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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(IV Camera e 4a Senato)
6.
Mercoledì 14 dicembre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Cirielli Edmondo, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione del Ministro della difesa sulle linee programmatiche del suo Dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Cirielli Edmondo, Presidente ... 3 15 18 21 23
Beltrandi Marco (PD) ... 23
Biancofiore Michaela (PdL) ... 14
Bosi Francesco (UdCpTP) ... 7
Chiappori Giacomo (LNP) ... 22
Cicu Salvatore (PdL) ... 3
Del Vecchio Mauro (PD) ... 10
Di Paola Giampaolo, Ministro della difesa ... 16 18 21 23
Germontani Maria Ida (ApI-FLI) ... 10
Gidoni Franco (LNP) ... 6
Laganà Fortugno Maria Grazia (PD) ... 14
Mogherini Rebesani Federica (PD) ... 12
Paglia Gianfranco (FLpTP) ... 8
Ramponi Luigi (PdL) ... 9
Rosato Ettore (PD) ... 23
Rugghia Antonio (PD) ... 4
Villecco Calipari Rosa Maria (PD) ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia (Grande Sud): Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.

COMMISSIONI RIUNITE
IV (DIFESA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
E 4a (DIFESA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 14 dicembre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA IV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI EDMONDO CIRIELLI

La seduta comincia alle 14,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro della difesa sulle linee programmatiche del suo Dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro della difesa, Ammiraglio Giampaolo Di Paola, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.
Comunico che per la seduta odierna sono già pervenute alla presidenza le richieste di intervento da parte dei rappresentanti dei gruppi. Successivamente potranno intervenire i colleghi che ne hanno già fatto richiesta. Ulteriori iscrizioni a parlare dovranno pervenire alla presidenza entro i prossimi venti minuti.
Do, quindi, la parola ai colleghi che si sono iscritti, iniziando dall'onorevole Cicu.

SALVATORE CICU. Grazie, presidente. Signor Ministro e onorevoli colleghi, ho avuto modo di apprezzare la relazione svolta nella precedente seduta e di coglierne, nei diversi passaggi, la qualità e anche gli obiettivi.
Credo che parlare oggi del sistema Paese e del sistema della difesa e della sicurezza del Paese stesso sia uno degli aspetti centrali e importanti, anche per la possibilità di capire che cosa sta accadendo in questa fase.
Signor Ministro, lei ci ha parlato di una continuità nella visione, nell'azione, nella programmazione e negli obiettivi che, però, deve tenere conto di aspetti fondamentali, come il rigore, l'equità e la crescita. Lei ha anche ampiamente illustrato che cosa intende per rigore e, in maniera particolare, per crescita.
Io sono convinto, signor Ministro e onorevoli colleghi, che accanto al rigore, all'equità e alla crescita, noi dovremmo investire in un altro aspetto: quello culturale.
Lei ha ricordato anche le riforme di quest'ultimo decennio e noi sappiamo che, passando dal sistema basato sulla leva - ossia quello dei soggetti chiamati - a quello professionale, il nostro Paese ha finalmente vissuto la fase del riconoscimento da parte dell'opinione pubblica del ruolo e della funzione delle nostre Forze armate, in maniera particolare nei teatri operativi e nelle missioni internazionali. Prima, nel sentimento della nostra nazione e del nostro popolo, era poco percepito, capito, sentito e diffuso quale fosse questo ruolo e quale importanza avesse.
Aggiungo, inoltre, e Lei comunque lo ha sottolineato, che la credibilità in Europa e nel mondo dell'Italia cresce se cresce l'autorevolezza della sua partecipazione nel compito e nel ruolo che le Forze armate in quest'ultimo decennio hanno vissuto. Questo aspetto viene capito poco dalla


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nostra opinione pubblica, ma viene capito e percepito poco anche dalle nostre istituzioni.
Credo, dunque, che questo sia uno degli aspetti fondamentali e centrali su cui il Governo, ma anche il Parlamento, si debbano muovere in accordo perché questo diventi uno degli obiettivi principali.
È evidente che abbiamo la necessità, oggi più che mai, di condividere anche un altro aspetto. Mi permetto di svolgere un passaggio di tipo squisitamente politico.
Sappiamo che cosa è successo in Spagna e qual è stato l'esito delle elezioni, ma sappiamo anche che il premier che è stato eletto potrà esercitare il suo ruolo non prima di Natale. Oggi per la Spagna parla Zapatero, il quale, con riferimento al Governo, sostiene che sarà stabile e che durerà anni. Sappiamo benissimo che Zapatero e Royal si sono a lungo contrapposti nell'attuale periodo e che anche in precedenza c'è stata una contrapposizione fortissima. Con ciò voglio dire che oggi la politica, dal momento che viviamo una fase di un governo tecnico - come ha anche sottolineato il Ministro - se vuole riacquisire il proprio ruolo, deve poter anche sotto quest'aspetto imprimere un'inversione culturale alla propria partecipazione e all'approccio rispetto ai problemi che dovremo affrontare.
A mio giudizio, nell'ipotesi contraria, considerando i tempi dell'amministrazione - e il Ministro li conosce meglio di noi perché li ha esercitati in maniera operativa e con una dimensione globale - dieci mesi rappresenterebbero un lasso di tempo molto breve.
Certamente da parte del gruppo del PdL c'è la disponibilità totale, signor Ministro, a essere protagonisti - in termini di contributo, di collaborazione e di partecipazione - nel percorso che lei ha individuato, affinché gli obiettivi che noi conosciamo e che apprezziamo vengano anche in questo lasso di tempo rafforzati e proiettati. Grazie.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Ministro, noi abbiamo apprezzato la sua relazione oltre che per la competenza, che naturalmente sapevamo che lei possiede, anche per la franchezza. Lei ha svolto la sua relazione tenendo conto della reale situazione del nostro Paese in questa grave congiuntura economica e ha fatto in modo che questa fosse la cornice per illustrare le linee guida del Governo per la difesa e per le Forze armate, che stanno svolgendo con grande onore e con grande merito un compito molto difficile nelle missioni internazionali in cui sono impegnate a supporto dei processi di pace e di stabilizzazione delle aree di crisi.
Lei ha svolto un'affermazione che a me sembra molto condivisibile, anche se estremamente cruda. Ha sostenuto, infatti, che un modello di difesa inefficiente sarebbe un modello di difesa inutile.
Io vorrei partire da questo, perché mi sembra il punto principale che noi dobbiamo affrontare in questa parte della legislatura, quando mancano poco meno di due anni alla sua naturale conclusione. C'è bisogno di sfruttare nel modo migliore questo periodo per compiere scelte - con la necessaria coerenza, ma anche con il tempo giusto - che riescano ad evitare che il nostro modello di difesa subisca sempre di più una tendenza al declino e non risulti efficiente come noi vorremmo e come ci sarebbe bisogno che fosse.
Noi abbiamo presentato, come Partito Democratico, una proposta di legge che prevede l'istituzione di una Commissione bicamerale per la riorganizzazione e la riforma del modello di difesa. Volevamo in merito conoscere anche la sua opinione, perché siamo convinti che quello di assumersi la responsabilità di riorganizzare il modello - che, ricordiamocelo, è stato riformato nel 2000 con il superamento del servizio di leva - sia un dovere soprattutto del Parlamento.
All'origine era stato previsto un numero di unità per le Forze armate di 190 mila uomini. La distanza dal 2000 alla fine del 2011 è enorme. Il mondo, che era appena cambiato con il crollo del muro di Berlino, ha continuato a cambiare e non si è trattato di cambiamenti soltanto positivi. Noi abbiamo potuto constatare che le tensioni esistenti non sono state risolte


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ma, anzi, sono aumentate e che si sono manifestati nuovi problemi per la pace e per la coesione internazionale.
C'è, quindi, bisogno di ripensare il modello di difesa anche sulla base dei cambiamenti che si sono registrati in questi anni, sapendo che lo strumento militare è lo strumento della politica estera del nostro Paese e che noi dobbiamo fare i conti con questi cambiamenti.
Abbiamo poi l'esigenza di realizzare una riflessione sul modello di difesa. Io ho ascoltato la sua relazione e mi ha confortato - possiamo stare tranquilli su questo fronte - capire che in questa fase della legislatura non sarà più il Ministero dell'economia e delle finanze a decidere anche per il Ministero della difesa, come fino ad ora abbiamo registrato.
Sostanzialmente, per effetto dei tagli lineari, abbiamo avuto un impoverimento della capacità operativa dello strumento militare e uno strumento militare inefficiente chiaramente non determina maggiori risorse a disposizione per il Paese, ma maggiori sprechi. Dobbiamo assolutamente compiere scelte coraggiose: bisogna tagliare dove è necessario, dove ci sono situazioni di inefficienza e dobbiamo recuperare dove ci sono situazioni di spreco, ma, allo stesso tempo, dobbiamo compiere le scelte necessarie per rendere il modello efficiente.
Anche per questo motivo noi pensiamo che sia necessario svolgere una riflessione in Parlamento, perché il Parlamento deve assumersi questa responsabilità. Siamo chiamati a fare i conti con la situazione del Paese e naturalmente dobbiamo trovare il giusto equilibrio fra le nostre responsabilità e ambizioni a livello internazionale e le nostre concrete possibilità. C'è bisogno di un'assunzione di responsabilità complessiva del Parlamento. Noi vorremmo che si realizzasse una discontinuità rispetto a quanto è avvenuto in questa legislatura.
Lei, signor Ministro, ha anche confermato quanto abbiamo verificato attraverso le audizioni che abbiamo svolto alla Camera dei deputati per l'indagine sull'alimentazione del modello, ossia che abbiamo bisogno soprattutto di volontari. Questi, infatti, scarseggiano e tuttavia sono necessari per poter svolgere nel modo migliore l'attività delle missioni internazionali. Abbiamo, invece, un esubero in alcuni ruoli. Parliamo soprattutto, come è noto, dei marescialli, dei sottufficiali e degli ufficiali. Ci sarebbe bisogno di organizzare il modello anche in questo senso.
I tagli lineari che sono stati fatti hanno portato ad acuire i problemi. Essi non hanno determinato alcuna modifica, ma, allo stesso tempo, hanno ingessato ancora di più il bilancio che al 65 per cento circa è rappresentato dai costi del personale. C'è, dunque, bisogno di una riflessione approfondita e di compiere scelte che sono ormai irrinunciabili.
Le volevo poi porre due questioni. Noi abbiamo svolto un'indagine conoscitiva sull'acquisizione dei sistemi d'arma. Attualmente sono in essere circa 70 programmi di armamento. Spesso questi programmi vengono rifinanziati sostanzialmente in maniera automatica. Ci sarebbe pertanto bisogno di una grande attenzione, anche in considerazione dell'impegno finanziario che il nostro Paese mette in questa programmazione.
Noi abbiamo chiesto nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva approvato da tutti - se non ricordo male, ci fu l'unanimità - un maggior ruolo per il Parlamento e per la Commissione difesa, fermo restando, naturalmente, il loro compito di indirizzo e di controllo nella verifica della bontà dei programmi e nella trasparenza delle acquisizioni. Abbiamo chiesto anche che il ruolo della Commissione, come purtroppo avviene, non si fermasse soltanto all'espressione di un parere, che è obbligatorio, ma assolutamente non vincolante e che, peraltro, viene espresso dedicandovi pochi giorni perché altrimenti scadrebbe il termine necessario per poter consentire al Governo di procedere nell'acquisizione dei sistemi d'arma.
Noi abbiamo formulato, dunque, una richiesta di maggior riconoscimento del ruolo del Parlamento e la possibilità di svolgere una più incisiva azione di controllo


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e di indirizzo su questi programmi, anche per cercare di coniugare uno dei tre capisaldi dell'azione del Governo che, in questo caso, è quello esclusivamente del rigore. Pensiamo che ci sia su questo punto la necessità di un cambiamento di rotta.
Le sottopongo, infine, un'altra questione. Abbiamo visto che non c'è stata la necessaria attenzione a sollecitare nel Parlamento europeo una politica di maggiore integrazione. Dobbiamo procedere per una politica europea comune di difesa e sicurezza e realizzare un mercato europeo comune della difesa, però, ogni volta che abbiamo chiesto di poter essere maggiormente impegnati - perché ciò dipende anche da noi e non può dipendere soltanto dagli altri - ci è sempre stata data una risposta negativa, per via del fatto che gli altri non ci credono, che c'è in campo il protagonismo dell'Inghilterra e della Francia e che non c'è la disponibilità degli altri Paesi. Io credo che molto dipenda da noi e, quindi, noi ci aspettiamo dal Governo un impegno in questo senso molto più convinto e molto più forte.

FRANCO GIDONI. Buongiorno, Ministro. Approfitto dell'occasione per rinnovarle le parole di stima e di apprezzamento già espresse dal mio collega Torri al Senato, perché sappiamo che lei è persona competente e soprattutto apprezzata anche a livello internazionale.
Volevo richiamare alcune considerazioni che lei ha svolto quindici giorni fa nel suo intervento. Gran parte della sua relazione - quasi il 70 per cento - era incentrata soprattutto sulle missioni, di cui lei ci ha fornito alcune impressioni, ribadendo alcuni concetti anche conosciuti.
È stato bravo. Infatti, noi che usciamo da alcuni anni - direi di cura «tremontiana» - in cui sul finanziamento delle missioni ci sono sempre stati passaggi difficili e un po' col contagocce dobbiamo riconoscere che lei, nell'ambito del Consiglio dei ministri, è stato colui che ha portato a casa, se mi permette, di più, essendo riuscito ad ottenere 700 milioni di euro in più rispetto al precedente decreto, che probabilmente serviranno a garantire la totale copertura per il 2012 delle missioni all'estero.
Ci sarà un decreto legge e noi auspichiamo che non sia l'unico, nel senso che non vorremmo che delle missioni internazionali se ne parlasse una volta sola, magari a stretto giro, ma che ci sia la possibilità di discutere a più riprese. Come lei ben saprà, la Lega ha una posizione piuttosto critica sulla missione in Libano, della quale lei, invece, nella scorsa occasione ha sottolineato l'importanza ribadendo anche come gli altri Paesi ci abbiano chiesto di riassumerne il comando.
Su questa missione, storicamente, noi siamo stati molto perplessi, sia per tutte le carenze che lei conosce sul mandato iniziale e sullo svolgimento della missione stessa, sia soprattutto per il fatto che oggi gli Hezbollah sono al Governo, ragion per cui quella che era la missione iniziale evidentemente è venuta un po' a cadere.
Inoltre, abbiamo alcune perplessità di cui vorremmo discutere con lei nel corso dell'anno. Lei ha dichiarato che la missione in Libia non è conclusa. Si è conclusa la prima fase, ma - per usare una metafora - c'è da gestire il post-malattia. Sarebbe anche interessante sapere, visto che corrono voci che ci sarebbe anche uno studio di pianificazione per un'eventuale presenza del nostro Esercito proprio sul territorio libico, quali sarebbero le posizioni che il Ministero della difesa intende assumere.
Lei ha rilasciato una dichiarazione a Trapani stamattina nella quale afferma che la Siria per ora non è la nuova Libia. Vorremmo anche capire sulla Siria che cosa si farà. È un problema di diplomazia, che interessa il Ministero degli affari esteri, ma, poiché non si pianificano le azioni, e lei me lo insegna, dalla sera alla mattina, vorrei capire che cosa pensa riguardo ad un eventuale nostro impegno militare in Siria. Sarà un appoggio come per la Libia, con concessione di basi e della nostra Aeronautica e delle portaerei, oppure una missione a terra, come sta accadendo in Afghanistan?


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Soprattutto vorremmo che non passasse in secondo piano anche la questione iraniana, perché pare che se la situazione prenderà una piega diversa e verremo chiamati in causa, alla fine parteciperemo e ci interessa capire se ci sarà la nostra disponibilità a fare qualcosa e che cosa in aiuto di un'eventuale missione.
In questi giorni abbiamo anche subìto un'accelerazione di alcune questioni. Mi riferisco, per esempio, al recente decreto legge di correzione dei saldi e al suo articolo 27. Lei aveva già accennato al Senato alla necessità di apportare tagli, di cui parleremo dopo, ma anche di fare cassa. All'interno della manovra l'articolo 27, comma 2, parla dei programmi militari di valorizzazione territoriale, come noto già avviati dal Governo precedente.
Infatti, il Governo precedente aveva costituito, proprio con la mission contenuta all'articolo 27, comma 2, la Difesa Servizi S.p.A. Mi piacerebbe sapere quali attori gestiranno questi beni. Si muoverà il Ministero della difesa con l'Agenzia del demanio oppure, come era stato immaginato dal precedente Governo, la Difesa Servizi S.p.A., che avrebbe dovuto procedere alla valorizzazione dei patrimoni immobiliari?
Con riguardo a tale argomento, ma questa è una parentesi, alla Lega sarebbe piaciuto che i comuni non fossero stati coinvolti solo per un'eventuale compartecipazione agli utili dell'operazione, ma che fosse stata data loro anche la possibilità, visto che si tratta di beni che comunque sono stati costruiti e gestiti negli anni con i soldi dei cittadini - almeno per quelli richiesti dai comuni per le loro attività istituzionali - di averli gratis, anziché vedersi sottrarre compendi immobiliari che potrebbero essere loro utili per essere dati in vendita sul mercato. Questa è una nostra posizione che abbiamo già più volte sostenuto.
Chiudo sui sistemi d'arma, ricollegandomi a quanto affermava il collega Rugghia. Lei ha dichiarato al Senato, per quanto riguarda la difesa, che «crescita significa dare sostegno nel modo e nelle misure appropriate allo sviluppo economico di questo Paese, in particolare ai comparti dell'alta tecnologia che più sono afferenti al settore della difesa, i quali oggi hanno più bisogno di sostegno del Paese per la loro capacità».
Volevamo anche capire che cosa intendereste fare sui sistemi d'arma. Proprio lei questa mattina ha dichiarato che ci sarebbe un'intesa di principio con la Germania sull'eventuale costruzione di un drone. Possiamo pensarla come una replica a un analogo accordo stretto da Inghilterra e Francia su apparecchiature simili, ma ci piacerebbe sapere qual è la posizione sui sistemi d'arma che il comparto difesa intenderà applicare.
Come ultima questione, lei al Senato ha anche dichiarato - al di là del fatto di aver sostenuto che il decreto salva-Italia è il migliore che si potesse emanare, ma è chiaro che l'oste sostiene sempre che il suo vino è il migliore; ciò non mi meraviglia e condivido con lei che non potesse dichiarare nulla di diverso, anche se abbiamo opinioni diverse - che, purtroppo, la linea portante della sua azione sarà rigore e ridimensionamento per la sostenibilità. L'ha ribadito questa mattina a Trapani, l'ha affermato l'altro giorno al cambio del comando tra il Generale Valotto e il Generale Graziano e, quindi, io immagino che vi sia già, all'interno del Ministero della difesa, una presa di posizione.
Peraltro, il ministero doveva già confrontarsi con la decurtazione di 2,5 miliardi di euro effettuata con la precedente manovra e noi vorremmo in tempi non dico rapidi, ma in quelli che lei riterrà congrui, capire quali sono le azioni che lei col suo ministero intenderà intraprendere proprio sul tema dei tagli, ma soprattutto sulla ridefinizione del modello. Grazie.

FRANCESCO BOSI. Molto brevemente, io ho apprezzato la relazione che ha svolto presso le Commissioni di Camera e Senato l'ammiraglio, anzi, il Ministro Di Paola. Mi sembra che abbia colto gli aspetti fondamentali dei problemi che abbiamo di fronte per quanto riguarda il comparto difesa.


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Mi limito, pertanto, ad alcune sottolineature. Forse il Ministro non sa che la Camera - peraltro, ne sono stato il primo firmatario - ha approvato all'unanimità una mozione con la quale si impegnava il Governo pro tempore a non toccare il modello a 190 mila unità fino a quando non si fosse definito il nuovo modello.
Tutto ciò non è accaduto, anche se c'è stato un voto unanime della Camera, in quanto i cosiddetti tagli lineari - che hanno coinvolto anche la difesa, andando oltretutto a tagliare non solo l'importo complessivo, ma persino i singoli capitoli all'interno del ministero e delle Forze armate, deresponsabilizzando sotto alcuni aspetti i singoli capi di stato maggiore - non hanno consentito di procedere al reclutamento per tener fede al modello a 190 mila unità.
Tutti sappiamo che si tratta di un modello oggi non più sostenibile, ma dobbiamo anche velocemente conoscere quale sarebbe il nuovo modello. Noi infatti abbiamo modificato in maniera strisciante il modello esistente approvato con legge, ma oggi non abbiamo una nuova legge che definisce un nuovo modello. Pertanto, ciò non solo non conduce a risparmi, ma alimenta sprechi, perché chiaramente, se le singole Forze armate subiscono tagli in settori che si pongono fuori da un razionale modello organizzativo, si generano alcuni sprechi.
Pertanto, chiedo e raccomando che si giunga, nei tempi più rapidi possibili, alla definizione di un nuovo modello sostenibile, che tenga conto - come ha ricordato anche il Ministro - delle ambizioni che il nostro Paese ha per il sistema della sicurezza e delle Forze armate, anche alla luce degli impegni da noi assunti in sede internazionale e che debbono essere onorati.
Inoltre, avendo ascoltato molti colleghi parlare sul tema dei programmi di armamento, osservo che questa è una materia molto delicata, perché ci sono di mezzo contratti, commesse, lavoro e industrie. Dunque, anche questi vanno modulati con molta circospezione.
Infine, auspico un rapporto migliore e più utile con le Commissioni parlamentari. Abbiamo già parlato del decreto che reca la manovra economica e io ho preso atto, con molto favore e con molta soddisfazione, che non ci sono ulteriori tagli che possano destrutturare ancor di più il sistema.
Devo rilevare che il clima nelle Commissioni difesa della Camera e del Senato è sempre stato di grande collaborazione. Non ci sono state fondamentali distinzioni tra destra e sinistra, ma si è sempre lavorato nell'interesse unico, a differenza di quanto avveniva in passato, per esempio, nella legislatura 2006-2008. Si è quindi lavorato in una prospettiva di grande collaborazione con il Ministero della difesa.
Io confermo questa positiva valutazione e auspico che si possa trovare una sede di discussione - che può essere rappresentata anche da Commissioni bicamerali - nella quale si metta a punto un nuovo modello di difesa che sia considerato sostenibile e utile. Grazie.

GIANFRANCO PAGLIA. Signor Ministro, nella sua relazione lei ha parlato delle missioni accennando anche al fatto che alcuni accordi internazionali vanno rispettati.
Io vorrei evidenziare alcuni punti. Il primo riguarda l'Afghanistan. Da tempo si afferma che nel 2014 l'Italia dovrebbe ritirarsi dall'Afghanistan. Le chiedo di valutare attentamente la questione, perché non vorrei che succeda quanto è già avvenuto in passato quando ci sono troppi morti e si tende a lasciare il prima possibile questi teatri, ossia che ciò si ritorca contro di noi a distanza di anni, come in Somalia. Al contrario, invece, in Bosnia oggi è un po' come un tempo erano i Vespri siciliani: siamo lì a fare non so che cosa.
Per quanto riguarda il Libano, a gennaio prenderemo il comando e la mia domanda è la seguente: prendere il comando significa aumentare lo staff oppure che andremo a incidere sui reparti di manovra, visto che le nostre zone di controllo restano esattamente le stesse?


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Sulla Libia era inevitabile un eventuale intervento via terra. So di un'eventuale disponibilità da parte delle nostre Forze armate a inviare una brigata e sarei piuttosto favorevole. Penso che in questo momento sia la questione principale.
Poi, giustamente, c'è la questione della riduzione del bilancio. Non me ne voglia il suo predecessore, però io partirei proprio dalla mini naja, che tutti hanno valutato una spesa inutile, e, quindi, le chiederei attentamente di capire se è il caso o meno di andare avanti in tal senso.
Ancora, lei punta molto sulla tecnologia e sui sistemi d'arma - lo ha già riferito nella prima audizione - però io inviterei lei e il suo staff a valutare quanto le espongo col cuore in mano: per i nostri militari io preferisco un F 35 in meno, ma una mimetica in più. Anche da questo punto di vista le chiedo un'attenta valutazione.

LUIGI RAMPONI. Signor Ministro, nel mio intervento sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio al Senato, oltre ad augurarle buon lavoro, rendendomi conto della difficoltà dell'impegno, ho anche posto l'accento sul fatto che questo Governo eredita - per quanto attiene al prestigio dell'Italia in ambito internazionale nel settore difesa e sicurezza e, quindi, nelle operazioni di pace - una situazione di estremo favore. È difficile in ambito internazionale riscontrare per l'Italia un livello di considerazione pari a quello che registra in ordine alla partecipazione alle operazioni internazionali e credo che lei, anche in funzione dell'incarico che prima ricopriva, lo possa testimoniare.
Poiché ho sentito parlare di discontinuità, vorrei augurarmi che vi fosse invece una continuità, che riguarda comunque tutti gli operatori della difesa, dall'ultimo soldato al Ministro, che siano di destra o di sinistra mi importa molto poco.
In realtà, debbo riconoscere che, in un Paese dove in particolare la classe politica, ma un po' tutta la società non danno la dovuta importanza, priorità o peso a questo settore - da cui deriva un ridotto bilancio della difesa in funzione del PIL rispetto ai Paesi coi quali amiamo confrontarci - il Ministero è riuscito, anche quando lei è stato Capo di stato maggiore della difesa, a impegnarsi in modo estremamente proficuo per porre comunque l'Italia in una posizione di prestigio.
Le chiedo, dunque, che non vi sia alcuna discontinuità. Capisco che lei si troverà davanti a una situazione ancora più difficile dei suoi predecessori perché nella recente manovra che ha ridotto di ulteriori 6 miliardi di euro i finanziamenti dei dicasteri, come tutti i colleghi sanno, la difesa si è vista decurtare i propri stanziamenti di ben 1,444 miliardi di euro.
Debbo anche aggiungere che, quando abbiamo discusso e approvato la legge di stabilità, la difesa non è stata in condizione di presentare un bilancio che tenesse conto degli effetti di tale decurtazione, ragion per cui noi abbiamo approvato un bilancio che, in realtà, non variava quelle parti che dovranno per forza essere toccate e segnatamente, credo per ragioni di tempestività, la parte di ammodernamento e rinnovamento.
La prima domanda è, perciò, entro quanto tempo noi potremo avere un quadro chiaro del rapporto, relativo all'anno 2012, tra disponibilità finanziaria e struttura della difesa.
Ciò premesso, con l'augurio di riuscire a continuare ad assicurare, come lei certamente saprà fare, il prestigio che l'Italia si è guadagnata con l'impegno - non parlo di sacrificio, ma di impegno - degli operatori del ministero, passo a una domanda che non è strettamente legata al suo presente, ma che fa riferimento al passato.
Qualcuno ha appena richiamato le vicende legate al 2014 e al ritiro dall'Afghanistan, accennando a ritiri preventivi e troppo rapidi che poi hanno determinato conseguenze. Veramente non me ne ricordo nemmeno uno. A parte ciò, lei è stato alla NATO e, normalmente, noi abbiamo sempre visto stabilire il momento in cui ci si doveva ritirare dagli Stati Uniti. A un dato punto Obama decide che nel 2014 bisogna ritirarsi e io le chiedo: in ambito NATO - per esempio con riguardo all'Afghanistan, nell'ambito della cui operazione


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sono impegnate anche tante altre nazioni - nel momento in cui ci si sente dire da parte americana che ci ritireremo entro un determinata data, ci si preoccupa anche di che cosa faranno l'Inghilterra, l'Italia e la Francia? Sono gli americani che dettano quando si deve andare e quando si deve ritornare, oppure nell'ambito dell'Alleanza ci si riunisce, si approva o disapprova e si raggiunge un accordo tutti insieme? Grazie.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA 4a COMMISSIONE DEL SENATO DELLA REPUBBLICA GIAMPIERO CARLO CANTONI

MAURO DEL VECCHIO. Signor Ministro, io non ero presente in occasione del suo intervento al Senato e, quindi, esprimo in questa circostanza il mio compiacimento per la funzione che sta assolvendo.
Ho letto attentamente il resoconto di quella audizione e ho visto che è stata incentrata su alcuni aspetti importantissimi. Voglio in particolare richiamare l'argomento relativo al modello di difesa. Lei ha parlato di una revisione della struttura, che è ormai un'esigenza ineludibile. D'altro canto, questa mattina a Trapani lei ha ricordato che il bilancio del Ministero della difesa dovrà essere decurtato di 2,5 miliardi di euro in tre anni e che nel prossimo anno la decurtazione aumenterà di un miliardo.
È una revisione che ormai non può essere più procrastinata, però lei ha precisato due aspetti che mi piace sottolineare. Il primo è che questa revisione avverrà garantendo comunque l'efficienza e la capacità operativa dello strumento militare, cosa che credo sia l'auspicio di tutti i membri delle due Commissioni.
L'altro aspetto molto importante è che ha affermato che questa sarà una revisione ponderata della struttura, proprio perché andrà a coinvolgere il personale e dovrà anche tener conto delle esigenze e delle aspettative del personale stesso. Sono due aspetti molto importanti, che credo debbano continuare a rappresentare la linea di azione del dicastero.
Un'altra osservazione riguarda le operazioni internazionali. Anche in questo caso lei ha più volte ribadito che le operazioni internazionali a cui partecipa l'Italia sono un elemento essenziale per l'immagine, il prestigio e per lo svolgimento della funzione che la nostra nazione assolve nel mondo per garantire la pace e la sicurezza sia nei teatri di crisi, sia nell'ambito delle diverse aree. Sono assolutamente d'accordo con lei e credo che debbano essere mantenute o che possano essere ridotte, qualora sia possibile, attraverso accordi con alleanze delle quali noi facciamo parte.
Vorrei, infine, prospettarle un problema che sicuramente dovrà affrontare nel suo difficile compito che lo attende in questi prossimi mesi: il problema degli alloggi. Il numero di 18 mila alloggi è assolutamente insoddisfacente e insufficiente per garantire le esigenze di tutto il personale militare. Nel 2007, con la legge finanziaria, fu avviato un progetto per la realizzazione - anche attraverso la vendita di strutture non più necessarie - di alloggi che consentissero di garantire più attentamente questa esigenza. Ritiene che sia possibile ripristinare questo progetto? Ritiene possibile, altresì, che si possano rivedere anche i canoni di affitto che attualmente sono stati stabiliti nei confronti del personale sine titulo, e che hanno raggiunto purtroppo, in alcune circostanze, valori al di sopra anche del libero mercato?
Queste sono le mie domande sull'argomento. Grazie.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Ministro, la mia domanda si ricollega a quella di chi mi ha preceduto, perché riguarda proprio il tema degli alloggi di servizio del Ministero della difesa.
L'amministrazione della difesa, voglio ricordarlo, ha un patrimonio immobiliare a uso abitativo di circa 18.500 alloggi ubicati su tutto il territorio nazionale, di cui circa 5 mila sono utilizzati, e io mi concentrerò fondamentalmente su questi, da utenti cosiddetti sine titulo, cioè da personale in quiescenza che corrisponde


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un canone fissato annualmente dal Ministero della difesa. Da tali canoni il dicastero ricava 35 milioni di euro l'anno.
Credo che sia opportuno specificare che gli utenti senza titolo godevano della normativa prevista dalle leggi n. 537 del 1993 e n. 724 del 1994. Queste leggi prevedevano che con decreto annuale del Ministero della difesa fossero stabiliti i redditi entro i quali si poteva usufruire dell'equo canone e quelli per cui c'era una maggiorazione del 50 per cento.
Non si tratta, dunque, di occupanti abusivi, ma di utenti con regolare contratto registrato, che pagano regolarmente l'affitto, essendo l'importo dovuto per il canone direttamente detratto dallo stipendio, quindi direttamente alla fonte. Sono militari o comunque personale in forza alla difesa che hanno servito lo Stato per tutta la vita.
Adesso il ministero ha attuato la normativa primaria e il 27 maggio scorso ha emanato il proprio decreto. Nelle ultime settimane sono cominciate ad arrivare le richieste da parte dell'amministrazione della difesa di canoni maggiorati. Se l'intento è quello di fare cassa, questo forse è il metodo meno remunerativo. Infatti, il rischio è quello di cacciare vecchi inquilini che hanno regolarmente pagato il canone di locazione per trovarsi con appartamenti vuoti.
Io penso che sarebbe opportuno, e in merito chiedo la sua opinione, prevedere un sistema per cui, qualunque sia il titolo della conduzione, si applichi un canone mensile non inferiore a quello determinato ai sensi della normativa in materia di equo canone e comunque non superiore al 20 per cento del reddito familiare annuo lordo del contribuente. È una proposta sulla quale mi farebbe piacere sentire la sua opinione. Grazie, Ministro.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Ministro, cercherò di essere molto sintetica. Vorrei porle alcune domande in relazione a quanto lei ci ha comunicato nella scorsa occasione.
La prima è in merito ai princìpi che guidano l'azione politica di questo Governo, da lei richiamati, ossia rigore, crescita ed equità.
In nome del rigore lei si è assunto, e gliene dobbiamo dare atto, la responsabilità di attuare le misure di contenimento della spesa previste nella legge di stabilità. Si tratta, in effetti, di una riduzione di spesa - per ciò di cui siamo a conoscenza - di circa 1.400 milioni di euro, da realizzare nel 2012. Sul contenimento di questa spesa il suo predecessore, pur facendo riferimento a una rimodulazione, non ha, tuttavia, mai chiarito né ha mai comunicato a queste Commissioni in quale modo si sarebbero dovute attuare tali riduzioni. Con un differimento in avanti della spesa? Oppure intervenendo su alcuni sistemi d'arma e, in questo caso, su quali?
Per questo motivo, visto che lei, con grande assunzione di responsabilità, lo ha specificato, le chiederei di informare al riguardo queste Commissioni, anche perché, come affermava poco prima il senatore Ramponi, tali chiarimenti sono necessari al fine di risolvere il paradosso che queste Commissioni hanno vissuto, ossia quello di aver votato un bilancio senza conoscerne diverse voci e articolazioni.
La seconda questione che le vorrei porre riguarda il tema dell'insostenibilità dello strumento militare rispetto alle risorse disponibili. Lei ha parlato di scelte dolorose e difficili. Anche in questo caso le devo tributare il merito di aver parlato con chiarezza, perché, nonostante la costituzione di una Commissione di alto profilo, l'allora Ministro della difesa La Russa, che avrebbe dovuto delineare il nuovo modello di difesa, ha mantenuto anche in questo caso la questione in termini di assoluta indeterminatezza e vaghezza.
Entrando nel merito del problema dell'insostenibilità della spesa per l'attuale strumento militare, mi sembra di avere intuito dalle sue parole, quando lei parla di scelte difficili e dolorose, che abbia in mente una riduzione delle spese relative al personale. Posso chiederle come pensa di


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apportarla senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato? Può iniziare a chiarirci le idee?
Infine, ho apprezzato molto la chiara richiesta che lei ha avanzato a queste Commissioni di sostenerla nell'adozione di misure che riterremo necessarie. Con questo immagino che lei abbia voluto sottolineare la distinzione sulla definizione degli obiettivi, che spetta, da un lato, al Parlamento, per quanto riguarda l'individuazione del livello di responsabilità che il nostro Paese può assumersi anche in campo internazionale, e, dall'altra, all'esecutivo per quanto riguarda la definizione di criteri e di modalità di attuazione.
La ringrazio e sottolineo che al riguardo la nostra posizione, illustrata poco fa anche dal mio capogruppo, è quella della costituzione, in tempi brevi, di una commissione bicamerale che possa definire in breve termine la situazione, insieme all'esecutivo, secondo questa distinzione tra obiettivi e priorità da parte del Parlamento.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Ringrazio il Ministro. Io vorrei aggiungere alcune riflessioni e alcune sottolineature a quelle già svolte dai miei colleghi, in modo credo bipartisan e molto condivisibile.
Innanzitutto esprimo un'ampia condivisione e un apprezzamento molto profondo per l'impostazione del suo intervento, per l'analisi sugli scenari globali e sul ruolo globale che l'Italia gioca in questi scenari.
La consapevolezza è che i cambiamenti del mondo della difesa in questi decenni sono stati molto profondi e non sempre pienamente corrispondenti ai mutamenti dello scenario globale che si stava sviluppando, come altri hanno sottolineato prima di me. La questione dei tagli lineari sicuramente non è andata nella direzione di adeguare il sistema della difesa italiano alle necessità sulla scena internazionale.
Soprattutto esprimo un apprezzamento per aver sottolineato la necessità di un'ampia condivisione e di un ampio lavoro da svolgere insieme tra Governo e Parlamento, che io credo sia centrale, soprattutto nel settore della difesa e in una fase come questa, non solo per questioni di trasparenza - che sono importanti quando si parla sia delle istituzioni politiche, sia di quelle della difesa - ma anche perché in Italia dobbiamo colmare una sorta di deficit culturale e forse anche storico, che rende sempre non scontato il fatto che ci sia un sostegno molto largo dell'opinione pubblica ai temi della difesa e della sicurezza.
Siamo in una fase storica e politica che, a mio avviso, consente di superare questo deficit, purché, però, ci mettiamo tutti, Governo e Parlamento, nelle condizioni di lavorare a questo obiettivo.
Vorrei poi svolgere un altro apprezzamento in relazione a quanto detto riguardo alle missioni. Io credo innanzitutto che sia molto utile e molto importante che nel cosiddetto «decreto salva-Italia» ci sia una copertura finanziaria delle missioni internazionali più ampia di quanto non ci sia stata nel recente passato. Tale copertura, oltre che una minore frammentazione, comporta una prospettiva di più lunga durata, una certezza maggiore per i nostri operatori sul terreno e anche per i nostri partner internazionali, civili e militari. Credo che questo sia un dato politico molto importante.
Molto brevemente, entrando nel dettaglio di alcune missioni internazionali, penso che lei sia più consapevole di me delle difficoltà sullo scenario afgano e che, dopo la Conferenza di Bonn, sia ulteriormente necessario assicurare, soprattutto alla società civile afgana, che uno scenario di disimpegno militare, dilazionato nel tempo e gestito in modo adeguato, non lascerà comunque la popolazione afgana da sola.
Io ho avvertito nella popolazione civile afgana questa preoccupazione, soprattutto nelle donne, e credo che sia doveroso da parte nostra assicurare che a un minore impegno militare si affiancherà un maggiore impegno civile - so che non è strettamente nelle sue competenze - anche in termini di formazione del personale di polizia e di sicurezza.


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Sui Balcani e sul Libano non posso che esprimere la mia soddisfazione per un rinnovato impegno da parte nostra in questi teatri, impegno che invece era stato messo in discussione recentemente dal precedente Governo.
Sulla Libia spendo una parola in più, perché credo che in tale Paese, pur essendosi conclusa la missione militare, ci siano ancora tre elementi che potrebbero trarre molto beneficio da un nostro ulteriore coinvolgimento, pur se in termini molto limitati e molto settoriali, ma comunque indispensabili per assicurare la stabilità in quella regione. Innanzitutto vi è il tema della presenza enorme delle armi su quel territorio. Inoltre, le Nazioni Unite sono intervenute alcuni giorni fa per ricordare la necessità di lavorare sull'aspetto, che ritengo molto importante, delle zone minate, cui lei ha già fatto riferimento, e su quello del sostegno alla costituzione di forze di sicurezza e di polizia, che sono sostanzialmente inesistenti sul terreno.
Un altro elemento che ho condiviso molto del suo intervento è stato il fatto di sottolineare come la crisi economico-finanziaria ci porti necessariamente a lavorare per priorità, con - cito testualmente - «un approccio di questo tipo: essere logici, pragmatici, non ideologici, né in un senso, né nell'altro». Credo che questo sia fondamentale e che anche il Parlamento sia pronto ad agire in tal senso, sia sulla definizione del modello, su cui non mi soffermo, perché altri ne hanno parlato molto bene prima di me, sia sull'acquisto di sistemi d'arma.
Come altri hanno affermato, ci manca un quadro complessivo dell'acquisizione di sistemi d'arma. L'indagine conoscitiva che questa Commissione ha svolto nel 2009 aveva invitato il Governo a fornire un quadro complessivo nel tempo riguardo a tutti i sistemi d'arma, perché è molto difficile avere traccia dell'evoluzione, anno per anno, di programmi che sono molto lunghi e che attraversano Governi e Parlamenti successivi.
In particolare, sul programma di acquisto dei JSF credo che sia molto urgente, anche per lo stato di agitazione che questo tema a volte ideologicamente suscita nell'opinione pubblica, che ci sia una condivisione il più possibile trasparente tra Governo e Parlamento del quadro dello stato dell'arte, sia in relazione a quanto hanno influito i tagli già operati su questo specifico sistema d'arma, quadro che noi attualmente non abbiamo, se non in forma ipotetica, sia con riferimento anche a un'idea di come l'Italia si relaziona rispetto a un riposizionamento dei nostri partner nel progetto.
Penso, in particolare, alle decisioni che il Congresso americano sta compiendo sui tagli di bilancio, che incideranno e già incidono sostanzialmente sul numero e sui tempi dei loro ordini, ma lo stesso vale per i britannici, per gli olandesi e per i norvegesi. C'è un quadro internazionale che su questo programma si sta delineando in modo molto fluido.
Al momento è difficile per il Parlamento italiano e per la Commissione difesa avere un quadro altrettanto chiaro di come l'Italia si sta posizionando in questo contesto e credo che sia importante, invece, occuparsene insieme.
L'ultima è una domanda più specifica. È in corso, come lei sa meglio di me, la NATO Defence and Deterrence Posture Review. A maggio ci sarà a Chicago il vertice che dovrà compiere il processo. Al momento questa Commissione non ha elementi specifici di riguardo a come l'Italia si sta posizionando in relazione a ciò. Sappiamo che c'è una parte rilevante del percorso che si sta compiendo, quello che è stato sostanzialmente deferito al dopo Lisbona sulla parte della dottrina nucleare, che è una parte consistente anche per il nostro Paese. Penso, per esempio, a tutto il dibattito, anche europeo e non soltanto transatlantico, sulla presenza delle armi nucleari tattiche su suolo europeo.
Anche su questo tema sarebbe utile avere un confronto ampio, diretto e trasparente tra Governo e Parlamento in questa sede su quale tipo di posizione l'Italia assume, in particolare sulla dottrina


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nucleare della NATO e, quindi, sulla revisione della posizione NATO in corso in questi mesi. Grazie.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA IV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI EDMONDO CIRIELLI

MARIA GRAZIA LAGANÀ FORTUGNO. Innanzitutto saluto e ringrazio il Ministro Di Paola per l'intervento che ha svolto quindici giorni fa al Senato, in cui ha tratteggiato le linee del programma che intende attuare per quanto attiene al ministero che gli è stato affidato.
Ho ascoltato con molta attenzione le sue parole e condivido la necessità di procedere speditamente all'attuazione di riforme che per troppo tempo sono state chiuse in un cassetto. Tuttavia, pur rendendomi conto che i limiti di tempo imposti dai lavori dell'Assemblea non le hanno consentito di entrare nel dettaglio, mi sarebbe piaciuto avere informazioni più approfondite sulle linee dei provvedimenti che verranno a tempo debito portati all'esame del Parlamento, al fine di dare sostanza agli intendimenti che ha esposto e che mi trovano sostanzialmente concorde.
Lei ha giustamente preso le mosse dagli attuali gravosi impegni che i nostri militari impegnati all'estero stanno assolvendo nel quadro delle missioni di stabilizzazione decise dalla comunità internazionale. Se, però, vogliamo continuare a dare questo contributo, da cui credo che non possiamo esimerci, dobbiamo garantire che uno strumento militare ridotto e razionalizzato sia comunque in grado di assicurare almeno l'output operativo finora espresso, che ha consentito al nostro Paese di partecipare con piena e ammirevole dignità alle coalizioni di volta in volta costituite.
Ciò significa che occorrerà incidere in modo drastico sulle sovrastrutture non operative, eliminando le duplicazioni e anche gli ulteriori passaggi, retaggio dello strumento militare che esisteva prima della riforma del 1997, riforma rimasta incompiuta, come anche lei ha rilevato nel suo intervento, per la tenacia conservatrice delle singole Forze armate.
I pletorici stati maggiori di Esercito, Marina e Aeronautica dovranno essere fortemente ridimensionati a favore di un potenziamento dello stato maggiore della difesa. Ciò significa che circa la metà dei gradi vertice di generali e ammiragli non avrà più una posizione organica e che le dotazioni dovranno essere ridotte di conseguenza.
Significa ancora che strutture che appartengono al secolo scorso, come quella territoriale, dovranno essere azzerate, affidandone le funzioni residuali ai comandi operativi presenti già sul territorio, in un'ottica naturalmente rigorosamente interforze.
In estrema sintesi, occorre vincere i campanilismi delle singole Forze armate che ci costringono a mantenere strutture pletoriche e ridondanti. Io auspico che lei si impegni su questa strada con la determinazione che le viene riconosciuta, perché solo così facendo la difesa potrà chiedere e ottenere che i risparmi che ne deriveranno vengano reinvestiti nella difesa stessa, andando a ristorare le esauste risorse per l'addestramento e la manutenzione già pesantemente ridotte.
Le auguro un buon lavoro.

MICHAELA BIANCOFIORE. Intervengo velocissimamente, anche perché non voglio rubare tempo ai colleghi delle Commissioni. Signor Ministro, volevo soltanto preannunciarle che oggi stesso ho provveduto, in merito a quanto già evidenziato dalla senatrice Germontani, a depositare un'interrogazione in merito ai conduttori di alloggi della difesa sine titulo, perché evidentemente la situazione non può essere uguale in tutta Italia.
Per esempio, per quanto riguarda il personale in quiescenza delle province autonome di Trento e di Bolzano, che io mi pregio di rappresentare, i canoni sono totalmente iniqui, anche in considerazione del carovita che lì si registra.
Pertanto, attendo una risposta articolata, anche se non in questa sede, ma soprattutto spero che lei possa in questo


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momento sospendere - almeno fino a quando non sarà conclusa la trattazione che di tale problematica stanno svolgendo le Commissioni competenti - questi canoni attualmente così iniqui, che stanno veramente mortificando l'esistenza di alcune persone su territori difficili come quello che io stessa rappresento.
Ho potuto personalmente verificare che sono stati considerati abitabili e sono stati moltiplicati di due o tre volte canoni di affitto di ex magazzini costruiti negli anni Sessanta col tetto in amianto. Se questa è da considerare una legittima rivalutazione degli affitti e dei canoni in questione, francamente resto veramente perplessa.
Si tratta di persone per lo più di 70-75 anni che ti scoppiano a piangere fra le braccia, affermando di non essere in grado oggettivamente oggi di andare avanti.
Io condivido la ratio della legge e del decreto ministeriale, ma con altrettanta evidenza osservo che l'omogeneità territoriale non può essere la medesima. Grazie.

PRESIDENTE. Signor Ministro, mi associo alle valutazioni svolte da tutti i colleghi in via generale, ma volevo rappresentarle tre questioni.
Innanzitutto, riprendendo un'affermazione del collega Rugghia - condivido pienamente questo punto - le Commissioni difesa della Camera e del Senato, da due anni, a fronte della crisi economica internazionale che ha comportato la riduzione dei bilanci di tutti i dicasteri compreso quello della difesa, chiedono di sapere quali siano gli intendimenti dell'Esecutivo rispetto all'obiettivo, da una parte, di garantire l'efficienza e la sicurezza dei tanti nostri militari impiegati all'estero, anche in fronti assai pericolosi come l'Afghanistan, e dall'altra di tenere conto delle esigenze che arrivano dal Ministero dell'economia e finanze.
Poiché alla Camera stiamo svolgendo un'indagine conoscitiva, promossa dal Gruppo del Partito Democratico sullo stato di attuazione della legge sulla professionalizzazione, vorremmo quanto prima che il Governo venga a riferire alle Commissioni, magari anche congiuntamente, la propria opinione, rispetto alle norme che sono state approvate, sulla rimodulazione dell'attuale modello di difesa.
Un altro aspetto, di cui mi sembra nessuno abbia parlato, ma che io ritengo molto importante, è che questo Parlamento - in maniera unanime e con l'impegno soprattutto delle Commissioni difesa e dei loro presidenti - ha perseguito l'approvazione del principio della specificità per gli appartenenti alle Forze armate e alle forze dell'ordine. Mi riferisco sia al ruolo, per quanto riguarda l'impiego e soprattutto il contratto, sia all'inquadramento all'interno della pubblica amministrazione dei rapporti di lavoro e, quindi, anche ai fini previdenziali.
L'ultima manovra, almeno nel testo presentato in Commissione, rinviava la questione al Governo, utilizzando la locuzione «armonizzazione», che, per carità, come principio generale è assolutamente condivisibile. È chiaro, però, che noi ci aspettiamo che il principio di specificità voluto dal Parlamento sovrano con un voto unanime sia rispettato da questo Esecutivo.
Sappiamo bene che esistono spinte, che abbiamo provato sulla nostra pelle - ed è il terzo punto di cui voglio parlarle - provenienti dal Ministero dell'economia e finanze, che interpretano sempre in maniera restrittiva o tendono addirittura a ignorare questo principio. Il Parlamento, lo ripeto, ha sancito questo principio che tutti, a cominciare dal popolo italiano, condividono, considerando il servizio prestato dai militari e dagli appartenenti alle forze di polizia non assimilabile ad altri impieghi del tutto rispettabili, ma diversi rispetto alla tipicità specifica di questo lavoro. Noi ci auspichiamo che il Ministero della difesa vigili perché esso sia rispettato.
Con riguardo a questo terzo punto, la Commissione difesa, nel decreto dello scorso mese di settembre, aveva portato avanti l'idea che il blocco degli scatti stipendiali conseguente alle promozioni venisse non solo mitigato - come in effetti era stato fatto su iniziativa del Presidente


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del Consiglio, con un decreto una tantum - ma avesse logicamente effetti anche dal punto di vista previdenziale.
Noi avevamo presentato anche un emendamento, approvato in Commissione, che poi il Governo, sulla spinta del Ministro Tremonti, ha voluto cassare. Peraltro, da accertamenti successivi si è verificato che la spesa - probabilmente contenuta in pochi milioni di euro, attesa la platea molto limitata degli interessati, peraltro scaglionata in dieci o quindici anni - è veramente esigua.
Non riteniamo giusto che soltanto una fascia di persone subisca per tre anni il blocco degli aumenti collegati alla promozione, soffrendo chiaramente un danno rispetto a chi è stato promosso un mese prima o a chi verrà promosso tra tre anni. A queste persone, infatti, viene corrisposto l'aumento e anche quelle poche decine di euro, perché di questo si tratta, ai fini previdenziali.
La pregherei di valutare ciò e, ovviamente, di interessarsene. Se non lo condivide, le chiedo di farmelo presente. Su questo punto credo di poter parlare anche a nome di tutti i colleghi dal momento che allora ci fu un'opinione unanime. Si può anche cambiare idea, ma ricordo che allora tutti l'abbiano espressa con forza.
Grazie, signor Ministro. Prima di darle la parola per svolgere il suo intervento conclusivo, colgo anche l'occasione di ringraziare e salutare i sottosegretari Gianluigi Magri e Filippo Milone, che hanno avuto il garbo di essere presenti.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Grazie per gli interventi, che trovo tutti molto puntuali. Cercherò di essere altrettanto franco con voi, perché voi siete il Parlamento, rappresentate il popolo italiano e quindi dovete conoscere le questioni, ma anche assumervene le responsabilità.
Mi sembra che grosso modo ci siano stati tre grandi raggruppamenti di domande. Uno è quello che voi avete definito «il modello di difesa». Io non ho mai usato l'espressione «revisione del modello di difesa». Quella che ho usato ve la dirò tra poco. Un altro è rappresentato dalle missioni e, infine, c'è il problema della dismissione degli alloggi.
Io ho sempre usato l'espressione «revisione dello strumento militare» e non «revisione del modello di difesa», perché quest'ultimo significherebbe rivedere la struttura del modello. Questo non lo condivido, peraltro non mi risulta che sia stato proposto da alcuno un ritorno a un modello diverso. Il modello è il modello professionale che abbiamo in vigore e che continuerà a esserlo, a meno che il Parlamento sovrano non decida di ritornare alla leva.
Si tratta della revisione non del modello, dunque, ma della struttura, perché i fatti parlano chiaro. Non è il Ministro Di Paola che stamattina si è svegliato e ha deciso che non ce la facciamo più. Io mi baso sui fatti. Non si tratta soltanto delle riduzioni dell'anno scorso o di quest'anno, ma anche di quelle degli ultimi dieci anni. Questo è stato l'andamento della spesa decisa dal Parlamento sovrano. Se prendo in considerazione il periodo dal 2004, anno in cui ho assunto la funzione di Capo dello stato maggiore della difesa, al 2012 - vi riferisco quanto segue, in modo che tutti lo sappiate - abbiamo questa situazione: nel 2004, le risorse destinate alla funzione difesa, quindi dedicate propriamente alle Forze armate, ammontavano a 14 miliardi di euro, grosso modo l'1,2 per cento del PIL. Di questi 7,5 miliardi andavano al personale e corrispondevano - leggo - al 54 per cento delle spese per il personale. Ci sono state fluttuazioni, un Governo ha stanziato di più e uno meno, una maggioranza di più e una di meno.
Adesso andiamo al 2012. Dopo la bellezza di otto anni siamo a 13,613 miliardi, che corrispondono allo 0,84 per cento del PIL. Le spese per il personale sono di 9,612 miliardi, pari al 70,51 per cento del bilancio.
Per contro - con riferimento alle spese che qualificano le capacità, che voi giustamente pretendete - nel 2004 le spese di esercizio, che insieme all'investimento rappresentano l'aspetto capacitivo, inclusi la preparazione del personale, l'addestramento


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e le operazioni, erano di 3,4 miliardi, pari al 24 per cento del bilancio e nell'anno di grazia 2012 sono di 1,522 miliardi, pari all'11,1 per cento.
Questi sono i fatti. Ci può essere ideologia di un tipo o di un altro, una presa di posizione di un tipo o di un altro, ma i fatti sono questi. Questo il Paese ha dato nell'arco di questi dieci anni. Il cosiddetto «decreto salva-Italia», ed anche la legge di stabilità, conferma tale dato. Le cifre sono state non solo confermate, ma di fatto anche accentuate. Questa è la verità.
Di fronte a questa verità un Parlamento, un Governo e un ministro responsabili non possono non rendersi conto che la situazione non può reggere, anche perché nella legge di stabilità gli andamenti stimati per il 2013 e il 2014 sono gli stessi. Non è un picco negativo, che si risolve pagando il debito. È la realtà. Un sistema di questo tipo non può reggere.
La conclusione di tutto questo è l'asfissia delle capacità operative, perché avremo tanti militari, ma non li potremo addestrare, vestire, far operare e non potremo comprare loro i mezzi che oggi giustamente pretendete che vengano acquistati per proteggerli, onorevole Paglia. Questi sono i fatti.
Di fronte a questa realtà, che non si risolve in un anno o in due anni, ma che probabilmente si risolverà in dieci anni, il dovere di questo ministro, di questo Governo e di questo Parlamento è quello di affrontarla, cioè di avviare una revisione.
Poi è chiaro che ci vorranno dei tempi, anche in funzione delle misure che questo Parlamento deciderà di adottare, perché il grande problema è la gestione del personale e nessuno vuole, né può permettersi ed anche - se intendesse farlo o se potesse permetterselo, non lo farebbe - di prendere 30 mila persone e mandarle a casa, a meno che lo decidiate voi.
Se noi non diamo un'impostazione oggi su ciò che è davvero sostenibile, noi continueremo a vivere di illusioni con flussi di immissione e flussi di uscita tarati su un modello che non è sostenibile. Io non citerò numeri, perché non sarebbe onesto da parte mia, però è chiaro che, se fino ad oggi c'è un modello X - vedremo poi che cosa accadrà - e la vita media di servizio è di quarant'anni, X/quaranta è il numero di afflussi che si devono effettuare. Se il modello è X/2 e quaranta è sempre la vita media professionale di un militare, è chiaro che gli afflussi sono la metà. C'è poco da fare.
Il tempo di raggiungimento di quello che sarà a regime dipenderà, quindi, dal fatto che dobbiamo ricalibrare gli afflussi d'ingresso ponendoci obiettivi realistici e dalle modalità che avremo di poter avere flussi d'uscita. Se i flussi di uscita - perché tale sarà la volontà di questo Parlamento - sono solo i flussi legati alla pensione naturale, vi comunico subito che ci vorranno da venti a venticinque anni. Questi sono i fatti.
Oggi i famosi marescialli, che tutti difendiamo o esecriamo e che, poveretti, non c'entrano nulla, rappresentano, rispetto al modello a 190 mila - una bolla di 30 mila unità i cui picchi di uscita significativi per esodo naturale - ammesso che il limite d'età rimanga lo stesso, perché a ogni limite di età che viene allungato l'esodo naturale si sposta di conseguenza - cominceranno nel 2025. Questi sono i fatti. La demografia non può essere cambiata da nessuno. Dovrebbe verificarsi solo una catastrofe, una seconda Pompei. O si trovano modalità per favorire determinati esodi verso diversi campi o altrimenti questa è la situazione.
Abbiamo, però, il dovere di renderci conto che oggi dobbiamo perlomeno impostare un modello ragionevole e sostenibile con le risorse che storicamente questo Paese stanzia, a meno che voi non decidiate che dal 2014 in poi alla funzione difesa verranno assegnati 20 miliardi di euro all'anno. Sinceramente, anche se lo diceste, non ci crederei. Dovrei essere San Tommaso, ma avrei difficoltà anche in quel caso.
Vi chiedo di essere onesti con voi stessi e con i militari che svolgono la loro funzione con dignità (Commenti dell'onorevole Bosi).


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PRESIDENTE. Onorevole Bosi, deve lasciar terminare il Ministro, altrimenti si genera il caos.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Lei ha perfettamente ragione, onorevole Bosi. Il Ministro prima e il Governo poi avanzeranno le loro proposte. Alcune le potrete favorire, altre le respingerete, ma io voglio che voi capiate. Vi sto parlando con un'onestà assoluta.
Non è solo questione di ridurre il personale - cosa peraltro ineludibile - ma anche di ridurre le strutture, con una forte razionalizzazione, non c'è dubbio. In merito chiamo anche voi all'assunzione di responsabilità.
È vero, come ha sostenuto l'onorevole Laganà Fortugno, che ci saranno resistenze da parte delle Forze armate, ma anche da parte di tutti voi, in diversa misura, perché se si va a toccare la struttura A, che è posta nel posto B, dove c'è l'onorevole Charlie, subito fate scattare la rivoluzione. Le strutture A, B o C non si possono toccare, si possono toccare solo se sono le strutture dell'onorevole Delta, che sta dall'altra parte.
Quando ho affermato nel mio intervento che tutti dobbiamo assumerci la responsabilità e dimenticare il particolare, ciò vale per tutti: per il Ministro, per la difesa, per le Forze armate e per la classe parlamentare, centrale e locale. Io so quante centinaia di lettere ricevo in cui mi si chiede per favore di non toccare A, B o C.
Ci dovrà essere anche una grossa ristrutturazione dei programmi. Noi agiremo su tutti i tre settori, per lo meno in prospettiva: dovremo agire sul personale, sulle strutture in maniera incisiva e su determinati programmi di investimento.
Oggi su nessuno di questi posso rispondere, non solo perché sono arrivato da pochi giorni. Potrei anche rispondervi, ma sarebbe la risposta di Giampaolo Di Paola e non sarebbe onesto, né serio nei vostri confronti, perché c'è un lavoro in corso su cui io sto pressando e su cui continuerò a pressare. Chi mi conosce sa come sono fatto. Quando avrò un quadro quanto meno dignitosamente serio, verrò da voi a comunicarvi quello che penso si debba fare.
Questa è la mia azione, queste sono le linee in cui intendo muovermi. Non ci sono vacche sacre, ma non ci sono neanche ideologie. L'onorevole Mogherini ha fatto riferimento ai JSF. Tutti gli altri Paesi si stanno riposizionando sui JSF e lo faremo anche noi, ma la questione non è che il JSF è cattivo perché è un aereo o perché è americano. Le rispondo senza ideologie e le riferisco che noi esamineremo tutti i programmi, che riguardino il JSF, l'Eurofighter, il programma X o Y.
All'onorevole Paglia dico: i famosi 1.446 milioni tagliati dalla legge di stabilità, che è stata approvata da questo Parlamento e quindi anche da voi, si sono scaricati tutti sull'investimento ed è stata una funzione responsabile del Governo che mi ha preceduto. Ditemi voi dove si dovevano andare a prendere quando si hanno 1.500 milioni di spese di esercizio.
Le cifre relative al personale, giustamente, a parte le misure a cui faceva riferimento il presidente Cirielli, che chiaramente non mi vedono favorevole, sono realtà e sono state fatte diventare legge da questo Parlamento, pertanto io le rispetto. Ci batteremo perché si possano correggere, però il personale non si può eliminare. Dunque l'unico settore in cui responsabilmente il Governo precedente ha potuto agire in questa situazione drammatica è stato l'investimento. E come?
Ve lo dico subito. Si può non condividere nulla di ciò che dico, ma mi si conceda di sapere di che cosa sto parlando. Le priorità sono state date alla protezione delle Forze e, quindi, l'onorevole Paglia può stare tranquillo. Non stiamo certo sacrificando la sicurezza dei nostri soldati, né in Afghanistan, né in Libano. Vi sto parlando col cuore in mano perché sento queste tematiche e perché voglio che voi capiate. Voglio essere sicuro di esprimermi bene.
Le priorità sono state date alla continuazione dei programmi contrattualmente in atto e che servono comunque allo sviluppo delle nostre capacità future, perché


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i programmi di armamento non si chiudono o si aprono da un momento all'altro. Altri programmi, laddove si poteva agire, sono stati fatti slittare o parcellizzati. Se avevamo quaranta elicotteri, adesso ci impegniamo per venti e per altri venti vedremo poi.
Si sono poi sospesi tutti i programmi annuali che servivano alla gestione. Ognuno individualmente è piccolo, ma complessivamente compongono una data massa e servono al mantenimento continuativo di tante realtà. Questo è stato fatto ed esprimo apprezzamento per il lavoro svolto dal mio predecessore, che ritengo di poter affermare sia stato fatto con professionalità. In primo luogo è stato svolto bene e, in secondo luogo, non c'era altra scelta. Questi sono i fatti.
Io verrò, non ho alcun problema a sottopormi al confronto con questo Parlamento sui sistemi d'arma o sulla tecnologia. Prima di tutto perché è doveroso e, poi, perché forse soltanto confrontandosi apertamente con questo Parlamento si riuscirà anche a far sì che tutti voi comprendiate determinate realtà.
Le Forze armate e lo strumento militare sono costituiti di mezzi militari. Noi non siamo panettieri e non facciamo soltanto il pane. Lo strumento militare è uno strumento che si dota di sistemi d'arma, di sistemi di capacità. Quelli che magari in un dato momento vengono considerati inutili, si dimostrano indispensabili quando, ad esempio, capita l'operazione in Libia, o necessari se capita l'operazione in Afghanistan, o ancora fondamentali se capita l'operazione anti-pirateria. È giusto che voi comprendiate e critichiate, ma anche che abbiate una visione su questo tema.
Il secondo gruppo di domande riguardava le missioni. Sono contento ovviamente e plaudo al fatto che questo Governo - so che l'onorevole Gidoni su questo punto ha una visione diversa e io lo rispetto; ci mancherebbe che non fosse così e che ognuno non avesse le sue idee - ha confermato per un anno l'esigenza che derivava dalla realtà di oggi e dagli impegni che internazionalmente noi abbiamo assunto. Si tratta di impegni con le Nazioni Unite, con l'Alleanza atlantica, con l'Unione europea, che un Paese serio come l'Italia seriamente prende e onora.
È chiaro che qualunque Governo o Parlamento può decidere che oggi andiamo via tutti dall'Afghanistan o dal Libano. Potete decidere tutto, ma un Paese serio, e l'Italia è seria e voi che la rappresentate lo siete altrettanto, sa che ci sono alcune responsabilità e corresponsabilità internazionali che, quando si assumono si onorano e questo Governo è stato serio, onorandole e dimostrandole con la continuità di impegno.
Sull'Afghanistan, rispondo al senatore Ramponi grazie anche alla mia esperienza recentissima. Le decisioni vengono prese collettivamente, ma non mi voglio nascondere dietro un dito, né voglio che lo facciate voi. Voi sapete che in qualunque organizzazione ci sono alcuni Paesi che, in funzione della contribuzione, dell'impegno e delle risorse che mettono a disposizione, tendono ad avere una voce importante, come in una qualunque società per azioni il socio di maggioranza conta e non può non contare di più.
Nell'Alleanza atlantica e, in particolare, nell'Afghanistan la voce degli Stati Uniti d'America è una voce che conta, perché, quando essi impiegano 100 mila uomini e stanziano il 90 per cento delle risorse finanziarie, oltre che dell'impegno militare per l'assistenza, sarebbe veramente incongruo che non avessero una posizione importante. Io sarei sorpreso se fosse l'Italia ad avere quella posizione e a non pretendere di prendere la decisione.
La decisione, però, alla fine è collettiva. Gli USA pongono la loro posizione e riferiscono che cosa intenderebbero fare, ma poi si dibatte e si decide tutti insieme. Vi assicuro che nell'ambito dell'Alleanza, gli Stati Uniti, che anche volendo potrebbero imporsi, sono molto più attenti alle ragioni dell'Alleanza e degli alleati di quanto non si creda.
Si decide, dunque, collettivamente e ciò va ben al di là della NATO, perché in ISAF ci sono 50 Paesi e la NATO è composta solo da 28. Ne deduco che la differenza è


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di 22, se la matematica non è un'opinione. Parliamo di Paesi come Corea, Giappone, Colombia, di Paesi che vanno dall'Estremo Occidente all'Estremo Oriente, che insieme a noi, all'Alleanza atlantica, contribuiscono a sviluppare il processo decisionale. Non solo Australia, Nuova Zelanda o Finlandia.
Che cosa hanno detto tutti insieme i Paesi al summit di Lisbona? È stato affermato che la strategia giusta è quella della transizione. Investiamo nelle forze di sicurezza afgane, investiamo in maniera responsabile, affinché - e ciò fu deciso insieme al Governo afgano, ossia a Karzai - alla fine del 2014 si possa passare alle forze di sicurezza afgane la responsabilità primaria della loro sicurezza.
Non è un «tutti a casa». È stata una decisione collettiva di 50 Paesi responsabili, il che significa, però, che nella transizione responsabilmente noi dobbiamo modulare l'evoluzione del nostro contingente in coerenza con ciò che facciamo tutti insieme e, quindi, tutti insieme responsabilmente dovremo calibrare il processo.
Mentre riduciamo responsabilmente le forze di combattimento, altrettanto responsabilmente investiamo, quindi, nella formazione e nell'addestramento delle forze di sicurezza afgane.
A Bonn è stato stabilito che dopo il 2014, come giustamente ricordava l'onorevole Mogherini, non si chiude la porta e tutti a casa. Ci sarà una riconfigurazione dello sforzo della comunità internazionale, con un maggior peso verso la componente di assistenza civile, sulla governance dello Stato afgano, centrale e locale, e sullo sviluppo, con l'assistenza della comunità internazionale.
Si dovrà continuare, ma in forme diverse o comunque certamente con consistenze diverse, a dare un supporto alle forze di sicurezza afgane che in quel momento hanno la responsabilità della sicurezza. Non è infatti immaginabile che il 1o gennaio del 2015 saranno in grado di fare tutto da soli.
Quali saranno le forme e, quindi, le consistenze e i modi di questa assistenza dopo il 2014? Dovranno essere decisi, verranno sviluppati nei mesi che verranno e credo che nel maggio del 2012, a Chicago, dove il Governo italiano sarà presente, rappresentato dal suo Capo di governo, ci sarà una prima chiarezza sugli orientamenti per il post-2014, perché gli afgani chiedono una presenza della comunità internazionale. Gli afgani, come ricordava l'onorevole Mogherini, sono i primi che chiedono di non essere lasciati soli. Questo è il quadro.
L'onorevole Gidoni ha chiesto in particolare del Libano. La situazione del Libano sta cambiando, però rendiamoci conto che a Nord confinante con il Libano c'è la Siria, a Sud c'è Israele e più a Est l'Iran. Mi fermo qui. È chiaro che l'impegno della comunità internazionale e quindi dell'ONU, per continuare a impedire che almeno una zona, il Libano del Sud, dove interviene UNIFIL, possa essere quanto meno un elemento non di ulteriore perturbazione del quadro geostrategico, ma di relativa stabilità viene considerato centrale e che, quindi l'Italia, che si trova sul posto e alla quale è stato chiesto di riassumere il comando a fine gennaio, richiesta cui ha risposto positivamente, responsabilmente deve onorare e mantenere questo impegno.
Il fatto che all'Italia, e non a un altro Paese, sia stato richiesto di riprendere il comando è una manifestazione di apprezzamento non solo per quello che i militari fanno, ma anche per quello che l'Italia politicamente è. L'Italia politicamente è una realtà che ha rapporti positivi sia col mondo arabo, sia col mondo israeliano. È questa posizione di equilibrio politico e di accettabilità politica, oltre alla bravura dei nostri militari, a far sì che qualcuno all'ONU abbia chiesto all'Italia di assumere il comando. È, quindi, un impegno da onorare.
Il fatto di assumere il comando non comporta la necessità di aumentare la presenza. Le forze di manovra, per rispondere all'onorevole Paglia, rimangono, ma il contingente grosso modo resterà lo stesso. Il generale che assumerà il comando dell'ONU, un italiano, assumerà il comando


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delle forze ONU, non del contingente italiano, che rimane un'altra realtà. Avrà elementi di staff che porterà con sé, ma stiamo parlando veramente di piccole unità.
Quanto alla Libia, non voglio e non posso giudicare il motivo per cui la vicenda della Libia sia andata in un modo o in un altro. Ricordo solo che se l'Italia non avesse assunto, grazie al Governo e al Parlamento, l'atteggiamento che ha assunto, noi oggi non avremmo Jalil, che domani, se non sbaglio, verrà a Roma, non avremmo la possibilità di valorizzare quel rapporto che avevamo con la Libia, indipendentemente dal Governo che c'era prima, nonché tutte le aree, le imprese e le attività economiche. Se cito ENI non vi dico nulla di nuovo. Questa è la realtà (Commenti dell'onorevole Chiappori).

PRESIDENTE. Onorevole Chiappori, abbiamo delle regole e un protocollo da seguire. Anche io avrei voluto intervenire, però non è possibile.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Credo, quindi, che nel dopo Libia, se il Governo libico chiederà l'assistenza del Governo italiano e delle forze di sicurezza italiane nei settori, tra i quali quelli che ha citato l'onorevole Mogherini, sia utile, oltre che opportuno, fornire quest'assistenza, ma ricordiamoci che la Libia è dei libici. Non è né degli americani, né degli italiani, né dei francesi. È dei libici, però è auspicabile che, avendo l'Italia un rapporto, un legame storico e anche di interessi culturali con loro, noi ci poniamo in una posizione tale da valorizzare questo rapporto.
Non cito altre missioni, altrettanto importanti, come quelle della pirateria, che ci vedono impegnati nell'ambito sia dell'Unione europea, sia dell'Alleanza atlantica.
Altre domande sono state poste sulle dismissioni degli immobili e sugli alloggi. Sugli immobili il problema non è tanto, ancorché ce ne sarà sempre richiesta, di norme che facilitino, agevolino e accelerino i processi. Esiste al riguardo un discreto numero di disposizioni normative: sono possibili dismissioni, permute, valorizzazioni e, nell'ambito del federalismo fiscale, anche cessioni gratuite.
Il problema non è che non c'è più, e lo posso assicurare, la non volontà della difesa e delle Forze armate di dismettere ciò che va dismesso. Il problema è veramente la complessità amministrativa delle procedure. Ci sono tempi non voglio dire biblici, perché non è giusto, ma certamente molto lunghi.
Il problema è anche, e questo forse non vi fa nemmeno piacere sentirvelo dire, quello delle realtà locali, perché per valorizzare e per dismettere si deve parlare con i comuni. Nulla si può toccare in questo Paese se non è d'accordo anche il territorio. È chiaro. Lo prevedono le norme, la legge, la nostra struttura e spesso e volentieri le risposte dei comuni sono risposte lente e lunghe. Potrei citare esempi a iosa, a cominciare dal comune di Roma, ma non voglio, perché siamo a Roma. Ciò vale anche per qualunque altro.
Da parte mia c'è l'impegno. Abbiamo anche noi le nostre magagne e forse alcune strutture che non sempre dal punto di vista amministrativo sono in grado di rispondere prontamente. Su questo punto ci stiamo concentrando per mettere insieme, almeno da parte nostra, una struttura che possa accelerare, il più possibile con determinazione, queste problematiche.
Lo stesso vale per gli alloggi. So che esiste un piano degli alloggi, ma per costruire alloggi ci vogliono i piani regolatori, ci vuole l'autorizzazione delle realtà locali e spesso e volentieri tutto ciò comporta tempi lunghissimi.
Volete alcuni esempi? Non so se qui cui sono onorevoli baresi, ma su Bari c'era un progetto che poi si è fermato, perché la realtà locale in questo momento aveva alcune problematiche.
A Roma, nell'area della Bufalotta o di Vitinia, ci sono terreni su cui si potrebbe lavorare, però, se non c'è il piano non si costruisce.
Questi sono i problemi veri. Io non accuso nessuno, però, quando voi spesso e anche giustamente criticate - se il Parlamento


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non critica, che Parlamento è; voi avete il dovere di criticare e di pungolare - dovete anche comprendere che a volte ci sono dinamiche che fuoriescono dalla capacità e dalla volontà di questo dicastero di poter agire.
Per gli alloggi, capisco la difesa dei conduttori sine titulo, ma non la condivido. Non condivido politiche vessatorie, ma qui il solo termine sine titolo vuol dire qualcosa, perché per ciascun sine titulo che è in quella casa ci sono dieci soggetti col titolo, di cui nessuno di voi apparentemente si preoccupa, che quella casa non hanno e che avrebbero titolo ad averla. Io mi preoccupo prima dei cum titulo e meno dei sine titulo.
Può anche essere, e non so se sia il caso dell'onorevole di Trento, che possa essere stato commesso un errore, ma non è si è fatta di tutta l'erba un fascio. I canoni non sono stati fissati in modo da attribuire a Trento il canone di Roma. È stato fatto un Regolamento, peraltro approvato dal precedente Governo e discusso con le associazioni e con le Commissioni. Non è un Regolamento inventato e vessatorio. Sono stati fissati determinati paletti: innanzitutto, per la categoria dei sine titulo, c'è tutta una fascia esente, le cosiddette fasce protette. Sono stati stabiliti i valori catastali rivolgendosi all'Agenzia del demanio, non ce li siamo inventati noi. Ci sono criteri crescenti, ci sono fasce che - in funzione del reddito - sono state determinate.
Può anche essere - se così è li accetto e li correggeremo - che ci siano state sviste o errori, ma non è stata attuata una politica vessatoria. Certamente se il sine titulo vuole vivere a Via del Corso con un affitto da 200-250 euro, quando il suo collega con titolo, potendo spendere 150 euro, se ne va a vivere a Tor Vergata, non mi sembra che sia ragionevole lamentarsi. Il sine titulo può andare a vivere a Tor Vergata a sua volta.
Sono questioni che forse non vi piacerà sentirvi dire e io sono pronto, se ci sono vessazioni e sbagli, a correggere, però la realtà va espressa. Vi ringrazio.

PRESIDENTE. L'onorevole Chiappori aveva chiesto di intervenire. Prima, però, come presidente della Commissione, signor Ministro, volevo - nel ringraziarla per gli inviti alla responsabilità, che il Parlamento condivide - farle presente che il funzionamento del Parlamento, come prassi costituzionale, è molto condizionato dall'input del Governo. Le diverse maggioranze hanno sempre assecondato l'input governativo.
Poiché adesso lei è Ministro - poiché non sono destinate a rimanere immutabili le risorse finanziarie assegnate dalle vecchie leggi - il Governo può anche proporre nuove soluzioni. Può essere certo che, se lei porterà avanti battaglie per rimodulare la spesa finanziaria, il Parlamento farà la sua parte per sostenere l'azione portata avanti responsabilmente dal Governo. Se ci sono situazioni che lei non condivide, penso che sia giusto che le rappresenti in sede di Consiglio dei ministri e sia certo che noi faremo la nostra parte per sostenerla.

GIACOMO CHIAPPORI. Volevo solo svolgere una precisazione. Apprezzo il sistema militare, che ho vissuto anche a casa. Mi piacciono la franchezza e il modo con cui si comporta oggi il Ministro.
È vero, dobbiamo rispettare e onorare gli impegni, Ministro. Lo facciamo, però, dal punto di vista militare, ma forse in questo momento lei dovrebbe lasciar andare questo passaggio, perché è un Ministro della Repubblica e, quindi, una parte politica che dovrebbe svolgere una riflessione, anche essendo il vostro un Governo tecnico.
Noi abbiamo combattuto una guerra in Libia su input anglo-francese con e sotto l'egida degli americani. Era possibile dire a questi signori quando si sono inventati una guerra vicino a casa nostra, dato che noi rispettiamo e onoriamo gli impegni, che noi avevamo già alcuni accordi e che questa guerra non avremmo voluto farla? Possiamo magari suggerire che era una guerra che non ci interessava, perché noi avevamo già accordi ben precisi? Invece ci siamo trovati al punto che oggi Jalil tratta con noi, ma anche con i francesi, con gli inglesi e, forse, anche con gli americani, che non erano in Libia.


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Questo è il ragionamento. Ogni tanto possiamo rivolgerci ai guerrafondai? Sembriamo noi i pacifisti, mentre prima erano loro. Lei forse avrebbe aspettato ancora un attimo prima di andare a tirare bombe in Libia?
Volevo poi dire - posto che i militari nelle missioni all'estero siano il 30-40 per cento - che ho avanzato una proposta di legge, che giace in Parlamento, per attivare sul territorio italiano quelli che non sono in missione per la ricerca del settore idrogeologico, magari con alcuni campi estivi. Si potrebbe in tal modo sistemare quello che dobbiamo poi ricostruire spendendo centinaia di migliaia di milioni quando arrivano le devastazioni delle inondazioni. Lei è d'accordo o no?

PRESIDENTE. Non possiamo riaprire la discussione, ma se l'onorevole Rosato, che peraltro era già intervenuto l'altra volta, e l'onorevole Beltrandi vogliono intervenire possono farlo brevemente.

ETTORE ROSATO. Molto brevemente, signor Ministro, io ho molto apprezzato la sua schiettezza e sarò anch'io schietto.
Sui sistemi d'arma lei non ha risposto al quesito che avevo posto quindici giorni fa. Noi abbiamo bisogno di conoscere la rimodulazione. In un momento in cui il Governo ha provveduto alla cancellazione con decreto delle province - sto semplificando - non è possibile che noi dobbiamo aspettare mesi per sapere qual è la ridefinizione complessiva dei tagli che sono stati apportati ai sistemi d'arma con la precedente manovra.
Imputo a lei responsabilità che competono al Governo precedente, sia ben chiaro, ma utilizzo la sua funzione, la sua competenza e la sua chiarezza, che ci ha dimostrato anche oggi, per sapere come questo Governo vuole intervenire su uno dei più grandi investimenti che il Paese sta compiendo.
La pregherei veramente di venire quanto prima a illustrarci questo aspetto. Dopodiché, noi saremo responsabili, come lei ci ha chiesto.

MARCO BELTRANDI. Volevo innanzitutto precisare che ho condiviso gran parte, se non praticamente tutta la sua replica, ma in particolare volevo farle presente che non tutto il Parlamento ha cercato soluzioni compromissorie sulla vicenda dei conduttori di alloggi sine titulo. Le assicuro che c'è stato chi ha cercato di impedire che si adottassero soluzioni che, secondo me, presentavano i difetti che lei ha ben evidenziato e che io condivido pienamente. Se ci sarà un intervento in questo senso, vedrà che qualcuno sosterrà il suo intervento. Grazie.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. All'onorevole Chiappori volevo dire che non parlo da militare. La missione sulla Libia, che si può condividere o non condividere, è stata decisa dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. C'è stata una risoluzione. Non voglio entrare nel merito dell'azione portava avanti, che non ho eseguito io, ma, politicamente parlando, c'è stata una risoluzione. La comunità nazionale nel suo massimo organo di sicurezza ha approvato una risoluzione ed è sulla base di questa che la comunità intenzionale e, quindi, anche l'Italia è intervenuta. Lascio a lei il giudizio che può esprimere sulla correttezza o meno della decisione del Consiglio di sicurezza.
Quando mi riferisco al Parlamento e a voi, parlo in generale. So benissimo che ci sono forze politiche che approvano una linea e altre che ne approvano un'altra. Non ho mai citato nomi e cognomi, svolgo solo un discorso generale. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Ringrazio tutti per la partecipazione e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,55.

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