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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(IX Camera e 8a Senato)
1.
Martedì 9 giugno 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori

Mario Valducci, Presidente ... 3

Audizione del Viceministro per lo sviluppo economico, Paolo Romani, sulla politica per lo sviluppo della banda larga in Italia (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):

Mario Valducci, Presidente ... 3 7 11
Caio Francesco, Consulente del Ministero dello sviluppo economico ... 3
Romani Paolo, Viceministro per lo sviluppo economico ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).

COMMISSIONI RIUNITE
IX (TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
8A (LAVORI PUBBLICI, COMUNICAZIONI) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 9 giugno 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA IX COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 13,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Viceministro per lo sviluppo economico, Paolo Romani, sulla politica per lo sviluppo della banda larga in Italia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera, l'audizione, da parte delle Commissioni riunite IX della Camera e 8a del Senato, del Viceministro per lo sviluppo economico, onorevole Paolo Romani, sulla politica per lo sviluppo della banda larga in Italia.
Desidero salutare e ringraziare, anche a nome del presidente della Commissione lavori pubblici del Senato, senatore Grillo, che non può essere presente per un grave lutto familiare, il Viceministro Romani per la disponibilità dimostrata nell'accogliere l'invito delle Commissioni.
L'audizione dimostra il forte interesse delle Commissioni per il tema dello sviluppo della banda larga. Anche dall'ampia indagine conoscitiva svolta dalla Commissione trasporti della Camera, i cui atti sono stati pubblicati e sono in distribuzione, è emerso che da una rete di telecomunicazioni all'avanguardia dipendono in notevole misura le prospettive di competitività, innovazione e sviluppo del Paese, la capacità di generare ricchezza, la qualità della vita e l'attività di famiglia e impresa.
È sicuramente merito del Viceministro Romani aver posto questo tema al centro dell'agenda politica e aver affidato al dottor Caio, che già aveva svolto per il Governo britannico un importante ruolo di consulenza, la predisposizione di un rapporto che ha richiamato tutti all'esigenza di intervenire per evitare che un'arretratezza della rete di telecomunicazioni si traduca in un ostacolo insuperabile per la crescita e lo sviluppo del Paese.
Do quindi la parola, come concordato con il Viceministro Paolo Romani, al dottor Francesco Caio e successivamente al Viceministro Romani.

FRANCESCO CAIO, Consulente del Ministero dello sviluppo economico. Grazie presidente. Il rapporto che ho consegnato a marzo al Viceministro Romani è stato analizzato dal Governo e oggi distribuito agli onorevoli commissari; per questa ragione, nel mio intervento intendo fare riferimento ai commenti di sintesi, rimandando l'analisi di dettaglio delle risultanze del rapporto alla lettura. Procederei quindi all'illustrazione sintetica di alcune delle conclusioni e delle considerazioni che emergono dall'analisi.
Prima, però, vorrei approfittare di questa occasione per ringraziare pubblicamente il Viceministro Romani di avermi dato questa opportunità, e anche i tecnici e i dirigenti del Ministero dello sviluppo economico, Dipartimento delle comunicazioni, i colleghi dell'Autorità garante per le


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comunicazioni e i gestori che hanno partecipato con grande entusiasmo a questo progetto, confermando ancora una volta che siamo un Paese dotato di grandissime competenze, sia tecniche sia commerciali, in questo settore.
Faccio riferimento, nella mia breve illustrazione, al documento depositato, che rappresenta la sintesi delle conclusioni del rapporto.
Parto da una considerazione che considero importante: oggi, in Italia, pur essendo il nostro un Paese con una penetrazione della banda larga più bassa della media europea, comunque 20 milioni di cittadini e più del 90 per cento delle imprese usano quotidianamente internet. Penso che questo sia un elemento rilevante per far capire come, anche in Italia, internet - nata a metà degli anni '90 come strumento per professionisti, quindi di interesse specifico - sta diventando sempre di più uno strumento essenziale, che, come tale, si impone nell'agenda di politica industriale non solo di questo Governo, ma dei maggiori Governi in Europa.
A mio avviso, l'analisi svolta mostra che in Italia esiste una reale opportunità di puntare a una posizione di leadership in questo settore. Dico questo perché, innanzitutto, veniamo da una tradizione di innovazione che, senza scomodare Guglielmo Marconi - di cui quest'anno ricorre il centenario del Nobel - ha visto la creazione e lo sviluppo di imprese e di professionalità che ci sono state riconosciute sia in Europa che nel mondo e che ancora oggi contribuiscono allo sviluppo del settore delle telecomunicazioni nel nostro Paese. In secondo luogo, nessuno oggi può dire di aver consolidato una leadership in questo settore. Siamo, infatti, in una fase di discontinuità delle telecomunicazioni, per cui ci troviamo tutti sulla linea di partenza. Di conseguenza, esiste obiettivamente un'opportunità per il Paese di esprimere, anche nelle reti di telecomunicazioni, il ruolo di leadership che ha nell'ambito delle economie mondiali con la sua appartenenza al G8. A tale proposito, nel rapporto troverete un riferimento a una possibile ambizione del Paese di entrare, anche nel settore delle telecomunicazioni, nell'ambito del G8.
Tuttavia, esiste - e a questo proposito, dobbiamo guardare con serenità alla situazione del Paese - il rischio di restare indietro rispetto agli sviluppi degli altri Paesi.
Innanzitutto, dall'analisi effettuata con i gestori, emerge con chiarezza che, in Italia, più di 7 milioni di cittadini vivono in zone dove il servizio a banda larga o non è presente o lo è a livelli non più adeguati ai servizi attualmente disponibili su internet e sicuramente non coerenti con gli obiettivi relativi ai servizi di e-government annunciati dal Ministro Brunetta e che dovranno essere disponibili a partire dal 2012.
Un ulteriore elemento di preoccupazione riguarda il rallentamento degli investimenti in nuove reti. Infatti, l'Italia è passata da una fase di vantaggio rispetto agli altri Paesi, all'inizio degli anni 2000 (basti ricordare la rete Fastweb o le iniziative di unbundling di Alice), alla situazione attuale, quasi ferma riguardo agli investimenti in fibra, mentre Paesi come quelli scandinavi, la Francia e la stessa Inghilterra, anche grazie alla presenza della televisione via cavo, hanno accelerato lo sviluppo delle nuove infrastrutture.
Da ultimo, è vero che la rete in rame, costruita e disegnata per una telecomunicazione vocale, attualmente sostiene ancora il traffico sempre più intenso della trasmissione in banda larga, tuttavia è più che ragionevole ipotizzare che, nell'arco dei prossimi 3-8 anni, essa inizierà a mostrare la corda, vista la crescita di applicativi su internet. Siccome occorrono tempi lunghi per sviluppare la nuova rete, è giusto, a mio avviso, porsi oggi il problema di quale infrastruttura il Paese debba sviluppare.
In conclusione, emergono tre principali gruppi di raccomandazioni o suggerimenti che ho sottoposto al Viceministro Romani, nell'ambito dell'iniziativa che egli stesso aveva avviato quando mi ha commissionato il rapporto.


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Il primo è quello di allocare con priorità fondi pubblici sullo sviluppo della copertura geografica della rete, portando il Paese verso un'universalità di accesso alla banda larga. Il secondo è quello di considerare delle azioni che, pur non richiedendo investimenti pubblici, possano comunque creare un supporto e uno stimolo ai piani di mercato. Infine, il terzo elemento, sicuramente importante, è quello di porsi la domanda se esista un ruolo dello Stato per il finanziamento dell'infrastruttura pubblica.
Vorrei approfondire quest'ultimo punto. Tutti abbiamo visto sui giornali la focalizzazione del dibattito - lasciatemelo dire - mediatico (e comprensibilmente tale) sul destino della rete dell'incumbent e se questo rapporto puntasse o meno a soluzioni strutturali. In realtà, la domanda che il rapporto pone è diversa: è una domanda che si stanno ponendo molti Governi in Europa e nell'OCSE e riguarda il possibile rientro dello Stato nell'utilizzo di fondi pubblici e nella definizione di regole e strutture tali per cui le telecomunicazioni possano essere un terreno anche di politica industriale. Si deve o non si deve considerare questo ingresso? Questo è il tema che il rapporto pone sul tavolo.
Se mi è consentito, presidente, parlerei rapidamente delle tre conclusioni, lasciando poi la parola al Viceministro Romani.
Sul primo punto, relativo all'universalità di banda, noi abbiamo lavorato, con il contributo dei tecnici di alcuni importanti gestori italiani, ipotizzando la realizzazione di una rete mista di tecnologie fisse e mobili per portare quella che è definibile come una banda larga minima agli estremi della rete. Al riguardo conviene essere molto espliciti: laddove si decidesse di portare almeno due megabit nelle zone anche a bassissima densità, si farebbe un grande passo avanti. Infatti, parlare di due megabit garantiti non significa che tutto il Paese ha questa disponibilità, bensì che l'ultimo 3-4 per cento della popolazione che oggi non è in grado di collegarsi avrebbe a disposizione una banda più che sufficiente per la larga maggioranza dei servizi internet e sicuramente sufficiente per i servizi che saranno erogati dalla pubblica amministrazione nell'ambito dell'e-government.
I calcoli effettuati con questi tecnici indicano un ammontare che va da 1,2 a 1,3 miliardi e la possibilità, utilizzando tecnologie miste fisse e mobili, di giungere a una totale copertura della popolazione alla fine del 2011, se i lavori partiranno alla metà di quest'anno.
È anche emersa la necessità di migliorare - operazione già avviata dal ministero in questi ultimi mesi - il coordinamento fra enti locali e iniziative nazionali. Difatti, come forse sapete e come è riportato nel rapporto, secondo alcune stime gli enti locali hanno investito, fra il 2000 e il 2006, circa 700 milioni per le reti, ma tali investimenti non sempre hanno portato a un marcato miglioramento della rete. A questo proposito, sentirete il Viceministro Romani che, sulla base di queste indicazioni, insieme al team del ministero, ha elaborato ulteriormente il suggerimento dato dal piano, dunque vedremo nei prossimi mesi come verrà realizzato.
Il secondo gruppo di raccomandazioni, come dicevo prima, riguarda iniziative che non hanno il carattere dell'investimento pubblico, ma possono essere mirate a supporto, principalmente, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nelle attività che essa stessa ha avviato. Non mi dilungo su questa questione, che è dettagliata nel rapporto. Mi preme, però, sottolineare la seconda iniziativa, ossia di avviare in tempi rapidi una misurazione sul campo della banda realmente erogata dai gestori oggi in Italia. Faccio riferimento a un'esperienza che ho vissuto in prima persona in Inghilterra. Installando non più di 3 mila modem nelle case dei cittadini, selezionate sulla base di un campionamento statistico, si è ottenuta la possibilità di spostare il dibattito dal prezzo al rapporto prezzo/qualità. Ciò ha rafforzato anche la disponibilità dei clienti a pagare di più. Questo può essere un volano intelligente per aumentare la capacità di spesa delle famiglie su quella che


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sta diventando sempre più una essential utility. In questo senso, quindi, mi sentirei di raccomandare questa iniziativa anche in Italia.
Il terzo gruppo di raccomandazioni riguarda il punto strategico dello sviluppo di una nuova rete in fibra ottica. Le motivazioni della preoccupazione a questo riguardo si possono riassumere nel basso livello di concorrenza tra infrastrutture in Italia. Difatti, come voi sapete, l'Italia, a differenza di altri Paesi europei, non dispone di una rete di televisione via cavo, che, per esempio, in Inghilterra, in Germania e in Francia sta rappresentando un fattore di competizione, di concorrenza, che spinge e accelera gli investimenti in fibra da parte degli incumbent. Nel nostro caso, l'incumbent ha una preoccupazione minore in questo senso.
D'altra parte, è molto difficile, per un operatore privato, giustificare, in termini economici, l'investimento in fibra, poiché esso ha ritorni in un orizzonte temporale di 7-10 anni che non di 5 anni. È, quindi, oggettivamente difficile, soprattutto laddove l'obiettivo dichiarato è quello di ridurre il livello del debito, che Telecom Italia acceleri gli investimenti. Peraltro, nessun altro gestore in Italia ha annunciato investimenti in fibra. Quindi, il Paese si trova, come dicevo, in una fase di rallentamento e di pausa di investimenti, laddove altri Paesi europei stanno accelerando in questa direzione.
È chiaro che esistono diverse modalità di intervento. Penso che la conclusione del rapporto ponga una domanda e suggerisca al Governo di porsi come obiettivo quello di individuare una direzione strategica. Nel rapporto si ipotizzava un periodo, che sarà necessariamente lungo - 6-12 mesi - per capire qual è il livello di copertura territoriale di una rete di nuova generazione che il Governo ritiene appropriato per gli obiettivi del Paese. È solo a valle di questa decisione che si potrà capire se i piani dei gestori sono o meno coerenti.
È questa l'osservazione che facevo prima: non è un dibattito sulla creazione o meno di un'azienda-rete, bensì la necessità, che segnalo al Governo, di intervenire perché senza un intervento pubblico c'è un rischio reale che il Paese si trovi indietro rispetto ai suoi concorrenti, nell'ambito dell'OCSE e dell'Europa, e rispetto alle esigenze rapidamente crescenti della popolazione.
Su questo aspetto apro una parentesi, che a mio avviso è di importanza strategica per capire l'andamento della domanda in futuro. È vero che oggi, avendo una bassa penetrazione di personal computer, la domanda di ulteriore banda è limitata. Tuttavia, consideriamo due aspetti. Innanzitutto, oggi ogni computer domanda sempre più banda e gli abbonati utilizzano sempre più computer nell'ambito della stessa famiglia; domani, quindi, la rete dovrà essere in grado di fornire sempre più capacità. In secondo luogo, assistiamo a una profonda trasformazione dei terminali e delle apparecchiature, per cui sarà sempre più possibile, nel futuro prossimo, collegarsi a internet senza passare dalla «forca caudina» del computer. Ciò amplia in maniera consistente la platea delle persone interessate; quindi, secondo me, il Paese deve prepararsi a un'ondata di volumi in crescita, non necessariamente legati all'alfabetizzazione informatica.
È chiaro che gli obiettivi che il Paese si può dare sono diversi. Si può ipotizzare di raggiungere in cinque sei anni tutti i capoluoghi di provincia, ovvero la metà dei capoluoghi di provincia o ancora limitarsi solo alle città.
Tuttavia, io credo siano molti i benefici di un progetto ambizioso i cui dettagli sono specificati nel rapporto. Infatti, esiste innanzitutto la possibilità di far partire molto rapidamente un volano di investimenti e occupazione. Ricordiamoci che, per la realizzazione di una rete in fibra ottica, fatto 100 l'investimento per cablare una città, il 70-80 per cento è legato ai lavori di ingegneria civile, quindi di edilizia, facilmente e rapidamente cantierabili.
Insomma, ormai è evidente che esiste un rapporto fra lo sviluppo di un Paese e la qualità delle sue infrastrutture. Mi sentirei, quindi, anche in questa sede, di indicare un elemento prospettico per i


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giovani e le università di questo Paese: ridare una speranza di «rinascimento digitale» all'Italia, proprio per premiare quelle risorse - ieri abbiamo visto le premiazioni della Giornata dell'innovazione al Quirinale - che ancora esistono nel Paese, ma che, a fronte di una povertà di progettualità, potrebbero decidere di andare altrove.
L'ultimo punto che ho creduto opportuno rappresentare al Governo è che un eventuale investimento pubblico nello sviluppo della rete non andrebbe visto come un fondo perduto, bensì come l'investimento in un asset capace di produrre ritorni in un periodo, forse non compatibile con i tempi di un azionista privato, ma sicuramente e ampiamente compatibile con quelli di uno pubblico.
È chiaro che le metodologie eventualmente adottate nel far partire un progetto di questa natura sono, innanzitutto, funzione dell'ambizione del progetto stesso. Pertanto, oggi è prematuro parlare del «come»; sottolineo solo che una quantità crescente di Paesi inizia ad abbracciare il concetto della separazione dell'infrastruttura passiva dal livello dei servizi, perché è in quella direzione che la tecnologia sta andando ed è nella componente passiva della rete che esiste il profilo di monopolio naturale.
Siccome questo diventerà sempre più evidente, l'ipotesi di un'azienda-rete sarebbe coerente con un progetto ambizioso, che costruisce la nuova rete sull'impianto di quella che già esiste. Chiaramente, questo sarebbe un percorso difficile, che può essere intavolato solo a valle della riflessione strategica del Governo, e richiederebbe, per evitare dubbi di qualsiasi natura, almeno due elementi (anche se ovviamente ce ne sono molti di più): in primo luogo, la decisione del Governo di investire in maniera consistente sullo sviluppo della rete e, in secondo luogo, l'accordo con i gestori, che dovrebbero partecipare direttamente o indirettamente a questo progetto.
L'augurio è che l'Italia possa trovare una sua strada ambiziosa rispetto a questo progetto. Al momento, la priorità, secondo me, è quella di colmare il digital divide ed è su questo che il Governo ha lavorato dopo la consegna del rapporto.

PRESIDENTE. Grazie, dottor Caio. Do la parola al Viceministro, onorevole Paolo Romani.

PAOLO ROMANI, Viceministro per lo sviluppo economico. Ringrazio il dottor Caio, perché la sua collaborazione ha rappresentato un'occasione molto fortunata per il Governo. Sebbene ne avessi sentito molto parlare, l'ho conosciuto proprio nel momento in cui consegnava al Governo inglese il rapporto sulla banda larga. Ho avuto, quindi, la fortuna di incontrarlo e di chiedergli se fosse disponibile a fornire lo stesso tipo di consulenza al Governo italiano. Ne abbiamo ricevuto, come vedete oggi, una risposta positiva.
A mio avviso, il dottor Caio ha svolto un lavoro straordinario di consultazione con tutto il mondo della banda larga. Del rapporto che ne è scaturito molto si è parlato, ma volevamo che ufficialmente fosse presentato per la prima volta al Parlamento. Si tratta di un'analisi molto precisa del mondo della banda larga e del processo di digitalizzazione in questo campo.
Voi avete ricevuto oggi un fascicolo; ce ne sono altri riservati, che non abbiamo ritenuto di dover rendere pubblici, trattandosi di dati sensibili delle aziende che hanno collaborato al progetto e alla definizione del rapporto. Si tratta sostanzialmente di una serie di allegati di carattere tecnico, finanziario ed economico, che costituiscono la base di informazioni tecniche ed economiche su cui è stato redatto il «Rapporto Caio». Il presidente Valducci ci dirà poi se riterrà opportuno che tali allegati siano messi a disposizione dei membri della Commissione, in modo da salvaguardarne comunque la riservatezza, qualora un approfondimento fosse avvertito come necessario. Voglio comunque precisarvi che non manca nulla in ciò che vi è stato consegnato oggi e il fascicolo di sintesi è sostanzialmente il compendio complessivo di tutta la documentazione in


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nostro possesso. Io intervengo adesso perché grazie al rapporto Caio, che ci è stato consegnato a marzo, quindi sono passate alcune settimane, il Governo ha proceduto ad una sua successiva elaborazione con lo stesso dottor Caio e con tutti i soggetti del mondo della banda larga e quindi le cose che adesso vi dirò sono la sintesi delle proposte che il Governo intende fare, al Parlamento e a se stesso, e alle iniziative da prendere su questo tema.
L'Italia per la sua crescita economica, in tutti i settori, ha bisogno di un'infrastruttura di rete elettronica a banda larga. Le misure di policy adottate e il loro coordinamento nazionale sono fondamentali in questi anni così decisivi per la definizione degli assetti futuri dei mercati di riferimento. Nel primo anno di Governo abbiamo costruito le basi per stilare un progetto capace di rispondere alle articolate esigenze del Paese, sviluppando una strategia di intervento che definisca la sintesi tra ciò che il processo di digitalizzazione può offrire in termini di alternative al sistema Paese e ciò che, grazie al nostro progetto, può essere realizzato e messo a disposizione della società civile. Cosa abbiamo fatto, quindi? Abbiamo analizzato lo stato dell'infrastruttura di rete di comunicazione elettronica del Paese, approfondendone i vantaggi e i limiti; abbiamo definito lo scenario che si andrà a delineare se avessimo una rete migliore, quindi ci siamo posti degli obiettivi a breve e a medio termine; abbiamo stimolato l'interesse degli operatori pubblici e privati per coinvolgerli direttamente nel progetto; abbiamo calcolato e quindi cercato di reperire le risorse necessarie alla realizzazione del nostro progetto.
Partendo dallo studio sullo stato dell'arte della rete italiana, balza agli occhi un dato allarmante: ovvero - come prima diceva il dottor Caio - che il 13 per cento della popolazione, pari a 7,8 milioni di italiani, non ha una connessione a internet o ha una banda insufficiente (con velocità massima di 640 kilobit al secondo). Ciò significa che quasi 8 milioni di persone - meno di 1 italiano su 8 - non può usufruire dei servizi della società dell'informazione. Questo dato renderebbe vani gli sforzi che gli altri Ministeri - quello della funzione pubblica in primis, ma anche quello della sanità, dell'istruzione e altri - stanno facendo per portare la pubblica amministrazione on-line. Si tratta di un ritardo preoccupante perché siamo diciassettesimi nella più recente classifica europea pubblicata a gennaio 2009, nel quattordicesimo rapporto della Commissione. La media comunitaria della penetrazione della banda larga fissa sulla popolazione, infatti, è al 22,9 per cento, mentre per l'Italia tale percentuale è al 19 per cento. Il nostro Paese registra risultati migliori - infatti siamo settimi tra tutti gli Stati membri - se consideriamo la connettività mobile, ovvero coloro che si connettono a internet mediante le chiavette USB o le card per servizi dati. In questo caso la media nazionale è addirittura superiore a quella europea (13,6 per cento contro il 13 per cento).
Il nostro obiettivo a breve termine è cancellare questo digital divide ed eliminare questa tassa che grava sui cittadini e le imprese limitandone le opportunità. Il rilancio economico del Paese passa, infatti, attraverso la modernizzazione della propria infrastruttura di telecomunicazione, ovvero una vera banda larga a disposizione dei cittadini e delle imprese. Questo vuol dire, in sostanza, aumentare le opportunità, creare posti di lavoro, aumentare le possibilità di business, avvicinare cittadini e pubblica amministrazione, permettere all'Italia di rimanere al centro del mondo, attrarre investimenti.
L'obiettivo a medio termine, invece, è quello descritto nel «rapporto Caio», ovvero implementare le reti di nuova generazione. Un investimento importante - stimato in circa 10 miliardi di euro - e complesso - perché interviene nel vivo della rete di accesso. Un traguardo a cui il Paese deve saper guardare e rispetto al quale deve dimostrarsi pronto a fare, poiché rappresenta un'arma competitiva che fra qualche anno sarà decisiva proprio come oggi lo è l'eliminazione del digital divide. È da sottolineare inoltre che quello che noi descriviamo come obiettivo a breve


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termine di fatto è un passo necessario e propedeutico allo sviluppo delle reti di nuova generazione, ovvero a portare la fibra nelle case degli italiani, offrendo così una connessione a internet a oltre 50 megabit al secondo. Voi sapete che i modelli giapponese e coreano hanno 50 megabit al secondo come parametro di riferimento per il sistema a banda larga.
Il progetto quindi dovrebbe stimolare l'interesse di operatori pubblici e privati. Implementare e bonificare l'infrastruttura di rete italiana interessa tutta la collettività, e quindi è prima di tutto un obiettivo politico. Per questa ragione il nostro progetto si basa prioritariamente su fondi pubblici, che rappresenteranno però un forte incentivo per investimenti privati. Nel dettaglio: abbiamo richiesto e ottenuto uno stanziamento di 800 milioni di euro, approvati lo scorso 26 maggio al Senato, con una norma contenuta all'articolo 1 dell'atto Senato n. 1082-bis, attualmente all'esame del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Si tratta di risorse FAS a integrazione dei finanziamenti pubblici già stanziati. Tali finanziamenti ammontano a circa 264 milioni di euro, già adibiti alla realizzazione del progetto banda larga, con lo scopo di intervenire nella rete di backhaul per collegare le aree ora non raggiunte da alcun servizio di connettività. Si tratta di un intervento coordinato dal nostro Dipartimento e attuato - mediante accordi di programma con le regioni - dalla società Infratel Italia.
Il coordinamento statale permette di superare le problematiche che hanno impedito lo sviluppo della rete nel Paese, nonostante i fondi investiti dagli enti locali allo scopo fossero sufficienti per azzerare il digital divide. Adottare un progetto unico per tutta l'Italia è stata quindi un'esigenza condivisa da tutte le Regioni che vogliono superare il problema.
Uno sviluppo riuscito della società dell'informazione è al centro del dibattito anche in ambito comunitario. Il Governo italiano si è battuto molto per veder riconosciuta quest'esigenza come prioritaria ricordando la «strategia di Lisbona» e, in particolare, la comunicazione i2010, con la quale la Commissione europea pone al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni di fare dell'Europa «l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo» entro il prossimo anno.
La Commissione europea - sollecitata con forza dal Governo italiano - nella definizione di una manovra per superare l'attuale crisi, ha modificato il Regolamento n. 1698/05, ossia il Regolamento generale dello sviluppo rurale, per destinare quasi 1 miliardo di euro per la realizzazione e il completamento delle infrastrutture relative alla copertura banda larga in Europa; il progetto nazionale dunque potrà essere integrato di ulteriori 188 milioni di euro (di cui 94 milioni di euro comunitari e 94 milioni di euro della quota parte nazionale) da investire nelle aree «C», ovvero rurali a sviluppo intermedio, e «D», ossia le aree rurali con problemi complessivi di sviluppo del Paese. Tali aree corrispondono alle aree in digital divide permettendo così un'integrazione completa dei fondi di natura comunitaria (FEASR - Fondo europeo per lo sviluppo rurale) con quelli nazionali (FAS - Fondo aree sottoutilizzate), permettendo ulteriori interventi infrastrutturali nella rete di backhauling anche nelle aree oggi servite da ADSL LIGHT (640 kb/s) con eventuale sostituzione degli apparati MINIDSLAM.
La ripartizione di tali risorse è coordinata tecnicamente dal Dipartimento delle Comunicazioni e dal Ministero per le politiche agricole, che ne gestisce l'intero importo dedicato allo sviluppo rurale.
Tuttavia la rete è anche un business, uno dei più rilevanti business al momento, quindi la nostra attenzione è andata anche al mercato. Abbiamo individuato nella finanza di progetto il meccanismo più fruttuoso per incentivare i privati a investire loro risorse nello sviluppo della rete. Si tratta di interventi che da troppi anni nessun operatore fa più, come ricordava prima il dottor Caio. In questo modo, come previsto dall'articolo 1 dell'atto Senato


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1082-bis, l'erogazione di tali contributi in favore degli operatori che intenderanno partecipare alla gara ad evidenza pubblica - in un mercato liberalizzato, incentrato sulla concorrenza, non solo nella fornitura del servizio, ma anche tra i fornitori di reti di comunicazione elettroniche - è compatibile e conforme alla disciplina degli aiuti di Stato.
I vincitori di tale gara, infatti, saranno selezionati in base alla conformità della loro proposta progettuale con il piano nazionale, nonché in sintonia a quanto previsto dal criterio di ripartizione delle risorse FAS.
Quanto costa cancellare il digital divide? Cancellare il digital divide italiano costa 1.471 milioni di euro. Un tale investimento ci permettere di estendere la fibra sostituendo l'attuale rete in rame; investiremo 564 milioni di euro per connettere 2.900 centrali in fibra ottica e mille centrali con sistemi wireless (ponti radio); rinnovare i vecchi apparati in circa 8 mila nuove centrali, investendo 161 milioni di euro; bonificare la rete di accesso, incrementando la connettività sia fissa sia mobile, intervento, questo, importante e oneroso che implica una spesa di 747 milioni di euro.
Investendo, quindi, 1.471 milioni di euro, entro la fine del 2012 si consentirà a tutti gli italiani di connettersi a internet a una velocità compresa tra 2 e 20 megabit al secondo. Cosa significa questo? È ovvio che la banda larga in fibra viaggia ad almeno 50 megabit al secondo. Attualmente o l'accesso non c'è o c'è un accesso a 640 kilobit. Intendiamo quindi, come superamento del digital divide, il fatto di dare a tutti una possibilità di accesso ad una velocità che varia dai due ai venti megabit al secondo. Questo per noi significa superare il digital divide. Quando si farà la fibra, in base alla necessità, sui computer che verranno super utilizzati ci sarà bisogno forse anche di una velocità pari a cento megabit al secondo e tra dieci anni forse ci sarà bisogno di una velocità ancora superiore. Oggi, consentire al Paese un accesso per la generalità dei cittadini attestato ad una velocità che va dai due a venti megabit al secondo significa risolvere il problema del digital divide. La copertura sarà realizzata prevalentemente in fibra, offrendo così una connettività sino a 20 megabit al secondo al 95,6 per cento degli italiani, e in tecnologie radio nelle aree scarsamente abitate, laddove non risulta strategicamente conveniente intervenire con investimenti in infrastrutture fisse. L'accesso radio interesserà il 3,9 per cento della popolazione, a cui sarà garantita una capacità di 2 megabit al secondo - raggiungibile con le piattaforme wireless oggi disponibili - al fine di poter veicolare con rapidità ed efficienza i servizi elettronici di base.
Il valore totale del progetto, 1.471 milioni di euro, prevede: la realizzazione di opere civili e la relativa fornitura di materiali per 763,85 milioni di euro; la fornitura hardware e software, quindi le relative installazioni e collaudi, per 617,66 milioni di euro; le attività di progettazione per ulteriori 89,81 milioni di euro. Tali attività interesseranno direttamente nel progetto circa 50 mila persone nei quasi quattro anni necessari ad eseguire i lavori, sia di manodopera sia di progettazione.
Nel dettaglio abbiamo calcolato che coinvolgeremo in 4 anni oltre quattro mila ingegneri, più di undici mila tecnici e assistenti, circa tredici mila operai qualificati o specializzati e quindici mila operai comuni, nonché sei mila impiegati, per un totale di risorse umane coinvolte nel progetto nei 4 anni di quasi 50 mila persone. La realizzazione del progetto comporterà oltre 33 mila interventi diversi, che avranno ricadute positive anche in altri settori economici. Il progetto comporta benefici per tutto l'indotto: saranno infatti necessari acquisti di apparati, materiali per la posa della fibra, tralicci per realizzare l'infrastruttura radio, nonché per effettuare lavori civili.
Il piano in questione è un progetto di sistema che porterà benefici diretti e indiretti alla cittadinanza, al mondo delle imprese e delle istituzioni.
Investire quasi un miliardo e mezzo di euro in banda larga potrebbe portare a un incremento del PIL di circa 2 miliardi di


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euro, ovvero è ipotizzabile che ogni euro di investimento realizzato nel settore ICT generi un incremento sul PIL nazionale pari ad 1,45 euro. Studi condotti in sede OCSE - anche utilizzati dall'Unione Europea per la definizione del pacchetto anticrisi - fissano infatti a 1,45 il moltiplicatore congiunto domanda-offerta del settore della comunicazione sull'intera economia italiana. Vale solo la pena di ricordare che negli Stati uniti il moltiplicatore è definito pari a 1,47, in Germania a 1,47, in Spagna a 1,44, nel Regno Unito a 1,38. Ogni euro che investiamo produce un incremento del PIL di 1,45 euro.
Vorrei esprimere il mio entusiasmo per questo lavoro, sul quale abbiamo coinvolto tutte le aziende del settore. Occorre ancora attendere un passaggio fondamentale, ossia la delibera CIPE relativa agli 800 milioni, ma la definizione e la finalizzazione di queste risorse a favore della banda larga ci rassicurano sul fatto che - qualora ci fossero coperture a valere sulle risorse FAS - non si attingerebbe alle risorse destinate alla banda larga. Credo, quindi, che il progetto sia davvero sul punto di partire e che occorrerà solo verificarne il percorso.

PRESIDENTE. Ringrazio il Viceministro Paolo Romani anche della sensibilità dimostrata e di aver presentato alle Commissioni riunite, quindi al Parlamento, le volontà del Governo rispetto a questo settore, che è stato oggetto di ben quattro mesi di lavoro di questa Commissione.
A questo proposito, ricordo ai colleghi deputati e senatori che sono in distribuzione i due volumi dell'analisi svolta nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul mercato e sul sistema delle telecomunicazioni, che penso sia stata in qualche modo propedeutica a quello che il Viceministro Romani ci ha presentato.
Ritengo opportuno, anche in considerazione dell'assenza del presidente Grillo, rinviare il seguito dell'audizione ad una prossima seduta per il dibattito e la replica da parte del Governo. Date e orari della seduta saranno definiti in accordo con la presidenza della 8a Commissione del Senato.
Rinvio, quindi, il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 13,45.

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