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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione V
4.
Giovedì 11 novembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro per le politiche europee, Andrea Ronchi, in relazione al progetto di Programma nazionale di riforma per l'attuazione della Strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva - Europa 2020 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 6 14 15
Cambursano Renato (IdV) ... 11 14
Duilio Lino (PD) ... 7
Marchi Maino (PD) ... 6
Ronchi Andrea, Ministro per le politiche europee ... 3 14
Toccafondi Gabriele (PdL) ... 12
Zampa Sandra (PD) ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 11 novembre 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 12,20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per le politiche europee, Andrea Ronchi, in relazione al progetto di Programma nazionale di riforma per l'attuazione della Strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva - Europa 2020.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro per le politiche europee, Andrea Ronchi in relazione al progetto di Programma nazionale di riforma per l'attuazione della Strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva - Europa 2020.
Abbiamo già audito, sul documento in esame, le rappresentanze sindacali e in seguito ascolteremo i rappresentanti di Confindustria, SVIMEZ e R.ETE. Imprese Italia, in quanto la Commissione bilancio ha deciso di dare a questo provvedimento lo spazio di tempo che merita.
Ringraziamo il Ministro Ronchi per aver accettato il nostro invito e per aver ricavato, di rientro da Bruxelles, lo spazio di tempo per approfondire insieme a noi i temi del suddetto progetto di Programma nazionale di riforma.
Do la parola al Ministro Ronchi.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Porgo al presidente Giorgetti un ringraziamento non solo istituzionale, ma anche per l'attenzione, per il lavoro e per il modo con cui sta presiedendo questa importante Commissione della Camera dei deputati.
Parliamo ora del Programma nazionale di riforma per l'attuazione della Strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva - Europa 2020 (PNR).
Come sapete, l'Italia è il primo Paese che consegnerà nelle prossime ore questo Programma nazionale di riforma, essenziale per la storia della strategia economica e sociale del futuro. La Strategia Europa 2020 è, infatti, un elemento fondamentale della nuova governance economica dell'Europa e «succede» alla Strategia di Lisbona, di cui eredita tratti essenziali.
La consapevolezza maturata nei mesi di riflessione su questo tema ha fatto emergere il concetto che non basta avere una struttura rafforzata sul concetto della stabilità, ma bisogna avere, altresì, una struttura più forte per quello che io definisco il coordinamento di tutte le politiche economiche. Per essere più chiaro, è necessario trovare un metodo perché tutte le politiche siano convergenti e rispondano realmente ai bisogni dei Paesi, affrontando con reale efficacia gli ostacoli allo sviluppo.
Quest'idea non è nuova, ma dobbiamo capire che sono cambiati lo spirito e la consapevolezza politica su tale argomento. È questa la principale novità che ci chiede la Strategia Europa 2020 rispetto alla Strategia di Lisbona: un cambio di passo


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a livello nazionale ed europeo, accettando l'idea che non bisogna più guardare solo a casa nostra. Se preferite, non esiste più «l'orto di casa» e da questo cambio di passo debbono derivare conseguenze e, quindi, scelte concrete.
La nuova strategia comprende un set di «obiettivi chiave» sui quali gli Stati membri hanno la necessità di impegnarsi per raggiungere un valore di riferimento entro il 2020. I temi sono quelli fondamentali: occupazione, ricerca e innovazione, istruzione, clima, energie e povertà.
Allo stesso tempo, l'Unione europea ha indicato i principali ostacoli alla crescita dell'Italia: l'elevato livello di debito pubblico e la conseguente necessità di controllare strettamente le finanze, la competitività considerata anche dal punto di vista della relazione tra salario e produttività; il grado di concorrenza, che ancora riteniamo insoddisfacente in alcuni settori; il sistema di istruzione e di formazione, che deve essere più moderno ed efficiente a tutti i livelli; un livello di ricerca e innovazione che deve essere migliorato e portato al servizio della competitività delle imprese, le quali ci chiedono proprio questo; un livello di occupazione che, seppure migliorato negli ultimi anni nel suo complesso, presenta ancora forti differenze regionali, specialmente in relazione all'occupazione femminile e giovanile.
A questi elementi dovremmo aggiungere, secondo me, una riflessione sui divari regionali che non sia limitata all'occupazione, ma ne possa individuare le matrici.
La bozza di Programma nazionale di riforma è stata redatta sotto il coordinamento del mio Dipartimento, con la collaborazione di tutte le amministrazioni ed è stata approvata dal Consiglio dei ministri dello scorso 5 novembre. Dal punto di vista tecnico il Dipartimento delle politiche comunitarie e, in particolare, il Comitato tecnico del CIACE (Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei) ha lavorato, da prima dell'estate, in strettissimo collegamento con la Commissione europea.
Il PNR parte, come ricordavo, dagli ostacoli alla crescita e individua soluzioni concrete di politica economica coerenti tra loro, con l'obiettivo di fondo della stabilità dei conti pubblici. Le soluzioni saranno poi giudicate e confrontate a livello europeo per la loro capacità di affrontare i problemi.
Allo stesso tempo, abbiamo indicato i livelli che vogliamo raggiungere sugli obiettivi chiave. Si tratta di una fotografia dell'Italia che vogliamo, in modo ambizioso, realizzare tra dieci anni.
Passo alla stabilità delle finanze pubbliche. Le misure strutturali più rilevanti sono il processo di stabilizzazione e riduzione della spesa pensionistica in rapporto al PIL, avviato già nel 1995 e recentemente completato con il decreto-legge n. 78 del 2010, e il federalismo fiscale, riguardo al quale vanno citate le recenti norme sul federalismo demaniale e sul trasferimento di competenze tributarie dal centro alla periferia. È stata, inoltre, avviata la discussione su una riforma complessiva del sistema tributario italiano, che sarà ispirata a princìpi di semplificazione e di decentramento.
Per il lavoro, tema importante, l'obiettivo del Governo è di raggiungere un tasso di occupazione nell'anno 2020 del 67-69 per cento, attraverso strumenti già in corso di attuazione, come il Piano triennale per il lavoro. All'interno di questo, i punti chiave sono: la lotta al lavoro irregolare; l'aumento della sicurezza sul lavoro; il decentramento della regolazione e l'attuazione del principio della sussidiarietà; lo sviluppo delle competenze per l'occupazione e il reimpiego.
L'incremento del tasso di occupazione delle donne riveste un ruolo chiave. Sia il Programma di azioni per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro «Italia 2020», presentato nel 2009, sia il Piano per la conciliazione del 2010 sono finalizzati a favorire la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli dedicati alla cura della famiglia e a promuovere le pari opportunità nell'accesso al lavoro.
Per i giovani, la difficile transizione dal mondo dell'istruzione e della formazione a quello del lavoro resta una delle principali criticità su cui intervenire per contrastare


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i crescenti tassi di disoccupazione, la dispersione scolastica e i bassi tassi di occupazione giovanile.
La riforma del modello contrattuale del lavoro sarà essenziale per migliorare la competitività delle imprese, permettendo un migliore allineamento della crescita dei salari alla crescita della produttività.
Un capitolo molto importante, colleghi, è quello della conoscenza, della ricerca e dell'innovazione. Le riforme che stiamo apportando al sistema di istruzione e a quello universitario hanno come principio ispiratore la ridefinizione dell'intero sistema di formazione, adeguando i curriculum alle esigenze del mercato del lavoro e, al contempo, contenendo la spesa.
Le misure in atto porteranno alla riduzione degli abbandoni scolastici a un livello del 15 per cento e a un incremento della diffusione dell'istruzione terziaria fino al 27 per cento della popolazione.
Le politiche per l'innovazione e la ricerca sono chiamate a sostenere lo sforzo del sistema produttivo, tutelandolo - per questa via - anche da una concorrenza che spesso e volentieri assume il carattere della slealtà. Dal punto di vista dell'obiettivo numerico di spesa in ricerca, ferma restando la posizione italiana di maggior favore per un indicatore congiunto su ricerca e innovazione, l'Italia ha adottato un obiettivo dell'1,53 per cento di spesa totale in rapporto al PIL, che tiene conto dei necessari vincoli di finanza pubblica e del fatto che va stimolata, in particolare, la quota di spesa privata in ricerca.
Veniamo al capitolo delle liberalizzazioni. La trasposizione della direttiva europea sulla liberalizzazione dei servizi sta ottenendo effetti positivi. Altrettanto importante sarà l'approvazione della legge annuale sulla concorrenza, su cui il lavoro, come abbiamo sentito anche dai ministri in questi giorni, è in corso.
Tra gli altri provvedimenti in evidenza vi è l'introduzione di zone a burocrazia zero nel Mezzogiorno, oltre alla necessità di una rapida trasposizione delle recenti direttive sul mercato dell'energia e del gas.
Essenziale e importante - questo, colleghi, è un punto centrale del PNR - è il ritorno all'energia nucleare, che avrà effetti enormemente positivi in termini di competitività delle imprese, mentre sull'efficienza energetica, l'Italia ha adottato l'obiettivo del 13,4 per cento al 2020, misurato in termini di risparmio dell'energia primaria. Ricordiamo che alcuni degli obiettivi su energia e clima sono stati definiti e sono stati adottati a livello europeo: ci riferiamo a quelli sulle energie rinnovabili, pari al 17 per cento dei consumi finali interni, e a quello sulla riduzione delle emissioni di gas serra del 20 per cento a livello europeo.
Il documento, come sa il presidente Giorgetti, è stato presentato alle Camere immediatamente dopo la sua approvazione, per consentire al Parlamento di giocare il ruolo fondamentale e centrale di avviare la discussione. Nel redigere la versione finale del Programma - che verrà presentata in concomitanza con tutti i 27 Paesi membri nell'aprile del prossimo anno - il Governo terrà conto delle osservazioni formulate.
Come richiesto in modo specifico dalla Commissione, in questo periodo transitorio di avvio del nuovo sistema, dovremo provvedere a trasmettere, entro e non oltre la scadenza prevista del 12 novembre, la prima bozza del Programma, come faranno tutti i ventisette Paesi dell'Unione.
Ritengo che il PNR sia una fondamentale occasione di dialogo e di confronto sui temi fondamentali della politica economica e per mettere in campo un disegno organico di misure di ampio respiro per la crescita e la competitività dell'Italia, partendo da un semplice presupposto: l'Europa, con un'economia-mercato comune e la moneta unica, non può continuare a muoversi in maniera slegata, attraverso ventisette politiche economiche distinte.
Nel momento in cui l'Italia ci chiede di tornare a concentrarci su argomenti strategici, questa occasione di dialogo del Parlamento con il Governo rappresenta certamente un momento fondamentale e oggi la mia presenza e il nostro colloquio lo testimoniano.
Vi ringrazio dell'attenzione.


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PRESIDENTE. Grazie, Ministro Ronchi. Do ora la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MAINO MARCHI. Grazie, signor Ministro. Pongo tre questioni.
La prima è di carattere procedurale. Noi abbiamo ricevuto i documenti solo questa settimana. Si è parlato della scadenza del 12 novembre 2010 e lei ci ha riferito che nelle prossime ore il documento verrà inviato alla Commissione europea.
Riteniamo, da una parte, che ci sia bisogno di un maggior tempo di discussione e di approfondimento - la scadenza di domani pone, infatti, dei limiti - e, dall'altra, temiamo anche che, se il Governo aveva comunque deciso di inviare questo documento, anche il lavoro da parte della Commissione bilancio potrebbe essere inutile.
Mi pare, peraltro, che anche la Commissione parlamentare che si occupa specificamente delle politiche comunitarie abbia chiesto più tempo per esprimere i propri rilievi alla nostra Commissione. Riferendomi alle parole con cui lei ha avviato l'audizione, credo che ci sia, quindi, la necessità di prenderci almeno alcuni giorni in più, per poter avere un maggiore spazio di approfondimento, considerato anche che - in questa fase - siamo impegnati nell'esame del disegno di legge di stabilità.
La seconda questione è di carattere generale e concerne gli obiettivi del Programma. Lei ci ha rappresentato gli obiettivi fondamentali a livello europeo, ripresi anche nel documento che ci riguarda: il tasso di occupazione, il rapporto tra spesa per ricerca e PIL, l'istruzione, gli abbandoni scolastici, l'efficienza energetica, le energie rinnovabili, le emissioni di gas serra, tutta la questione della povertà.
Abbiamo rilevato anche nella nostra discussione come, però, su questi obiettivi vi sia una previsione di miglioramento della nostra situazione, ma nello stesso tempo tale miglioramento, rispetto a quelli previsti in campo europeo, non riduca per molte voci, se non per tutte, la forbice attualmente esistente. Se accusiamo, cioè, sul tasso di occupazione una distanza attuale di sette punti, permane sostanzialmente la stessa distanza anche tra gli obiettivi per il 2020 e che l'Unione europea si prefigge a sua volta. Oppure possiamo valutare la questione anche per quanto riguarda la spesa per la ricerca sul PIL o per altre voci. Non abbiamo trovato per alcuna di esse l'ambizione di prefiggersi obiettivi che ci permettano di metterci pienamente al passo con l'Europa.
Potrebbe essere un obiettivo troppo ambizioso quello di pensare che su tutti questi temi si possa ridurre la differenza attuale con la media europea, ma credo che almeno la scelta che su uno o su due di essi si profondano un impegno, uno sforzo, un'ambizione maggiore - anche nel nostro Paese - sarebbe opportuna.
Nella stessa proposta di risoluzione che ci ha avanzato il relatore, per esempio, sulla questione della ricerca, si afferma che non ci si può porre l'obiettivo di stare al di sotto del 3 per cento: siamo all'1,18 per cento e ci poniamo l'obiettivo di arrivare all'1,53 per cento. L'Unione europea è già ora in una condizione migliore, con l'1,9 per cento. Questo è un campo sul quale credo che effettivamente occorrerebbe compiere un intervento che ci permetta di migliorare tali obiettivi e di darcene di più ambiziosi.
Per altri versi, per esempio, su temi come quello del controllo della finanza pubblica si sostiene che sia già stato fatto ciò che bisognava fare. Se si parla delle pensioni, si afferma che basta applicare quanto già deciso; se si parla del federalismo fiscale, sostanzialmente si ritiene necessario dare attuazione alla legge. Credo, però, che non bastino questi interventi per sostenere che la situazione della finanza pubblica sia sotto controllo, soprattutto se l'Unione europea si porrà gli obiettivi di una riduzione forte del debito pubblico e del rapporto tra debito pubblico e PIL.
Ricordo sempre e lo ripeto in tutte le discussioni, che anche in questo documento si prevede che dal 2012 avremo un


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aumento del PIL del 2 per cento l'anno, livello che in questo decennio abbiamo raggiunto in un solo anno, che sarebbe pari a quello della media europea, da cui ci siamo sempre discostati, e sostanzialmente, senza politiche per la crescita.
Non credo che questo risultato possa venire da solo. Da una parte è un obiettivo troppo ambizioso, se non ci sono politiche che vanno in quella direzione a sostegno della crescita e, dall'altra, è anche al di sotto delle necessità, perché abbiamo un gap da recuperare molto più elevato rispetto ad altri Paesi. Siamo stati il Paese che ha subìto la maggior riduzione di PIL nel periodo della crisi, dopo un decennio di sviluppo sostanzialmente pari a zero.
Passo all'ultima questione. L'ho posta prima al Vice Ministro Vegas e non ho avuto risposta per il momento. La pongo anche a lei. A pagina 35 del documento oggi all'esame, proposto dal Governo (Doc. CCXXXVI, n. 1), è scritto, tra l'altro: «Le misure previste dal Piano d'azione dell'efficienza energetica 2007, redatto ai sensi della relativa direttiva dell'Unione europea, saranno mantenute. Esse riguardano sia gli usi elettrici che quelli termici e si distribuiscono su tutti i settori. Di particolare efficacia tra esse si è rivelata la misura relativa alle detrazioni fiscali del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici: i vantaggi di questo intervento si valutano non solo in termini di risparmio energetico, ma anche in termini di emersione del lavoro (vantaggi occupazionali) e di maggiori entrate tributarie (vantaggi economici), con conseguenti benefici per le casse dello Stato e per la collettività (per via della riduzione dei costi esterni, ambientali e sanitari associati a questa tipologia di intervento).». Questo è ciò che sostiene il Governo. Contestualmente, esso ci presenta un maxiemendamento, al disegno di legge di legge di stabilità, in cui la proroga degli incentivi al 55 per cento non è presente.
La domanda che le pongo è allora la seguente: il Governo pensa di attuare la proroga con il provvedimento di proroga termini (cosiddetto «milleproroghe») o con un altro intervento e lei è in grado di assumersi un impegno in questo senso, oppure, per coerenza, se non è così, pensate di modificare questa parte del documento? Diversamente, sarebbe in contraddizione ciò che si prevede di fare nello stesso documento con gli atti concreti che il Governo sta mettendo in campo proprio in queste ore.

LINO DUILIO. Signor Ministro, sono un po' imbarazzato nell'intervenire, perché abbiamo già svolto alcune considerazioni e discussioni qui in Commissione bilancio. Mi verrebbe da riprendere una frase che conosciamo tutti, cioè che, nel merito di quanto lei ci ha esposto e di quanto è scritto, nei suoi riguardi rimane solo la nostra personale cortesia.
Siamo molto dispiaciuti di questa che, sul piano del metodo e del merito, io ritengo un'occasione persa. Stiamo parlando di una bozza, peraltro provvisoria, di un Programma nazionale di riforma che dovrebbe riguardare - come peraltro lei ha affermato - il ciclo di programmazione dei prossimi dieci anni, prefigurando la fotografia dell'Italia tra dieci anni. Pensavo che foste stati presi dalla fretta e da altre questioni, ma lei ci ha spiegato, invece, che si è lavorato con tutte le amministrazioni, che c'è stata una deliberazione del Consiglio dei ministri, che da prima dell'estate si è cominciato a lavorare su questo tema.
Il risultato di tutto questo lavoro, sinceramente, mi sembra deludente, per usare un aggettivo sempre all'interno di quel regime di cortesia che è doveroso istituzionalmente, oltre che dovuto sul piano personale. Parlo, ovviamente, al ministro e non alla persona di Andrea Ronchi. La prego di credermi che non c'è alcuna faziosità polemica relativa al mio essere membro dell'opposizione.
Personalmente, ho avuto la fortuna di trovarmi a Bruxelles per due giorni, laddove si parlava, in una sede di incontro tra parlamentari di maggioranza e di opposizione, delle risposte dell'Europa alla crisi e ho notato un fervore, un attaccamento alla complessità dei problemi e all'individuazione delle soluzioni.


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Nella bozza di Programma all'esame della Commissione bilancio troviamo elementi che non esito a definire incredibili, sia per mancanza di coraggio, di ambizione e di risultati rispetto a quello che tra dieci anni, nella fotografia che lei evocava, dovrebbe essere il recupero di distanza del nostro Paese rispetto agli standard europei, sia per un'approssimazione, per non dire un pressappochismo, di alcune indicazioni, che riprendono, peraltro, formule un po' esoteriche, cui ci ha abituato anche il Ministro dell'economia e delle finanze.
Si afferma, infatti, per esempio, che bisogna passare - nella tassazione - «dal complesso al semplice». Alcuni colleghi sostenevano che dovremmo intervenire con il Ministro dell'economia e delle finanze mettendo insieme tutte queste frasi e scrivendo un romanzo in cui asseriamo che siamo «in terra incognita», che «l'albero della finanza pubblica italiana» è storto, che bisogna passare dal «complesso al semplice» e poi ci aggiungiamo anche dell'altro.
Veniamo ora alla polpa, al contenuto. Non mi dilungherò molto.
Sul tasso di occupazione si afferma, nel documento in esame, che in Europa dovremmo arrivare nel 2020 al 75 per cento, ovviamente con alcune politiche che portino a movimentare il mercato del lavoro portando al suo interno le donne, gli immigrati, i giovani e via elencando, sapendo che nel nostro Paese siamo già quasi 20 punti lontani da quell'obiettivo.
A seguito di misure che, immagino, in questa attività di confronto con le amministrazioni siano state valutate - non voglio pensare che le cifre indicate alla fine del decennio siano state poste casualmente, ma che siano l'esito di ragionamenti e di ipotetiche politiche - ci piacerebbe anche conoscere, come Parlamento, quali sono le analisi rigorose che hanno portato a effettuare previsioni, che possiamo condividere o non condividere, ma che, se suffragate da analisi rigorose e puntuali, possono portare a un confronto che non sia sui numeri del lotto.
Lei può scrivere, come è stato scritto nel documento, che nel 2020 arriveremo a un tasso di occupazione del 67-69 per cento, dieci punti in più circa di quello che abbiamo oggi, con una distanza di otto punti da quella che sarà la situazione europea. Sostanzialmente la distanza attuale tra noi e l'Europa aumenta un poco, anziché diminuire: oggi siamo a una distanza di sette punti e tra dieci anni saremo a una distanza di otto punti.
Sul tema della ricerca, laddove la retorica italiana porta nella convegnistica, in Parlamento e dappertutto a sostenere che la ricerca è il tema più importante a cui ci dobbiamo dedicare come Paese manifatturiero, rileviamo che oggi l'1,18 per cento del Prodotto interno loro è destinato ad investimenti in ricerca. Dopo dieci anni passeremo all'1,53, con uno 0,4 per cento in più, anche qui immagino sulla base di compiute e ponderose considerazioni rigorose, che hanno portato a valutare questo scarto come un risultato non velleitario in dieci anni.
Si aggiunge, però, il piccolo dettaglio che l'Europa passerà dall'1,9 al 3 per cento e che la distanza tra noi e l'Europa, per quanto riguarda l'investimento in ricerca, che oggi è di 0,8 punti percentuali, quindi di meno di un punto percentuale, tra dieci anni sarà di un punto e mezzo. Saremo arrivati, se varrà quanto è stato scritto, all'1,53 per cento e l'Europa sarà arrivata al 3 per cento. Sto parlando della ricerca, peraltro, cioè di quella variabile considerata determinante quanto l'aria che respiriamo.
Se è vero che vogliamo la crescita e che vogliamo abbattere il debito, l'unica misura vera che ci consentirà di farlo è quella di avere cospicui avanzi primari, che non possono che derivare da politiche che fanno crescere il PIL. La misura scritta nel testo, in un ciclo di programmazione decennale, ci porterà ad allontanarci dall'Europa, perché avremo una distanza di un punto e mezzo rispetto a quella attuale di 0,8 punti in materia di ricerca.
Cito solo un altro dato, che è importante perché riguarda i giovani, ossia il tasso di dispersione o di abbandoni scolastici, il cosiddetto drop out, che anche lei


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ha evocato prima. La nostra situazione attuale è di quasi il 20 per cento di abbandoni, cioè di drop out, e tra dieci anni dovremmo scendere al 15 per cento, cioè di circa quattro punti sotto. In Europa la situazione oggi è di circa il 14 per cento e si scenderà al 10 per cento nel 2020.
Sostanzialmente, quindi, non modifichiamo una virgola del distacco che esiste tra il nostro Paese e l'Europa relativamente a un segmento, quello dell'area giovanile, che perdiamo di vista, perché scompare dalla scuola e non sappiamo che fine fa - questi sono gli abbandoni scolastici, come lei sa bene - e, quindi, rispetto a un «cespite» (chiedo scusa per il termine) importantissimo anche per le possibili deviazioni che possono portare i giovani ad andare fuori strada. Chissà che fine fanno: spesso non vanno più a scuola, non trovano lavoro e finiscono, come lei sa e come sappiamo tutti, anche per essere presi dalla devianza, il che è un problema drammatico per i giovani, per le famiglie e, in generale, per il nostro Paese.
La tabella che riassume tali dati, esiste e parla da sola, quindi sto semplicemente svolgendo considerazioni drammaticamente ovvie, oserei dire.
Potrei poi parlare delle energie rinnovabili, grande tema, che, peraltro, rappresenta a livello sovranazionale uno dei segmenti rilevanti, su cui si investirà anche per trovare canali di sviluppo economico significativi. Siamo in una situazione, come è riportato nella documentazione disponibile, in cui il nostro Paese registra una percentuale del 17 per cento di energia da fonti rinnovabili e tra dieci anni registrerà la stessa percentuale: questa non si modifica nemmeno di una virgola, con la percentuale che si riferisce all'Europa che, però, rimane al 20 per cento. Pur rimanendo in una situazione di costanza, dovremmo diventare più europei, ci dovremmo avvicinare e dovremmo accorciare le distanze.
Come sappiamo bene tutti, non per colpa di questo Governo e di questa maggioranza - credo di non essere fazioso - vi è un problema serio. Se c'è un'atmosfera che ho respirato in Europa l'altro giorno, come è capitato altre volte, è quella per cui dobbiamo compiere un salto di testa, di cultura, e cominciare a ragionare come un Paese che si confronta con altri Paesi in un contesto sovranazionale, uscendo dalla barbarie culturale secondo la quale molto spesso succede che alla maggioranza non sta bene quello che sostiene l'opposizione perché lo sostiene l'opposizione, e viceversa. In questo modo saremo inevitabilmente morti.
Proprio sulla base del salto culturale che dobbiamo compiere, signor Ministro, non potete venire qui in Parlamento a offrirci una tabellina del genere che, lo ripeto, è assolutamente mancante di ambizione, restando sempre in quel regime comunicativo di cortesia di cui parlavo all'inizio, peraltro all'interno di una tempistica assurda e allucinante. Non potete inviarci questo progetto di Programma nazionale di riforma venerdì scorso, in un periodo in cui, peraltro, come sa, siamo impegnati anche con percorsi non molto ortodossi in materia di sessione di bilancio, in quanto stiamo compiendo veri e propri salti in materia di procedure in nome di un principio di responsabilità, proprio per le procedure che si sono seguite.
Ci inviate questo documento assemblato con una tabellina sinottica e sintetica che la dice lunga rispetto alle considerazioni che svolgevo, per le quali mi aspetterei non solo una replica, ma soprattutto materiale che ci consenta di capire perché siamo così poco ambiziosi. Come Parlamento dobbiamo esercitare un ruolo e dobbiamo esprimere un parere, alla luce della deliberazione del Consiglio dei ministri, che induca il Consiglio stesso, se il Parlamento avrà svolto bene il suo lavoro, anche ad apportare modifiche e integrazioni al Programma nazionale di riforma affinché venga mandato in Europa.
Mi lasci affermare che il mancato rispetto di questo termine del 12 novembre prossimo, indicato in una lettera spedita dal Segretariato della Commissione europea, quindi da un dirigente - vista la situazione in cui ci avete messo, quella


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cioè di doverci esprimere in pochissimo tempo, assolutamente insufficiente a poter svolgere considerazioni adeguate come Parlamento - non comporterebbe la morte di qualcuno e consentirebbe di recuperare un minimo di ambizione, almeno da parte del Parlamento. Infatti, si potrebbe scrivere una lettera e chiedere una settimana in più per esprimere il parere. Stiamo parlando di una bozza provvisoria, come abbiamo ricordato all'inizio, perché la versione definitiva sarà quella dell'aprile prossimo.
Secondo me o prendiamo un'iniziativa del genere o la scelta più dignitosa - mi rivolgo anche al presidente - è che non ci pronunciamo affatto. Che cosa dovremmo osservare rispetto a questo contenuto, di cui parlavo prima, in cui riscontriamo che le nostre distanze rispetto all'Europa in dieci anni aumenteranno, anziché diminuire? Che cosa dovremmo dire se non si individuano i cespiti - in questo caso utilizzo correttamente il termine - che dovrebbero consentire al nostro Paese di ridurre il debito pubblico, il deficit, e di avere tassi di crescita del PIL meno rachitici di quanto succede da 10-15 anni a questa parte, senza i quali non potremo risolvere alcun problema? Lei sa meglio di me che, se non c'è ricchezza aggiuntiva, l'unica iniziativa che si può attuare, per dare a qualcuno, è togliere a qualcun altro, il che evidentemente è problematico per tutti.
Non stiamo parlando, lo ripeto, di un trattato ufficiale che ha stabilito un termine, ma di una lettera del Segretario generale della Commissione. O lei si assume la responsabilità di darci un po' di spazio temporale che ci consenta di svolgere una valutazione opportuna - dal momento che abbiamo l'ambizione di dare una mano al Governo, sviluppando considerazioni serie nel merito di questo Programma, proponendo anche modifiche di obiettivi, non scrivendo cifre strampalate ma argomentando le possibili proposte - oppure è meglio non fare nulla.
Anche per quanto riguarda il programma delle audizioni, a me sarebbe piaciuto che il tempo in più ricavato fosse stato anche dato a soggetti qualificati, perché il ciclo di programmazione dei dieci anni che abbiamo davanti rispetto all'obiettivo di entrare in una dimensione sovranazionale, come mi auguro, dovrebbe investire anche gli altri soggetti che concorrono evidentemente a perseguire e conseguire determinati risultati: parlo delle organizzazioni sindacali o della Banca d'Italia.
Quando decidessimo e quando decideremo finalmente che dovremo individuare una gerarchia di priorità negli obiettivi da perseguire, perché non si può continuare a dire di sì a tutti, in quanto moriremmo inevitabilmente, in quella gerarchia di priorità bisognerà inevitabilmente mettere in conto che ci saranno interessi che si andranno a colpire in una prima fase, il che determinerà l'esigenza di un piano di coesione sociale che veda d'accordo i protagonisti di cui parlavo prima.
Vorrei ricordare - lo ribadivo ieri con i rappresentanti sindacali - che noi a suo tempo siamo riusciti ad addomesticare la brutta bestia dell'inflazione, che arrivava quasi al 20 per cento, e l'abbiamo fatto con una politica dei redditi che, attraverso l'inflazione programmata, ci ha permesso di arrivare a tassi di inflazione cosiddetti frizionali.
Per realizzare un'iniziativa del genere e, quindi, per avere l'ambizione di un nuovo ciclo di programmazione di dieci anni da portare in una sede dove dovremo competere con altri Paesi che altrimenti, in nome degli interessi nazionali che continuano a vivere anche nella dimensione europea, continueranno a darci alcuni punti, ci sarebbe bisogno di far nascere, signor Ministro, un nuovo clima, con un metodo che non sia quello di mandare qui un testo per chiederci dopo tre giorni tre righe di approvazione. È una pratica burocratica della peggiore burocrazia e non un coinvolgimento del Parlamento.
Sono, quindi, molto deluso dal metodo e dal merito e ritengo che, se vogliamo almeno abbozzare alcune proposte, dovreste darci un po' di tempo in più. Altrimenti, secondo me, è meglio che noi non ci pronunciamo.


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Ovviamente le chiedo, dal momento che questa è una bozza provvisoria e che entro aprile bisognerà elaborare la versione definitiva, di sviluppare un discorso che porti alla stesura della versione definitiva in modo appropriato, perché se vogliamo utilizzare questo Programma nazionale di riforma per quello che dovrà essere, cioè un primo documento autorevole di un ciclo di programmazione di dieci anni, in cui si gioca il destino del nostro Paese, evidentemente dovremo contemplare, da qui al prossimo aprile - situazione politica permettendo e sperando che qualcuno si preoccupi anche del Paese piuttosto che di altre questioni in questa disgraziata Nazione - e lavorare affinché questi contenuti siano stesi in modo consapevole da parte dei diversi soggetti, innanzitutto dal Parlamento, in modo da arrivare a una versione definitiva un poco più partecipata, ma sul serio e non come stiamo facendo adesso, con una finzione. In questa celebrazione di finzioni state riducendo il Parlamento a una mera succursale del Governo, molto spesso facendoci perdere anche la nostra dignità.

RENATO CAMBURSANO. Pongo subito, signor Ministro, una questione di metodo. È stata ricordata da chi mi ha preceduto la scadenza che pare sia stata interpretata in modo rigido dal Governo e, in particolare, dal Ministro dell'economia e delle finanze, il quale, per far vanto in sede europea di essere i primi della classe, predispone un documento che è l'inno del nulla, senza ambizioni. Basta guardarlo. Non ripeto quanto già affermato, perché altri vi si sono dilungati, soprattutto il collega Duilio.
Nel confrontare le quattro colonne che ci vengono presentate nella documentazione a disposizione, riferita rispettivamente alla situazione attuale dell'Italia, alla proiezione in base a questo documento di riforma al 2020, alla situazione attuale dell'Europa e agli obiettivi della Strategia Europa 2020, si sancisce di fatto un fallimento, perché su alcune voci significative gli obiettivi 2020 dell'Italia non raggiungerebbero neppure lo stato attuale dell'arte nell'Unione europea, figuriamoci quello riferito all'anno 2020.
Se, come indicano i documenti che accompagnano i due strumenti sui quali ci stiamo confrontando, lo Stability Program e il Programma nazionale di riforma oggi all'esame, tali due strumenti dovrebbero avere una «centralità politica, assoluta e assorbente», come afferma la Decisione di finanza pubblica, quale altra istituzione c'è in questo Paese che rappresenti al più alto livello la politica? Si parla di «assoluto e assorbente», cioè si prevede che si dedichino le intelligenze, le esperienze, il confronto con le realtà imprenditoriali, associative, di categoria, sindacali. Il confronto è stato promosso - «buon peso», si direbbe dalle mie parti - per occupare gli spazi vuoti, nell'attesa del maxiemendamento al disegno di legge di stabilità che il Governo ha elaborato e trasmesso ieri sera. Tanto per fare qualcosa, facciamo anche questo. Meno male che si è trovata anche questa disponibilità.
La constatazione, signor Ministro, è che lo svuotamento del Parlamento e del Paese è davvero totale, perché la richiamata centralità politica non viene messa in campo dall'Italia, o meglio dal Governo.
Che cosa ci chiedono quegli strumenti? Ci chiedono, in particolare, un cambiamento radicale delle regole, dei comportamenti di questo Paese. Se si guarda bene, non con la lente di ingrandimento, ma leggendo bene e con attenzione ciò che è scritto, ci chiede proprio questo, perché il nostro è un Paese dove le eccezioni superano abbondantemente le regole, i privilegi superano i meriti, i condoni e gli scudi sono gli strumenti per fare cassa e non per educare il popolo italiano, la raccomandazione e la corruzione sono dilaganti nella burocrazia e nella politica. L'Europa, se vogliamo diventare finalmente europei - mi rivolgo al Ministro per le politiche europee - ci chiede questo, incominciando dalla attuale situazione del debito e del PIL.
Il suo collega, Ministro dell'economia e delle finanze, ogni tanto si diletta a raccontarci che noi stiamo meglio degli altri, ma è anche vero - lui però non lo


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ammette e non lo ammetterà mai - che, se le regole dell'Unione europea fossero vincolanti, come pare che siano, anche in una versione ridotta rispetto a quella che si immaginava il 29 settembre, noi dovremmo ogni anno destinare circa un punto o un punto e mezzo di PIL, non si capisce ancora bene, solo per ridurre il debito, oltre a dover contenere il deficit che sappiamo essere superiore: a oggi è al 5 per cento e, quindi, difficilmente raggiungeremo lo scopo a fine anno.
Dovremmo agire sul PIL, ma come? Il debito si abbatte non con i condoni, non con gli scudi, ma con una lotta all'evasione vera e serrata, come hanno osservato giustamente i sindacati. Guarda caso, signor Ministro, i sindacati che ieri sera, in sede di audizione informale, hanno puntato di più il dito sulla lotta all'evasione fiscale, sono quelli che dialogano con il Governo - ben venga il dialogo, non lo contesto - e proprio loro hanno evidenziato che, a fronte di 120 miliardi di evasione fiscale che questo Paese accusa ogni anno, se ci ponessimo l'obiettivo di tre programmi decennali, abbattendo di un terzo l'evasione in ogni programma, avremmo fatto il più grande regalo a questo Paese.
Se poi aggiungiamo al calcolo, come abbiamo ricordato prima, il lavoro nero, la corruzione, gli sprechi di questo Paese - rimando a uno studio di Luca Ricolfi neanche troppo datato - la massa di quattrini che avremmo come ricchezza di questo Paese, ma che attualmente sfugge al controllo e alla gestione di chi ha il dovere e il potere di occuparsene, probabilmente ci porterebbe a essere uno dei primi Paesi di questa Europa. Con quei quattrini potremmo agire su due fronti: creare sviluppo e dare la possibilità ai lavoratori, siano essi dipendenti o autonomi, di riprendere il cammino e di consumare beni, creando un volano che si autoriproduceva. Per fare ciò, però, abbiamo bisogno di una realtà che non esiste in questo Paese, ossia di una vera concorrenza, che in questo documento di riforma è un semplice sostantivo. Quando parlo di concorrenza o, meglio, di lotta alla mancanza di concorrenza, mi riferisco alle tante corporazioni che esistono ancora nel nostro Paese e alle «camarille» che sono molto presenti. Se consideriamo questi temi, individuando gli strumenti per riattivare una vera concorrenza e condurre davvero una lotta serrata all'evasione fiscale e al lavoro nero per ridare risorse a chi ne ha bisogno, probabilmente riusciremo anche a raggiungere l'ultimo obiettivo, che è quello di diminuire la quota altissima di povertà che oggi esiste in Italia.

GABRIELE TOCCAFONDI. Espongo due note molto brevi in merito a punti toccati soprattutto dalle opposizioni, ringraziando innanzitutto il Ministro Ronchi della presenza e della relazione.
Il primo punto concerne il merito. Come avrà ascoltato anche negli ultimi interventi, fa molto scalpore la famosa tabellina presente nella documentazione, che sembra il punto fondamentale di ogni problema del nostro Paese da qui al 2020. Si tratta della tabellina comparativa della situazione attuale dell'Italia e della prospettiva da qui al 2020, cioè la bozza del PNR, paragonata alla situazione attuale dell'Unione europea e alla Strategia Europa 2020.
Su alcune cifre - l'ho rilevato anch'io - come, per esempio, quelle riguardanti la spesa per la ricerca, di per sé potremmo ottenere di più; però è anche vero che passiamo dall'1,18 per cento della situazione attuale all'1,53 per cento nel 2020, con una crescita di circa il 30 per cento. In Europa, si passa dall'1,9 al 3 per cento, con una crescita di poco superiore al 50 per cento.
In Italia, dunque, è previsto un incremento, il che è un dato positivo, ma esso è minore rispetto a quello che si prevede per l'Unione europea. In una fase molto delicata per il Paese a livello internazionale e con il debito pubblico attuale vorrei sottolineare, comunque, l'aspetto positivo, perché c'è una crescita del 30 per cento.
Su altri dati, invece, non mi trovo molto d'accordo con gli amici delle opposizioni. Sul tasso di occupazione si contesta che l'Europa toccherà il 75 per cento


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e che noi ci fermeremo solo al 67-69 per cento. Il problema è che, attualmente, siamo al 57,5 per cento. Se fossero davvero tutti realizzati i punti percentuali sul tasso di occupazione e arrivassimo poco sotto il 70 per cento, il sottoscritto ci metterebbe la firma. Voglio evidenziare che passare in Italia dall'attuale situazione al 67-69 per cento vuol dire migliorare del 20 per cento il nostro tasso di occupazione.
Mi fermo qui. Questa tabellina, come tutte le tabelline e tutti i numeri, può essere vista in molti modi.
Signor Ministro, le chiedo un parere su un altro aspetto, di metodo. Da tre giorni abbiamo sentito le opposizioni stracciarsi le vesti sulla famosa data del 12 novembre, parlando di una letterina di un burocrate e non della lettera del Segretario generale della Commissione europea, che ha stabilito tale data, chiedendo una settimana in più di tempo, come se in tale periodo potessimo risolvere tutti i problemi concernenti il PNR.
Con tale premessa, presidente, è chiara la mia posizione personale sul fatto che stiamo svolgendo un buon lavoro. Mi riferisco anche alla Commissione bilancio. Abbiamo tenuto tre audizioni informali ieri sera con i sindacati; oggi ringraziamo il Ministro Ronchi della presenza e della relazione e nel pomeriggio si terranno altre tre audizioni. Attualmente ho contato circa venti interventi in questi giorni di esame del documento e penso che a tutti sia stata data l'opportunità di intervenire. Ho svolto la relazione due giorni fa e l'ho consegnata insieme a un'ipotesi di risoluzione, così come richiesto dalle stesse opposizioni.
Visto, però, che le opposizioni ribadiscono oggi la richiesta di poter disporre di giorni in più, e pensando che la mia posizione sia chiara, chiedo comunque anche al signor Ministro di esprimersi al riguardo.

SANDRA ZAMPA. Sarò molto rapida, anche perché gran parte delle osservazioni critiche che avrei formulato sono già state anticipate negli interventi dei colleghi Maino Marchi e Lino Duilio.
Comincio, però, con il rispondere al collega Toccafondi, che stigmatizza la nostra tendenza a stracciarci le vesti, per ricordargli che ieri, nella Commissione Politiche dell'Unione europea, anche la maggioranza se le è stracciate, perché, come certamente lei sa, signor Ministro, su proposta del Partito Democratico, che ha rifiutato di entrare nel merito, considerando il metodo assolutamente insufficiente, si è deciso - e il gruppo del Popolo della Libertà, la maggioranza, ha fatto lo stesso con noi - di non procedere all'esame di questo documento. Mi duole, dunque, fare notare al collega Toccafondi che il problema dei tempi non è soltanto nostro.
Al di là di questo, molto rapidamente, signor Ministro, le vorrei rappresentare il disagio di chi siede nella XIV Commissione della Camera dei deputati, sia per il metodo con il quale siamo stati posti di fronte a questo documento, sia per il merito. Di questo rammarico dovreste farvi carico soprattutto voi.
Voglio molto brevemente e semplicemente ricordare che questo documento ci è stato annunciato e presentato come l'occasione di una svolta, mentre, invece, nella sostanza è un documento che ci allontana ancora di più dall'Europa. È un'occasione persa non solo per l'Italia rispetto all'Europa, ma anche per la maggioranza di questo Governo.
Secondo il collega della maggioranza, la richiamata tabellina - mi riferisco alla tabellina a pagina 11 del documento che ci è stato consegnato, laddove si indicano gli obiettivi - non dovrebbe scandalizzarci, perché occorre guardare le cifre della situazione attuale e confrontarle con quelle della situazione attuale europea. È vero, ma tale tabella esprime anche l'assoluta mancanza di ambizioni di questo Programma. Non credo che si possa accettare che noi non ci sforziamo, in alcun modo, di recuperare un ritardo che già ci penalizza in Europa.
Noi non soltanto oggi siamo il fanalino di coda dell'Europa, ma ci proponiamo di esserlo anche nel 2020. Tutte le cifre sono al di sotto di quello che potrebbe essere


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considerato un Programma nazionale di riforma ambizioso dal punto di vista europeo.
Credo che sia opportuno allungare i tempi e considerare che la scadenza che ci viene indicata dal Segretario generale, senza mancargli di rispetto, non è normativamente vincolante e che, quindi, è nell'interesse del Paese, non della maggioranza o dell'opposizione, ma dell'Italia, svolgere un lavoro migliore. Per poterlo fare - a meno che non si pensi che davvero il Parlamento sia soltanto un orpello dove si perde del tempo - ci si attrezza per lavorare meglio, tenendo alcune audizioni, chiamando ospiti importanti, come ha ricordato il collega Duilio, dalla Banca d'Italia alle organizzazioni sindacali, alle grandi organizzazioni economico-sociali, e si lavora insieme, preparando una proposta che abbia la dignità di portare nel 2020 l'Italia un passo più avanti e non consegnandole per sempre l'ultimo posto nella graduatoria.
Signor Ministro, visto che lei è il Ministro per le politiche europee, credo che dovrebbe essere il primo ad ambire a portare un po' più di Europa in questo Paese e un po' più d'Italia dentro l'Europa. L'Europa sta scomparendo nel nostro Paese, non ne sentiamo più parlare. Questa era una grande occasione per riportare l'Europa in modo positivo anche nel dibattito italiano e dentro le famiglie italiane, facendo capire agli italiani a che cosa serve «stare in Europa», una volta tanto in modo positivo e non negativo, come invece da un bel po' di tempo siamo sempre costretti ad assistere.

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Cambursano per una dichiarazione.

RENATO CAMBURSANO. Prima che il Ministro interloquisca con noi, ovviamente se lo ritiene, segnalo che, a norme del gruppo dell'Italia dei Valori, intendo presentare una proposta di riformulazione della risoluzione n. 7-00431 Toccafondi, che spero possa fornire un contributo aggiuntivo al dibattito.

PRESIDENTE. Grazie. Do la parola al Ministro Ronchi per la replica.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Ringrazio i colleghi del contributo, anche al di là delle posizioni e della cordialità di cui personalmente vi sono grato, nonché del modo con il quale abbiamo affrontato questo argomento. Permettetemi di ringraziare anche per la qualità degli interventi.
Vorrei sgombrare subito il campo: cara collega Zampa, non considero il Parlamento un orpello. Basta un'occhiata alla mia biografia per capire che posso considerarlo tutto meno che un orpello. Anzi, voi sapete benissimo che durante questi mesi proprio sul PNR concordemente con l'Europa abbiamo realizzato un'azione, perché il Parlamento sia sempre più non soltanto centrale, ma dirimente soprattutto con riferimento al PNR.
La data del 12 novembre è un impegno formale che hanno assunto tutti i 27 Stati. Stiamo scrivendo una lettera di accompagnamento a questo Programma, che serve a ribadire la centralità del Parlamento in questi mesi, perché il percorso che intercorre tra la bozza e il Programma definitivo sia dettato con il ruolo centrale della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica ossia del Parlamento italiano, un ruolo che servirà a scrivere insieme, parti sociali e sindacali e tutte le forze presenti in Parlamento, la versione definitiva. Tre o quattro giorni non sono sufficienti nell'arco del lavoro grandissimo che, come coordinatore, ho svolto.
Caro collega Duilio, non è stato un lavoro svolto in una settimana. Si è partiti nello scorso mese di giugno in un raccordo stretto, sotto il nostro coordinamento, con tutte le amministrazioni e la Commissione europea. Non è stata stilata una tabellina per distribuirla in giro come un volantino, ma è stato compiuto un lavoro importante e serio, in raccordo anche con la Commissione.
Vorrei comunicarvi un dato fondamentale, rappresentato dai vincoli di bilancio, che non possiamo disattendere in alcun modo: dobbiamo, quindi, fare i conti con


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questo grande macigno sulla testa. Abbiamo dovuto combinare ambizione e realismo, evitando di assumerci impegni che poi non avremmo potuto mantenere.
Quando inizierà, sin dai prossimi giorni, il dibattito nelle Commissioni, io vorrei concordare con il presidente Giorgetti e con il presidente Pescante alcune modalità di audizioni congiunte da parte delle Commissioni stesse. La collega ha parlato delle famiglie. Ha perfettamente ragione. Non dobbiamo tenere un dibattito solo perché dobbiamo farlo e alla fine dobbiamo portare a casa il risultato. Vogliamo un dibattito il più ampio possibile. Ho già contattato i segretari della CISL e della CGIL, ed esponenti delle altre organizzazioni sindacali, perché ci sia anche dal loro punto di vista un apporto, un supporto, un'integrazione, un'iniezione di efficienza e di idee innovative.
Questa è una bozza. Prima della versione definitiva passeranno mesi di intenso lavoro, in cui il Parlamento sarà il pivot - mi piace il pivot come figura emblematica - al fine di poter arrivare in Europa con un grande documento.
Capisco e ringrazio anche per le osservazioni sulla spesa per la ricerca, che mi vedono perfettamente d'accordo. La detrazione del 55 per cento sarà prevista nel provvedimento in materia di proroga di termini. Mi assumo quest'impegno perché il mancato rinnovo, caro collega Marchi, sarebbe giustamente in totale distonia e contraddizione - è quasi banale osservarlo - rispetto al documento. Ringrazio dell'osservazione e dello spunto, che oggettivamente accolgo nel modo più assoluto.
Concludendo, è la seconda volta che intervengo in Commissione bilancio, ringrazio anche il presidente e amico onorevole Giorgetti per lo spirito manifestato, da posizioni diverse, ma con un lavoro costruttivo, caratterizzato da una cordialità, una cordialità non soltanto istituzionale, ma di contenuti. Grazie.

PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro Ronchi, arrivato direttamente dall'aeroporto di rientro da Bruxelles per partecipare ai nostri lavori. Lo aspettiamo per un terzo appuntamento in Commissione bilancio. Riprenderemo le audizioni informali sul provvedimento in esame alle ore 14.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,25.

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