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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite (V Camera e 5a Senato)
2.
Lunedì 23 aprile 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, presidente ... 3

Audizione di rappresentanti del CNEL (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2012, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):

Giorgetti Giancarlo, presidente ... 3 5 8 10
Ciccanti Amedeo (UdCpTP) ... 6
Duilio Lino (PD) ... 7
Jannotti Pecci Costanzo, Consigliere del CNEL ... 3 8
Nannicini Rolando (PD) ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONI RIUNITE (V CAMERA E 5A SENATO)
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
5A (PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di lunedì 23 aprile 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti del CNEL.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di economia e finanza 2012, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, l'audizione di rappresentanti del CNEL.
Sono presenti il dottor Costanzo Jannotti Pecci, consigliere del CNEL, il dottor Stefano Bruni, capo della segreteria tecnica del Presidente del CNEL, e la dottoressa Larissa Venturi, dirigente del CNEL.
Do la parola al dottor Jannotti Pecci.

COSTANZO JANNOTTI PECCI, Consigliere del CNEL. Grazie, presidente. Innanzitutto, vorrei fare un'annotazione sul metodo. Ci rendiamo conto che voi stesse, come Commissioni bilancio della Camera e del Senato, state subendo i tempi particolarmente accelerati che, ormai, in maniera sistematica, vengono dati ai vostri lavori e conseguentemente ai nostri. Ciò ci impedisce, come CNEL, di procedere secondo le nostre linee regolamentari, quindi, non avendo avuto il tempo necessario, il documento che abbiamo predisposto, e che desideriamo depositare agli atti, non è frutto di una formale delibera dell'assemblea del CNEL, sebbene sia condiviso dalle parti sociali presenti, anche perché è stato redatto tenendo in debita considerazione il documento in merito al PNR (Programma nazionale di riforma) che l'assemblea del CNEL ha approvato lo scorso 7 marzo.
Mi limito a esporre alcuni passaggi del documento. In primo luogo, registriamo che le scelte di finanza pubblica illustrate nel DEF prevedono un calo del trend della spesa primaria che, se riferito al triennio 2008-2011, è ben superiore a quello del PIL nominale perché in quel triennio abbiamo registrato un aumento della spesa del 6 per cento circa, contro un aumento del PIL nominale inferiore all'1 per cento. Invece, per il periodo che va fino al 2015 si ha una riduzione in valore nominale della spesa primaria che è, comunque, coerente con la crescita attesa del PIL.
Teniamo a sottolineare il crollo che il DEF riporta riguardo alle spese in conto capitale a livello sia centrale che regionale e locale. Francamente, questa previsione ci sembra in contrasto con quanto affermato anche dal Presidente del Consiglio circa il fatto che - cito testualmente - «la ripresa non può ripartire se non da una spinta alla produttività che deve venire dagli investimenti infrastrutturali». Ci chiediamo, perciò, come si fa a far ripartire gli interventi infrastrutturali se si tagliano in


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maniera così significativa le spese in conto capitale, come previsto, appunto, dal DEF.
Per quanto riguarda i consumi intermedi rileviamo che, mentre per la spesa delle amministrazioni centrali c'è una flessione significativa in linea con gli obiettivi del DEF, lo stesso non è previsto per le amministrazioni periferiche (regioni e altri enti territoriali). Anche se non è detto nel documento, in questa audizione vogliamo affermare che, forse, è giunto il momento di valutare con attenzione, a quarant'anni dalla loro istituzione, ciò che le regioni hanno rappresentato e soprattutto stanno rappresentando per l'economia del Paese. Infatti, esse dovevano avere una funzione propulsiva dell'economia e avvicinare i livelli di governo ai cittadini; invece, abbiamo la sensazione - come dimostrano questi dati e quelli storici ormai a nostra disposizione - che l'obiettivo istituzionale, quello costituzionale, oltre che, naturalmente, quello democratico, non siano stati raggiunti, o perlomeno siano molto lontani. Sarebbe, quindi, opportuno occuparsi anche di questo problema.
Rispetto alle entrate, registriamo un prelievo fiscale che è arrivato a livelli ormai inaccettabili. Questa circostanza ci fa sostenere che questo problema non può essere affrontato esclusivamente dalle istituzioni della Repubblica, ma occorre coinvolgere in maniera molto significativa le parti sociali. Pensiamo, prima di tutto, alle organizzazioni dei lavoratori. Come si fa, infatti, a ritenere di non coinvolgere adeguatamente le organizzazioni dei lavoratori in merito, per esempio, al recupero dell'efficienza della pubblica amministrazione? Ugualmente, come si fa a non coinvolgere le associazioni che rappresentano le imprese per effettuare una selezione seria degli investimenti pubblici e per far, quindi, ripartire l'economia?
Sotto questo aspetto, nell'assemblea del 7 marzo scorso abbiamo approvato un documento nell'ambito dell'agenda per la crescita sostenibile messa a punto dal Ministero dello sviluppo economico, che rappresenta, di fatto, una prima traduzione operativa degli impegni fissati dal PNR. Tra gli interventi necessari a consentire un più adeguato reperimento di risorse finanziarie vi è la tassazione delle transazioni finanziarie. Devo segnalare che su questo tema non c'è unanimità di vedute all'interno del CNEL. Tuttavia, considerato che la questione della tassazione delle transazioni finanziarie è stata fatta propria dal Governo, d'intesa con altri Paesi come Germania, Francia, Belgio, Portogallo e Spagna, riteniamo che l'ipotesi di intervenire sulle transazioni finanziarie sia tra quelle da portare avanti, individuando, però, le modalità con precisione.
Sul tema della spending review, il CNEL ha ricevuto una richiesta di collaborazione da parte del Governo. La prima Commissione se ne sta occupando, quindi speriamo di poter dare un contributo concreto in tempi abbastanza rapidi, considerato che una seria azione di spending review può avvenire soltanto se c'è, oltre alla decisione politica e all'intervento del Parlamento, quale organo sovrano, anche il coinvolgimento dei primi destinatari di queste iniziative, vale a dire i lavoratori e le imprese.
Riguardo alla delega fiscale, riteniamo che essa rivesta un ruolo fondamentale. Soprattutto, crediamo che una riforma fiscale adeguata possa favorire la crescita. Essa deve, però, rappresentare l'occasione per mettere in campo, in modo organico, una concreta strategia di attacco all'infedeltà fiscale. Condividiamo, quindi, la decisione del Governo, che va nella giusta direzione, di introdurre un indicatore ufficiale di evasione, la cui definizione dovrebbe essere affidata a una commissione indipendente. Ribadiamo, in questa occasione, la nostra disponibilità a essere la sede di tale commissione, in quanto le proposte di un eventuale organismo che si dovesse occupare di questo problema saranno tanto più efficaci se sostenute dalle forze sociali, le quali avranno un ruolo fondamentale per il successo di questa iniziativa.
Ugualmente, riteniamo che non sia più rinviabile una profonda ridistribuzione del prelievo, non solo per correggerne la crescente concentrazione sui redditi, ma anche


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in funzione di un recupero della competitività e di un rilancio della domanda interna. Il nuovo gettito derivante dal recupero dell'evasione e dai nuovi tributi non dovrebbe essere aggiuntivo, ma dovrebbe essere destinato alla riduzione del prelievo sui redditi e, in particolare, alla riduzione del costo del lavoro. In tale contesto, dovrà essere valutato l'impatto delle imposte, anche di tipo patrimoniale, recentemente introdotte per verificarne il grado di equità e di progressività.
Il gettito recuperato dall'evasione, sia con le misure di contrasto, sia con l'aumento della compliance, quantificato e destinato interamente alla riduzione del prelievo fiscale, consentirebbe la diminuzione delle aliquote e avrebbe l'effetto di favorire l'adempimento spontaneo degli obblighi fiscali e di rendere il Paese attrattivo per gli investimenti, accrescendone la competitività.
Tuttavia, qualsiasi intervento di politica fiscale deve accompagnarsi a un processo di semplificazione, di trasparenza e di maggiore accettabilità delle norme. Il CNEL, avvalendosi di un imponente lavoro di ricerca messo a sua disposizione da un gruppo composto da professori italiani, tra i più qualificati, di diritto tributario per la costruzione di un vero e proprio codice tributario, sta valutando l'ipotesi di presentare una proposta di rivisitazione dello Statuto dei diritti del contribuente che impedisca, anche intervenendo ove opportuno sui regolamenti parlamentari, modificazioni estemporanee del sistema fiscale. Grazie.

PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Jannotti Pecci di aver riportato il parere del CNEL, elaborato nei tempi ristretti che abbiamo a disposizione. È anche vero, peraltro, che il DEF è stato presentato con otto giorni di ritardo rispetto alla data prevista dalla legge.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ROLANDO NANNICINI. Vorrei porre una domanda tecnica. Nella prima pagina della relazione del CNEL, sul tema della spesa primaria si dice che per le amministrazioni locali il trend, già leggermente negativo nei primi tre anni, con un calo dello 0,05 per cento, continua nello stesso segno fino al 2015, con una lieve riduzione in valore nominale (da 239 a 238,4 miliardi di euro).
Allora, se ho ben compreso, questa relazione tiene presente i criteri di classificazione delle amministrazioni pubbliche fissate dal SEC95 (Sistema europeo dei conti nazionali e regionali), che definiscono quali sono le amministrazioni locali, ovvero comuni, province, regioni, università, camere di commercio, policlinici e enti parco. In pratica, nella classificazione di «ente locale» rientrano tutti questi organismi.
Personalmente, seguo molto la situazione dei comuni che, in base al patto di stabilità interno, quest'anno dovranno contribuire per un importo di 6,9 miliardi in termini di cassa, mentre, in termini di competenza, subiscono un taglio di 3,5 miliardi.
Condivido l'aspetto cui ha fatto riferimento circa le regioni, rispetto al quale reputo anch'io necessario uno studio più attento. Non vorrei citare i nostri, essendo molto più autorevoli i vostri. Tuttavia, vi suggerirei di disaggregare i dati perché, usando l'espressione «enti locali», si sostiene una politica centralista, in cui tutte le forze politiche ricadono perché hanno bisogno di giustificare alcune scelte.
Invece, per quanto riguarda i comuni - si tratta di 68.800 milioni di euro in termini nominali in rapporto al PIL - c'è stato un decremento dei trasferimenti e della spesa, anche primaria. Inoltre, con il patto di stabilità misto, c'è un soffocamento degli investimenti territoriali. Si è discusso tanto delle province, le cui spese ammontano a 12,8 miliardi di euro. Certo, le spese devono essere giustificate; non voglio dire che 12,8 miliardi non hanno valore. Abbiamo, poi, 111 miliardi di euro di spesa sanitaria. Ecco, se si fanno le somme, questi sono i risultati.
A ogni modo, vorrei una disaggregazione dei dati, che non trovo né nei


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documenti dell'ISTAT, né nei vostri, anche rispetto a quelli dello stesso DEF. Non trovo mai i dati relativi ai soli comuni o alle sole province. Troviamo forti critiche sulla dinamica della spesa regionale, su cui, peraltro, condivido la sua riflessione. Non si vede mai, però, cosa succede nelle camere di commercio, nelle università e, in generale, negli enti locali di cui alla classificazione SEC95. Ecco, chiamateli «altri» o come volete poiché, da ex amministratore locale, mi rincresce di sentirmi sempre accomunato a essi, considerate le difficoltà di sostenere il welfare e gli investimenti territoriali.
Peraltro, ritengo che molte analisi siano «centraliste». Lo stesso documento che il Ministro Giarda ha diffuso confonde molto in merito alla spesa per il welfare territoriale. Sono, quindi, leggermente polemico quando questi dati non vengono forniti disaggregati.

AMEDEO CICCANTI. Signor presidente, ripeterò una domanda che ho già posto, sulla quale intendo insistere. Per quanto riguarda la patrimoniale, vi sono due scuole di pensiero. La prima, di Alesina e Giavazzi, sostiene che la patrimoniale renderebbe latitante la classe dirigente, ovvero il decisore politico, sugli interventi strutturali per il risanamento dei conti pubblici. Infatti, una volta prelevato uno stock di entrata, anche una tantum, ci si sentirebbe sollevati da provvedimenti impopolari, che, invece, è necessario adottare anche perché obbligati dalla stretta sorveglianza a livello europeo. Insomma, sfuggiremmo, in parte, dalle maglie.
Un'altra scuola di pensiero ha trovato autorevoli rappresentanti in Amato e Veltroni e, da ultimo, nell'economista Gervasio Montenegro che, su Milano Finanza, ha intravisto la possibilità di stabilire delle aliquote di imposizione patrimoniale inversamente proporzionali al reddito dichiarato negli ultimi dieci anni. In pratica, chi dichiara un reddito elevato pagherebbe meno a titolo di imposta patrimoniale; per contro, le aliquote dovrebbero essere più elevate per chi non ha reddito ma ha un notevole patrimonio, che avrà avuto in qualche modo, ma non lo avrà certamente guadagnato per cui si tratta di una rendita pura. Queste sono le due scuole di pensiero.
Lei ha parlato di transazioni finanziarie, ovvero della cosiddetta «Tobin tax» che ha trovato favorevole una parte dell'Europa, a eccezione del Regno Unito. Essa riguarda, però, la patrimoniale sui beni mobili. Viceversa, sono dell'idea di insistere sui beni immobili. È vero che l'IMU (Imposta municipale unica) ha risolto gran parte di questo problema, almeno per quanto riguarda la prima casa. Tuttavia, la ricchezza patrimoniale non si esaurisce solo nel patrimonio immobiliare abitativo. Discutendo con qualche collega, mi è stato fatto osservare, giustamente, che i due terzi del patrimonio immobiliare sono rappresentati dalla prima e dalla seconda casa, quindi rimarrebbe comunque fuori dall'ambito di applicazione dell'IMU un terzo del patrimonio immobiliare. Ecco, cosa pensate dell'idea di istituire una patrimoniale progressiva, anziché proporzionale, che colpisca dalla seconda alla terza casa in su?
Inoltre, applicando il cosiddetto indice di Gini, posto che zero rappresenta il massimo dell'uguaglianza e uno il massimo della diseguaglianza, computando soltanto i redditi, abbiamo un risultato di 0,33, per cui ci avviciniamo all'uguaglianza. Invece, computando i redditi più il patrimonio, l'indice è 0,66, quindi più prossimo a uno. In più, se sono veri i dati della pubblicazione della Banca d'Italia sulla ricchezza delle famiglie italiane, nel 2010, emerge una situazione in cui il 10 per cento delle famiglie italiane detiene il 45 per cento della ricchezza. È chiaro, dunque, che abbiamo una grande ricchezza annidata da qualche parte, per cui un'imposta triennale una tantum potrebbe essere indirizzata sulla crescita in modo selettivo e mirato per recuperare quel gap che, diversamente, dovremmo ottenere operando all'interno dei saldi di finanza pubblica che riusciamo a gestire con


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grande difficoltà, stante la congiuntura sfavorevole e il ciclo economico che ci penalizza.
Ecco, siccome avremo il pareggio di bilancio - ovviamente, nominale, non strutturale - nel 2015, tenendo conto del ciclo economico, cosa pensa il CNEL se in questi tre anni mettessimo questa tassa patrimoniale straordinaria? Avete fatto studi al riguardo?

LINO DUILIO. Vorrei porre alcune domande, dopo aver fatto una premessa. È vero che i tempi sono stretti. Tuttavia, stiamo parlando degli stessi argomenti da parecchio tempo. Difatti, il Documento di economia e finanza formalizza discorsi e problemi che dovrebbero far parte, ormai, del patrimonio diffuso e condiviso rispetto al quale, probabilmente, anche da parte del CNEL, sarebbe opportuno ricevere qualche suggestione, se non qualche contributo preciso.
La prima considerazione è che, stando anche al vostro documento, sembra che ci si stia iscrivendo tutti alla scuola della razionalizzazione finanziaria. Parliamo, infatti, di spese da tagliare e di entrate da aumentare, o comunque difficili da incrementare, ma c'è poco o nulla rispetto al tema della crescita, da qualche tempo rapsodicamente evocato senza nessuna declinazione verosimile circa ciò che potrebbe concretamente accadere.
La prima domanda che vorrei porre è, quindi, di carattere molto generale. Visto che il CNEL è un organo di rango costituzionale che, almeno teoricamente, dovrebbe servire a certi scopi, vorrei sapere se avete intenzione di dedicarvi anche al tema della crescita per poi venire, magari, con qualche proposta, frutto anche di un confronto con persone che si occupano di questo problema. Mi pare - ripeto - che su questo punto latitino le proposte, non solo da parte del CNEL, se non evocando genericamente la questione, specie in riferimento alla ricetta degli investimenti che ci dovrebbero essere per favorire la crescita. Anche lei, all'inizio del suo intervento, si è espresso in questo senso quando stigmatizzava il fatto che dalle analisi statistiche e di prospettiva emerge un calo degli investimenti, rispetto all'affermazione del Presidente del Consiglio, secondo il quale la crescita non può che venire dagli investimenti.
Tuttavia, al di là del fatto di richiamare questi aspetti canonici, mi piacerebbe che avessimo delle suggestioni di ordine sia quantitativo sia, possibilmente, qualitativo. Infatti, il non detto è che, essendo la nostra un'economia manifatturiera, la crescita non può che dipendere dalle esportazioni, per cui quel poco che riusciamo ad ottenere è dovuto al fatto che siamo trainati dagli altri. Insomma, da parte nostra, sembra si possa fare poco o nulla. In definitiva, la mia domanda è se non sia il caso di tirarci su le maniche - metaforicamente parlando - anche a livello intellettuale, per partorire qualche idea, visto che si potrebbe coniare lo slogan «se qualcuno ha qualche idea, per favore ce la regali».
Il secondo aspetto è più attinente a quanto è stato detto. Lei ha osservato che dall'analisi del documento emerge che, mentre per le amministrazioni centrali è previsto un certo trend in relazione alle spese, ciò non è previsto per regioni ed enti locali. Ora, in altre sedi e in altri momenti abbiamo osservato che gli enti locali, e in particolare i comuni, sono già alla canna del gas, per usare una metafora abbastanza nota. Non so, quindi, cosa si può chiedere di più agli enti locali.
A questo proposito, vorrei, comunque, porre una domanda. Da qualche parte si osserva - spero, peraltro, che questa riflessione vada avanti in maniera più strutturale - che dovremmo andare verso la prospettiva non di uno, ma di venti patti di stabilità interni. Difatti, ci sono realtà così differenziate a livello regionale che occorrerebbe smetterla con il prevedere norme che valgono uniformemente sul territorio nazionale. Viceversa, bisognerebbe prevedere una funzione di stanza di compensazione istituzionalizzata a livello regionale che consenta di fare alcuni interventi, compresi gli investimenti, in alcuni comuni che hanno necessità, per esempio, di una scuola, una strada o altro,


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e non in altri che non hanno queste esigenze, con un sistema di crediti e debiti tra gli enti locali che permetta, a livello superiore di stanza di compensazione, di rispettare gli obiettivi che ci impone l'Europa. In tal modo, da una parte si assegnerebbe una funzione innovativa alle regioni e, dall'altra, si eviterebbe di strozzare i comuni con regole che tra poco porteranno a una «rivoluzione», se andiamo avanti di questo passo.
Vorrei aggiungere che, tra l'altro, comincia a profilarsi, sul piano nazionale, una funzione di «sussidiarietà rovesciata», nel senso che quando alcune regioni non realizzano o non intendono svolgere questo ruolo subentra lo Stato in funzione sussidiaria, che spinge a esercitare questa pratica di compensazioni che permetta di fare anche spese di investimento perché nel saldo complessivo, a livello regionalizzato, si riesce a rispettare nell'insieme il patto.
L'ultima osservazione riguarda la questione delle misure da adottare per la crescita, che è stata il tema anche di un'altra indagine. In estrema sintesi, sul versante della spesa, riguardo alla mitica spending review che viene, appunto, mitologicamente evocata, bisogna rendersi conto - come ha detto il Vice Ministro Grilli nell'audizione precedente - che essa non deve suscitare attese miracolistiche nel breve termine, se si vuole fare un discorso serio. In verità, lo aveva affermato anche il compianto Ministro Padoa-Schioppa, sostenendo che le spese non si tagliano con i proclami, poiché, per entrare nel tema della riduzione della spesa, dell'eliminazione degli sprechi e così via, bisogna fare un ragionamento «chirurgico» e analitico che coinvolga le amministrazioni e che entri dentro i gangli della dispersione della spesa. Tuttavia, ciò ci consentirà di recuperare risorse nel breve, nel medio e nel lungo periodo, ma non nel brevissimo periodo, pertanto, da questo intervento non recupereremo le risorse che ci servono domani mattina.
Sul versante delle entrate non possiamo fare più di tanto, perché la pressione fiscale è oramai arrivata alle stelle, per cui bisogna che una qualche idea venga fuori, se non vogliamo suicidarci. Allora, visto che abbiamo assicurato le condizioni strutturali di equilibrio di bilancio, è plausibile immaginare che si possa concertare, contrattare o rivendicare autorevolmente a livello europeo un intervento una tantum da mettere a carico del bilancio dello Stato e quindi recuperare per questa via un'impostazione neokeynesiana, considerato che, senza investimenti, non si può pensare che la crescita venga dal cielo, come un miracolo? Per questa via - ripeto - piuttosto che per un'altra, il ruolo dello Stato rispetto a questo tema deve essere recuperato.
La mia opinione è che oggi domina un pensiero unico e un po' debole, che parla di razionalizzare e basta. Potremmo anche razionalizzare tutto, con il bilancio perfettamente a posto, ma nel frattempo saremmo morti. Ecco, questa è una prospettiva che non ci entusiasma molto. Nei conciliaboli, se non nelle riunioni ufficiali auspicabilmente dedicate a questo dibattito, qual è il pensiero del CNEL?

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Jannotti Pecci per la replica.

COSTANZO JANNOTTI PECCI, Consigliere del CNEL. Collego le osservazioni dell'onorevole Nannicini con una delle domande che mi poneva l'onorevole Duilio.
Innanzitutto, per quanto riguarda l'attribuzione puntuale dei livelli di spesa agli enti locali, segnaliamo un problema serio che come CNEL viviamo, anche se immagino che non sia solo nostro, ovvero l'accesso alle banche dati. Infatti, in una proposta di legge che abbiamo presentato lo scorso anno era previsto che il CNEL, proprio per la funzione costituzionale di consulenza nei confronti del Parlamento e del Governo, possa avere accesso alle banche dati. La sua richiesta, che non può che essere condivisa, può essere evasa soltanto se si ha la possibilità di accedere alle banche dati.
Come ha detto anche l'onorevole Duilio, oggi, nell'immaginario collettivo l'idea degli enti locali si concentra in via prevalente


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sui comuni. Siamo perfettamente consapevoli che la stretta finanziaria che ha interessato i comuni non si possa appesantire ulteriormente, proprio per le funzioni che essi devono svolgere a livello territoriale. Viceversa, riteniamo che vi siano degli enti locali o meglio territoriali - forse è più corretto usare questa espressione - rispetto ai quali un'analisi della spesa consentirebbe di recuperare risorse.
Lei segnalava il problema delle camere di commercio, in merito alle quali abbiamo delle idee. Il modello di camera di commercio che il nostro Paese ha adottato non è in linea - almeno secondo la mia opinione personale - con quanto accade negli altri Paesi, dove il sistema camerale non svolge le medesime funzioni che in Italia. Cosa sono, per esempio, i servizi alle imprese, intesi come servizi obbligatori? Peraltro, molte funzioni che oggi svolgono le camere di commercio sono replicate da altre agenzie o da altri enti che comunque afferiscono all'apparato pubblico in senso lato.
Lei sa bene, onorevole, che nella manovra presentata nello scorso luglio era stato previsto un intervento sull'universo delle aziende speciali, che, poi, a livello parlamentare non ha avuto un grande successo. Tuttavia, siamo convinti che gli enti territoriali, sia quelli che svolgono funzioni di governo a livello locale, che quelli di altra natura, meritino una considerazione, per cui, potendo accedere alle banche dati, si potrebbe individuare in maniera più puntuale in che misura intervenire.
Per fare un altro esempio, ormai non c'è ente territoriale, anche intermedio, che non abbia un'agenzia di marketing territoriale. Effettivamente, come lei diceva, un'analisi puntuale ci consentirebbe anche di superare qualche luogo comune che vede, inevitabilmente, nei comuni i primi soggetti sui quali intervenire.
In merito a quanto detto dall'onorevole Ciccanti, al CNEL ci siamo posti il problema della patrimoniale. Il punto sul quale abbiamo trovato un'intesa, senza poi trovare la soluzione, è definire qual è la soglia d'ingresso per intervenire sui patrimoni, indipendentemente dal tipo di patrimonio che si intende colpire. Lei faceva un riferimento alla prima casa. Tuttavia, una seconda casa di basso valore, che magari è il frutto di sacrifici e di risparmi da parte di genitori che desiderano lasciarla al figlio, deve essere tassata allo stesso modo di una seconda casa che, invece, è frutto di ben altre condizioni sociali ed economiche?
Ecco, credo che il primo punto che andrebbe valutato - su questo al CNEL c'è un accordo pieno tra le parti sociali - sia stabilire qual è la soglia d'ingresso (un milione, un milione e mezzo di euro o altro). Insomma, si tratta di stabilire quale può essere la soglia che si adotta come asticella per intervenire con una patrimoniale che, naturalmente, dovrebbe avere come caratteristica, se non di una tantum, quella di un ambito temporale comunque limitato.
A ogni modo, sulla base di un'analisi che abbiamo fatto nel corso di un'audizione della Banca d'Italia, il problema è soprattutto nell'utilizzo delle risorse derivanti dalla patrimoniale. A questo proposito, onorevole Nannicini, abbiamo posto una domanda alla quale, sempre per quel problema legato alle banche dati, non siamo riusciti ad avere una risposta certa. Abbiamo chiesto con chiarezza, nonostante i capitoli fossero vincolati, che fine hanno fatto i quattrini che lo Stato ha recuperato attraverso la vendita del patrimonio pubblico, i beni dell'INPS, dell'INPDAP, dell'INAIL e di tutti gli enti, visto che dovevano confluire su determinati capitoli di spesa. Pur se c'è stata - come sostiene qualcuno - una svendita di questi beni, sono state comunque raccolte delle risorse significative. Ci è stato detto che esse sarebbero - uso il condizionale - dovute servire per ridurre il debito pubblico, ma non ci pare che ciò sia avvenuto.
Insomma, un problema serio della patrimoniale è la sua finalità. Se la finalità è l'abbattimento del debito pubblico, allora, onorevole Ciccanti, bisogna pensare che non possa che essere un'imposta progressiva verso l'alto. Infatti, non c'è dubbio che debba intervenire in maniera significativa


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man mano che il patrimonio cresce, altrimenti l'indice di disuguaglianza finirebbe per essere ulteriormente accentuato.
All'onorevole Duilio vorrei dire che, come CNEL, ci siamo posti il problema della produttività, ora che siamo finalmente riusciti a ripartire con le nostre attività ordinarie, dopo sei mesi in cui siamo stati - come sapete - nella bufera a causa delle riduzioni e quant'altro. Proprio in questi giorni abbiamo avviato un lavoro per capire quali possono essere gli elementi che non solo siano in grado di aumentare la produttività, ma soprattutto che consentano effettivamente una ripartenza della crescita.
Nei primi approfondimenti abbiamo individuato, come era inevitabile, il tema degli investimenti pubblici. A questo proposito, ribadiamo quello che abbiamo detto in altre occasioni. Riteniamo, infatti, che, in questo momento, il patto di stabilità rappresenti una camicia di forza eccessivamente stretta, soprattutto per i livelli territoriali e ancor di più per i comuni. Bisogna, quindi, far ripartire gli investimenti pubblici, in particolare quelli per i quali già si dispone delle risorse, non dico con logiche derogatorie, ma eventualmente anche intervenendo sul patto di stabilità interno. Non v'è dubbio che questa è la prima cosa da fare.
Per il resto, si tratta di un lavoro appena iniziato, che ci auguriamo di svolgere velocemente. Consentitemi, però, di fare una considerazione che riguarda proprio il lavoro che svolgiamo. Qualcuno sosterrà che il CNEL non serve. Tutte le opinioni sono rispettabili, però, fino a quando c'è, sarebbe il caso non solo di utilizzarlo, ma anche di analizzare e valutare, non dico di tenerne conto, le proposte che da esso provengono. D'altra parte, qualche volta riusciamo anche a fare qualcosa di buono, come per gli indici di benessere, in merito ai quali abbiamo svolto un lavoro con l'ISTAT che, tutto sommato, non è stato malvagio.
In definitiva, vi faremo pervenire - spero presto - delle proposte concrete su alcune questioni e sulla stessa spending review. D'altronde, come ricordava anche il presidente Giorgetti poc'anzi, il fatto che ormai si debba fare tutto in tempi non rapidi, ma rapidissimi crea dei problemi sul piano dell'operatività riguardo ad alcune questioni, tra cui, appunto, la spending review. Non siamo convinti che la spending review sia la panacea di tutti i problemi economico-finanziari del nostro Paese. Certamente, però, un'analisi delle grandi voci di spesa, condotta congiuntamente, nell'ambito del CNEL, dalle parti sociali, è utile.
Insomma, se si trova l'intesa su alcune questioni, si riesce a fare un buon lavoro a beneficio di chi deve prendere le decisioni in via definitiva, cioè del Governo prima e del Parlamento poi. Non v'è dubbio che su alcune questioni che riguardano lo stato sociale e che impattano inevitabilmente sulla vita quotidiana dei lavoratori e delle imprese, se c'è - come ha detto il Ministro Giarda nel corso di un'audizione - una sorta di intesa preventiva tra le parti sociali, il lavoro può essere più agevole.
Ecco, spero di essere riuscito a rispondere a tutti. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti del CNEL del loro contributo all'attività conoscitiva.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,50.

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