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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)
9.
Mercoledì 24 giugno 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Alfredo Mantica, sul processo di razionalizzazione della rete degli Uffici all'estero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati)

Stefani Stefano, Presidente ... 3 12 19
Barbi Mario (PD) ... 3
Berardi Amato (PdL) ... 9
Fedi Marco (PD) ... 8
Mantica Alfredo, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ... 12 15 18
Narducci Franco (PD) ... 10 17
Picchi Guglielmo (PdL) ... 4
Porta Fabio (PD) ... 6
Randazzo Nino (PD) ... 5
Tremaglia Mirko (PdL) ... 10 15

ALLEGATO: Testo degli interventi consegnati alla presidenza dai deputati Laura Garavini (PD), Aldo Di Biagio (PdL) e Marco Fedi (PD) ... 20
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
E 3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 24 giugno 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 14,45.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Alfredo Mantica, sul processo di razionalizzazione della rete degli Uffici all'estero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, il seguito dell'audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Alfredo Mantica, sul processo di razionalizzazione della rete degli Uffici all'estero, rinviata nella seduta che si era svolta al Senato lo scorso 10 giugno.
Comunico che i deputati Laura Garavini e Aldo Di Biagio hanno fatto pervenire per iscritto il loro intervento in quanto impossibilitati a partecipare per altri impegni parlamentari.
Do ora la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni, dando la priorità a coloro i quali lo avevano già richiesto nella precedente seduta.

MARIO BARBI. La scorsa volta, nel corso dell'audizione ero stato sollecitato ad intervenire dalle circostanze che si erano create in quella occasione, ma che adesso è difficile in qualche modo rievocare. Tuttavia, nel corso della discussione e dei commenti sull'audizione del sottosegretario Mantica, avevamo espresso in modo più o meno esplicito una certa insoddisfazione per le modalità con le quali venivamo portati a conoscenza del progetto di cosiddetta «razionalizzazione della rete consolare». È quindi a partire da quella situazione e da quello stato d'animo che io prendo la parola, e a quello mi ricollego perché vorrei fare un'osservazione di metodo ed una di merito.
Quella di metodo è che io ho avuto, la scorsa volta, l'impressione che il Governo avrebbe potuto fare di più e di meglio per mettere il Parlamento in condizione di valutare il percorso che ha condotto l'Amministrazione alle conclusioni che poi ci sono state presentate.
Non è un fatto banale, perché io immagino e riconosco che le nozze con i fichi secchi sono difficili da fare e che c'è stata una riflessione approfondita e meditata, e quindi sono state prese in considerazione tante possibilità. Tuttavia, questo percorso che nell'Amministrazione certamente si è svolto noi non siamo in grado di seguirlo. Per questo, mi chiedo se non si possa immaginare di preparare e di dare informazioni che consentano una migliore partecipazione e una migliore interazione tra il Governo e il Parlamento.
Se parliamo di rete consolare - io non sono un esperto di queste cose - ci sono tre elementi, di cui il primo credo che sia certamente il più rilevante di tutti: innanzitutto, il fatto che noi abbiamo cittadini italiani all'estero, nelle varie circoscrizioni,


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che sono elettori, pertanto questo è un parametro di grandissimo rilievo: sapere come sono distribuiti, qual è il quadro generale di riferimento e, quindi, potersi fare un'idea del servizio e dello scambio di domanda e offerta che c'è su questo terreno.
Il secondo elemento riguarda la questione dell'interscambio commerciale, che certamente è un altro elemento rilevante. Infine sottolineo la questione dei visti, di quelli rilasciati e di quelli richiesti.
Questi da me citati sono indici senza i quali, per chi si trova a dover ragionare e riflettere da una posizione di controllore - un controllore istituzionale - il compito non è facile.
Questa è l'osservazione che io vorrei fare, e che si riduce a questo: metteteci meglio nelle condizioni di seguire i processi e le riflessioni che vengono svolte a livello dell'Amministrazione, e che portano ad alcune conclusioni.
Fatta questa premessa, devo dire che questa operazione è stata messa in atto per risparmiare 8 milioni di euro; ma immagino che non sia naturalmente così o soltanto così, perché una razionalizzazione è una cosa che ha un senso, ma la razionalizzazione può portare anche ad un aumento delle sedi consolari, anziché ad una riduzione. Chi l'ha detto che la razionalizzazione deve portare ad una riduzione?
Soltanto l'obbligo delle risorse conduce a questo esito, a meno che non si dica che c'è uno spreco sul terreno del personale, che non può essere affrontato altrimenti se non con una riduzione della spesa. Su questo non ho idea, non mi pronuncio, immagino che però non sia così o non possa essere così.
In merito al tema delle risorse, razionalizzazione e risorse dovrebbero essere due ragionamenti che, ad un certo punto, non possono che essere portati a coerenza, ma noi non possiamo continuare ad accettare - questo lo dico come parlamentare, in questo momento di opposizione ma lo stesso varrebbe se fossi in maggioranza - che il Ministero degli affari esteri continui a funzionare a risorse decrescenti in tutti i campi. Questa è una occasione per dire che non mi pare che si possa continuare così.
Resta in ogni caso il discorso sul metodo e sull'opportunità che il Parlamento venga messo in condizione di riflettere e di interagire in modo più efficace con i processi decisionali che vengono svolti, ovviamente, in sede ministeriale e amministrativa, con l'indirizzo politico.

GUGLIELMO PICCHI. Io purtroppo ero assente la volta scorsa, quando il sottosegretario ha fatto l'audizione al Senato. Tuttavia, ho letto con molta attenzione lo stenografico e devo dire che trovo grosse difficoltà rispetto a quello che ci è stato comunicato.
Sicuramente ci sono delle difficoltà - come ha già anticipato il collega Barbi, che mi trova in larga parte concorde con il suo intervento -, e giudico veramente sbagliato arrivare in audizione e comunicare un piano di chiusura senza aver preventivamente coinvolto le controparti né cercato di esporre, se non altro, dei criteri che potevano portare a quelle comunicazioni.
Il metodo, quindi, non mi è piaciuto, e mi sembra assolutamente sbagliato che il Governo, che sostengo convintamente, venga in audizione e comunichi le chiusure di sedi consolari senza dire nel dettaglio come e perché questo avvenga e, soprattutto, quali siano i criteri che sono stati seguiti, il tutto per arrivare ad un risparmio complessivo di 8 milioni di euro a regime.
Poi c'è anche la parte strettamente di merito. Noi abbiamo 3 milioni 700 mila italiani residenti all'estero. Questi italiani sono cittadini come tutti gli altri, il fatto di risiedere all'estero non dà loro vantaggi né svantaggi, nell'ambito della cittadinanza, rispetto a un qualsiasi cittadino residente in Italia.
La cittadinanza è unica, non è una cittadinanza di serie A o di serie B, non è come le azioni, che possono essere di varie tipologie.
A questi cittadini, dovunque essi siano residenti si devono garantire servizi - chiamiamoli servizi alla persona, servizi


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amministrativi, come volete - che devono soddisfare le esigenze minime che il possesso della cittadinanza comporta. Pertanto, considerando anche le condizioni economiche generali che sicuramente impongono un ripensamento della presenza complessiva italiana all'estero, siamo favorevoli a una razionalizzazione che coinvolga, però, tutte le sue componenti: non è possibile chiudere un consolato e aprire dieci uffici ENIT o dare finanziamenti alle Camere di Commercio, perché la torta dedicata agli italiani all'estero, sebbene sia suddivisa tra le varie competenze dei Ministeri - in questo caso si stia parlando della parte di competenza del Ministero degli affari esteri - è una torta che va considerata tutta insieme, non a spicchi.
Mentre apprezzo il fatto che in tanti luoghi possa venire meno la necessità di una funzione diplomatica svolta da un consolato, giudico che sia imprescindibile la funzione amministrativa attraverso la quale si forniscono i servizi ai cittadini. Per questo motivo, il criterio principe che, a mio avviso, il Ministero avrebbe dovuto seguire è un piano di razionalizzazione - che, secondo me, doveva in ogni caso essere condiviso o almeno identificato per linee guida con maggiore anticipo e non comunicato d'emblée così al Parlamento - che deve tener conto delle esigenze delle collettività che sono sul territorio.
Di conseguenza, non capisco la chiusura consolati come Philadelphia, piuttosto che Manchester o altri in Europa, che pone i cittadini in una situazione di oggettiva difficoltà. Un cittadino residente a Manchester deve fare 400 chilometri per recarsi ad Edimburgo oppure 350 per andare a Londra. In questo modo, non si garantisce minimamente una collettività di circa 30 mila persone che abitano nella zona tra i due consolati, uno a nord e l'altro a sud dell'Inghilterra.
Per fare un esempio come tanti altri, penso al caso di Philadelphia, dove si va a sopprimere il consolato, così come sarà fatto addirittura Detroit, territorio in cui si stanno instaurando nuove relazioni commerciali, e così facendo si va a colpire, in questo modo, una nascente comunità.
Come deputato di maggioranza eletto all'estero - ma non solo -, ma anche a nome degli altri colleghi della Camera eletti all'estero, invitiamo il Governo a ripensare complessivamente e profondamente quanto ci è stato comunicato.
Noi siamo chiaramente disponibili a trovare soluzioni che vengano incontro alle oggettive difficoltà di bilancio che ci sono - e di cui siamo consapevoli - e indichiamo anche un strada, suggerendo di percorrere la via del declassamento dei consolati generali a consolati o, addirittura - soluzione che io giudico ancora più favorevole - di passare all'istituzione di agenzie consolari, che comportano la garanzia di funzioni amministrative e di supporto alle collettività, ed anche di funzioni, se si vuole, di ufficio di collegamento locale con le industrie, quindi con la parte commerciale.
Io cito sempre l'esempio di Wolfsburg, dove è presente una agenzia consolare che non solo fornisce il servizio al cittadino, ma mantiene anche i collegamenti con le oltre 800 aziende che fanno la fornitura all'indotto del gruppo Volkswagen.
Credo che la soluzione dell'agenzia consolare venga incontro sia alle esigenze di bilancio che il Governo ha e che il Ministero degli esteri ha affrontato con il piano presentato, sia alla necessità di tutelare i nostri connazionali all'estero, ai quali non si può richiedere di affrontare viaggi improponibili per ottenere servizi che, attualmente, già non senza difficoltà possono ottenere nei consolati a loro vicini.
Noi diamo assoluta disponibilità a discuterne. Ribadisco che spero che il Governo possa ripensare questo piano, altrimenti noi siamo disponibili anche alle manifestazioni di piazza di fronte ai consolati. Lo dico proprio fuori dai denti, perché così come ci è stato comunicato, sia nel metodo che nel merito, questo piano assolutamente non ci piace, e per noi è irricevibile.

NINO RANDAZZO. Vorrei fare qualche considerazione sull'annunciata chiusura di ventidue sedi consolari che, secondo il


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parere degli osservatori esterni e dei più diretti interessati, costituisce la meno razionale delle razionalizzazioni e ristrutturazioni possibili della rete consolare, tra l'altro decretata senza un minimo di consultazione, di dibattito, di riferimento al nostro Parlamento.
Solo per riferirmi brevemente all'area di mio interesse più diretto, qualcuno dovrà ancora spiegare e giustificare - qualcuno che, probabilmente, dalla Farnesina non ha mai messo piede nel continente australiano ma che ha preso queste decisioni - il passaggio di competenze dalla sede di Brisbane, nel Queensland e territori del Nord, a quella di Perth, nell'Australia occidentale, a 4.500 chilometri e circa cinque ore di volo di distanza; oppure il passaggio dalla capitale del sud Australia, Adelaide, a Melbourne, 660 chilometri e un'ora di volo verso est.
Qualcuno dovrà ancora spiegare e giustificare l'annunciata soppressione della sede consolare di Durban, in Sudafrica, una città dove non solo risiedono - e questo non è della massima importanza, ma ne ha - circa 4 mila nostri connazionali, ma che è anche il porto e lo snodo commerciale più importante dell'intero continente africano, dove si registra una massiccia presenza di aziende italiane, con un giro di affari in appalti, servizi e prodotti di oltre 300 milioni di euro; dove, ad esempio, la Mediterranean Shipping Company impiega 300 dipendenti italiani - tra impiegati e membri di equipaggio -, con le relative famiglie; dove passano regolarmente circa 50 navi italiane all'anno (una a settimana, in media), chiedendo servizi e svolgendo presso il consolato le pratiche di navigazione.
Tutto questo, ovviamente, dovrebbe essere stato preso in considerazione e qualcuno, se vorrà, dovrà spiegare e giustificare il motivo per cui ha definito questa sede consolare, di scarsa importanza per l'Italia.
In Australia è già stata aperta una discussione presso i parlamenti degli Stati di quella Federazione, i cui rappresentanti - ho qui con me un notevole numero di messaggi da parte di parlamentari, di ministri, di premier di Stato - hanno già espresso le più pesanti proteste nei confronti di questa decisione presa dall'Italia che viene vista apertamente, da parlamentari di maggioranza e di opposizione, come uno schiaffo all'amica nazione australiana.
Se tutte queste considerazioni non debbono essere considerate con la massima serietà, io non so in quale democrazia posso ritenere di trovarmi.
C'è già - e ci sarà ulteriormente - una crescente protesta da parte dei nostri connazionali. Ma ricordiamo una cosa: che i consolati non sono solo a servizio degli italiani - è questa la cosa importante - anzi, direi che sono soprattutto al servizio dei cittadini dei Paesi che li ospitano.
Se si intende impedire ai cittadini di un territorio di informarsi e di ottenere il disbrigo di pratiche consolari in relazione all'Italia, lascio giudicare a chiunque la moralità e l'integrità di questo gesto.
Questo è un fatto importante. La presenza italiana non deve essere il solo metro di considerazione; l'altra considerazione, estremamente importante, è quella del rapporto con i Paesi esteri dove risiedono queste sedi consolari.
C'è e ci sarà ancora - lo ripeto - una forte protesta da parte dei cittadini italiani i quali, in questi frangenti, vedono una sola possibilità di far valere le loro ragioni: quella di ignorare - e mi auguro che questo non avvenga - totalmente lo Stato centrale italiano e rivolgersi alle autorità regionali, che si sono rivelate e si rivelano essere molto più sensibili delle autorità dello Stato centrale. Questa per me è una considerazione veramente desolante.
Concludo il mio intervento ripetendo che ci sarà questa forte protesta, questo forte rigetto nei confronti delle autorità dello Stato italiano. È triste, ma questa è la realtà.

FABIO PORTA. Mi sembra significativa ed importante la presenza oggi dall'onorevole Tremaglia, che mi dà anche lo spunto per fare un intervento dal punto di vista degli italiani all'estero.
Con le comunicazioni del sottosegretario, la scorsa settimana, al Senato, mi


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sembra che possiamo dire che formalmente si è aperta la fase tre per quanto riguarda le politiche per l'Italia e per gli italiani all'estero.
Dopo i pesanti tagli a lingua e assistenza, dopo l'attacco al sistema di rappresentanza, il rinvio immotivato delle elezioni dei Comites, lo smantellamento della rete consolare rappresenta l'anticamera di quella che qualcuno ha già chiamato «la soluzione finale» per la nostra presenza all'estero, che probabilmente si concretizzerà presto grazie a questa manovra triennale del Governo Berlusconi-Tremonti, che già ci è stata comunicata.
Questo Governo rischia forse di passare alla storia come il più cattivo, sicuramente il meno lungimirante in relazione al rapporto con le nostre grandi collettività presenti all'estero. Si tratta di una politica che definisco miope e che per risparmiare poco più di 8 milioni di euro danneggia quasi mezzo milione di nostri connazionali italiani - come diceva l'onorevole Picchi - con cittadinanza, costringendoli ad essere assistiti da consolati spesso distanti - prendiamo il caso dell'Australia - centinaia di chilometri, se non migliaia, da quello che verrà chiuso a seguito del piano di razionalizzazione presentato dal sottosegretario Mantica.
«Un progetto di razionalizzazione - ha detto un mio collega che è anche responsabile per il partito di maggioranza delle politiche per gli italiani all'estero - che sfugge ad ogni logica e criterio. Un grave scacco alla nostra presenza all'estero e alla storia della nostra emigrazione. Un piano maldestro che manterrà inalterate le sacche di privilegi e di sprechi del Ministero degli esteri». Sono parole dell'onorevole Di Biagio.
Non si tratta, quindi, di razionalizzazione, sono d'accordo con l'onorevole Barbi. Le razionalizzazioni automaticamente non sono tagli; possono essere anche dei tagli più forti, ma devono essere fatti in maniera intelligente e non stupida. Questo è un semplice esercizio di riduzione di spesa in linea con i tagli lineari con i quali il Ministro Tremonti sta massacrando il già irrilevante bilancio del Ministero degli affari esteri, se paragonato con le altre potenze del G8, del quale con orgoglio noi siamo leader in questo momento.
Siamo la nazione che destina il numero minore di risorse alla politica estera, e quella più lontana dal raggiungimento degli Obiettivi del millennio, che prevederebbero un significativo apporto - vicino allo 0,7 per cento del PIL - alla cooperazione e allo sviluppo.
Tutte queste cose non le diciamo soltanto noi, i principali quotidiani e settimanali in questi giorni ne stanno parlando, come di tagli indiscriminati e scriteriati.
Ho detto anche tagli stupidi, poco intelligenti, perché in un momento di crisi economica e di recessione, una delle poche vie d'uscita per le nostre imprese per il tanto declamato - ormai soltanto a parole - sistema-Italia, consiste nell'apertura ai nuovi mercati e nell'internazionalizzazione delle nostre imprese, della quale abbiamo parlato oggi in Aula. Tutto ciò, però, presupporrebbe un potenziamento della rete diplomatica consolare all'estero, non il suo contrario.
Anche qui faccio mie le parole del vicesegretario generale del CGIE per i Paesi anglofoni, Silvana Mangione, un'amica, che ha chiesto al Governo italiano se per caso è a conoscenza del fatto che la Fiat è stata appena autorizzata all'acquisto di gran parte degli asset di Chrysler e che Detroit e il Michigan diventeranno il punto chiave della nostra massima industria per le operazioni negli Usa. Credo che questo sarebbe il momento per potenziare, non per cancellare il consolato di Detroit. Questo appello, tra l'altro, è stato giustamente anche ripreso dal presidente e da tutto il Comites di Detroit.
Vorrei fare un ultimo passaggio - permettetelo, per la mia provenienza anche geografica - sull'America Latina. Gli italiani che vivono in America Latina - da quello che ci ha detto il sottosegretario la scorsa volta - dovrebbero dormire sonni tranquilli, anzi, apprezzare questo piano, che manterrebbe l'attuale presenza sul territorio.


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Peccato però che il sottosegretario dimentichi che il piano di razionalizzazione consolare che era stato elaborato e presentato dal Governo Prodi, ed in particolare dal Ministro D'Alema e confermato proprio in questa sede, a poche settimane dall'insediamento del nuovo Governo, dal sottosegretario agli esteri con delega per l'America Latina, Enzo Scotti, prevedeva per questo continente non un mantenimento dell'attuale situazione bensì un rafforzamento, che fosse proporzionale sia alla grande presenza della nostra collettività, sia a una precisa strategia di rafforzamento e di espansione degli interessi di natura economica e commerciale delle nostre imprese.
Anche su questo mi sia permesso un motivato pessimismo, perché tra l'altro questa presunta razionalizzazione della rete consolare non è accompagnata da due elementi: innanzitutto da una seria lotta agli sprechi; io ho letto in questi giorni che soltanto per i traslochi dei diplomatici italiani nel mondo si spende qualcosa intorno ai 6 milioni di euro l'anno. È vero, non è vero? È una spesa che si può ridurre?
Secondariamente, non esiste un piano che ci spieghi bene le entrate, perché i nostri consolati non sono soltanto fonte di spesa. Io penso a tanti consolati del Sudamerica che con le legalizzazioni e i passaporti hanno delle entrate significative, che vorremmo anche conoscere.
Se tutte queste domande rimarranno senza risposta e se, come sono certo, anche questa seconda fase della razionalizzazione, che dovremmo conoscere tra qualche mese, non conterrà nessun intervento di rafforzamento in Sudamerica, la rete diplomatica, che già vive al limite delle sue possibilità e che avrebbe bisogno di un potenziamento, anche per il potenziale commerciale del nostro Paese, ne risentirà.
Segnalo inoltre al sottosegretario alcuni punti: che in Sudamerica le agenzie consolari onorarie - contrariamente a quanto veniva auspicato dell'onorevole Picchi - sono state esautorate dalle loro attribuzioni anziché essere potenziate, come dovrebbe essere; che gli istituti di patronato potrebbero rappresentare, con la loro rete capillare, un forte elemento di supporto alla rete consolare, grazie anche all'articolo 11 della legge n. 152 del 2001, che permette loro tale facoltà; che tutto questo attacco, secondo alcuni, prevederebbe anche un'analoga riduzione, con le riforme di Comites e CGIE, anche della presenza della rete di rappresentanza sul territorio.
A tutte queste cose, a questo attacco io rispondo parlando, credo, anche a nome degli altri miei colleghi del Partito democratico, ma mi fa piacere di sentire che anche con i colleghi della maggioranza potremo e sapremo opporci, perché si tratta di un attacco che umilia le nostre collettività.
Aggiungerei soltanto - concludendo - che umilia anche tanti funzionari ed impiegati che all'estero lavorano seriamente e che non meritano questo trattamento da parte del Governo.

MARCO FEDI. Io vi risparmierò il mio intervento - che tra l'altro avevo predisposto in forma scritta e per il quale chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in allegato al resoconto stenografico - perché include e racchiude alcuni elementi di valutazione in parte già sostenuti dai colleghi, sui quali non intendo tornare. Desidero invece soffermarmi su alcune riflessioni aggiuntive e, in particolare, iniziare con la proposta che avrei fatto a chiusura del mio intervento.
Noi, sottosegretario, proponiamo al Governo un tavolo di concertazione; proponiamo di congelare questa decisione - congelarla ovviamente per l'anno prossimo (2010) - e, nel frattempo, predisporre quello che noi avremmo auspicato, e lo facciamo con credibilità, anche politica, perché nella trascorsa legislatura chiedemmo le stesse cose ad un Governo, che poi prese delle decisioni e si assunse delle responsabilità. Sia in sede parlamentare che in sede di discussione politica, sulle chiusure di sedi consolari che avvennero nella scorsa legislatura noi siamo credibili. Lo siamo davvero.


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È per questa ragione che abbiamo la forza per chiederle, oggi, questo passo politico di apertura nei nostri confronti: le chiediamo di portare un vero, autentico progetto di riorganizzazione della nostra rete consolare, perché - io le dico - non l'ho visto. Ed è possibile che esista ma io, in qualità di deputato e componente di questa Commissione affari esteri, non ho avuto ancora occasione di visionarlo.
Io ho avuto occasione di dire che sarebbe utile se le Commissioni affari esteri di questa Camera e del Senato avessero l'opportunità di visitare, alla Farnesina, i luoghi dove si sta predisponendo il cosiddetto «consolato elettronico digitale», per avere un'idea esatta di quali sono gli investimenti, qual è il programma, qual è il progetto in campo e avere un'idea precisa dei tempi di realizzazione.
Su quella base noi abbiamo da guadagnare nel fare una operazione politica bipartisan, cioè che superi la tradizionale discussione politica che avviene tra maggioranza e opposizione. Quindi la invitiamo a farlo.
Dopodiché, noi siamo perfettamente consapevoli di due cose, ed è paradossale - lo ricordava Porta - che in molte realtà i Governi locali, le nostre comunità si muovano per difendere la presenza dei consolati, strutture che offrono servizi ai nostri concittadini e connazionali nessuno escluso, sia a chi vive temporaneamente all'estero per ragioni professionali, sia chi è stabilmente residente all'estero, sia i nostri turisti che hanno bisogno della nostra rappresentanza diplomatica e consolare.
I consolati, tuttavia, non offrono solo servizi ai nostri concittadini, ma sono necessari anche per una presenza dello Stato italiano a livello diplomatico, ed è paradossale - dicevo - che con queste manifestazioni di protesta, sostanzialmente si riconosca proprio il buon operato della nostra rappresentanza diplomatico-consolare all'estero.
Noi in questa sede stiamo affrontando una discussione che deve essere incentrata sui princìpi. Io non voglio entrare in una logica che ci porterebbe davvero fuori dal raggiungimento dell'obiettivo vero, che è quello di avere una rete diplomatico-consolare che sia efficiente e che risponda a queste esigenze: fare diplomazia e farla bene, fare servizi consolari e farli bene, e raggiungere i nostri concittadini nei modi in cui questo programma e progetto, che dovremo discutere e affrontare insieme, ci consentirà di farlo, così da raggiungerli ovunque essi si trovino per ragioni di vita, di lavoro o per ragioni legate ad altre motivazioni.
Credo che, invece, negli anni l'andamento tradizionale della Farnesina su questo tema sia stato quello di sopperire alle emergenze e cercare di tappare i buchi.
Siamo coscienti - questa è una battaglia che ci ha visto condividere le critiche alle scelte dei Governi - che il Ministero degli esteri ancora non ha una dotazione economica che gli consenta di operare come altri Paesi, europei e non. Credo che su questi temi possiamo davvero fare ancora un lavoro politico insieme, se c'è la disponibilità da parte del Governo a farlo.

AMATO BERARDI. Desidero aggiungere alcune cose a quanto è già stato detto dai nostri colleghi - soprattutto dall'onorevole Picchi - rispetto alla necessità di mantenere questa rete di consolati aperti nel mondo. Noi della Commissione finanze conosciamo il sistema a livello globale, soprattutto quello degli Stati Uniti, dove c'è una partecipazione del pubblico e del privato anche nella rete consolare e dove possiamo fornire delle cifre usate già a livello di altre nazioni.
Vi parlo soprattutto perché il mio collegio è quello del Nord e Centro America, quello di Detroit e Philadelfia.
È già stato detto che a Detroit arriveranno oltre 3 mila famiglie italiane per l'affare Chrysler-Fiat, ma ci sono anche molti studenti che frequentano le università di questa città. A Philadelphia abbiamo la Agusta Westland - dove sono stati costruiti gli elicotteri per i Presidenti degli Stati Uniti d'America - che impiega oltre 780 impiegati di cui il 70 per cento sono italiani. C'è la Boeing, che attualmente


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ha firmato un accordo con il Ministero della difesa italiano per oltre un miliardo di dollari, e molti degli impiegati di questa società sono di origine italiana.
Poi c'è la cosiddetta «fuga dei cervelli»: abbiamo oltre 600 ricercatori italiani che frequentano le venti università che si trovano nella circoscrizione consolare di Philadelphia. Nell'ultimo anno (2008) i visti per studio gestiti dal consolato generale d'Italia di Philadelphia sono stati 5.800, per non parlare delle risorse che questi studenti portano a questo Paese.
Io vi prego, pertanto, di riconsiderare questa decisione, perché 8 milioni di euro si possono trovare in alternativa da altre fonti, salvaguardando questa rete consolare.
Vi ringrazio per l'ascolto e vi prego ancora una volta di riconsiderare questa decisione.

FRANCO NARDUCCI. Sarò brevissimo, e sicuramente non ripeterò considerazioni che sono state già espresse sia dalla maggioranza che dall'opposizione, e che sono largamente condivise e condivisibili.
Io avevo chiesto di poter aggiungere velocemente una proposta, ovvero la richiesta che è stata avanzata già da Marco Fedi.
Interpello il sottosegretario Mantica affinché ci dica, oggi, anche alla luce di decisioni che sembrano così anomale, se c'è la possibilità di poterle ridiscutere.
Non si è mai visto che si chiuda una sede che ha 60 mila «clienti» - chiamiamoli così - e la si accorpi ad una sede che ne ha 40 mila; non si è mai visto chiudere una sede in una città, Losanna, che è anche sede dell'Agip Suisse - di cui il presidente è un italiano - e in cui sono presenti organismi dello sport internazionale, dove ci sono fondamentali interessi per il nostro Paese, dove c'è il secondo Politecnico svizzero per frequenza e nel quale insegna il professor Zichichi, e presso il quale studiano tantissimi italiani.
A fronte di tutto ciò, si lascia aperta una sede a Ginevra, per la quale si poteva trovare tranquillamente una soluzione diversa, non necessariamente di chiusura.
Ci deve essere, quindi, una serie di elementi che magari nella vostra mente sono chiarissimi, ma che alle comunità italiane non sono assolutamente chiari.
L'ultima cosa che voglio dire, veramente a cuore aperto, a lei e al responsabile della Farnesina, è che nel 2000 il segretario generale della Farnesina Vattani e il Ministro Dini ebbero il coraggio di fare una moratoria per bloccare per tre anni una manovra simile. Il Governo successivo l'ha affrontata in modo diverso, e non voglio qui aprire un dibattito sul punto.
Chiedo anch'io al Governo che si fermi un momento. La prego di tener conto, signor sottosegretario, che da tutte le parti del mondo le stanno scrivendo, come stanno scrivendo a noi, addirittura lettere in inglese, in tedesco; che tutti i giornali tedeschi si stanno occupando di questo tema - ho qui una pila di articoli in tedesco - in termini veramente molto critici verso il nostro Paese, non tanto perché siano preoccupati oltremodo delle sorti dei nostri cittadini, quanto per le ripercussioni sulle relazioni commerciali e industriali: sono espressioni di rapporti all'interno dell'Unione europea.
Possibile che si debba smantellare qualcosa che è estremamente utile per il nostro Paese? Io le chiedo di darci la possibilità di ragionare insieme su quello che si può fare, alla luce anche di una manovra che non mi pare che migliori la finanza pubblica italiana al punto da comportare un sacrificio del genere.

MIRKO TREMAGLIA. Vi chiedo scusa di essere arrivato un po' in ritardo nel trattare un tema che ci ha visti, nel tempo, affrontare questi stessi problemi con soluzioni completamente diverse.
Dico subito che non vi parlo come esponente di una forza politica, ma vi parlo per l'esperienza che ho avuto, per le battaglie che abbiamo fatto insieme e che io intendo, insieme a voi tutti, fare nel nome e nell'interesse degli italiani all'estero.
Gli Italiani all'estero non sono più come prima, perché, se è vero che sono diventati elettori, naturalmente hanno assunto


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diverse responsabilità e diversi impegni con dei risultati che possono essere certamente nettamente favorevoli alla nazione italiana.
In questo senso, ricordo un intervento del presidente Stefani, il quale giustamente ha fatto questa nota - che non è una piccola nota -: parliamo di razionalizzazione, parliamo di interessi nazionali che sono anche di natura commerciale e industriale; è una situazione completamente diversa che va difesa a tutti i costi.
Questa, per quanto mi riguarda, è una posizione totale, perché la razionalizzazione è un'impresa importantissima - non si sa bene che cosa voglia dire - ed è affidata alle capacità e alla volontà del sottosegretario, che ha un impegno certamente molto pesante.
Non si può, però, dimenticare che gli italiani all'estero sono diventati elettori con nuove e diverse responsabilità, con impegno diverso e con delle possibilità di grandi soluzioni per quanto riguarda la nazione italiana, e questo non va assolutamente dimenticato.
Voglio dire a Mantica - lo sa benissimo - che noi siamo riusciti, durante il periodo in cui io sono stato Ministro, a non chiudere i consolati. È stata una battaglia durissima, indubbiamente, ma a maggior ragione va portata avanti oggi, che ci sono nuove possibilità e nuove capacità di poter fare in modo che gli italiani all'estero - quelli eletti e quelli che devono essere eletti - possano essere portavoce anche di grandi interessi economici per il nostro Paese.
Non so proprio, a dire la verità, come si possa ignorare una realtà come i Comites - che già si sono pronunciati o si stanno pronunciando ovunque contro -, una realtà come il CGIE.
Mantica: riuniamo i Comites e il CGIE, naturalmente insieme al Ministero degli esteri; riuniamoli tutti insieme, facciamo un dibattito, che deve essere un dibattito serio, di interessi generali e di apprezzamento.
Gli italiani all'estero sono diventati elettori. Sono più di 3 milioni e noi dobbiamo fare in modo che questi italiani elettori, i deputati e i senatori possano effettivamente essere i portavoce in tutte le parti del mondo.
Sotto questo aspetto io ho fatto una proposta, firmata da quasi tutti i deputati italiani che sono stati eletti alla all'estero: l'istituzione di una Commissione parlamentare bicamerale per gli italiani nel mondo, in modo che possano svolgere una politica di interesse generale.
Ci sono alcune situazioni che Mantica e il Ministero degli esteri conoscono benissimo. Sono situazioni alle quali noi facciamo riferimento, che dimostrano forza e potenza e, anche dal punto di vista degli interessi generali dell'Italia, spingono gli italiani all'estero attraverso le loro organizzazioni.
Come si fa a non pensare, ad esempio, a quella che è la situazione italiana nel mondo? Non la affronto perché altrimenti spavento me stesso, ma ne avremo modo. Io ho detto soltanto queste cose, per sostenerne la difesa totale; la parola razionalizzazione non vuol dire niente.
Ha ragione il presidente della Commissione Stefani quando ricorda che questi interessi di carattere generale possono essere sempre di più affidati agli italiani e alle loro rappresentanze, che non possono assolutamente essere cancellate.
Ho detto all'inizio che non rappresento nessun partito, ma rappresento me stesso, l'esperienza che ho fatto e la difesa totale e assoluta degli italiani nel mondo, perché non è questione di parte. Dobbiamo superare queste divisioni e se voi poteste non parlare di parte e di partito, per quanto mi riguarda sarebbe una cosa molto valida, che potrebbe portarci vasti consensi, che via via stiamo raggiungendo per la dimostrazione che stiamo dando di quella che può essere la forza, la potenza, la grande organizzazione degli italiani nel mondo, che noi dobbiamo difendere.
Abbiamo scomodato la Costituzione, che non è cosa di poco conto, e abbiamo insieme votato per 3 milioni e più di cittadini italiani, che sono diventati i cittadini italiani all'estero elettori.
Volevo dire soltanto questo, non per esprimere la mia solidarietà ma per assecondare


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la mia coscienza, che mi porta a battermi sempre per gli italiani nel mondo e per gli interessi dell'Italia nel mondo.
Questi sono gli elementi per i quali oggi, per la prima volta, dopo parecchio tempo, sono ritornato in Commissione esteri. È stata una grande esperienza essere stato alla presidenza della Commissione esteri ed avere avuto in mano addirittura il Ministero degli italiani nel mondo. Questo non può farmi dimenticare i miei doveri assoluti, in termini prima di tutto morali e poi politici e nazionali: gli interessi generali degli italiani nel mondo.
Vi ringrazio e vi chiedo di rispondere. Per quanto mi riguarda, durante questo periodo ci sono state delle posizioni assolutamente inaccettabili, e il sottosegretario Mantica lo sa benissimo perché anche lui è stato vittima soprattutto di questa situazione finanziaria che ha chiuso le possibilità per gli italiani e per gli interessi dell'Italia nel mondo.
La mia disponibilità è assoluta e totale. Vi ringrazio e vi chiedo scusa per questo intervento.

PRESIDENTE. Noi ringraziamo lei, onorevole Tremaglia. Do la parola al sottosegretario Mantica per la replica.

ALFREDO MANTICA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Permettetemi innanzitutto, a livello personale, di ringraziare il Ministro Tremaglia, perché essere stato il suo erede non è stata una cosa molto facile, dopo tutto quello che lui hai fatto. Non è stato facile - e rispondo in parte anche alle osservazioni -, innanzitutto perché in tempi di vacche magre è sempre molto difficile gestire una realtà come questa; secondariamente, perché io sono convinto, caro Mirko, che il raggiungimento del grande obiettivo degli italiani che hanno eletto i loro rappresentanti in Parlamento debba porci la valutazione del ruolo che hanno questi parlamentari, che sono parlamentari a pieno titolo come tutti gli altri parlamentari italiani. Forse, in questo senso, uno sforzo di dibattito all'interno del Parlamento lo gradirei di più.
Io ho avuto un problema - e ce l'ho ancora - su questo argomento: ad esempio, ho dovuto inventare una procedura - ho chiesto alle Commissione riunite la volta scorsa - per l'illustrazione di questo piano, perché teoricamente avrei dovuto cominciare dal CGIE e mi sembrava profondamente scorretto, da vecchio parlamentare, che non fosse il Parlamento, dove siedono oggi i parlamentari italiani eletti all'estero, il primo ad essere informato di questa operazione. Devo dire che ho avuto la comprensione da parte del CGIE, ieri, ma questo ha presentato alcune difficoltà.
Dopo aver ringraziato Tremaglia, vorrei eliminare un altro problema, lo dico senza alcuna acrimonia di tipo personale. Se le decisioni vi sembrano strambe, irrazionali e dettate da follia, è chiaro che diventa difficile discutere in sede parlamentare. Vi prego, almeno, di immaginare che, se pure possa darsi che abbia sbagliato tutto, non sono né strambo, né folle né irrazionale.
Mi sono sforzato di spiegare la razionalità di questo ragionamento ma non ci sono riuscito, e questo può capitare.
Una cosa che mi ha colpito è che nessuno mi ha chiesto, in questo Parlamento, di che cosa stiamo parlando, ed è strano. Noi stiamo parlando delle 122 ambasciate che ha l'Italia nel mondo, di 110 consolati, di 89 istituti di cultura, 117 uffici dell'ICE, di 140 camere di commercio e 24 uffici ENIT. Vi informo che questa, rispetto a Germania e Inghilterra, è la più ampia rete di un Paese europeo. È un primo dato di fatto, non sto dicendo che è sbagliato ma sto dicendo che questo è un dato di fatto.
Prendete atto - seconda osservazione, qui ringrazio Mario Barbi che l'ha detto - che per una scelta che non oserei dire di politica di questo Governo ma, più amaramente, di considerazione della politica estera all'interno della politica italiana nel suo complesso - perché non mi sembra che i governi di centrodestra siano molto diversi dai governi di centrosinistra, da questo punto di vista -, si continua a ridurre la capacità di spesa del Ministero


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affari esteri e questo è, per me che gestisco questa realtà, in questa sede un dato di fatto.
Condivido, da parlamentare, l'opinione dell'onorevole Barbi, ma come un uomo di Governo devo agire all'interno della realtà nella quale sono costretto ad operare. Anche noi, al Ministero degli esteri, riteniamo che non sia dato alla funzione, al ruolo della nostra rete diplomatica, alla nostra rappresentanza all'estero e alla nostra politica estera, il supporto economico, finanziario e organizzativo che si dovrebbe dare a una politica di questo genere.
Se abbiamo la più grande rete rispetto ad alcuni partner europei, siamo assolutamente sotto il livello medio di destinazione di risorse al Ministero affari esteri in percentuale al prodotto interno lordo.
Purtroppo potremmo fare un comizio su questo argomento, ma questo è un dato di fatto da cui vi prego di partire. In altre sedi e in altro luogo sono disponibilissimo ad affrontare l'argomento.
Seconda questione - qui rispondo, in parte, anche a Marco Fedi -: prima di tutto questo è un piano che viene presentato non per tagli disposti dalla legge finanziaria,. Quello che era stato presentato, dai miei predecessori, non perché erano di altra parte politica ma perché altre erano le esigenze, furono tutti piani - fase uno e fase due, mi pare si chiamassero - decisi per tagli richiesti dalla legge finanziaria.
Questo è un piano che non nasce da esigenze finanziarie, non nasce da imposizioni di carattere economico, se non quelle del quadro complessivo, ed è la prima volta, se mi è consentito darmi almeno un merito, che si presenta un piano triennale.
Io credo che nessuno abbia valutato che questo piano prevede il terzo trimestre del 2009, tutto il 2010 e tutto il 2011. È un piano che non chiudiamo domani mattina.
Faccio riferimento a Detroit: adesso che la FIAT ha chiuso con la Chrysler siamo tutti bravi a dire «non ci avete pensato»; però vorrei dire onestamente che questo piano è nato sei o sette mesi fa, la FIAT non aveva ancora comprato la Chrysler, l'ha comprata 15 giorni fa e vi informo - testimone l'onorevole Barbi, che ieri era presente in CGIE - che ufficialmente è stato detto che Detroit slitta al secondo semestre del 2011, fatto salvo che valuteremo tutto quanto avverrà nel corso del 2010 e che siamo disposti, su Detroit, a cambiare opinione se, come dite voi - ma fatemi fare i conti - questi 2 o 3 mila operai e tecnici della FIAT che dovrebbero arrivare muteranno i dati in base ai quali noi abbiamo fatto un ragionamento.
Detroit è «in sospeso» e mi auguro che tra due anni e mezzo di casi come quello di Detroit ne avvengano molti; se la FIAT comprerà la Opel, come io mi auguro, probabilmente rivedremo anche le strutture della Germania, per decidere se avere una sede ad Hannover o Mannheim o da qualche altra parte. Questo non si sa, lo vedremo, magari dovremo aprire una sede dove si trova la sede della Opel.
Vorrei dare un'ulteriore informativa a Fabio Porta, che sicuramente conosce già. Non è che tutte le volte che parliamo di questo ragionamento bisogna subito cominciare a piangere sui soldi. Visto che ve ne siete lamentati e ancora oggi il discorso è stato ribadito, sappiate che ieri, in sede di CGIE, il Governo, ufficialmente - non in sede privata, ma lo dico oggi perché non potevo incontrarvi ieri mattina - ha comunicato ufficialmente che, per quanto concerne la lingua e la cultura italiana - ovviamente per quanto riguarda gli enti gestori che dipendono da questa delega, perché per quanto riguarda le scuole vige una coabitazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - noi abbiamo modificato in aumento lo stanziamento.
Oltre a questo, ho anche detto - lo aggiungo e lo ripeto - che il livello che raggiungiamo nel 2009 è quello che io mi impegno, come Governo, a mantenere nel 2010. Avrei potuto forse aver un milione di euro in più, ma ho preferito avere una provvista per gli enti gestori, per il 2009, che sia sufficiente a riaprire i corsi a settembre ma garantendo che nel 2010 si ritroverà la stessa provvista, come dire che


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anche l'anno scolastico che comincia nel 2010 a settembre potrebbe essere garantito.
Secondariamente, abbiamo anche sistemato una richiesta riguardante il CGIE e abbiamo aggiunto e assunto l'impegno che, per quanto riguarda l'assistenza, pur non potendo dare la stessa garanzia in termini quantitativi, mi impegnavo a dare una garanzia che, in linea di massima, lo stanziamento del 2009 potrà essere mantenuto anche per il 2010.
Io non voglio sentirmi dire «grazie» ma vorrei solo che, quando si discute fra di noi, alla base della nostra discussione ci siano fatti reali, perché facendo solo affermazioni generiche non andremo mai a casa.
Vorrei ora affrontare il discorso di questo piano triennale. Io credo di rivolgermi a persone che sanno di politica; un piano triennale non è un diktat, non è un vangelo, non è nemmeno la Costituzione di uno Stato: è un percorso, un programma in cui il Governo ha presentato al Parlamento un piano che dura due anni e mezzo, e questo già vi dice che in questi due anni e mezzo non vi saranno ragionamenti diversi che non siano già contenuti in questo piano. Si può dire che questo non conti niente, ma questo è.
Questo piano non è nato improvvisamente per una stramberia. Mi sono stati chiesti dei dati e sono stati fatti dei ragionamenti sulla base dei dati che possiamo assumere e che sono: il numero dei cittadini italiani residenti nelle aree dei consolati e, di conseguenza, quanti visti, quanti passaporti, quanti documenti, quante richieste sono fatte in ogni sede; poi abbiamo analizzato anche un altro dato, che può essere solo attenuato dalle distanze, penso agli Stati Uniti e all'Australia, che è il numero degli addetti per cittadini italiani residenti. Ad esempio, gli Stati Uniti, che hanno certamente il problema di Philadelphia - poi entrerò più di voi nel dettaglio - hanno un rapporto funzionario/numero di abitanti, ovviamente italiani residenti all'estero, che è il migliore di tutta la nostra rete consolare.
Negli Stati Uniti abbiamo un funzionario per circa 900 cittadini italiani residenti. Questo non mi sembra un elemento da poco, altri Paesi hanno proporzioni ben diverse. Questo elemento, più il numero dei documenti emessi, più una valutazione geopolitica, sono alla base di un ragionamento. C'è, quindi, una razionalità, può sembrare irrazionale ma c'è una razionalità.
Non so perché nessuno ha mai parlato del consolato di Madras o del consolato di Dubai, che non hanno rilevanza dal punto di vista degli italiani nel mondo ma per noi Dubai rappresenta 6 miliardi di euro all'anno di interscambio. Allora: quando parliamo di rete, noi non abbiamo pensato agli italiani nel mondo come elemento normale; abbiamo tenuto conto anche - e qui rispondo - della parte commerciale. Tra l'altro, il Presidente Dini mi aveva chiesto, in altra sede - se volete mi sono anche documentato per rispondervi - quali sono i criteri e le strutture che noi abbiamo per lo sviluppo dell'internazionalizzazione delle imprese italiane.
Questo per dire che anche la parte commerciale - e un'altra parte di cui vi dirò dopo - è un elemento che va considerato insieme a quello degli italiani nel mondo. La rete consolare è una rete che riguarda in particolar modo gli italiani nel mondo, ma in alcuni luoghi non ci sono cittadini italiani, oppure ce ne sono in quantità talmente ridotta da non incidere sull'attività del consolato.
C'è poi un terzo tipo di consolato, di cui voi non avete parlato, che è il «vistificio», cioè il consolato che rilascia visti. Il consolato generale di Mosca rilascia 404 mila visti all'anno. I consolati di Kiev e di Shanghai servono Paesi con i quali noi abbiamo buoni rapporti commerciali. Tutti sappiamo, ed è inutile che lo nascondiamo, che attraverso questi visti, nonostante i controlli, passa anche parte dell'immigrazione irregolare, ma questo fa parte del gioco.
C'è, quindi, anche un'altra realtà di consolati ai quali noi dobbiamo guardare, che sono quelli dedicati a rilasciare visti.


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Vi prego, dunque, di prendere atto che questa razionalizzazione non riguarda solo la rete a servizio degli italiani nel mondo, ma tutti i consolati. Può sembrare che questa razionalizzazione, sostanzialmente o particolarmente, abbia come oggetto gli italiani nel mondo, ma questo accade perché, alla fine, fatto questo grande lavoro, tenuto conto delle distanze o meno, l'area complessiva che è facilmente aggredibile è in Europa, anche perché ci sono sistemi di mobilità tra la Svizzera, la Germania la Francia migliori di quelli di altri Paesi. Il corpo centrale di questa razionalizzazione tocca l'Europa.
In questo senso, capisco che appaia come una questione riguardante gli italiani nel mondo, invece io vi dico che riguarda l'Europa, e questo per due motivi.
Vi siete dimenticati - mi dispiace, ma adesso risponderò anche con grande attenzione a quello che ha detto Fedi - che nella mia introduzione avevo accennato al fatto che, nella prima quindicina di ottobre io chiederò, come ha ricordato il presidente Stefani, la possibilità di fare una audizione a Bruxelles - sarà una cosa forse innovativa - perché voglio che in quella sede venga presentato il piano dell'informatizzazione.
Non posso parlarne adesso perché nemmeno io conosco date e modelli certi di attuazione, però ve lo comunicherò nel momento in cui vi potrò garantire - nei limiti in cui può dare garanzie un sottosegretario rispetto ai funzionari - quello che vi verrà presentato, di cui vi ho anche anticipato la suddivisione in tre fasi, ovvero che si partirà prima da un taglia code e poi si forniranno altri servizi.
Tuttavia, questo progetto vi sarà presentato nel momento in cui questa informatizzazione sarà credibile, altrimenti ogni volta che ne parlo mi rispondete che sono vent'anni che si parla di informatica, ma non succede mai niente.
Io, quindi, non ve ne parlo, ma vi dico che c'è una componente che a metà ottobre vi presento a Bruxelles, occasione in cui mi auguro che funzioni il modello prototipo, di cui anche io sono curioso.
Tuttavia, soprattutto mi auguro, com'è stato detto e ribadito anche oggi, che possa funzionare e che de visu vi saranno presentati i piani. Nel frattempo, vi posso dire che c'è comunque un piano che, se verrà confermato a metà ottobre, partirà dai primi di gennaio del 2010, guarda caso quasi in parallelo con questa razionalizzazione.
Se questa è la seconda parte del piano - e credo di aver risposto, in parte, a una corretta osservazione che mi è stata fatta da Marco Fedi - alla prima parte del mio discorso va unito ciò che ci sarà presentato a ottobre, e il piano diventa complessivo.
Se pensate all'informatizzazione, la razionalizzazione che c'è all'interno di questo piano è evidente. L'informatizzazione cui noi puntiamo è quella di cui si è sempre parlato: chiamiamolo «consolato digitale», anche se non è una corretta definizione; vorrei chiamarlo «sportello informatico» perché non voglio illudere che un robot possa sostituire un console, per essere chiari.
Avvalersi dell'informatica non significa solo informatizzare gli uffici del consolato, ma anche poter portare sul territorio una presenza di servizi collegati a consolati strutturati. Questa informatizzazione non riguarda solo l'Italia, ma è la strada che stanno percorrendo quasi tutti i Paesi europei, in modo da avere strutture sul territorio forti e attrezzate.
Ad esempio, attorno alla realtà del territorio di Zurigo sarà predisposto il numero di punti di servizio al consolato che riterremo adeguato.

MIRKO TREMAGLIA. E per quanto riguarda i CGIE e i Comites? Mi pare che dei Comites ce ne siamo dimenticati, eppure sono quelli che vengono eletti.

ALFREDO MANTICA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Per quanto concerne il CGIE, abbiamo presentato esattamente questo piano ieri al comitato di presidenza. Nella mia poca conoscenza dei sistemi, penso che il CGIE sia anche rappresentante di un sistema di Comites e


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InterComites; molti dei membri del CGIE sono rappresentanti del territorio. Io, come previsto dalla legge da lei formulata, onorevole Tremaglia, ne ho parlato alla presidenza del CGIE. Se riteniamo di dover fare un discorso più allargato, io al dibattito non mi sottraggo mai.
Quando ho presentato questo piano, che ha in parte scandalizzato, hanno cominciato a dire che in Belgio sono interessate la regione fiamminga e quella vallone, in Germania ci sono quattro poli, in Svizzera ce ne sono cinque. Ho sempre fatto riferimento ad aree geografiche in cui abbiamo sostanzialmente insediato un consolato generale.
La Svizzera - l'avevo anche precisato - per le sue caratteristiche storiche è quella meno visibile da questo punto di vista, perché ha una grande tradizione di presenze sul territorio di agenzie consolari o di sistemi di presenza di questo tipo e ha mezzo milione di cittadini italiani che sono, in un piccolo territorio, una grande presenza; tuttavia, anche per la Svizzera c'è un tentativo di recuperare questo concetto.
Come base fisica, come base di impiegati, come base di diplomatici individuiamo dei consolati generali a cui corrisponde un'area, nella previsione - stiamo parlando di fine 2011, non di una cosa che avviene domani mattina - che, lungo questo percorso, attorno a questi sistemi, chiamiamoli di «atomi» o «nuclei» centrali di un sistema, si possa immaginare una rete di servizio che, ovviamente, faccia capo sempre al consolato generale.
Tanto per essere chiari, io non vi parlerò mai di passaporti distribuiti dai consolati digitali perché penso che facendo il passaporto una volta ogni dieci anni non sia questo il documento che crea disagio al cittadino italiano quando ha bisogno del rinnovo: ogni dieci anni, probabilmente, può anche recarsi al consolato, ma non è escluso che l'informatica possa risolvere anche questo problema, di certo non entro due anni.
La razionalizzazione tocca l'Europa per ovvi ed evidenti motivi, è la struttura più storica che riguarda il nostro Paese. C'è un'evoluzione - di cui prendo atto e di cui ho parlato anche ieri al CGIE - dell'integrazione europea; ieri ho fornito un dato, che anche voi conoscete: abbiamo aperto le sezioni consolari per il voto per le europee e abbiamo avuto meno di 60 mila votanti, ovvero quasi la metà di quelli che abbiamo avuto cinque anni fa. Questo io lo trovo un fatto assolutamente positivo, vuol dire che c'è una partecipazione sempre più diretta e immediata alla vita alle vicende politiche del Paese in cui si è residenti e quindi si utilizza anche l'opzione di votare per i rappresentanti di quel Paese. Devo tener conto che c'è un'evoluzione anche in questo senso, in Europa.
Queste sono le premesse; se avete bisogno dei dati quantitativi numerici per consolato non ci sono problemi, dobbiamo fare le fotocopie ma il ministro Sanfelice le può fornire.
Abbiamo anche detto che questo discorso sarebbe partito nell'ultimo trimestre del 2009, quindi dopo l'incontro di Bruxelles. Le prime azioni, se andate a vedere, sono quasi tutti declassamenti, che sono 5 su 22, quindi non è vero che chiudiamo 22 consolati, ne chiudiamo 16, più un'ambasciata.
In merito alla creazione di un tavolo di concertazione, io devo dire che di questa parola, che ricorre molto nel linguaggio politico italiano, ho un po' paura, ma vorrei spiegarmi. Io non rifiuto il tavolo, ma ritengo che ognuno debba avere il suo ruolo.
Credo che al Governo spetti il compito di governare. Il fatto che il Governo venga qua e presenti un piano - e non mi pare che l'abbia presentato come un vangelo secondo Matteo, ma come un percorso e un programma di attività del Ministero - non esclude che non si possa concordare una serie di tappe di confronto man mano che il piano procede. Volete chiamarlo tavolo di concertazione? Possiamo chiamarlo tavolo di concertazione, non ho alcun problema; ma già quando dico «ci vediamo a ottobre» vuol dire fare una verifica di quello che io vi sto dicendo. Possiamo dire che a gennaio 2010 ci


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vediamo per vedere quello che è successo entro quella data. Non ci sono problemi se vogliamo stabilire un rapporto di frequenza predeterminata affinché questo piano venga mano a mano accompagnato da un controllo.
Io, però, proprio perché esistono i parlamentari italiani nel mondo che, meglio di ogni altro, conoscono le realtà locali, vorrei anche un aiuto, perché non mi sento di affermare che questo piano sia un dogma di fede; circa i dubbi avanzati, io vorrei però - lo dico con grande franchezza, perché sono abituato a dire le cose come le penso, senza girarci intorno - capirne il ragionamento.
Prendo ad esempio il caso degli Stati Uniti, che è bloccato - lo dico con grande chiarezza - da una cosa di cui nessuno di voi ha parlato. Il Governo italiano - è il Governo precedente, ma è il Governo italiano, quindi non ne faccio una questione politica - ha elevato a consolato Newark, facendo una festa eccezionale. Se si guarda il piano degli Stati Uniti, io posso affermare con coscienza che l'unico consolato da chiudere negli Stati Uniti è Newark, non Philadelphia o Detroit.
Vogliamo ragionare su quello che è il sistema degli Stati Uniti e affrontare tutti assieme un problema? Certo, è un problema politico e di immagine, perché se un anno fai la festa per l'apertura del consolato e un anno dopo lo chiudi, non credo che nel complesso facciamo una splendida figura, però un ragionamento di approfondimento sugli Stati Uniti in questo senso credo che possa e debba essere fatto.
Losanna e Ginevra costituiscono un altro drammatico problema, di cui abbiamo discusso in merito alle ragioni, ai motivi e via dicendo. Vogliamo riaprire la vicenda? Parliamone, nessuno dice che è un dogma di fede, le ragioni di Ginevra rispetto a Losanna le avete sentite; io ho sentito in questa sede perorare tanto la causa di Losanna come centro nevralgico, dall'altra parte c'è chi sostiene che Ginevra è sede delle più grandi istituzioni dell'ONU: ogni partita ha i suoi difensori e le sue ragioni; tuttavia, se quello è il modello e qualche decisione dobbiamo prenderla, questo è un altro snodo: parliamone, valutiamo, ragioniamo, ma ragioniamo di cose concrete su ipotesi di lavoro concrete, perché se continuiamo a dire che la razionalizzazione deve essere intelligente è come affermare che la sanità deve curare i malati, non abbiamo risolto il problema.
Altro nodo è questo: è stata sollevata la questione di Manchester, anche in questo caso - mi rendo conto - relativamente al problema delle distanze. Anche in questo caso, vogliamo immaginare di risolvere eventualmente il problema con l'ausilio di sportelli consolari permanenti, ovvero con questa rete di servizio informatico?
Tutti mi citano i governi federali, e sono tutti preoccupati; io sono aperto, se troviamo aiuti, soprattutto in Europa - come previsto dalle leggi europee - ad appoggiare questo nostro sistema di presenza sul territorio presso enti locali, più ne abbiamo e meglio è.
Queste però non devono essere solo affermazioni, perché tutti sono capaci di scrivere una lettera di protesta, ma poi bisogna anche agire operativamente e noi in Europa cerchiamo punti di appoggio di presenza sul territorio.
Altra cosa di cui nessuno ha parlato e sono disposto a parlare: i consoli onorari non li prendiamo in considerazione? Noi abbiamo comunità italiane nel mondo - io ho trovato italiani ovunque, anche in Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan - e quasi tutti i Paesi europei stanno rivalutando la figura del console onorario come strumento, come luogo e ipotesi cui appoggiare, eventualmente, terminali di rete di servizio. Vogliamo parlare di come possiamo usare questa ipotesi?
Vi devo dire francamente che noi abbiamo un lunghissimo elenco di consolati onorari, metà dei quali non hanno il titolare. Se posso esprimere un'opinione, scegliere un italiano all'estero in mezzo a dieci è estremamente difficile perché, come minimo, si formano due partiti.

FRANCO NARDUCCI. Visti anche certi precedenti.


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ALFREDO MANTICA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Io non ho detto che lo faccio, ho detto che è un altro strumento, vogliamo parlarne? Vogliamo vedere se vale la pena, fino a che punto? Come devono essere inquadrati?
Non dimentichiamo che c'è anche questa possibilità, che non è una opportunità che non esiste. Alcuni consolati onorari funzionano benissimo, penso a quello di Siviglia che risponde a tutte le esigenze di Erasmus e di quelli che vanno a Siviglia.
Questo è un piano, è un percorso di lavoro di cui vi abbiamo dato le indicazioni con estrema franchezza. C'è stata una reazione, di cui prendo atto, negativa e problematica. Io vi dico che questo piano l'ho comunque presentato anche al CGIE, come previsto dal regolamento e dalla legge. Su questo piano noi continueremo a lavorare, vi prego di continuare a lavorare ma entrando nel concreto.
A metà di ottobre, o nella prima quindicina di ottobre, forniremo altri elementi che si accoppiano e si integrano con questa presentazione di piano che fa capo a questi consolati generali come punti di riferimento; lo stesso discorso - qui non è scritto - varrà quando affronteremo anche il problema delle ambasciate, perché noi abbiamo la bellezza di 122 ambasciate.
Spesso abbiamo ambasciate che non sono in grado di svolgere i servizi che dovrebbero svolgere; come stanno facendo molti Paesi dell'Unione europea, eventualmente anche collegandoci ad essi stiamo costituendo grandi sedi di ambasciate con le dovute strutture, delle «antenne» sul territorio dove molti dei nostri ambasciatori - come credo anche voi sappiate - hanno deleghe oltre a quella presso il Paese in cui hanno sede. Questo discorso fa parte di un altro ragionamento che non dobbiamo affrontare in questa sede, ma voglio dirvi che stiamo pensando e parlando anche di ciò.
Ci vediamo a ottobre; dopo la presentazione vorrei un'audizione che proceda nel completare le discussioni di questo piano e, se vogliamo chiamarlo tavolo di concertazione, io non ho problemi.
Io credo che questo sia il lavoro vero: a me spetta il compito di promuovere, indicare e presentare dei piani che, vi giuro, sono frutto di un lavoro fatto dall'amministrazione del Ministero degli esteri e che tiene conto, ovviamente, anche di quanto detto oggi.
A conclusione - poiché è presente, lo cito - vi dico che l'onorevole Berardi è stato il primo ad inviare una lettera sul consolato di Detroit ponendo il problema e gliene diamo atto. Io non ci avevo pensato e ne chiedo scusa. Questa lettera l'ha scritta al Ministro Frattini e da lui avrà un riscontro per iscritto nel quale è contenuta una risposta che vi anticipo: gli 8 milioni e mezzo di euro non sono presi e messi in tasca per dire che sono stati risparmiati 8 milioni e mezzo, ma servono per utilizzare e sviluppare la rete secondo un nuovo programma. Questo lo dice il ministro, non io.
Quindi, io non vi ho mai detto - e torno a ribadirlo - che il risparmio è il primo obiettivo di questa razionalizzazione. È ovvio che, se risparmio, se alla fine qualcosa resta attaccato al progetto, credo nessuno si possa offendere, ma non è questo il primario obiettivo.
Il primario obiettivo è la consapevolezza che noi non possiamo continuare a reggere, in questa situazione, una struttura che ha praticamente sedi e presenze italiane in 140 paesi del mondo. Non riusciamo più, e dobbiamo rendercene conto.
O voi ed io siamo capaci di raddoppiare gli stanziamenti per il Ministero degli affari esteri, oppure questa è la realtà nella quale lavoriamo. Da qualche parte occorre iniziare, è un problema che abbiamo. Noi abbiamo pensato di cominciare in questo modo, avendo un piano di due anni e mezzo.
Io vi prego, non dico di dare fiducia al Governo, ma di credere perlomeno che l'azione del Governo è basata su dati obiettivi - se volete ve li posso consegnare - e su una valutazione complessiva fatta con gli ambasciatori di tutti i Paesi nei quali si è indicata una opportunità di chiusura o di cambiamento o di declassamento


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che è frutto del lavoro di un team, di un'organizzazione all'interno del Ministero degli affari esteri.
Possiamo avere sbagliato, non voglio dire che il nostro progetto è il vangelo, però è una proposta di piano, un piano sul quale noi ci avviamo a lavorare e voi dovreste avviarvi a confrontare, a controllare, a verificare ed eventualmente a modificare e implementare il piano che noi vi abbiamo presentato. Il Governo crede che questo sia il modo più corretto e più trasparente per procedere. Con questo credo di avere chiuso la mia replica.

PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario di Stato agli affari esteri Alfredo Mantica e i colleghi intervenuti.
Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna degli interventi scritti fatti pervenire dai colleghi Laura Garavini, Aldo Di Biagio e Marco Fedi (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,05.


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ALLEGATO

INTERVENTO DEL DEPUTATO LAURA GARAVINI

Gentile signor sottosegretario Mantica,
mi è impossibile partecipare al prosieguo della Sua audizione a seguito del fatto che devo necessariamente trovarmi in aula per la presentazione di un question time al Ministro Maroni. Nello scusarmi per l'assenza Le lascio alcune considerazioni e domande scaturite dal Suo intervento, certa del fatto che vorrà porvi attenzione.
Vorrei innanzitutto lamentare la mancanza di una strategia complessiva nella quale collocare il piano da Lei illustrato: si ha l'impressione che con le chiusure da Lei preannunciate si sia proceduto a tagli velleitari, casuali, dettati semmai da piccole logiche di bottega invece che di un programma serio che si sforzi di coniugare risparmi eventualmente necessari con il mantenimento di efficienza e di garanzia di servizio.
Perché il problema non è rappresentato da eventuali declassamenti da Consolato generale a semplice Consolato. Il problema sono le chiusure delle strutture, il fatto che i connazionali vengano costretti a percorrere migliaia di chilometri per ottenere quei servizi pubblici che spettano loro come passaporti, documenti, informazioni.
E non ci si venga a dire, signor Sottosegretario, che il Consolato telematico risolverà ogni problema. Se sostiene questo, dimostra di non conoscere sufficientemente la realtà dei nostri connazionali all'estero. A parte il fatto che Lei sa bene che per implementare il sistema, al di là di qualche sede di eccellenza, saranno necessari ancora diversi anni. Ma le nostre comunità italiane all'estero sono estremamente eterogenee. Ci sono sì tanti giovani con grandi competenze, ma anche numerosissimi connazionali per i quali non è quotidiano disporre delle attrezzature e delle competenze idonee a ricorrere al Consolato telematico, cioè non dispongono di un Pc né di internet? E come dovrebbero fare per l'ottenimento del passaporto digitale per cui è assolutamente necessaria la presenza fisica in Consolato?
Risulta inoltre incomprensibile come si possa procedere a dei tagli così devastanti per risparmiare una cifra che Lei stesso ha definito irrisoria nel contesto del bilancio generale del MAE. Ancora una volta (come già per i tagli in finanziaria sui corsi di lingua e cultura) si tagliano risorse che, per il bilancio statale sono bazzecole, ma all'estero sono destinate a provocare danni incalcolabili.
Alla luce di queste premesse vorrei porLe i seguenti quesiti:
Lei è al corrente del fatto che ci sono autorità straniere che hanno fatto pressioni sulle nostre istituzioni all'estero denunciando la chiusura di diverse strutture consolari? Si rende conto del danno d'immagine che il nostro Paese subisce non solo nei confronti dei nostri concittadini, ma anche nei confronti delle autorità straniere di residenza?
Ammesso che si arrivi all'effettivo risparmio preannunciato di 8.300.000 euro a partire dal 2012, ci si è chiesto se non sarebbero sufficienti altre misure di risparmio che andassero però a mantenere in vita le strutture?
Qui si espropriano i cittadini dei loro legittimi diritti, costringendo decine di migliaia di connazionali a percorrere distanze lunghissime per ottenere quei servizi di cui hanno bisogno e che spettano loro. Ma prima di decidere dall'alto sulla chiusura di tutte queste sedi (e non entro nel merito delle singole territorialità perché il piano nel suo complesso è talmente irrazionale e illogico che credo sarebbe errato criticare la chiusura di Mannheim piuttosto che quella di Norimberga, quella di Liegi piuttosto che quella di Manchester) vorrei sapere, signor Sottosegretario, se si sia valutata l'ipotesi di procedere al declassamento dei Consolati generali in semplici consolati? Oppure se si è valutata


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l'ipotesi di accorpare le diverse Ambasciate presenti a Bruxelles? O ancora se si è presa in considerazione la possibilità di applicare risparmi presso le singole sedi di Ambasciata? Già nelle avvenute fasi di razionalizzazione della rete diplomatica si è andati a colpire esclusivamente i Consolati, vale a dire gli organi deputati alla fornitura dei servizi ai cittadini, costringendoli già adesso a condizioni di lavoro disagiate. Mentre non si è affatto inciso sulle rappresentanze diplomatiche di Ambasciata.
Inoltre si è presa in considerazione la possibilità di stilare convenzioni bilaterali con i paesi ospitanti onde consentire che siano le amministrazioni locali a fornire tutta una serie di documenti? Il Governo Prodi aveva iniziato a lavorare in questo senso, incontrando la positiva reazione delle nostre comunità, soprattutto in Europa. Si è proceduto alla presa di contatti a livello bilaterale per sondare la fattibilità di forme di collaborazione di questo tipo?
E inoltre a che punto è la convenzione tra Mae e Cepa, affinché i patronati presenti e radicati da decenni all'estero possano istruire tutta una serie di pratiche usualmente fornite dai Consolati? Questi organismi potrebbero rappresentare un valido e prezioso supporto proprio nella fornitura di servizi ai cittadini.
Signor Sottosegretario, i quesiti posti rappresentano solo alcuni spunti di riflessione su ipotesi di risparmio che si potrebbero mettere in atto nel caso in cui ci fosse una reale volontà politica di razionalizzare la rete consolare. A questi se ne potrebbero sicuramente aggiungere altri nel caso in cui si procedesse ad un coinvolgimento delle rappresentanze territoriali. Temo invece che si tratti ancora una volta di un segnale di disinteresse, per non dire di disprezzo, nei confronti della collettività italiana all'estero. Mi sento pertanto di denunciare il Piano di razionalizzazione della rete consolare da Lei preannunciato e di invitarLa a considerare seriamente l'adozione di misure alternative di risparmio e razionalizzazione che evitino le chiusure proposte.

INTERVENTO DEL DEPUTATO ALDO DI BIAGIO

Cari colleghi, gentile sottosegretario,
il clima di queste settimane è stato letteralmente infervorato da polemiche e preoccupazioni a causa di questa escalation di chiusure, circa 20 sedi consolari, individuate dal Ministero degli Affari Esteri.
Siamo ben consapevoli di non trovarci dinanzi ad una scelta puntuale del Governo, e certamente condanniamo chi ha avuto il desiderio di associare le due cose.
Siamo semplicemente dinanzi ad una maldestra e certamente poco razionale, riorganizzazione amministrativa di un Ministero, che aveva bisogno di tagliare e di contenersi nelle sue spese, e l'ha fatto nel peggiore dei modi.
Le voci di polemica che si sono levate contro il Mae sono veramente tante: molti fanno finta di polemizzare e di criticare queste false scelte strategiche
Infatti molti criticano ed additano i referenti del Mae senza però offrire validi progetti alternativi e senza cercare tavoli di discussione attraverso i quali tener conto di altre soluzioni.
Noi prendiamo distanza da questa contestazione di facciata perché crediamo che nella concretezza si arrivi a molto, senza il bisogno di urlare.
Allo stesso tempo intendiamo prendere le distanze da chi ha inteso condannare il Sottosegretario Mantica, come unico artefice di questi tagli, quasi a volerlo identificare come una sorta di capro espiatorio di tutta una amministrazione.
L'elemento più amaro che abbiamo inteso evidenziare allo stesso ministro Frattini, sta proprio nel fatto di non essere stati coinvolti e di non essere stati interpellati sulle scelte del ministero e sui progetti di ridefinizione della sua rete all'estero.
Ma a tal riguardo, condividendo il pensiero dei colleghi eletti all'estero del PdL, siamo fiduciosi ed auspichiamo la predisposizione di un progetto condiviso e soprattutto ragionato che ci permetta di


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arrivare, carte alla mano, a soluzioni che non compromettano la tranquillità delle nostre comunità all'estero.
Le chiediamo signor sottosegretario, di avere il tempo per riflettere e per farlo tutti insieme.
Già con i colleghi sono stati predisposti dei tavoli tecnici nei quali sono stati analizzati, consolato per consolato, le varie spese, le varie eccedenze e quanto potrebbe essere tagliato qualora si intendesse procedere ad un declassamento di questi piuttosto che ad una chiusura.
Abbiamo provveduto ad elaborare delle tabelle tecniche che, focalizzate sulle venti sedi potenzialmente in chiusura, ci permettono di poter evidenziare che un loro declassamento permetterebbe un risparmio superiore ai 5 milioni di euro.
Dato certamente non sottovalutabile da parte del dicastero. Il nostro obbiettivo prioritario sarà quello di portare la Farnesina ad una responsabilizzazione delle sue scelte/ e della tremenda ricaduta che queste avranno sulle nostre comunità all'estero.
Qualora dovessimo assistere ad un ulteriore diniego da parte di questo ministero, sarà dura la nostra opposizione e la nostra protesta con tutti i mezzi che saranno nelle nostre disponibilità.
È inaccettabile che si proceda in questa direzione, è inaccettabile che i nostri connazionali debbano fare chilometri per ottenere un documento, ed è inaccettabile che sopravvivano sacche di spreco
così evidenti, lasciate praticamente inalterate.
È inaccettabile che proprio in quelle regioni in cui è forte la presenza dei nostri connazionali e dove le attività del sistema Italia sono forti e radicate si proceda con la soppressione dei riferimenti consolari: garantire il giusto supporto ed i servizi agli italiani all'estero e alle nostre imprese operanti oltre confine dovrebbero essere una priorità per questo ministero.
Siamo in prima linea contro questa posizione, ed auspichiamo una rettifica di quanto individuato nelle scorse settimane.

INTERVENTO DEL DEPUTATO MARCO FEDI

Congelare la decisione di declassare e chiudere 22 consolati nel mondo ed attivare un tavolo di discussione con il Parlamento. Questa è la proposta avanzata dall'On. Fedi in sede di audizione del Sottosegretario di Stato agli affari esteri, Alfredo Mantica, davanti alle Commissioni Esteri riunite di Camera e Senato. Un tavolo di discussione che consenta anche ai parlamentari di conoscere e di approfondire adeguatamente il progetto per la realizzazione del consolato elettronico.
Da Adelaide a Brisbane fino a Durban, nella ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide, dall'America del Nord all'Europa, le annunciate chiusure di Consolati hanno sollevato forti proteste e manifestazioni di dissenso rispetto alla scelta del Governo e forme più o meno velate di preoccupazione anche dai Governi locali.
Nella capitale dello Stato del South Australia, Adelaide, la voce di protesta è arrivata in Parlamento. La preoccupazione si ritrova nelle parole di una mozione, nelle posizioni unitarie di parlamentari di maggioranza e opposizione, nel comunicato del Premier statale Mike Rann.
La forte richiesta di invertire il senso di marcia, di non adottare questa decisione annunciata, di mantenere inalterati i rapporti con gli Stati, rappresentano una aperta critica al Governo, ma allo stesso tempo, paradossalmente, anche un apprezzamento per il lavoro svolto negli anni dalla nostra rappresentanza e dal personale consolare.
Eppure invece di unirci nell'affermazione di principi, di fare squadra attorno all'idea di servizio per le comunità e di azione diplomatica con gli Stati - che negli anni ci hanno consentito di raggiungere importanti traguardi bilaterali - ci dividiamo tra interessi geografici, tra personale di ruolo e a contratto, tra chi pensa si possa spendere meglio, eliminando il superfluo, e chi vede solo le urgenze ed i buchi da tappare con i tagli.


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Credo questo sia il momento dell'azione comune. Dobbiamo lavorare affinché il Governo fornisca elementi di chiarezza su come intende gestire i servizi. Condivida le strategie di medio e lungo corso, la politica di investimenti, le soluzioni per sopperire alla chiusura di sedi nel mondo.
Non ci sono vincitori e vinti, ma solo un Governo che appare sempre più disperato nel racimolare risorse che andranno a tante cose fuorché quella rete consolare, che invece chiede investimenti proprio per essere adeguatamente riorganizzata.
Ora vedete la logica non può essere quella della distanza: forse in Europa un ragionamento strettamente «podistico» può essere adottato.
Oggi abbiamo un secondo compito: dire chiaramente che tipo di Paese vogliamo essere e che tipo di organizzazione vogliamo darci per esserlo anche all'estero.
Ci dica il Governo come intende realizzare una vera riorganizzazione. Ci presenti un programma serio di lavoro e su quello - anche da posizioni diverse - potremo discutere e confrontarci. Ciò che abbiamo davanti è l'ennesima manovra di riduzione dei costi - peraltro anche costi minimi se a regime nel 2012 si parla di una risparmio di 8 milioni di euro. Nei prossimi giorni e mesi ciascuno, con le proprie responsabilità, dovrà operare per invertire questo metodo di lavoro, per non arrivare alle emergenze e per garantire ai cittadini italiani i servizi che meritano - e non solo quelli che lo Stato italiano è in grado di fornire - e per rafforzare la nostra presenza diplomatica all'estero anziché indebolirla. Crediamo sia possibile realizzare risparmi da investire nel rafforzamento e nell'ampliamento della rete consolare, che deve poter arrivare anche in nuove realtà in cui è necessaria la presenza della nostra diplomazia e della nostra rete di servizi ai cittadini italiani, sia attraverso tagli alle spese amministrative che attraverso l'utilizzo dei consolati onorari e degli sportelli di servizio.

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