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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XI
4.
Martedì 24 giugno 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Saglia Stefano, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali sulle linee programmatiche del dicastero, per le parti di competenza (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Saglia Stefano, Presidente ... 3 5 10
Delfino Teresio (UdC) ... 3
Sacconi Maurizio, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 24 giugno 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE STEFANO SAGLIA

La seduta comincia alle 13,25.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali sulle linee programmatiche del dicastero, per le parti di competenza.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali sulle linee programmatiche del dicastero, per le parti di competenza, rinviata nella seduta del 17 giugno scorso.
Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

TERESIO DELFINO. Signor Ministro, dirò poche cose rispetto alle sue indicazioni programmatiche, poiché in esse ritroviamo larghi punti di convergenza generale. Riteniamo sia necessario svolgere adeguati approfondimenti nel momento in cui verranno esaminati i provvedimenti attuativi della politica economica e sociale del Governo.
Da parte nostra non esiste alcun dubbio circa l'assoluta necessità di sciogliere alcuni nodi, considerata l'attuale situazione di produttività del nostro sistema economico e produttivo. In questo processo teso ad incrementare la capacità lavorativa nel nostro Paese, sono evidentemente chiamati a contribuire, in modo ancora più decisivo e importante, i lavoratori.
Nell'impostazione dell'azione del Governo, che, per quanto di sua competenza, lei sta portando avanti, riteniamo di cogliere alcuni obiettivi che potremmo riassumere in sintesi nel detto popolare «lasciateci lavorare», espresso da parte del sistema produttivo.
Questo elemento, a nostro giudizio, va coniugato con l'altro punto fondamentale che è stato oggetto della discussione svoltasi proprio questa mattina in aula. Siamo assolutamente convinti che si stia compiendo un reale sforzo per favorire una ripresa della competitività, della capacità e della produttività, tuttavia non è pensabile che le condizioni del lavoro pubblico e privato possano subire ulteriori difficoltà.
Abbiamo un riferimento europeo, che certamente in questa legislatura porteremo avanti con molta determinazione e che fa capo a un ragionamento che, come è stato detto in queste ore dal Ministro dell'economia e delle finanze, riguarda il tasso di inflazione programmata.
Per quanto concerne lo status e la situazione del mondo del lavoro pubblico e privato, riteniamo che debba realizzarsi un efficace raffronto e armonizzazione a livello europeo affinché, nell'ambito della contrattazione, sulla base di tale riferimento europeo, si individuino soluzioni avanzate, utili sia per conseguire gli obiettivi della maggiore competitività del nostro


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sistema produttivo, sia per affermare nello stesso tempo il valore, il ruolo e la dignità del lavoro dipendente.
Con qualche stupore, sentiamo dire che è arrivata l'ora dei sacrifici. Riteniamo che, invece, oggi sia giunta l'ora di riconoscere al mondo del lavoro quella perdita di potere di acquisto, quella perdita di salario, che è stato eroso nel corso degli ultimi anni. Sul piano delle priorità, senza stravolgere il percorso che lei ha indicato, riguardante l'intera tematica della contrattazione e la necessità di legare i miglioramenti salariali all'aumento della produttività, occorre prendere atto di un dato storico di erosione dei salari e del reddito dei lavoratori.
Pertanto, l'assioma che ho sentito ripetere da molte parti, in base al quale occorre in primo luogo aumentare la produttività e solo successivamente incrementare la capacità di reddito, tramite la redistribuzione, in linea generale rappresenta un'ottima strategia, ma bisognerebbe che oggi riscontrassimo già una situazione salariale e reddituale ben diversa da quella che i lavoratori dipendenti e loro famiglie si trovano ad affrontare.
La questione emergenziale che intendo porre non vuole mettere in discussione una strategia che guardiamo con interesse e rispetto, e nei riguardi della quale siamo disponibili a un confronto molto serio. La questione, signor Ministro, su cui vogliamo una risposta è se l'assioma «prima si produce e poi si ridistribuisce» non abbia bisogno invece di un approccio immediato, in quanto la questione della quarta settimana - chiamatela come volete - si pone ormai da molto tempo. Ritengo che occorra una chiara posizione del Governo concernente misure per il recupero della capacità salariale, rispetto al quale i provvedimenti sull'ICI e sulla detassazione degli straordinari possono anche incidere, ma certamente non con il carattere dell'universalità, cioè non verso tutti i lavoratori in difficoltà. Saremmo quindi interessati a conoscere l'azione che nel breve periodo, nell'ambito della manovra economica del Governo, verrà intrapresa per risolvere questo evidente problema.
La seconda questione che ha suscitato dibattiti, in questi ultimi giorni, è il riferimento al tasso di inflazione programmata. Il nostro gruppo, collocandosi in una posizione europea, ritiene che si debba fare riferimento al tasso di inflazione programmata a livello europeo. Fra l'altro, il Ministro mi potrà chiarire se questo tasso è pari al 2 per cento, rispetto all'1,7 per cento indicato dal Governo, non avendo personalmente ben compreso questo dettaglio.
Ci interessa ribadire con forza che, al di là degli obiettivi di cui una strategia economica deve tener conto, è per noi prioritario mantenere un riferimento puntuale nel rapporto con le organizzazioni sindacali, rispetto alle quali credo che questo Paese debba mantenere un rapporto forte. Non credo sia opportuno perseguire l'obiettivo di una disarticolazione delle posizioni dei sindacati. A mio sommesso parere, sarebbe bene che il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, con la sua esperienza, la sua storia - lo dico senza piaggeria - e la sua autorevolezza riuscisse, comunque, a portare avanti le proprie proposte programmatiche, economiche e sociali, suscitando consenso e, comunque, favorendo un confronto, senza avere l'intenzione di determinare una divisione del mondo sindacale. Certamente sono le diverse posizioni che, in definitiva, determinano eventualmente una tale articolazione.
A me sembra che la questione del confronto e della concertazione, unitamente a quella del rilancio del mondo del lavoro rappresentino tematiche da non posticipare, che richiedono un efficace intervento della prossima legge finanziaria.
Abbiamo visto in passato come la priorità che la nostra forza politica aveva indicato, in modo organico, sul tema della famiglia, non sia stata affrontata. Se lo fosse stata, almeno in qualche misura, vista la specificità dell'impegno comune a tutte le forze politiche della sua maggioranza, a cui si aggiungeva anche quello


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della nostra parte, anche per questa strada sarebbero pervenuti motivi di speranza e risposte concrete.
Lascio a lei queste riflessioni, augurandomi che si possa trovare una convergenza per superare le difficoltà del mondo del lavoro.

PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Sacconi, per la sua replica alle tante sollecitazioni che abbiamo raccolto in queste tre sedute.

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Ringrazio tutti i parlamentari intervenuti, per il loro contributo.
Mi sembra di poter dire che, almeno in via di principio, per coloro che vi hanno fatto riferimento, vi sia la massima disponibilità al confronto intorno a quel «libro verde» che vorrebbe definire un nuovo modello sociale che unisca e non divida un Paese che ha bisogno di coesione nazionale e che costituisca utile riferimento per i percorsi complessi che non sempre consentono linearità.
Siamo impegnati a produrre crescita, mantenendo la coesione sociale, in un contesto - inevitabile - di stabilità della finanza pubblica. Ciò significa chiedere un impegno preliminare, per consentire al Paese di uscire dalla trappola di una stagnazione che si combina, disgraziatamente, con l'incremento delle pressioni inflazionistiche, largamente provenienti dall'esterno. Questa richiesta preliminare alle parti sociali, di concorrere all'incremento della ricchezza, può essere accompagnata da un patto che cercheremo di sottoscrivere nel prossimo periodo - mi auguro già prima della pausa estiva - rivolto a un'equa ridistribuzione della maggiore ricchezza, qualora questa, come auspichiamo, si dovesse produrre.
Non è possibile compiere, ora, un'operazione ridistributiva, se non con riferimento a una minoranza di persone, delle quali, però, non dobbiamo dimenticarci. Mi riferisco a una minoranza (calcolata, opinabilmente, un po' al di sopra del milione di unità) di persone che si trovano in uno stato di povertà assoluta. Esse non vanno confuse con una platea molto più ampia di persone che vivono, invece, una condizione di impoverimento relativo. È comprensibile il malessere sociale conseguente, ma è diverso da quello di coloro che vedono peggiorare il proprio stato di povertà assoluta, per i quali la quarta settimana non è solo una settimana di difficoltà, ma può essere una settimana di vera e propria privazione. Ciò è testimoniato dall'aumento nonché dal cambiamento delle caratteristiche di coloro che si recano presso le mense della Caritas o di altre istituzioni benefiche.
A questi abbiamo ritenuto doveroso pensare subito, con l'introduzione (per ora descritta soltanto in termini generali) della carta prepagata per l'acquisto di generi di prima necessità, incluso il costo dell'energia. L'idea (non demagogica e, a mio parere, nemmeno paternalistica) deriva dal ritenere giusto - insisto - individuare e selezionare, per quanto ciò sia faticoso, un'area del bisogno assoluto.
L'area più ampia dell'impoverimento relativo, invece, include: coloro che non possono proteggersi (ad esempio i pensionati); coloro che si trovano oggi a pagare ancor di più il prezzo della stagflazione (ad esempio, le famiglie più numerose, penalizzate dal sistema di detrazioni fiscali che ha sostituito quello precedente di deduzioni fiscali che, come è noto, riducevano la base imponibile soprattutto nel momento del prelievo fiscale aggiuntivo nella dimensione locale); chi percepisce bassi redditi da lavoro.
Per costoro dobbiamo pensare a un patto di redistribuzione della ricchezza che riusciremo a introdurre, nella misura in cui riusciremo a produrre tale ricchezza. A ciò sarà dedicata una sessione di dialogo con le parti sociali, in modo che si possa condividere l'obiettivo di produrre maggiore ricchezza, sapendo che se ne condividerà anche il risultato.
In questo stesso ambito si colloca anche il completamento della disciplina sperimentale relativa alla detassazione dei premi aziendali e - lo sottolineo -: delle componenti premiali e aziendali del salario.


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La norma, infatti, è stata definita anche per gli straordinari, in funzione di una maggiore disponibilità a intese sullo straordinario rispetto all'attuale disciplina fiscale, che invece penalizza quest'ultimo. Tuttavia, la ratio principale del provvedimento è quella di incoraggiare l'erogazione di componenti variabili del reddito legate al risultato e agli utili.
Questo Governo non ha fatto mistero di una propria visione delle relazioni industriali di tipo cooperativo e collaborativo, visione che non solo vuole incoraggiare a superare le residue propensioni al conflitto tra capitale e lavoro, ma anche l'indifferenza, quel rapporto freddo tra capitale e lavoro che, dagli accordi del 1993, ha generato bassi salari e bassa produttività, laddove invece dobbiamo alzare i salari, alzare ancor più la produttività e, come affermato nella relazione, ridurre il costo del lavoro per unità di prodotto.
Per fare ciò abbiamo bisogno di un nuovo modello contrattuale, ma anche di una disciplina fiscale, come quella avviata in via sperimentale, che, a regime, diventi generalizzata per il lavoro subordinato, in modo da cambiare la struttura della retribuzione e la propensione alla maggiore produttività sulla base di un concetto che vorremmo quanto più stimolare: la condivisione degli utili di impresa, cioè l'aggancio del salario, in misura definita dalle parti, agli utili stessi dell'impresa. Ciò al fine di accentuare la condivisione di ogni sforzo affinché l'impresa sia più performante e raggiunga maggiori risultati, sapendo che se ne condividono, anche nella dimensione aziendale, i benefici. Mi auguro che tutto ciò si possa produrre con largo consenso.
All'onorevole Delfino rispondo che non cerchiamo la divisione sindacale. Ciò sarebbe sciocco, poiché qualunque Governo desidera il massimo consenso intorno alle proprie decisioni. Quale Governo può desiderare il dissenso degli interlocutori sociali? Anzi, il consenso dei più distinti e distanti è ancora più auspicato e pregiato, però è anche vero che non possiamo fermarci di fronte al veto di coloro che affermano che non hanno letto le nostre proposte, ma che comunque non gli sono piaciute.
Nei giorni scorsi, quindi successivamente a quando ebbi modo di presentare il nostro programma, abbiamo mantenuto alcuni impegni, inserendo, nella più generale manovra, un robusto pacchetto di disposizioni rivolte alla deregolazione dei rapporti di lavoro.
Non credo che queste deregolazioni possano essere confuse con riduzioni del livello delle tutele. Il collega Damiano, in altra sede, ha pubblicamente parlato di deregolazione «feroce», usando un linguaggio che di solito non usa. Evidentemente, ha ritenuto fosse giunto il momento di sfogarsi e di utilizzare un'espressione forte. Credo, onestamente, che il livello delle tutele effettivo che ci aspettiamo da quelle misure sia maggiore di quello che oggi si riscontra.
Se, infatti, sarà più agevole regolarizzare una prestazione di babysitting o di giardinaggio per una famiglia, se sarà più agevole regolarizzare il lavoro della vendemmia in agricoltura, se sarà più agevole - questione che peraltro lo stesso Ministro Damiano aveva iniziato a risolvere, attraverso i buoni prepagati - regolarizzare un cameriere per il fine settimana in un ristorante, se sarà più agevole consentire a un giovane sotto i 25 anni di svolgere una breve prestazione stagionale, ebbene, tutto ciò alzerà il livello delle tutele rispetto a lavori, o a spezzoni lavorativi, che oggi sono regolarmente e scientificamente irregolari. Analogamente, semplificare la gestione del rapporto di lavoro incoraggia la propensione all'assunzione.
Il collega Poli ha ricordato una legge che ci ha visto impegnati insieme a contrastarla e oggi ne sottolinea la necessità di abrogazione. Mi riferisco alla legge sulle dimissioni volontarie, che richiedono necessariamente la forma scritta e la redazione su modulo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Non credo che si abbassino le tutele perché viene meno questo tipo di regolazione. Le patologie estreme delle dimissioni in bianco - odiose - rappresentano poca


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cosa rispetto al lavoro nero o alla disoccupazione in cui spesso sono intrappolate molte donne. La soluzione a queste patologie estreme non è quella di incatenare l'insieme dei rapporti di lavoro, quanto piuttosto quella di irrobustire il controllo sociale, che agevolmente, come è noto, può proteggere da una patologia di questo tipo.
Se semplifichiamo gli adempimenti relativi alla responsabilità solidale nella catena dell'appalto, non attenuiamo la responsabilità solidale stessa; crediamo che, più opportunamente, si debba affermare la responsabilità solidale che noi stessi, con la legge Biagi, regolammo nel senso di assegnare maggiore responsabilità a coloro che, nella catena, si trovano nella posizione superiore. Se semplifichiamo gli adempimenti e rinviamo all'autonomia contrattuale il compito di disciplinare il modo con il quale ciascuno degli operatori si garantisce rispetto alla responsabilità solidale, non credo che attenueremo le tutele nei confronti dei lavoratori che, comunque, disporranno di più operatori tenuti a garantirle.
Il complesso di misure che abbiamo adottato, quindi, ha lo scopo di rendere maggiore la propensione ad assumere, togliere ogni inibizione alla gestione dei rapporti di lavoro e di incoraggiare la semplice regolarizzazione di quei tanti spezzoni lavorativi, di quelle tante attività lavorative occasionali, che sono crescenti e quasi sistematicamente irregolari.
L'onorevole Rossi mi sembra facesse riferimento alle collaborazioni a progetto nonché ad attività ispettive che sono parse, a suo dire, il risultato di una rigida interpretazione della norma.
L'onorevole Damiano ha detto, giustamente, di avere applicato la legge Biagi. E ha detto anche, altrettanto giustamente, di avere utilizzato, almeno in un primo momento, una circolare preparata nella legislatura precedente sull'applicazione della stessa legge Biagi, anche se poi ha introdotto circolari successive che, a mio avviso, non sono coerenti con la norma. Quest'ultima, infatti, è scritta in modo tale che nessun lavoro è, di per sé, non idoneo a essere configurato come collaborazione a progetto. Nessuno, neanche un lavoro di segreteria realizzato senza impegno di presenza nel luogo di lavoro e con libertà del prestatore di organizzarsi.
Credo, in base ad episodi che mi sono stati riferiti, che troppo spesso, invece, alcune attività ispettive abbiano accentuato un'interpretazione che non è desumibile nelle stesse circolari. Vi porto ad esempio un call center di televendita nel quale, non a caso, persone anche con altri interessi lavorativi si recano, quando meglio ritengono, effettuando telefonate esterne non solo in autonomia tecnologica (quindi, non solo ricevendo la telefonata che poi effettuano in uscita), ma anche fornendo una prestazione di tipo non seriale, considerato che tentano di convincere il compratore. Questa prestazione, onestamente, in via teorica si iscrive nella collaborazione a progetto, ancorché collocata nell'ambito del discusso call center.
In definitiva, la legge deve essere applicata appieno, con adeguate attività ispettive svolte in assoluta coerenza con quanto dispone la norma.
A proposito dell'occupazione femminile, cui è stato fatto, giustamente, più volte cenno, insisto nel ripetere sempre la risposta data da Marco Biagi: l'occupazione femminile è il mainstreaming di una politica del lavoro. È, in ogni caso, il parametro in base al quale si misura la giustezza e la produttività di una politica del lavoro. Nel periodo in cui abbiamo lavorato insieme, guardavamo sempre l'andamento dei tassi di occupazione femminile. In un mercato del lavoro segmentato come il nostro, l'esclusione si concentra essenzialmente su giovani, donne e cosiddetti anziani. In modo particolare, con riferimento alla tematica dell'esclusione delle donne, va sottolineato che l'occupazione femminile, seppur cresciuta di più di quella degli uomini nell'ultimo decennio, rimane la più bassa d'Europa (se si considera quella a 15 Paesi) e ciò ci deve impegnare a continuare a misurarci con questo parametro.
Nessuno si illuda, però, che misure dirette e specifiche, come la detassazione, possano determinare un incremento dell'occupazione


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femminile. Lo dico anche con riferimento, potrei dire, all'insuccesso dei contratti di inserimento o reinserimento, che almeno nel Mezzogiorno godevano, e godono tuttora, di una buona agevolazione contributiva.
Credo, come diceva Marco Biagi, che nessun incentivo finanziario possa mai sostituire e compensare il disincentivo normativo e che occorra, quindi, piuttosto, riflettere sulla rigidità delle norme contrattuali, prima ancora che legislative, relative all'orario di lavoro, che spesso penalizzano le esigenze di conciliazione tipiche, soprattutto, delle donne.
Sono convinto che, nel menù della contrattazione collettiva, sia giusto dare spazio ad accordi individuali circa le clausole flessibili ed elastiche relative ai contratti a tempo parziale. Così come rimane aperto, in quanto insufficientemente risolto, il grande problema della dotazione di servizi di cura all'infanzia, senza i quali, ovviamente, non esiste possibilità di conciliazione con la natalità.
Per quanto riguarda le osservazioni formulate dall'onorevole Damiano a proposito di continuità e discontinuità, mi preme sottolineare che non abbiamo rimodificato la disciplina dello staff leasing (secondo me sbagliando, ma qualche volta mi trovo a non essere d'accordo con me stesso).
Qualcuno, dall'opposizione, mi ha effettivamente chiesto perché non ho riproposto lo staff leasing. Ebbene, ho visto che è diventato una specie di simbolo negativo, nonostante sia invece richiesto soprattutto da un'organizzazione sindacale, che lo ritiene in grado di tutelare maggiormente il lavoratore rispetto alle forme spurie di appalto e subappalto che, alla fine, costituiscono mere intermediazioni di manodopera. Lo rimetteremo, nell'ambito dell'esame del relativo provvedimento, alla valutazione del Parlamento. Tuttavia, questo ha inteso rappresentare anche un segnale di non assoluta discontinuità, rispetto al lavoro della precedente amministrazione.
Per quanto riguarda la richiesta dell'onorevole Giacomoni, in relazione all'intervista dell'onorevole Ichino sull'articolo 18, credo che il tema della cosiddetta flessibilità in uscita possa essere affrontato - meglio se in Parlamento, in modo da stemperare qualsiasi lettura ideologica di questo argomento - dopo aver rafforzato gli strumenti di protezione della disoccupazione. Abbiamo intenzione di farlo esercitando le deleghe lasciate dal precedente Governo, sia per quanto riguarda l'organizzazione di un secondo pilastro degli ammortizzatori sociali in capo alle parti sociali, se ritengono di produrlo - ho fatto riferimento a questo punto nella mia relazione, dicendo che ove le parti producano enti bilaterali a ciò preposti godranno anche della delega in sussidiarietà della gestione della cassa integrazione - sia per ciò che concerne il rafforzamento dell'effettività della formazione.
A tal proposito, prego di considerare una norma cui attribuiamo molta importanza, che è contenuta nel pacchetto varato nei giorni scorsi e che esplicita una forma di sussidiarietà nei confronti degli enti bilaterali e degli accordi tra le parti sociali. La norma consente che, a fianco del canale pubblicistico regionale dell'apprendistato, si possa stabilire un secondo canale disciplinato autonomamente dalle parti sociali, ove queste concordino di organizzare la formazione aziendale.
Insomma, ove le parti sociali siano d'accordo, o meglio ancora realizzino organismi bilaterali, in sussidiarietà possono regolare, in tutti gli aspetti, il contratto di apprendistato. Ciò significa sussidiarietà, riconoscimento del ruolo degli attori sociali, flessibilità organizzativa (nel senso di adattamento della formazione in apprendistato alle concrete condizioni) nonché privilegio, a mio avviso, della formazione aziendale in aziende - come una collega ha ricordato - dotate di vocazione formativa. Devo presumere che le parti ciò riconoscano, nel momento in cui ciò convengono.
Quindi, tornerà il concetto della sussidiarietà verso le parti sociali e verso la bilateralità, giacché tale sussidiarietà consente di alleggerire la rigidità di disposizioni che possono esserlo solo nella misura


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in cui sono esterne alla concretezza del rapporto di lavoro o di una situazione aziendale.
La stessa norma sui contratti a termine, che ritrovate nel pacchetto, deroga alla regolazione dei contratti a termine solo nel caso di accordo tra le parti.
Ieri sera, alla trasmissione Otto e 1/2, mi è stato chiesto come mai nel pacchetto fosse contenuta questa disposizione. Ho risposto: se non altro, perché poco prima di entrare in questa trasmissione alcuni dipendenti di quella stessa rete mi hanno chiesto circa la possibilità di prevedere una deroga in presenza di accordo tra le parti! Pare infatti che in quel contesto le parti potrebbero fare accordi con questa modalità.
Del resto, lo hanno fatto alla RAI, alle Poste e si sta chiedendo di fare lo stesso in molte aziende, anche metalmeccaniche - ce n'è una nel mio territorio - ove le parti vogliono realizzare un accordo per produzioni stagionali di attrezzature per giardinaggio, con minaccia, altrimenti, di trasferirsi altrove. Esiste una ciclicità, in certe produzioni industriali, non solo alimentari, di cui la disciplina non ha tenuto conto fino in fondo.
Se superiamo quella rigidità del contratto di apprendistato con una sussidiarietà verso le parti sociali, non credo che ciò significhi riduzione delle tutele relative.
La sussidiarietà verso le parti sociali, e soprattutto verso i comitati paritetici e le forme bilaterali, ci auguriamo emerga dalla revisione del testo unico in materia di sicurezza, che abbiamo invitato le parti a produrre, collocandoci in una posizione terza.
Non ripeterò considerazioni, a questo riguardo, che ho già svolto in aula nei giorni scorsi. Lasciatemi solo sottolineare, sempre nella logica del riconoscimento del ruolo delle parti e soprattutto degli organismi bilaterali, come, in presenza di questi ultimi, si possa prevedere la cedevolezza di una serie di adempimenti e dei relativi controlli, giacché si può presumere che l'accordo e la condivisione tra parti della gestione della sicurezza in un determinato ambiente di produzione si collochi un passo più avanti, verso la tutela della salute del lavoratore, rispetto alla fredda richiesta di adempimenti dall'esterno. Dall'interno di una data realtà, infatti, le parti collaborano, condividono e quindi possono più flessibilmente regolare, per esempio, la redazione del documento di valutazione del rischio. Noi, in quanto rappresentanti del settore pubblico, sappiamo che in quel caso l'approccio sarà meno formalista e più sostanzialista, poiché è naturale che le parti non ragionino come un regolatore esterno, bensì come chi si trova all'interno e vuole davvero più sicurezza nel luogo di lavoro.
Chiedo scusa se non ricorderò tutte le osservazioni, che peraltro sono state molte.
A proposito degli enti previdenziali, mi ha fatto piacere riscontrare condivisione anche nei rappresentanti dell'opposizione che sono intervenuti, circa non tanto l'inutilità, quanto piuttosto la pericolosità di un super INPS, che potrebbe produrre un probabile incremento della spesa, cioè costi aggiuntivi, e aumento dell'inefficienza gestionale, per il superamento di una soglia critica. In fondo, sono i documenti che il Ministro Damiano mi ha consegnato all'atto del mio insediamento in quel Ministero, frutto del lavoro di un advisor che il mio predecessore ha utilizzato.
La razionalizzazione, come richiesto anche dall'onorevole Baldelli, è assolutamente necessaria. Mi auguro che potremo procedere presto alla razionalizzazione, ovvero alla concentrazione delle funzioni, probabilmente in quattro enti. Tendo a salvare l'ENPALS, nel senso che esso corrisponde a un mercato del lavoro molto particolare e sregolato, nel quale pochi sono gli eletti e molti gli iloti, che purtroppo lavorano in condizioni per i quali un monitoraggio specifico e un'attenzione particolare dedicata da un soggetto istituzionale possono essere molto importanti. C'è molto da razionalizzare all'interno di questi enti. Stiamo lavorando a questo scopo, intenzionati come siamo a non innalzare il livello di prelievo contributivo, secondo quanto la norma di copertura


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prevede. Presto conto anche di riferire al Parlamento, se lo riterrà opportuno, circa tutte le azioni di razionalizzazione interna che pensiamo siano possibili e doverose, in modo da ridurre i costi di gestione degli stessi enti previdenziali.
Sulla previdenza volevo affrontare un ulteriore punto, che però al momento mi sfugge.
Per quanto riguarda gli investimenti, credo che dovranno essere riattivate, in certa misura, misure riguardanti l'INAIL, compatibilmente con le condizioni di finanza pubblica, poiché - è noto e l'ho ricordato nella scorsa audizione - sussiste al riguardo di questo ente un incidenza diretta sulla tesoreria del bilancio dello Stato. Di fatto, ogni specifica spesa si trasforma direttamente in spesa pubblica (Commenti del deputato Foti). Il problema è che tutto ciò pare richiedere comunque una copertura. Ad ogni modo, ben accolgo la sollecitazione, che condivido.
Per quanto riguarda l'ISFOL, la nostra intenzione è di garantire, ovviamente, gli stipendi, anche per il personale precario. Peraltro, abbiamo chiesto la delega per il riordino di tutti gli enti strumentali.
Per quanto riguarda i premi di produttività, la norma va interpretata - del resto è scritta in modo chiaro - nel senso che tutte le erogazioni variabili sono soggette alla detassazione, non sono quelle prodotte dalla contrattazione aziendale. Ripeto, tutte: la norma è chiarissima in questo riguardo e si combina, peraltro, con la decontribuzione, che invece è legata, entro certi limiti, alla produttività.
D'altronde, non potremmo avere una disciplina fiscale rimessa in sussidiarietà alle parti sociali!
L'estensione, in ogni modo, di questa sperimentazione è negli obiettivi. Il percorso, come ho detto, prevede di farne una disciplina strutturale del prelievo fiscale sul lavoro dipendente, pubblico e privato. Ringrazio ancora tutti coloro che sono intervenuti, signor presidente, e rimango sempre, ovviamente, a disposizione per l'utilissimo e continuo confronto parlamentare.

PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Credo che la sua disponibilità sia stata più che adeguata. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,10.

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