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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione III
13.
Martedì 3 maggio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Pianetta Enrico, Presidente ... 3

Audizione del Direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri, Elisabetta Belloni (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Pianetta Enrico, Presidente ... 3 11 13 14
Barbi Mario (PD) ... 11
Belloni Elisabetta, Direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri ... 4 13
Boniver Margherita (PdL) ... 11
Mecacci Matteo (PD) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI

Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 3 maggio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ENRICO PIANETTA

La seduta comincia alle 14,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri, Elisabetta Belloni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri, Elisabetta Belloni.
Diamo dunque il benvenuto a Elisabetta Belloni, che è un'habitué del nostro Comitato e che ringraziamo per la disponibilità ad essere qui con noi. È stata infatti nostra ospite in sede di indagine conoscitiva sugli Obiettivi di sviluppo del millennio il 29 luglio 2009, e anche nell'ambito dell'esame istruttorio della relazione previsionale e programmatica sulle attività di cooperazione allo sviluppo per il 2010 con due audizioni nel marzo del 2010.
Questa audizione si svolge in questo momento perché lo scorso marzo il nostro Comitato ha avviato l'esame istruttorio della relazione previsionale e programmatica per l'anno 2011, e in quella sede si è evidenziato da parte di tutti come la relazione scontasse due limitazioni, connesse al fatto che essa era stata presentata prima dell'ulteriore riduzione a carico dei capitoli della cooperazione a dono imposta dalla legge di stabilità del 2011 e anche anteriormente all'approvazione delle nuove linee guida per il 2011-2013.
Di unanime accordo si è pertanto ritenuta necessaria un'ulteriore audizione del direttore generale della cooperazione allo sviluppo, per approfondire gli indirizzi strategici che ispireranno il nostro aiuto pubblico allo sviluppo per il prossimo triennio. Si tratta di un aspetto rilevante in preparazione anche della posizione italiana al prossimo quarto Forum sull'efficacia degli aiuti, che come tutti sappiamo si terrà a fine novembre in Corea, a Busan.
Come lei sai, direttore, il tema dell'efficacia è stato posto al centro del documento conclusivo della nostra indagine conoscitiva. La Commissione infatti ha auspicato un approccio che tenga conto del fatto che i processi di sviluppo vengono avviati non solo attraverso l'aiuto pubblico, ma anche mediante altri strumenti, quali gli investimenti, le politiche commerciali, la promozione del microcredito, le attività solidali anche in coordinamento con tutta una serie di soggetti. Faccio riferimento per esempio alla cooperazione decentrata e a tutti i soggetti privati e di volontariato che collaborano alla cooperazione allo sviluppo.
Occorre quindi coordinare gli aiuti ai vari livelli e, nel caso italiano, assicurare la collaborazione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero degli affari esteri, che detiene la visione strategica che assicura anche l'efficacia e la


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qualità dell'aiuto. Questo è un aspetto che questo Comitato ha particolarmente sottolineato in merito alla funzione fondamentale del Ministero degli Affari esteri.
Concludo evidenziando che le sfide che ci aspettano in relazione ai processi di trasformazione in atto nella sponda sud del Mediterraneo richiederanno un approccio ulteriore, innovativo, e una risposta coordinata a livello generale e anche a livello europeo, per innescare quel processo di sviluppo essenziale per assicurare stabilità e democrazia a quella regione e al tempo stesso fare in modo che questo sviluppo possa incrementare la possibilità da parte di queste popolazioni di avere un'evoluzione e un incremento endogeno della propria vita e della propria capacità di dare sviluppo a se stessi.
Do quindi la parola al ministro Elisabetta Belloni.

ELISABETTA BELLONI, Direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri. Grazie, presidente. Come lei sa, vengo sempre molto volentieri in questa Commissione anche perché ho sempre ritenuto questa occasione di scambio di idee e di incontro un'opportunità anche per il mio lavoro quotidiano.
Questa volta vengo anche con un senso di gratitudine per la Commissione, perché credo che sia proprio grazie al lavoro che in modo assolutamente trasversale è stato condotto nel corso dell'ultimo anno che il Parlamento ha potuto adottare quasi interamente quella serie di provvedimenti che nella mia prima audizione avevo indicato come cruciali per il funzionamento della Direzione generale.
È quindi doveroso cominciare questa mia nuova audizione ringraziando per il lavoro che la Commissione affari esteri ha fatto e che ha consentito di portare a casa un risultato, che almeno per me e per il lavoro quotidiano dei miei collaboratori è certamente molto significativo.
Vorrei riprendere dalla sua introduzione alcuni elementi per prendere atto di una esigenza che noi cercheremo di soddisfare nei limiti del possibile, quella cioè di far sì che l'approvazione delle linee guida, almeno per il prossimo triennio, possa essere fatta in contemporanea con la relazione previsionale, per consentire anche alla Commissione di avere i due documenti e di poterli almeno consultare parallelamente.
Naturalmente, come sapete il Gabinetto del Ministero degli esteri chiede la relazione previsionale per settembre, momento in cui viene discussa la finanziaria, quindi nel momento stesso in cui anche lo stesso stanziamento a disposizione della cooperazione è ancora in fase di definizione, mentre invece le linee guida vengono normalmente adottate nel direzionale di fine anno, quindi di dicembre.
Tuttavia credo e certamente posso sin d'ora dare la disponibilità della mia Direzione generale, sapendo anche quanto il Ministro Frattini tenga alla massima trasparenza nei confronti del Parlamento, a fare un'audizione informale per anticipare i contenuti di questi due esercizi.
Con riferimento all'esame della relazione revisionale svolto dal Comitato, ho recepito l'esigenza di accompagnare con elementi statistici e con una quantificazione maggiore le stesse linee direttrici. Posso già anticipare che abbiamo messo in atto questo nuovo metodo di formulare le linee guida, quindi certamente per l'anno prossimo - in questo senso mi sento di prendere un impegno nei confronti della Commissione - saremo in grado di essere più precisi, anche se mi corre l'obbligo di comunicare che (ne parleremo poi al termine di questa chiacchierata) a causa dei provvedimenti che avete adottato e che ci permettono di lavorare in maniera più razionale il numero degli esperti a disposizione è ulteriormente diminuito.
Non abbiamo quindi a disposizione un esperto in statistica, cosa che in un mondo moderno, nelle nuove concezioni dello sviluppo è naturalmente una carenza che va denunciata con molta franchezza.
Vi è poi un ulteriore elemento che ho recepito dal commento che avete fatto alle relazioni, che è quello di continuare a lavorare per un maggiore coordinamento fra i diversi attori di cooperazione, in


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particolare il MEF, che come sapete ha più del 70 per cento dei fondi di cooperazione.
Da questo punto di vista, invece, mi sento di dire che gli sforzi che abbiamo fatto sono piuttosto significativi. Tanto per fare un esempio e per non ripetere quanto ho già illustrato nelle precedenti occasioni, a giugno viene inaugurato un seminario di riflessione sulle strategie della cooperazione allo sviluppo, che viene ospitato da Confindustria. L'invito viene formulato dal Ministero degli esteri, dal MEF e da Confindustria, proprio a significare il lavoro svolto a monte per cercare di raccogliere attorno a un tavolo tutti gli attori interessati alle attività di cooperazione. Naturalmente l'invito viene rivolto alle diverse categorie di soggetti siano essi privati o pubblici.
Venendo alle linee guida, il tema dell'audizione di oggi, senza voler scorrere nuovamente un testo che avete tutti a disposizione mi preme sottolineare alcuni elementi che sono alla base dell'esercizio di redazione che abbiamo condotto in sede di Direzione generale.
Innanzitutto abbiamo cercato di proseguire l'esercizio di razionalizzazione della strategia e quindi la definizione di linee guida sempre più rivolte all'efficacia dell'aiuto e alla definizione delle priorità nel contesto della politica estera italiana, avendo ben presente che nella visione moderna delle politiche di sviluppo non si può prescindere da un approccio olistico e quindi da un concetto onnicomprensivo dello sviluppo, che ci consenta gradualmente di passare dall'aid effectiveness al development effectiveness e quindi di puntare sempre di più ai processi di sviluppo in quanto tali e non soltanto alle politiche di aiuto.
Nel condurre questo esercizio ci siamo ispirati, oltre che ai risultati della peer review dell'OCSE-DAC, che abbiamo già esaminato nel corso delle precedenti audizioni, all'Accra Agenda for Action adottata nel 2008 e al Consenso europeo per lo sviluppo del 2005, al dibattito in corso a livello internazionale in preparazione della riunione di Busan, come lei stesso, presidente, ha ricordato.
Come sempre le linee guida tengono distinti due livelli nell'approccio alla strategia dello sviluppo anche in maniera piuttosto interessata da un punto di vista della Direzione generale, nel senso che mischiare il livello della quantità degli aiuti con il livello della qualità è per noi non particolarmente adeguato. Riteniamo infatti che si debba continuare a mantenere distinta la visione relativa alla quantità dalla visione relativa alla qualità. Questo anche perché non si può sottacere la drastica riduzione dei fondi a disposizione e gli sforzi che ci vengono continuamente riconosciuti sui progressi fatti in termini di qualità di aiuto.
Per quanto concerne la qualità dell'aiuto, proprio in vista del Forum di Busan, la Direzione generale ha adottato - e questo è riflesso nelle linee guida che abbiamo distribuito - il secondo Piano programmatico per l'efficacia degli aiuti, che è stato pubblicato nel nostro sito, e abbiamo operato a fronte di un'esigenza di ridurre ulteriormente i Paesi considerati prioritari per la cooperazione italiana.
Le motivazioni di questa riduzione dei Paesi prioritari sono dovute alle scarse risorse a disposizione e quindi all'esigenza di concentrare sempre di più l'aiuto per consentirne l'efficacia, però rispondono anche a un'esigenza avvertita a livello internazionale e moltissimo a livello europeo che fa sì che tutti i Paesi donatori abbiano intrapreso un esercizio di forte identificazione delle priorità, riducendo il numero dei Paesi sui quali si opera e concentrando sempre di più l'aiuto da un punto di vista sia di Paesi destinatari sia di settori di intervento.
Questo processo di razionalizzazione ha comportato anche una rivisitazione della nostra presenza all'estero come uffici di cooperazione in unità tecniche locali. Ritengo che questo esercizio, per quanto inevitabile proprio per le scarse risorse a disposizione, tuttavia non corrisponda appieno alle esigenze della cooperazione.
È infatti evidente che la capacità di operare sul terreno e di essere presenti quotidianamente nel dialogo con la controparte è un elemento che andrebbe incoraggiato,


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mentre ci siamo trovati costretti a ridurre ulteriormente il numero dei Paesi in cui siamo presenti con uffici di cooperazione allo sviluppo.
Il nostro rapporto con gli altri attori di cooperazione è fortemente evidenziato nelle linee guida. Oltre all'esercizio di coordinamento con il MEF che sta dando ottimi risultati almeno da un punto di vista di definizione delle priorità (il rapporto per quanto concerne gli aspetti tecnici del bilancio è sempre piuttosto critico, come si sa) e di collaborazione per l'attuazione delle politiche di cooperazione, senz'altro va registrata una comune volontà di lavorare insieme.
Questo fa sì che nelle linee guida che abbiamo preparato il MEF abbia potuto dare un significativo contributo. Parallelamente abbiamo avuto una serie di tavoli complementari, che si integrano l'uno con l'altro, anche con una serie di altri soggetti attivi di cooperazione allo sviluppo quali certamente la società civile, intendendo per società civile le organizzazioni non governative ma anche gli atenei italiani.
Io credo moltissimo nella cooperazione universitaria allo sviluppo e abbiamo registrato un grande interesse e una grande partecipazione anche nel fornire contributi per l'elaborazione delle linee guida.
Prima citavo i progetti che abbiamo sviluppato insieme a Confindustria e, in genere, all'imprenditoria italiana per cercare un coinvolgimento nella presa d'atto delle priorità condivise, ma anche per sviluppare quei partenariati pubblici/privati che oggi costituiscono un elemento di riflessione non soltanto in Italia, ma anche in altri Paesi, non solo a fronte delle obiettive ristrettezze finanziarie che ci inducono a trovare altre formule di finanziamento, ma anche perché in una nuova ottica di sviluppo questa collaborazione con il privato non può non essere rilevata come un elemento sul quale riflettere e da fare rientrare nell'ambito della definizione delle linee strategiche della cooperazione allo sviluppo.
Anche quest'anno abbiamo voluto sottolineare nelle linee guida l'importanza di mantenere nella cooperazione bilaterale lo strumento prioritario per gli interventi, senza tuttavia volere negare l'importanza di essere attori nel contesto multilaterale, in particolare in quello onusiano, perché alcuni settori specifici non possono prescindere dall'azione che le organizzazioni multilaterali svolgono in termini di sviluppo.
Anche nella ripartizione del contributo tra il canale bilaterale e il canale multilaterale abbiamo quindi puntato sulla valutazione della natura degli obiettivi che intendiamo perseguire attraverso lo strumento dell'aiuto, per scegliere il canale più idoneo a conseguire l'obiettivo stesso. Per quanto concerne il multilaterale, quindi, abbiamo cercato di identificare quelle agenzie onusiane e non che possano costituire un valore aggiunto nella realizzazione dell'obiettivo che il finanziamento deve soddisfare.
Analogamente abbiamo cercato di adeguare la strategia italiana al contesto della programmazione europea, però - e questo è un elemento che io sento molto forte - abbiamo anche cercato di intervenire sulla definizione delle politiche europee di sviluppo.
Devo lamentare anche in questa occasione il fatto che ancora prestiamo poca attenzione alla nostra presenza come cooperazione a Bruxelles, mentre considero fondamentale far sì che le esigenze in termini di priorità di sviluppo italiane siano adeguatamente recepite nella programmazione europea. È però possibile conseguire questo nella misura in cui si è in grado di essere presenti a Bruxelles con un ufficio e con qualifiche professionali adeguate, che possano difendere gli interessi in termini di ricezione delle istanze italiane in un contesto europeo.
Purtroppo, come sapete, l'ufficio di cooperazione, che già due anni fa è stato chiuso a Bruxelles, non è stato riaperto e non abbiamo le professionalità né il finanziamento per essere presenti a Bruxelles, quando invece i nostri partner europei hanno aperto fior di uffici e hanno trovato formule di partenariato per avere maggiore


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impatto nella presentazione delle istanze nel contesto della programmazione europea.
Se alla fine avrò due minuti per soffermarmi, come lei stesso mi ha sollecitato a fare, sugli ultimi eventi nel Mediterraneo, evidenzierò come questo abbia un particolare rilievo proprio nella definizione delle nuove politiche europee per il Mediterraneo.
Sempre nel contesto europeo, come sapete il Codice di condotta dell'Unione europea per la complementarietà e la divisione del lavoro, è un documento del 2007, ha offerto già da qualche anno lo spunto per riflettere su come intervenire con una divisione del lavoro a livello europeo.
Vi sono poi delle procedure e delle nuove modalità di aiuto dell'Unione europea, che prevedono la cosiddetta «cooperazione delegata», cioè una gestione centralizzata indiretta dei fondi dell'Unione europea, che permette agli Stati membri di ricevere fondi dalla Commissione o da altri Stati e consente allo Stato membro di dare in gestione fondi propri alla Commissione e ad altri Stati.
Già l'anno scorso avevamo fatto domanda per essere soggetti riceventi e donatori di questi fondi, considerando questa un'opportunità in tutti quei settori e aree geografiche in cui l'Italia potrebbe fornire un valore aggiunto, e tra la fine di maggio e giugno saremo oggetto di un controllo, un audit da parte dell'Unione europea per essere dichiarati idonei a ricevere in gestione finanziamenti di altri Stati membri o della Commissione.
È un'opportunità che credo non dobbiamo mancare. Una volta di più la struttura fatica - non ho timore, né mi vergogno a dirlo - a far fronte a questi onerosi adempimenti, perché necessitiamo di competenze professionali particolarmente avanzate: si tratta di conoscere la normativa europea contabile e amministrativa, di avere una squadra di revisori che purtroppo oggi la cooperazione non è in grado di avere, né credo le prospettive siano tali da farci pensare che potremmo acquisire queste professionalità.
Abbiamo tuttavia cominciato a coinvolgere i nostri uffici all'estero e per quanto possibile anche la mia amministrazione al fine di superare questo esame, per il quale non vi nascondo di nutrire timore perché so quanto invasiva possa essere la Commissione nel chiedere informazioni e soprattutto quanto severa possa essere nel formulare un giudizio definitivo, anche perché sono evidenti gli interessi sottintesi a questo genere di esercizio.
Parallelamente abbiamo già voluto informare - torno al discorso del coordinamento con gli altri soggetti e attori di cooperazione - i potenziali soggetti interessati all'eventuale idoneità della cooperazione italiana a gestire fondi altrui. Mi riferisco alle università, alle organizzazioni non governative, alle nostre imprese, alle nostre regioni, perché sarà poi indispensabile avere i soggetti attuatori in grado di dimostrare che siamo effettivamente capaci di dare un valore aggiunto nella gestione di fondi di altri Stati membri o della Commissione.
In maniera abbastanza lungimirante prima dei famosi eventi ai quali assistiamo in questi giorni nel Mediterraneo avevamo già introdotto nelle linee guida un riassestamento e una rimodulazione delle percentuali dei fondi a favore del Medio Oriente, elevando al 30 per cento l'ammontare complessivo dei fondi della cooperazione a favore dei Balcani e del Medio Oriente, riducendo l'Asia al 15 per cento, l'America Latina e i Caraibi al 13 per cento, l'Africa dal 50 al 42 per cento.
Abbiamo anche accolto la richiesta di essere sottoposti a una ulteriore peer review dell'OCSE-DAC in uno spirito di assoluta trasparenza e disponibilità a condividere anche con esaminatori esterni il percorso che abbiamo intrapreso.
Particolare attenzione continua a essere data - questo non è esplicitato a sufficienza nelle linee guida, ma forse non era quella la sede più idonea - alla trasparenza delle nostre attività. Non solo riteniamo di dovere pubblicare documenti quali i bandi per il reclutamento del personale, l'approvazione dei progetti e le rendicontazioni, ma abbiamo soprattutto


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cercato di puntare sul monitoraggio e la valutazione dei risultati e delle attività in corso.
È questo un esercizio al quale io tengo moltissimo, perché bisogna andare alla sostanza di quello che si fa e avere lo strumento per poter valutare i risultati conseguiti. I fondi a disposizione per la valutazione sono scarsissimi: la legge n.49 del 1987 attribuisce la responsabilità della valutazione agli stessi esperti di cooperazione, che sono i promotori dei progetti.
Trovo che questa sia un'assurdità per definizione, ma purtroppo è la legge. Abbiamo cercato di ovviare creando un capitolo, purtroppo con risorse limitate; con un dialogo non facile con la Ragioneria e con il MEF abbiamo ottenuto di poterlo istituire e quindi adesso abbiamo una piccola somma a disposizione che ci permette di fare valutazioni indipendenti ed esterne.
Per quanto riguarda la quantità dell'aiuto pubblico allo sviluppo conoscete i dati meglio di me perché i passaggi parlamentari sono di vostra diretta competenza. Merita però forse una riflessione un punto di politica. Si chiede sempre alla cooperazione di garantire la trasparenza e l'efficacia nella programmazione, ma credo che non vi sia nulla di più importante della prevedibilità per garantire efficacia nella programmazione.
La legge di stabilità ha stabilito l'ammontare dei fondi a disposizione, 226 milioni di cui in realtà 50 sono contributi obbligatori, quindi al netto anche delle spese di funzionamento noi abbiamo a disposizione 150 milioni, ai quali, a causa degli impegni pregressi, dobbiamo togliere un'altra cinquantina di milioni.
Avevamo quindi a disposizione poco meno di 100 milioni programmati per la cooperazione, una cifra veramente irrisoria. A marzo - siamo soltanto nel primo trimestre del 2011, non voglio pensare a cosa succederà a settembre - abbiamo avuto un primo accantonamento, che ha comportato la riduzione di oltre 18 milioni. Da questi 100 quindi ne togliamo altri 18 e siamo arrivati a circa 80: questo è l'ammontare di cui dispone la cooperazione per i suoi programmi.
Lo dico perché non è facile anche in occasione dell'esame della relazione di previsione fornire le cifre esatte, perché purtroppo nel corso dell'anno la programmazione cambia ogni tre mesi vuoi per gli accantonamenti, vuoi per i tagli, vuoi per qualche notizia positiva quale il decreto missioni, che ci consente di avere un'altra fonte di finanziamento in particolare per i Paesi più fragili o in conflitto.
Queste buone notizie tuttavia sono altrettanto imprevedibili, perché sapete bene che cosa è successo a dicembre e cosa ha implicato la mancata previsione di norme che poi successivamente sono state introdotte nel corso dell'esame parlamentare. I decreti missioni che entrano in vigore il primo del mese di ogni semestre poi non vedono immediato seguito nello stanziamento dei fondi: normalmente ci vuole l'intero semestre per avere accreditato l'ammontare equivalente.
Lavoriamo quindi con sei mesi di ritardo rispetto a un esercizio semestrale, nemmeno annuale, e vi assicuro che non è facile riuscire a far corrispondere le attività programmate per il semestre previsto dalla norma con fondi che invece si rendono disponibili soltanto alla fine del periodo.
Se poi succede quello che è successo a dicembre e cioè che la Ragioneria ritenga che il dettato della norma implichi che i fondi non possano essere riportati all'anno successivo, significa non poterli utilizzare, perché, se si accreditano i fondi il 24 dicembre e il 31 devo essere già spesi, è del tutto evidente che o si programma in maniera un po' facile oppure non si spendono.
La situazione finanziaria in sintesi rimane quindi molto critica, i fondi sono appena sufficienti e - è doveroso da parte mia dirlo - a fronte di una programmazione che è il risultato di uno sforzo di adeguamento a un'esigenza internazionale, a impegni di trasparenza e di efficacia che il nostro Paese ha assunto e che è riuscito certamente a soddisfare, siamo arrivati a


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un punto in cui non è più possibile garantire l'efficacia se viene meno il quantum per realizzare un minimo di attività previste, che consentano di valutare l'efficacia di quello che si fa.
Basti pensare ad esempio che in questo contesto della quantificazione dell'aiuto siamo passati da quasi 300 milioni di euro per la cooperazione multilaterale nel 2008 a nemmeno 40 milioni quest'anno. Va bene quindi prediligere il bilaterale, ma con l'ammontare a disposizione non riusciamo più a essere presenti in quegli organismi multilaterali che rappresentano comunque un aspetto importante della cooperazione.
Non riusciamo a seguire e a dare corso ai programmi che abbiamo identificato come prioritari nell'ambito di quei settori che nelle linee guida costituiscono una scelta condivisa, settori che non sono variati rispetto a quelli indicati l'anno scorso nelle linee guida perché noi abbiamo impostato la nostra programmazione su base triennale proprio per dare maggiore continuità all'impegno, e grazie alla legge di stabilità che contiene previsioni triennali continuiamo a essere in grado di perseguire questo tipo di approccio.
Anche nella definizione dei settori abbiamo quindi mantenuto interamente quelli definiti nelle precedenti linee guida, continuando a dare priorità a quei settori che emergono nel contesto G8 e G20 e che vedono la sicurezza alimentare, la salute, l'ambiente, l'acqua costituire una priorità.
Rimangono poi di particolare importanza per la cooperazione quei settori trasversali quali i gender issue, quindi tutte le politiche a sostegno della donna e dell'empowerment della donna, così come le politiche per i minori e per i disabili.
In conclusione un accenno all'impegno della cooperazione nell'ambito della priorità che abbiamo voluto dare al Mediterraneo e che certamente ha dimostrato di essere una scelta giusta, visto gli eventi ai quali assistiamo oggi.
Per quanto riguarda la sponda sud del Mediterraneo, la cooperazione ha individuato tre passaggi fondamentali per definire la propria strategia, passaggi che il Ministro ha interamente condiviso e promosso nelle sue numerose visite recenti nell'area.
Il primo passaggio implica un impegno costante, rapido ed efficace in termini di aiuti umanitari. La cooperazione ha ricevuto dal Governo l'incarico di coordinare gli aiuti umanitari in Tunisia, Egitto e Libia. Abbiamo effettuato diverse operazioni in Tunisia per prestare assistenza sia al Governo tunisino sia, su richiesta del Governo tunisino, direttamente alle popolazioni interessate dalla situazione critica in Libia, provvedendo al rimpatrio dei fuoriusciti dalla Libia, in particolare egiziani (più del 70 settanta per cento dei fuoriusciti della Libia è costituito da cittadini egiziani).
Con una certa generosità - ci è stato riconosciuto anche a livello internazionale - abbiamo effettuato fra i primi anche dei rimpatri in Paesi lontani rispetto all'area del Mediterraneo, con i voli che abbiamo organizzato per rimpatriare lavoratori del Bangladesh, e ugualmente abbiamo rimpatriato cittadini del Mali sulla base di una valutazione delle esigenze immediate condivisa con le autorità tunisine.
Abbiamo altresì fornito aiuti umanitari tramite l'OMS e anche direttamente con l'invio di kit sanitari di cui c'era disponibilità nel deposito di Brindisi dalle Nazioni Unite, che hanno consentito di curare centinaia di migliaia di persone, sia vittime e feriti della guerra in Libia che persone bisognose di aiuto per questioni sanitarie in genere.
Abbiamo anche provveduto all'invio di beni alimentari, coinvolgendo il settore privato in partenariati con altri soggetti di cooperazione, perché, come avrete visto dai giornali, i beni sono stati messi a disposizione una volta dalla Lega Coop e un'altra volta dalla Esselunga.
In queste operazioni devo dare atto alle altre amministrazioni che hanno lavorato con noi, in particolare il Ministero della difesa, il Ministero degli interni e la Protezione civile, i quali ciascuno per la sua parte hanno fornito mezzi e persone, quindi professionalità per affrontare questa crisi.


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I nostri uffici in loco sia in Egitto che in Tunisia sono stati rafforzati e hanno dato il loro contributo. Definirei questa la strategia di reazione immediata alla crisi. Parallelamente, tuttavia, abbiamo avviato una riflessione sulle esigenze che si prospettano fin d'ora e che saranno sempre più pressanti nei prossimi mesi per quanto concerne lo sviluppo di questi Paesi.
I processi democratici - auspichiamo che siano tali - in corso in questi Paesi creano forti aspettative nelle popolazioni interessate della sponda sud del Mediterraneo. Credo che sia fondamentale rendersi conto che soprattutto per l'Italia e per l'Europa la crisi in corso è una forte opportunità e una forte sfida per la nostra stessa crescita, e non soltanto in termini di contenimento dell'immigrazione clandestina.
Per far questo credo che si debba investire in progetti di sviluppo che abbiano come obiettivo innanzitutto la ripresa dell'occupazione, che ha subito un decremento molto forte e che rischia di colpire grandi fasce della popolazione, non solo quella meno abbiente ma anche quella media. Bisogna ugualmente investire in crescita, quindi in progetti di vero sviluppo.
Per fare questo è necessario riprendere lo strumento dei crediti di aiuto, che ci consente ancora di operare con una certa disponibilità finanziaria, perché a fronte della mancanza di fondi a dono abbiamo tuttavia una riserva di credito di aiuto, che con il dovuto tasso di concessionalità ci consente di essere più che dignitosamente presenti con progetti di sviluppo in questa area. È quindi fondamentale in questa fase identificare i settori fondamentali per il conseguimento dell'obiettivo della crescita e dell'occupazione.
Questo mi porta al terzo punto, che è quello della capacità che l'Italia deve avere di influire sulla definizione e sul riorientamento delle politiche europee nei confronti della sponda sud del Mediterraneo. La politica europea di vicinato è fallita e credo sia onesto prenderne atto. Non stiamo a esaminare il perché, se la Francia abbia avuto ambizioni troppo espansionistiche o quant'altro, ma credo che sia sotto gli occhi di tutto che la politica europea di vicinato è fallita.
Credo che si debba avere il coraggio di chiedere un riorientamento delle politiche europee sulla base delle priorità che a livello bilaterale l'Italia ha potuto e può identificare come stiamo facendo in questo momento per quanto concerne il nostro rapporto con questi Paesi.
È quindi fondamentale convincere Bruxelles ad avere il coraggio di riallocare i consistenti fondi a disposizione dell'Unione europea per promuovere politiche che noi riteniamo fondamentali per la crescita di questi Paesi. Vi è molta reticenza - questo va detto - a Bruxelles, e io lamento anche una mancanza di visione; non si può accettare che Lady Ashton vada in Tunisia a offrire 17 milioni di euro.
Anche l'onorevole Boniver è stata sia in Libia che in Tunisia e credo abbia raccolto le stesse osservazioni: vi è una forte aspettativa nei confronti di quello che l'Europa può fare, ma al tempo stesso ancora delusione per una mancanza di programmazione e di disponibilità finanziaria immediata. Poiché non vi sono nuovi fondi, considero necessario promuovere un'azione di riorientamento delle disponibilità a disposizione.
Se sono già stati programmati, riprogrammiamoli a fronte di un quadro totalmente mutato nel Mediterraneo, che credo richieda il coraggio di una rivisitazione delle priorità precedentemente definite. Vi è inoltre una forte aspettativa che l'Italia giochi questo ruolo. La vicinanza geografica, gli interessi, la cultura inducono questi Paesi a vedere nell'Italia un tramite per trascinare il nord Europa, più lontano e meno sensibile a determinate tematiche.
Questo è un tema che io sento fortissimo e che credo debba essere tenuto in debita considerazione, anche perché, se crediamo nella necessità di accompagnare il processo democratico in corso, credo che si debba anche prendere atto che non vi è nulla di più idoneo a fomentare il


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fondamentalismo islamico della mancanza di soddisfazione delle legittime aspettative di queste popolazioni.
Sappiamo tutti che le sacche di fondamentalismo si innestano laddove sono forti le aspettative disattese, e non c'è dubbio che in questo momento soprattutto in Tunisia, in Egitto e forse a breve anche in Libia le aspettative richiedono di soddisfare le aspirazioni.
Mi auguro quindi che anche l'Europa riesca, magari su nostra sollecitazione, a comprendere l'importanza di non lasciare che questi Paesi si trovino costretti a prendere semplicemente atto di una crescita economica ormai scesa allo zero rispetto a percentuali piuttosto elevate sia in Egitto che in Tunisia e soprattutto di fronte a un tasso di disoccupazione senza precedenti, che sta creando grossissimi problemi, compreso quello dell'immigrazione clandestina.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per l'illustrazione a livello generale e per la concretezza per quanto attiene alla questione dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Ringrazio anche il consigliere Pierfrancesco Sacco che l'accompagna.
Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIO BARBI. Cercherò di essere telegrafico, ringraziando intanto il ministro Belloni per le cose che ci ha detto e anche per avere considerato le osservazioni fatte in sede di prima discussione del documento previsionale.
Prendo atto che l'intenzione di essere più precisi sul piano dell'attribuzione delle risorse e dei dati conoscitivi di base è stata recepita, e mi auguro di poterlo anche vedere in opera in questa mia attuale, temporanea funzione.
La relazione previsionale viene pensata contestualmente alla legge di stabilità e ora abbiamo anche modifiche legate alla nuova procedura europea, ma forse bisognerà trovare il modo di adattare questo documento nella funzione di presentazione al Parlamento in senso previsionale al quadro normativo vigente e alla tempistica che sta a monte.
Vorrei cogliere questa occasione per sottolineare un punto, ovvero la questione del rapporto con l'Unione europea e di incidere sulle politiche di sviluppo, sulle scelte di cooperazione allo sviluppo in sede europea sotto due punti di vista: della nostra presenza effettiva a Bruxelles in termini operativi e della procedura in corso di riconoscimento della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo come ente delegabile per la cooperazione delegata.
Ho registrato una preoccupazione, che associo a quella espressa dal sottosegretario Mantica rispondendo a un'interrogazione che avevo presentato recentemente, ma anche l'individuazione di questo campo importante e interessante sul quale lavorare.
Le chiederei quindi un ulteriore approfondimento e anche qualche suggerimento per quanto il Parlamento nella sua autonomia può fare per rafforzare la posizione del nostro Governo in sede comunitaria rispetto al settore della cooperazione.

MARGHERITA BONIVER. Vorrei innanzitutto ringraziare il ministro Belloni per la sua elegante e pacata descrizione di quello che potrebbe essere chiamato un vero e proprio disastro dal punto di vista finanziario, degli ulteriori tagli che sono stati imposti alla sua Direzione generale. Apprezziamo molto il suo equilibrio e anche la sua bonhomie di fronte a un'asprezza e a una durezza inusitate.
Mi sono appuntata due o tre cose molto velocemente, sulle quali credo che valga la pena di ritornare anche in futuro magari attraverso sue specifiche audizioni, di cui potremmo farci interpreti. Condivido ad esempio il fallimento delle cosiddette «politiche europee di vicinato», che avevano avuto anche risvolti molto pesanti nella crisi georgiana di tre anni fa.
A prescindere dalle future audizioni, penso che, in un quadro più consapevole della quotidianità, alla necessaria, evidente, manifesta urgenza di riduzione dei


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cosiddetti «Paesi prioritari» debba accompagnarsi un altrettanto severa capacità di analisi dei nostri impegni nei confronti delle organizzazioni internazionali, a cominciare dalle agenzie dell'ONU, delle quali non tutte sono all'altezza dei loro compiti, cosa che ci raccontiamo da molto tempo.
Cito sempre molto volentieri il PAM perché ovunque sia andata ho sempre visto che l'efficienza di questa organizzazione per la sopravvivenza è veramente invidiabile, ma così non si può dire di altre grandi agenzie che per eleganza non elenco, ma che vivono ancora di un credito oggi assolutamente immeritato.
Credo che questa debba essere una richiesta politica di aiuto anche alla razionalizzazione delle uscite di spesa dei pochissimi fondi disponibili. Credo che sia un esercizio che dobbiamo assolutamente fare nostro, a causa della durezza dei tempi. Grida vendetta dinanzi a Dio, avendo così pochi fondi, dovere a tutti i costi distribuire in automatico delle quote di gestione, che per di più non corrispondono quasi mai al numero di funzionari italiani presenti in posizioni apicali in queste agenzie onusiane e non.
È quindi necessario guardare con un'ottica molto severa lo stato delle cose. Il ministro Belloni non ha toccato questa parte nella sua ricca esposizione per ovvi motivi, ma credo, presidente, che questo potrebbe essere studiato come un esercizio necessario.
Sulla questione degli aiuti umanitari la nosta ospite si è concentrata molto sull'attività della cooperazione, anche di altri ministeri, nella sponda sud del Mediterraneo. Sono testimone di come anche la missione a Bengasi sia stata di straordinaria importanza: i voli ospedalieri umanitari organizzati dalla cooperazione con il Ministero della difesa sono la risposta più utile alle assurde minacce che continuano a piovere sull'Italia da parte di Gheddafi and company, perché mentre lui bombarda i suoi cittadini noi portiamo i feriti di Misurata negli ospedali italiani.
Credo che questa sia la sintesi più efficace del ruolo italiano preminente, di cui credo che dovremmo essere molto fieri.

MATTEO MECACCI. Sarò breve anche se corro il rischio di essere meno elegante sia del ministro Belloni che dell'onorevole Boniver, perché dall'esposizione che ci è stata fatta credo che emerga un dato politico lampante, ovvero come la cooperazione italiana rischi di morire per inedia.
Siamo infatti di fronte a una continua emorragia di finanziamenti: dal 2008 al 2011 siamo passati da circa 730 a 170-150 milioni (una riduzione di quasi l'80 per cento), per cui c'è poco da chiedere al ministro, che credo ci abbia esposto chiaramente la realtà e i fatti.
Come Commissione competente e come classe politica dobbiamo prendere atto della realtà e avere la forza di dire la verità e di denunciarla nelle sedi politiche, perché altrimenti si rischia di avallare un'operazione con un disegno politico dietro. Quanto sentiamo in queste ore rispetto alla situazione in Libia e all'esigenza di evitare interventi sul terreno può avere implicazioni riguardo alle attività di tipo umanitario, perché l'operazione deliberata dall'Unione europea, che è guidata da un italiano, potrebbe prevedere anche la necessità di un intervento protetto dalle forze militari sul territorio libico.
Credo che questo corrisponda a un atteggiamento che ritira l'Italia dallo scenario internazionale, la rinchiude all'interno dei nostri confini il più possibile, pensando che risparmiando qualche decina o centinaia di milioni di euro da queste fonti di spesa si possano ottenere vantaggi per il nostro Paese.
Purtroppo nel mondo globalizzato non è così: i commerci sono internazionali, la finanza è internazionale, i rapporti sociali sono internazionali, e, se noi ci ritiriamo all'interno dei confini nazionali, siamo destinati ad essere marginalizzati. Siccome questo non è un caso, ma corrisponde a un'impostazione che in queste ore alcuni colleghi stanno esponendo chiaramente,


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credo che vada affrontato per quello che è, per i dati di realtà.
Sentire le accuse nei confronti delle istituzioni multilaterali, dell'Europa, delle Nazioni Unite quando dal 2008 al 2011 si passa da 300 a 40 milioni e pensare di sedere all'interno di quelle istituzioni e di far valere la propria voce è un'impostazione dilettantesca, se in buona fede, oppure molto grave perché reca danno a tutto il sistema Paese.
Cercheremo con le poche forze a disposizione quantomeno di rendere evidente in Parlamento quello che è un dato di realtà.

PRESIDENTE. Do ora la parola al ministro Belloni per la replica, segnalando che ci ha voluto anche consegnare la tabella dell'andamento dei fondi che provvediamo a distribuire ai colleghi.

ELISABETTA BELLONI, Direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri. Grazie, innanzitutto, per queste osservazioni. Per quanto riguarda l'Unione europea, lo strumento della cooperazione delegata è importantissimo in particolare in un momento di scarse risorse nazionali a disposizione, perché permetterebbe all'Italia di essere destinataria dei fondi normalmente gestiti dalla cooperazione europea, di gestirli in proprio in quelle aree e in quei settori nei quali ha un valore aggiunto, quindi Paesi di priorità per la cooperazione italiana e settori nei quali abbiamo nei nostri record attività di particolare successo.
Saremmo anche in grado di indirizzare l'utilizzo di questi fondi in maniera complementare alle attività che si svolgono a livello puramente bilaterale. Avremmo inoltre modo di attivare tutti quei soggetti italiani e non che riteniamo particolarmente idonei al perseguimento di questo obiettivo.
È quindi del tutto evidente che è uno strumento importante. È però altrettanto importante dimostrare di essere in grado di gestire questi fondi che non ci appartengono e dei quali dobbiamo essere accountable, cioè essere in grado di dimostrare non solo di avere conseguito l'obiettivo, ma anche di averlo saputo fare sulla base della normativa europea in vigore.
Per fare questo è importante essere equipaggiati. Da qui il mio timore perché le risorse della cooperazione sono in continua discesa. Ne abbiamo parlato l'altra volta e non ho voluto tornarci oggi, ma gli effetti delle leggi per quanto riguarda il blocco delle assunzioni sono sotto gli occhi di tutti.
La legge n. 49 prevede che più di un terzo del personale della cooperazione sia comandato, ma i comandi non sono più autorizzati, quindi ho perso un terzo del mio personale perché le amministrazioni che non possono più assumere nuovo personale richiamano quello in servizio presso le altre amministrazioni, in particolare, per legge, alla cooperazione, non avendo la possibilità di sostituire le persone che vanno in pensione, quindi è un continuo venir meno della base.
Abbiamo grazie a voi ottenuto anche l'introduzione con una legge del limite di età per gli esperti a 67 anni, che ritenevo doveroso e utile per il nostro funzionamento, ma dopo sono andati in pensione una ventina di esperti. Già erano un terzo rispetto all'organico previsto dalla legge e, se non viene autorizzato un nuovo concorso, mancano le risorse per potere soddisfare i minimi requisiti.
È poi altrettanto evidente che ottenere l'assegnazione di fondi europei - lo sappiamo tutti per esperienza - è anche il frutto di un'attività di lobbying che viene fatta a Bruxelles, e quindi dobbiamo essere a Bruxelles con funzionari capaci di fare questo tipo di attività. Se chiudiamo l'ufficio, questa attività è molto difficile. Abbiamo un bravissimo ambasciatore presso la rappresentanza europea, abbiamo un team, una squadra di esperti bravissimi ma sono tutti impegnati in settori ugualmente importanti (non voglio dire meno importanti).
Credo che avere privato di questa professionalità la cooperazione sia uno dei punti sui quali anche il Parlamento dovrebbe riflettere perché a Bruxelles è importante


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esserci ed essere in grado di fare questa battaglia. Se passiamo questo esame, bisogna poi essere regolarmente a Bruxelles per captare le occasioni che potrebbero presentarsi per il nostro Paese.
L'onorevole Boniver faceva riferimento alla riduzione dei Paesi prioritari dovuta sia a un'esigenza finanziaria che obiettivamente e un'esigenza di aderenza a un trend internazionale di concentrazione e razionalizzazione dell'aiuto, e parallelamente suggeriva anche di selezionare gli organismi internazionali sulla base della capacità di aderire al loro mandato e - riprendo quello che noi stessi diciamo nelle linee guida - la loro capacità di costituire un valore aggiunto rispetto a quello che potrebbe essere un'azione puramente bilaterale, quindi non posso che essere concorde su questa impostazione.
Sono assolutamente d'accordo nel denunciare come alcune organizzazioni internazionali - lo abbiamo visto anche in Tunisia e in Libia - vivano di eredità del passato e certamente non siano all'altezza della sfida dei fenomeni in corso nel Mediterraneo. Io stessa nei primi giorni ne ho pagato le conseguenze, rendendomi conto che non vi era proprio la capacità di reazione e anche io non cito l'organizzazione per cortesia, ma altri fra cui il PAM, l'OMS e l'OIM hanno veramente dimostrato di costituire un valore aggiunto.
Credo che proprio questo sia il punto fondamentale: con quel minimo di risorse a disposizione consentire alla cooperazione di fare ricorso ai meccanismi multilaterali laddove sul bilaterale non solo non si è in grado, ma non sarebbe nemmeno opportuno attivare determinate iniziative.
Nei primi giorni della crisi libica, quando cercavamo di comprendere come formulare l'azione di emergenza, i dati operativi sul terreno ci sono stati forniti dal Governo tunisino, mentre l'OMS e l'OIM hanno fatto un eccellente lavoro, e non mi vergogno a dire che senza l'OIM non saremmo riusciti a fare un'operazione così pulita, così efficace, così rapida. Quanto all'operazione alla quale faceva riferimento l'onorevole Boniver, essa ha implicato il trasferimento in Italia di un certo numero di feriti gravi dalla Libia, ma anche l'invio di un team medico che opera nell'ospedale di Bengasi. Non credo che senza l'OMS saremmo stati in grado di fare questa seconda parte perché l'OMS ci ha garantito il trasferimento dei pazienti da Misurata a Bengasi e ci ha anche fornito la copertura onusiana per la presenza dei nostri medici. Il Comitato nazionale transitorio ci aveva dato tutte le garanzie, tutte le modalità procedurali per poter operare, però ovviamente operare in un contesto di OMS ci ha dato molta maggiore serenità.
Per riprendere un'osservazione dell'onorevole Mecacci sulla cooperazione che muore e sui media, lamento spesso la difficoltà che abbiamo come cooperazione, nonostante io ami molto la comunicazione, di trasmettere un messaggio sull'importanza di questo strumento. Bisogna anche dire però che i nostri media in termini di cultura e di cooperazione sono piuttosto a digiuno, nel senso che tutte le attività di sostanza concettualmente più elaborate (il discorso che stiamo facendo oggi) sono difficilmente recepibili dai nostri media.
La stessa onorevole Boniver l'altro giorno mentre organizzavamo il suo viaggio in Libia mi raccontava che sull'Herald Tribune era stata interamente ripresa l'operazione italiana, mentre non ho visto una parola sui giornali italiani. Noi forse siamo deficitari in termini di comunicazione, ma è anche vero che la cultura di cooperazione in Italia non è molto sviluppata. Lo dico con un certo rammarico, perché da funzionario diplomatico quale continuo a essere sono profondamente convinta che sia uno straordinario strumento di politica estera e di crescita anche per il nostro Paese in un mondo globale dove le interdipendenze sono così evidenti.

PRESIDENTE. Ringrazio ancora a nome dei colleghi il ministro Belloni per quanto ci ha ampiamente illustrato. Tra l'altro, colgo anche la sua disponibilità per un'eventuale futura audizione informale in ragione del mantenimento di un rapporto


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molto costruttivo con questo Comitato.
Certo ci sono molte ombre e molte difficoltà e mi pare che oggi ancora una volta abbiamo particolarmente evidenziato questa realtà, anche se laddove ci sono tanta sofferenza e bisogno di aiuto la cooperazione mi pare che abbia sviluppato con molta intensità e capacità un'azione veramente proficua che ci viene anche riconosciuta all'estero. Questo mi pare che sia un fatto importante da sottolineare anche in carenza di un'attenzione dei nostri media per un tema così fondamentale e direi strategico come la cooperazione. Cercheremo di fare in modo che con la nostra attività e con il nostro Comitato si possa cercare di incrementare l'attenzione dei media nei confronti di questo argomento così importante.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,15.

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