palmanova è stata mantenuta su Udine e non spostata a Gorizia, come invece era nello schema iniziale. Ho citato solo alcuni esempi e mi perdonerete se non li illustro tutti, ma li troverete nel decreto legislativo; essi rappresentano la realizzazione dell'interazione che c'era stata tra questa Commissione e il Governo, e che io, nonostante tutto, reputo abbia dato dei frutti significativi e consistenti.
Vi ringrazio ancora per lo spirito di collaborazione e per il tanto lavoro che avete svolto insieme a noi per arrivare a questo risultato.

PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro per le sue risposte. Faccio presente che il Ministro ha risposto sulla base di appunti che servivano da base al suo intervento, pertanto non vi è alcun documento in distribuzione.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 17,45.

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