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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VI
18.
Giovedì 12 novembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 2

Audizione del direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, sulle problematiche relative alla riscossione delle entrate degli enti locali (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Conte Gianfranco, Presidente ... 2 6 8 9 12 14 16 17 18 19 20
Lapecorella Fabrizia, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 2 7 11 12 13 16 17 18 19 20
Vaccari Carlo, Direttore della Direzione federalismo fiscale del Dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 19
Ventucci Cosimo (PdL) ... 14 16 17 19 20
Vico Ludovico (PD) ... 6 7 8 12 13 17 19 20

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze relativa alla società Tributi Italia Spa ... 21
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 12 novembre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 15,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, sulle problematiche relative alla riscossione delle entrate degli Enti locali.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizia Lapecorella, sulle problematiche relative alla riscossione delle entrate degli enti locali.
Sono presenti, oltre alla professoressa Fabrizia Lapecorella, direttore generale del Dipartimento delle finanze, la dottoressa Gabriella Palocci, il dottor Paolo Puglisi e l'ingegner Carlo Vaccari, ormai aduso alle nostre audizioni, i quali sono a capo, rispettivamente, della Direzione agenzie ed enti della fiscalità, della Direzione legislazione tributaria e della Direzione federalismo fiscale.
Direttore, sul tema oggetto dell'audizione odierna abbiamo ascoltato molti soggetti, soffermandoci non soltanto sugli aspetti generali della riscossione delle entrate degli enti locali ma, per ovvie ragioni, anche su quello che possiamo ben definire il tema del giorno, la vicenda della società Tributi Italia, in relazione alla quale vorremmo che lei ci aggiornasse sullo stato dell'arte.
Nel ringraziarla per avere aderito alla nostra richiesta di audizione, professoressa, le do la parola.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Signor presidente, la ringrazio. Se me lo consente, premetterei alla relazione sulle vicende della società Tributi Italia, note al Dipartimento delle finanze, una brevissima ricognizione del quadro normativo che regola l'attività dei soggetti privati che effettuano attività di liquidazione e accertamento dei tributi locali.
In particolare, vorrei ricordare che con l'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997 è stato istituito, presso il Ministero delle finanze - ora Ministero dell'economia e delle finanze - l'albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi, e quelle di riscossione dei tributi e delle altre entrate delle province e dei comuni. Gli enti locali, nell'esercizio della propria potestà regolamentare, possono affidare, anche disgiuntamente, la liquidazione, l'accertamento e la riscossione, sia spontanea sia coattiva, dei tributi e di tutte le altre entrate, a soggetti privati iscritti a tale albo. Il comma 2 del citato articolo 53 stabilisce che l'esame delle domande di iscrizione, la revisione periodica, la cancellazione e la sospensione dall'albo, la revoca e la decadenza della gestione, sono effettuate da un'apposita commissione, nella quale è


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prevista un'adeguata rappresentanza dell'ANCI e dell'UPI.
Per quanto riguarda, in particolare, la cancellazione dall'albo, l'articolo 11, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale 11 settembre 2000, n. 289, stabilisce che ad essa si procede d'ufficio anche per mancato versamento delle somme dovute agli enti affidanti i servizi alle prescritte scadenze.
Il successivo comma 3 del medesimo articolo 11 stabilisce che la cancellazione dall'albo comporta, per il gestore dei servizi di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrate, la decadenza da tutte le gestioni.
L'articolo 14 del decreto stabilisce che il gestore decaduto cessa con effetto immediato, dalla data di notifica del relativo provvedimento, dalla conduzione del servizio, ed è privato di ogni potere in ordine alle procedure di accertamento, liquidazione e riscossione.
Il successivo articolo 15, al comma 2 stabilisce che la decadenza delle gestioni non attribuisce al gestore alcun diritto ad indennizzo.
Infine, l'articolo 16 stabilisce che l'attività istruttoria ritenuta necessaria per consentire alla commissione di cui all'articolo 53, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997, la valutazione dei requisiti per l'iscrizione all'albo, nonché l'adozione dei prescritti provvedimenti in ordine alla gestione dell'albo, sia effettuata d'ufficio dalla Direzione centrale per la fiscalità locale del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze, ora Direzione federalismo fiscale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze.
In tale quadro normativo si collocano gli esposti di alcuni comuni, relativi al ritardato pagamento dei tributi da parte di due società, la San Giorgio Spa e la Gestor Spa, pervenuti sporadicamente al Dipartimento delle finanze a partire da marzo del 2008.
La Direzione federalismo fiscale, con una nota del 20 giugno 2008, allegata alla documentazione che consegnerò, ha inoltrato alle suddette società una prima richiesta di relazione ricognitiva in merito alle vicende segnalate dagli enti territoriali.
Nella seduta della Commissione per la tenuta dell'albo dell'11 luglio del 2008, la Direzione federalismo fiscale ha riferito sugli esposti presentati dagli enti locali che lamentavano un ritardo nei pagamenti, in particolare da parte della società San Giorgio. Benché gli esposti fossero riferibili a due società (la San Giorgio e la Gestor), si è parlato del ritardo dei pagamenti attribuiti alla San Giorgio per due circostanze: innanzitutto, perché si trattava essenzialmente della parte più rilevante degli esposti; in secondo luogo, perché nel frattempo era stata comunicata alla Direzione federalismo fiscale la progressiva cessione dei contratti di gestione delle entrate dei comuni da parte della Gestor alla San Giorgio. Per tali motivi diventava rilevante riferire sulla situazione della San Giorgio.
La Direzione federalismo fiscale ha riferito alla Commissione per la tenuta dell'albo non soltanto sugli esposti, ma anche sulla richiesta, inoltrata alla società, di fornire un dettagliato rapporto sulle questioni che erano state segnalate dagli enti territoriali. La Commissione per la tenuta dell'albo, nel prendere atto, ha incaricato la Direzione federalismo fiscale di monitorare attentamente la situazione ed, eventualmente, di riferire in presenza di ulteriori sviluppi.
In ottemperanza alla richiesta, la Direzione federalismo fiscale, con una nota del 14 novembre 2008, ha convocato formalmente le due società, per ottenere informazioni in merito ai mancati pagamenti segnalati dai comuni, consegnando alle stesse un elenco analitico degli inadempimenti segnalati. Come risulta dal verbale della riunione tenutasi il 24 novembre 2008, che lascerò in allegato alla documentazione, i rappresentanti legali della società in questione hanno descritto lo stato di difficoltà finanziaria, affermando di contare sull'erogazione di un finanziamento da parte di alcuni importanti istituti di credito, che avrebbe permesso,


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nel breve termine, di effettuare i pagamenti arretrati a favore dei comuni interessati.
Nella successiva seduta della Commissione per la tenuta dell'albo, tenutasi il 26 gennaio del 2009 (arriviamo, quindi, all'anno in corso), la Direzione federalismo fiscale ha riferito che la San Giorgio Spa, la quale, intanto, aveva rilevato le attività della Gestor e variato la denominazione sociale in Tributi Italia Spa, aveva iniziato il pagamento di quanto dovuto agli enti locali creditori, come riportato in una nota della Tributi Italia del 22 gennaio 2009.
Nella stessa seduta, la Commissione per la tenuta dell'albo ha incaricato la Direzione federalismo fiscale di procedere ad una puntuale ricognizione della situazione debitoria della società nei confronti degli enti locali, tenuto conto anche di quanto denunciato dagli enti locali medesimi, dando mandato di riferire sugli sviluppi della questione, anche convocando un'apposita seduta.
La Direzione federalismo fiscale ha successivamente ricevuto nuovi esposti da parte di altri comuni e, con una nota del 6 maggio 2009, ha invitato la Tributi Italia Spa a trasmettere con immediatezza una dettagliata relazione ricognitiva su tali nuove questioni segnalate degli enti territoriali.
A seguito del silenzio da parte della società, questa è stata formalmente convocata dalla Direzione federalismo fiscale per il giorno 16 giugno 2009. In tale occasione, la Direzione federalismo fiscale ha fissato al 30 giugno 2009 il termine entro il quale la società doveva eliminare tutte le criticità ancora pendenti nei confronti degli enti territoriali interessati.
Con nota del 30 giugno 2009, pervenuta alla Direzione federalismo fiscale a mezzo fax il successivo 1o luglio, la Tributi Italia chiedeva una proroga di dieci giorni per effettuare i versamenti. Con una successiva nota del 13 luglio, la stessa società faceva pervenire un elenco di comuni per i quali dichiarava di aver provveduto ad effettuare pagamenti, comunque parziali.
Con una successiva lettera del 16 luglio la stessa società chiedeva alla Direzione federalismo fiscale di soprassedere dall'assumere iniziative che potessero arrecare pregiudizio o anche solo ritardare la conclusione positiva dell'iter di un finanziamento di 70 milioni di euro, necessario per superare ogni criticità sorta con gli enti locali.
Il 28 settembre 2009 Tributi Italia Spa ha informato la Direzione federalismo fiscale di aver richiesto alle autorità governative un affiancamento istituzionale, finalizzato ad assicurare una celere conclusione delle procedure di finanziamento. In breve, la richiesta di affiancamento istituzionale avanzata dalla società era finalizzata all'accelerazione dei tempi di finanziamento, attraverso l'accesso alle gerarchie più elevate delle banche finanziatrici, e alla concreta operatività delle soluzioni che il Governo ha adottato a favore di società che vantano crediti verso la pubblica amministrazione. In buona sostanza, la società chiedeva non soltanto un appoggio presso gli istituti di credito, ma anche l'eventuale possibilità di applicazione della cosiddetta legge Marzano.
Con nota dell'8 ottobre 2009 Tributi Italia ha comunicato che il giorno 13 ottobre 2009 avrebbe avuto luogo l'incontro conclusivo con gli istituti finanziari, che avrebbero dovuto dar seguito all'erogazione del finanziamento destinato al ripianamento dell'esposizione debitoria della società nei confronti degli enti locali. La società ha chiesto nuovamente alla Direzione federalismo fiscale di soprassedere a qualunque eventuale iniziativa in un momento cruciale per la definizione del lavoro svolto con le banche, le quali avrebbero dovuto decidere, entro la fine del mese, termini e forme del loro intervento. In tale contesto, secondo Tributi Italia, eventuali iniziative assunte dalla Direzione federalismo fiscale, ovvero dalla Commissione per la tenuta dell'albo, avrebbero potuto pregiudicare irrimediabilmente l'esito positivo del finanziamento.
La Commissione che gestisce l'albo si è riunita comunque il 13 ottobre 2009, seduta nella quale ha ritenuto sussistenti le condizioni per l'applicazione dell'articolo 11 del decreto ministeriale n. 289 del


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2000, il cui comma 2, lettera d), prevede, come già detto, la cancellazione d'ufficio per il mancato versamento delle somme dovute agli enti affidanti i servizi alle prescritte scadenze. La stessa ha quindi dato mandato alla Direzione federalismo fiscale di comunicare alla società l'avvio del predetto procedimento sanzionatorio, ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 241 del 1990.
Il giorno 16 ottobre è stato notificato l'avvio del procedimento presso la sede sociale della società, alla quale è stato assegnato un termine di 15 giorni per eventuali controdeduzioni.
Con nota del 19 ottobre, indirizzata alla Direzione federalismo fiscale, la società Tributi Italia, premettendo che avrebbe comunque presentato entro il termine assegnato le proprie controdeduzioni e la documentazione richiesta, ha sollecitato un incontro per illustrare lo stato delle attività che erano in corso per il superamento della situazione di ristrettezza finanziaria.
Nel corso della riunione, che si è tenuta presso la sede della Direzione federalismo fiscale il 21 ottobre 2009, il rappresentante legale della società ha comunicato che, nell'udienza tenutasi il giorno precedente, ovvero il 20 ottobre 2009, presso la sezione fallimentare del tribunale di Roma, la società aveva domandato l'ammissione alla procedura di ristrutturazione del debito prevista dall'articolo 182-bis della legge fallimentare. Il rappresentante legale della società ha inoltre riferito che il giudice delegato ha concesso il termine del 26 gennaio 2010 per la presentazione del progetto di ristrutturazione del debito.
Vale forse la pena di evidenziare che, nel caso di specie, la richiesta di ammissione alla procedura prevista dall'articolo 182-bis della legge fallimentare consente: il coinvolgimento dell'autorità giudiziaria, a garanzia dell'integrale pagamento di quanto dovuto agli enti locali in base all'accordo di ristrutturazione dei debiti; la ragionevole durata del procedimento di omologazione dell'accordo; il divieto di azioni esecutive individuali per un arco temporale pari a 60 giorni dalla pubblicazione dell'accordo nel registro delle imprese; l'esenzione da revocatoria fallimentare per atti, pagamenti, o garanzie concesse in esecuzione dell'accordo omologato; flessibilità durante il procedimento nella conduzione dell'impresa.
La Direzione federalismo fiscale, preso atto di quanto esposto dal rappresentante della società, ha chiesto alla stessa di far pervenire un dettagliato rapporto su quanto comunicato in merito alla richiesta di accordo di ristrutturazione del debito, unitamente alle controdeduzioni, entro il termine già previsto.
In data 2 novembre 2009, la Tributi Italia Spa ha consegnato presso la Direzione federalismo fiscale le proprie controdeduzioni, nonché la documentazione comprovante l'avvenuta presentazione della domanda di accesso alla procedura di ristrutturazione del debito.
Dalla documentazione consegnata si evince, tra l'altro, che la società si impegna unilateralmente a non partecipare ad alcuna gara per l'affidamento dei servizi di accertamento e riscossione delle entrate locali fino alla conclusione della procedura di cui all'articolo 182-bis della legge fallimentare.
La Direzione federalismo fiscale, ricevuta la predetta documentazione, ha dunque convocato per il 5 novembre 2009 una riunione della Commissione per la tenuta dell'albo, inserendo all'ordine del giorno l'esame delle controdeduzioni e della documentazione ricevuta. Nella seduta, il punto in questione non è stato esaminato per l'assenza dei rappresentanti dei comuni. È stata quindi convocata una nuova seduta per il giorno 11 novembre 2009, nel corso della quale la Commissione ha preso in esame la memoria contenente le controdeduzioni della società. In tale sede, ritenuto che potesse essere concesso alla società di depositare ulteriori elementi documentali, al fine di dimostrare la presenza di garanzie finanziarie atte a supportare il piano di ristrutturazione del debito oggetto del ricorso ex articolo 182-bis della legge fallimentare, la Commissione per la tenuta dell'albo ha deliberato,


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valutati gli interessi pubblici, di sospendere il procedimento fino al 26 novembre 2009.
Per dare qualche informazione di dettaglio sul quantum, quindi sul peso della situazione creditoria dei comuni nei confronti di Tributi Italia, riferisco che, alla data dell'11 novembre 2009, sono arrivati complessivamente alla Direzione federalismo fiscale 135 esposti da parte di comuni. La situazione debitoria della società Tributi Italia, come risulta dagli atti pervenuti, è riferita a 103 comuni, i quali dichiarano di vantare crediti per un totale di circa 26 milioni di euro e di non avere instaurato alcun tipo di contenzioso con la società. Vi sono, inoltre, 32 comuni che, invece, hanno in atto un contenzioso con la società. Fatte salve le decisioni degli organi giudiziali aditi, per questi comuni il totale dell'importo in contestazione è pari a 63.223.129 euro. È di 135, quindi, il totale degli esposti provenienti da comuni che segnalano in maniera specifica un credito nei confronti della società, per un ammontare del debito di Tributi Italia pari a circa 89,2 milioni di euro.
Bisogna aggiungere che sono pervenuti ulteriori esposti da parte di comuni che, pur avendo segnalato di vantare un credito nei confronti di Tributi Italia, non ne hanno tuttavia indicato l'entità.
La quantificazione che vi ho appena riferito è, evidentemente, da ritenersi parziale, perché non tutti i comuni che hanno in essere un contratto di servizi con Tributi Italia hanno segnalato alla Direzione federalismo fiscale l'esistenza di un credito o la sua entità.
Alla memoria - il cui testo vi consegnerò - ho allegato una ricognizione dettagliata, un'ulteriore informazione che può rivestire qualche importanza. In particolare, ricordando che è di 135 il numero dei comuni i quali hanno segnalato la loro situazione critica, il totale dei crediti è ripartito nel modo seguente: 25 comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti vantano crediti per circa 2,7 milioni di euro; 102 comuni che hanno una popolazione fino a 100.000 abitanti vantano crediti per circa 74,6 milioni di euro; infine, 14 grandi comuni che hanno una popolazione superiore a 100.000 abitanti vantano crediti per circa 11,7 milioni di euro.

PRESIDENTE. Chiedo scusa alla professoressa Lapecorella, ma abbiamo avuto una giornata un po' difficile, che ci ha impedito di svolgere l'audizione nella mattinata. Poiché alcuni colleghi hanno approfittato della conclusione delle votazioni in Assemblea per raggiungere i collegi di appartenenza, siamo ridotti a una piccola delegazione, comunque rappresentativa. Era prevista anche la partecipazione dell'onorevole Fugatti, che invece si è dovuto assentare.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LUDOVICO VICO. Signor presidente, personalmente ritengo molto importante l'audizione odierna, che svolgiamo dopo avere tenuto, nell'ultimo mese, una serie di audizioni informali sul medesimo tema. A tale proposito, do atto al presidente e alla Commissione di avere agito con solerzia e impegno. Ho anche apprezzato molto la relazione della professoressa Lapecorella, di cui riceveremo copia.
Vorrei formulare un'unica domanda, alla quale seguirà un quesito sulle ricadute della vicenda che stiamo analizzando, in particolare sulle iniziative di tipo legislativo che possiamo immaginare di adottare.
Trattandosi di un'audizione formale, penso sia utile per tutti - soprattutto per i tanti comuni che ci seguiranno, sia in diretta, sul canale satellitare, sia in forma indiretta, attraverso la lettura del resoconto stenografico - riassumere una serie di informazioni che io e molti altri parlamentari abbiamo raccolto in questi mesi, parlando con i rappresentanti di alcuni comuni o anche sfogliando i giornali (attività che non è esattamente la migliore cui può dedicarsi un parlamentare). Ne emerge un quadro di fronte al quale non si può che auspicare una rapida chiarificazione della vicenda.
Tributi Italia nasce come Publiconsult, in Puglia. Nel corso degli anni acquisisce


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società di riscossione - come la Ausonia in Sicilia, la Gestor in Puglia e tantissime altre società di piccole dimensioni -, fino a diventare probabilmente il più grosso esattore privato italiano nel campo dei tributi locali.
Vengo al primo dato. Non nel 2009, ma già nel 1999, - quindi, dieci anni fa - una prima denuncia nei confronti di Tributi Italia Publiconsult era stata sporta dall'assessorato alle finanze del comune di Aprilia, per una vicenda poco chiara riguardante una società mista, la Aser, i comuni di Pomezia e Aprilia e Publiconsult, poi San Giorgio. Non mi dilungherò sulla struttura proprietaria della società, perché è abbastanza nota (basta leggere i giornali).
Da una ricognizione degli articoli pubblicati da tanti bravi giornalisti e dalle informazioni ottenute da alcuni sindaci, a carico dei rappresentanti della società in oggetto risulterebbero avviati procedimenti penali da parte delle procure di Sassari, Siracusa, Saluzzo, Velletri, Latina, Brindisi, Bari, Napoli e Bologna: nella maggior parte dei casi per peculato; nella città felsinea anche per falso, frode e truffa aggravata, poiché il rappresentante legale di Gestor, poi Tributi Italia, avrebbe presentato al comune fideiussioni risultate false (l'ultima era su carta intestata di una società, la Fidecomm Spa, che era stata addirittura cancellata cinque giorni prima dall'elenco degli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del TUB). Nel mese di novembre 2008 il comune di Alghero, socio di Tributi Italia nella società mista SECAL Spa, ha presentato un esposto alla procura di Sassari, segnalando di aver ricevuto una fideiussione molto dubbia, emessa da Fidicomm Spa, mentre altri comuni - Caserta, ad esempio - evidenziano problemi nell'incasso delle fideiussioni, spesso comunque incapienti.
Da alcuni atti degli ultimi mesi dell'anno in corso, provenienti da Tributi Italia, i comuni serviti dalla società risulterebbero essere 498, di cui almeno 150 hanno denunciato il mancato riversamento dei tributi riscossi per loro conto. Osservo che la cifra non si distanzia molto dal dato parziale che lei, professoressa, ci ha gentilmente comunicato.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Tributi Italia ci ha fornito un elenco dei comuni, che ammontano a 376.

LUDOVICO VICO. In un altro report ne sono indicati 498, ma tale numero include anche comuni nei confronti dei quali Tributi Italia asserisce di vantare crediti, e non soltanto quelli verso cui è debitrice. Anche questi ultimi sono atti ufficiali, i pochi che, insieme al presidente, abbiamo segnalato anche ad altri auditi. A questo punto non si conoscono i dati precisi, se non quelli raccolti a campione o grazie alle audizioni cui hanno partecipato l'ANCI e i sindaci dei comuni di Aprilia e Ferrandina (quest'ultima si è rivelata più interessante della prima).
Tanto l'ANCI quanto l'Associazione nazionale delle aziende concessionarie dei servizi di accertamento e riscossione dei tributi e delle entrate patrimoniali degli enti locali (ANACAP) fanno parte della Commissione per la tenuta dell'albo. A tale proposito, si pone il problema, a mio avviso, di un conflitto di interessi, in quanto della Commissione preposta alla gestione dell'albo secondo le leggi vigenti fa parte l'ANACAP, il cui presidente è anche avvocato di Tributi Italia.
Non si sa quanti comuni siano ancora a rischio. Alcuni, soprattutto quelli piccolissimi, ci hanno segnalato rischi di dissesto finanziario. Tra questi, il comune di Ferrandina, che cito perché è un piccolo comune, non per altre ragioni.
Sempre attraverso dati attinti da fonti giornalistiche, abbiamo appreso, negli ultimi sette mesi, che Bologna vanta 2 milioni di euro di crediti e Forlì altrettanto, che i comuni di Pomezia e Aprilia denunciano mancati riversamenti di tributi per circa 20 milioni di euro ciascuno e che vantano crediti anche Nettuno, Augusta, Fasano - in Puglia - e Civitavecchia. In genere, basta fare una ricerca su Internet


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- come è accaduto a chi ha presentato alcune interrogazioni, ma anche nel lavoro svolto da questa Commissione - per scoprire la lunga lista di clienti che vantano crediti: Augusta, Rosolini, Zafferana Etnea, Piedimonte Etneo, Misilmeri, Scordia, San Giuseppe Jato, oltre ad Arzachena, in Sardegna, Ferrandina, Caserta, Giugliano in Campania e tantissimi altri, fino a tornare in Puglia, dove, in qualche modo, sono le fondamenta della costruzione della società, come ho detto nella parte iniziale del mio intervento.
Ci è stato segnalato, inoltre, che gli avvocati dei comuni di Vignola, Polignano, Sinalunga, Nettuno e Aprilia, hanno presentato ricorsi per ottenere decreti ingiuntivi e che molti sindaci, come quelli di Bologna e Brindisi, hanno ottenuto di ricorrere al cash pooling. Altre decine di comuni hanno disdetto i contratti. Il monitoraggio, tuttavia, non può dirsi completato. Questo aspetto costituirà oggetto dell'unica domanda che poi le rivolgerò, professoressa.
La società, come abbiamo appreso nel corso delle audizioni informali, si è rifiutata di considerare risolti i contratti di servizio nei casi in cui una volontà in tal senso è stata manifestata dai sindaci, i quali, senza generalizzare, non sempre sono incolpevoli, visto che, secondo le leggi vigenti, sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti dei comuni.
Ne sono nati contenziosi enormi, con minacce di applicazione di penali e richieste di danni per milioni di euro, alcune delle quali ci hanno fatto sorridere (penso al famoso lodo che ha condannato il comune di Aprilia a risarcire il danno procurato all'immagine delle società Tributi Italia e Aser). Comunque, abbiamo gli atti. Si tratta di aspetti importanti della vicenda di cui ci stiamo occupando. Condivido per intero quello che il presidente ha detto anche in occasione delle audizioni informali.

PRESIDENTE. C'è l'infausto precedente del lodo Mesiano.

LUDOVICO VICO. Mi sfuggiva. Come dicevo, alcune decine di comuni hanno disdetto il servizio, ma la società ha contestato la risoluzione unilaterale del contratto.
Le banche dati dei contribuenti gestite da Tributi Italia spesso non vengono riconsegnate ai comuni: riportiamo la segnalazione così come ci è stata riferita in questa sede. Laddove ciò si è verificato, i comuni non sanno come eventualmente gestire i tributi per il futuro, anche alla luce delle comunicazioni che ci sono state rese all'inizio dell'audizione.
I crediti vantati da Tributi Italia nei confronti dei comuni, di cui hanno chiesto la certificazione anche i comuni stessi, ammonterebbero a 142 milioni di euro a titolo di aggio sulle evasioni individuate e postalizzate al 30 giugno 2009. Non sono molti i crediti certificati.
Aprilia è uno dei comuni che hanno chiesto l'elenco completo delle cartelle esattoriali inviate ai contribuenti da Tributi Italia - come ci ha comunicato il sindaco anche in sede di audizione informale -, per verificare a chi e per quali importi siano state notificate: il sospetto, legittimo, è che si possa trattare di cosiddette «cartelle pazze», utili soltanto a gonfiare sulla carta il credito vantato dalla società.
Noi siamo consapevoli del fatto che la società Tributi Italia ha circa 1.200 dipendenti, i quali, tra l'altro, hanno anche difficoltà a vedere soddisfatto il loro elementare diritto alla retribuzione.
Centinaia di comuni hanno segnalato al Ministero dell'economia e delle finanze il mancato riversamento dei tributi. Quanto affermiamo, sulla base delle segnalazioni di alcuni sindaci, ovvero di notizie diffuse dalla stampa, è confermato, del resto, dai numeri che ci ha fornito la professoressa Lapecorella.
Già da alcuni mesi eravamo a conoscenza delle richieste dei sindaci e di alcune associazioni. La conclusione è abbastanza semplice: non funziona la vigilanza. Se un parlamentare che ha bisogno di raccogliere informazioni, per trovare riscontro ha bisogno che si determini un


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evento di tale portata, vuol dire che la vigilanza non funziona. Al di là di quanto previsto dalle leggi, emerge, quindi, in primo luogo, un'esigenza forte di vigilanza: chi la fa? A quali livelli? In ultima analisi, c'è un monitoraggio centrale? La vigilanza è importantissima, oggi come ieri, e immagino che lo sarà anche in futuro.
La domanda è se la vigilanza ai diversi livelli esista e agisca, e quali suggerimenti si potrebbero dare affinché un sistema di vigilanza sia attivo anche in futuro.
A me sembra che la vicenda, dopo avere avuto uno sviluppo alquanto tortuoso, stia prendendo una brutta piega. Il problema del mancato riversamento ai comuni dei tributi corrisposti dai cittadini ha potuto assumere proporzioni così gravi anche perché c'è stata negligenza, o perché alla (o alle) società di riscossione è stato riconosciuto un aggio di entità ingiustificabile, o perché la situazione di inadempimento è stata denunciata in ritardo. Si è compiuto, in tal modo, un atto di autentica irresponsabilità, non soltanto sotto il profilo della gestione delle entrate comunali e della spesa pubblica, ma anche nei confronti dei cittadini, dal momento che il mancato riversamento impedirà di fornire alle comunità interessate i servizi che proprio il pagamento dei tributi locali avrebbe dovuto consentire di finanziare.
Poiché la vicenda rischia di avere una durata indefinita, sorgono altre domande, le quali, ovviamente, invitano a una riflessione che riguarda il futuro.
Vorrei sapere quando i tributi saranno versati, da chi e in quale forma e, inoltre, se la Commissione per la tenuta dell'albo - che, a sua volta, effettuerà le proprie valutazioni anche sulla base degli sviluppi giudiziali - preveda di procedere ad un ulteriore rinvio, nonostante le ipotesi prospettate da Tributi Italia negli ultimi quattro mesi si possano definire «fantastiche». Mi riferisco al fatto che la società intenderebbe utilizzare i tributi riscossi per ristrutturare, ai sensi della legge fallimentare, il debito derivante dal mancato riversamento dei predetti tributi ai legittimi titolari del prelievo. Questo pone un problema che non dirò assolutamente essere di ordine morale, bensì di giustizia. Dico semplicemente questo: si pone un problema del quale anche lo Stato dovrà farsi carico, mentre altri vogliono farci perdere tempo. In tal caso, occorreranno misure di vigilanza, che immagino debbano essere adeguate.

PRESIDENTE. Dottoressa Lapecorella, in queste ultime settimane abbiamo svolto sia le audizioni sulle problematiche concernenti la riscossione delle entrate degli enti locali sia quelle relative all'indagine conoscitiva sul credito al consumo. Volendo riassumerne il senso, un dato spicca per singolarità: se un povero cittadino non paga una rata del finanziamento ottenuto per l'acquisto di un televisore, si ritrova immediatamente registrato in un sistema di informazioni creditizie e, altrettanto istantaneamente, esce dal circuito dei prestiti bancari, dal quale rischia di rimanere fuori vita natural durante (quanto meno, sarà sempre costretto a spiegare perché, ad un certo punto, non ce l'ha fatta a pagare quella rata); dall'altra parte, invece, assistiamo a una storia di ordinaria burocrazia, ad un continuo scambio di lettere e di aggiornamenti, che danno conto dell'attività svolta dal Dipartimento delle finanze, ma che non danno certamente l'idea di un'azione sufficiente ad affrontare e risolvere un problema la cui rilevanza cresce sempre di più.
Nella sua relazione, professoressa, manca la storia di Tributi Italia, mentre c'è il numero complessivo delle segnalazioni pervenute dai comuni.
Come sottolineava l'onorevole Vico, e come hanno avuto modo di evidenziare tanti altri deputati di questa Commissione, non siamo di fronte a una vicenda che è iniziata ieri: le difficoltà di Tributi Italia risalgono al 1999, alla prima acquisizione di Ausonia e ai problemi sorti ad Aprilia (lei dovrebbe averne memoria, professoressa, perché già non era più all'Agenzia del territorio) e si sono aggravate, evidentemente, quando c'è stata l'acquisizione di Gestor.
Sono state molte, nel corso degli anni, le interrogazioni parlamentari rivolte ora


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all'uno ora all'altro Governo in carica. Ebbene, poiché anche le segnalazioni dei comuni non sono pervenute tutte insieme, bensì a una certa distanza l'una dall'altra, una struttura di vigilanza attiva e reattiva avrebbe dovuto immediatamente procedere alla sospensione.
Ci troviamo di fronte ad una società che, come si usa dire nel sistema finanziario, è too big to fail, ovvero troppo grande per essere estromessa dal mercato. Ciò nonostante, il danno reputazionale arrecato anche allo Stato - perché viene in rilievo una concessione avente ad oggetto il servizio di riscossione dei tributi dovuti dai cittadini - è troppo rilevante per accontentarsi di qualche scambio di lettere.
Il collega Vico pone una questione molto importante, che riassume anche il senso dell'audizione odierna: dov'è che la norma è sbagliata? Se vi sono lacune nella normativa, attendere l'intervento dell'apparato giudiziario, caratterizzato dalle lungaggini che ben conosciamo, significherebbe consentire il verificarsi di altre situazioni simili a quella che stiamo analizzando.
Non bisogna dimenticare che ci troviamo di fronte a un rapporto alquanto squilibrato. Da una parte, c'è una grande società, che a quanto mi risulta ha speso in consulenza e assistenza, negli ultimi tempi, 6 milioni di euro (provenienti dai tributi versati dai cittadini), pur avendo debiti per quasi 90 milioni di euro ed essendo alle prese con una procedura fallimentare. Dall'altra parte, vi sono piccoli comuni, che potrebbero essere conniventi, come afferma il collega Vico, oppure soltanto non attrezzati per affrontare procedure giudiziarie complesse. Questi piccoli comuni riescono a malapena a pagare lo stipendio al vigile urbano; figuriamoci se sono in grado di affrontare le spese necessarie per coltivare cause milionarie. Lo stesso schema che lei ci ha fornito, professoressa, mostra che 25 comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti vantano un credito medio di circa 100.000 euro.
Sorprendentemente, proprio ieri Aser e Tributi Italia hanno pignorato le somme depositate sui conti correnti postali intestati al comune di Aprilia, sulla base del titolo esecutivo costituito dal lodo arbitrale del 2007. Non va dimenticato che il comune, a sua volta, dichiara di vantare crediti nei confronti di Tributi Italia tra i 25 e i 30 milioni di euro. Non possiamo permettere che si verifichino situazioni simili.
Nel corso di queste audizioni ci è parso di rilevare che le responsabilità siano addebitabili un po' a tutti, probabilmente soprattutto al legislatore, che forse avrebbe dovuto prevedere una causa di decadenza collegata alla presentazione della prima denuncia di inadempimento, un po' come avviene nel caso del contratto autonomo di garanzia a prima richiesta.
Probabilmente, si è mancato anche di specificare - alcune amministrazioni l'hanno fatto - che le polizze fideiussorie devono essere rilasciate dalle società finanziarie iscritte nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del Testo unico bancario, e non da quelle iscritte nell'elenco generale ex articolo 106 del medesimo Testo unico. Se ciò fosse stato previsto, avremmo evitato il fenomeno delle polizze emesse da fantomatiche società Fidicomm, Fidecomm e altre.
La vigilanza aveva ad oggetto anche le fideiussioni prestate? Quale tipo di vigilanza è previsto dalla normativa?
Oggi dovremmo risolvere la vicenda di Tributi Italia cercando di salvare, come sempre succede, capra e cavoli, anche perché ci troviamo di fronte a una situazione debitoria che finirà davanti al tribunale fallimentare. Qualora la procedura fallimentare fosse avviata, il Ministero - questo è il senso del mio cappello introduttivo - dovrebbe adottare dei provvedimenti: si potrà aspettare fino al 26 novembre, ma poi bisognerà decidere cosa fare.
Nell'ipotesi che si proceda alla cancellazione dall'albo, lo scenario del giorno dopo aprirà diverse altre questioni. Ad esempio, chi dovrà ripagare i comuni? Un'eventuale procedura fallimentare comporterà


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una ripartizione dell'attivo, ma non tutti i tributi che sono stati versati potranno essere incassati dai comuni ai quali erano dovuti. Di conseguenza, ci troveremo di fronte a comuni che, per evitare il dissesto, chiederanno comunque un sostegno finanziario.
Inoltre, ci attende, evidentemente, anche il compito di porre mano a un intervento normativo che metta il Dipartimento delle finanze in condizione di evitare che, per il prossimo futuro, si verifichino altri casi come quello di Tributi Italia.
Sostanzialmente, ho da rivolgerle le seguenti due domande, professoressa Lapecorella: in cosa consiste la vigilanza effettuata sul settore? Va rafforzata?
Si sono avuti alcuni contatti, è stata data qualche risposta e sono state assunte iniziative. Tuttavia, poiché la situazione è andata progressivamente peggiorando, un intervento più tempestivo, subito dopo la prima segnalazione del mese di marzo del 2008, avrebbe mitigato il danno, perché il debito della società non sarebbe cresciuto fino all'ammontare evidenziato nel documento. La stessa Tributi Italia avrebbe probabilmente speso di meno in consulenze e assistenze di vario tipo (amministrative, giudiziarie e via discorrendo). Insomma, un intervento a sostegno dei comuni avrebbe comportato minori oneri. Credo che questo sia il punto fondamentale.
Peraltro, come ha sottolineato l'onorevole Vico, il quale ha seguito con passione la vicenda, sembra che l'ANCI, a giudicare da ciò che è rilevabile dalla documentazione e anche da quanto è stato dichiarato in audizione, fosse assolutamente all'oscuro della preoccupante situazione che stava maturando. Eppure, l'ANCI, che è anche rappresentata nella Commissione per la tenuta dell'albo, dovrebbe essere la prima a suonare il campanello d'allarme quando gli associati segnalano situazioni anomale.
La professoressa Lapecorella ha sciorinato un lungo elenco di date: tenendo conto dei tempi della burocrazia, si tratta di risposte, richieste di chiarimenti e via elencando. Tuttavia, ciò che appare veramente singolare è che le difficoltà di Tributi Italia emergono immediatamente, già all'epoca in cui operava la società Gestor. Inoltre, la società aveva promesso già l'anno scorso che ci sarebbe stato un intervento delle banche a sostegno di un piano di ristrutturazione dei debiti. Invece, è passato inutilmente un altro anno, nel corso del quale i comuni hanno continuato a lamentare il mancato riversamento dei tributi, senza che fosse sostanzialmente preso alcun provvedimento.
Allora, riallacciandomi alle considerazioni che ho svolto in apertura del mio intervento, pongo la seguente domanda: cosa raccontiamo al cittadino che si vede escluso dal credito a causa del mancato pagamento della rata di 50 euro da versare per l'acquisto di un motorino, se poi accettiamo che una società abilitata alla riscossione dei tributi dovuti dai cittadini arrivi fino al punto di dover restituire 90 milioni di euro? Questa è la domanda che poniamo.
Vorremmo avere qualche risposta, per valutare e, se necessario, per prendere provvedimenti di carattere legislativo volti a migliorare la normativa vigente. Tutto ciò senza andare alla ricerca di responsabilità, perché, se dovessimo farlo, dovremmo ripercorre la storia di questi ultimi dieci anni. Non è questo che ci interessa, ma il bene dei comuni e dei cittadini.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Consegnerò alla Commissione la mia relazione, alla quale sono allegati i verbali.
Fatte salve le precisazioni sui numeri, che però sono del tutto irrilevanti, è evidente che il quadro rappresentato è molto grave e corrisponde, alla fine, a ciò che consta anche alla Direzione del federalismo fiscale.
Alcune tra le questioni importanti oggi sollevate riguardano l'attività di vigilanza. Per quanto riguarda le considerazioni svolte dall'onorevole Vico relativamente all'adeguatezza, o all'inadeguatezza, dell'attività di vigilanza, desidero sottolineare


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che l'articolo 16 del decreto ministeriale n. 289 del 2000, citato in premessa nella mia relazione, disciplina i poteri istruttori e di vigilanza della Commissione che gestisce l'albo.
In tale articolo, suddiviso in due commi, è precisato il contenuto dell'attività istruttoria e di vigilanza. In particolare, si stabilisce che, al fine di consentire alla Commissione la valutazione dei requisiti per l'iscrizione all'albo, nonché l'adozione dei prescritti provvedimenti in ordine alla gestione dello stesso, la Direzione centrale del federalismo fiscale - semplifico - effettua d'ufficio le attività istruttorie ritenute necessarie per verificare il possesso e il permanere della idoneità tecnica e finanziaria delle società, dei requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali e dei partecipanti al capitale sociale e l'assenza delle cause di incompatibilità, necessari per la gestione delle attività previste dall'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo n. 446 del 1997. A mio avviso, queste attività sono state svolte.
È vero, signor presidente, che ho riferito una noiosissima sequenza di lettere, di note e di convocazione di riunioni; tuttavia, mi sembrava assolutamente necessario farlo, per rappresentare in questa sede che, da parte del Dipartimento delle finanze, non vi è stata inerzia.
Ciò premesso, lei ha ragione, signor presidente, quando afferma che abbiamo rappresentato soltanto la storia più recente, a far data dal 2008. In realtà, si tratta di una vicenda che ha origini più antiche.
Quello che, forse, non è emerso con chiarezza dalla mia relazione è che, mentre si sviluppava la predetta sequenza di note, di incontri e di riunioni, sono stati dati, nel tempo, segnali di effettiva ripresa del flusso dei pagamenti agli enti locali.
In esito al primo mandato di monitoraggio affidatole dalla Commissione per la tenuta dell'albo, e alla conseguente richiesta di elementi informativi alle società, la Direzione del federalismo fiscale ha potuto constatare la ripresa, da parte di San Giorgio Spa e Gestor Spa, dei pagamenti verso alcuni enti locali, poi rivelatisi parziali. Lo stesso è avvenuto per Tributi Italia. Quando le attività della Gestor sono state incorporate dalla San Giorgio e, in un secondo tempo, la San Giorgio ha cambiato denominazione in Tributi Italia, una ripresa dei pagamenti è stata verificata anche rispetto a Tributi Italia, in un momento iniziale.
Pertanto, vi sono stati momenti nei quali si è potuto sperare che le operazioni di ristrutturazione poste in essere dalle società avessero generato una fase di tensione finanziaria temporanea e superabile.

PRESIDENTE. Non vorrei perdere il filo del discorso, ma alcuni passaggi sono importanti.
Se non erro, la normativa del 2000 è stata predisposta da De Paolis quando erano Ministri Visco e Del Turco.
Nella documentazione viene segnalato che, a seguito dell'operazione con la società Gestor, si è determinato uno squilibrio di 32 milioni di euro. È evidente che questa condizione non si è verificata successivamente all'acquisizione di Gestor da parte di Tributi Italia; anzi, se volessimo ricercare una causa alla quale ricondurre tutto quello che è successo in seguito, probabilmente la individueremmo proprio nell'acquisizione di Gestor, che segna il discrimine tra la capacità di Tributi Italia di onorare i propri impegni e la fase successiva, nella quale, invece, ha cominciato a disattenderli. Se non erro, Gestor è stata acquisita nel 2008.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Alla fine del 2008.

PRESIDENTE. È evidente che la situazione di difficoltà di Gestor era preesistente. È possibile che nessuno abbia mai segnalato al Dipartimento le pendenze debitorie della società?

LUDOVICO VICO. Professoressa Lapecorella, avendo acquisito personalmente il complesso delle informazioni di cui ho già


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dato conto, attraverso i giornali, gli incontri con i comuni e via discorrendo, rilevo nella sua relazione, che pure ho apprezzato, alcune contraddizioni, alcuni elementi poco convincenti.
Da quanto ci ha detto si deduce che, nel marzo 2008, sulla base di alcuni esposti, gli uffici della Direzione federalismo fiscale del Dipartimento delle finanze prendono in esame la vicenda di Tributi Italia.
Mi consentirà di chiederle, oltre alle indicazioni contenute negli allegati, da chi provenivano i predetti esposti. Mi risulta, infatti, che alcuni esposti, partiti prima del mese di marzo del 2008, hanno seguito altre strade, pervenendo alle procure della Repubblica e anche alla Corte dei conti. Il monitoraggio non è un problema. Prendo atto che la Direzione federalismo fiscale apre il fascicolo a marzo del 2008.
Mi consenta di farle notare, inoltre, che l'articolo 11, comma 2, lettera d), del decreto ministeriale n. 289 del 2000 prevede, come lei stessa ha riferito, professoressa, una procedura d'ufficio.
Da marzo 2008 a novembre 2009 - con proroga al 26 novembre del 2009 - immagino siano pervenuti ulteriori esposti. Nel frattempo, il 31 gennaio del 2009, la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l'Emilia Romagna ha inflitto a Gestor una colossale multa di 1,2 milioni di euro per non aver presentato i conti giudiziali relativi ai tributi riscossi per il comune di Bologna.
Le chiedo se, a suo avviso, professoressa, l'articolo 11, comma 2, lettera d), che ha citato anche nella sua replica, sia sufficiente, dal momento che, se le mie informazioni sono corrette, tra marzo 2008 e novembre 2009, non è accaduto alcunché, «d'ufficio», nei confronti di Tributi Italia.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Nella replica mi riferivo ai poteri istruttori di vigilanza, disciplinati dall'articolo 16 del regolamento dell'albo; l'articolo 11 si riferisce, invece, all'attività della Commissione, che è un organo collegiale.
Io posso rispondere delle attività svolte dal Dipartimento, non delle decisioni prese da un organo collegiale nel quale sono rappresentati, come ricordava il presidente, comuni e province.

LUDOVICO VICO. Sapevo che mi avrebbe risposto così.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. È la legge.
Sono d'accordo con il presidente Conte. Vorrei rassicurarla, onorevole Vico: la mia relazione vuole essere una rappresentazione il più possibile esaustiva dei fatti più rilevanti, in quanto più recenti, ma non vuole ignorare il fatto che la vicenda si sviluppa in un periodo più lungo. La mia relazione non vuole sminuire una vicenda che è chiaramente critica e - cosa più importante - vuole evidenziare alla Commissione che non vi è stata inerzia da parte dell'amministrazione finanziaria rispetto ai compiti che alla stessa sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti.
Concordo con il presidente Conte quando conclude che una vicenda di gravità e portata simili debba indurre, probabilmente, a una necessaria riflessione sul funzionamento dell'intero sistema di affidamento a soggetti privati di attività delicate come quella della riscossione delle entrate degli enti locali.
Il decreto legislativo n. 446 del 1997 menziona tre tipi di attività: accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi degli enti locali. Ebbene, per quanto i soggetti privati possano sicuramente essere attrezzati per svolgere in maniera adeguata ed efficiente l'attività di accertamento e di liquidazione dei tributi, la vicenda in esame dimostra quanto sia delicata la decisione di lasciare nelle mani degli stessi anche la riscossione. A mio avviso, una riflessione in questo senso si impone.
Vengo all'aspetto evidenziato dall'onorevole Vico e dal presidente in relazione alla vigilanza e all'articolo che disciplina tale attività.


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Se, da una parte, mi sembra evidente che l'amministrazione disponga di armi spuntate per quanto riguarda la possibilità di porre effettivamente rimedio a situazioni così gravi come quella oggetto di analisi, non riesco a immaginare, d'altra parte, come potrebbe essere disciplinata tale vigilanza, volendo ipotizzare che il sistema rimanga lo stesso e che, quindi, anche la riscossione dei tributi rimanga in mano a soggetti privati, i quali possono anche realizzare strategie aziendali azzardate come quelle attuate da Tributi Italia. Mi domando fino a che punto possa spingersi il potere dell'amministrazione finanziaria per impedire situazioni simili.
Lei, onorevole Vico, ha giustamente fatto riferimento a denunce alle procure della Corte dei conti e presso i tribunali. Tuttavia, l'amministrazione finanziaria non si attiva a seguito di tali iniziative, ma sulla base degli esposti dei comuni che lamentano ritardi nei pagamenti e mancati riversamenti: rispetto a questi, chiede rendiconti, riscontri, informazioni e rassicurazioni, chiede di ottemperare - tutte attività che noi abbiamo compiuto - e riferisce alla Commissione, cioè a un organo collegiale, che ha ritenuto, in ben due circostanze, di seguire con attenzione la situazione senza avviare alcun procedimento sanzionatorio (com'è stato deciso, invece, nella riunione di ottobre).
Mi permetto di nuovo di constatare una criticità. La Commissione ha ascoltato l'ANCI, dalla quale, però, non ha avuto informazioni precise. Anch'io ho osservato che, subito dopo la ricezione della documentazione e delle controdeduzioni della società Tributi Italia, è stata convocata una riunione della Commissione per la tenuta dell'albo, nella quale non si è potuto affrontare il punto all'ordine del giorno a causa dell'assenza dell'ANCI. Stupisce anche me, ma non voglio aggiungere altro: non ho idea di cosa possa significare.

COSIMO VENTUCCI. Non è proprio come dice lei, professoressa: l'ANCI è venuta in audizione, ma non sapeva neanche di cosa si stesse parlando.
Mi consenta, tuttavia, di muovere un appunto. Visto che lei si è posta una domanda retorica, desidero ricordarle che nel comparto delle dogane c'è un istituto che si chiama pagamento differito, tramite il quale lo Stato, ovvero il Ministero dell'economia e delle finanze, di cui lei fa parte, concede il pagamento differito, a 90 o a 180 giorni, dei diritti doganali, compresi dazio e IVA (fino a qualche anno fa solo il dazio, da qualche anno anche l'IVA).
Non dico che sia avvenuto quotidianamente, ma soprattutto in quest'ultimo anno è capitato che molte aziende abbiano ritirato la merce presso la dogana usufruendo del pagamento differito e, successivamente, non abbiano avuto la disponibilità della liquidità necessaria per pagare i diritti doganali. Ovviamente, a fronte della richiesta di pagamento differito, lo Stato esige una fideiussione, la quale viene escussa immediatamente, senza alcun problema.
Lei, professoressa, sta cercando di giustificare in qualche modo determinate situazioni chiamando in causa la legge. In questa sede abbiamo ascoltato la responsabile della società Tributi Italia, la quale - anche con una certa arroganza, debbo dire - ha fornito alcune risposte. Oltretutto, la signora, avvocato, era sia presidente della società, sia, a quanto pare, componente del consiglio direttivo dell'ANACAP: probabilmente, la situazione è del tutto legale - su ciò nulla quaestio -, ma è evidente che la confusione è troppa.
A fronte di tale confusione, il Dipartimento delle finanze sostiene che, secondo quanto indicato nel decreto istitutivo, non ha altri strumenti per accertare certe situazioni se non le segnalazioni inviategli dai comuni.

PRESIDENTE. In questo caso, la fideiussione può escuterla il comune.

COSIMO VENTUCCI. A me dà fastidio constatare, quando è successo già il pateracchio, che questo si è verificato perché nell'organizzazione dello Stato vi erano dei «buchi». Non è accettabile che una pubblica


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amministrazione possa creare dei «buchi»: in altri settori non ve ne sono.
Quando viene iscritto a ruolo un tributo, che alla riscossione provveda un soggetto privato o meno, arriva la cartella di pagamento (comprese, purtroppo, quelle irrimediabilmente inficiate da errori anche formali).
La nostra intenzione - sia ben chiaro - non è assolutamente quella di sottoporvi a un processo: come giustamente osservava il presidente, svolgiamo le audizioni per poter eventualmente fare qualcosa dal punto di vista legislativo. Tuttavia, sembra davvero strano a noi, che facciamo parte di un alto consesso civile, e quindi siamo a conoscenza di certe dinamiche, che i responsabili di importanti strutture ministeriali, nel dare conto, in questa sede, di quanto è successo, vengano a dare l'impressione di essere stati, fino a un certo punto, quasi impotenti. Anche se vi appellate all'osservanza delle leggi - che nessuno mette in discussione -, mi sia consentito ribadire che quanto abbiamo appreso ci pare veramente strano.
Il presidente fa notare che la fideiussione deve essere escussa dal comune, ma io chiedo: non c'è alcun rapporto tra il comune e il Ministero? Si tratta di un elemento di conoscenza importante da acquisire, perché io ritengo inaccettabile ciò che si è verificato. Poiché stiamo parlando di pubblica amministrazione, a me non importa che lo faccia chi ha vinto un concorso ovvero qualcuno che è stato eletto dal popolo: io voglio che i tributi siano riversati ai comuni e, ove ciò non avvenga, siano escusse le fideiussioni prestate a garanzia. Questa è la cosa che a noi interessa in questo momento.
Peraltro, analizzando le date, si nota che passa troppo tempo, come giustamente ha fatto osservare l'onorevole Vico.
Se il presidente Conte non avesse preso a cuore la vicenda e la Commissione non avesse deliberato di procedere ad alcune audizioni, queste cose non le avremmo sapute e, forse, non saremmo intervenuti (perché le cose non avvengono a caso, ma in base a una consecutio). Da due mesi stiamo ascoltando vari soggetti, e io sono rimasto veramente esterrefatto nell'apprendere di certe situazioni.
Premesso che sono un parlamentare di lungo corso, che ha fatto parte della Commissione finanze della Camera e della Commissione finanze e tesoro del Senato, mi sento anche responsabile, da componente della maggioranza che sostiene il Governo, non tanto, ovviamente, del debito accumulato da Tributi Italia nei confronti dei comuni, quanto delle lacune del sistema che hanno consentito a tale società di porre in essere inadempienze così rilevanti. È il sistema che non va bene.
Quando qualcuno viene a dirmi che bisogna verificare la situazione oppure quando vengo a sapere che, anziché restituire il maltolto, Aser e Tributi Italia hanno pignorato, sulla base del lodo del 2007, i depositi postali del comune di Aprilia, mi pare veramente che tutto congiuri affinché i furbi possano continuare a contravvenire impunemente alle leggi. Non è così, soprattutto in questo momento!
Per quanto riguarda la mia parte politica - ma sono convinto che valga anche per l'altra parte - ciò è inaccettabile. Nel corso di questi anni ce ne siamo dette di tutti i colori: ci siamo reciprocamente accusati di razzismo, di «berlusconismo» oppure di «vischismo» (che io definisco tendenza a succhiare il sangue dei contribuenti). Eppure, dietro questi banchi, oggi, non c'è né maggioranza né opposizione: c'è soltanto sconcerto nel constatare che il tempo passa e che qualcuno può impunemente fare i fatti propri alle spalle dei cittadini e delle norme.
C'è una responsabilità anche da parte vostra, perché voi siete alti dirigenti dello Stato: dovreste segnalarci con forza le lacune esistenti nella legislazione ed invitarci a colmarle. Questo dovreste dirlo voi a noi, ma con forza! Sembra, però, che qualcosa non funzioni nel rapporto fra noi e voi e, soprattutto, fra voi e gli enti locali.
Durante uno degli ultimi incontri ho fatto una dichiarazione che ha suscitato la reazione del presidente della sezione lombarda dell'ANCI, e sindaco di Varese, Attilio Fontana. In particolare, ho imputato


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determinati problemi anche all'organizzazione democratica della nostra società, sostenendo che il ruolo di assessore al bilancio è ricoperto, in alcune realtà, da soggetti che non sono all'altezza del compito.
Voi sapete che nei comuni di 5.000 abitanti non vi sono assessori al bilancio del calibro di Uckmar, Visco, Tremonti o Fantozzi, ma pensionati che, in precedenza, erano, ad esempio, marescialli dell'esercito. Queste cose non potete ignorarle. Ecco perché, per quanto mi riguarda - sono convinto di non dire eresie -, si dovrebbe prevedere una forma di raccordo tra Ministero ed enti locali, soprattutto qualora doveste rendervi conto che la vicenda in esame, la quale ha prodotto un danno di «appena» 89 milioni di euro, sia un campanello d'allarme, che suona per mettere in guardia da un pericolo ancora più grave.

PRESIDENTE. Da questo punto di vista vediamo che i comuni fanno cose pazzesche. Ad esempio, un comune del mio ex collegio ha stipulato un contratto con una società che gestisce gli autovelox, alla quale ha concesso il 30 per cento non sul riscosso, ma sull'accertato, cioè sulle fotografie scattate. Alla fine, per trovare un accordo, è dovuto intervenire il commissario straordinario nominato dal prefetto. Credo fossero arrivati a elevare, in un comune di 20.000 abitanti, 15 milioni di euro di contravvenzioni. L'episodio che ho riferito ci dà il senso di come sia particolarmente difficile la situazione.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Apprezzo assolutamente le sue osservazioni, onorevole Ventucci, ma credo che, tutto sommato, diciamo in parte la stessa cosa.
A mio avviso, dagli elementi che ad oggi abbiamo raccolto emerge chiaramente una situazione di grossa criticità. Si tratta di una situazione anche estremamente asimmetrica perché, che siano attendibili le notizie riportate dalla stampa ovvero l'elenco fornito a noi con nota firmata dalla società, Tributi Italia serve quasi 400 comuni, dei quali 135 soltanto si sono manifestati, ossia soltanto un po' più di un terzo. Questi 135 costituiscono, comunque, un insieme di comuni di dimensioni molto diverse e, quindi, con capacità organizzative e amministrative altrettanto diverse. La soluzione impatta, pertanto, in maniera differente su tutte queste realtà e, presumibilmente, anche su altre.
Quando affermo che la normativa vigente consente all'amministrazione finanziaria di arrivare fino ad un certo punto nella gestione di siffatte criticità, non voglio certo dire che per me va bene così; intendo dire, semmai, che condivido del tutto la conclusione cui è pervenuto il presidente Conte circa l'esigenza - credo imprescindibile, a questo punto, davanti a situazioni tanto gravi - di mettere mano ad una riflessione che abbia carattere sistematico.
La domanda da porsi, e da porre anche a voi, che siete legislatori, mi sembra, alla fine, una sola: è ragionevole lasciare la riscossione, oggi, nel 2009, ai privati, avendo anche fatto l'esperienza, direi positiva, del ritorno della riscossione dei tributi erariali in mano pubblica? I dati sulla riscossione dei ruoli sono assolutamente soddisfacenti. Ha ancora senso, quindi, tenere in piedi il sistema attuale, o non sarebbe logico, o quanto meno ragionevole, riflettere sulla possibilità di riservare l'attività di riscossione dei tributi - che, evidentemente, garantisce l'equilibrio dei bilanci degli enti locali - alla mano pubblica?
Questa è, ragionevolmente, la riflessione che emerge dalla vicenda in esame.

COSIMO VENTUCCI. È complicato?

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. È molto complicato. Le questioni che la vicenda di Tributi Italia pone sono di pertinenza della magistratura penale e contabile, non dell'amministrazione.


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COSIMO VENTUCCI. Bisogna trovare il sistema, perché come si fa a sapere se la tassa...

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Accertamento e liquidazione potrebbero non essere affatto in discussione, onorevole Ventucci. Probabilmente, il mondo dei concessionari privati ha anche sviluppato capacità tecnologiche che risultano molto produttive nel campo della fornitura di tali servizi. La fornitura dei servizi di accertamento e di liquidazione di un tributo può ragionevolmente essere soggetta alla concorrenza tra operatori, in modo da garantire maggiore efficienza.
La funzione della riscossione, invece, è più delicata, e questa vicenda ci insegna che la finanza degli enti locali può essere utilizzata, magari anche temporaneamente, per risolvere problemi di finanza privati. Ciò è inaccettabile. Simili comportamenti sono sicuramente da perseguire, ma dalla magistratura, non dall'amministrazione finanziaria.

PRESIDENTE. Mi chiedo - ma questa è una mia valutazione - se non convenga sposare l'idea di fare dei contratti standard, per evitare situazioni come quella, che ho addotto ad esempio, degli autovelox installati nel territorio di un certo comune. In fondo, ha ragione il collega Ventucci, quando dice che, se metti - che so - un bidello a fare l'assessore al bilancio, questi può vedere un affare anche in una situazione che, in realtà, è favorevole soprattutto al fornitore di servizi. Il rilievo conserva validità, a mio avviso, anche ove si pensi di affidarsi al mercato. Perciò, la norma va studiata bene.
È chiaro che bisogna garantire la riscossione, che deve essere affidata allo Stato. In ogni caso, occorre precostituire meccanismi che consentano di incassare le fideiussioni, in maniera tale che nessuno possa appropriarsi, anche temporaneamente, delle risorse pubbliche. Almeno in questo, cerchiamo di garantire i cittadini, i quali pagano le imposte per vedere finanziati i servizi.
L'altra questione è quella dei contratti. Noi abbiamo sempre pronta la seguente via d'uscita: «Tanto poi interviene la Corte dei conti». Nel caso di Aprilia, però, per sistemare un vecchio contratto, sono passati da una fornitura di servizi di giardinaggio ad un servizio di riscossione delle imposte, per arrivare, alla fine, a un lodo che garantisce alla società il 70 per cento dell'accertamento.

LUDOVICO VICO. Il 75 per cento, signor presidente.

PRESIDENTE. Ancora peggio. È chiaro che, poi, partono accertamenti à gogo. In più, è stata assegnata alla società anche la riscossione degli oneri concessori, tenendo la riscossione spontanea al 13 per cento. Si può anche far intervenire la magistratura, ma i comuni - quello di Aprilia in maniera particolare, perché l'amministrazione cade ogni due anni, a causa di instabilità di carattere politico - si ritrovano maggioranze e opposizioni, a turno, sempre coinvolte in procedure che non hanno mai fine.
Quali suggerimenti si sente di darci, professoressa? Cosa ci possiamo aspettare da qui al 30 novembre?

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Il caso particolare di Tributi Italia è nelle mani della Commissione che gestisce l'albo, la quale opera in maniera piuttosto controllata, perché le scadenze sono prefissate: è stata fissata la data della riunione e alla società è stato concesso un termine che, come dicevo, scade il 26 novembre.
Tuttavia, bisogna fare un passo indietro, perché la vicenda è caratterizzata da profili la cui soluzione è particolarmente delicata, a causa del numero di lavoratori e di comuni che in essa sono coinvolti.
Mi sembra che, in alternativa, nel caso in cui la società sia in grado, nel brevissimo tempo concesso - cioè entro il 26 novembre -, di fornire formale e adeguata


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prova del sostegno delle banche al progetto di ristrutturazione dei debiti presentato al tribunale, si possa concederle lo stesso tempo assegnato dal giudice, il quale ha fissato il termine del 26 gennaio. Se il progetto arrivasse, la Commissione per la tenuta dell'albo potrebbe valutarlo.
La Commissione ha chiesto la prova documentale del supporto delle banche al piano di estinzione del debito. Lo scenario è, dunque, il seguente: se la prova arrivasse, e fosse convincente, la Commissione avrebbe il problema di decidere cosa fare; e potrebbe anche decidere, eventualmente, di attendere la decisione del giudice sulla richiesta di ammissione alla procedura di ristrutturazione dei debiti. Se, invece, la prova non arrivasse entro il 26 novembre (mancano pochissimi giorni), o non fosse convincente, la Commissione procederebbe alla cancellazione della società dall'albo. Anche se si tratta di un organo collegiale, credo che, in quest'ultima ipotesi, non vi sarebbero alternative.
Con la riunione del 13 ottobre è stato avviato formalmente il procedimento di cancellazione. Mi sembra che quelle illustrate siano le possibili valutazioni della Commissione per la tenuta dell'albo. È stato richiesto di fornire prova del supporto delle banche al progetto di ristrutturazione presentato al giudice delegato.

PRESIDENTE. Bene, ipotizziamo che la società non sia in grado di far fronte ai suoi oneri.
In tal caso, si porrebbero due ulteriori questioni. La società continuerebbe ad incassare i tributi dei cittadini nei comuni dove ha in concessione il servizio di riscossione. Come insegna la vicenda Zunino, le procedure fallimentari, anche quella di cui all'articolo 182-bis, richiedono mesi.
In caso di cancellazione, i comuni resterebbero senza alcuna copertura. Potrebbero esporre un manifesto pubblico per invitare i cittadini a versare i tributi su conti a loro intestati, come qualche comune sta facendo, ma incorrerebbero in un'inadempienza contrattuale. Tuttavia, dopo la sostanziale estromissione del soggetto deputato a richiedere il pagamento coattivo dei tributi, i cittadini che farebbero? Come si comporterebbero? Pagherebbero, forse, in ritardo, mancando sollecitazioni in tal senso. Pagherebbero, poi, le sanzioni?
Si porrebbero, quindi, altri problemi. Qualora si decidesse di cancellare la società dall'albo dei soggetti privati abilitati alla riscossione, i cittadini dei comuni che le hanno già affidato la gestione dei tributi - perché, evidentemente, non erano in grado di provvedere in autonomia - non avrebbero più referenti, né riceverebbero richieste di pagamento, e poi sarebbero perseguiti per non aver effettuato i pagamenti secondo le dovute modalità. I comuni potrebbero incassare direttamente, certo; tuttavia, prima di ricorrere a tale rimedio, si deve pensare che si può essere costretti a rincorrere, per così dire, centinaia di migliaia di cittadini.
Insomma, disposta la cancellazione, non avremmo affatto risolto il problema, ma dovremmo invece valutare come risolvere altri problemi.
Pensavo che il Dipartimento avesse già sviluppato qualche ipotesi relativa al «dopo», perché sembra si stia aspettando che la società trovi miracolosamente i soldi. Dovremo fare una colletta...
Quanto all'entità dei crediti, il sindaco di Ferrandina, che è un bancario, è stato convincente: è venuto in audizione con i conti fatti al centesimo. Quello di Spotorno, invece, che ha 4.133 abitanti, ha buttato lì 1 milione di euro, più o meno. Sono in tanti, però, a esibire crediti che sembrano determinati un po' a caso. Non si ha cognizione precisa dell'ammontare dei debiti della società nei confronti dei comuni.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Immaginavo che l'ANCI avesse fornito qualche dato. Non l'ha fatto? Ovviamente, questo è un problema dei comuni, ma noi siamo preoccupati.


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COSIMO VENTUCCI. Professoressa Lapecorella, l'atteggiamento dell'ANCI è un giallo.

LUDOVICO VICO. Abbiamo saputo dall'ANACAP che la rappresentante dell'ANCI è componente della Commissione per la tenuta dell'albo.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. C'è sicuramente consapevolezza di questo aspetto, signor presidente: è uno dei motivi per i quali non si procede.
Ovviamente, sono d'accordo con lei sul fatto che, per far funzionare il sistema, gli enti locali devono avere la garanzia - soprattutto in ragione delle differenze esistenti - di vedere riversati nelle casse comunali i tributi pagati dai propri cittadini. Non si procede istantaneamente alla cancellazione d'ufficio dall'albo, a seguito di un esposto nel quale si lamenta un mancato versamento, proprio perché tale provvedimento creerebbe enormi problemi di finanza pubblica e locale. Siamo quindi di fronte a una situazione nota, che non stupirebbe nessuno.

LUDOVICO VICO. C'è letteratura?

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Riferita a situazioni analoghe no. Credo, tuttavia, che, a questo punto, sia passato un tempo sufficiente.
Forse il direttore Vaccari vuole aggiungere qualcosa sulla posizione assunta dall'ANCI durante l'ultima riunione della Commissione.

CARLO VACCARI, Direttore della Direzione federalismo fiscale del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Durante l'ultima riunione delle Commissione per la tenuta dell'albo l'ANCI ha manifestato grande preoccupazione proprio con riferimento all'ipotesi della mancata presentazione, da parte di Tributi Italia, nella prossima riunione del 30 novembre, di adeguate garanzie finanziarie (come, tra l'altro, è probabile), e della conseguente, immediata cancellazione, il giorno stesso, della società.
Devo dire che il termine - si poteva dare anche qualche giorno in più o in meno - è stato indicato proprio dall'ANCI per evitare, a detta dell'Associazione, che i versamenti dell'ICI, estremamente consistenti a dicembre, possano essere eseguiti a favore di Tributi Italia, eventualità che toglierebbe ai comuni la speranza di vedere incassata per lo meno la seconda rata dell'imposta comunale sugli immobili.
Certo, il problema dell'organizzazione dei comuni a fronte di una cancellazione di Tributi Italia è estremamente delicato, anche perché, com'è stato rilevato, non è affatto detto che i comuni entrino immediatamente in possesso delle banche dati. Per semplificare, i comuni non sanno né da chi, né quanto devono avere. Quindi, il momento è estremamente delicato.
L'ANCI ha fatto sapere che, comunque, avrebbe informato i comuni il 30 novembre, mettendoli in allarme, in caso di cancellazione della società, e consentendo loro di prendere i provvedimenti del caso.
Ho riferito quello che è stato detto in Commissione, anche se non verbalizzato.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. C'è consapevolezza.

PRESIDENTE. Poiché confesso di non avere una conoscenza abbastanza approfondita della normativa di dettaglio, vorrei sapere se sia ipotizzabile una sospensione della riscossione, ferma restando la garanzia, per un periodo definito, della continuazione del servizio.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Con norma di legge.

PRESIDENTE. Io sono preoccupato. Oggi è stato adottato dal Consiglio dei ministri un provvedimento d'urgenza in


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materia fiscale, che potrebbe essere utile allo scopo (così come quello di fine anno). Tuttavia, dovremmo farci trovare pronti. È vero che il decreto-legge dovrà essere convertito entro 60 giorni dalla pubblicazione, ma occorrerebbe elaborare la norma da inserire nel testo dello stesso.

COSIMO VENTUCCI. Bisognerebbe ragionarci adesso.

PRESIDENTE. Siamo in sessione di bilancio, e non so se il provvedimento possa essere assegnato a questa Commissione. Ci si può pensare, ma bisogna predisporre una normativa dettagliata che cerchi di salvaguardare i comuni, anche perché, altrimenti, si arriverà in ritardo, con la conseguenza che si dovrà riparare anche a tutti i danni che saranno stati prodotti nel frattempo.
In caso di cancellazione della società, si potrebbe stabilire che, per quanto riguarda i tributi dovuti ai comuni coinvolti nella vicenda, eventuali ritardi nei versamenti non daranno luogo all'applicazione di sanzioni e interessi. Potremmo cominciare con una norma che dia un minimo di salvaguardia, per dedicarci, in seguito, al miglioramento del sistema dei controlli. Chi svolgerà tale compito?
La prossima settimana è in programma l'audizione che concluderà il ciclo. A questo punto, non so nemmeno se sia il caso di svolgere un'audizione di Tributi Italia: francamente, considerato il quadro che abbiamo già acquisito, non mi sembra molto utile.
Ci è stato richiesto, anche dal collega Strizzolo, di sentire l'ANUTEL (Associazione nazionale uffici tributi enti locali), ma credo che il quadro sia già sufficientemente definito: dovremmo discutere una risoluzione che impegni il Governo ad assumere iniziative in relazione a tutte le vicende che sono emerse.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Siamo disponibili e pronti a fornire il nostro supporto tecnico per l'elaborazione di efficaci proposte di intervento.

LUDOVICO VICO. È questo che il presidente voleva sentirsi dire.

PRESIDENTE. Ringraziamo la dottoressa Lapecorella e i suoi collaboratori per il contributo offerto e per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,55.

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