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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VII
20.
Mercoledì 9 giugno 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Aprea Valentina, Presidente ... 3

Audizione del Ministro per i beni e le attività culturali, Sandro Bondi, su questioni attinenti il suo Dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Aprea Valentina, Presidente ... 3 6 11 15
Bondi Sandro, Ministro per i beni e le attività culturali ... 11 13 15
Carlucci Gabriella (PdL) ... 9
De Biasi Emilia Grazia (PD) ... 3 13
Ghizzoni Manuela (PD) ... 15
Giulietti Giuseppe (Misto) ... 6
Granata Benedetto Fabio (PdL) ... 7
Mazzarella Eugenio (PD) ... 10
Mazzuca Giancarlo (PdL) ... 10
Zazzera Pierfelice (IdV) ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano: Misto-Noi Sud LA-PLI.

COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 9 giugno 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VALENTINA APREA

La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per i beni e le attività culturali, Sandro Bondi, su questioni attinenti il suo Dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro per i beni e le attività culturali, Sandro Bondi, su questioni attinenti il suo dicastero.
Ministro Bondi, abbiamo appena votato una legge in sede legislativa, con l'accordo di tutti i gruppi parlamentari, sulla dislessia. Si tratta di una legge molto cara anche all'opposizione, la cui relatrice è stata l'onorevole Ghizzoni. Ora abbiamo la fortuna di avere lei, signor Ministro, in un'audizione molto attesa, come dimostra la grande partecipazione dei commissari.
Se il Ministro è d'accordo, darei la parola ad alcuni colleghi che hanno richiesto la sua presenza e poi la replica a lei.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Buongiorno, signor Ministro. Le domande da porle sarebbero numerosissime, perché la situazione in cui versa il mondo della cultura, in un momento di crisi economica molto grave nel nostro Paese, rispetto alla quale credo che tutti noi dobbiamo avere un grande senso di responsabilità, non può che destare preoccupazione in tutti noi, a partire da lei, signor Ministro.
Vorrei chiederle innanzitutto di dare un suo parere, di esprimere le sue convinzioni per spiegare per quale motivo lei ha dichiarato su tutta la stampa - è un fatto reso pubblico - di non sapere dei tagli organizzati agli enti e alle istituzioni culturali.
Ritengo assai grave che il Ministro per i beni e le attività culturali, che dovrebbe essere dotato di un'autorevolezza notevole, considerato il peso che la cultura riveste nel nostro Paese, fosse completamente all'oscuro dei tagli e della loro entità.
Non posso negare, Ministro, una delusione rispetto all'accontentarsi - almeno, io l'ho letto in questo modo - della possibilità di decidere autonomamente l'entità dei tagli, sapendo che essa non verrà assolutamente modificata. Trovo questo fatto molto grave. Ritengo, infatti, con una convinzione politica, oltre che amministrativa, che i tagli lineari penalizzino in particolare alcuni settori del nostro Paese, il cui bilancio è già arrivato all'osso.
Le ricordo - sono dati che rammento a me stessa, ma anche a lei e ai membri della Commissione - che l'Italia spende in cultura lo 0,3 per cento del prodotto interno lordo, a fronte del fatto che il 52 per cento del patrimonio artistico mondiale appartiene al nostro Paese. Voglio ricordare che, in cifra assoluta, il bilancio del Ministero per i beni e le attività


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culturali ammonta a poco più di 1,7 miliardi, stando ai dati del 2009. L'entità del taglio rischia seriamente di far chiudere interi comparti.
Mi dispiacciono anche, signor Ministro - glielo voglio far notare - le sue dichiarazioni su alcuni giornali, che mi hanno molto colpito personalmente come parlamentare impegnata in modo leale, seppure in un versante dell'opposizione.
Lei non può dichiarare che la sinistra si interessa solo ed esclusivamente dei quattrini e che non bada alla sostanza della cultura nel nostro Paese: sono offese che non possiamo evidentemente tollerare. Lo affermo perché ho sotto mano i giornali. Mi pare che si trattasse di un articolo che lei ha scritto sul Giornale Nuovo. Mi riferisco all'intervista del lo giugno 2010.
A tal proposito, vorrei anche ribadirle - i fatti parlano - che in questa Commissione il Partito Democratico ha tenuto un atteggiamento più che di responsabilità, assolvendo fino in fondo al dovere parlamentare di fare un'opposizione leale e trasparente e del sindacato ispettivo, rispetto al quale - mi duole dirlo, signor Ministro - il suo dicastero è stato gravemente mancante in tutte le risposte. Lei, peraltro, era presente alcune volte e ne abbiamo anche parlato. Noi non siamo ancora riusciti a conoscere alcuni elementi, il che è molto grave.
Vengo al merito. Vorrei innanzitutto sapere per quale motivo, pur avendo noi richiesto da tempo immemore, ossia da più di due mesi, il bilancio ARCUS dell'anno scorso, e non avendo ricevuto alcun dato in merito, siamo stati chiamati ugualmente a ratificare una nomina del nuovo presidente di ARCUS.
Ricordo che ARCUS era stata commissariata - la faccio breve perché i colleghi della Commissione conoscono a memoria la questione e immagino anche lei - e siamo stati chiamati a dare il nostro parere su una nuova nomina di presidente senza essere stati in grado di valutare la situazione di ARCUS, a fronte di un commissariamento precedente.
È molto grave, anche perché, come lei sa, esiste una legge sullo spettacolo dal vivo, una legge quadro condivisa dalla Commissione, che prevede un cambiamento di funzione di ARCUS, un fatto epocale di straordinaria importanza, perché si passa finalmente dalla spesa corrente agli investimenti. È un fatto straordinario per il mondo della cultura, non un esercizio peregrino di rapporto con l'intellettualità comunista.
In secondo luogo, vorrei sapere che cosa succederà della SIAE, dopo che abbiamo votato un presidente e non abbiamo ancora avuto il piacere di sapere quale sarà l'orientamento della SIAE stessa, con problemi interni immensi, che non le sfuggono perché sono usciti su tutti i giornali. Non sappiamo assolutamente nulla.
Proseguiamo con il progetto Grande Brera. Sono lieta che sia stata accolta anche dal Ministro Gelmini la proposta del Partito Democratico a Milano di completare l'ammodernamento.
Sì, Ministro, è proprio così: me ne occupo da due anni e, dunque, se mi permette, so di che cosa sto parlando. Non mi piace fare propaganda. Sono proprio lieta che il Ministro Gelmini alla fine abbia promesso di stanziare i fondi per l'ampliamento della caserma Mascheroni.
Come lei si ricorderà, anche se non è di sua competenza diretta, si prevede la necessità, per ampliare la Pinacoteca di Brera, di liberare gli spazi ormai esigui per l'Accademia e portarli nella caserma Mascheroni, il che non può, ovviamente, che farci piacere.
Nascerà, dunque, e ne siamo contenti, il progetto Grande Brera. È possibile che non riusciamo ancora a conoscerne i termini? È stato oggetto anche di un'interrogazione, signor Ministro, alla quale non è stata data risposta sufficiente, tant'è vero che l'intera Commissione ha lamentato una grave insufficienza.
Veniamo al punto dei tagli. Lei mi deve spiegare, signor Ministro, che senso ha - glielo chiedo proprio sinceramente, perché di questo abbiamo discusso a lungo e molte volte - in presenza di tagli così consistenti, insistere con un decreto come


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quello sulle fondazioni lirico-sinfoniche, mantenere in piedi un decreto che ormai fa acqua da tutte le parti.
In particolare, oltre al tema drammatico della contrattazione, le voglio segnalare l'articolo 4, che avoca al ministero e a una discrezionalità degli uffici - mi perdoni l'espressione così brutale - l'erogazione dei finanziamenti, a fronte, anche in questo caso, di una legge quadro pronta, che io le chiedo, signor Ministro, se verrà finanziata oppure no. Oggi lei ci deve dare questa risposta. Si tratta di una legge quadro di riforma sullo spettacolo che aprirebbe la strada alla riforma di tutti i diversi comparti dello spettacolo, senza, come si suol dire, spargimenti di sangue.
Infine, tornando ai tagli, non riesco a capire le motivazioni che portano alla chiusura dell'ETI. Sono disponibile a discutere su tutto, ma dobbiamo sapere che esiste un punto non irrilevante, oltre alla professionalità e al profilo dell'istituto, naturalmente. Si pone, infatti, anche il problema, come lei sa, che una parte dei finanziamenti dell'ETI servono all'ente stesso e un'altra al finanziamento della prosa. La chiusura dell'ETI significa, quindi, un taglio di finanziamento alla prosa. Da questo punto di vista, penso che il mondo dello spettacolo si aspetti una risposta.
Infine, vengo alle istituzioni e agli enti culturali. Sono lieta che lei abbia bloccato lo scellerato taglio indiscriminato; tuttavia, non le sfuggirà la lettera che noi stessi abbiamo ricevuto, come parlamentari, dall'Associazione italiana centri culturali, che segnala un grandissimo disagio per un taglio che rischia di assestarsi, in quel settore, al 50 per cento, quindi assai più di quanto succeda per il resto del comparto della cultura.
È evidente che rischia di scatenarsi una guerra fra poveri, signor Ministro. Le chiedo se non sia il caso di invertire la tendenza e di chiedere, non per un aspetto di monetarismo sciocco, ma per una prospettiva di investimento futuro, che i tagli alla cultura siano inferiori. Del resto, un Paese in cui la cultura non vive ha davvero poco futuro davanti a sé.
Lei parla di sprechi e di finanziamenti mal gestiti. Noi siamo pronti, come opposizione, a verificare dove sono tali sprechi e finanziamenti mal gestiti. Ciò che non si può fare è penalizzare tutti in modo indistinto, alla ricerca di un'eccellenza che rischia di non essere trovata, se è questo il parametro.
Penso che la cultura viva in una dimensione quantitativa, ma anche qualitativa. Non credo che le faccia onore, signor Ministro, andare avanti in questo modo, a insultare gli attori che ricevono i premi a Cannes, a insultare grandi registi, peraltro ultranovantenni, come Mario Monicelli, affermando che incitano alla violenza, a insultare coloro che lavorano nei diversi premi soltanto perché non viene ammesso qualcuno che piace a lei, sul quale non ho assolutamente nulla da dire, ma non ho neanche elementi per affermare che vi sia stata una discriminazione, come è successo per il Campiello.
Inoltre, mi stupisco molto, date le sue dichiarazioni di partenza e le modalità delle nostre relazioni, che anche lei adesso, ogni volta, sostenga che se qualcuno non è d'accordo con la linea del Governo è comunista. Come si diceva una volta, «se mi si dà del comunista, chiamo i carabinieri».
Mi scusi la battuta, ma vuole prendere più sul serio questo mondo? Vuole separare il grano dal loglio? Vuole far crescere quel settore che sappiamo che per ogni euro di spesa ne guadagna sette, come avviene nel mondo della cultura?
Non stia anche lei con chi pensa che i suoi componenti sono parassiti e fannulloni e che la lirica sia un'attività per vecchi ricchi con il pannolone, come ha dichiarato il Ministro Brunetta, parlando di una delle discipline musicali più popolari in assoluto. Del resto, la musica lirica è proprio musica del popolo, come ben sanno i contadini mantovani, che andavano ad ascoltare l'Aida all'arena di Verona.


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C'è anche un problema che riguarda tanti silenzi e tante risposte non date. Se lei, signor Ministro, accetta di discutere con noi e di vedere, parte dopo parte, quali sono gli sprechi e quali i finanziamenti mal gestiti, lei sa che avrà nel Partito Democratico un interlocutore. Se, viceversa, si procederà con nomine, decreti, tagli senza giustificazioni e un sospetto ideologico che io non voglio coltivare nei suoi confronti, sappia che l'opposizione del Partito Democratico sarà durissima e che non sarà l'opposizione solo degli intellettuali, come li chiama lei, ma di coloro che sono, nel mondo della cultura, produttori economici, sociali, di sapere e di libertà.
Penso che questa parola ci possa unire, signor Ministro; tuttavia, sta anche a lei dare una risposta più coerente - mi perdoni - di quella che ho letto sui giornali in questi mesi.

PRESIDENTE. Voglio ricordare alla Commissione che il Ministro Bondi è qui per soddisfare una richiesta dei gruppi parlamentari di maggioranza e di opposizione, ma che a breve potrà ritornare in Commissione per discutere nel merito i singoli provvedimenti.
Oggi vi prego di porre semplici quesiti, in modo da dare il tempo congruo al Ministro per rispondere. Dobbiamo solo avviare l'interlocuzione col Ministro Bondi.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Ministro, mi auguro che questo sia solo l'inizio di una discussione.
Condivido molte delle considerazioni dell'onorevole De Biasi e, se mi chiamerà comunista, non le sporgerò neanche denuncia. Basta che mi risponda nel merito, poi scelga lei i termini che preferisce, anche perché conserverò eventualmente la controrisposta nel mio cuore e la esprimerò in altra occasione. Ci autodefiniremo come vorremo.
Siamo di fronte a una situazione molto delicata, signor Ministro, e farò appello a me stesso e alla temperanza del linguaggio. Lo farei anche a lei, signor Ministro, e a tutti noi, perché quella dell'impresa culturale italiana è una situazione su cui è facile buttare benzina. Eviterei qualunque battuta fuori posto - ciò riguarda me e non solo lei; parlo a me stesso e mi rivolgo a lei - qualunque autore indicato come sgradito, qualunque testo, qualunque istituzione, in un Paese già stravolto dai conflitti di interesse e dalla monocultura televisiva, perché rischia di dare un sovraccarico ideologico a una discussione di merito già difficile, che riguarda tutti.
Condivido alcune sue paure sull'omologazione, signor Ministro, ma la vediamo in un contesto diverso: per me esiste un'omologazione e una volgarizzazione, Ministro Bondi, che deriva dalla monocultura del format televisivo, che, come lei sa, è pericolosissimo.
Sviluppo, però, una riflessione sul quanto. Non la invidio, perché è stata spostata a lei la delega dei tagli. È una battaglia di principio che ho condiviso e ho anche sostenuto, ma il problema non si sposta. È fondamentale che il soggetto sia il ministero? Sì, perché altrimenti si sposta in sede impropria la decisione, con un'interferenza pericolosa sull'autonomia della cultura. Tuttavia, non è rassicurante affermare che, premesso che il taglio ammonta al 50 per cento, se ne può discutere.
Provate a immaginare, signor Ministro e presidente, se ci fosse arrivato un provvedimento di decurtazione e di taglio lineare del 50 per cento dei contributi alle televisioni e degli affollamenti pubblicitari televisivi. Questa Commissione ha votato senza fiatare una modifica di affollamenti pubblicitari, per regolamento, vergognosa.
Trattiamo l'impresa della cultura con la stessa serietà. Non è il nome del proprietario che definisce la nobiltà del centro sperimentale, del centro di cinematografia, dell'ETI o di altro. Non si può in pochi secondi, per regolamento, votare un trasferimento di denaro nel settore televisivo e infastidirsi quando si parla di una miriade di imprese culturali diffuse.
Se fosse arrivato un provvedimento simile, avrei visto le barricate, se applicate ad altri settori. Mi rivolgo ai colleghi della


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Lega. Ricordate il fastidio provocato - la penso in questo come voi - non appena avete sollevato la questione dei contributi dei divi televisivi o dei calciatori, parte fondamentale della TV: è scoppiato il putiferio. Avete sfiorato un dogma di fede, inteso in senso proprio, in questo caso non si trattava di un cognome. Eppure, stiamo parlando di un settore portante dell'industria culturale.
Signor Ministro, le voglio porre alcune domande. Questo taglio, così com'è configurato, rischia o no di essere un assassinio di una delle più grandi imprese di questo Paese, che non si identificano solo coi grandi enti lirici, che producono immagine, senso comune e presenza dell'Italia nel mondo? A quanto ammonta l'effettivo fabbisogno del ministero rispetto ai tagli apportati? A me interessa il confronto, signor Ministro, non la parte polemica. La lasci perdere.
È possibile con lei, Ministro, in una Commissione con un profondo lavoro unitario alle spalle, sostenere che il taglio che è stato configurato è devastante per l'impresa culturale italiana? Come costruiamo un percorso comune di recupero? Ciò vuol dire votare insieme alcuni indirizzi ed emendamenti, non auspicare e poi abbandonare il voto al momento opportuno. Come si costruisce un percorso comune, ferme restando le prese di posizione?
Il tavolo di concertazione dove, come e quando si apre? Con chi e con quali soggetti? Oppure, è un tavolo che a un certo punto viene chiuso, sostenendo che le nomine vengono fatte da voi e, se si vuole, possiamo condividere i sentimenti. Come si fa a inserire l'ETI nella manovra economica? Che cosa c'entra? Non c'entra nulla, come i cavoli a merenda. Come si fa a vanificare il lavoro di questa Commissione e delle colleghe Carlucci, De Biasi e suo, presidente? Come si fa a inserire lo spettacolo dal vivo a una delega in un altro provvedimento all'articolo 4? Che cosa ci sta a fare questa Commissione?
Signor Ministro - glielo chiedo davvero in modo appassionato, ma non polemico - sono previsti provvedimenti su Cinecittà e sul centro sperimentale che escano in provvedimenti in proprio o differenziati rispetto a quelli che stiamo discutendo?
Lei ha sostenuto, giustamente, che va rilanciata la mostra del cinema. Lei sa che se arriva quel taglio, altro che superamento di Cannes. Il palazzo del cinema di Venezia non è completato. Sia chiaro: non sarà inaugurato. Bisogna affermare con chiarezza che una delle grandi opere previste nel Veneto non sarà inaugurata. Per questo motivo ho posto queste domande, per costruire un percorso.
Chiudo, presidente, con un appello al Ministro. Signor Ministro, l'ho detto ad altri ministri e sarei maleducato e tradirei me stesso se non lo dicessi anche a lei: prendiamo l'abitudine di non fidarci delle vie brevi, di superstrutture che velocizzino gli appalti; stiamo attenti al meccanismo di strutture amministrative e burocratiche che vengono prima della politica; stiamo attenti alla via breve che espropria il Parlamento o le Commissioni o al trasferimento di decisioni in sedi improprie, che danno l'ebbrezza, talvolta anche all'amministrazione comunale, per trenta secondi e provocano il disastro nel decennio.
Sotto questo profilo - chiudo con una battuta, così ammorbidisco il tono - lei un giorno affermò che voleva dedicare una poesia alla nostra collega Emilia De Biasi. La inviterei non solo a dedicarle una poesia, ma anche a far sentire la sua voce nei confronti del dottor Vittorio Sgarbi, che si è espresso in modo volgare, aggressivo e violento nei confronti della collega De Biasi e che, come vedo, deve commissariare non so quanti enti in giro per il Paese.
Non c'entrano la destra e la sinistra; non faccio mai polemiche sulle persone. È un invito. Come ha dedicato una poesia all'onorevole De Biasi, anche senza darla a me, provi a mandare un bigliettino privato, molto fermo, anche al dottor Sgarbi, se riuscirà a intercettarlo, visto che, avendo 24 incarichi, penso che sarà difficile anche per lei. Lo aiuti a recuperare il tempo libero.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Sarò estremamente breve e sintetico, perché


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credo che le motivazioni per cui abbiamo richiesto, ottenendola - e di questo lo ringraziamo - la presenza del Ministro Bondi questa sera in Commissione siano legate a una comune percezione, che, a iniziare dal Ministro, abbiamo tutti avuto di fronte all'annuncio dei tagli agli enti storici della cosiddetta tabella apposita del bilancio dello Stato riguardante le attività culturali. Credo che le motivazioni siano state analoghe per tutte le forze che rappresentano il Parlamento in questa Commissione.
Ho avuto un attimo di smarrimento quando avevo capito, alla fine dell'intervento dell'onorevole Giulietti, che il collega chiedesse al Ministro Bondi di dedicargli una poesia. Evidentemente avevo capito male.
La motivazione forte e vera, signor Ministro, per cui riteniamo molto opportuna oggi la sua presenza, soprattutto come gesto e segno di condivisione politica di questo percorso, è che questa Commissione, fin dall'insediamento sia del Ministro che della Commissione stessa, ha sempre cercato di fare lobby positiva nell'interesse della difesa e della tutela dei diritti della cultura italiana. Riteniamo, infatti, che tale campo sia realmente precondizione di ogni coinvolgimento in un comune percorso legato all'identità culturale della nazione.
Questa è una Commissione nella quale su molti argomenti si è riusciti a trovare un'unità di fondo, il che credo che rappresenti un segnale di grande patrimonio. Vogliamo, quindi, aiutarla a fare lobby e sostenerla politicamente nella sacrosanta rivendicazione in merito ai tagli alla cultura.
Voglio esprimermi in termini molto sintetici. Rispetto a ciò che oggi nel mondo rappresenta la cultura italiana, probabilmente siamo se non la più grande, una delle più grandi, ma a mio avviso la più grande, stratificazione storica culturale del pianeta e abbiamo, nel bilancio dello Stato, la più bassa partecipazione della spesa pubblica alle attività culturali del mondo occidentale.
Ciò non significa che sono personalmente convinto che si riesca a fare cultura soltanto attraverso il supporto pubblico. Ho idee anche molto diverse in questo senso. Tuttavia, è necessario dare un sostegno forte ad alcune attività che in sé non sono in grado oggi di mantenere una produttività. Penso, per esempio, alla lirica. È indiscutibile che mantenere la produttività di un settore come quello lirico, soprattutto se organizzato in un determinato modo, è molto difficile senza il supporto dello Stato. Tale supporto è fondamentale, perché si salvaguarda un tassello dell'identità culturale italiana, di una grande tradizione legata alla nostra storia culturale.
Vogliamo sostenere, in questo senso, la necessità di essere attenti e di non procedere con tagli orizzontali in questo settore, che è delicatissimo. Non vogliamo chiudere gli occhi di fronte agli sprechi che anche in questo settore sono diffusi. Intendiamo aiutare lei, e lei deve aiutare noi, a individuarli e a cercare modalità anche di tipo legislativo per aggirarli e superarli.
Occorre anche superare l'onnipresenza di alcuni funzionari del suo ministero, che mi sembra collezionino numerosi incarichi e che, a mio avviso, non l'aiutano neanche di una virgola nei confronti del mondo della cultura. In modo ingeneroso, anzi, finiscono per prendersela con lei rispetto a questioni che vanno oltre la sua persona. Mi sembra evidente che vada posto un freno a questo tipo di dinamica.
Riteniamo, quindi, che i tagli vadano reintegrati e che in Commissione si debba discutere su che cosa salvaguardare di essenziale. Penso che ci siano istituzioni irrinunciabili. Iniziare a citarle è pericolosissimo, ma se penso alla Triennale di Milano o alla Quadriennale di Roma credo che sia di comune percezione ciò che rappresentano, passando ovviamente per Venezia e per altre grandi istituzioni.
Vi sono poi altri enti, rispetto ai quali non è scandaloso discutere della loro finalità e della loro ragione sociale. Potremmo farlo in questa Commissione, supportando il dibattito con i dati, ma deve


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essere lei e dobbiamo essere noi, se ci consente, e non il Ministro, pur autorevolissimo, dell'economia e delle finanze a sancire che cosa tagliare e che cosa no. Dobbiamo essere noi a occuparci di questa vicenda.
Concludendo, voglio darle non so se un consiglio, ma un'indicazione. Credo, infatti, che, con la creazione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, se c'è un settore delle attività dello Stato che dovrebbe avere una quota da apporre nel bilancio ordinario del proprio dicastero rispetto ai beni confiscati alle mafie sia proprio il Ministero per i beni e le attività culturali.
Lo sostengo non soltanto perché esiste un'evidente connessione tra l'estensione delle attività culturali e la prevenzione della devianza mafiosa, ma per un motivo molto più caro anche alle sue relazioni introduttive di quando si è insediato al ministero. Mi riferisco al fatto che il più grande sottrattore di bellezza all'Italia è rappresentato dall'organizzazione criminale. Penso, quindi, al dato paesaggistico, ambientale e alla reintegrazione dei luoghi.
Perché questi fondi devono servire soltanto - ed è utile che lo facciano - a costruire caserme dei Carabinieri o ad acquisire la benzina per le macchine di scorta? Devono servire anche, dove è possibile, a reintegrare il paesaggio e a effettuare le demolizioni previste nel programma, che sono sotto la sua visione, per il reintegro della bellezza e la salvaguardia di alcune questioni legate all'articolo 9 della Costituzione. Possono aiutare anche a diffondere maggiormente la cultura, laddove essa diventa un fatto preventivo, dal punto di vista delle mentalità comuni, rispetto a questi fattori.
In finanziaria potremmo studiare come orchestrare tale azione. Se lei riterrà di avanzarla, potremmo sostenere l'iniziativa del Governo, credo unanimemente, per raccordarla.
Parliamo di cifre enormi. Teniamo conto che i beni non sequestrati, ma confiscati, rappresentano oggi un'entrata notevolissima per le casse dello Stato, ragion per cui una percentuale significativa, anche simbolicamente, dovrebbe andare a coprire alcune questioni che riguardano il suo dicastero.

GABRIELLA CARLUCCI. Volevo ringraziare il Ministro Bondi per essere presente e per avere imposto la sua volontà circa i tagli che questa manovra economica imponeva alla cultura. Il Ministro ha deciso e ha imposto la sua volontà nella scelta, nella selezione degli enti culturali che andavano tagliati e anche delle risorse che andavano erogate alla cultura. Non dimentichiamo, infatti, che le risorse erogate direttamente alla cultura si disperdono in mille rivoli e che, quindi, era giusta una razionalizzazione.
Detto ciò, una buona politica in materia culturale non si può limitare ai tagli, ma deve fare altro. Mi riferisco all'altro che questo Governo ha già fatto o che si appresta fare, ovvero alle misure fiscali attuate per il cinema che questo Governo, con il Ministro Bondi, ha portato a compimento. Esse hanno dovuto sottostare al vaglio dell'Unione europea, essendo considerate aiuti di Stato, ma proprio grazie al costante intervento del Ministro Bondi hanno ottenuto l'approvazione dell'Unione Europea e sono entrate in vigore nel 2009, con l'utilizzo retroattivo delle risorse. Le misure fiscali tax credit e tax shelter sono in vigore, di fatto, dal 2008 grazie al Ministro Bondi e ci tengo a ringraziarlo per questo.
Quando manca l'aiuto diretto dello Stato, intervengono dunque le misure fiscali che questo Governo ha messo in campo e che questa Commissione, nella legge-quadro relativa, propone anche per lo spettacolo dal vivo.
Si tratta, quindi, di un'ottima soluzione alla carenza di fondi diretti, perché l'ente, in questo caso le produzioni cinematografiche, nell'altro coloro che producono spettacoli dal vivo, potrà usufruire del tax credit o del tax shelter, ovvero di crediti di imposta o di utili reinvestiti.


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Vi devo riferire alcune cifre, altrimenti non ci rendiamo conto dell'opportunità che si è creata. Da giugno 2008 il mondo del cinema è ricorso ai crediti d'imposta per 114 film, chiedendo benefici per 48 milioni di euro. Ciò ha consentito allo Stato di ridurre i contributi diretti alla produzione da 46 a 36 milioni.
Per quanto riguarda le agevolazioni fiscali, è vero che inizialmente sono un mancato introito per lo Stato, si tratta di cifre importanti. Quest'anno abbiamo avuto 7 produzioni straniere molto importanti, che hanno investito 30 milioni di euro in due film.
Questo genere di interventi va utilizzato per il cinema e riproposto adesso nella manovra, altrimenti le misure fiscali finiscono nel 2010.

EUGENIO MAZZARELLA. Chiedo solo un brevissimo intervento su una delle questioni in oggetto. Ringrazio il Ministro per la sua presenza, anche perché mi consente di segnalargli l'incongruità qualitativa e quantitativa dei tagli alla cultura con alcune evidenze empiriche.
La stazione Dohrn a Napoli in realtà è unico capofila tra i tredici network di ricerca biologica in Europa. Veniva cassata, perdendo autonomia, mentre sul valore dell'autonomia il Ministro Gelmini propone una riforma. Peraltro, stanno tentando di difendere tale stazione undici premi Nobel, tra cui tre nel comitato scientifico.
Il Centro italiano ricerche aerospaziali (CIRA) è un'eccellenza della ricerca aeronautica.
Mi viene da chiedere che cosa bisogna fare al sud per essere qualificati come utili, anche perché tra i 232 enti che venivano cassati figura, per esempio, la Società nazionale di scienze, lettere e arti di cui fa parte l'Accademia pontaniana, la più antica d'Italia, che riceveva l'enorme somma di 30 mila euro. Ebbene, questa viene cassata, mentre invece restano le equivalenti società di Milano e di Padova, che già ricevevano 60 mila e 90 mila euro rispettivamente.
Dopodiché, o si è inutili lungo tutto l'asse della penisola, o è difficile esserlo solo sotto il Garigliano.
Il valore assoluto dei tagli alla cultura di per sé non salverà l'Italia, però si risponde giustamente parlando del valore simbolico del sacrificio che si chiede anche al mondo della cultura. Ci terrei che il Ministro recepisse, tuttavia, che il valore simbolico del contributo è tale se esso regge in termini qualitativi e quantitativi, cioè se c'è, sostanzialmente, una ragionata qualità dei sacrifici richiesti al Paese. Ovviamente, l'invito è che lei, con questa Commissione, si aiuti, come forse è giusto, a capire in che senso e dove è necessario che si tagli, ma quali sono le entità imprescindibili. In realtà, si può anche chiedere una deroga ai conti del Ministro Tremonti.

GIANCARLO MAZZUCA. Vengo al caso Duse di Bologna, dove si vive un momento paradossale. Da almeno quattro anni l'ETI, d'accordo con il Sindaco Cofferati, aveva chiesto la chiusura del Teatro Duse di Bologna e io ero stato uno dei pochi che si erano sollevati per cercare di salvarlo.
Adesso che è in ballo la sopravvivenza stessa dell'ETI, anche il Duse è diventato quasi un caso nazionale. Giustamente, tale teatro deve essere salvato. Alla luce delle esperienze precedenti, sono d'accordo sul fatto che la vicenda del Duse di Bologna dovrebbe essere stralciata rispetto all'ETI.
Il Sottosegretario Giro aveva parlato di un intervento di 600 mila euro all'anno per tre anni. È chiaro che tale intervento non salverà il Duse, ma si sta organizzando una cordata di imprenditori disposta a rilevare il teatro bolognese. Come vede, signor Ministro, la possibilità di una soluzione di salvataggio mista?

PIERFELICE ZAZZERA. Volevo solo sottolineare quanto sono lontani, signor Ministro, i giorni di quando lei venne in Commissione a parlarci dell'elogio della bellezza e della necessità di lanciare la cultura. Come dimostrano i fatti, per lanciare la cultura ci vogliono i soldi. Senza questi, non la potremo mai lanciare. Ho


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l'impressione, invece, che la cultura abbia lo stesso peso per Tremonti di quello che oggi il Presidente del Consiglio avverte parlando della Carta costituzionale.
Signor Ministro, le chiedo se conferma i tagli alle fondazioni e se al loro interno è stata stralciata la posizione della Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari. Conferma i tagli lineari del 50 per cento nella finanziaria? E rispetto a tali tagli, come intende programmare la politica culturale il Governo di cui lei fa parte?

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la replica.

SANDRO BONDI, Ministro per i beni e le attività culturali. Presidente, onorevoli colleghi, voglio innanzitutto rilevare che, come voi stessi potete testimoniare, non mi sono mai sottratto al mio dovere di partecipare al confronto parlamentare, soprattutto con la Commissione cultura, scienza e istruzione. Sono profondamente convinto, infatti, che il confronto vero debba svolgersi nel Parlamento e soprattutto nelle Commissioni parlamentari.
È in omaggio a questo principio che, appena ho saputo della richiesta di audizione, non ho fatto passare molti giorni per presentarmi di fronte a voi per dare risposte almeno alle questioni più importanti, che sono emerse anche negli interventi che mi hanno preceduto.
Senza alcuno spirito polemico, ma per convinzione, vorrei affermare innanzitutto che nessuno in questo Paese, neppure l'opposizione, detiene il monopolio della difesa della cultura.
La sinistra, l'opposizione, qui rappresentata in Commissione, certamente si batte per la difesa della cultura e ha una sua concezione elevata della cultura, ma credo che anche le forze politiche che rappresentano la maggioranza di Governo nutrano una stessa preoccupazione per le sorti, le prospettive della cultura nel nostro Paese, come emerso anche dalle parole dell'onorevole Granata, dell'onorevole Carlucci e di altri.
Anch'io nutro, analogamente, una preoccupazione per le sorti della cultura e cerco nel mio lavoro di fare tutto quello che posso per essere all'altezza di ciò che essa rappresenta, soprattutto in un Paese come l'Italia. Sono ben consapevole di essere ministro per i beni e le attività culturali di un Paese come l'Italia e non devo aggiungere altro.
Voglio soltanto precisare che non ho insultato nessuno; al contrario, come tutti sanno, sono stato molte volte insultato. La faziosità non alberga certamente in me o fra i membri della maggioranza di Governo. Durante l'inaugurazione del Museo di arte contemporanea a Roma, soltanto perché mi sono permesso di citare il nome del Presidente del Consiglio, sono stato subissato di rumori, fischi e via elencando.
Onorevole De Biasi, ho un unico torto, forse, quello di rimpiangere l'epoca in cui gli uomini politici, compresi i ministri, in particolare quelli della cultura, dialogavano col mondo della cultura. Non sottacevano le loro opinioni su tutti i problemi relativi, il che era un segno non soltanto di serietà, ma anche di rispetto per la cultura stessa.
Chi non dialoga con la cultura, chi è indifferente a ciò che affermano gli uomini di cultura ha poco rispetto per la cultura. Poiché ho un grande rispetto per la cultura e anche per il ruolo politico, credo che sia compito e dovere di un uomo politico quello di non sottacere le proprie opinioni sui problemi del mondo della cultura.
Quando alcuni uomini di cultura esprimono le loro opinioni politiche, credo che sia un mio diritto, non dico di reagire, ma far valere le mie ragioni politiche e culturali. Questo ho fatto e nient'altro. Questo ho fatto e continuerò a fare, proprio in ossequio all'idea che ho della cultura, dell'impegno politico, nonché del rispetto che si deve alla cultura nel nostro Paese.
Purtroppo, constato anche che è molto difficile in questo Paese essere disponibili al confronto, perché, quando si è disponibili al confronto, come credo di avere dimostrato in questi anni e in questi giorni, in cui è in discussione al Senato il decreto sulle fondazioni liriche, ciò viene scambiato per debolezza o diventa addirittura


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un esercizio inutile. Infatti, di fronte a un'offerta di dialogo e di confronto, spesso si ricevono contumelie, un'opposizione assoluta, una contrapposizione altrettanto assoluta. Ciò, naturalmente, rende difficile per chi vuole aprire un confronto rendere tale confronto produttivo e utile per il Paese e di questo, naturalmente, sono molto dispiaciuto.
Per quanto riguarda la prima questione, quella della manovra economica, voglio ripetere in questa sede, come ho già fatto innumerevoli volte, che ho condiviso e condivido l'impostazione generale del provvedimento sull'economia e sui conti pubblici adottato dal Consiglio dei ministri e proposto dal Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti.
Sono Ministro per i beni e le attività culturali, ma sono anche un uomo politico, come voi, e ritengo che questo provvedimento sia stato assunto nel momento giusto, nei tempi giusti e nel modo giusto, proprio per affrontare una crisi che è di fronte a noi, è drammatica e non nasce in Italia, ma riguarda tutte le economie sviluppate del mondo.
Credo che una grande forza politica, responsabile, dell'opposizione, come il PD, non possa ignorare questo fatto. Occorre considerare che la crisi non è dell'economia italiana, ma è internazionale e mette a dura prova in tutti i Paesi occidentali e moderni non soltanto le economie, ma anche la concezione dello Stato, il rapporto con l'economia, il rigore nei conti pubblici, lo Stato sociale. Tali questioni interpellano non solo il nostro Governo di centrodestra, ma anche una grande forza politica dell'opposizione come il Partito Democratico.
Ritengo che anche nel settore della cultura sia necessario ridurre gli sprechi e razionalizzare le spese, non per diminuire la spesa nell'ambito della cultura, ma per sostenere le eccellenze culturali. Dobbiamo - ne sono profondamente convinto, anche in base alla mia esperienza di ministro - ridurre gli sprechi e razionalizzare le spese anche nell'ambito della cultura.
È vero che in Italia spendiamo meno che in tutti gli altri Paesi europei, stante il fatto che abbiamo più cultura, quindi più necessità di investire in questo settore; tuttavia, in questo momento storico dell'economia italiana e internazionale, dobbiamo ridurre gli sprechi proprio per sostenere le eccellenze culturali. In Italia spendiamo poco, certo, ma spendiamo anche male. Dobbiamo spendere meglio.
Sono convinto che d'ora in avanti dobbiamo spendere meno in mille rivoli e di più nei settori della cultura che rappresentano eccellenze culturali, alle quali non possiamo rinunciare e non rinuncerò. Posso garantire che non rinuncerò a difendere questa concezione.
Mi sono mosso proprio in questa direzione anche con il decreto sulle fondazioni liriche. Nessuno in questo Paese può affermare che non fosse necessario assumere un provvedimento sulle fondazioni lirico-sinfoniche. Tutti conoscono, anche l'opposizione, le condizioni difficili e drammatiche in cui versano da anni tali fondazioni, ma nessuno in questi anni è mai intervenuto.
Io mi sono assunto la responsabilità di compiere una scelta. So che è una scelta difficile, che è impopolare, che sono bersaglio di tutte le critiche in questo Paese. Ho visto anch'io, come voi, le manifestazioni nei teatri e le orchestre in piazza. Non mi fanno piacere questi episodi, ma sono consapevole che dovevo assumermi la responsabilità di prendere un provvedimento che non affossasse la cultura, che non distruggesse la lirica in Italia, ma che la salvasse dal fallimento. Questo è il mio spirito. La mia convinzione è che ho preso questa decisione per salvare la lirica, perché di questo passo essa sarebbe andata incontro, e va incontro, a un fallimento.
Sono convinto che il problema della cultura in Italia non sia l'assenza di finanziamenti. È anche l'assenza di finanziamenti, ma non soltanto. Non mi stancherò mai di ripetere che il problema di molti settori della cultura non è la mancanza di finanziamenti e che non si risolve il problema con più soldi, più finanziamenti, più contributi. Lo ha affermato


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anche un intellettuale che non è di destra, come Alessandro Baricco. Avrete letto anche voi, come ho fatto io, i suoi articoli su La Repubblica.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. È un suo fan?

SANDRO BONDI, Ministro per i beni e le attività culturali. No, Baricco non è un mio fan. C'è un briciolo di faziosità anche in questo commento, onorevole, che perdono.
Credo che il problema non sia questo. Onorevole Zazzera, lei ha ricordato le mie parole sull'elogio della bellezza e ha affermato che ho dovuto fare i conti col fatto che ci vogliono i soldi. No, non ci vogliono i soldi. A differenza di altri miei predecessori della sinistra, ho dimostrato che si può tutelare la bellezza, si può tutelare il patrimonio storico e artistico di questo Paese, come il Pincio o l'Agro romano, senza bisogno di soldi, ma con scelte politiche.
Spero che l'opposizione mi darà atto almeno di questo, di aver difeso un patrimonio storico, artistico e culturale come il Pincio o l'Agro romano, con atti politicamente importanti. Non c'era bisogno di soldi, ma di una volontà politica. Nessuno prima di me l'ha avuta. Io l'ho avuta proprio perché credo in quanto affermo. Credo che dobbiamo difendere la cultura in questo Paese, il patrimonio storico e artistico e ritengo di essere coerente con quello che affermo. Mi creda, non è stato facile prendere quei provvedimenti.
Ritengo che il problema della crisi della cultura in Italia si risolva non con maggiori contributi, ma con le riforme. Usciamo dalle difficoltà non con maggiori contributi, a volte anche con i contributi, ma con le riforme. Come l'Italia ha bisogno di riforme nell'ambito della scuola e dell'università, ha bisogno anche di riforme anche nell'ambito della cultura. Di questo mi sto occupando. Posso essere criticato e accusato di aver commesso errori, ma non su questa impostazione.
Inoltre, le riforme possono essere migliorate. Infatti, per quella che ho proposto sulle fondazioni liriche non ho blindato il decreto al Senato. Fin dal primo giorno, ai sindacati, ai sovrintendenti, ai sindaci, in Parlamento ho riferito che il decreto era necessario, ma anche che era aperto al confronto. Ho detto loro che, se avevano idee migliori delle mie, le dovevano proporre e che le avrei accolte. Così ho fatto al Senato e così farò anche qui alla Camera, se necessario. Mi sono comportato in questo modo.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Quindi non lo blinda alla Camera?

SANDRO BONDI, Ministro per i beni e le attività culturali. Come lei saprà, onorevole, nel dibattito al Senato ho accolto molte proposte che venivano dall'opposizione e dalla maggioranza. Ho accolto tutte le posizioni ragionevoli. Questo è il confronto che concepisco.
Come ricordavo, il decreto arriverà la settimana prossima alla Camera e tornerò in Commissione, presidente - su questo non è necessario che io intervenga - per illustrarlo.
Per quanto riguarda sempre la manovra economica e gli istituti di cultura, credo di dover spendere poche parole, perché le vicende sono note a tutti. Credo di avere compiuto il mio dovere e che di questo almeno mi possa essere dato atto.
Ringrazio l'onorevole Granata e accolgo il suo spirito molto positivamente. Apprezzo quando sostiene che la Commissione cultura, scienza e istruzione è qui anche per aiutarmi a vincere la sfida. Non nego di averne bisogno.
Spesso la Commissione cultura della Camera e del Senato mi hanno aiutato in questa battaglia non facile, che però credo di aver impostato bene. Ho espresso un concetto molto banale, semplice e scontato. Ho affermato, cioè che ero d'accordo sul provvedimento generale e ho riconosciuto che - come ho ripetuto in questa Commissione apertamente - anche nella cultura è necessario razionalizzare la spesa e ridurre gli sprechi, ma ho aggiunto semplicemente che gli eventuali tagli, le riduzioni e gli interventi spettavano al


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Ministro per i beni e le attività culturali. Non ho fatto tali affermazioni per una rivendicazione di competenza o per orgoglio personale, ma perché credo di sapere meglio di chiunque altro dove, come e in che modo intervenire per ridurre le spese. Questo non vale soltanto per il mio ministero, naturalmente, ma anche per gli altri.
Sono d'accordo che la soluzione migliore non sia operare tagli orizzontali, ma piuttosto, una volta decisi i tagli, demandare ai ministri competenti il compito di proporre gli interventi e i provvedimenti necessari per ottemperare ai tagli previsti per gli interessi generali del nostro Paese.
In proposito, tuttavia, credo che si debba anche apprezzare il fatto che, nella sua ultima formulazione, il decreto non preveda più l'azzeramento, come era stabilito inizialmente, ma la riduzione degli attuali contributi a favore degli enti, delle fondazioni e delle associazioni, una responsabilità che viene attribuita, come precisavo, ai singoli ministri e a me in particolare. Ho 60 giorni di tempo per varare un decreto per presentare proposte relative agli enti che erano stati sottoposti e presi in considerazione inizialmente.
Ripeto in questa Commissione che intendo procedere in questo lavoro coinvolgendo l'intero mondo della cultura - ho già fissato alcuni incontri con le associazioni, le fondazioni e via elencando - il Governo e il Parlamento. Quando parlo del Parlamento, mi riferisco naturalmente in primo luogo a questa Commissione. È mio desiderio, infatti, tornare in questa Commissione per sottoporre alla vostra attenzione i criteri che intenderei adottare per procedere a queste scelte.
Vorrei avanzare alcune idee su come intendo procedere, visto che ne ho l'opportunità, e trovo che sia giusto che anche i colleghi sappiano in che modo intendo cominciare a lavorare in questo settore.
Ho tre idee. In primo luogo, voglio stilare un elenco di istituti, associazioni e fondazioni che hanno un rilievo nazionale, se non, in alcuni casi, addirittura internazionale. Parlo di istituti e fondazioni a cui riconosceremo un valore, un'importanza, un interesse nazionale per l'attività scientifica e culturale che svolgono e per i beni e i servizi che hanno in dotazione (biblioteche, servizi, personale), che formano istituzioni alle quali non possiamo rinunciare per il loro valore culturale e per le attività che svolgono nel Paese.
Poi vi sono altri istituti, che metterei in una seconda lista, alcuni dei quali parimenti importanti, ma di natura e di interesse culturale di carattere regionale, se non locale. Per questi istituti credo che si debbano coinvolgere anche gli enti locali e le regioni.
Capisco che gli enti locali abbiano difficoltà finanziarie, ma, cari colleghi, le regioni - sono stato sindaco e so di che cosa parlo - dispongono di molti fondi. È la verità, non neghiamola. Le regioni dispongono di molti fondi e, come lo Stato, dovranno assumersi le proprie responsabilità e compiere le proprie scelte.
Il terzo elemento che sottopongo alla vostra valutazione riguarda i comitati per le celebrazioni. Per il 2010 è prevista una somma di 3,5 milioni di euro da stanziare per i comitati celebrativi. Non vi cito quello che ha detto Pier Franco Quaglieni direttore generale del Centro Pannunzio, cui avevamo destinato 220 mila euro per mia iniziativa.
Vi pongo un quesito: se rinunciamo per quest'anno ai comitati celebrativi per Vespasiano, Pinturicchio e altri, faremmo un torto alla cultura italiana? Arrecheremmo un danno irreparabile alla cultura italiana? Non credo, francamente. Non credo che, se per un anno compiamo il sacrificio di non organizzare i comitati per le celebrazioni, salvo quello di Cavour, perché l'anno prossimo celebriamo il 150o anniversario, arrecheremo un gran danno alla cultura italiana. Credo, dunque, che abbia un senso politico e culturale quello di stralciare da questo elenco il comitato per le celebrazioni di Cavour, mentre per tutti gli altri, se interveniamo a partire da questo settore, proprio per impedire i tagli agli enti più importanti, non compiamo un danno irreparabile alla cultura italiana.


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Di questo sono convinto, però su questo punto sono disposto a tornare prossimamente di fronte a questa Commissione.

MANUELA GHIZZONI. Possiamo discutere di tutto, ma noi abbiamo già espresso in questa Commissione un parere articolato sui Comitati Nazionali per le celebrazioni. Mi chiedo, dunque, come si possa intervenire a metà anno. Evidentemente, siete proprio in un vuoto di programmazione incredibile.
Hanno lavorato i comitati...

SANDRO BONDI, Ministro per i beni e le attività culturali. Questo è vero. La proposta di legge avrebbe dovuto essere discussa dal Senato. Prima che ciò avvenisse, l'ho ritirata soltanto perché era necessario prendere una decisione. Finché non prendiamo una decisione, ho ritenuto opportuno ritirare il provvedimento dalla discussione al Senato e svolgere una valutazione.
Se alla fine della valutazione decidiamo di tornare su questa strada, possiamo sempre farlo. Tuttavia, essendo in un momento di discussione, ho trovato giusto ritirarla e sospendere la decisione finale.
Vengo ad altri due punti che sono stati sollevati. Quanto alla questione di Vittorio Sgarbi, credo che non ci siano discussioni sulla facoltà del Ministro di scegliere i dirigenti del ministero sulla base della legge, ma non è questo il punto.
Vittorio Sgarbi è stato, ed è, un sovrintendente in aspettativa, quindi un funzionario dello Stato, ed è stato anche presidente di questa Commissione della Camera. Penso che si possa avere qualsiasi opinione su di lui, ma non sostenere che gli manchino le competenze in questo settore.
Sono convinto - e mi assumo la responsabilità di quanto affermo, naturalmente - che il professor Sgarbi potrà dare lustro all'incarico che intendo affidargli come sovrintendente del Polo museale veneziano. Questa è la mia convinzione, di cui naturalmente mi assumo personalmente la responsabilità politica e personale.
Sulla legge-quadro dobbiamo dare merito all'onorevole Carlucci e all'intera Commissione cultura, scienza e istruzione di aver svolto un ottimo lavoro. Sto valutando e cercando con i miei collaboratori la possibilità di finanziare questa legge. Spero di poter partecipare alla vostra prossima riunione ed esporvi in che modo intendo procedere.

PRESIDENTE. Credo che se lei riuscirà a farlo, troverà in questa Commissione più che un alleato, perché la Commissione cultura, scienza e istruzione ha lavorato lealmente per questi temi, senza distinzione tra maggioranza e opposizione. Confidiamo, quindi, che si avveri questo auspicio.
Nel ringraziare il Ministro Bondi per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.

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