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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VIII
36.
Giovedì 16 febbraio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

Audizione del Capo del Dipartimento della protezione civile, prefetto Franco Gabrielli, sull'assetto del Dipartimento della protezione Civile (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 8 10 16
Benamati Gianluca (PD) ... 15
Bocci Gianpiero (PD) ... 11
Braga Chiara (PD) ... 16
Bratti Alessandro (PD) ... 12
Di Biagio Aldo (FLpTP) ... 10
Dionisi Armando (UdCpTP) ... 8
Gabrielli Franco, Capo del Dipartimento della protezione civile ... 3
Lanzarin Manuela (LNP) ... 12
Mariani Raffaella (PD) ... 10
Motta Carmen (PD) ... 14
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 13
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 15

ALLEGATO: Documentazione consegnata Capo del Dipartimento della protezione civile, prefetto Franco Gabrielli ... 17
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

[Avanti]
COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 16 febbraio 2012


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Capo del Dipartimento della protezione civile, prefetto Franco Gabrielli, sull'assetto del Dipartimento della protezione civile.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Capo del Dipartimento della protezione civile, prefetto Franco Gabrielli, sull'assetto del Dipartimento della protezione civile.
Do la parola al prefetto Gabrielli per la relazione.

FRANCO GABRIELLI, Capo del Dipartimento della protezione civile. Ringrazio il presidente e gli onorevoli commissari.
Cercherò di essere breve. Ho peraltro consegnato al presidente un documento che risponde alla questione posta dalle mozioni che hanno dato luogo a questo mio intervento, cioè la collocazione del Dipartimento della Protezione civile all'interno della Presidenza del Consiglio dei ministri. Credo che questa collocazione sia non solo nelle cose, ma anche nella storia del sistema di protezione civile del nostro Paese. Lo sforzo che abbiamo compiuto con questo documento è stato anche quello di comparare la realtà italiana con quella degli altri Paesi dell'Unione europea alla luce degli innumerevoli attestati che le organizzazioni internazionali attribuiscono al nostro sistema di protezione civile.
Vorrei fare una piccola sottolineatura negativa. Abbiamo collezionato negli ultimi anni circa duecento visite di parlamentari ed esponenti di governo di tutti i Paesi del mondo, che sono venuti nelle sedi del Dipartimento per conoscere il nostro sistema e molto spesso hanno dato vita nei loro Paesi al modello italiano. Al contrario sono pochi i nostri parlamentari che vengono a vedere come funziona il sistema di protezione civile.
Io continuo a sostenere che il Dipartimento debba rimanere collocato all'interno della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le voci circolate in questi giorni hanno creato uno stato di fibrillazione nel personale del Dipartimento, soprattutto durante la gestione delle emergenze. Credo che per il rispetto che si deve a questi operatori occorra dire una parola certa e definitiva. Mi permetto, inoltre, di ribadire qualcosa che forse non tutti hanno apprezzato fino in fondo. Chi oggi, in qualità di organo di vertice del Dipartimento, sostiene la collocazione del Dipartimento stesso nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri è un prefetto della Repubblica. Si può pensare tutto tranne che sia persona prevenuta nei confronti, ad esempio, del Ministero dell'interno perché da quel ministero proviene e a quel ministero sicuramente tornerà. Questa valutazione scaturisce da un giudizio che io ritengo onesto e che tiene conto di quanto dicevo.


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Questa audizione si situa a valle di alcuni eventi e nell'ambito, a mio parere, di una più complessiva discussione su che cosa è e può essere la Protezione civile al di là della collocazione del Dipartimento. In questi giorni sono stato destinatario di critiche, di invettive e di accuse, ma ho anche sentito molte argomentazioni distanti dalla rappresentazione corretta della realtà. Vorrei, quindi, fare anzitutto alcune precisazioni.
Si è parlato di previsioni meteorologiche, tema su cui si sono incontrate e scontrate le vicende romane. Le previsioni sono, per loro natura, probabilistiche e hanno un senso se a valle di esse esiste una pianificazione in grado di gestire indicazioni che hanno sempre e comunque un grande ambito di incertezza. Io vorrei rivolgere un plauso al nostro sistema di previsione. Da alcuni esponenti anche di questo ramo del Parlamento ho ascoltato parole forti («smantelliamo la Protezione civile», Protezione civile colabrodo e via dicendo) e accuse gravi anche contro il suo sistema previsionale giudicato inefficiente, ma vorrei ricordare che siamo l'unico organismo pubblico europeo a elaborare previsioni sugli effetti al suolo delle forzanti meteorologiche.
Nessun altro organismo pubblico di Protezione civile in Europa produce previsioni di questo genere. L'elemento di incertezza che dobbiamo affrontare è, quindi, duplice. Da un lato c'è quello propriamente meteorologico e dall'altro c'è quello conseguente agli effetti al suolo della previsione meteorologica, laddove molto spesso si fa polemica sui centimetri, che a loro volta subiscono una serie di condizionamenti che anche chi possiede elementari conoscenze di meteorologia può confermare.
Al tempo stesso, credo però - su questo ero già tornato in una precedente polemica - che i sindaci non possano essere lasciati alla berlina nel momento in cui assumono decisioni sulla base delle previsioni. Mi sembra un'altra perversione. Si era già verificato a Genova e si è poi verificato a Roma. Al di là del grado di correttezza della pianificazione, siccome alcune decisioni più o meno forti si prendono in base alle previsioni e le previsioni possono concretizzarsi in un evento piuttosto che in un altro, credo che non sia corretto assumere atteggiamenti censori nei confronti di un sindaco per le decisioni assunte. Se viene vietata la circolazione ai motorini o alle minicar perché le previsioni indicavano una possibilità e questa possibilità non si verifica, la colpa non è del sindaco.
All'epoca dell'alluvione di Genova dissi che questo aspetto ingloba un approccio nuovo che passa attraverso un patto sociale nel quale l'interesse primario è la salvaguardia delle vite. Rispetto a questo interesse primario possono essere anche adottati atteggiamenti cautelativi eccessivi, ma eccessivi secondo una valutazione ex post e non ex ante. Se si crea un circuito per cui i sindaci, che sono chiamati a prendere decisioni necessariamente sulla base di previsioni che hanno un certo grado di incertezza, sono poi sottoposti a valutazioni ex post per le decisioni assunte e a giudizi censori qualora determinate situazioni non si verifichino, è chiaro che si mette in moto un meccanismo perverso per il quale si è arrivati addirittura a chiedere lo smantellamento del sistema revisionale. Sistema che, anche in questa sede, confermo essere invece all'avanguardia nel nostro Paese.
L'altro elemento che ha caratterizzato la polemica di questi giorni sulla la legge n. 10 del 2011. Credo di essere al di sopra di ogni sospetto circa la mia posizione su tale legge. L'ho già detto in passato in questa Commissione parlamentare e, a suo tempo, lo scrissi tempestivamente. Adesso mi trovo in compagnia di mezzo mondo, ma il 17 febbraio del 2011, quando inviai una lettera all'allora Presidente del Consiglio dei ministri, al Sottosegretario Letta, al Ministro Tremonti e al Presidente della Conferenza delle regioni Errani, non era così. Aggiungo che la mia lettera si collocava temporalmente nel momento di passaggio del disegno di conversione in legge del decreto-legge n. 255 del 2010 (cosiddetto «decreto milleproroghe») tra le due Camere,


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cioè dopo l'approvazione da parte di un ramo del Parlamento e prima dell'inizio del dibattito nell'altro ramo.
Così scrissi in quell'occasione: «Dopo avere preso visione del maxiemendamento al disegno di legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie», approvato dal Senato nella giornata di ieri, ho dovuto verificare che vi rientrano disposizioni che alterano profondamente il quadro normativo delle competenze nella materia della Protezione civile, rendendo di fatto ingestibili gli stati emergenziali con gli occorrenti requisiti di immediatezza e tempestività. Spiace, peraltro, rilevare che vana è rimasta l'approfondita interlocuzione da me intrapresa con i dirigenti del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), che pure era volta a pervenire a una riforma del sistema di Protezione civile condivisa e più rispondente agli interessi della collettività.
Mi riferisco in particolare alla disposizione che sottopone le ordinanze di Protezione civile al preventivo concerto del Ministero dell'economia sugli aspetti di carattere finanziario. In alternativa a questa disposizione, avevo suggerito o di individuare un termine di trentasei ore - quindi non ad horas - per l'espressione del parere del Ministero dell'economia o di consentire al Presidente del Consiglio nell'immediatezza dell'urgenza di procedere in assenza di concerto. Avevo altresì suggerito che il concerto fosse limitato alla sola copertura finanziaria.
L'attuale formulazione, oltre a estendere il sindacato del Ministero dell'economia a qualunque disposizione di carattere emergenziale, posto che anche la localizzazione di una tenda in un luogo anziché in un altro può implicare riflessi di natura finanziaria, costringerà per il futuro ad attendere il completamento di complesse procedure burocratiche, proprie del Ministero dell'economia, per il rilascio del concerto, che, per esplicita ammissione dei rappresentanti del medesimo Ministero interpellati, giammai potrà esaurirsi nell'arco delle trentasei ore e richiederà tempi molto più lunghi, come l'esperienza delle ordinanze per il terremoto dell'Abruzzo quotidianamente insegna.
Si segnala, infine, che il concerto del Ministero dell'economia non appare limitato all'ipotesi in cui siano erogati fondi statali, ma risulta esteso anche a quelle in cui, per la soluzione dell'emergenza, siano messi a disposizione i fondi regionali e ciò in chiara contraddizione con l'evoluzione del sistema costituzionale in senso federalista.
Anche la previsione della sottoposizione al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti degli atti adottati dai commissari delegati determinerà intralci obiettivi all'azione di concorso delle popolazioni colpite dagli eventi emergenziali, sia perché nessun commissario si assumerà la responsabilità di agire senza il preventivo nulla osta della Corte dei conti sia perché la norma, per come è strutturata, si innesta in una disciplina che consente alla Corte dei conti di sospendere il termine con richiesta istruttoria, allungandolo fino a trenta giorni. Ecco perché nessun commissario assumerà a proprio rischio l'onere di dichiarare la provvisoria efficacia del provvedimento da adottare.
Spiace ancora rilevare che con il maxiemendamento sono state erogate somme per l'importo complessivo di 100 milioni di euro per gli anni 2011 e 2012 in relazione alle alluvioni che hanno colpito la Liguria, il Veneto, la Campania e la provincia di Messina, definendosi nella medesima disposizione il relativo riparto. Sull'allocazione di tali risorse il Dipartimento non è stato tuttavia minimamente interpellato, sicché non si comprende in che modo sia stata condotta l'istruttoria che ha definito la spettanza e l'ammontare delle somme assegnate. A puro titolo esemplificativo, ci si domanda per quale motivo la Calabria, che ha subito per i medesimi eventi alluvionali danni stimati in oltre 150 milioni di euro, non risulti destinataria di alcuna risorsa.


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Si perpetua, quindi, un metodo, inaugurato con lo stanziamento di 300 milioni in favore del Veneto per l'alluvione dei mesi di ottobre e novembre 2010, che ha sottratto al Dipartimento della Protezione civile, che è l'unico organo tecnicamente qualificato alla stima dei danni derivanti dalle calamità, ogni legittimazione a interloquire. Viene così a essere modificato un sistema faticosamente costruito negli anni e che aveva fino a oggi incontrato il consenso delle regioni, non essendosi voluta seguire la ben più coerente strada del rifinanziamento del Fondo nazionale e del Fondo regionale di Protezione civile.
Se, dunque, il maxiemendamento non verrà opportunamente corretto nel successivo passaggio della legge di conversione alla Camera dei deputati, rappresento fin d'ora che darò indicazione agli uffici e ai commissari delegati di non intraprendere alcuna azione in assenza dei preventivi pronunciamenti del Ministero dell'economia e della Corte dei conti e svolgerò una capillare opera di informazione presso le procure della Repubblica presenti sul territorio nazionale per chiarire come sia stato innovato il quadro delle competenze in materia di Protezione civile, non potendosi chiedere ai miei uffici e ai commissari delegati di assumersi enormi responsabilità civili, penali e amministrative, a fronte dell'impossibilità di individuare in piena autonomia le soluzioni più idonee al superamento del contesto emergenziale.
Appartengo alla cultura del controllo e non ho mai inteso sottrarre l'azione del Dipartimento al suo espletamento, ma conosco molto bene quanto siano immediate le esigenze delle popolazioni colpite da fenomeni calamitosi e quindi mi è facile prevedere come questa riforma della Protezione civile, affidata a uffici che non se ne sono mai occupati, rovinerà definitivamente un sistema organizzativo fino a oggi invidiato nel resto del mondo».
Potremmo dire che siamo stati facili profeti, ma permettetemi un appunto. Io non vorrei che questo dibattito si limitasse a un ipotetico restyling della legge n. 10 del 2010 perché, a mio giudizio, non sarebbe sufficiente. È un sistema complesso, ma è un sistema policentrico coordinato che si basa sul principio di sussidiarietà, per cui dapprima vi è l'intervento dell'autorità più a contatto con i cittadini. Ed è un sistema che può funzionare solo se tutte le sue parti funzionano e se sono chiare le catene di comando e la governance. E in questo momento credo che il sistema abbia intrinseche criticità, su tutte quella relativa al rapporto che esiste tra le regioni e i coordinamenti provinciali e all'interno dei coordinamenti provinciali tra il ruolo del prefetto e il ruolo delle amministrazioni elettive. La legge n. 225 del 1992 all'articolo 14 attribuiva al prefetto determinati compiti. Dopo il 1992 è arrivato il decreto legislativo n. 112 del 1998 ed è stata approvata la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, dopo di che la legge n. 265 del 1999 ha sottratto ai prefetti alcune competenze. Credo, quindi, che questa sia l'occasione per stabilire di nuovo correttamente chi deve fare che cosa.
Io temo che all'esito di questa polemica si possa immaginare che una semplice modifica della legge n. 10 del 2010 ripristini le condizioni ex ante. Ma io vi dico con molta chiarezza che ciò non sarà possibile. Le criticità di cui sto parlando, infatti, sono preesistenti alla legge n. 10 del 2010, con la differenza che in quel contesto temporale il Dipartimento era fortissimo e disponeva di risorse e disponibilità di intervento tali da appianare, per così dire, le criticità esistenti: per l'esattezza, dirò che, laddove l'evento calamitoso era di una certa importanza, l'intervento del Dipartimento annullava le criticità.
Oggi, un ritorno al passato è impensabile per due ordini di motivi. Il primo è che non ci sono più le risorse. Le risorse di cui il Dipartimento disponeva prima non ci saranno più, così come non potranno essere più ripristinati, anche con uno sforzo notevole, gli strumenti particolarmente incidenti che esistevano prima. All'università mi hanno insegnato che «la legge segue il fatto» e determinati fatti


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non potranno non essere considerati dal legislatore nel momento in cui definirà alcuni aspetti sul piano legislativo.
Per questo dico che un ritorno al passato non sarà possibile. Per evitare che alla prossima alluvione si verifichi un'ulteriore crocifissione oppure che si dica che si stava meglio quando si stava peggio, credo che questa sia l'occasione per andare al di là di un semplice restyling della legge n. 10 del 2010. Un restyling potrebbe comportare la delimitazione degli stati emergenziali in modo che il visto della Corte dei conti sia successivo e non preventivo, ma comunque il MEF vorrà mantenere un'attività di controllo, pur perdendola, al limite, per l'immediatezza dell'evento.
Tra gli stati emergenziali che gestiamo, tolti quelli sui generis, dal traffico alle varianti di valico, l'evento calamitoso più ricorrente è quello alluvionale, che credo incida per il 60 per cento sul totale degli stati emergenziali. E dunque, nel caso di un evento alluvionale e di un intervento da noi definito di somma urgenza, anche ripristinando una capacità di intervento immediato da parte del Dipartimento, questo si sostanzierà essenzialmente in tre azioni: una rapidissima attività di somma urgenza per evitare che la situazione degeneri, l'assistenza alla popolazione e una minima eliminazione del rischio residuo.
Ma noi sappiamo che la parte più ingente degli interventi necessari riguarda l'attività successiva di ristoro dei danni provocati dall'alluvione. E anche ammesso che in questo Paese tale linea di condotta, che pone interamente a carico della sfera pubblica il ripristino dei danni, possa essere ancora sostenuta - ma io continuo a pensare che prima o poi dovremo affrontare l'aspetto assicurativo -, io chiedo: chi svolgerà questa seconda parte dell'attività e con quali strumenti o risorse? Intervenire, dunque, sul piano legislativo per consentire che il Dipartimento possa intervenire per una semplice riduzione degli ambiti emergenziali e per metterlo in condizione di agire anche laddove la situazione regionale non lo consente rappresenta, a mio avviso, un approccio parziale.
Anche quanto è successo nella recente «emergenza neve», conferma questi miei dubbi. In tale circostanza, infatti, pur non avendo strumenti, ma godendo questa volta della copertura politica, siamo riusciti a intervenire garantendo, ad esempio, l'impiego di mezzi privati. Ma io chiedo: come si affronterà ciò che risulterà a valle dell'emergenza neve e come si farà fronte ai danni subiti? Il rischio, a mio giudizio, è che un intervento parziale in questo momento possa non essere esaustivo. Per questo vado dicendo da tempo che solo un dibattito parlamentare, e non un intervento di ingegneria ministeriale, potrà mettere mano al problema. In caso contrario, sposteremmo solo temporalmente la verifica del fatto che il sistema, così com'è, non risponde adeguatamente.
Come ripeto, ci sono criticità, a volte evidenziate dai sindaci, altre volte dalle regioni o dal livello provinciale, che credo sia arrivato il tempo di affrontare in maniera complessiva. Perché se non le si affronterà, venuto meno un certo tipo di Dipartimento della Protezione civile che mette «pezze a colori» a destra e a manca, il problema rimarrà e di volta in volta le richieste dei cittadini, a seconda della differente capacità di ogni singolo sistema locale di rispondere, rimarranno inevase. Di questo interrogheranno prima le strutture e poi inevitabilmente il livello politico.
In questi giorni ho assistito all'assurdità di sindaci che chiedevano come comportarsi al Dipartimento, bypassando completamente i livelli intermedi. Ma, siccome non penso che siano ammattiti, mi riesce più semplice immaginare che in mezzo non ci sia niente o che in molte situazioni i sindaci siano lasciati a se stessi. Questo però deve farci interrogare. Poiché il nostro è un Paese che non ha memoria, potrei citarvi innumerevoli esempi in cui le cose sono andate in questa maniera, ma quel che accadeva in passato era che gli eventi eclatanti erano gestiti con la centralizzazione


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delle risorse e degli interventi normativi di cui abbiamo parlato. Oggi, tuttavia, tutto ciò non esiste più.
Un semplice restyling della legge n. 10 può porre qualche rimedio, ma sicuramente non risolve il problema di sistema. Credo di essere nella sede più opportuna per invitare la Camera dei deputati, per quello che è il ruolo che si può riferire a un pubblico funzionario, a prendere in mano una situazione che solo in questa sede può essere adeguatamente trattata. So che il Governo si è impegnato e peraltro ha già istituito un tavolo tecnico governativo, ma quello sarà solo un angolo visuale.
La materia deve vedere impegnati il Governo, le regioni, gli enti locali e il sistema complessivo, ma credo che l'unico luogo che rappresenti tutte queste istanze sia il Parlamento della Repubblica.

PRESIDENTE. Ringrazio il prefetto Gabrielli anche per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.

ARMANDO DIONISI. Io condivido gran parte delle riflessioni e delle considerazioni che il prefetto Gabrielli ha svolto, soprattutto in relazione agli ultimi eventi calamitosi che hanno riguardato alcune regioni del centro Italia.
Il nostro Paese è a rischio sismico non prevedibile, anche se certo si potrebbe costruire in maniera diversa, ed è a rischio idrogeologico, e anche in questo caso le istituzioni hanno la responsabilità di aver consentito di edificare in zone inadatte. Proprio per questo, seppure nel nostro Paese c'è una cultura della protezione civile c'è, a mio avviso, essa deve essere sviluppata maggiormente. Di per sé, infatti, non è sufficiente, se non rendiamo consapevoli le popolazioni delle difficoltà insite in alcuni eventi, alcuni prevedibili e altri imprevedibili.
Credo che la Protezione civile in generale abbia svolto un ruolo importante in questo Paese, non solo nella fase delle emergenze, ma anche per la capacità politica di prevenire e mitigare alcuni rischi. Il sistema italiano di Protezione civile è basato su un'articolazione che parte dal territorio, dai comuni, dalle province e dalle regioni, e arriva al livello nazionale, con un ampio contributo del volontariato. Si stima, addirittura, che i volontari della Protezione civile su tutto il territorio italiano siano oltre un milione.
La Protezione civile negli ultimi anni ha fronteggiato eventi gravi, a cominciare dal terremoto dell'Aquila, e credo che abbia testimoniato a livello europeo e mondiale un certo grado di efficienza. È vero però che negli ultimi anni la Protezione civile sembrava essere diventata il luogo deputato a risolvere tutti i problemi italiani e una serie di episodi di cronaca giudiziaria hanno finito per appannarne l'immagine. Era considerata il «toccasana» di tutti i ritardi e le difficoltà del nostro Paese. Poiché questo Paese presenta ritardi cronici, qualunque grande evento, dal Giubileo al G8 della Maddalena, veniva affidato alla Protezione civile, dotata ormai di grandi risorse. Le risorse, infatti, passavano non più attraverso i canali ordinari dei ministeri, ma attraverso la Protezione civile.
Come dicevo, alcuni eventi di cronaca hanno infine offuscato l'immagine della Protezione civile, un'istituzione che oggi va salvaguardata e recuperata. Il legislatore è poi intervenuto con il decreto legge n. 225 del 2010 (convertito con legge n. 10 del 2011), più volte ricordato dal prefetto, che ne ha ridotto la capacità di intervento sottoponendo ogni mossa del Dipartimento a una serie di vincoli e di autorizzazioni preventivi che ritardano l'efficacia e la tempestività dell'intervento. E se è vero che quando il legislatore agisce sulla spinta dei fatti, lo fa per evitare che si ricreino certe condizioni, è altrettanto vero che non è accettabile che, come ho appreso dai giornali, nel caso del disastro dalla Costa Crociere la Protezione civile non ha potuto intervenire


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prima di sette giorni. È evidente che qualche meccanismo non funziona.
La legge n. 10 del 2011 non solo comporta un taglio delle risorse della Protezione civile, ma è anche un intralcio alla sua capacità operativa. Credo che dovremmo riflettere attentamente sulla necessità di ritornare su una proposta di legge che, pur con le poche risorse disponibili, possa restituire funzionalità e tempestività all'intervento della Protezione civile, eliminando alcuni meccanismi che ne rallentano l'azione.
C'è anche un'altra questione. Dal 2008 la legge n. 225 del 1992 non è stata più finanziata e con essa le protezioni civili regionali, che, se non sbaglio, attraverso questa legge ricevevano i finanziamenti. Oggi dunque i comuni sono rimasti soli. Lo posso testimoniare perché ho seguito personalmente la vicenda della recente nevicata a Roma. Ed io credo che Alemanno abbia avuto il grande merito di coprire tutte le inefficienze del settore. La sua esposizione mediatica nella polemica frontale con la Protezione civile e con il prefetto Gabrielli ha finito per coprire tutte le carenze del sistema. Mio figlio è sindaco in un piccolo comune laziale e se l'è dovuta cavare da solo! La Protezione civile e l'esercito sono arrivati dopo cinque giorni che quel paese era rimasto senza luce elettrica, con le strade completamente isolate e le linee telefoniche fisse e mobili fuori uso. Era difficile capire perfino chi bisognasse contattare. Io ho parlato con tutti, dal prefetto al presidente della provincia, al presidente della regione, e ho capito che non c'era l'esatta percezione del disastro.
Ciò è dipeso da una mancanza di coordinamento di fronte a un evento importante che ha riguardato tutte le regioni centrali. Se la Protezione civile avesse avuto in mano la situazione, probabilmente i disagi sarebbero stati inevitabili, ma le amministrazioni locali avrebbero ricevuto maggiore supporto nel fronteggiare l'emergenza e per risolvere i problemi.
Si tratta, dunque, di capire se anche in vigenza della legge n. 10 del 2011 potremo tornare a sostenere e a finanziarie di nuovo l'attività a livello periferico. Credo che le Protezioni civili regionali, provinciali e comunali funzionino nella misura in cui funziona il coordinamento della Protezione civile nazionale e viene fornito supporto economico. Non possiamo immaginare che in caso di calamità naturale le regioni tassino i cittadini. Credo, quindi, che ci sia bisogno di una riflessione generale sul ruolo della Protezione civile, un ruolo importantissimo che dobbiamo cercare di potenziare.
Infine, io ritengo che la Protezione civile debba rimanere, come ho scritto nella risoluzione in Commissione di cui sono primo firmatario, sotto l'egida della Presidenza del Consiglio dei ministri. E dico questo non perché voglio entrare nella disputa tra chi parteggia per la Presidenza del Consiglio dei ministri e chi parteggia per il Ministero dell'interno, ma perché credo che ciò ne garantisca il ruolo di coordinamento. Al di là delle risorse, prefetto Gabrielli, la Protezione civile deve avere il potere di muoversi in ogni direzione.
Noi, ad esempio, trascuriamo il fatto che nella vicenda delle nevicate molte carenze si sono dovute ai gestori privati delle autostrade, della telefonia mobile o fissa e così via. La Protezione civile deve allora poter intervenire anche in questi settori che non sono pubblici. Se non funzionano i telefoni o ENEL non ripristina l'energia elettrica per giorni, pur essendo compiti di un ente privato, credo che ci sia bisogno di un'autorità capace di intervenire.
Credo che una riflessione vada compiuta, cercando di evitare le strumentalizzazioni e le polemiche. Questo Paese è sottoposto a grandi rischi non solo meteorologici, ma anche idrogeologici e sismici. È necessario, quindi, riorganizzare in maniera più funzionale e diretta la Protezione civile, senza immaginare che debba risolvere tutti i problemi del Paese. Le risorse sono sempre meno e dobbiamo prenderne coscienza. Tuttavia, dobbiamo cercare di utilizzarle in modo da far funzionare la Protezione civile, così come


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l'abbiamo conosciuta fino a oggi e servono soluzioni adeguate per restituirle efficacia ed efficienza al sistema di protezione civile nazionale.

ALDO DI BIAGIO. Sarò breve, ma non posso esimermi dal fare alcune considerazioni. Voglio ringraziare il prefetto per la sua articolata e complessa relazione, che ci ha chiarito molti aspetti. Voglio anche esprimere la nostra fiducia e la nostra gratitudine per ciò che ha fatto e sta facendo per il nostro Paese in questi giorni.
Nello specifico, l'emergenza maltempo che ha investito il Paese ha messo in evidenza criticità che non possiamo omettere. Per quanto ci riguarda, non ci sono colpevoli o capri espiatori, ma ci sono soggetti e operatori il cui lavoro potrebbe essere facilitato da un quadro normativo più puntuale e fattivo, come da lei, prefetto, più volte evidenziato. È chiaro anche che la drastica evoluzione o meglio trasformazione subita dalla Protezione civile negli ultimi due anni ha stravolto le potenzialità di una struttura irrinunciabile. Ribadiamo che noi non vogliamo un restyling, ma una nuova Protezione civile.
Alla luce di quanto appena evidenziato, ho alcuni dubbi che vorrei mi chiarisse con riferimento alle dinamiche e alle tempistiche di attivazione della cosiddetta «Sala crisi». Qual è l'elemento riconosciuto dalla normativa vigente che consente l'attivazione della citata sala crisi dinanzi a un evento calamitoso? Al di là delle proposte in discussione in questa Commissione, sappiamo che è prevista l'attivazione di una sala operativa unificata permanente nell'ambito della lotta attiva contro gli incendi boschivi. A riguardo, perché in caso di eventi straordinari come quello di queste settimane non si procede all'attivazione di un coordinamento più strutturato tra referenti e responsabili coinvolti su tutto il territorio in base a questo modello?
Appare anche indispensabile e non più differibile un intervento di natura normativa e amministrativa volto a garantire meccanismi di intervento rapido e coordinato da parte di ciascun settore coinvolto. Anche per tale ragione, come gruppo di Futuro e libertà, ho inteso presentare una mozione con l'obiettivo di impegnare il Governo a predisporre e presentare alle Camere entro giugno 2012 un provvedimento volto alla modifica della normativa concernente il servizio nazionale di Protezione civile, al fine di migliorarne l'operatività e la capacità di intervento e coordinamento a fronte delle calamità naturali.
Partendo dal dibattito parlamentare che lei poco fa citava, ci auguriamo, prefetto, che nel breve periodo le difficoltà che abbiamo vissuto in queste settimane possano essere superate. La ringrazio.

RAFFAELLA MARIANI. Presidente, vorrei sapere come la Commissione intende organizzare i propri lavori.

PRESIDENTE. Data l'importanza del tema, se non vi sono obiezioni, riterrei, una volta esauriti gli interventi dei colleghi, di rinviare la replica a una seduta successiva.
Do quindi la parola agli altri colleghi che intendano intervenire.

RAFFAELLA MARIANI. Ringrazio il prefetto. Quando sono state redatte le nostre risoluzioni, non erano ancora accaduti alcuni fatti che hanno messo in evidenza i limiti di un'organizzazione che, come lei ha ribadito, è frutto di una azione di censura dal lato della spesa fatta dal precedente Governo con il meccanismo della legge n. 10 del 2011, che sul campo si è però tradotta in una limitazione fortissima della capacità di azione e dell'operatività della Protezione civile.
Il nostro gruppo aveva proposto un piccolo disegno di legge per abrogare la norma della legge n. 10 del 2011 che allora sembrava la panacea per l'individuazione di ulteriori risorse da destinare alla gestione delle emergenze. Si è poi verificato che non è stato così. In alcune


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piccole regioni la previsione dell'aumento delle accise significa solo un appesantimento per i cittadini già colpiti dalle calamità e non risolve neppure il problema dell'individuazione delle risorse necessarie per fronteggiare le emergenze.
La nostra risoluzione, peraltro, è nata col presupposto di non impegnare la Protezione civile in un dibattito sulle risorse. Dal nostro punto di vista, questo compito spetta al MEF e alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La Protezione civile, per la funzione che vorremmo fosse ribadita anche attraverso le nostre risoluzioni, deve rappresentare un punto di riferimento fondamentale nella gestione delle emergenze, nella programmazione e nell'elaborazione delle previsioni, come si è verificato recentemente.
La Protezione civile ha, però, la necessità di riorganizzarsi e di trovare un ruolo di piena responsabilità, com'è stato per molti anni, anche nel rapporto con gli enti territoriali, regioni e comuni in testa. Tutti hanno menzionato il momento di sbandamento causato dal venir meno delle certezze a proposito della responsabilità di individuare gli aiuti e sostenerne il costo. Effettivamente nei momenti di grave calamità comuni, province e regioni non hanno strumenti sufficienti.
Il Governo si è insediato da poco e continua a navigare con una normativa che abbiamo definito tutti scellerata e che ricordo fu approvata con voto fiducia e con il nostro voto contrario. Quando fu proposta, le Commissioni discussero ampiamente, ma in quel momento si decise di risolvere un problema economico senza badare alle conseguenze che quella nuova normativa avrebbe prodotto sulla filiera delle responsabilità e sull'organizzazione territoriale.
Se la necessità di introdurre nuove risorse non è in discussione, sul tema dell'assicurazione degli immobili dal rischio di calamità nutriamo molti dubbi legati alla governance della difesa del suolo da parte della Protezione civile, per come si è andata negativamente consolidando. Fintanto che la governance e le responsabilità non saranno ben chiare, non vorremmo addentrarci di nuovo in un argomento che costituirebbe un alibi per il Governo e per le amministrazioni locali. Chiediamo anche a lei, che è stato vittima di quel meccanismo, di non spingersi oltre nel cercare forme di finanziamento - soprattutto se pesano sulle tasche dei cittadini - finché non saremo in grado, come Stato, di individuare una governance precisa. Lo dobbiamo ai cittadini perché abbiamo creato anche troppi guai.
Da ultimo, vorremmo conoscere il suo parere su un aspetto che riguarda la revisione delle funzioni della Protezione civile. Sappiamo tutti da cosa è derivato il restringimento della capacità operativa e anche l'eccesso di controllo che oggi rende difficile ogni intervento. La nostra battaglia è sempre stata quella di escludere la gestione dei cosiddetti «Grandi eventi» dai compiti della Protezione civile. Lo abbiamo scritto nella risoluzione e vorremmo sapere se il suo parere coincide con il nostro. Non vi è dubbio che procedere in deroga alla disciplina ordinaria allo svolgimento di gare e appalti ha una ragione d'essere in caso di gravi emergenze e calamità. Lo stesso non si può dire, però, in presenza di situazioni che, seppure eccezionali, non sono legate alla necessità di tutelare l'incolumità dei cittadini e di fronteggiare situazioni di emergenza, così come la legge n. 225 del 1992 prevedeva.
Nel rinnovarle, quindi, la richiesta di dire esplicitamente cosa pensa riguardo alla gestione dei cosiddetti «Grandi eventi», voglio darle assicurazione, infine, del fatto che il nostro gruppo ritiene che la Protezione civile, come organizzazione autonoma con una chiara catena di comando e responsabilità, debba restare presso la Presidenza del Consiglio e non presso altri ministeri, anche per non ricadere negli equivoci sulle competenze.

GIANPIERO BOCCI. Sarò breve, ma spero che avremo l'occasione di dibattere su alcune questioni che sono state toccate e sulle quali all'interno dei gruppi parlamentari vi sono esperienze e sensibilità diverse.


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Io credo che la situazione attuale confermi il detto popolare secondo cui «tutti i nodi vengono al pettine» e che lei, prefetto Gabrielli, è arrivato nel momento peggiore alla guida del Dipartimento della Protezione civile. Oggi, infatti, si paga l'avere per anni snaturato la Protezione civile e l'avere concentrato in essa funzioni che non le competevano. Credo anche che abbiamo trasformato il Dipartimento della Protezione civile in un centro di spesa, dimenticando che, invece, era soprattutto un luogo di sistema e di governance di una parte della vita del nostro Paese particolarmente importante.
Della sua relazione mi è piaciuto molto e ritengo strategico il punto relativo alla sussidiarietà. Credo che sia lo snodo di tutte le altre riflessioni. Da lì bisogna partire per pensare a una nuova legge quadro sulla protezione civile. Tutti i problemi e le preoccupazioni lì confluiscono e trovano le possibili risposte.
Vorrei sottoporle tre questioni. In primo luogo, credo che, accanto a una nuova legge quadro, sia giunto il momento di stringere un nuovo patto con le regioni e con gli enti locali. Pensare di risolvere i problemi di governance che lei ha più volte ribadito nel suo intervento soltanto attraverso una nuova legge quadro è un'illusione. Un patto con regioni ed enti locali, invece, rientra in quel ragionamento e risponde a quelle preoccupazioni.
In secondo luogo, avendo alle spalle una lunga esperienza come amministratore regionale e avendo affrontato eventi molto drammatici, posso dire che il volontariato è la cosa più bella di questo Paese, è un valore aggiunto e una grande ricchezza, ma non può non sottostare in maniera disciplinata e seria alla governance che lei prima ricordava. Il volontariato dunque è un altro elemento importante del sistema, ma non può che stare dentro il sistema.
Infine, l'ultima questione sulla quale vorrei conoscere la sua opinione si riferisce al tema su cui in questi anni abbiamo più volte sollecitato i Governi, vale a dire alla possibilità di tenere fuori dal Patto di stabilità interno le spese di Protezione civile effettuate dagli enti locali e dalle regioni.

ALESSANDRO BRATTI. Vorrei porle una domanda riguardo ai servizi meteo. Ormai sul web esistono siti di tutti i tipi e di tutti i generi che squalificano il servizio meteo e rendono ulteriormente difficile per il cittadino capire cosa accada. Questo è inaccettabile, anche in considerazione del fatto che su questo punto l'Italia possiede eccellenze dal punto di vista sia militare che civile.
Non ritiene dunque che sarebbe il caso, anche nell'ambito dell'eventuale riforma della legge sulla protezione civile, di regolamentare e rendere più efficace il sistema revisionale, ufficializzandolo, valorizzando le eccellenze ed eliminando la cianfrusaglia che c'è in giro?

MANUELA LANZARIN. Ringrazio il prefetto Gabrielli per la relazione. Credo che quanto ci ha detto sia in linea tanto con la risoluzione che abbiamo presentato noi della Lega Nord quanto con i documenti degli altri gruppi. Il lavoro svolto finora da parte della Protezione civile è stato importante e per questo riteniamo che debba mantenere la propria collocazione all'interno della Presidenza del Consiglio dei ministri. Interessando vari settori e vari ministeri, infatti, è bene che abbia una posizione più centralizzata. Mi sembra che su questo concordino sia i gruppi parlamentari sia chi gestisce in prima persona la struttura.
Credo però che debba essere fatta chiarezza riguardo all'organizzazione e al coordinamento, il quale deve partire dai livelli più bassi e deve investire tutti. Concordo quando si dice che i sindaci non devono essere lasciati soli di fronte alle emergenze e anche alle polemiche e alle strumentalizzazioni. Su quest'ultimo punto, però, credo che anche noi dobbiamo recitare il mea culpa perché l'attuale deriva politica conduce troppo spesso alle strumentalizzazioni e alla demagogia


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spicciola. D'altra parte bisogna anche ricordare che il sindaco ha responsabilità ben chiare e ben definite dalle cosiddette «leggi Bassanini» e dalla normativa di riferimento, che ne fanno l'attore principale nelle situazioni di emergenza.
Chi, per esempio, non riesce a seguire le indicazioni per l'attuazione dei piani neve o dei piani di protezione civile deve essere chiamato a rispondere della propria incapacità perché non possiamo continuare ad avere amministrazioni che funzionano perché investono sulla prevenzione, sull'attuazione dei piani e sulla formazione dei volontari e amministrano che non lo fanno. Così il sistema non funziona ed è facile dare la colpa a chi sta sopra. La polemica sorta dopo la nevicata di Roma, a mio avviso, è inutile e sterile. Una nevicata può essere un evento straordinario per Roma, ma i sindaci devono essere responsabilizzati e dovrebbero anche disporre delle risorse necessarie per poter esercitare i propri poteri.
La questione è sempre la mancanza di risorse per attuare fino in fondo non solo la prevenzione, ma anche gli interventi necessari a far fronte a determinati eventi eccezionali. Ritengo, quindi, essenziali sia il coordinamento sia un'organizzazione che tenga conto del fatto che le amministrazioni locali devono rispettare le procedure e gli input collegati agli eventi calamitosi ed essere responsabilizzate. Lo scaricabarile in una situazione come questa, in cui mancano le risorse economiche e le normative si sovrappongono, non fa bene a nessuno.
Concludendo, ritengo che il sistema della Protezione civile deve tornare a funzionare in modo coordinato e gestito e credo che dovremmo rivedere le norme e capire bene chi deve fare cosa, anche alla luce dei probabili sviluppi, quali l'abolizione delle province e l'accorpamento dei comuni. In questa nuova struttura che il legislatore intende dare al sistema nazionale deve inserirsi anche la Protezione civile con il proprio ruolo di coordinamento.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Ringrazio anch'io il prefetto Gabrielli perché nella sua relazione ho letto un giusto distacco dalle vicende della Protezione civile di questi ultimi dieci anni.
Mi fa piacere perché ritengo che questo distacco sia necessario anche per poter guardare in modo trasparente a quanto di buono è stato fatto e si continua a fare. Come ha detto qualcuno, ci sono più di un milione di volontari ed esiste una valida rete di coordinamento tra comuni, province e regioni. Non è dunque tutto negativo. E che l'ultima fotografia ci ha un po' tradito e quello che vediamo in televisione o leggiamo sui giornali a volte ci fa dimenticare le cose buone.
Se mi permettete una battuta, Alemanno si è specializzato sicuramente su altri bollettini meteo, da alpinista sul K2 a sponsor, quando era Ministro dell'agricoltura, di spedizioni sulle cime assolate e riarse del Sinai, ma ha perso di vista il meteo della sua città e forse, da «centurione», ha dimenticato che la prima difesa deve essere quella di casa propria. Voglio però ricordare che a far male alla Protezione civile è altro, non queste situazioni gestite con qualche difficoltà.
Ci sono state seicento ordinanze di protezione civile in dieci anni e non sono relative per il 60 per cento a eventi alluvionali. Le ordinanze di Protezione civile si sono «impicciate» dell'anno giubilare del 2008, della visita di Papa Benedetto a Cagliari nel 2008, dei funerali di Papa Wojtyla, del G8 alla Maddalena, dei mondiali di nuoto a Roma, dei campionati del mondo di ciclismo a Varese, delle cerimonie per la presidenza dell'Unione europea nel 2002, del congresso dell'Azione cattolica nelle Marche nel 2004, del Congresso europeo delle famiglie numerose, dell'Expo 2015 di Milano, del quattrocentesimo anniversario della nascita di San Giuseppe da Copertino a Lecce, della Louis Vuitton Cup in Sardegna, del congresso eucaristico di Ancona nel settembre 2011. Di tutto di più.
Capisco dunque perché, alla fine, qualche dirigente dell'apparato dello Stato abbia


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cercato di iniettare degli anticorpi tramite le autorizzazioni preventive del Ministero dell'economia e della Corte dei conti. Il fatto è che quando insorge una malattia, è poi difficile debellarla e si rischia di eliminare anche quanto c'è di buono. Il sistema di protezione civile italiano è stato un esempio non solo in Italia, ma nel mondo intero ed io non vedo una situazione disastrosa, anche se, certo, è necessario riprenderla in mano. Come Italia dei Valori saremo sicuramente al suo fianco, prefetto, in questa operazione di riordino delle priorità.
Condivido le preoccupazioni relative ai vincoli del Patto di stabilità e al blocco delle risorse locali, ma ciò vale in generale e non solo per le spese per lo spezzamento della neve. Questo evento ci ha fatto risvegliare, ma grazie a Dio la neve in pochi giorni si scioglie. Lascia danni, ma più contenuti rispetto ad altre calamità, ad esempio terremoti o alluvioni.
In conclusione, spero veramente, signor prefetto, che si continui su questa linea da lei tracciata. Occorre rivedere tutto con calma e in questo ordine. Le risorse sono poche, ma il volontariato non chiede soldi. È vero che servono formazione e attrezzature e quindi un po' alla volta occorre coordinare ed evitare gli sprechi, però le cose buone ci sono. Il punto centrale è che bisogna ritornare con i piedi per terra!

CARMEN MOTTA. Sarò velocissima. Colgo l'occasione per segnalare al prefetto Gabrielli una situazione che conoscerà molto bene e avrà seguito in questi giorni. Lei ha richiamato la condizione di molti sindaci obbligati a tenere rapporti diretti con la Protezione civile perché in mezzo non c'era nulla, ma per fortuna in Italia le istituzioni non sono tutte uguali e non ovunque è stato così.
Vorrei citare il caso della Romagna e della regione Emilia-Romagna, dove si è verificato un evento eccezionale. Era già successo trent'anni fa, ma in questo caso sono state colpite località rivierasche o poco più all'interno dove sono caduti tre metri di neve. Credo che il sistema della protezione civile regionale abbia funzionato al meglio delle proprie possibilità. Si tratta di un sistema regionale eccellente. Il Presidente Errani ha dichiarato che nessuno sarebbe rimasto abbandonato e così è stato. Tuttavia, l'azione della Protezione civile regionale non è stata sufficiente. I disagi purtroppo sono stati prolungati per alcuni giorni quando forse avrebbero potuto essere abbreviati perché mancavano le forze e il personale per effettuare ovunque interventi straordinari. È stato fatto tutto il possibile. L'Emilia Romagna non è l'unica regione nella quale la Protezione civile funziona, ma è uno degli esempi di capacità di coordinamento più volte citati da lei e dal suo predecessore.
Nonostante tutto, data l'eccezionalità degli eventi, i problemi sono stati enormi. Come lei sa, i danni sono ingenti. L'agricoltura è in ginocchio e alcune piccole e medie imprese sono state spazzate via. Dico questo per dire che il problema, prefetto, non è solo di organizzazione. Dove c'è va affrontato e risolto e ben venga se le norme possono aiutare. C'è però anche un problema di risorse. Lei sa meglio di me - e spero di non citare l'esempio sbagliato - che l'anno scorso la regione Marche, dopo essere stata colpita dall'alluvione, ha attivato l'aumento delle accise regionali previsto dal decreto-legge n. 225 del 2010 (cosiddetto «decreto milleproroghe») per affrontare i danni, ma il cofinanziamento statale non è poi arrivato!
In Emilia-Romagna negli ultimi tempi, oltre alla forte nevicata in Romagna, si è anche verificato un terremoto di discreta entità che ha provocato danni. Ebbene, la regione si trova di fronte a un bivio. La Protezione civile regionale non ha risorse e le regioni si dibattono tra mille difficoltà per chiudere i bilanci. A questo punto l'unica alternativa è introdurre la tassa regionale senza però avere nemmeno la certezza che dal Fondo nazionale di protezione civile arriverà il cofinanziamento.
Siccome lei ha denunciato questa norma iniqua del «decreto milleproroghe», benché sia il Parlamento a dover


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intervenire per modificarla, le volevo rappresentare il fatto che i territori virtuosi, quelli che hanno fatto dell'organizzazione del sistema di protezione civile un vanto, avrebbero bisogno di maggiore attenzione.
Oltre a quanto si è fatto e si sta facendo, credo che esista un limite quasi insormontabile.

GIANLUCA BENAMATI. Ringrazio il prefetto per la sua presenza e approfitto per esprimergli, a titolo personale, la mia stima per l'operato che ha contraddistinto la sua persona e il Dipartimento in questo periodo non facile, in condizioni normative e oggettive complesse.
Appoggio l'invito a un dibattito parlamentare per la modifica della legge n. 10 del 2011 e alla riflessione del legislatore sui temi, temi che sono sostanzialmente due. Da una parte, vi sono le risorse. L'onorevole Dionisi ricordava i finanziamenti diretti, mentre altri colleghi sono intervenuti sul ritorno dalle autorizzazioni ex ante a quelle ex-post, che permetterebbero al suo Dipartimento di intervenire quando serve, pur nel rispetto della legge e giustificando tutte le spese effettuate. Il tema delle risorse va messo in chiaro subito per ridare operatività al sistema.
Tuttavia, volevo rivolgerle una domanda di merito sull'altro tema, già toccato anche da altri colleghi, relativo alla catena delle responsabilità o, come si usa dire oggi, alla governance dei processi. Abbiamo ascoltato l'onorevole Lanzarin, che è sindaco, richiamare le responsabilità intrinseche della sua funzione. Abbiamo visto esempi di interferenza fra i sindaci e i prefetti, che, come lei ricordava, avevano e non hanno più i ruoli che nel passato li hanno contraddistinti. L'onorevole Motta richiamava la presenza nella mia regione di agenzie regionali di protezione civile attive e sensibilmente presenti alla bisogna.
Per questo, le chiedo: in materia di governance, qual è la sua opinione specifica? Qual è la sua opinione a proposito dei sistemi e delle misure che il legislatore nel dibattito parlamentare potrebbe valutare, assumere e trasportare all'interno dello schema di riforma? Credo che in questo momento lei, non solo per competenza personale, che considero preclara, ma anche per funzione, sia la persona più adatta a fornirci indicazioni precise e suggerimenti mirati sulla base dell'esperienza.
Se lei potesse farlo nella seconda fase dell'audizione, sarebbe senz'altro per noi di grande aiuto.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Anch'io ringrazio il prefetto ed esprimo la mia stima per il lavoro che sta conducendo.
Stanno emergendo due questioni, quella della governance e, soprattutto, quella delle risorse. Io voglio tuttavia esprimere prudenza nell'affrontare questo tema perché non si possono dimenticare le denunce dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che documenta miliardi di euro gestiti dalla Protezione civile secondo le logiche dell'emergenza. Credo dunque che questa preoccupazione debba essere tenuta in considerazione nel momento in cui si riflette sulle risorse da destinare alla Protezione civile.
Nonostante il fatto che il suo predecessore Bertolaso avesse promesso di pubblicare on-line la rendicontazione delle gestioni anche commissariali, non mi risulta che ci sia ancora nulla, così come non ho ricevuto alcuna risposta alle interrogazioni parlamentari che ho presentato su tutte le gestioni commissariali in termini di rendicontazione. Il ricorso estremo al sistema delle ordinanze e alla logica dell'emergenza mina l'assetto democratico del nostro Paese perché alcune modalità di governo avvengono al di fuori del rispetto delle regole ordinarie.
Anch'io, come la collega Mariani, vorrei sapere qual è la vostra posizione rispetto all'estromissione dei cosiddetti «Grandi eventi» dalla gestione della Protezione civile e quali risposte date in termini di trasparenza riguardo alla gestione delle risorse che avete ricevuto e riceverete in futuro.


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CHIARA BRAGA. Ho solo una domanda brevissima per il prefetto Gabrielli. Nel suo intervento lei ha sottolineato che la questione della riorganizzazione delle competenze e della governance è quella centrale. Le chiedo dunque se lei ritiene che l'unico strumento sia una modifica legislativa o, anche a fronte della particolare collocazione della Protezione civile sotto la Presidenza del Consiglio dei ministri, collocazione di cui si è dibattuto e che è oggetto delle risoluzioni, se non ritiene che esistano anche ulteriori margini e spazi possibili di intervento.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e rinvio il seguito dell'audizione a martedì 21 febbraio 2012.

La seduta termina alle 15,15.

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