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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VI
33.
Mercoledì 26 gennaio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

Audizione del Comandante generale della Guardia di finanza sulle tematiche relative all'operatività del Corpo (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 14 19 21 22 28
Ventucci Cosimo, Presidente ... 21 33 37
Barbato Francesco (IdV) ... 16 33
Berardi Amato (PdL) ... 17
Comaroli Silvana Andreina (LNP) ... 19
Di Paolo Nino, Comandante generale della Guardia di finanza ... 3 22 28 31 33
Fluvi Alberto (PD) ... 17
Fogliardi Giampaolo (PD) ... 20
Fontana Vincenzo Antonio (PdL) ... 16
Fugatti Maurizio (LNP) ... 15
Leo Maurizio (PdL) ... 14
Pagano Alessandro (PdL) ... 19
Strizzolo Ivano (PD) ... 19

ALLEGATI:
Allegato 1: Relazione consegnata dal Comandante generale della Guardia di finanza ... 39
Allegato 2: Allegati alla relazione consegnata dal Comandante generale della Guardia di finanza ... 61
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 26 gennaio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Comandante generale della Guardia di finanza sulle tematiche relative all'operatività del Corpo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Comandante generale della Guardia di finanza sulle tematiche relative all'operatività del Corpo.
Il Comandante generale è accompagnato dal generale di brigata Bruno Buratti, capo del III reparto - operazioni, dal generale di brigata Fabrizio Carrarini, capo del VI reparto - affari giuridici, dal generale di brigata Stefano Screpanti, capo dell'ufficio tutela entrate, dal colonnello Antonio Sebaste, capo dell'ufficio legislazione, e dal maggiore Patrizio Pizzi, aiutante di campo.
Do la parola al Comandante generale per la sua relazione.

NINO DI PAOLO, Comandante generale della Guardia di finanza. Grazie, signor presidente. Sono molto onorato di essere qui, oggi, in veste di nuovo Comandante generale delle Fiamme gialle. Sento tutto l'orgoglio e il piacere di porgere il saluto non solo a lei, ma anche agli onorevoli deputati e a tutti esprimo la mia gratitudine per l'invito rivoltomi.
Non svolgerò un intervento a braccio: almeno in una prima fase di questo incontro, preferisco leggere un testo che ho appositamente predisposto, anche in considerazione del fatto che la complessità delle missioni della Guardia di finanza impone un discorso razionale e non dispersivo. Illustrerò, quindi, non soltanto i risultati conseguiti lo scorso anno, ma anche le missioni fondamentali del Corpo, all'interno di una sintesi che non guardi soltanto agli obiettivi, ma anche alle prospettive future.
È noto che alla Guardia di finanza è attribuita una missione istituzionale molto importante, in quanto posta a presidio delle libertà fondamentali contemplate dalla nostra Costituzione economica.
Il significato di tale garanzia è, oggi, molto più chiaro di quanto apparisse nel 2001, quando il legislatore effettuò una scelta di grande rilievo in merito alle prerogative della Guardia di finanza: dalla tutela storica del prelievo si è passati, infatti, a un'ampia funzione di polizia economico-finanziaria, della quale sono stati precisati i contenuti ontologici e delineati gli ambiti operativi.
Le ragioni di questa evoluzione, rese ancor più attuali dalla crisi economica dell'ultimo biennio, sono di tutta evidenza, poiché l'evasione fiscale, il sommerso, le frodi sui finanziamenti pubblici, il riciclaggio, l'abusivismo finanziario e via elencando, solo per citare alcuni esempi di attività illecite al cui contrasto è indirizzata


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la nostra missione, costituiscono, oggi più che mai, espressione di una minaccia unitaria.
Ebbene, se dobbiamo combattere una minaccia unitaria, la risposta non può che essere altrettanto unitaria. La Guardia di finanza è uno strumento prezioso, perché dispone di ciò che è necessario per sostenere tale responsabilità: un sistema di attribuzioni e di poteri amministrativi che coesiste e si integra con le funzioni di polizia giudiziaria; una presenza diffusa sul territorio, in grado di cogliere i segnali di illegalità; una tecnologia che permette di analizzarli; la possibilità di investigare i flussi finanziari per farne emergere la reale natura; in sintesi, la capacità di avere un approccio globale e trasversale a tutte le manifestazioni di illegalità, soprattutto di tipo economico.
Tutto ciò rende la Guardia di finanza un unicum nel nostro sistema di prevenzione e controllo, e fa della stessa un presidio per la sicurezza economico-finanziaria del Paese, insieme a tutti gli altri attori deputati a svolgere compiti indirizzati verso la medesima finalità.
Quelli che ho indicato costituiscono il senso profondo e gli aspetti principali che caratterizzano le funzioni e l'attività del Corpo.
Com'è possibile interpretare al meglio la responsabilità che ci è stata affidata?
Il percorso è tracciato dall'Atto di indirizzo per la definizione delle priorità politiche per l'anno 2011, emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, nel cui ambito vanno lette le strategie operative del Corpo per l'anno in corso, da me avallate nell'ambito dello Stato maggiore, le quali si pongono in una linea di sostanziale continuità con quelle relative al 2010.
In questo mio intervento cercherò di illustrare gli elementi salienti del piano d'azione, rimandando, per tutti gli elementi di dettaglio, alla documentazione di supporto che consegnerò alla Commissione.
L'obiettivo primario è il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale.
Com'è noto, esiste un'ampia platea di partite IVA concernenti entità economiche di piccole dimensioni, pari a circa 5 milioni e 400 mila, tra imprese e lavoratori autonomi. Operando a diretto contatto con i consumatori finali, tali soggetti possono evadere attraverso comportamenti elementari, quale, ad esempio, l'omessa certificazione dei corrispettivi: si tratta dell'evasione che definiamo «diffusa» o «di massa».
A tale fenomeno si accompagnano forme evasive molto più complesse e sofisticate.
Per combattere le predette forme di evasione, l'azione del Corpo si basa su due pilastri fondamentali: deterrenza e contrasto.
La deterrenza mira a prevenire e a contenere la propensione all'evasione di massa ed è assicurata ogni anno da 822.000 controlli pianificati, riguardanti singoli atti di gestione, l'emissione di scontrini, ricevute e fatture, la circolazione delle merci su strada e via elencando.
Il contrasto, invece, si realizza ogni anno mediante oltre 31.000 verifiche - a società, imprese e lavoratori autonomi -, mirate a portare alla luce i fenomeni più gravi e complessi di evasione, elusione e frode, attraverso l'esame degli aspetti più significativi della posizione fiscale e la ricostruzione dei reali flussi finanziari, al fine di riscontrare la veridicità delle basi imponibili dichiarate dai contribuenti.
Sul piano generale, registriamo sicuramente un progressivo aumento dei risultati conseguiti, in relazione ai quali vorrei subito richiamare due importanti elementi, a prescindere da altre considerazioni che svolgerò più avanti.
Il primo è un dato oggettivo, consistente nel più stretto raccordo, esistente ormai da alcuni anni, fra attività di controllo e attività di accertamento. Nel periodo 2008-2010, il 93 per cento dei rilievi contenuti nei processi verbali di constatazione della Guardia di finanza è stato recepito da provvedimenti di accertamento emessi dagli uffici finanziari, con imposte accertate per un ammontare di quasi 26 miliardi di euro, suscettibile di aumento in


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relazione all'attività di accertamento ancora in corso. Si tratta di un dato oggettivo molto confortante, perché avvicina sempre di più il constatato all'accertato, anche attraverso sinergie con l'Agenzia delle entrate. Il tema è stato oggetto, in passato, di ampi dibattiti.
Un secondo elemento consiste nel progressivo aumento delle riscossioni connesse all'attività di controllo non della sola Guardia di finanza, ma dell'intera Amministrazione finanziaria.
A tale riguardo, particolarmente proficua è la collaborazione con Equitalia, che ha permesso, nel 2010, il pignoramento di beni per oltre 400 milioni di euro nei confronti dei cosiddetti grandi debitori dell'Erario, vale a dire imprese e lavoratori autonomi iscritti a ruolo per debiti superiori a 25.000 euro.
Come selezioniamo i soggetti da sottoporre a verifica?
Tra i criteri di selezione, che portano a un incremento progressivo dei risultati, è fondamentale il miglioramento dell'azione di intelligence e di controllo del territorio, che sviluppiamo ogni giorno nelle diverse aree del Paese, per ricercare e acquisire informazioni, le quali vengono incrociate con quelle contenute nelle numerose banche dati accessibili dalla rete informatica del Corpo.
Questo processo è molto importante, perché controllo del territorio, analisi di rischio e azione di intelligence possono fare in modo che, nella sterminata platea dei soggetti astrattamente verificabili, le risorse a disposizione siano indirizzate verso gli obiettivi remunerativi, che comportano la possibilità di migliorare i rendimenti dell'attività di contrasto all'evasione anche a parità di numero di controlli.
Un'altra rilevante fonte di innesco delle nostre verifiche continua a essere rappresentata dalle indagini di polizia giudiziaria che presentano riflessi fiscali.
Conoscete bene l'importanza che riveste, per la Guardia di finanza, essere l'unico organo di polizia giudiziaria con competenze specialistiche in campo tributario. Da questo punto di vista, è molto importante che l'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, il cui testo è stato modificato e migliorato alcuni anni fa, abbia riconosciuto al Corpo il ruolo di polo gravitazionale di tutti gli elementi informativi atti a comprovare violazioni tributarie, disponendo che i soggetti pubblici incaricati istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza, nonché gli organi giurisdizionali, requirenti e giudicanti, penali, civili e amministrativi e, previa autorizzazione, gli organi di polizia giudiziaria, i quali, a causa o nell'esercizio delle loro funzioni, vengono a conoscenza di fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie devono comunicarli al comando della Guardia di finanza competente.
Un importante contributo all'analisi di rischio viene certamente dai lavori a progetto, svolti dai reparti speciali su tutto il territorio nazionale con metodologie operative uniformi e in tempi predefiniti.
Passerò ora ad analizzare, più nel dettaglio, l'azione di contrasto del Corpo ai fenomeni evasivi più gravi e pericolosi.
Proprio in tali ambiti è emersa la grande capacità dei nostri reparti di aggredire i patrimoni degli evasori responsabili di reati fiscali. Basti pensare che i sequestri per reati tributari commessi dopo il 1o gennaio 2008, per i quali ora è possibile effettuare un'apprensione anche per equivalente, ammonta a oltre 500 milioni di euro. Questi risultati sono l'effetto concreto della possibilità - fino a qualche anno fa esclusa - di applicare il sequestro per equivalente anche in relazione ai reati tributari. Ciò consente di non disperdere le ricchezze nel tempo necessario per la conclusione del procedimento penale. Si tratta, quindi, di una strada molto utile e proficua.
Per quanto riguarda la lotta ai paradisi fiscali, sottolineo l'importanza dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2009: mi riferisco, da un lato, all'importantissimo meccanismo della presunzione di cui al comma 2 e, dall'altro, al piano di contrasto dell'evasione ed elusione internazionale di cui al comma 3.


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La prima disposizione stabilisce che gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, ai soli fini fiscali si presumono costituiti, salvo prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. Essa è risultata molto proficua (come verificherete scorrendo il documento contenente gli allegati, che lasceremo agli atti), e potrà esserlo molto di più in futuro.
Le disposizioni introdotte dal citato decreto-legge hanno rafforzato le attività del Corpo finalizzate a far emergere redditi evasi non soltanto mediante esterovestizione della residenza di persone fisiche e giuridiche, ma anche attraverso triangolazioni con Paesi off-shore.
Per citare soltanto alcuni esempi, i fenomeni di evasione fiscale internazionale, da noi scoperti nel 2010, sono risultati concentrati in Lussemburgo per il 26 per cento, in Svizzera per il 25 per cento, nel Regno Unito per il 7 per cento, a Panama per il 6 per cento e, per il 2 per cento, rispettivamente, a San Marino e in Liechtenstein.
Attualmente, sono in corso oltre 2.000 verifiche e indagini di polizia giudiziaria relative a svariati soggetti, molti dei quali contenuti in liste nominative cui la stessa stampa si è interessata negli ultimi tempi. Unitamente a un'azione di intelligence e di controllo del territorio, ciò ha permesso di ottenere risultati non di poco conto.
Il completamento di questi e di altri filoni investigativi rappresenterà l'ossatura del piano d'azione contro l'evasione internazionale anche per il corrente anno.
Veniamo ora alle frodi carosello. Non si può parlare di frodi IVA senza denunciare il devastante effetto delle frodi carosello. Com'è noto, si tratta di frodi basate sull'interposizione di imprese cartiere, le quali acquistano merci in regime di sospensione dell'IVA da fornitori che risiedono in altri Paesi comunitari e le rivendono con fatture per operazioni inesistenti ai reali destinatari, applicando l'imposta, ma omettendo di versarla all'erario, perché spariscono poco tempo dopo.
Qual è l'effetto finale? Nel 2010, l'IVA evasa nel modo che ho sommariamente descritto è stata pari a 2,8 miliardi di euro, di cui 1,2 miliardi riconducibili a tre soli filoni investigativi. Non c'è soltanto questo: oltre all'evasione fiscale, le frodi carosello consentono di vendere beni e servizi a prezzi inferiori a quelli praticati dagli operatori onesti, i quali subiscono, quindi, una concorrenza sleale.
La percentuale di incidenza delle frodi carosello nell'universo dell'evasione IVA è elevatissima: siamo al 44 per cento.
Come appare evidente, le predette frodi creano problemi molto gravi, ma noi continueremo a combatterle, facendo leva sui nuovi e importanti strumenti di contrasto introdotti dal decreto-legge n. 78 del 2010 e investendo molte risorse (come abbiamo fatto in sede di pianificazione per l'anno in corso).
Un elemento di preoccupazione deriva dal fatto che l'investigazione era molto più agevole quando il riferito meccanismo riguardava i beni materiali; ora, invece, poiché gli stessi servizi sono diventati oggetto di frodi carosello, il compito investigativo si è fatto più complicato. La maggiore complicazione non implica, però, timidezza da parte nostra: anzi, significa che dobbiamo lavorare di più. Del resto, i risultati raggiunti sono incoraggianti. Mi riferisco ai casi Fastweb e Telecom Italia Sparkle, che hanno già pagato 400 milioni di euro.
Si tratta certamente di un aspetto molto rilevante delle frodi IVA, che potremo anche approfondire in seguito e che è riconducibile, come ben sapete, a un regime transitorio di tassazione in base al quale l'imposta è assolta non dal cedente, come avviene negli scambi tra soggetti italiani, ma dal cessionario importatore.
Il giorno in cui gli acquisti intracomunitari saranno tassati all'origine, e non nello Stato membro di destinazione,


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avremo risolto il problema alla radice. Nel frattempo, però, non abbassiamo la guardia: per ottenere risultati come quelli che abbiamo conseguito, bisogna lavorare sempre con la massima attenzione. Conseguentemente, il piano delle verifiche e delle indagini che il Corpo ha avviato in tale settore non potrà che essere ulteriormente rafforzato nel corrente anno, anche perché la percentuale di evasione è e continua a essere elevatissima, ove la si raffronti con l'intero universo delle evasioni in materia di IVA.
Per quanto riguarda l'economia sommersa, mi limito a segnalare che nel 2010 le imprese e i lavoratori autonomi che, pur producendo reddito imponibile, non hanno presentato le dichiarazioni fiscali, restando quindi del tutto sconosciuti al fisco, sono aumentati del 18 per cento rispetto all'anno precedente. Abbiamo individuato, cioè, circa 9.000 evasori totalmente sconosciuti al fisco. Al raggiungimento di questo risultato ha contribuito il nuovo applicativo telematico C.E.TE. («Controllo economico del territorio»).
Un supporto utile alla nostra attività in questo campo, ma anche in quello del contrasto alle frodi carosello, potrà venire dall'applicazione delle recenti disposizioni - recate dal decreto-legge n. 78 del 2010 - volte ad assicurare una vigilanza sistematica sulle situazioni a specifico rischio di evasione e frode fiscale. Alludo, in particolare, alle norme relative alle imprese che esauriscono la propria attività in periodi inferiori all'anno (le cosiddette imprese «apri e chiudi») e a quelle che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per più di un periodo d'imposta (imprese in perdita sistemica).
L'applicativo telematico cui ho fatto cenno fornisce ai reparti del Corpo un insieme di informazioni, patrimoniali e reddituali, sui possessori di beni indicativi di un'elevata capacità contributiva, caratterizzati da alti livelli di incongruità rispetto ai redditi dichiarati.
Il protocollo d'intesa che abbiamo recentemente sottoscritto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ci aiuterà sicuramente ad arricchire la nostra capacità di incidere sul mondo del sommerso, in tutte le sue manifestazioni.
Merita un cenno, nell'ambito del contrasto all'evasione fiscale, la cooperazione con gli enti locali.
Abbiamo instaurato da tempo un'ottima collaborazione con regioni, province e comuni, con i quali abbiamo sottoscritto protocolli d'intesa che riguardano l'IRAP, l'ICI, l'addizionale comunale e regionale, la compartecipazione regionale all'IVA, i rifiuti solidi urbani, la tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche, il tributo provinciale per la protezione dell'ambiente: in sostanza, tutto l'universo che fa capo alle potestà amministrative degli enti locali.
Tale collaborazione è agevolata dall'organizzazione territoriale del Corpo, basata su venti comandi regionali, a ciascuno dei quali fanno capo numerosi reparti distribuiti a livello provinciale e comunali. Può dirsi già ampiamente sperimentata, quindi, l'utilità dei sensori informativi locali, che certamente non escludono, ma anzi arricchiscono, tutta la capacità che siamo storicamente in grado di esprimere a livello centrale.
Altri grossi passi sono stati compiuti sul versante della cooperazione con gli enti cui sono attribuiti i compiti della prevenzione e del recupero dell'evasione fiscale e contributiva. Infatti, collaboriamo con l'Agenzia delle entrate e con l'INPS, ripartendo ratione materiae le informazioni che raccogliamo e consentendone, in tal modo, una gestione più efficace. Soprattutto per quanto riguarda le inchieste più complesse, la Guardia di finanza può avvalersi di uno strumentario di polizia giudiziaria che ne potenzia l'attività.
Per quanto riguarda le funzioni svolte dal Corpo sul versante della spesa pubblica, speculare a quella già illustrata è l'attività di contrasto alle frodi in danno dei finanziamenti a carico dei bilanci dello Stato, delle regioni, degli enti locali e della stessa Unione europea. L'obiettivo perseguito è quello di salvaguardare il corretto impiego dei fondi e delle diverse tipologie di intervento pubblico, nonché l'efficacia delle politiche di sviluppo sociale e imprenditoriale,


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che stanno sostenendo il superamento di una crisi economico-finanziaria molto difficile.
Le frodi concernenti i finanziamenti erogati dall'Unione europea riguardano soprattutto il Fondo europeo di sviluppo regionale e, nell'ambito della Politica agricola comune, i settori dello sviluppo rurale e degli ortofrutticoli.
Per quanto attiene alle sovvenzioni pubbliche nazionali, le frodi più ricorrenti continuano a riguardare, oltre alla spesa sanitaria, anche gli aiuti concessi ai sensi della legge n. 488 del 1992, attraverso il ricorso a pratiche evasive (in questo settore, fanno la parte del leone le fatture per operazioni inesistenti) rispetto alle quali le tecniche di controllo e di indagine tipiche delle verifiche fiscali della Guardia di finanza sono estremamente incisive.
L'affinità tra i due settori di intervento trova riscontro anche nella circostanza che gli stessi principi posti alla base degli accordi di collaborazione tra la Guardia di finanza, le regioni e gli enti locali per la lotta all'evasione, ispirano anche le convenzioni concluse nel comparto della spesa.
I protocolli d'intesa stipulati riguardano tre settori fondamentali: le prestazioni sociali agevolate (è molto importante controllare l'effettività dei diritti di quanti beneficiano dei servizi pubblici a prezzi ridotti), il comparto sanitario (mi riferisco agli accordi con le aziende sanitarie locali per verificare la sussistenza delle condizioni reddituali per godere dell'esenzione dal ticket) e la materia dei fondi strutturali (ambito nel quale la nostra collaborazione è finalizzata a contrastare le frodi in danno dello Stato e dell'Unione europea).
Grazie a queste forme di collaborazione, nel corso del 2010, abbiamo denunciato 4.486 persone per aver indebitamente beneficiato di prestazioni sociali agevolate e 1.894 soggetti per truffe ai danni del sistema sanitario, per un ammontare complessivo pari a circa 30 milioni di euro (rimando all'allegato per dati più analitici).
Un'altra linea d'azione a tutela della spesa pubblica è rappresentata dai cosiddetti lavori a progetto, predisposti dai nostri reparti speciali, soprattutto dal Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie. In tale contesto, ricordo, per tutti, il piano operativo denominato Apotheke, mirato alla verifica dell'attuazione delle norme in materia di contenimento della spesa farmaceutica connessa alla somministrazione di medicinali.
I controlli svolti nell'ambito del progetto, dapprima avviati presso le ASL della Calabria, e successivamente estesi ai presidi sanitari nazionali, hanno consentito di accertare un aggravio di spesa per il Servizio sanitario nazionale di oltre 600 milioni di euro e di segnalare alle procure regionali della Corte dei conti 259 persone ritenute responsabili di danno erariale. La collaborazione con la Corte dei conti, naturalmente, è sempre molto stretta. Nell'ultimo triennio, abbiamo concluso 2.648 accertamenti delegati dalla magistratura contabile, che hanno portato alla segnalazione alle competenti procure regionali di 14.547 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di avere cagionato danni erariali per complessivi 5,6 miliardi di euro.
Anche nel campo delle frodi relative ai finanziamenti pubblici nazionali e comunitari la capacità di aggredire i patrimoni dei responsabili delle truffe è in aumento: i sequestri dei beni in possesso di questi ultimi ammontano, nel triennio 2008-2010, a 514 milioni di euro, con un trend costantemente in crescita.
Volgendo, ora, l'attenzione alle funzioni di polizia economica, la Guardia di finanza ha considerevolmente aumentato il proprio impegno nel campo delle frodi finanziarie, soprattutto per quanto riguarda l'utilizzo improprio o per finalità illecite di strumenti finanziari derivati, in violazione della normativa in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali.
Nell'ambito della tutela del mercato dei capitali, è particolarmente sensibile il tema del ricorso a strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali. Per coprirsi dai rischi legati alle variazioni dei tassi di interesse applicati sui finanziamenti ricevuti, questi hanno sottoscritto


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con istituti di credito di primaria rilevanza prodotti finanziari caratterizzati da un'elevata opacità, che ne rende molto difficoltosa la valutazione, esponendosi al pericolo di ingenti perdite.
In particolare, sono in corso 21 indagini, che interessano complessivamente 51 enti territoriali (8 regioni, 2 province e 41 comuni), per finanziamenti collegati a derivati di copertura, per un ammontare di 9,72 miliardi di euro.
La generale carenza di liquidità del sistema finanziario e la conseguente restrizione del credito legale hanno spostato l'attenzione verso una diversa forma di usura: non più quella attuata dalla tradizionale figura dell'usuraio di quartiere, bensì quella, più pericolosa, esercitata da sodalizi criminali, da vere e proprie strutture societarie per la gestione di attività finanziarie abusive rivolte a commercianti, piccoli imprenditori, artigiani, e da questi ultimi viste quale unico rimedio al fabbisogno immediato di liquidità. A tale proposito, nel 2010, sono state sviluppate 280 indagini, che hanno portato alla denuncia di 625 persone, di cui 221 tratte in arresto.
È connotata da finalità di tutela della sicurezza economica anche l'attività di contrasto della criminalità organizzata: la strategia della Guardia di finanza mira a colpirla nel cuore dei suoi interessi economici e finanziari, mediante investigazioni che, da un lato, cercano di aggredire i patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni delinquenziali e, dall'altro, di prevenire ogni forma di accumulazione di capitali di origine criminale.
Gli obiettivi sottesi alla strategia da noi sviluppata sono molteplici: assicurare alla giustizia i responsabili dei delitti; colpire il potere economico delle organizzazioni criminali, per proteggere e sostenere il libero mercato; recuperare le ricchezze illecite, che diviene possibile destinare, per quanto possibile, alla collettività, anche in funzione educativa e di riaffermazione della cultura della legalità. Infatti, il fine comune a tutte le investigazioni del Corpo, in presenza di delitti tipici della criminalità organizzata, è quello di proporre sistematicamente all'autorità giudiziaria l'adozione delle misure ablatorie previste dalla normativa antimafia.
Nell'ultimo anno, sono stati sottoposti ad accertamento patrimoniale 7.000 soggetti, tra persone fisiche e società, usati come schermo per celare la reale disponibilità dei beni da parte della criminalità organizzata. Sempre nel 2010, confermando un trend in costante ascesa, lo sforzo da noi compiuto in direzione dell'aggressione dei patrimoni illeciti ha portato a sequestri per un valore di 3 miliardi di euro. Complessivamente, secondo dati comunicati ieri dal Ministro dell'interno, i sequestri di beni ammontano a un valore di circa 14 miliardi di euro, buona parte dei quali ascrivibili all'apporto della Guardia di finanza.
Nell'ultimo triennio, il contributo della Guardia di finanza ha portato a sequestri di beni per un valore di 5,7 miliardi di euro e a confische per un valore di 1,2 miliardi di euro. Si tratta di risultati importanti e molto confortanti, corrispondenti, in percentuale, al 38-40 per cento dei sequestri e delle confische complessivamente disposti.
In prospettiva, la nostra strategia punta a indirizzare maggiormente gli accertamenti patrimoniali anche su contesti territoriali e temporali distanti da quelli ai quali è riferita l'investigazione originaria, oltre che su un più serrato e ravvicinato monitoraggio delle ricchezze riconducibili ai soggetti condannati o indiziati per reati di criminalità organizzata. I risultati non mancheranno.
Parallelamente, la competenza specialistica del Corpo sarà valorizzata anche sul piano internazionale. Se è vero, infatti, che l'evasione fiscale non può essere combattuta soltanto entro i confini nazionali, ciò vale a maggior ragione per le movimentazioni finanziarie di origine criminale, spesso mascherate attraverso lo schermo offerto da veicoli societari e altre strutture situate in centri off-shore.
In questo senso, lascia ben sperare anche lo sforzo compiuto dal legislatore - dettando la normativa di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2009 - per


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contrastare l'evasione ed elusione internazionale. Tuttavia, la sensibilità nei confronti del fenomeno deve assumere carattere sempre più transnazionale. Non è casuale, in tale ottica, l'operato della Germania e della stessa Spagna, la cui attenzione nei confronti dei flussi finanziari di origine criminale è sicuramente aumentata. Se vi sarà una maggiore collaborazione internazionale, anche i nostri risultati assumeranno un significato meno tattico e molto più strategico.
Un esempio dei risultati che si possono ottenere adottando siffatto metodo di lavoro è offerto dall'operazione che ha permesso di ricostruire la posizione reddituale e patrimoniale di un imprenditore, colluso con le cosche reggine, noto con l'appellativo di «re dei videopoker». Nel caso di specie, un incipit investigativo partito dalla Calabria si è diramato in alcune regioni del Centro e del Nord, e non solo. L'operazione, che ha portato al sequestro di beni per un valore di 300 milioni di euro, dà un'idea dei risultati cui potrebbe condurre un'azione di contrasto concepita in una dimensione organizzativa transnazionale.
L'azione di contrasto alla criminalità organizzata è già in fase di rafforzamento grazie al Piano straordinario contro le mafie, che ha reso operative modifiche normative importanti: l'ampliamento della platea dei soggetti nei cui confronti possono essere effettuate verifiche antimafia; il rafforzamento degli obblighi di comunicazione delle variazioni patrimoniali; la tracciabilità dei flussi finanziari relativi a tutte le commesse pubbliche. Si tratta di strumenti che apprezziamo, la cui utilizzazione, unitamente agli altri mezzi a nostra disposizione, continuerà a dare risultati anche in futuro, rendendo sempre più effettivo e globale il contrasto alle mafie sul piano patrimoniale. L'effettività dei risultati e la globalità dell'approccio sono i principi cardine ai quali continuerà ad essere improntata la nostra azione nel campo delle indagini finanziarie.
L'aggressione alla criminalità organizzata sotto il profilo patrimoniale si completa, nella strategia della Guardia di finanza, con le investigazioni antiriciclaggio.
In questo ambito, la nostra azione si sviluppa su tre linee convergenti: le indagini di polizia giudiziaria e tributaria; l'approfondimento delle segnalazioni di operazioni sospette, finalizzato a individuare e intercettare i flussi finanziari di provenienza illecita; i controlli tradizionali sulla movimentazione transfrontaliera di valuta, volti a verificare il rispetto dell'obbligo di dichiarazione di contanti o di titoli assimilati superiori ai limiti previsti dalla legge.
Nel 2010, abbiamo denunciato 1.131 persone per riciclaggio e/o reimpiego di proventi illeciti e abbiamo sequestrato beni e disponibilità finanziarie per un valore di 367 milioni di euro. L'importo delle operazioni di riciclaggio e di reinvestimento di denaro «sporco» ricostruite dai reparti nel corso delle indagini ammonta, invece, a circa 3,2 miliardi di euro, per lo più riconducibili ai delitti di frode fiscale (2,5 miliardi di euro), truffa e appropriazione indebita (420 milioni di euro).
Al riguardo, vorrei dedicare alcune considerazioni al sistema di prevenzione antiriciclaggio, che vede chiamati a collaborare con il sistema pubblico di vigilanza le banche, gli intermediari finanziari e i professionisti.
I dati registrano un trend costantemente in crescita delle segnalazioni di operazioni sospette: siamo passati dalle 7.741 del 2005 alle 26.947 del 2010. Si richiede, tuttavia, un ulteriore impegno verso una maggiore valorizzazione dell'aspetto qualitativo delle segnalazioni. All'accresciuta sensibilità degli addetti ai lavori nella segnalazione delle operazioni sospette è necessario che si aggiunga uno sforzo per migliorarne la qualità, perché l'aumento delle segnalazioni determina impegni non indifferenti in termini di risorse. Se vi sarà, a monte, una selezione qualitativa, i risultati non potranno mancare.
Del resto, a testimonianza di ciò che sto affermando, va evidenziato come siano circa 4.700 le segnalazioni che, nel 2010, o


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sono confluite in procedimenti penali già aperti dalle procure della Repubblica competenti, o hanno determinato l'avvio di nuovi procedimenti penali, per i reati di riciclaggio, usura, estorsione, abusivismo finanziario, frode fiscale, truffa e via elencando, o hanno comunque permesso di rilevare infrazioni alla normativa antiriciclaggio e valutaria. Ciò conferma l'utilità delle segnalazioni per attivare indagini mirate e non casuali.
È in atto uno studio congiunto con l'Unità di informazione finanziaria volto ad affinare e mettere a punto un nuovo percorso di analisi e approfondimento investigativo delle segnalazioni di operazioni sospette. L'esame delle esperienze maturate in tale ambito consentirà di affinare ulteriormente gli strumenti antiriciclaggio.
Infine, con riferimento al tema delle investigazioni antiriciclaggio, sono di sicuro interesse i contenuti dei diversi progetti di legge volti a modificare l'attuale formulazione degli articoli 648-bis e 648-ter del Codice penale, segnatamente prevedendo la punibilità anche della condotta di autoriciclaggio. Colpire anche coloro che hanno commesso, ovvero hanno concorso a commettere, i reati presupposti, evitando di dover necessariamente dimostrare, spesso con pesanti ricadute in termini di oneri probatori, la terzietà del soggetto riciclatore rispetto all'autore dei reati, rafforzerebbe sensibilmente l'intero dispositivo di contrasto al fenomeno del riciclaggio. Credo che il Parlamento sia sensibile a tale esigenza.
Per quanto riguarda la tutela del mercato dei beni e dei servizi, la Guardia di finanza è impegnata a tutelare il sistema produttivo nazionale e i consumatori dal mercato del falso e dai fenomeni usurpativi del made in Italy.
Si tratta di una vera piaga, di un cancro che provoca ingentissimi danni alle imprese nazionali, già duramente colpite dalla crisi, anche perché le attività di cui parliamo sono spesso connesse non soltanto con l'evasione fiscale e contributiva, ma anche con lo sfruttamento del lavoro nero, con il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e con il riciclaggio e il reimpiego dei proventi illeciti.
Come organo di polizia economico-finanziaria, puntiamo a colpire le organizzazioni che si trovano a monte della complessa filiera del falso, ricostruendone tutti gli anelli intermedi e, naturalmente, senza trascurare o sottovalutare ciò che è a valle. In una ripartizione virtuosa dei compiti, credo che le maggiori energie debbano essere spese soprattutto nella individuazione delle grandi centrali che gestiscono, anche all'estero, la produzione, lo smistamento e lo stoccaggio dei prodotti contraffatti e delle cosiddette merci pirata.
Siamo, peraltro, di fronte a traffici che non accennano a diminuire: nel triennio 2008-2010, la Guardia di finanza ha provveduto al sequestro, su tutto il territorio nazionale e all'interno degli spazi doganali, di 318 milioni di articoli - è significativo non soltanto il dato numerico, ma anche il valore dei beni -, tra prodotti contraffatti, supporti pirata, merci falsamente commercializzate come di origine comunitaria e beni non conformi agli standard di sicurezza europei.
Anche in questo settore, così delicato per natura e volume degli interessi in gioco, è molto importante un corretto approccio metodologico.
I progetti che stiamo elaborando con i reparti speciali tengono conto, innanzitutto, della necessità di non agire a pioggia, ma di organizzare tipologie di aggressione speculari alla natura dei beni contraffatti e degli illeciti da perseguire.
L'operazione «Cian Liu», realizzata a Firenze e Prato nel mese di giugno del 2010, è emblematica: abbiamo individuato reati di riciclaggio per 46 milioni di euro in una singola operazione di polizia, condotta all'esito di investigazioni preliminari durate un anno e mezzo. Poiché ero a capo del comando interregionale di Firenze, posso affermare, a ragion veduta, che la criminalità tout court e la contraffazione seguono, talvolta, percorsi intercomunicanti. In simili casi, dal punto di vista investigativo, su uno sforzo diffuso di tipo tradizionale fa premio un approccio condiviso,


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tale da scoraggiare le strategie opportunistiche della criminalità organizzata. Sarebbe auspicabile quindi, anche a livello europeo, una maggiore sinergia tra gli Stati, in modo da rendere omogenei gli strumenti repressivi e da non consentire ai criminali di dirottare i propri traffici in luoghi soggetti a controlli meno stringenti o a normative più permissive. In ogni caso, continueremo a profondere ogni sforzo per tutelare il sistema produttivo nazionale e i consumatori. Certo, se visto in una dimensione europea, l'argomento diventa molto più stimolante.
Come sapete, la Guardia di finanza concorre anche alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. È bene chiarire, innanzitutto, che la nostra azione si sviluppa essenzialmente su due livelli.
Il primo riguarda la partecipazione del personale specializzato dei reparti di pronto impiego (i famosi «baschi verdi») ai piani provinciali per il controllo coordinato del territorio, molto utile anche ai fini fiscali.
Il secondo livello concerne l'azione di contrasto ai traffici illeciti, assicurata mediante un sistema operativo integrato che si basa sulla vigilanza dei confini marittimi (esercitata sul mare e nello spazio aereo), sulla sorveglianza della frontiera comunitaria terrestre, portuale e aeroportuale, sul controllo economico del territorio e sulle attività investigative volte a disarticolare le organizzazioni che gestiscono i predetti traffici.
Con riferimento ai tre grandi settori strategici del contrabbando di tabacchi lavorati esteri, degli stupefacenti e dell'immigrazione clandestina, è molto importante, al di là delle qualità investigative e intellettuali, anche la capacità militare di aggressione, che è richiesta dalle stesse tipologie di operazioni da realizzare.
Quanto al contrabbando, sottolineo che soprattutto quello di transito non è in flessione, ma addirittura in aumento, perché l'Italia, per la sua posizione geografica, resta una piattaforma di transito verso Gran Bretagna, Francia, Olanda, Germania e Belgio, dove la tassazione delle accise è più elevata (una parte delle merci resta nel territorio nazionale, ma una grande quantità prosegue verso i citati Paesi).
Per quanto riguarda gli stupefacenti, le indagini svolte nel triennio 2008-2010 hanno portato all'arresto di 10.000 narcotrafficanti, al sequestro di 46 tonnellate di droghe leggere, di 7 tonnellate di cocaina e di 1,5 tonnellate di eroina. Credo che questi dati non abbiano bisogno di commenti.
Sul versante del contrasto all'immigrazione clandestina, segnalo la stipula del nuovo protocollo di cooperazione bilaterale con la Libia siglato dal Ministro dell'interno. All'indomani dell'episodio nel quale è rimasto coinvolto, lo scorso settembre, un peschereccio di Mazara del Vallo, che è stato mitragliato da una motovedetta libica, si è deciso di superare ogni forma di pattugliamento congiunto delle acque antistanti il territorio libico. In una prima fase, tale forma di pattugliamento era necessitata, in quanto i libici non erano tecnicamente in grado di trarre proficui risultati dall'utilizzo dei pattugliatori, imbarcazioni piuttosto complesse e sofisticate. Terminato un primo periodo di affiancamento di militari del Corpo a bordo dei mezzi navali ceduti alla Libia, si è ritenuto di privilegiare la collaborazione di carattere informativo e operativo e, soprattutto, l'assistenza e l'aggiornamento tecnologico, sia in Libia sia, eventualmente, presso le nostre scuole, per accelerare il processo cognitivo e per fare in modo che i militari libici diventino totalmente autonomi. Resta il fatto che i nostri uomini non saliranno più a bordo dei mezzi navali neanche a fini di addestramento, che sarà svolto a terra.
Sul piano dei risultati, l'attività dei dispositivi di polizia approntati dal Corpo ha condotto, nel 2010, all'individuazione di circa 3.200 persone e all'arresto di oltre 500 responsabili, soprattutto in corrispondenza dei versanti orientali della Puglia e della Calabria, dove si sono registrate, recentemente, le maggiori manifestazioni del fenomeno degli sbarchi clandestini.
Tale attività si salda con quella svolta nell'ambito delle iniziative promosse dall'Agenzia comunitaria per la gestione della


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cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri (Frontex), che vedono i mezzi aeronavali della Guardia di finanza impegnati nei teatri marittimi della Grecia, di Cipro, della Spagna, di Malta, giungendo fino a quelli del Senegal e della Mauritania.
Riteniamo che la dimensione transnazionale assunta dalla criminalità richieda l'armonizzazione del quadro legislativo a livello internazionale e l'ulteriore miglioramento dei canali tradizionali della cooperazione. Parallelamente, crediamo che occorra investire sul piano della preparazione professionale, al fine di creare i presupposti per l'utilizzo di un necessario linguaggio comune nella lotta alla criminalità.
La Guardia di finanza è impegnata in progetti formativi, sotto l'egida delle Nazioni Unite e dell'Unione europea, in delicati contesti operativi. Abbiamo uomini, anche se in percentuale minimale, in Kosovo, in Albania, in Libia, in Afghanistan, dove svolgiamo una missione che riguarda soprattutto la preparazione professionale e che nulla ha a che vedere con l'aspetto militare, cui sono deputate le altre Forze armate. Il nostro contributo, volto a ripristinare, nei menzionati Stati, l'operatività dei corpi di polizia e delle strutture istituzionali locali deputate al contrasto delle violazioni in materia economico-finanziaria, è stato oggetto di ampio apprezzamento da parte delle autorità. Peraltro, fornire assistenza alle predette strutture ci aiuta anche a frenare i flussi di qualsiasi genere verso il nostro Paese.
Signor presidente, non vorrei dilungarmi, anche per lasciare maggiore spazio agli interventi. Mi auguro di essere riuscito, attraverso i rapidi flash contenuti nella relazione introduttiva, a parteciparvi il significato profondo della complessa missione affidata alla Guardia di finanza. Le potestà che fanno capo al Corpo e l'ampio spettro che ne caratterizza l'attività investigativa sono da rapportare, oggi, a un illecito che non inerisce più soltanto al campo prettamente fiscale, ma ha una valenza più generale, essendo manifestazione delle attività criminali nei settori dell'economia e della finanza.
Tengo a precisare che pongo a disposizione della Commissione i risultati conseguiti dal Corpo nel corso del 2010 affinché gli stessi possano essere analizzati in maniera più approfondita, senza alcun intento autocelebrativo.
Si tratta di risultati importanti, di dati oggettivi che non abbisognano di specifica illustrazione e che potranno fornire molti spunti di riflessione. Li porgo a codesta Commissione anche affinché sia dato il giusto riconoscimento non a me, ma ai tanti uomini, ai tanti finanzieri che mi onoro di comandare, i quali tutelano la legalità con grande professionalità e determinazione, difendendo, come ho affermato in apertura del mio intervento, uno dei pilastri fondamentali della nostra Costituzione economica.
I risultati ottenuti, che vanno ben oltre la dimensione statistica, costituiscono, a mio avviso, non soltanto una testimonianza di impegno, ma anche un motivo di speranza, ed esortano a proseguire sulla strada intrapresa. Per queste ragioni, anche nel corrente anno continueremo a dare uno spazio prioritario al contrasto dell'economia sommersa (settore di attività nel quale c'è molto da fare), alla prosecuzione dei piani di contrasto delle frodi IVA più strutturate, alla lotta all'evasione fiscale internazionale (che ha una valenza non soltanto fiscale, ma anche criminale), alla salvaguardia del corretto impiego delle risorse nazionali e comunitarie (necessarie per risolvere i problemi che conosciamo) e all'aggressione sistematica dei patrimoni della criminalità organizzata.
Non posso concludere l'analisi senza rappresentarvi, innanzitutto, alcune mie convinzioni.
In primo luogo, il fenomeno dell'evasione fiscale resta uno dei problemi più rilevanti, e la risposta repressiva è importantissima. Molto è stato fatto in tale ambito. Inoltre, lasciano ben sperare gli strumenti più raffinati che sono stati messi


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a nostra disposizione (del resto, i vantaggi che derivano dalle innovazioni sono misurabili).
In secondo luogo, non credo si possa difendere la causa della legalità senza farne conoscere anche il profondo valore culturale. Proprio allo scopo di contribuire a diffondere tra i giovani la cultura dalla legalità abbiamo promosso, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un'attività divulgativa concernente i compiti istituzionali della Guardia di finanza. Siamo consapevoli della maggiore difficoltà che si incontra nel far comprendere come gli illeciti fiscali siano connotati da un grado di illegalità analogo a quello che connota i delitti comuni, il cui disvalore è percepibile in maniera più immediata. Tuttavia, se noi addetti ai lavori saremo chiamati a offrire il nostro contributo sul campo, porteremo ben volentieri il nostro messaggio a favore della cultura della legalità, ovviamente senza che ciò ci distolga dalle funzioni operative.
È necessario adoperarsi, anche nelle scuole e nelle università, affinché il problema dell'evasione sia sempre meno circoscritto al binomio rappresentato, da un lato, dal contribuente e, dall'altro, dall'Amministrazione finanziaria. In tal modo, combattere l'evasione non riguarderà soltanto la Guardia di finanza, l'Agenzia delle entrate, l'INPS e gli enti locali, ma diventerà un obiettivo socialmente condiviso. Si tratta di una battaglia molto complessa, che va condotta con uno spirito unitario, sfruttando ogni possibile sinergia e interazione, perché vincerla significherà offrire al nostro Paese nuove opportunità di crescita.
L'aggressione ai patrimoni della criminalità organizzata non deve rimanere nell'alveo di semplici azioni di polizia, ma deve diventare uno strumento per restituire alla società civile ciò che le è stato illecitamente sottratto.
Questo messaggio deve arrivare anche a coloro che, a volte, possono vedere nell'evasione una scappatoia per risolvere nel breve periodo i propri problemi, ma adottando comportamenti che, alla distanza, si dimostrano fallaci.
Queste le convinzioni che hanno sempre animato il mio vissuto professionale e che, dopo il mio insediamento, ho cercato di infondere nei miei militari, nel corso delle visite effettuate ai reparti in questi mesi.
La mia presenza, al cospetto di un consesso così autorevole, vuole testimoniare e garantire l'impegno della Guardia di finanza a proseguire in un cammino non facile, con la consapevolezza di poter fare affidamento non soltanto sul profondo senso istituzionale, sulla bravura e sulla professionalità di tutti gli appartenenti al Corpo, ma anche e soprattutto sulla fiducia e sul sostegno del Governo e dell'intero Parlamento.
Vi ringrazio dell'attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il Comandante generale della Guardia di finanza.
Credo che in questa Commissione vi sia un comune sentimento di condivisione e di sostegno nei confronti dell'attività della Guardia di finanza e dell'opera meritoria che essa svolge in molteplici settori.
Sono molti i deputati che mi hanno segnalato di voler intervenire. Per creare una maggiore fluidità nello svolgimento degli interventi, suggerirei che i rappresentanti della maggioranza e quelli dell'opposizione si alternassero.
Do quindi loro la parola.

MAURIZIO LEO. Nel confermare quanto ha poc'anzi affermato il presidente, credo che sia innanzitutto dovuto, da parte di tutti noi, un sentito ringraziamento al Corpo della Guardia di finanza e al Comandante generale per le informazioni che ci hanno fornito.
Dai documenti che sono stati consegnati apprendiamo che la lotta all'evasione sta procedendo in maniera efficace.
Penso che un ringraziamento sia da noi dovuto anche come legislatori, poiché possiamo sostenere, senza nutrire alcun dubbio al riguardo, che i provvedimenti legislativi approvati nel corso di questa legislatura


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hanno preso spunto anche dall'attività operativa svolta dalla Guardia di finanza.
Abbiamo potuto riscontrare, ad esempio, che i predetti interventi normativi sono stati imperniati non tanto sulla rivisitazione delle basi imponibili - quindi, su misure volte ad accrescere il gettito, correggendo i componenti positivi o negativi di reddito ovvero le operazioni imponibili IVA - quanto sulle attività di accertamento.
Come lei ha ricordato, Comandante Di Paolo, è stata svolta un'azione seria, finalizzata a correggere alcune tra le maggiori criticità riscontrate nel settore dell'accertamento (penso alle imprese «apri e chiudi» e a quelle in perdita sistemica).
Di tutto ciò, naturalmente, vi è traccia nel decreto-legge n. 78 del 2010, ma anche nella legge di stabilità recentemente approvata, la quale reca disposizioni mirate a intensificare l'azione di accertamento, al fine di conseguire risultati significativi sul versante del gettito.
Non possiamo sottacere che la sinergia tra Guardia di finanza e Agenzia delle entrate ha prodotto, nel 2010, un gettito di circa 10 miliardi di euro e che, per il 2011, appare fondatamente preventivabile, alla luce delle azioni che si intende intraprendere, un ulteriore gettito di circa 20 miliardi di euro.
Vorrei brevemente soffermarmi su un dato.
Dalla relazione si evince che gran parte dell'attività del Corpo potrà essere concentrata sul versante dell'evasione fiscale internazionale, anche grazie alle norme che sono state approvate (penso al transfer pricing e ad altre disposizioni riguardanti i gruppi societari e le esterovestizioni).
Mi ha colpito soprattutto la parte del documento che attiene alle frodi carosello, cui è riconducibile, nel 2010, un'IVA evasa pari a circa 2,8 miliardi di euro, e noto con piacere che la Guardia di finanza intende intensificare le verifiche e le indagini avviate in tale ambito.
Alcuni problemi sono stati risolti dall'articolo 27 del decreto-legge n. 78 del 2010, il quale ha disposto, modificando l'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, che i richiedenti la partita IVA e i titolari della stessa sono tenuti a esprimere, rispettivamente, nella dichiarazione di inizio attività o in apposita istanza, l'eventuale volontà di porre in essere operazioni intracomunitarie, ai fini dell'inclusione nell'archivio informatico dei soggetti a ciò autorizzati (VIES). Tuttavia, un aspetto delicato riguarda il fatto che il sistema VIES potrebbe non impedire le frodi in uscita, realizzate attraverso triangolazioni con operatori di Stati membri che non hanno adottato l'archivio informatico.
Per quanto riguarda le frodi carosello, desidererei sapere quale rapporto vi sia tra questo tipo di evasione e l'evasione totale stimata a livello nazionale, al fine di determinare l'impatto che il relativo recupero di gettito può avere per le casse erariali. Peraltro, cogliere in maniera più precisa l'entità del fenomeno significa anche riuscire a dare il dovuto risalto alle attività che la Guardia di finanza sta portando avanti con impegno e scrupolo notevoli.
Vi rivolgo ancora un ringraziamento per il lavoro che svolgete.

MAURIZIO FUGATTI. Anche il gruppo della Lega rivolge un ringraziamento al Comandante generale per la sua partecipazione all'audizione odierna.
Alcune misure introdotte con i provvedimenti più recenti - in parte già in vigore - vanno nella direzione di un maggiore contrasto all'evasione. Penso alle norme in tema di compensazioni e di elenco dei clienti e dei fornitori, che andranno a regime nei prossimi mesi. Tuttavia, in questo momento, le piccole e medie imprese commerciali, e le attività artigianali, sono alle prese con le difficoltà causate dalla crisi economica.
Ciò premesso, mi interessa sapere se nello svolgimento della vostra attività teniate conto, in qualche modo, delle difficoltà attuali, nonché dell'incidenza che le recenti modifiche normative avranno sulle predette attività, le quali già stentano per altre ragioni.


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Formulo, poi, una domanda di interesse prettamente locale, relativa ai controlli della Guardia di finanza in provincia di Trento.
Mi scuso, ma devo assentarmi, perché devo svolgere un intervento in Assemblea. Grazie.

VINCENZO ANTONIO FONTANA. Comandante Di Paolo, innanzitutto, mi associo alle congratulazioni espresse dai colleghi per la sua lucidissima ed esaustiva esposizione.
Nonostante i risultati conseguiti sul fronte del contrasto all'evasione, caratterizzati da un trend in costante crescita, i dati statistici indicano che il predetto fenomeno assume tuttora proporzioni enormi.
Quali sono le sue valutazioni al riguardo e quali suggerimenti ritiene di poter formulare al Governo e al Parlamento per attivare strategie che possano risultare ancora più efficaci dei sistemi finora adottati?

FRANCESCO BARBATO. Ringrazio, a nome mio e di tutto il gruppo parlamentare Italia dei Valori, il Comandante generale Di Paolo, i generali Buratti, Carrarini e Screpanti, il colonnello Sebaste e il maggiore Pizzi.
Vi ho volutamente nominati tutti perché siete una squadra, concetto che mi fa piacere poter richiamare anche in questa circostanza. Vi ringrazio quindi ulteriormente: perché fate squadra, e anche perché, tutti insieme - la Guardia di finanza e il Parlamento, il più alto consesso della Repubblica -, possiamo lavorare nella stessa direzione.
Naturalmente, è importante rimarcare che la Guardia di finanza deve tutelare gelosamente la diversità di ruolo e, soprattutto, la propria autonomia rispetto alla politica. È grazie alla Guardia di finanza, alle altre forze di polizia e alla magistratura che si sono ottenuti risultati importanti sul piano del contrasto alla criminalità organizzata. Penso, ad esempio, ai sequestri per un valore di oltre 5 miliardi di euro, cui il Comandante generale ha fatto riferimento nella relazione. Il merito di ciò è soprattutto vostro, delle altre forze di polizia e della magistratura, non tanto della politica o del Governo.
Ciò premesso, vengo alla mia prima domanda.
Nella seduta di ieri, la Commissione ha audito, nell'ambito dell'esame di un atto comunitario in materia di revisione contabile, la responsabile dell'ufficio controlli societari della Consob, con la quale abbiamo rilevato come si determini un clima di familiarità tra le imprese e i revisori contabili, atteso che questi ultimi possono rimanere in carica per nove anni: tra persone che lavorano gomito a gomito è ovvio e umano che si crei una certa confidenza. È proprio questa la ragione per la quale si ritiene che un compito di vigilanza, di controllo o di polizia non debba essere ricoperto dalla stessa persona per un periodo eccessivamente lungo. Persino i preti non possono rimanere nove anni presso la stessa parrocchia, essendo previsto anche per loro un meccanismo di rotazione!
Ebbene, se di rotazione si deve parlare, quando si sono verificati alcuni arresti, e rappresentanti della Guardia di finanza sono stati coinvolti in vicende penali che hanno rischiato di gettare discredito sull'intera istituzione, la quale tanto si adopera, come sappiamo, per contrastare ogni forma di criminalità, sono state adottate misure adeguate, quali quelle previste dalle norme in materia di disciplina degli appartenenti al Corpo e dal codice deontologico interno, o vi è la necessità di adottarne altre? Se non erro, è possibile disporre il trasferimento, senza costi a carico dell'amministrazione, degli ufficiali che si rendono responsabili di illeciti. Le domando, Comandante generale, se la scarsa mobilità del personale, che può prestare servizio presso una compagnia o un gruppo per un'intera vita, non finisca per creare, nel contesto ambientale in cui i singoli reparti operano, una familiarità tale da incidere sul corretto svolgimento di funzioni così delicate.
Desidero rivolgerle, inoltre, una domanda che ho avuto modo di porre anche


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al suo predecessore, lo scorso anno. Premesso che in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando non si può affrontare il discorso relativo alla sufficienza delle forze in campo, rispetto alle vostre due priorità, costituite dal contrasto all'evasione e alla criminalità organizzata, se doveste stabilire una priorità, preferireste impegnare il grosso delle risorse sul primo ovvero sul secondo fronte?
Come sappiamo, la criminalità organizzata non stringe più nella sua morsa, di tipo quasi militare, soltanto le note regioni del Sud, ma è, forse, più presente a Milano, in Lombardia e anche altrove, al Nord, in quanto, diffondendosi sull'intero territorio, riesce a mimetizzare meglio le proprie operazioni illecite e a funzionare, per così dire, più efficacemente. Mi riferisco, ovviamente, alla mafia, alla 'ndrangheta, alla camorra e alla Sacra corona unita.
Anche a tale proposito si ripropone il ragionamento della familiarità. Le sembra possibile, Comandante generale, che possa ben operare un maresciallo o un finanziere il quale ha l'abitazione di fronte a quella di un boss, figli che vanno a scuola con i figli del boss e della borghesia - commercialisti, fiscalisti, avvocati, medici - che intrattiene rapporti di vario tipo con la criminalità organizzata? In Campania funziona così: la camorra non riguarda soltanto i camorristi, ma trae origine e sostentamento da un humus di cui fanno parte, come lei ricordava, anche fattori culturali.
Ci dica, Comandante generale, se i problemi operativi possono essere risolti agendo dall'interno, ad esempio modificando i vostri regolamenti, ovvero se occorra intervenire a livello legislativo.
In occasione dello svolgimento della nostra attività ispettiva e conoscitiva relativa al settore dei giochi, abbiamo appreso che una procura della Corte dei conti ha tributato un esplicito riconoscimento a un vostro reparto specializzato, il Gruppo antifrodi telematiche (GAT). Inoltre, sappiamo che, anche a livello internazionale, non sono mancati i riconoscimenti ai militari del Corpo, la cui opera specialistica è molto apprezzata.
Ebbene, non vorrei che, anche in questo caso, lo Stato fosse forte con i deboli e debole con i forti. Per essere più chiaro, non vorrei che nei confronti di chi ha difeso bene gli interessi dello Stato, come il GAT, si adottassero misure punitive, le quali dovrebbero riguardare, invece, quegli uffici finanziari che non sono stati capaci di rappresentare il Paese con analogo spirito di fedeltà.
Infine, per quanto riguarda l'attività di contrasto alla criminalità, attualmente dedita a forme sempre più sofisticate di criminalità finanziaria (penso anche alle frodi assicurative e IVA, consumate soprattutto su scala internazionale), la Guardia di finanza, per monitorare la criminalità finanziaria internazionale, si avvale di collegamenti diretti o deve agire per il tramite del Ministero dell'interno, ad esempio tramite il SIS (Schengen Information System)?

AMATO BERARDI. Comandante generale, innanzitutto, ringrazio la Guardia di finanza per il lavoro che ha svolto e che continuerà a svolgere in futuro per contrastare l'evasione fiscale anche internazionale. Le porgo, quindi, i miei complimenti e rivolgo un saluto, per il suo tramite, a tutta la squadra della Guardia di finanza e alle vostre famiglie.

ALBERTO FLUVI. Mi complimento anch'io, Comandante generale, e la ringrazio per l'esposizione e per i documenti che ha voluto gentilmente consegnarci, i quali saranno sicuramente di ausilio al lavoro della Commissione nei prossimi mesi.
Non v'è dubbio che il contrasto all'evasione e alle frodi sia uno dei compiti più importanti cui tutti siamo chiamati: la Guardia di finanza, gli altri organi dello Stato e, da ultimo, ma certamente non per importanza, il Parlamento, al quale spetterà di affinare, sul piano legislativo, i necessari strumenti operativi.
Mi soffermerò su pochissime questioni, anche perché molte sono state già affrontate dai colleghi.


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Come ha affermato nella relazione, per combattere in maniera sempre più efficace l'evasione fiscale, in tutte le sue manifestazioni, è importante cogliere dalle operazioni di contrasto tutte le informazioni utili per costruire nel Paese - promuovendo l'educazione alla difesa del bene comune - quei presidi, anche civici e culturali, che possano aiutare a combattere l'illegalità.
Nella prima parte della relazione, Comandante generale, ha fatto riferimento ad alcuni dati numerici: 5,5 milioni circa di partite IVA, fra imprese e lavoratori autonomi, 31.000 verifiche a società, imprese e lavoratori autonomi e 822.000 controlli pianificati annuali, riguardanti singoli atti di gestione.
Nonostante gli sforzi enormi dei militari del Corpo, si comprende bene quanto sia sconfinata la platea dei soggetti e delle operazioni da controllare e, rispetto ad essa - mi sia consentito rilevarlo -, quanto sia esiguo il numero dei controlli che siamo oggettivamente in grado di effettuare. Proprio per questa ragione, occorre assolutamente costruire presidi che consentano di ridurre la mole di evasione fiscale.
Credo che l'IVA sia l'imposta più evasa in assoluto. A tale proposito, non so se siano stati già ufficializzati i risultati, molto positivi, che sono stati conseguiti sul fronte delle compensazioni IVA, grazie a una norma che, pur avendo creato, forse, alcuni problemi al sistema delle imprese, e soprattutto ai contribuenti onesti, è riuscita a evitare, con qualche piccolo accorgimento, circa 5 miliardi di euro di false compensazioni.
Per le frodi carosello e per le evasioni IVA, quali possono essere gli strumenti in grado di anticipare gli accertamenti, le azioni di contrasto e i controlli?
Faccio riferimento a due interventi che giudico positivamente: l'introduzione, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi relativamente alle quali siano dovuti corrispettivi pari o superiori a 3.000 euro (al netto dell'imposta), della comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini dell'IVA (l'elenco clienti e fornitori di una volta); la tracciabilità dei flussi finanziari, almeno in questa prima fase limitata ai rapporti intrattenuti con le pubbliche amministrazioni per lavori, servizi e forniture.
Queste due novità, a mio avviso, dovrebbero consentire, se non di risolvere - altrimenti, saremmo stati troppo bravi -, almeno di contrastare l'evasione con strumenti più adeguati.
Sono convinto, tuttavia, che la strada da percorrere sia quella della tracciabilità di tutti i flussi finanziari. Abbiamo cominciato dai predetti rapporti con le pubbliche amministrazioni, ma credo che, dopo un periodo di sperimentazione, potremo porci l'obiettivo di estendere gradualmente, anche prevedendo incentivi di carattere fiscale, l'utilizzo generalizzato della cosiddetta moneta elettronica.
Sulla stessa lunghezza d'onda, per quanto riguarda, in particolare, il contrasto all'evasione fiscale internazionale, cui lei, Comandante generale, ha fatto riferimento nella relazione, mi sembrano molto interessanti, in quanto dettagliate, le informazioni contenute negli allegati.
Se analizziamo i dati contenuti nell'allegato 2, ci accorgiamo che, sommando i numeri relativi ai contribuenti nominati nelle liste Falciani, Pessina, San Marino-Forlì e Kundeliste, si arriva a un totale di circa 7.300 soggetti coinvolti: un numero non di poco conto! Probabilmente, ma le indagini dovranno confermarlo, si tratta di soggetti che hanno utilizzato il cosiddetto scudo fiscale.
Si impone, allora, una riflessione: 27.800 appuntati e finanzieri costituiscono un presidio sufficiente contro il fenomeno dell'evasione?
I personaggi nominati nelle liste non si sono certamente recati di persona in Svizzera: Tizio non è partito da una città italiana con i suoi soldi in una valigetta, ma li avrà consegnati a uno spallone (di vecchio o di nuovo tipo), così come gli altri 7.299 soggetti.
Poiché sono convinto che non risolveremo il problema con le verifiche (queste sono necessarie, ma è molto più importante la prevenzione), una volta ripulito il


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campo - diciamo così - con lo scudo fiscale, quali presidi potrebbero aiutare a non perseverare nella tentazione di esportare capitali all'estero?

PRESIDENTE. La domanda posta dall'onorevole Fluvi, molto stimolante, mi fa ricordare una notizia che ho appreso alcuni giorni fa, ossia che né la Guardia di finanza, né l'Agenzia delle entrate sanno quanti pagamenti vengano effettuati dalle pubbliche amministrazioni, né controllano se le dichiarazioni siano congrue rispetto agli incassi realizzati.
Credo che questo tema sarà affrontato a breve.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Anch'io mi associo ai ringraziamenti rivolti al Comandante generale, il quale ha svolto un'ottima relazione, e al suo staff.
Desidero sottoporle due questioni, generale Di Paolo.
In primo luogo, si leggono talvolta sulla stampa, e l'hanno affermato anche taluni deputati dell'opposizione, che nella corrente legislatura si sarebbe verificata una flessione nell'azione di contrasto all'evasione. Sulla base degli elementi di cui dispone la Guardia di finanza, si tratta di tesi fornite di fondamento?
La mia seconda domanda prende spunto dai dati secondo i quali in alcune regioni c'è una percentuale di evasione del 10-15 per cento, in altre del 60-70 per cento. Ha suggerimenti da formulare, Comandante generale, in merito alle iniziative legislative da adottare per ridurre livelli di evasione così elevati?

IVANO STRIZZOLO. Anch'io mi associo alle espressioni di apprezzamento per la relazione svolta e per l'attività che il Comandante generale sta sviluppando con la collaborazione della sua «squadra».
Mi limiterò a svolgere poche brevi considerazioni e a porre una domanda specifica, in maniera altrettanto stringata.
Ho potuto constatare, partecipando ai lavori del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia d'immigrazione, la grande professionalità, nonché il profilo umanitario degli interventi che i reparti della Guardia di finanza deputati al controllo dell'immigrazione hanno effettuato, e stanno ancora effettuando, nello spazio marino antistante le nostre coste.
Per quanto riguarda, invece, il contrasto al traffico di stupefacenti, soprattutto a quello attuato via mare, sono adeguati i mezzi, le attrezzature e gli uomini di cui disponete per combattere tale attività criminosa, la quale, purtroppo, almeno stando a quanto si dice, si è notevolmente incrementata negli ultimi tempi, soprattutto sulle coste dell'Italia meridionale?
Ovviamente, per quanto riguarda la nostra attività di legislatori, sono graditi suggerimenti e indicazioni volti a migliorare la normativa in materia di contrasto all'evasione nel suo complesso: li accoglieremmo con grande attenzione, soprattutto perché ci rendiamo conto che gli interventi attuati in questi ultimi tempi ci stanno, per così dire, rimettendo in carreggiata. L'azione di contrasto all'evasione, che il precedente Governo Prodi aveva impostato su basi più rigorose, era stata attenuata da alcune misure improvvide; tuttavia, nell'ultimo periodo, abbiamo assistito a una sorta di ravvedimento operoso del legislatore, il quale ha reintrodotto alcuni strumenti antievasione di cui era già stata sperimentata l'efficacia.

PRESIDENTE. Onorevole Strizzolo, lei ha assunto il ruolo che nella pallavolo spetta all'alzatore: se chiede alla Guardia di finanza se abbia bisogno di risorse, la risposta sarà senz'altro affermativa.

ALESSANDRO PAGANO. Associandomi al plauso espresso dall'intera Commissione, tengo a dire che ho provato anche un sentimento di orgoglio nel constatare quali rilevanti risultati la Guardia di finanza abbia saputo conseguire.
Comandante generale, desidero porle una domanda, che necessita, tuttavia, di una premessa.
Ho notato con grande piacere che il Corpo ha svolto, nel 2010, un'attività di


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contrasto alle truffe ai danni del sistema sanitario, alle quali si dovranno interessare sempre di più, a diversi livelli, non soltanto la Guardia di finanza, ma tutti coloro che amano questo Paese.
Poiché la spesa sanitaria, come sappiamo, rappresenta circa il 50 per cento del budget di una regione (e, in talune regioni, anche di più), è intuitivo come in un settore all'interno del quale circola una tale quantità di denaro possano albergare forme non soltanto di illegalità, ma anche di spreco, che comunque siete chiamati a combattere, derivandone un aggravio per i conti dello Stato. Di questi ultimi fenomeni si occupano, sotto il profilo della responsabilità per danno erariale, le procure regionali della Corte dei conti, con le quali la Guardia di finanza collabora, com'è detto nella relazione, in maniera molto stretta.
Rimanendo nell'ambito della premessa, mi ha fatto piacere constatare l'importante attività investigativa svolta dal Corpo, nell'ambito del sistema di prevenzione antiriciclaggio, soprattutto nei confronti di etnie che stanno acquisendo - ahinoi - un ruolo sempre più rilevante nel campo delle attività illegali, come testimoniato dall'individuazione di operazioni di riciclaggio per circa 46 milioni di euro nella sola operazione condotta a Firenze e Prato.
A questo proposito, Comandante generale, ho presentato alla Camera una proposta di legge, sottoscritta da quasi 200 deputati di molti gruppi, volta ad introdurre il divieto di produzione, importazione e commercio di merci realizzate mediante l'impiego di manodopera forzata e in schiavitù, realtà che riguarda alcuni ambiti specifici, in particolare collegati alla criminalità organizzata.
Trattando questo tema, non possiamo sottacere che la gente prova una sorta di fastidio - penso che a voi sia noto - nel vedere svolta una doverosa attività di verifica nei confronti delle imprese italiane, mentre le imprese riconducibili alle anzidette etnie riescono ad approfittare di una certa disattenzione, se così si può dire, nonostante le loro attività, come si dice nella relazione, siano quasi sempre connesse con l'evasione fiscale e contributiva (e speriamo si limitino soltanto a questo...).
La proposta di legge che ho appena citato comprende un'ampia relazione - che mi permetto umilmente di invitarvi a leggere - nella quale sono indicate altre forme di illegalità, ben più gravi e deprecabili.
Tutto ciò premesso, vengo alla domanda, la quale trae spunto dai risultati straordinari conseguiti dalla Guardia di finanza.
Anche il Governatore della Banca d'Italia ha evidenziato la stretta connessione tra densità della criminalità organizzata e livello di sviluppo, rilevando come nelle tre regioni del Mezzogiorno in cui si concentra il 75 per cento del crimine organizzato il valore aggiunto pro capite del settore privato sia pari al 45 per cento di quello del Centro-Nord.
Il collega Barbato ha posto l'accento sul problema delle frodi assicurative, oggetto di alcune proposte di legge che la Commissione sta esaminando in sede referente. In tale settore, infatti, l'attività di controllo e contrasto è, a causa di una legislazione non adeguata, molto larvata.
Analizzando le statistiche, abbiamo notato che, in alcune regioni - non mi riferisco a quelle in cui l'incidenza del fenomeno è generalmente più alta -, soltanto alcune aree o città sono caratterizzate da un'elevata percentuale di frodi assicurative. Forse, sulla base di tali statistiche, al di là e indipendentemente dal fatto che il Parlamento sta cercando di trovare soluzioni idonee, si potrebbe avviare un'attività di controllo specifica, finalizzata anche a individuare professionisti conniventi, testimoni falsi e altri fenomeni di malcostume.
In generale, sarei curioso di sapere quali azioni stia portando avanti la Guardia di finanza a livello di macrosistema.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Anch'io mi complimento, Comandante generale, per l'ampia ed esaustiva relazione, che costituirà sicuramente un ottimo ausilio per il nostro lavoro.


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Svolgerò una brevissima considerazione generale.
In passato, quando l'economia tirava, esisteva un'evasione che potremmo definire «egoistica», in quanto la situazione economica era favorevole, e gli affari, anche per le piccole imprese, andavano bene. Oggi, però, in questi anni di grave crisi economica, esiste un'evasione che, per alcune piccole imprese, è inutile nascondercelo, diventa quasi una necessità.
Anziché assumere atteggiamenti e toni improntati a un cieco rigore, dovremmo onestamente riconoscere che c'è evasione ed evasione: quella delle piccole imprese diventa, in taluni casi, pressoché necessaria, in quanto posta in essere per evitare la chiusura delle attività.
Ho l'impressione che, spesso, l'azione della Guardia di finanza, dell'Agenzia delle entrate e degli uffici tributari in genere sia condizionata dal raggiungimento degli obiettivi indicati nelle direttive ministeriali (l'argomento è stato oggetto di riflessione durante un recente convegno, promosso e organizzato dalla Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria). In particolare, il raggiungimento degli obiettivi induce l'Agenzia - a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina... - a intensificare l'attività di controllo nell'ultima parte dell'anno, indirizzandola, naturalmente, verso i soggetti di minori dimensioni, più facilmente verificabili rispetto ai grossi gruppi societari.
Ciò mi ispira una considerazione che sottopongo anche alla sua attenzione, Comandante generale. A mio avviso, dovremmo tentare, noi in quanto legislatori, voi in quanto Corpo posto a presidio dell'osservanza delle leggi in materia economico-finanziaria, di concentrare attenzione e risorse nell'attività di prevenzione e repressione della vera evasione, delle frodi, del riciclaggio e degli altri fenomeni più gravi.
A proposito del riciclaggio, la disposizione che pone a carico dei professionisti gli obblighi di identificazione, conservazione e segnalazione di operazioni sospette è una vera e propria spada di Damocle sulla loro testa. Si pensi, ad esempio, allo studio di un commercialista, che cura gli adempimenti contabili di 200 o 300 aziende: a chi provvede alla predisposizione della prima nota può ben capitare che sfugga, in perfetta buona fede, un'operazione di 50.000 o 60.000 euro!
Anche a rischio di andare un po' controcorrente rispetto all'intervento del mio capogruppo, ritengo che, in alcuni settori, dovremmo veramente cercare di snellire obblighi e conseguenti controlli, concentrandoci maggiormente sulle questioni più gravi, quali l'evasione che ho definito «egoistica» e l'infiltrazione della criminalità nell'economia e nella finanza.
Lei, generale Di Paolo, ha fatto riferimento alla collaborazione della Guardia di finanza con gli enti locali, che potrebbero svolgere un ruolo ancora più importante nel contrasto all'evasione. Tuttavia, nell'ottica della definizione dei decreti di attuazione del federalismo fiscale, proprio in questi giorni all'esame della Commissione parlamentare appositamente istituita, ritengo che gli enti locali non siano posti nella condizione di cooperare in maniera più fattiva al recupero dell'evasione. L'opinione che ho espresso non è dettata dalla mia appartenenza a una determinata parte politica, ma deriva dalla mia concreta esperienza operativa.
Oggi, gli enti locali sono in difficoltà nel fornire i normali servizi ai cittadini: come possono svolgere un'azione importante sul piano del recupero dell'evasione, quando anche il personale della Guardia di finanza e dell'Agenzia delle entrate, che dispone delle necessarie conoscenze tecniche e specialistiche, fa fatica a scovare gli evasori? In realtà, gli enti locali possono fare segnalazioni generiche, che burocratizzano e appesantiscono ulteriormente l'accertamento.

PRESIDENTE. L'intervento dell'onorevole Fogliardi mi offre l'occasione per domandarle, generale Di Paolo, come si può collocare l'azione della Guardia di finanza in uno scenario federalista.

COSIMO VENTUCCI. Esprimo anch'io un apprezzamento per il lavoro svolto


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dalla Guardia di finanza, auspicando che mai ad alcuno venga in mente - eppure è stato proposto in passato - di togliere le «stellette» dal bavero dell'uniforme degli appartenenti al Corpo.
Come lei ha ricordato, Comandante generale, la Guardia di finanza è impegnata in missioni complesse, in un mondo fortemente globalizzato e caratterizzato da grandi tensioni, anche nei rapporti intergovernativi.
L'azione che il Corpo svolge spazia dal contrasto alla criminalità economico-finanziaria a quello all'evasione connessa alla cosiddetta arte di arrangiarsi. Oggi, peraltro, anche quest'ultima presenta connotazioni diverse rispetto al passato: da un lato, non riguarda più soltanto i contribuenti e gli operatori economici nostrani, ma è internazionalizzata; dall'altro, è interpretata con lucidità, traducendosi in schemi e comportamenti operativi che si radicano a tal punto nella mentalità comune da caratterizzare il sistema Paese.
La sua presenza, Comandante generale, mi impone di fare un riferimento esplicito alla mia esperienza di presidente della Federazione nazionale degli spedizionieri doganali.
Come sa bene, i depositi fiscali ai fini IVA consentono di custodire e di sottoporre a lavorazione, senza il pagamento dell'IVA, beni nazionali e comunitari provenienti da Paesi membri ovvero importati da Paesi terzi e immessi in libera pratica presso una dogana italiana (ovviamente, assolvendo i soli dazi doganali, e non anche l'imposta sul valore aggiunto); il pagamento dell'IVA è dovuto all'atto dell'estrazione delle merci dal deposito, ai fini della loro utilizzazione o in esecuzione di atti di commercializzazione nello Stato, ed avviene attraverso il meccanismo dell'inversione contabile (reverse charge).
Premesso che io e l'onorevole Leo abbiamo avuto modo di sottoporre la questione anche al direttore generale delle finanze, dottoressa Lapecorella (la quale non ha le «stellette»), le chiedo, Comandante generale, come si spieghi l'orientamento assunto in merito dall'Amministrazione finanziaria, la quale ritiene che l'inapplicabilità dell'IVA presupponga la materiale introduzione dei beni nel deposito, non essendo più sufficiente la mera «presa in carico» documentale, mediante annotazione nel registro di cui al comma 3 dell'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993.
La Guardia di finanza svolge un'attività senza dubbio meritoria, ma il predetto orientamento dell'Amministrazione finanziaria, che non tiene nel debito conto le opposte indicazioni che si traggono dall'articolo 16, comma 5-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008, fa sì che una parte dei traffici sia instradata in altri Stati membri dell'Unione europea, con perdite di entrate fiscali e di tasse portuali, oltre che di opportunità per gli operatori economici nazionali, con ripercussioni anche sui livelli occupazionali nel settore della logistica.
I nostri operatori dimostrano una grande efficienza, ma poi si scontrano con i problemi creati da simili forme di leggerezza.
Naturalmente, tutto ciò non attiene alla serietà con la quale operano i circa 68.000 appartenenti alla Guardia di finanza. Portando le «stellette», essi hanno uno status più gravoso rispetto agli altri servitori dello Stato e compiono il loro lavoro con molta abnegazione, rischiando anche la vita.
Infine, Comandante generale, le chiedo quali rapporti vi siano tra la Guardia di finanza e gli analoghi Corpi degli altri Paesi dell'Unione europea che svolgono la propria attività nel campo delle cessioni intracomunitarie, la cui importanza non è di certo minimale, ove si consideri che alle stesse sono connesse le frodi carosello e la «polpa» dell'evasione non soltanto locale.

PRESIDENTE. Comandante generale, poiché è stato affrontato il tema della cooperazione tra Guardia di finanza ed enti locali, la sanità calabrese come sta andando?
Do la parola al nostro ospite per la replica.

NINO DI PAOLO, Comandante generale della Guardia di finanza. Signor presidente,


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l'attività di indagine è portata avanti da tutti i reparti della Guardia di finanza della Calabria.
Lo scopo della missione che il Corpo sta svolgendo è quello di aiutare a ricostruire, nel più breve tempo possibile, il senso di una ordinata contabilità. A tal fine, collaboriamo con il subcommissario nominato dal Consiglio dei ministri, nell'ambito dell'attuazione del Piano di rientro dei disavanzi del settore sanitario della Regione Calabria, affinché tale regione possa ricostruire un impianto che lasciava molto a desiderare proprio sotto il profilo contabile. Per dare la misura della gravità della situazione in cui si trovavano i conti della sanità calabra, il Ministro aveva parlato, alla fine di luglio dello scorso anno, di una «contabilità omerica, di tipo narrativo».
Noi stiamo svolgendo un lavoro prezioso e molto apprezzato (espletiamo anche un'attività di tipo addestrativo, mediante corsi specifici e affiancamenti agli apparati locali). Se saranno necessarie ulteriori proroghe - la scadenza originaria è già stata prorogata al prossimo 30 aprile - continueremo a dare ben volentieri il nostro contributo alla ricostruzione della contabilità relativa alla spesa sanitaria della Regione Calabria.
Passando alle domande poste dall'onorevole Leo, la risposta è nei dati. Le frodi carosello restano un problema grave. Dei 12,3 miliardi di euro di IVA evasa complessivamente nell'ultimo triennio, ben 5,5 miliardi derivano dalle frodi carosello accertate. L'ammontare dà la misura della pericolosità di tale pratica illecita.
Al di là dell'impegno sul piano repressivo, è importante anche una risposta politica a livello europeo, dal momento che il fenomeno è strettamente connesso alla transitorietà del regime: quando sarà superato il regime transitorio, diminuiranno drasticamente le frodi carosello.
Il tempo non gioca a favore della diminuzione delle frodi, perché ai beni (ad esempio, alle auto) si sono aggiunti i servizi: vi lascio immaginare quanto siano complesse le indagini per provare una frode carosello avente ad oggetto servizi, i quali viaggiano sulla rete e sono privi di fisicità.
A proposito dell'inchiesta Fastweb e Telecom Sparkle, particolarmente rilevante è lo sforzo che la polizia valutaria ha dovuto compiere. Bisogna affrontare il problema a monte, perché la percentuale di incidenza del fenomeno è straordinariamente elevata: siamo al 45-50 per cento dell'intera evasione IVA.
Il riferimento all'operazione Titano aveva una funzione simbolica. Anche a livello provinciale e periferico - stiamo parlando di Casalpusterlengo, di Avellino, di Ancona e di altri comuni -, le frodi carosello sono piuttosto rilevanti: se tre soli filoni investigativi, con valenza localistica, hanno permesso di accertare un'evasione pari a 1,2 miliardi di euro su 2,7, vuol dire che il dato è molto significativo. Questi esempi dimostrano che il problema non soltanto esiste, ma è anche molto rilevante.
Sul piano dell'individuazione degli ingredienti necessari, non posso che rinviare a quanto ho già detto. L'impegno esiste e ha prodotto risultati concreti. Peraltro, allo svolgimento dell'attività di cui stiamo discorrendo facciamo fronte con le risorse di cui disponiamo per contrastare, in ambito internazionale, ogni forma di violazione della normativa in materia economica e finanziaria. Anche nella sua proiezione internazionale, la Guardia di finanza ha ben interpretato le direttive del Governo. I risultati ci sono, ma occorre fare sempre di più, anche perché la fantasia delinquenziale è costantemente alla ricerca di nuovi sistemi per frodare il fisco. L'incognita è: dopo Fastweb, cosa verrà? Non mi sembra di poter aggiungere altro su questo fronte.
Onorevole Fugatti, per quanto riguarda le distorsioni da lei segnalate in provincia di Trento - cominciamo dalla domanda alla quale è più facile rispondere -, una volta emanato l'atto di indirizzo ministeriale, il Comando generale distribuisce sul territorio i carichi corrispondenti agli obiettivi di politica fiscale vincolanti, come determinati in sede politica. Noi adottiamo


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un modello econometrico piuttosto complesso per distribuire i carichi di lavoro, tenendo conto dei pertinenti dati riferiti alle diverse realtà territoriali, tra i quali il numero di partite IVA e l'evasione fiscale constatata negli anni precedenti: in sostanza, vengono in considerazione tutte le variabili e gli ingredienti informativi facilmente immaginabili.
Naturalmente, alla predetta distribuzione partecipano i Comandi regionali, che hanno una cognizione più precisa delle diverse realtà. I modelli econometrici generali sono sempre applicati previa integrazione con le osservazioni di dettaglio provenienti da chi opera in loco.
In particolare, nel formulare le proprie proposte, il Comando regionale del Trentino si è basato su alcuni indicatori che segnalavano una sproporzione riguardo ai contribuenti di prima fascia, con redditi fino a 5 milioni di euro, e ha conseguentemente ridotto il carico, perequandolo nella misura del 36 per cento. Ciò non significa che non eseguiamo le verifiche, ma che, utilizzando lo stesso modello, distribuiamo tra altri reparti quel carico che sembrava eccessivo e sproporzionato per una data zona.
Per quanto riguarda i rapporti tra l'attività di contrasto all'evasione e le difficoltà che stanno incontrando le piccole e medie imprese, si tratta di un tema sul quale hanno posto l'accento anche altri deputati.
In quanto Corpo di polizia economica e finanziaria, non dobbiamo ingerirci in scelte che spettano esclusivamente alla politica, ma attuare responsabilmente gli indirizzi del Ministro dell'economia e delle finanze. La risposta sta nel perfezionare gli strumenti, in modo da operare una selezione il più possibile corretta dei soggetti da controllare.
Quando si deve scegliere tra 5.000.000 di soggetti passivi IVA, al fine di effettuare 31.000 verifiche e 822.000 controlli, è chiaro che si pone il problema di come e perché scegliere di eseguire proprio quelle verifiche e quei controlli.
Il problema può essere risolto - come già avviene - aumentando la professionalità, facendo ricorso all'attività di intelligence, all'analisi di rischio, ai collegamenti con le banche dati, all'uso degli strumenti di cui il Governo e il Parlamento ci hanno dotati (tracciabilità dei flussi finanziari, imprese «apri e chiudi» e via dicendo), da mettere a regime nell'ambito di una cooperazione con l'Agenzia delle entrate e con tutti gli altri attori che fanno parte del sistema. L'aumento della professionalità, nel senso indicato, migliora l'efficacia dell'intervento e abbassa il grado di ingiustizia che può connotare l'azione di contrasto all'evasione fiscale, indirizzandola, in maniera selettiva, anche verso le imprese responsabili della cosiddetta grande evasione.
La mia responsabilità amministrativa mi impone di migliorare la mia professionalità nello svolgimento dei compiti che mi sono affidati. Metto in campo, quindi, cultura e professionalità, ma soprattutto affino la capacità di scegliere, per colpire ciò che va colpito, là dove, da un punto di vista probabilistico, si annida l'evasione.
Impostando il discorso in maniera corretta, ci si avvede che, se l'approccio professionale è quello giusto, si trova una risposta equa e soddisfacente sia per la piccola impresa, sia per la media, sia per la grande: varieranno gli ingredienti informativi utilizzati, ma non si andrà a disturbare inutilmente nessuno, purché, ovviamente, non nasconda evasione. Mi sembra che questa sia la risposta più intelligente che possiamo dare.
Su questo fronte, peraltro, sono molto ottimista, nel senso che la risposta è data dai numeri. Mi spiego meglio, cercando di rispondere a domande che sono tra loro strettamente collegate.
Mi si chiederà perché non vi sia stato un aumento numerico dei controlli.
Innanzitutto, sulla base delle scelte effettuate in sede politica, si adottano parametri commisurati a ciò che siamo e alle risorse di cui disponiamo. Considerato che il nostro organico è rimasto sostanzialmente stabile, è obiettivamente impensabile che io possa moltiplicare ad libitum il numero delle verifiche e dei controlli: il


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loro numero è, ormai, l'espressione consolidata di una determinata capacità, in termini di risorse umane e tecniche.
D'altro canto, i dati di cui disponiamo riflettono risultati oggettivamente in crescita: abbiamo constatato ricavi o compensi non dichiarati e costi non deducibili pari, nel 2009, a 33 miliardi di euro e, nel 2010, a 49 miliardi, nonché IVA dovuta o non versata pari, nel 2009, a 6 miliardi di euro e, nel 2010, a 6,5 miliardi di euro.
Rispondo così, implicitamente, anche a chi immagina che l'attività di contrasto all'evasione sia stata ridimensionata: i dati esposti mostrano esattamente il contrario. Sono disponibili ulteriori dati per fare un raffronto con i risultati relativi ai periodi di imposta 2007 e 2008. Leggendoli, vi accorgerete come anch'essi confermino, al di là delle valutazioni politiche, una costante crescita dei risultati relativi al contrasto all'evasione.
Se, a parità di controlli, i dati sono in crescita, vuol dire che sono aumentati non soltanto il nostro impegno nel combattere l'evasione, ma anche la qualità degli interventi posti in essere. Non svolgerei ulteriori valutazioni al riguardo. Avendovi fornito la giusta chiave di lettura, non mi rimane che invitarvi a leggere attentamente i documenti consegnati.
Poiché un riferimento esclusivo alla nuova base imponibile constatata può sembrare riduttivo, voglio parlare anche di accertato e di riscosso, perché, in fondo, ciò che conta è quello che lo Stato incassa (il che fa giustizia anche di vecchie querelle). Devo premettere che impartisco direttive molto severe ai miei collaboratori, il cui operato sottopongo a un controllo altrettanto rigoroso. Non è più tempo, infatti, di enfatizzare i dati: dal momento che conta il risultato finale, ciò che arriva nelle casse, va sempre più compressa la distanza tra il constatato, l'accertato e il riscosso.
Anche sotto questo profilo, che coinvolge l'Agenzia delle entrate, i risultati sono confortanti: il dato relativo alle maggiori imposte accertate dall'intera amministrazione finanziaria nel 2009 supera del 30 per cento quello del periodo di imposta precedente: non è un risultato di poco conto. Inoltre, i 9 miliardi di euro riscossi in più rappresentano un incremento del 32 per cento. Sono dati da cui ciascuno può trarre le proprie riflessioni, e sui quali è possibile instaurare dibattiti corretti.
Attiene al tema in discussione la domanda relativa alla nostra collaborazione con gli enti locali e al modo in cui questi potrebbero contribuire a contrastare l'evasione fiscale.
Anche in questo caso occorre un approccio corretto. Parlerò non di ciò che dovrà avvenire a seguito della completa attuazione del federalismo, ma dell'esperienza vissuta come ufficiale che ha effettuato verifiche e che ha già materialmente dato corpo alla collaborazione con i comuni.
È vero che comuni, province e regioni non hanno strumenti investigativi, in funzione dei compiti affidati. Tuttavia, gli enti locali sono depositari di informazioni e di dati che soltanto essi possiedono. Non è compito loro valorizzarli all'interno di un contesto investigativo complesso, ma per noi quei dati e quelle informazioni sono preziosissimi.
Faccio un esempio banale: se in alcune realtà universitarie come Siena, Firenze, Bologna e altre c'è un problema di affitti in nero, noi lo affrontiamo con un approccio generico di investigazione, utilizzando gli strumenti di cui disponiamo. Gli uffici tecnici comunali, che rilasciano i permessi di costruire e valutano le dichiarazioni di inizio attività, hanno una mappatura di dettaglio dell'intero aggregato urbano. Ebbene, ci vuole poco a capire come sia facile, avvicinando questi due mondi, trarne conseguenze sistemiche molto rilevanti.
Come si concilia l'interesse politico-amministrativo locale con attività a carattere repressivo? Nel momento in cui tale attività determinerà benefici per i cittadini, anche questi si orienteranno in senso favorevole al processo di integrazione tra i nostri strumenti investigativi e le informazioni detenute ad altri fini dai comuni. Se è vero che l'evasione è un fenomeno complesso, la partecipazione e l'integrazione


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di più componenti, anche di quelle estranee all'ambito degli addetti ai lavori, è sicuramente uno dei modi per incidere maggiormente sul fenomeno dell'evasione fiscale. È bene, quindi, che tale via venga intrapresa. Strada facendo, si verificherà, si calibrerà, si aggiusterà, si valuterà secondo quali modalità le diverse variabili debbano dialogare tra loro, ma i benefici che la nuova impostazione produrrà, a vantaggio di tutti, saranno indubbi.
L'evasione fiscale resta, è inutile negarlo, un problema complesso. Le stime fanno riferimento a una perdita che si aggira intorno ai 100 miliardi di euro l'anno. Tuttavia, anche se il problema resta sul tappeto, in tutta la sua complessità, si vedono fortissimi segnali di cambiamento nel modo in cui si è deciso di affrontarlo, soprattutto in termini di strumentario giuridico. I sequestri per equivalente per un valore pari a 500 milioni di euro, ai quali ho fatto riferimento nella relazione, sono stati resi possibili da una norma. Non possiamo sottovalutare, quindi, l'importanza di nuovi strumenti di contrasto. Non è necessario che siano numerosi: ne bastano pochi, ma efficaci, e i risultati si vedono. Avere esteso ai reati in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto la confisca per equivalente (istituto che si applicava, prima dell'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007, ai reati di mafia e a poche altre fattispecie delittuose) ci ha consentito, in due anni e mezzo, di sequestrare 500 milioni di euro di ricchezza, di cui non sarebbe stata possibile l'apprensione senza il nuovo strumento normativo.
Anche la tracciabilità dei pagamenti ha prodotto, e continuerà a produrre, effetti misurabili. Si tratta di individuare la soglia giusta, ma il discorso è molto complesso, e sarei veramente molto superficiale se immaginassi di avere una ricetta da proporre. Stabilire di tracciare tutti i pagamenti potrebbe essere la soluzione più semplice. Tuttavia, prima di optare per una soluzione o per un'altra, occorre valutarne i costi e gli effetti. Insomma, il tema è di quelli che impongono prudenza.
Le norme esistenti che hanno già prodotto benefici - ne abbiamo parlato oggi - possono fornirci un criterio di orientamento. Se, ad esempio, la semplice estensione della confisca per equivalente ai reati tributari in materia di imposte dirette e IVA ha portato nelle casse dell'erario, in due anni e mezzo, 500 milioni di euro, vuol dire che la norma, così com'è stata congegnata, è più che sufficiente. Dal momento che i risultati dell'azione di contrasto all'evasione sono espressi in numeri, il dato sperimentale ci aiuta a capire. Per valutare, quindi, bisogna sperimentare gli effetti prodotti da un'innovazione normativa in un determinato arco temporale: si tratta di trovare il giusto equilibrio tra le maggiori entrate che essa porta nelle casse del fisco e gli ostacoli che può creare al normale svolgimento dell'attività di impresa. La misura giusta può essere individuata progressivamente, sulla base del dato sperimentale per lo meno triennale (o quinquennale, a seconda dei casi).
Oltre agli strumenti, vi sono le sinergie e il dialogo. Non entrerò nel dettaglio del lavoro che svolgiamo quotidianamente presso il Ministero, sotto l'egida del Ministro, con i responsabili dei dipartimenti, delle agenzie e degli altri enti interessati. Il colloquio fra Agenzia, INPS, Guardia di finanza ed enti locali non è soltanto di facciata, ma passa attraverso strumenti tecnici e banche dati che interagiscono tra loro. Non vi sono più steccati: io posso chiedere all'Agenzia ciò che mi serve, e ottenerlo. Ai tavoli tecnici che abbiamo attivato con i comuni abbiamo stabilito cosa è bene che arrivi alla Guardia di finanza e cosa, invece, all'Agenzia delle entrate, senza fare di tutta la massa informativa di provenienza locale un unicum inscindibile.
Cosa si può fare di più?
Ritengo che, in materia di IVA, le frodi carosello rappresentino un flagello da combattere con estremo vigore.
Anche la contraffazione è un cancro dai preoccupanti riflessi criminali e fiscali. In questo campo, l'analisi di rischio potrà giovarsi dei lavori a progetto realizzati dai


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nostri reparti speciali nelle diverse regioni. Credo sia questa la strada da seguire, anziché procedere con accertamenti a pioggia, che perseguono soltanto gli ultimi anelli della filiera del falso. Bisogna, invece, ricostruire l'intera filiera, andando dalla mafia cinese alla camorra napoletana che con la prima collabora. Gli esempi di attività di questo tipo ci sono e si sono dimostrati efficaci.
Un altro pilastro fondamentale della nostra azione dovrà tenere conto della proiezione sempre più internazionale dei fenomeni criminali e fraudolenti di natura fiscale, che impone di seguire i flussi finanziari anche all'estero. A che serve una visione regionalistica o nazionale quando la tecnologia consente alle organizzazioni criminali di agire con grande velocità, di operare a distanza ed in piazze diverse, dissimulando la titolarità effettiva dei beni e dei capitali di origine illecita? Fino a quando vi saranno «caverne» nelle quali nascondere l'evasione, la nostra sarà una vittoria di Pirro.
Poiché la criminalità economica e finanziaria assume una dimensione sempre più internazionale, diventa fondamentale, come ho affermato svolgendo la relazione, armonizzare il quadro legislativo a livello internazionale e migliorare i canali tradizionali di cooperazione.
Il fatto che l'evasione fiscale, nell'attuale fase di crisi economica, diventi una patologia perniciosa, al pari di altre come il finanziamento del terrorismo e il riciclaggio, deve indurre, a mio avviso, ad allargare i varchi della collaborazione tra i vari Paesi. Com'è possibile, ad esempio, non promuovere una più stretta collaborazione tra i Paesi europei? Parlo dell'Europa, ma credo che, ormai, si tratti di una necessità globale: gli stessi Stati Uniti, ad esempio, potrebbero aver bisogno di una maggiore collaborazione con l'Europa?
Ben vengano, allora, tutte le iniziative di cooperazione giuridica internazionale che è possibile attuare su questo fronte: si eviterà che l'esistenza di confini nazionali frustri l'attività di tanti operatori che cercano di produrre risultati con grande sacrificio.
I suggerimenti sono, dunque, i seguenti: ampliare la collaborazione internazionale; incidere sul sommerso e sulle frodi, soprattutto in materia di IVA; non considerare più l'evasione fiscale come un mondo a parte. Inoltre, un approccio non superficiale deve essere ispirato a un modello operativo che tenga conto dei molteplici e diversificati interessi sottesi agli illeciti economico-finanziari, secondo un canone metodologico valido soprattutto nel nostro Paese (si pensi alle forme di criminalità economica, mafiosa e non, che allignano in alcuni territori).
Il monitoraggio dei flussi finanziari diventa sempre più importante. Non si parte più dalle persone per arrivare ai soldi, ma si parte da questi ultimi per arrivare alle persone. I sequestri e le confische operati a livello nazionale - di cui una percentuale consistente, pari a un valore di 5,5 miliardi di euro, dovuti a operazioni della Guardia di finanza, alla quale ne rivendico con orgoglio il merito -, sono il risultato di sinergie con gli altri attori istituzionali e con le altre forze di polizia.
In materia di contrasto alla criminalità, il cosiddetto «modello Caserta» prevede la quotidiana condivisione delle informazioni, il costante coordinamento degli interventi e dell'attività investigativa, la pianificazione del controllo del territorio, l'aggressione ai patrimoni criminali e la cattura dei latitanti. Non è un caso che le indagini, prima circoscritte alla Sicilia, alla Campania, alla Calabria e alla Puglia, si siano spostate verso il Centro-Nord, dove i profitti realizzati dalla criminalità vengono investiti.
L'impegno è molto forte, e i risultati sono significativi. Operazioni come la Café de Paris partono da indagini antimafia condotte al Sud. Si è rivelata molto proficua, in particolare, la collaborazione tra i nostri reparti specialistici di livello nazionale, come il Servizio centrale d'investigazione sulla criminalità organizzata (SCICO), con la magistratura e con i Gruppi d'investigazione sulla criminalità organizzata (GICO).


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La nostra legislazione antimafia è stata ulteriormente rafforzata a seguito dell'entrata in vigore del Piano straordinario contro le mafie. La ricerca di nuove norme non deve trascurare il fatto che, quando esiste uno strumento, bisogna innanzitutto usarlo bene. Noi abbiamo strumenti a sufficienza, sia sul piano fiscale sia sul piano criminale. Si tratta, quindi, di introdurre nella normativa vigente alcuni aggiustamenti, che soltanto l'esperienza ci potrà suggerire strada facendo.

PRESIDENTE. Poiché la seduta in Assemblea è sospesa, e alla ripresa avranno luogo le dichiarazioni di voto e la votazione sulle mozioni, potremmo proseguire nell'audizione.
Per quanto riguarda, invece, i nostri lavori, la trattazione dei restanti punti all'ordine del giorno potrebbe avere luogo nella giornata di domani, anche intorno alle 10, non essendo prevista una seduta dell'Assemblea.
Se non vi sono osservazioni, darei nuovamente la parola al Comandante generale Di Paolo.

NINO DI PAOLO, Comandante generale della Guardia di finanza. L'onorevole Barbato ha sollevato problemi delicatissimi.
Cercherò di rispondere in maniera ordinata, richiamando, per maggiore chiarezza, i quesiti molto importanti da lui posti.
Quelle svolte dalla Guardia di finanza sono indubbiamente attività delicate. Ad avviso dell'onorevole Barbato, una più frequente mobilità del personale costituirebbe una garanzia di terzietà e scongiurerebbe il verificarsi di episodi disdicevoli o, addirittura, penalmente rilevanti. Credo che l'onorevole Barbato si riferisse anche, più in generale, ai riflessi negativi che la lunga permanenza degli appartenenti al Corpo in un determinato territorio può avere sull'efficienza della loro azione, che potrebbe risultare in qualche modo affievolita a causa dell'inserimento dei militari e delle loro famiglie nel tessuto sociale.
Si tratta di una considerazione di ordine generale, valida non soltanto per i militari della Guardia di finanza, ma per tutti coloro che esplicano una funzione pubblica delicata.
Come stilare una graduatoria? È difficile farlo. In base alla mia esperienza, credo che una risposta all'esigenza da lei indicata, onorevole Barbato, sia insita nel modo in cui è strutturato l'organico del Corpo e nelle norme che ne disciplinano la carriera.
In particolare, la nostra dotazione organica è ripartita nei ruoli degli ufficiali, degli ispettori, dei sovrintendenti, degli appuntati e finanzieri.
Il personale segue percorsi di formazione e di carriera diversi.
Gli ufficiali hanno interesse a ricoprire posizioni di comando e, quindi, sono soggetti a una più frequente mobilità. Ciò consente loro di accrescere la propria professionalità e di progredire nella carriera.
Le selezioni del personale non si esauriscono al termine della formazione presso l'Accademia o la Scuola ispettori e sovrintendenti, ma continuano durante tutto il corso della carriera e sono preordinate a garantire una mobilità non soltanto territoriale, ma anche da settore a settore.
La Scuola di polizia tributaria cura l'alta qualificazione dei futuri quadri dirigenti del Corpo. Gli ufficiali in possesso dei prescritti requisiti, qualora desiderino accedere al corso superiore di polizia tributaria, devono risultare vincitori di un concorso per titoli ed esami molto selettivo (si tratta di una decina di ufficiali ogni anno).
Nell'ufficiale c'è l'interesse a diversificare le proprie esperienze lavorative, prestando servizio di tipo non soltanto territoriale, ma anche di stato maggiore, perché da questo mix dipende la sua progressione di carriera. Ogni cambiamento implica una sorta di scommessa: se la si vince, si va avanti, altrimenti ci si ferma.
I meccanismi che ho sommariamente descritto garantiscono una mobilità non forzata, ma implicita nella stessa appartenenza del militare al ruolo degli ufficiali e favoriscono tanto la conoscenza del territorio quanto la terzietà, ovvero la


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mancanza di motivi di imbarazzo, per così dire, nel momento in cui si assume un comando in Piemonte, in Sardegna o in Sicilia.
A fronte di circa 3.000 ufficiali, l'organico del Corpo comprende circa 65.000 militari degli altri ruoli. Qui il discorso si complica, perché l'82 per cento di essi proviene dal Centro-Sud. La distribuzione territoriale di tale personale non ne segue la provenienza: l'80 per cento delle risorse sono assorbite dal Nord, che presenta esigenze maggiori, sul piano dei controlli economico-finanziari e fiscali, rispetto al Centro-Sud.
Partendo da questi dati, la domanda è: come conciliare questi aggregati, che non possiamo mutare noi, in quanto speculari alla realtà socio-economica del Paese?
Indubbiamente, le difficoltà sono oggettive. Comunque, abbiamo compiuto uno sforzo, nel tempo, per cercare di gestire al meglio l'apparente contraddizione tra le esigenze operative e quelle personali dei nostri militari. L'abbiamo fatto, in particolare, creando un meccanismo procedimentalizzato, che abbiamo migliorato in progress, basandoci sull'esperienza maturata anno per anno.
I trasferimenti da Nord a Sud avvengono sulla base di regole quasi concorsuali. Esiste una procedura centralizzata dei trasferimenti a domanda, che si conclude a giugno di ogni anno, volta ad assicurare al personale la possibilità di ruotare e di raggiungere le sedi desiderate. Il sistema non è rigido, ma fa salve alcune priorità e specificità personali (quali le patologie più gravi) e consente ogni anno, a giugno o a luglio, di tirare le somme e di far muovere un certo contingente di uomini secondo le diverse esigenze. Ovviamente, il meccanismo non è in grado di garantire la mobilità dell'82 per cento degli appartenenti al Corpo, ma questa è un'insufficienza strutturale alla quale non c'è rimedio.
Il problema non sta nella normativa in materia di trasferimenti, ma nel fatto che non si può muovere il 30-40 per cento di una forza di 65.000 uomini.
Perché la mobilità? Il presupposto è che il radicamento territoriale possa portare a cedimenti morali o ad altre anomalie di comportamento.
Tuttavia, essendo stato a capo del reparto del Comando generale che si occupa di personale, ho maturato la convinzione che non si debba criminalizzare a priori la permanenza nello stesso luogo: secondo me, sarebbe diseducativo. Il discorso può essere invertito: chi sta per un certo periodo in una sede, per la conoscenza che ha del territorio, può essere più prezioso di colui che vi arriva per la prima volta. L'importante è che svolga bene le proprie funzioni e che il sistema di controllo sia attento a rilevare ogni eventuale patologia, che comunque è sempre singolare, mai generalizzata. La permanenza è anche una manifestazione di fiducia, che deve essere accordata salvo prova contraria. In tale ottica, è molto importante che il sistema dei controlli sia applicato con rigore.
A questo proposito, è opportuno aprire una parentesi.
Tutti i militari del Corpo sono soggetti, in generale, ai doveri di legalità, fedeltà, diligenza, rettitudine e trasparenza previsti dalla Costituzione, dai codici penale e di procedura penale e da altre leggi dello Stato. Inoltre, l'articolo 3 della legge n. 1383 del 1941 dispone che il militare della Guardia di finanza il quale colluda con estranei per frodare la finanza, soggiace alle pene stabilite dagli articoli 215 e 219 del codice penale militare di pace, e cioè alla reclusione da due a dieci anni e alla pena accessoria della rimozione, ferme le sanzioni pecuniarie previste dalle leggi speciali.
Bisogna considerare, inoltre, le leggi n. 113 del 1954, n. 599 del 1954 e n. 833 del 1961, le quali prevedono rigorose misure disciplinari e cautelari, il Codice deontologico interno, il quale reca, in particolare, misure relative al comportamento che devono tenere i militari della Guardia di finanza fuori dal servizio e nei rapporti con i soggetti con cui vengano in contatto nel corso dell'attività svolta, e le numerose circolari diramate in materia dal Comando generale.


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Le stesse direttive concernenti l'attività di verifica fiscale contengono disposizioni e procedure finalizzate a evitare casi di incompatibilità, conflitti di interesse e, più in generale, a prevenire fenomeni di corruzione: è indicato chi deve controllare, in quale modo e quali conseguenze si debbano trarre dai controlli, cui può seguire anche un allontanamento.
Non vorrei, però, che il mio rimanesse un discorso astratto. Riferirò, quindi, i dati relativi all'ultimo triennio.
Per quanto riguarda gli ufficiali, i reati contro la pubblica amministrazione accertati sono uno nel 2008, uno nel 2009, nessuno nel 2010, uno nel 2011. Siamo su percentuali che vanno dallo 0,1 per mille, avendo riguardo ai singoli anni, allo 0,3 per mille, se si ha riguardo a tutto il periodo.
Su tutti gli appartenenti agli altri ruoli, i casi sono quattro nel 2008, due nel 2009 e tre nel 2010 (più altri reati diversi da quelli contro la pubblica amministrazione). Anche in questo caso le percentuali sono veramente esigue.
Ho accennato al Codice deontologico, le cui disposizioni sono destinate a coprire l'area lasciata scoperta dalle sanzioni penali e amministrative. Ad esempio, l'articolo 14 prevede che l'appartenente alla Guardia di finanza comunica volontariamente all'Amministrazione, in un'ottica di trasparenza, le proprie disponibilità patrimoniali, nonché le successive variazioni di rilievo, segnalando altresì, con il consenso degli aventi diritto, quelle riferibili al proprio nucleo familiare o ad altri conviventi. Il Codice nasce all'indomani di Tangentopoli, negli anni Novanta, quando la Guardia di finanza ha vissuto un momento di grande difficoltà. Comunque, i procedimenti penali si sono spesso conclusi con archiviazioni o con provvedimenti di non luogo a procedere.
Il rapporto fra le violazioni commesse e l'organico dei ruoli del Corpo non giustifica, dunque, allarmismi.
Riprendendo il discorso lasciato in sospeso, in mancanza di patologie, la permanenza in una sede non va criminalizzata. Non possiamo affermare che essa determini, di per sé, pericoli di devianza: non solo non sarebbe corretto farlo in base a quanto finora illustrato, ma mancheremmo anche di riguardo a una sterminata schiera di persone che svolge il proprio lavoro da decenni e che nulla si può rimproverare.
Del resto, quando si riscontra qualche patologia, la Guardia di finanza è molto severa. I limitatissimi casi in cui la lunga permanenza in una sede ha determinato una forma di affievolimento del senso etico, con conseguente violazione di quei principi di comportamento e di quei valori che costituiscono patrimonio comune degli appartenenti al Corpo, sono sempre stati repressi senza tentennamenti e con grande rigore.
Ovviamente, rimangono alcune problematiche legate al modo in cui bisogna far vivere il personale (il discorso è simile a quello che, avendo riguardo al valore dell'evasione, si fa in relazione all'impresa marginale). Cosa devo fare per il mio personale perché non ceda a tentazioni? È una bella domanda.
Come Comandante generale, sento sulle mie spalle tutta la responsabilità di fare in modo che le condizioni di vita degli appartenenti alla Guardia di finanza siano le migliori, interessandomi, tra l'altro, delle iniziative da attuare con il Fondo di assistenza per i finanzieri e con il COCER per quanto riguarda i problemi abitativi (non soltanto dei comandanti, ma anche di chi viene trasferito).
Sotto questo profilo, devo farmi carico anche della crisi. Nel Nord, prima che la crisi economica si manifestasse in tutta la sua gravità, i finanzieri potevano contare sul lavoro della moglie e, talvolta, anche dei figli. Oggi, essi vedono erodersi il contributo economico proveniente dagli altri familiari e cominciano a rivalutare la possibilità di utilizzare l'abitazione dei genitori o dei nonni, che ancora risiedono in Puglia, in Sicilia o in altre regioni del Sud.
Ne parlo con partecipazione perché vivo tutti i giorni questa esperienza. Mi sono fatto carico delle mie responsabilità anche durante le visite ispettive che ho


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effettuato, parlando con i 400 ufficiali comandanti di reparto e con i rappresentanti del COIR che mi sottoponevano il problema.
Tutto quello che si può fare per migliorare la vita dei miei uomini ben venga. Noi lo facciamo.
Ovviamente, non entro nel merito delle iniziative, governative e parlamentari, relative alla specificità, alla riforma dei ruoli, all'avvio della previdenza complementare, anche perché si tratta di temi che conoscete meglio di me.
Migliorare le condizioni di vita degli appartenenti alla Guardia di finanza è senz'altro un investimento, un obiettivo per cui vale la pena di battersi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSIMO VENTUCCI

NINO DI PAOLO, Comandante generale della Guardia di Finanza. Insomma, il discorso è complesso e va affrontato, a mio avviso, nei termini che ho indicato: no alla criminalizzazione della permanenza, ma sì a fare in modo che colui il quale sbaglia paghi per la propria superficialità.
L'impianto normativo è vasto e comprende norme di vario tipo: dal Codice deontologico alle leggi speciali. Ciascun dirigente, ciascun comandante e ciascun giudice deve trovare in esso lo strumento per poter sanzionare chi sbaglia.
Anche la domanda sul contrasto alla criminalità è interessante. Mi sembra si parli del contrasto all'evasione e alla criminalità come di due cose distinte. Tuttavia, considerata la valenza criminale di molti fenomeni di illegalità economico-finanziaria, non opererei una netta separazione tra evasione fiscale e criminalità: farlo significherebbe disconoscere la complessità del nostro tessuto economico-finanziario.
Se è vero, infatti, che non tutti gli evasori sono collegati a organizzazioni criminali, è pur vero che, spesso, la criminalità organizzata usa lo strumento dell'evasione in modo strutturale, procurando l'arricchimento di svariati soggetti in ambito non soltanto nazionale, ma anche internazionale, traendo illeciti arricchimenti dall'attività di riciclaggio, servendosi di professionisti pagati con soldi riciclati, finanziando aziende con capitali illecitamente accumulati e via discorrendo.
Per questo motivo, l'approccio investigativo è basato in misura sempre maggiore sulle indagini finanziarie: seguire i flussi finanziari, per arrivare all'evasore, è anche un modo per combattere la criminalità organizzata.
Al di là del contrasto di tipo militare all'intimidazione attuata in alcuni territori dalle organizzazioni delinquenziali di stampo mafioso, l'attività svolta sul versante patrimoniale si serve di strumenti che, forse, sono anche più pericolosi per i sodalizi criminali. L'indagine finanziaria è silenziosa e non è visibile: questo connubio ci consente di dare una mano a chi è deputato ad arrestare latitanti e capiclan e, contemporaneamente, di portare a casa risultati di cassa, anche recuperando l'evasione tout court.
Se guardiamo ai risultati conseguiti nel settore dei sequestri e delle confische - per un valore, rispettivamente, di 14 e 3 miliardi di euro -, non a caso il ruolo della Guardia di finanza è di tutto rilievo: non siamo più bravi degli altri, ma i nostri strumenti ci consentono, anche in collaborazione con le altre forze di polizia, di svolgere con particolare efficacia questa attività, che riflette il nostro modo di essere e la nostra esperienza investigativa.
In qualità di Comandante generale della Guardia di finanza, partecipo alle riunioni periodiche del Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica, organo di consulenza del Ministro dell'interno per l'esercizio delle sue attribuzioni di alta direzione e di coordinamento in materia di ordine e sicurezza pubblica.
Quali sono i motivi di speranza? Registro l'esistenza di forme di collaborazione che abbracciano tutto il sistema di attribuzioni, di poteri amministrativi e di funzioni di polizia giudiziaria della Guardia di finanza.
Sul fronte fiscale, una stretta cooperazione tra Guardia di finanza e Agenzie


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fiscali è imposta dalla comune dipendenza dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Sui fronti economico-finanziario e della sicurezza, la collaborazione instauratasi tra Guardia di finanza, Arma dei carabinieri, Polizia di Stato e magistratura con l'adozione del «modello Caserta» sta dando risultati eccezionali. La verità è che, senza l'unione delle forze, non è possibile condurre con successo battaglie così complesse come quella che ha interessato il clan dei Casalesi.
Nelle considerazioni svolte c'è già un'implicita risposta a un'altra domanda che mi è stata rivolta. Esplicitandola, non individuerei una priorità tra il contrasto alla criminalità e quello all'evasione. Come ho precisato, esiste un'interrelazione molto stretta tra l'evasione e la criminalità, almeno dal nostro punto di vista: le funzioni di polizia giudiziaria si incrociano con quelle di polizia tributaria e con le altre potestà specifiche in materia di riciclaggio e di repressione delle frodi comunitarie e in materia di spesa pubblica. L'atto di indirizzo del Ministro dell'economia e delle finanze vincola a raggiungere determinati risultati, ma non vincola quanto alle modalità per conciliare le funzioni di polizia tributaria con quelle di polizia economica e di polizia giudiziaria.
Mi sembra di aver fornito indicazioni sufficienti. È difficile, in questo momento, individuare una priorità dell'aspetto criminale rispetto a quello fiscale, o viceversa.
La Guardia di finanza è molto attenta nel seguire gli indirizzi del Ministero dell'economia e delle finanze anche in relazione alle singole peculiarità locali. Si tratta di un compito specificamente attribuito ai comandanti dei reparti territoriali, i quali devono saper interpretare al meglio sia gli atti generali del Ministro sia i provvedimenti mediante i quali, come Comandante generale, ripartisco i carichi di lavoro. Il comandante provinciale di Napoli, fermi restando gli obblighi di rendicontazione annuale sulle verifiche e sui controlli effettuati, dovrà definire gli approcci investigativi più idonei per la realtà nella quale opera, che sarà diversa da quella di Venezia, di Trieste, della Val d'Aosta o del Trentino.
Una tra le responsabilità del Comandante generale è quella di scegliere la persona giusta per ogni territorio. Conoscendo il vissuto degli ufficiali, ho ben presente il modello di ufficiale che deve andare a Palermo, a Napoli, ad Ancona o a L'Aquila. Delle scelte che compio rispondo all'autorità di Governo, ma il lavoro che svolgo ogni giorno mi dà tutti gli elementi di cui ho bisogno per effettuarle in maniera ponderata.
Il discorso è strettamente connesso a quello delle valutazioni da operare ai fini degli avanzamenti di carriera. Su tale tema ritengo opportuno spendere qualche minuto.
Prenderò spunto dalla mia esperienza personale, di generale che è stato sul territorio, ma anche di Capo di stato maggiore e di Comandante generale. Non svelo alcun segreto se vi dico che, in occasione dei miei incontri ufficiali, istituzionali e non, amici o autorità mi manifestano talvolta, in perfetta buona fede, il loro stupore per il fatto che il dato ufficiale, sebbene veramente bravo, non ha fatto carriera. Per chi non sa quanto sia complessa la realtà all'interno della quale operiamo, lo stupore è perfettamente legittimo. Non tutti dispongono, infatti, degli strumenti necessari per poter operare, a tale riguardo, una valutazione corretta.
Ho completato proprio alcuni giorni fa le valutazioni dei colonnelli, dei generali di brigata, dei generali di divisione e dei generali di corpo d'armata. Ebbene, ogni valutazione ha una storia a sé ed è commisurata al grado. La valutazione di un maggiore o di un colonnello muove da paradigmi completamente diversi rispetto a quella di un generale di corpo d'armata o di un generale di divisione. Soltanto la conoscenza profonda di un'esperienza complessa come il servizio nella Guardia di finanza può far comprendere che ciò che conta per un maggiore è la capacità investigativa sul territorio, mentre la dirigenza implica la capacità di governare altri uomini.


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Se una Commissione composta da dieci generali di corpo d'armata ha impiegato quattro o cinque ore per stabilire quale tra due ufficiali fosse meritevole di avanzamento - mi riferisco a un caso verificatosi pochi mesi fa -, ciò la dice lunga sulla complessità della relativa valutazione, nella quale entrano non soltanto elementi tecnici, ma anche il vissuto dell'ufficiale, a partire dal momento in cui è entrato in Accademia. A volte, si tratta di ripercorrere un itinerario di trenta o quarant'anni di servizio.
Mettere a confronto le esperienze maturate nella Guardia di finanza, che sono diverse - operative, didattiche, di stato maggiore - significa compiere un'operazione molto complessa, la cui sintesi è rappresentata dal giudizio finale. Una caratteristica della personalità dell'individuo da valutare può essere anche suggestiva, ma non esaurisce il discorso: se su un numero di circa 3.000 ufficiali sono soltanto dieci i generali di corpo d'armata, è chiaro che la selezione è dura e che gli ingredienti occorrenti per raggiungere i vertici della carriera sono sterminati (e non possono essere sintetizzati in questa sede in pochi minuti).
Le Commissioni superiori di avanzamento non sono né buone, né cattive: devono soltanto svolgere il proprio lavoro con onestà intellettuale. Non sono una panacea, ma un organo amministrativo che deve operare una valutazione complessa. Alla fine, purché vi sia l'onestà intellettuale dei componenti, il prodotto sarà dignitoso: ve lo posso garantire.
A volte, alcuni ufficiali assumono un ruolo pubblico di rilievo, soprattutto nelle realtà locali, ma non sono detentori di tutte quelle capacità, competenze ed esperienze la cui compresenza è il presupposto per consentire un certo percorso. Allora, chi non ha le cognizioni necessarie per instaurare un corretto raffronto, come può pretendere di esprimere un giudizio esaustivo?
In questi casi, offro un caffè, non mi sottraggo al confronto, e mi metto a spiegare come stanno, in realtà, le cose. Preferisco farlo, anziché liquidare in maniera semplicistica e riduttiva un argomento che è complesso e delicato.
Mi assumo la responsabilità di affermare che la Guardia di finanza, negli ultimi anni, ha dimostrato anche sotto questo profilo grande trasparenza, correttezza e serenità di giudizio.

PRESIDENTE. Mi auguro che tutti si comportino in questo modo.
Le sue parole, Comandante generale, potrebbero suonare come un monito per tutto il sistema; non credo, però, che la politica abbia intenzione di porre mano al tema da lei evocato o di ingerirsi in scelte di cui la pubblica amministrazione detiene la responsabilità.

FRANCESCO BARBATO. L'unica raccomandazione riguarda la trasformazione della compagnia di Nola in gruppo, dal momento che quella di Nola è diventata l'area economicamente più ricca del Sud.

NINO DI PAOLO, Comandante generale della Guardia di finanza. Valuteremo, ma non sono aggiornato in merito a questo aspetto organizzativo.
Con la sua indicazione, onorevole Barbato, propone un quesito specifico: come aumentare i presidi per prevenire l'evasione?
A tale proposito, non posso che richiamare nuovamente l'obbligo di comunicazione telematica dei dati rilevanti ai fini IVA, la tracciabilità dei flussi finanziari, la moneta elettronica e via discorrendo. Gli strumenti normativi introdotti dal Governo, unitamente agli effetti virtuosi generati dalla combinazione tra intelligence e analisi di rischio, stanno dando buoni risultati, che sono sotto gli occhi di tutti.
Appartiene, invece, tutta al dibattito politico - per cui non posso fornire suggerimenti al riguardo - la questione relativa all'individuazione della soglia fino alla quale tali strumenti sono conciliabili con i costi economici e politici che comportano.
Probabilmente, gli evasori e la criminalità avevano sottovalutato gli effetti che


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potevano derivare dal sequestro per equivalente, dalla tracciabilità e dalle misure antievasione e antielusione internazionale. Adesso, aspettiamo almeno un triennio, alla scadenza del quale tireremo un bilancio ed elaboreremo, eventualmente, ulteriori forme di aggressione agli illeciti economico-finanziari e ai patrimoni con essi accumulati.
Per quanto riguarda i presidi, anche in relazione all'evasione internazionale, esiste una forma di aggressione militare alla frontiera. Si osserverà che non si tratta della forma più incisiva di contrasto, ma ci vuole anche quella. Non dimentichiamo che anche la misura repressiva ha una funzione di deterrenza: se non vi fossero i controlli materiali ai valichi, non aumenterebbero i traffici illegali?
Per quanto riguarda gli aspetti internazionali dell'evasione, credo che siamo il Paese che ha osato di più. Bisognava combattere la «caverna di Alì Baba» (secondo uno slogan che si è diffuso subito in Europa), e l'Italia si è posta il problema, anche perché ha un'evasione molto rilevante.
Credo, però, che si debba fare molto sul piano degli accordi internazionali. La collaborazione internazionale è importante. Come in materia doganale, è inutile mostrarsi rigidi nel nostro Paese se altri aprono le porte. È la stessa situazione: se pochi Paesi fanno da valvola di sfogo - non è necessario che siano cento, bastandone due o tre ben attrezzati -, allora il contrasto dell'evasione internazionale diventa difficoltoso, e non soltanto sul piano della cooperazione giudiziaria.
Ricordo a me stesso che la dimostrazione delle difficoltà che si incontrano a livello internazionale è offerta proprio dalla lista Falciani. Soltanto attraverso uno strumento amministrativo siamo riusciti a ottenere per primi i 5.500 nomi, a Parigi. La rogatoria secondo i normali canali è molto più articolata, sul piano procedurale, e ha dato risultati diversi, ma comunque utili.
Bisogna agire sul fronte della collaborazione internazionale, sul quale c'è molto da fare: lo affermo da professionista che sa quello che dice. È frustrante, per gli investigatori, trovare il muro dell'internazionalità dopo un'attività d'indagine che ha dato un risultato significativo.
All'affermazione secondo la quale il Governo avrebbe abbassato la guardia nei confronti dell'evasione credo di avere già risposto. Le percentuali rispetto agli anni 2006, 2007 e 2008 indicano un incremento del 68 per cento della base imponibile delle imposte dirette - riporto dati della Guardia di finanza - e del 32 per cento dell'IVA versata. I dati relativi ai due pilastri, l'IVA e le imposte dirette, non esimono dallo studio di tutti gli aggregati, in quanto non esauriscono l'universo della fiscalità, ma sono comunque molto indicativi. Poi, ciascuno può trarne le proprie valutazioni.
In merito al contrasto al traffico di sostanze stupefacenti, ci si chiede se abbiamo suggerimenti da formulare al legislatore. Ebbene, se si guarda al trend dei sequestri, ci si avvede che anche la legislazione in materia si è rivelata molto efficace. Sul Mediterraneo, attraversato ogni giorno da 3.500 navi, passa di tutto. Da questo punto di vista, è di tutto rilievo il contributo fornito dalla componente aeronavale alturiera della Guardia di finanza, spesso impiegata in operazioni di carattere internazionale coordinate dalla Direzione centrale per i servizi antidroga del Ministero dell'interno. Esiste, quindi, un impianto repressivo basato anche sui nostri mezzi aeronavali, i quali non agiscono soltanto sul versante dell'immigrazione clandestina.
Anche sotto questo profilo, può rivelarsi prezioso il raccordo del dispositivo aeronavale con l'attività di intelligence svolta sulla terraferma. È questo l'aspetto su cui insistiamo. Se migliora l'attività investigativa a terra, effettuata con strumenti che permettono di avere le necessarie cognizioni sui traffici internazionali - quello che parte da Bogotà, con la cocaina, quello che parte da Miami, quello che viene dal Medio Oriente, quello che passa da Suez e quello che passa da Gibilterra -, e se diventa più forte l'interazione tra le forze di polizia, i risultati


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saranno ancora più rilevanti e, soprattutto, la componente aeronavale, come strumento militare, potrà essere più utile.
Mi spiego meglio. Il pattugliatore che esce in mare, al di là della funzione di vigilanza che può esercitare controllando a caso una nave, la quale può trasportare di tutto (dall'uranio agli stupefacenti), ha bisogno di un supporto investigativo alle spalle. Se non lo ha, è come se cercasse una persona in una metropoli sperando di incontrarla per strada: potrà anche trovarla, ma con una casualità che non avrà alcunché di professionale.
Ho buoni rapporti con i vertici del Corpo delle capitanerie di porto e credo che lo sforzo collettivo sia la via da seguire: tutti dobbiamo svolgere una funzione servente rispetto a chi esercita la vigilanza in mare, la cui opera può essere resa più preziosa.
Vi assicuro che un'informazione generica relativa a un panfilo che viene segnalato a Gibilterra e che entra nel Mediterraneo non viene persa dalla Guardia di finanza. Gli strumenti di cui disponiamo sono tali che, sul piano repressivo, il Mediterraneo può essere posto sotto controllo. Non bisogna abbassare la guardia per quanto riguarda l'attività informativa a monte, la quale deve svolgere una funzione servente nei confronti dei mezzi aeronavali.
Ciò riguarda soprattutto la Guardia di finanza e la Polizia di Stato, ma non esclude tutti gli altri attori, tra i quali la Marina militare, per altri versi, e il Corpo delle capitanerie di porto, per il servizio che effettua lungo le coste. È dalla sinergia informativa delle banche dati che arrivano i successi in mare. Il Mediterraneo è un problema non soltanto per l'immigrazione clandestina, ma anche per tutto ciò che vi transita.
Vengo alla sanità, settore nel quale siamo impegnati per porre le procure regionali della Corte dei conti in condizione di chiedere il risarcimento dei danni erariali (che sono ingenti) ai soggetti che li hanno provocati. La nostra opera in tale comparto si sostanzia anche nel contrasto delle frodi connesse alla somministrazione di medicinali. Se desiderate avere ulteriori dettagli in merito al progetto Apotheke, che ha dato risultati interessanti e che abbiamo esteso a tutto il territorio nazionale, li troverete nella relazione.
Per quanto riguarda le attività che utilizzano manodopera forzata e in schiavitù, non mi attarderei a stabilire chi delinque di più. Ormai, le organizzazioni sono miste e tra esse vi è interazione. Inoltre, la situazione è diversa da regione a regione. A Prato, ad esempio, abbiamo un'immigrazione consolidata, alla seconda o alla terza generazione, che è proprietaria delle aziende e che addirittura fa da contraltare alle produzioni cinesi.
Certamente, la contraffazione è un fenomeno molto grave e importante, un nuovo cancro, aggravato dai collegamenti tra organizzazioni mafiose (la camorra ha rapporti con la mafia cinese). C'è un grosso impegno in questo settore, e sono in corso inchieste molto interessanti.
Credo di avere già risposto alla domanda relativa alle verifiche, le quali subirebbero un incremento a fine anno, soprattutto nei confronti dei soggetti più facili da controllare, a causa della necessità di raggiungere gli obiettivi fissati in sede centrale.
Ricorro al ragionamento che ho sviluppato a proposito degli ufficiali bravi che non farebbero carriera. Com'è possibile pensare che non si adoperi lo strumento delle verifiche già a partire dal 1o gennaio? Perfezionare i meccanismi di controllo, che sono diventati molto più sofisticati di alcuni anni fa - lo affermiamo senza voler fare torto a nessuno -, comporta uno sforzo corale. Se è vero che l'evasione fiscale è ancora molto forte, negheremmo l'evidenza se affermassimo che non vi è stato uno sforzo di tutti i Governi perché si potesse intervenire con maggiore efficacia. Il fenomeno è complesso e, al di là delle misure repressive, richiede una risposta di civiltà (ma questo è un aspetto che non si può liquidare in poche battute).
Posso assicurare, comunque, che il nostro impegno a tutti i livelli è molto forte. Il contrasto all'evasione fiscale costituisce


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uno dei pilastri per lo sviluppo del Paese. Di ciò siamo tutti pienamente consapevoli, dal finanziere, all'ufficiale, al maresciallo.
Scusatemi, ma si mancherebbe di rispetto a 65.000 uomini se si ritenesse che essi operino soltanto per far quadrare i conti.
In quanto uomini colti, sappiamo comprendere anche il valore politico e sociale delle funzioni che svolgiamo. Se non ci fosse questa molla, non saremmo tanto bravi. Parlo con cognizione di causa, perché ho fatto parte dei nuclei di polizia tributaria e anche delle sezioni mobili di polizia archeologica.
Il maresciallo che colpisce l'evasore sa di compiere un'opera importante, che va ben oltre il dato contabile: non lo fa per far quadrare i conti, per evitare una tirata di orecchi da parte del Comando generale e del capo del personale. Abbiamo la piena consapevolezza dell'importanza del nostro lavoro, e credo che su di essa dobbiamo puntare.
Cosa possono fare gli enti locali? Sono sensori utili, ma non devono trasformarsi in ciò che non possono essere: hanno precise funzioni politico-amministrative, e un sindaco sa quello che deve fare per la sua cittadinanza. Anche le province e le regioni possono essere utili sensori e possono dare un contributo. Credo che tale collaborazione possa risultare vantaggiosa per il fisco, per i cittadini e per gli stessi enti locali.
La loro partecipazione all'accertamento tributario e contributivo sarà diversa, ma senza dubbio si attrezzeranno meglio di quanto non abbiano fatto finora, anche a vantaggio delle comunità amministrate. Pensiamo al ritorno che potranno avere, in termini non soltanto di partecipazione agli importi recuperati e riscossi, ma anche di rapporto con i cittadini, i quali sopportano sempre meno che gli evasori la facciano franca. A livello locale, la risposta all'evasione può essere più efficace, in quanto basata su una sorta di controllo reciproco nel quale si esprime il sentimento di equità della collettività.
Per questo motivo, tenendo conto della nostra realtà, vedo di buon occhio il federalismo. Ho svolto operazioni a Siena, a Firenze e anche in altre città, avvalendomi della collaborazione degli enti locali, che si è sempre rivelata molto utile. Altri colleghi hanno avuto esperienze analoghe in altre parti d'Italia.
Alla domanda relativa ai porti, che evoca problemi complessi, non si può rispondere in maniera sintetica.
Come ci poniamo noi, e quali sono le risposte degli altri Paesi europei? I piani sono due, e non bisogna confonderli: quello politico e quello amministrativo. Sul primo, alcuni Paesi aprono le porte molto più di quanto facciamo noi. Il problema, quindi, è di tipo politico.
Noi ci confrontiamo sul piano amministrativo. Il II Reparto del Comando generale, con i suoi esperti all'estero, sta investendo molto su questo fronte. La collaborazione con le omologhe strutture di Monaco, di Amsterdam e di Londra è molto efficace e consente di contrastare qualsiasi tipo di frode: dai tabacchi, agli stupefacenti, alle merci, alla contraffazione.
Rimane il problema politico. Se noi siamo saggi in Italia, non sempre lo sono altrettanto in altri Paesi. Il legislatore comunitario ha dato precise indicazioni agli Stati, ma questi le hanno attuate in maniera diversa.
Sul piano amministrativo, ripeto, il II Reparto ha da sempre un rapporto eccellente con i collaterali tedeschi, francesi e spagnoli, ferme restando le relative regole e prassi.
Naturalmente, non sempre la complessità del nostro modello organizzativo trova una corrispondenza speculare negli organismi esteri che sono nostri referenti. Il corpo della Guardia di finanza è un unicum, il quale si interfaccia con segmenti degli apparati amministrativi degli altri Paesi che hanno funzioni non esattamente coincidenti, come la Douane francese e la Guardia civil spagnola. Alcuni dei nostri referenti hanno determinate potestà, altri hanno potestà diverse. Comunque, avendo riguardo a tutti gli attori con i quali ci interfacciamo, non registro mancanza di collaborazione. Vi sono stati alcuni disguidi


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con la Francia: la lista Falciani poneva problemi con la Svizzera, ma alla fine ce l'hanno consegnata.
Ormai, l'interesse primario a contrastare l'evasione internazionale sta crescendo. In un momento di crisi finanziaria ed economica, non è pensabile che qualcuno possa avere una «caverna di Alì Babà» da porre a disposizione degli evasori. Ci rimetteremmo tutti.
Ci dobbiamo augurare che si compiano interventi seri e duraturi sul versante della collaborazione, eliminando il più possibile le tortuosità e gli ostacoli di tipo giuridico-amministrativo che si frappongono allo svolgimento di un'efficace azione di contrasto agli illeciti economico-finanziari, anche nella loro proiezione internazionale (facendo in modo, ad esempio, che la richiesta di un elenco di nomi non debba essere soddisfatta dopo un anno, quando i soldi sono già spariti...).

PRESIDENTE. Ringrazio il Comandante generale, anche per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,55.

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