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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XIII
12.
Mercoledì 12 maggio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Giancarlo Galan, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Russo Paolo, Presidente ... 3 9 10 12 28 32
Beccalossi Viviana (PdL) ... 26
Bellotti Luca (PdL) ... 13
Brandolini Sandro (PD) ... 17
Cenni Susanna (PD) ... 12
Dal Moro Gian Pietro (PD) ... 22
Dima Giovanni (PdL) ... 19
Faenzi Monica (PdL) ... 11
Fiorio Massimo (PD) ... 19
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 15
Galan Giancarlo, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ... 3 29
Gottardo Isidoro (PdL) ... 21
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 24
Rota Ivan (IdV) ... 16
Ruvolo Giuseppe (UdC) ... 10
Sardelli Luciano Mario (Misto-NS/LS Ausonia) ... 9
Servodio Giuseppina (PD) ... 23
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 12 maggio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 17,20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Giancarlo Galan, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Giancarlo Galan, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
In via preliminare vorrei rivolgere al Ministro, che partecipa per la prima volta ai lavori della Commissione e che ringrazio per aver corrisposto tempestivamente al nostro invito, gli auguri di tutta la Commissione per il lavoro impegnativo che lo attende e assicurargli al riguardo la nostra più assoluta collaborazione, pur nella diversità delle funzioni del Parlamento e del Governo.
Do la parola al Ministro Galan.

GIANCARLO GALAN, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Grazie, presidente, e grazie a voi che, anche in un giorno di chiusura delle attività dell'Assemblea, siete qui ad ascoltarmi. Vi ringrazio anche per avermi offerto l'opportunità di un'occasione conveniente e puntuale, dal momento che avviene nel corso di una stagione particolarmente critica per l'economia italiana e internazionale.
Saluto e ringrazio tutti i componenti la Commissione, ai quali rivolgo una sommessa richiesta: tenete cortesemente conto del fatto che ho giurato nelle mani del Presidente Napolitano venti giorni fa. Ciononostante, ho creduto fosse mio dovere venire qui ed esporre di fronte alla più autorevole delle Commissioni le linee guida del mio programma di governo, nello spirito di leale e fattiva collaborazione fra Commissione e Ministero.
Instabilità, incertezze, turbolenze, tempeste, oscillazioni sono termini che appartengono al lessico del meteorologo, ma da troppo tempo abbiamo imparato a usare gli stessi termini anche per cercare di comprendere e fronteggiare le crisi economiche e finanziarie che colpiscono l'Europa e, con essa, l'intero scenario internazionale.
In questi giorni, per usare un'espressione giornalistica, in Europa sono state poste le condizioni per ripartire. Decisivo, in tal senso, è stato l'apporto dell'Italia e del suo Governo. Mai, come oggi, appare urgente una politica europea che sia davvero comune, dove per comune non deve intendersi un approccio differenziato e, quindi, diseguale tra i diversi partner.
Se pensiamo a ciò che accade in molti settori della nostra agricoltura e della nostra pesca, ben si capisce l'auspicio dell'affermarsi, finalmente, di una politica


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comunitaria veramente giusta, che rappresenta il solo modo per ottenere consenso attorno all'idea dell'unità europea.
In realtà, le politiche economiche di molti Paesi vanno corrette e sostenute mediante interventi ispirati al rigore, al sacrificio e al più convinto senso di responsabilità sociale e politica. Così come hanno dimostrato di saper fare in queste ore i Governi europei, tutti i soggetti che hanno voce in capitolo nelle politiche agricole e alimentari devono saper trovare le ragioni dell'unità, della convergenza attorno a obiettivi comuni, della condivisione di ciò che occorre perseguire sul piano politico ed economico. Ciò è auspicabile per far sì che l'intero comparto agroalimentare possa affermarsi positivamente nel nome della qualità, della trasparenza e, soprattutto, di un'internazionalizzazione cui dobbiamo partecipare, senza per questo subire i danni gravissimi causati da diverse forme di criminalità, tra le quali le inaccettabili imitazioni e contraffazioni dei nostri prodotti.
Certamente, a tutti noi appare più che importante, anzi decisivo, l'appuntamento del 2015 con l'Expo di Milano, che, come accade nel resto del mondo, a seguito di simili eventi, dovrebbe costituire un formidabile volano per lo sviluppo complessivo della nostra economia del prossimo decennio.
Mi chiedo e vi chiedo se sia diventato sapere comune degli italiani il tema cui dovrà ispirarsi la grande esposizione di Milano. Quanti italiani sanno che nel 2015 a Milano tutto ruoterà, o così almeno si spera, attorno al seguente slogan: «Nutrire il pianeta, energia per la vita»?
Sarà impegno del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali collaborare in ogni senso con chi è impegnato nella grande impresa dell'Expo, anche perché sarebbe assolutamente incomprensibile se ciò non avvenisse.
Occorre nutrire il pianeta, dunque: sicuramente, anche se non possiamo dare nulla per scontato. Fino a poco tempo fa, a chi mi avesse chiesto da che cosa è costituito il più grande tesoro dell'umanità, avrei dato risposte imprevedibili, fantasiose, forse banali, comunque sbagliate. Il più grande tesoro dell'umanità si trova in una lontanissima isola del circolo artico, esattamente nell'isola norvegese di Spitzbergen, dove, in uno scenario fantascientifico, vengono immagazzinati e conservati miliardi di semi che rappresentano i sicuri ingredienti di un futuro dell'umanità garantito, proprio perché vi è lassù una polizza di assicurazione contro qualunque genere di minaccia a breve e lungo termine. Proprio lì è stata nascosta la nuova arca di Noè.
Il riscaldamento globale e ogni altro genere di catastrofe planetaria troveranno in quell'isola la loro normalissima risposta. Da quei miliardi di semi conservati la civiltà umana potrebbe ripartire e lo farebbe ricominciando da dove tutto ebbe inizio, dall'agricoltura. Per nutrire il pianeta e conservare gli indispensabili ingredienti del futuro occorre saper tenere i piedi per terra, con la massima umiltà e con la coscienza che la partita non è facile, ma che proprio per questo dobbiamo saperla vincere.
L'agricoltura nazionale non è rimasta esente dagli effetti della crisi, che, peraltro, si è riverberata su un settore contrassegnato da debolezze strutturali tipiche, in una fase ulteriormente complicata dalla contrazione del sostegno comunitario, ridottosi, negli ultimi anni, sia per l'allargamento dell'Unione europea, sia per scelte di politica economica complessiva attuate dall'Unione stessa.
Oggi dobbiamo affrontare una crisi che il settore agricolo non ha mai conosciuto prima, perché essa colpisce tutte le produzioni e le regioni. Nonostante ciò, il settore evidenzia ampie aree di capacità competitiva anche a livello mondiale. La crisi lo ha colpito, senza tuttavia annientarne gli elementi di forza che pure lo caratterizzano.
Proprio su questi elementi di forza si fonderà l'azione programmatica del Ministero nel corso della legislatura, con un piano di interventi che miri a ridare rigore al settore affrontando i fattori di crisi ma che, allo stesso tempo, delinei un quadro organico di interventi per rilanciare e


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promuovere la competitività dell'agroalimentare italiano, un sistema unico al mondo.
Nell'intraprendere un percorso programmatico reale e concreto è necessario tener conto di due aspetti di carattere macroeconomico che potrebbero avere un impatto anche sull'economia agricola: il primo è la recente crisi economica europea, il secondo la manovra annunciata dal Governo.
Sul fronte economico europeo, il dissesto dell'economia greca, manifestatosi nelle ultime settimane, ha funzionato da detonatore sui mercati finanziari mondiali, favorendo azioni speculative che hanno avuto come obiettivo non solo la Grecia, ma l'Unione europea in generale e la sua valuta in particolare.
Nell'ambito dell'accordo per il Piano salva-euro messo a punto dai ministri delle finanze dell'Unione europea, l'Italia contribuirà con un prestito pari a poco meno di 6 miliardi di euro nel 2010, un prestito la cui data di rimborso non è ancora nota, ma che probabilmente potrebbe prevedere una seconda tranche nel 2011.
Sul versante economico nazionale, il Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti ha già annunciato una manovra che dovrebbe aggirarsi intorno ai 25 miliardi di euro. I dettagli dei termini e dei contenuti non sono ancora definiti, ma, se l'impostazione dovesse riprendere l'approccio utilizzato in occasione del decreto legge n. 112 del 2008, anche il settore agricolo sarà chiamato a contribuire per la sua parte.
È necessario, però, condividere i numeri relativi al reale stato dell'agricoltura per poter definire una coerente azione programmatica del Ministero.
Il settore primario soffre da tempo di una spinta frammentarietà: il 73 per cento delle aziende ha una superficie utilizzata inferiore ai 5 ettari, a fronte di una dimensione media di 7,6 ettari di superficie agraria utile. Nell'ultimo quinquennio si è avuta una forte contrazione delle aziende agricole (-14,5), che ha riguardato soprattutto le piccolissime aziende e, quindi, ha inciso molto poco sulla dimensione media.
Osservando i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, ne emerge che l'erosione delle aziende e, corrispondentemente, dei capi azienda, abbia interessato in larga misura i già poco numerosi giovani. La numerosità dei capi d'azienda con meno di 35 anni si è ridotta, infatti, del 36 per cento. Vi è, quindi, un problema di ricambio generazionale.
Da alcuni anni, salvo situazioni estremamente congiunturali, si assiste a un calo costante dei redditi agricoli a causa del notevole differenziale di crescita tra i prezzi dei prodotti e i costi di produzione. Il 2009 è stato caratterizzato da una forte contrazione della redditività degli agricoltori dovuta a una flessione dei prezzi della produzione del 12 per cento e a una riduzione meno marcata dei costi dei mezzi produttivi, in calo solo del 2 per cento.
I problemi di redditività hanno interessato tutta l'Unione europea. Il reddito agricolo nel 2009 è calato, infatti, in media del 12 per cento rispetto al 2008, con punte negative del 32 per cento in Ungheria, del 25 per cento in Lussemburgo, del 24 per cento in Irlanda, mentre in Italia e in Germania il calo si è assestato nell'ordine del 21 per cento.
Tra il 2000 e il 2009 il calo del reddito agricolo reale per occupato in Italia è stato del 36 per cento, superato solamente dalla Danimarca con una riduzione del 46 per cento.
Il deterioramento della ragione di scambio, il rapporto tra variazione dei prezzi dei prodotti agricoli e quella degli input, ha fatto sì che le imprese agricole abbiano sofferto della riduzione dei margini, aumentando il grado di indebitamento con un forte appesantimento della propria struttura patrimoniale e finanziaria. Peraltro, la forte incidenza del costo per le materie prime sul fatturato, pari al 75 per cento, rende le imprese agricole estremamente sensibili all'andamento dei prezzi degli input.


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In relazione alla solidità patrimoniale e finanziaria delle imprese agricole, l'effetto della crisi ha determinato un progressivo incremento del volume degli oneri finanziari, a seguito di un innalzamento del costo medio del finanziamento esterno.
Inoltre, le erogazioni di credito agrario sono diminuite nel 2009 rispetto agli anni precedenti. Nel primo semestre del 2009 il calo è stato del 30 per cento rispetto allo stesso periodo del 2006 in termini di numeri di crediti concessi e del 17 per cento in termini di corrispettivo valore.
L'Italia mostra una quota di export agroalimentare a livello mondiale del 5 per cento, in linea con quella di importanti Paesi come Cina, Spagna e Canada e superiore ad altri, come Argentina e Australia.
Nel mercato internazionale il disavanzo strutturale della bilancia commerciale dell'agroalimentare è andato riducendosi nel corso degli ultimi anni, passando dai quasi 8 miliardi del 2004 ai circa 6,5 del 2009. Tale riduzione è stata raggiunta quasi esclusivamente grazie ai prodotti del made in Italy, che non solo presentano un saldo positivo pari a quasi 9,5 miliardi di euro, ma un livello delle esportazioni nel 2009 di 15,5 miliardi. Nel corso del quinquennio, tale settore ha visto crescere il saldo del 54 per cento.
Per quanto riguarda le linee guida, sulla base dello scenario delineato, emerge la necessità di una politica nazionale capace di intervenire con misure idonee ad affrontare la peculiarità del settore, partendo da esse per superare lo stato di crisi e rilanciarne le potenzialità attraverso un quadro organico di azioni.
Per questo motivo, l'azione del Ministero, nel corso della legislatura, sarà orientata verso i seguenti obiettivi: promuovere interventi per il superamento della crisi economica del settore e per il rilancio della competitività; riaffermare il ruolo italiano in ambito europeo, in vista della revisione della politica agricola comunitaria e a livello internazionale; costruire un nuovo rapporto con le regioni, anche al fine di rendere coerenti gli interventi previsti nel Programma di sviluppo rurale ed evitare il disimpegno dei fondi comunitari; assicurare un quadro normativo organico a supporto del sistema imprenditoriale, anche attraverso la riapertura della delega in materia di modernizzazione del settore e la definizione del Codice agricolo; promuovere un piano di sburocratizzazione, rafforzando, sulla base del principio di sussidiarietà, la rete di servizi a favore delle imprese; 6) riqualificare e razionalizzare la spesa pubblica nel settore.
Per quanto riguarda gli interventi per superare lo stato di crisi e rilanciare la competitività, è necessario promuovere misure finalizzate ad assicurare maggiore liquidità al sistema imprenditoriale; stabilizzare il Fondo di solidarietà nazionale e promuovere nuovi strumenti di gestione del rischio di impresa a tutela del reddito degli agricoltori; garantire l'accesso al credito e al mercato dei capitali; stabilizzare la fiscalità e la previdenza agricola; rafforzare le politiche per il ricambio generazionale; favorire gli investimenti delle imprese e lo sviluppo di filiera e di prodotti di qualità; rafforzare la ricerca in agricoltura; promuovere la realizzazione di investimenti per favorire il risparmio idrico ed energetico, nonché lo sviluppo del settore agroenergetico.
A livello europeo la riforma del bilancio comunitario è sicuramente il dossier più importante da affrontare nei prossimi mesi. In tale contesto sarà, infatti, ridisegnata la futura PAC, una partita che per il nostro Paese vale circa 6,5 miliardi di euro all'anno, tra aiuti diretti agli agricoltori, pari a 4,3 miliardi, e misure di sostegno allo sviluppo rurale, pari a 2,2 miliardi.
Il negoziato sarà particolarmente difficile. Il capitolo agricolo è, infatti, messo sotto accusa dai Paesi contribuenti netti al bilancio comunitario, ossia Regno Unito, Olanda, Svezia, Danimarca, Austria.
In tale contesto, oltre a garantire la salvaguardia delle risorse destinate al settore, la posizione italiana dovrà orientarsi verso i seguenti obiettivi: proporre un nuovo assetto della PAC per proteggere il reddito degli agricoltori dai rischi climatici,


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dalle crisi di mercato e dalla volatilità dei prezzi, che caratterizzano sempre più lo scenario europeo internazionale; sostenere il modello agroalimentare italiano, tutelando le specificità che caratterizzano la nostra agricoltura, orientata a una produzione di qualità fortemente legata al territorio.
Sarà, inoltre, opportuno riaffermare la centralità del pilastro su cui si è fondata l'Unione europea, cioè garantire ai cittadini europei la sicurezza alimentare, intesa sia secondo una strategica capacità di autoapprovvigionamento, sia come garanzia per la salute di tutti noi.
A livello internazionale è necessario riprendere la strada del riconoscimento e della valorizzazione del made in Italy. In tal senso, sarà opportuno liberare questo percorso dagli ostacoli oggi rappresentati dall'agropirateria e dalla contraffazione e procedere speditamente verso il pieno riconoscimento della tutela dei marchi collettivi.
Per questo scopo, l'Italia dovrà farsi promotrice di un forte impegno negoziale condiviso in sede europeo e finalizzato a sostenere il pieno riconoscimento della tutela dei marchi e delle produzioni a indicazione geografica.
Sarà necessario costruire un nuovo rapporto con le regioni. I Programmi di sviluppo rurale rappresentano il principale strumento di sostegno al settore agricolo dopo gli aiuti diretti. Attraverso di essi sono stati attivati ingenti finanziamenti pubblici, equivalenti a 17,6 miliardi di euro per il periodo 2007-2013.
Tali disponibilità devono essere obbligatoriamente utilizzate entro tempi prestabiliti, pena la perdita dei fondi comunitari non spesi. Al 31 dicembre 2009 sono stati spesi solamente 2,4 miliardi di euro, corrispondenti al 13,4 per cento della dotazione complessiva. Per evitare il disimpegno, cioè la perdita dei fondi assegnati al nostro Paese, occorrerà che le regioni, entro il 31 dicembre 2010, realizzino un'ulteriore spesa di 1,1 miliardi di euro.
Le regioni che presentano le peggiori performance sono quelle meridionali appartenenti al cosiddetto obiettivo Convergenza, in particolare Puglia, Campania, Calabria e Sicilia, che registrano percentuali di avanzamento inferiori al 12 per cento. Al centro-nord, le regioni peggiori sono Lazio e Abruzzo.
Premesso che la gestione delle risorse è di competenza regionale, risulta di vitale importanza adottare ogni soluzione utile a evitare il disimpegno dei fondi complessivamente assegnati al nostro Paese.
In tal senso, occorrerà sensibilizzare i nuovi esecutivi regionali a organizzarsi al meglio per gestire queste fondamentali risorse comunitarie, considerato che il disimpegno per il 2010 è evitabile solo se le regioni meno efficienti evidenziano una netta inversione di tendenza; verificare le condizioni per trasformare i 21 piani regionali in un programma unico nazionale articolato in 21 sottoprogrammi, che rappresenterebbe l'unica soluzione per lasciare inalterato l'attuale assetto delle competenze e insieme consentire compensazioni finanziarie tra le regioni per evitare disimpegni futuri.
Infine, è opportuno attivare un tavolo programmatico con le regioni per affrontare specifiche problematiche e promuovere accordi di programma quadro finalizzati a verificare la possibilità di rifinanziare i contratti di filiera con la compartecipazione delle regioni interessate agli interventi, anche attraverso il recupero delle risorse in ambito FAS.
Occorre, poi, assicurare un quadro normativo organico a supporto del sistema imprenditoriale. Gli interventi per accrescere la capacità competitiva del settore devono essere accompagnati dalla definizione di un quadro normativo adeguato a creare un contesto favorevole, anche attraverso la semplificazione del quadro legislativo.
In questo contesto, va esplorata la possibilità di riaprire la delega per la modernizzazione del settore, anche al fine di rivedere la normativa che tuteli chi effettivamente esercita l'attività imprenditoriale agricola e procedere alla regolazione dei mercati per garantire maggiore trasparenza ed equità nei rapporti di filiera.


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Inoltre, il Codice agricolo approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri dovrà essere rivalutato con attenzione, anche alla luce dei rilievi posti dal Consiglio di Stato, dalle Commissioni parlamentari e dalla Conferenza unificata, creando, altresì, un armonico confronto con le associazioni.
Mi auguro che sotto il mio mandato il mondo dell'agricoltura italiana possa salutare finalmente il varo di un codice di settore, così come è avvenuto in altre materie. Penso, per esempio, ai beni culturali e all'ambiente.
Una forte spinta all'innovazione del settore dovrà venire anche attraverso il rafforzamento della rete di servizi a favore delle imprese e la razionalizzazione e riqualificazione della spesa pubblica.
Nei prossimi mesi proseguirà il dibattito sulla riforma della politica comune della pesca. In merito, possono essere formulate alcune considerazioni.
Appare, innanzitutto, condivisibile l'approccio della Commissione europea, che ritiene necessaria una riforma radicale. La crescita degli stock attuali, depauperati da alcuni decenni di sfruttamento eccessivo, appare come un obiettivo irrinunciabile nell'interesse dei consumatori e, soprattutto, degli stessi pescatori.
Deve essere sollecitata una profonda semplificazione dell'attuale assetto normativo, diventato troppo complesso e oneroso per le amministrazioni nazionali e per gli operatori del settore.
Va dedicata una maggiore attenzione agli aspetti sociali, al fine di garantire la vitalità economica e la tutela dell'occupazione nelle comunità costiere. A tal fine, devono essere delineate nuove iniziative per consentire alle imprese di pesca di migliorare il rapporto con il mercato e accrescere la valorizzazione economica del prodotto.
In base a tali considerazioni, le linee di negoziato dovranno perseguire gli obiettivi di un assetto che consenta una crescita delle risorse ittiche, tutelando al tempo stesso il reddito e l'occupazione degli addetti al settore.
Per quanto riguarda il settore della pesca, va, inoltre, dato un forte impulso al Fondo europeo per la pesca, che rappresenta lo strumento con il quale vengono attuati, a livello nazionale, gli obiettivi di fondo sanciti dalla politica comune per il settore.
Per il periodo 2007-2013 è stata assegnata all'Italia una dotazione complessiva di 424,3 milioni di euro, poco meno del 10 per cento del totale comunitario. Con il cofinanziamento obbligatorio di parte nazionale, pari al 50 per cento, sarà quindi possibile finanziare interventi per un totale di 848,6 milioni di euro.
Allo stato attuale, la messa in opera del Fondo europeo per la pesca è stata caratterizzata da particolari criticità, che hanno determinato consistenti ritardi nell'esecuzione degli adempimenti previsti dalla normativa comunitaria, in particolare la definizione del sistema di gestione e controllo. In assenza della formale approvazione del sistema di gestione e controllo, infatti, non possono essere accettate dalla Commissione le domande di pagamento con cui si richiede il rimborso delle spese effettuate e certificate.
È necessario, dunque, avviare tutte le procedure necessarie per recuperare il ritardo precedentemente accumulato, anche in questo caso attraverso un coinvolgimento diretto delle regioni. L'avvio del Fondo europeo per la pesca consentirà l'attivazione di importanti misure di sostegno al settore in una fase in cui le imprese attraversano serie difficoltà.
Accanto a questi interventi di carattere strutturale, bisogna affrontare anche le diverse situazioni di emergenza che in questo periodo si sono accumulate. Mi riferisco, in particolare, alla questione delle quote latte, alle problematiche del settore bieticolo-saccarifero, alle agevolazioni sul gasolio, alla delicata situazione finanziaria in cui versa l'UNIRE, ai provvedimenti amministrativi che dovranno rapidamente essere emanati in materia di etichettatura, qualità e prodotti tipici, OGM.
Concludo rifacendomi a un mio pensiero di sempre, una convinzione che mi


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appartiene, quella di sostenere in ogni caso e comunque la necessità della ricerca.
Non si tratta, però, di una scelta alla Ponzio Pilato, tanto per non essere costretti a doversi schierare con il fondamentalismo organico oppure con gli apostoli della biotecnologia. Anch'io, come molti altri, credo che il futuro della produzione alimentare si trovi sicuramente nel mezzo, in uno spazio di mezzo rappresentato da un terreno che solo così può essere vasto e fertile. D'altra parte, è vero che la tradizione vince, ma solo a patto che la si innovi.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Innanzitutto, vorrei porgere gli auguri al Ministro per il lavoro che lo aspetta, un lavoro difficile e complesso in un settore che, come lui ha ricordato, vive una fase di profonda crisi economica.
Più che sulle sue considerazioni, che condivido nell'impostazione e nelle proposte di soluzione, vorrei fermare l'attenzione del Ministro sul territorio del Mezzogiorno, che vive, ancora più drammaticamente, per la sua debolezza strutturale e congiunturale, la crisi del settore agricolo.
Lei ha parlato di diverse emergenze, ma quella più grande mi sembra quella delle produzioni mediterranee, come l'olivicoltura e la viticoltura, che, anche con il lavoro degli imprenditori agricoli e dei contadini, non riescono a far fronte ai costi delle produzioni stesse.
Immagino una regione come la Puglia, che produce il 40 per cento dell'olivicoltura nazionale: fra alcuni anni, con la fine del sostegno comunitario alla produzione olivicola, probabilmente vivremo il problema di mantenere e conservare il territorio per i nostri uliveti.
Questa è un'emergenza che lei non ha segnalato e sulla quale io porrei, invece, l'attenzione, come pure sulla viticoltura. Ormai, il costo di un quintale di uva da vino o da tavola è assolutamente insufficiente a far fronte ai costi della produzione stessa. Rispetto a questo, le pongo alcune domande.
Non crede che, per valorizzare il reddito agricolo, sia utile favorire e sviluppare le cooperative di consumo per ridurre i margini esagerati della mediazione e valorizzare la produzione?
Inoltre, non crede che, purtroppo, la colonizzazione di cui siamo stati oggetto colpevole e supino in questi anni abbia permesso alla grande distribuzione di fissare i prezzi e imporre anche ai nostri produttori, soprattutto a quelli più deboli del Mezzogiorno, un valore del prodotto assolutamente non remunerativo e che, quindi, sia il caso di sviluppare una campagna di comunicazione per la produzione di qualità, la rintracciabilità, il riconoscimento di uno straordinario valore di cultura e lavoro della nostra gente?
Su questi due punti - le cooperative di consumo e una maggiore attenzione e rintracciabilità - vorrei conoscere un suo diverso e più puntuale parere.
Non abbiamo parlato nemmeno degli OGM. Si tratta di un settore sul quale il Ministro che l'ha preceduta aveva una determinata posizione. Vorrei conoscere la sua posizione sugli organismi geneticamente modificati e sulla produzione degli OGM, un tema importante anche per le possibilità del territorio.
Nel Mezzogiorno abbiamo un'altra emergenza, sulla quale vorrei una sua attenzione e puntualizzazione. Ministro, centinaia, migliaia, decine di migliaia di ettari di terreno nel Mezzogiorno sono sottratti all'agricoltura e stanno diventando, forse opportunamente, occasione di produzione di energia rinnovabile.
Le normative regionali non sono adeguate e puntuali, in questo caso e, quindi, ci sono aziende agricole che, di fatto, fra tre o quattro anni, saranno al 90 per cento deputate alla produzione di energia elettrica, con un reddito considerevole, anche per loro, e una fiscalità conseguente favorevole.
Il Governo nazionale può far avvenire ciò passivamente senza dare linee di governo e tenere conto che può compiere


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una scelta? Potrebbe appaltare tutta o una parte dell'agricoltura del sud alla produzione dell'energia rinnovabile. I Governi regionali non compiono scelte e quello nazionale non interviene. Potrebbe farlo con la fiscalità, perché la possibilità di intervenire sulla fiscalità potrebbe sicuramente dare un indirizzo a questo settore, che non è governato.
I punti riguardano, quindi, le energie rinnovabili, gli OGM, le cooperative di consumo e, soprattutto, la comunicazione per la valorizzazione delle produzioni tipiche, nonché la questione della riconoscibilità e della rintracciabilità.
Augurandole il miglior lavoro, mi aspetto nella replica e nei prossimi mesi la sua attenzione su questi punti.

PRESIDENTE. Non avendo avuto un grande successo nel limitare i tempi, mi permetterò, allo scadere dei cinque minuti, di chiedervi di completare il vostro intervento.

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Ministro, le rivolgo un saluto e un augurio di buon lavoro dal gruppo dell'UdC.
La relazione che abbiamo ascoltato - lo affermo con profonda sincerità - è da noi condivisa in toto. Conosciamo la sua prestigiosa attività e la sua capacità di sintesi politica, ovviamente da lontano, ma le verificheremo ora da vicino. La relazione del Ministro Zaia era stata eccellente, ma i frutti non sono stati, almeno dal mio punto di vista, soddisfacenti.
Signor Ministro, quando lei parla di stabilizzazione del Fondo di solidarietà nazionale e degli sgravi contributivi, è ottima musica per le orecchie di chi ascolta, ormai da due anni e con grande fatica, solo annunci e mai certezze assolute.
Sul Fondo di solidarietà nazionale, malgrado lo sforzo compiuto nella finanziaria e nei successivi provvedimenti, non si copre neanche il 30 per cento delle necessità. Nel 2008, nel 2009 e nel corso nel 2010 non possono assolutamente essere messi nelle condizioni coloro i quali ne hanno necessità di agganciarsi al Fondo di solidarietà nazionale per godere di tali risorse.
L'altra questione riguarda gli sgravi contributivi. Lei sa perfettamente che andranno a scadere il 31 di giugno, o di luglio; non ricordo bene. Se parliamo di stabilizzazione, è ancora ottima musica.
Vorrei soffermarmi su un dato, ribadendo che avremo comunque occasione di confrontarci sulla questione più approfonditamente: lei ha parlato del PSR come di un'occasione perduta, o comunque a grande rischio, delle regioni meridionali, il che è sotto gli occhi di tutti.
Svolgo, però, un ragionamento, perché non sono convinto che le regioni, seppur virtuose, o la cui virtuosità arriva da oggi fino al 31 dicembre, potranno mettere in campo bandi ben mirati.
Le porrei una riflessione: perché non vengono utilizzati i fondi del PSR nelle aree del Mezzogiorno? Dovendo l'impresa agricola partecipare al cofinanziamento della realizzazione dell'infrastruttura o comunque dell'ammodernamento dell'azienda, per le motivazioni che lei ha riferito e che tutti conoscono perfettamente, sappiamo che non c'è impresa agricola, almeno nel Mezzogiorno, che possa compiere un minimo di investimento per un cofinanziamento sul PSR.
Questa è una ragione di fondo. Bisogna chiedersi se questo strumento, per alcune aree del Paese, sia utile oppure no, oppure se occorre riconvertire tali risorse immaginando tavoli molto prestigiosi.
Signor Ministro, le do pubblico apprezzamento quando lei sostiene che la presenza del ministro deve essere obbligatoria nei tavoli comunitari europei. Sono d'accordo con lei: basta con i funzionari o con i burocrati che vi mandate senza la contezza precisa e specifica delle sensibilità di un mondo in grande difficoltà.
Mi soffermo brevemente sulle ultime questioni, che abbiamo visto emergere con veemenza e drammaticità.
Il mercato dell'ortofrutta è in mano alla criminalità organizzata. Questa Commissione ha prodotto infinite consultazioni e audizioni, ma alla fine non ne abbiamo ricavato nulla. Abbiamo posto specifiche


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domande ai generali della Guardia di finanza e al Garante per la sorveglianza dei prezzi sullo snodo rispetto ai costi di produzione che tutti conosciamo, per cui i prezzi in origine arrivano poi al consumatore triplicati, alle volte centuplicati e forse ancora di più, secondo dati della Banca d'Italia.
Secondo me, deve esserci un'attenzione, che manca, particolarissima su questo tema. Siamo pronti a dare una mano al Governo, da qualunque parte possiamo trovarci, per dare una risposta molto forte, seria e puntuale su tale questione.
Sui controlli non ho nulla da dire. Lei ne ha parlato anche con molta rigorosità.
Le pongo solo una questione: vogliamo una parola chiara da parte del Governo, al di là delle agenzie che possiamo leggere, sugli OGM.
Concludo chiedendo maggiore attenzione del Governo sul credito agrario, che rappresenta l'unica possibilità concreta per aiutare le imprese agricole in questo periodo.
Lei ha parlato di sburocratizzazione. Siamo tutti d'accordo, ma vorrei farle rilevare, e lei lo saprà meglio di me, che i vertici del suo Dicastero sono bloccati dal 1996. Ci rifletta, come ho fatto anch'io; non mi permetto di suggerirle nulla. Dal 1996 i punti nevralgici dell'economia dell'agricoltura italiana vengono presidiati sempre dai soliti noti. Per mancanza della politica, in coesione con l'alta burocrazia, non è avvenuto certamente quello che tutti ci aspettavamo. L'agricoltura è oggi in crisi non solo ed esclusivamente per scelte politiche o comunque di sistema complessivo, ma perché la burocrazia non si è mai prestata a momenti di grande confronto con il mondo dell'agricoltura.
La ringrazio per avermi ascoltato. Spero che potremo confrontarci con maggiore approfondimento sugli argomenti specifici.

MONICA FAENZI. Buonasera, Ministro. Le pongo alcune questioni tecniche, che raccolgo anche nel mio ruolo di sindaco di Castiglione della Pescaia e che riguardano la pesca. In merito, mi sono spesso confrontata con il sottosegretario, ma oggi, sapendo di questa audizione, sento il bisogno di riproporle.
Innanzitutto, un primo pensiero riguarda il fermo pesca, che noi riteniamo inopportuno estendere all'intero territorio nazionale. Il fermo pesca ha dato alcuni risultati sull'Adriatico, ma sicuramente non li dà in Toscana, dove crea grosse difficoltà alle nostre aziende, che, peraltro, in questo momento possono contare sul trattamento di cassa integrazione in deroga. Sarebbe, dunque, un'ulteriore limitazione all'attività.
Sarebbe forse opportuno dare anche la possibilità di vietare la pesca entro le quattro o cinque miglia dalla costa, ma consentendola oltre quel limite.
Si pone, però, un ulteriore problema. Dal 1o giugno recepiremo una direttiva comunitaria che, sebbene, come lei ha evidenziato nella sua relazione, costituisca una tutela a favore della natura, rappresenta, però, anche un grave decremento per quanto riguarda i redditi delle imprese ittiche, perché, essendosi allargate specialmente le maglie delle reti, vi è già un calo del 60 per cento del prodotto pescato.
Le chiedo se non sia opportuno inserire una misura di accompagnamento, anche negli anni a venire. So che è difficile, ma sarebbe utile farlo per sostenere queste imprese, che dovranno affrontare un periodo più duro per adattarsi alle nuove misure europee.
Esiste poi il problema piuttosto antico delle blue box, che il sottosegretario conosce. In ragione di un decreto del 1o luglio 2006, a firma De Castro, gli armatori si sono accollati tutti gli oneri connessi al controllo satellitare delle imbarcazioni, in realtà svolto in favore e a beneficio degli organi di controllo. Anche per quanto riguarda questo tema, la vorrei invitare a riflettere sulla necessità di ritornare allo status quo, in cui i costi erano, invece, a carico delle amministrazioni.
L'ultima riflessione riguarda gli strumenti assicurativi e finanziari. I decreti legislativi n. 154 del 2004 e n. 100 del


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2005 avevano previsto la creazione di interessanti strumenti assicurativi anche per la pesca.
A vantaggio di questo settore va il cosiddetto Fondo di solidarietà nazionale della pesca e dell'acquacoltura, che però non ha trovato attuazione. Credo che anche questo potrebbe rappresentare una misura appropriata per un settore anch'esso in crisi, come peraltro lei ha messo in evidenza.

PRESIDENTE. Grazie per la puntualità delle domande e per la cortesia di essere stata particolarmente veloce.

SUSANNA CENNI. Benvenuto, Ministro, e auguri di buon lavoro.
Ho particolarmente apprezzato la sua apertura con un tema che mi sta molto a cuore. Ha, infatti, inaugurato la sua relazione parlando della centralità del cibo. Lo dimentichiamo spesso, ma sarà il tema dell'Expo di Milano.
Voglio sperare che non sia un caso e che la sua apertura possa rappresentare una scelta simbolica rispetto alle priorità del suo Ministero e delle attività che lei saprà mettere in campo.
Anch'io sono convinta che ci troviamo di fronte a una centralità del tutto nuova nel tema del cibo nell'epoca che stiamo vivendo, un'epoca, come lei ha ricordato, di scossoni e di crisi profonda, e che tale centralità tenga insieme non solo eventi globali e scenari purtroppo assai negativi e peggiorativi nel diritto di accesso al cibo, ma anche alcuni mutamenti profondi nell'atteggiamento degli individui, anche nel nostro Paese, che potenzialmente potrebbero produrre anche effetti positivi.
Quando parliamo di questi comportamenti, non dobbiamo dimenticarci che nel nostro Paese il consumo di cibo e la spesa alimentare delle famiglie a medio-basso reddito in questi ultimi anni sono scesi a percentuali impressionanti. Si dedica, purtroppo, una percentuale molto bassa alla spesa alimentare, ma, contestualmente, si verifica anche una grande crescita dell'attenzione alla qualità di ciò che si compra. Si sceglie in base alla sua provenienza, alle sue caratteristiche, e si è imparato a leggere le etichette.
In questa dinamica vedo una straordinaria potenzialità per la nostra agricoltura, un percorso, però, non scontato, perché ciò non significa che automaticamente sosterrà la nostra agricoltura.
Ciò mi porta anche a ragionare su un tema che probabilmente nei prossimi giorni sarà all'onore delle cronache e su tutti giornali, cioè il fortissimo legame fra i temi della biodiversità e dell'agricoltura.
A me risulta - non ho ancora avuto modo di esaminarlo, ma spero di poterlo fare nei prossimi giorni - che il documento che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (la sua collega Prestigiacomo) ha licenziato, parli diffusamente di biodiversità, ma molto poco di agricoltura e biodiversità. Sarebbe forse il caso di poter recuperare questo deficit, proprio in virtù della sua apertura, per far sì che non si parli di conservazione e tutela della biodiversità solo pensando alla straordinaria banca a temperature polari che conserva il futuro di buona parte dei nostri semi.
Credo che su questo punto occorra ragionare seriamente, perché, se facciamo i conti con alcuni dati che ci indicano che alcuni anni fa disponevamo di circa 400 tipi di semi di grano e oggi ne seminiamo solo cinque o sei tipologie, penso che abbiamo perso molto per la strada. Dovrebbe essere dedicato un filone di ricerca a questo tema e penso che sia la chiave con la quale ragionare anche sugli OGM.
Lei ha toccato il tema, uno di quelli su cui mi pare che anche i giornali abbiano cercato di chiederle pronunciamenti fin dalle prime ore del suo insediamento, cercando di cogliere anche le differenze tra i posizionamenti suoi e del suo predecessore.
Personalmente, penso che, in merito, al primo posto siano da collocare - mi aspetto che il suo Governo e il suo Ministero vi provvedano - la difesa e la tutela della biodiversità. Alla luce di ciò, credo che si debba ragionare sulla ricerca, costruendo le condizioni per la garanzia della ricerca pubblica.


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Fino a oggi, infatti, i risultati prodotti in questo campo non discendono dalla ricerca pubblica. Quando chi svolge ricerca è lo stesso soggetto che commercializza sementi, fertilizzanti e quanto serve per far fronte a nuove tipologie, signor Ministro, mi permetta di voler mettere in campo alcune riserve. Credo, dunque, che il futuro di questo tema passi attraverso le garanzie pubbliche.
Vorrei velocemente affrontare un tema che lei ha toccato e che ritengo straordinariamente rilevante. Lei ha tentato, in questa sua esposizione, di illustrare a questa Commissione, anche se sommariamente, un'idea di agricoltura italiana. Sono felice che ci possa illustrare una sua idea, ma credo che vada costruita una visione dell'agricoltura italiana collocata in questi anni e nel futuro.
Uno degli appunti più forti che, in questo scorcio di legislatura, il Partito Democratico ha avanzato al suo predecessore è la non sufficiente determinazione nell'affermare un'idea di agricoltura. Capisco che ci sono emergenze, tutti noi lo comprendiamo molto bene, ma senza la costruzione di un'idea chiara dell'agroalimentare italiano diventa anche difficile costruire un patto con le regioni o con il mondo produttivo, anche chiedendo sacrifici per affermare tale tipo di visione.
Signor Ministro, ci aspettiamo che lei se ne occupi, insieme ai soggetti deputati, anche toccando con determinazione un tema che lei ha sfiorato, quello della semplificazione. Saprà benissimo che è uno dei temi che oggi più di altri massacra pesantemente la vita degli agricoltori.
Penso che non basti il lanciafiamme per affrontare questo tema, perché la semplificazione si affronta sicuramente mettendo mano alle norme, ma anche, per esempio, ad alcuni enti, il che non si è voluto fare fino a oggi. Quando gli agricoltori hanno a che fare con tante leggi, soggetti ed enti, ci perdono tutti, non solo il ministro di turno, ma anche il Governo, le regioni, le province e tutti i soggetti che hanno a che vedere con l'agricoltura.
Ci aspettiamo da lei un segnale serio anche in questa direzione.

LUCA BELLOTTI. Rivolgo un saluto particolare al Ministro, che è stato un bravissimo presidente di una delle regioni più importanti anche nel mondo dell'agricoltura. Ho avuto la soddisfazione di poter collaborare con lui e posso affermare che è uno dei presidenti che lavora non per il giorno dopo, ma lavora di strategia sui grandi temi.
Cercando di tornare sull'agricoltura, credo che l'agricoltura italiana abbia bisogno di caratterizzarsi per alcune grandi linee strategiche. L'agricoltura oggi soffre, gli agricoltori sono sulla soglia della povertà. Probabilmente, se andassimo a vedere i redditi delle aziende agricole, vedremmo che sono veramente prossimi al collasso.
Credo che il reddito dell'agricoltura sia una delle questioni più importanti da mettere al centro dell'attenzione della politica, perché, se non c'è reddito in agricoltura, è inutile parlare del made in Italy. È inutile parlare delle migliori produzioni italiane, quando i nostri agricoltori non fanno reddito.
Se vogliamo sviluppare l'agricoltura italiana nella pienezza delle sue possibilità, credo che il primo argomento sul quale svolgere riflessioni sia proprio quello del reddito delle aziende agricole, che, purtroppo, in questi anni è andato sempre più diminuendo.
Credo che sia, altresì, necessario opporsi alla cattiva informazione sull'aumento dei prezzi che ha toccato, in molti casi, i prodotti dell'agricoltura. Mi riferisco a quello dei prodotti di prima trasformazione, come la pasta e il pane. In moltissimi casi la colpa è stata addossata al mondo agricolo, mentre credo che esso non abbia alcun tipo di responsabilità in merito.
L'altra grande questione che vorrei porre in evidenza, oltre a quella del reddito, è che senza acqua non si fa agricoltura. All'inizio del secolo scorso, all'epoca di Mussolini, il 12 per cento della superficie italiana era irrigato. Oggi, a distanza di quasi un secolo, tale superficie è aumentata solamente di qualche punto.


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Se, da un lato, nella parte nord dell'Italia, in molti casi manca l'acqua, perché viene indirizzata per la produzione di energia, dall'altro, nel sud, vi è il problema serio che riguarda l'organizzazione dei consorzi di distribuzione dell'acqua.
Passo ad altre questioni. Credo che, in un Paese importante come il nostro, uno dei settori trainanti collegati all'agricoltura che necessiti di una profonda riforma e riorganizzazione sia il settore della carne. Non parliamo solo di latte, ma anche di carne.
Non abbiamo più una genetica italiana. I vitelli che alleviamo nelle nostre stalle arrivano dalla Germania, dalla Francia, dalla Romania: non abbiamo più un patrimonio genetico nostrano. Se vogliamo migliorare veramente in questo settore, in cui il nostro Paese è deficitario per oltre il 50 per cento, dobbiamo mettere le mani in profondità anche nel settore dell'allevamento.
L'altra questione riguarda la produzione dell'energia dalla nostra terra, le famose bioenergie. Abbiamo messo a punto con l'allora Ministro Alemanno alcune leggi, ma, in molti casi, ci troviamo oggi di fronte alla mancanza di decreti attuativi e applicativi, ragion per cui abbiamo fatto bene a livello di orientamento, ma nell'applicazione pratica accusiamo ancora adesso un'incertezza notevole per quanto riguarda gli investimenti e, soprattutto, la loro continuità.
Oggi un agricoltore non può recarsi in banca e ricevere finanziamenti se non ha la certezza che vi siano disposizioni legislative che garantiscano, per esempio nel settore delle bioenergie, investimenti per l'agricoltura e per l'agricoltore molto elevati.
Pongo la stessa questione sempre sulla produzione di energia, non solo sui biocarburanti, ma anche su quello che sta succedendo oggi nell'incentivazione del fotovoltaico.
È un insulto pensare che le nostre terre pianeggianti possano ospitare impianti fotovoltaici.
Credo che sia importante che un'azienda agricola possa integrare il proprio reddito con piccoli impianti, ma è assurdo pensare che sui nostri territori pianeggianti vi siano campi di calcio moltiplicati per la produzione di fotovoltaico. Il fotovoltaico deve essere un'integrazione del reddito dell'agricoltura, ma deve essere controllato. Anche su questa questione serve un piano nazionale.
Lei è stato presidente della regione del Veneto e sa che servono piani che, partendo da un obiettivo nazionale, stabiliscano la percentuale di territorio che il nostro Paese intende adibire alla produzione di energia rinnovabile, affinché si possano poi distribuire alle diverse regioni.
Ci troviamo oggi di fronte a una sorta di Far West legislativo, a una corsa alle pepite. Se non cerchiamo di fissare alcune regole e dimensionare il problema, corriamo il rischio di avere meno disponibilità di impianti collegati alla materia prima e alle biomasse che possono essere prodotte nei territori.
Si corre il rischio di comportarsi come nel passato per l'incentivazione che la Comunità europea dava, per esempio, per l'acquisizione dei trattori, quando un'azienda agricola di pochi ettari si prendeva il trattore perché aveva l'incentivazione di tanti cavalli. Nel bilancio energetico ciò rappresenta, a mio avviso, un dissipare le energie invece che ottimizzarle.
Ci sono anche altre questioni assolutamente importanti e spero che, in questi tre anni lei, signor Ministro, possa mettervi le mani.
Per esempio, parlavamo della questione della logistica. I consorzi agrari sono oggi uno strumento con grandi problemi normativi e legislativi, riduttivi - insisto sul termine riduttivi - per quanto riguarda i propri compiti. Il consorzio agrario potrebbe essere il primo punto di scambio del prodotto dall'agricoltore al consumatore.
Serve una grande riforma, occorre chiarezza. Troppi consorzi agrari sono in liquidazione, non hanno la certezza di poter continuare e nessuno vi ha mai messo


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mano. Credo che bisognerà compiere importanti interventi, anche in questo caso.
Nel suo intervento ha parlato anche dell'export del settore agroalimentare. Export significa, secondo me, fornire alcuni strumenti: se l'agricoltura italiana vuole crescere, ciò significa vendere di più. Vendere di più non significa compiere, come è stato fatto finora, piccoli interventi che non producono profondità di mercato. Serve un marchio nazionale per andare all'estero a vendere i prodotti nazionali.
In Italia sono le aziende piccole che concorrono a comporre il 95 per cento del PIL del prodotto agricolo, aziende al di sotto delle dieci persone. Il resto è rappresentato dalla Ferrero, dalla Parmalat o dai grandi marchi come la Barilla e Rana, che vanno all'estero da soli e non hanno bisogno dell'organizzazione statale per farlo. Ci sono, invece, molti piccoli imprenditori italiani che hanno grandi capacità di poter esportare il made in Italy che tanto ci divertiamo a elogiare, ma hanno bisogno di uno strumento operativo in mano al Ministero, in modo tale da aumentare la loro capacità di vendita.
Procedo per capitoli e affronto la legge sul biologico. Siamo il primo Paese in Europa per la produzione del biologico. Ne parliamo da tanti anni, ma non riusciamo ancora a mettere insieme quello che è già stato compiuto. Solleviamo alcune legittime provocazioni al Ministro in modo tale che ne possa prendere atto.
L'ultima questione riguarda la burocrazia. Sono d'accordo sulla semplificazione e auspico anche una rivisitazione del suo Ministero, perché cambiano i ministri ma tutto il resto rimane uguale.

SEBASTIANO FOGLIATO. Saluto il signor Ministro a nome del gruppo della Lega nord in Commissione agricoltura e mi associo alle dichiarazioni del presidente, l'onorevole Russo, in merito al fatto che questa Commissione ha sempre fornito leale collaborazione alle attività del ministero. Siamo pronti a continuare certamente in questo spirito.
Ho ascoltato i suoi cenni sulle linee del programma di governo del settore agricoltura e sugli obiettivi.
Sono contento, innanzitutto, che voglia prendere a cuore il problema delle contraffazioni, che danneggia il nostro sistema agroalimentare.
Approvo l'accenno all'Expo del 2015, un treno sul quale bisogna salire e di cui si parla troppo poco. Molti territori non hanno ancora capito l'opportunità che ne deriva. Anche l'agricoltura, il nostro settore primario, dovrà far la sua parte ed è bene che ci attrezziamo per tempo. Su questo punto, dunque, condivido. Approviamo, con spirito costruttivo, questo percorso.
Oltre i tre quarti del nostro territorio sono occupati da superfici agricole, forestali e di montagna, anche in zone dove l'agricoltura non è in grado di sostenersi da sola.
Una parte importante del negoziato che dovrà essere promosso a livello comunitario riguarda anche il futuro della PAC dopo il 2013. Da più parti si parla di un taglio di tali risorse. Penso che sia fondamentale mantenerle, perché il nostro territorio è importante. Pensate anche a quelle che i sociologi chiamano le esternalità positive. Immaginate che cosa accadrebbe al turismo se su un territorio non ci fosse l'agricoltura; beneficiano, infatti, dell'agricoltura anche altri settori.
È importante che la nostra agricoltura venga mantenuta e incrementata, lavorando da subito nella direzione di mantenere le risorse derivanti dalla PAC, con una maggiore sinergia anche con le regioni, attraverso i Programmi di sviluppo rurale.
Troppo spesso tali programmi sono la fotocopia l'uno dell'altro nelle diverse regioni. Ritengo che invece, oltre a dover funzionare meglio ed erogare le risorse in tempi più rapidi, debbano anche rappresentare veri e propri strumenti di sviluppo territoriale legati al proprio territorio. In alcune regioni funzionano meglio, in altre peggio; inoltre, se non si spendono le risorse, dovremo restituirle all'Europa.


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Il nostro è un territorio complesso, costituito da tante eterogeneità, che, a seconda di come sono gestite, possono divenire un problema irrisolvibile oppure un'ineguagliabile fonte di risorse da valorizzare, di sviluppo e di benessere.
Potremmo ricordare che, dal nostro punto di vista, in Italia parliamo di diversi tipi di agricoltura, con differenti peculiarità. Ci sono più di 8 mila comuni, la maggioranza dei quali è sotto i 5 mila abitanti. Non vi è un territorio nazionale, ma vi sono tanti territori, a ciascuno dei quali corrisponde una diversa agricoltura.
Come già accennato prima, evidenziamo che nel nostro territorio il sistema agroalimentare non potrà in alcun caso dipendere dalla possibilità di competere sul piano dei costi di produzione con i grandi Paesi esportatori di materie prime, ma dovrà riferirsi a un modello di sviluppo fondato sul ruolo territoriale della nostra agricoltura, o meglio delle nostre agricolture.
Per questi motivi, riteniamo importante proseguire con una politica di attenzione a tematiche come quella dell'origine dei prodotti, della qualità, della sicurezza alimentare, dell'integrazione all'interno delle filiere agroalimentari, dell'economia contrattuale dei rapporti interprofessionali, dell'avvicinamento dell'agricoltore al consumatore e della multifunzionalità in agricoltura. Penso che questi siano temi importanti da sostenere.
Il signor Ministro ricordava che bisogna sostenere il modello agroalimentare italiano. Ritengo che occorra porre un'attenzione particolare sul discorso dell'agroindustria.
Per molto tempo si è finanziato, con fondi anche derivanti dall'agricoltura, il settore agroindustriale. Noi riteniamo che sia importante sostenerlo, ma in molti casi esso è stato appoggiato nella malintesa idea che approvvigionasse e trasformasse le materie prime del nostro Paese e, quindi, creasse un reddito alla nostra agricoltura.
Negli ultimi anni, anche sotto le spinte uniformanti della globalizzazione, l'agroindustria, una volta ricevuti tali fondi, strutturata la propria azienda, realizzati gli stabilimenti e acquistati i macchinari, si è approvvigionata poi sul mercato mondiale, dove trova le materie prime a minor prezzo.
Dobbiamo ripercorrere gli accordi di filiera. Non sostengo che non si debba più finanziare il sistema agroindustriale, ma che dobbiamo rafforzare e credere nei contratti di filiera. I finanziamenti all'agroindustria possono andare avanti, ma si devono trasformare in prodotti del nostro Paese.
È utile ricordarle i temi di crisi del settore, come il lattiero-caseario e altri comparti del nostro settore primario su cui occorrerà mettere mano. Penso che da parte della Commissione ci sia una disponibilità totale, come già accennato e ribadito.
Sosteniamo pure il modello agroalimentare italiano, ma dobbiamo essere certi che in questa filiera, che si fregia di tale modello, ci siano materie prime del nostro Paese. Siamo disponibili affinché vengano finanziate iniziative di questo tipo.
Mi auguro che quello di oggi sia solo il suo primo incontro con questa Commissione. Non entriamo ora nel merito di ogni settore su cui potremmo avanzare richieste. Rimandiamo ad altre audizioni su questioni o fatti specifici nei diversi comparti del nostro settore primario che prospettano richieste ed esigenze, in quanto sono in crisi e occorre mettervi mano.

IVAN ROTA. Rivolgo un cordiale saluto al signor Ministro.
Si parlava all'inizio di un momento di particolare instabilità e incertezza e, quindi, dobbiamo affrontare la crisi economica con senso di responsabilità.
Proprio con senso di responsabilità - almeno non mi faccio togliere la parola dal Presidente Russo - so che non servono molte parole per intervenire, come Italia dei Valori, su un piano di intervento.
Lei ha giustamente parlato di linee guida per promuovere e rilanciare il comparto agroalimentare. Come Italia dei Valori, non siamo abituati a criticare le


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intenzioni o eccepire a prescindere, ragion per cui mi limito a esprimere quello che, in questi due anni, abbiamo compiuto all'interno di questa Commissione, con il contributo di tutte le altre forze politiche e di tutti gli altri partiti. Abbiamo lavorato per trovare un percorso condiviso, finalizzato a risolvere le tematiche di competenza di questa Commissione.
Troppo spesso, tuttavia, dopo aver lavorato e condiviso un percorso su alcune questioni che, alla fine, ci hanno portato a trovare una sintesi chiaramente finalizzata a rilanciare alcuni temi e progetti che avevamo smussato e valutato tutti insieme, cercando di trovare soluzioni anziché contrapposizioni, ci siamo poi scontrati con le risorse.
Possiamo, infatti, elaborare i migliori progetti del mondo e arrivare alla sintesi possibile dopo aver portato avanti con serietà e lealtà un confronto, ma, alla fine, se mancano le risorse, ci troviamo a guardarci negli occhi e vedere svilito il lavoro dei componenti di questa Commissione.
Chi l'ha preceduta - non entro nel merito delle motivazioni - non ha spuntato dal Governo particolari risorse a sostegno del comparto agroalimentare. Le buone intenzioni che possono essere profuse da lei e da questa Commissione, presieduta dal Presidente Russo, se non supportate da risorse economiche, non arrivano da nessuna parte.
Chi mi ha preceduto ha toccato alcuni temi rispetto ad alcune linee guida che dovremo affrontare nel prossimi mesi, nello scampolo di mandato legislativo che rimane. Mi limito a ricordarne due.
Alcuni interventi hanno toccato le questioni dei giovani, del rilancio dell'attività giovanile per promuovere un ricambio generazionale. In questa sede, abbiamo affrontato il tema del sostegno all'imprenditoria giovanile: le risorse erano zero e, quindi, abbiamo parlato del nulla. Mi auguro che lei abbia più fermezza nel rivendicare al Governo risorse per dare sviluppo a questo tema.
L'altro aspetto riguarda il rilancio della competitività del comparto attraverso un'immissione di liquidità nel sistema. Qualsiasi imprenditore, piccolo o medio, in qualsiasi comparto o settore, anche in quello agricolo, chiede alle banche tale liquidità, perché quello rappresenta l'accesso al credito.
Gli agricoltori, tuttavia, di qualsiasi dimensione siano, con i parametri dati e i rating disponibili, se non si provvede a un supporto dal punto di vista legislativo, possono portare a casa poco dal sistema bancario e, quindi, realizzare poco rispetto alle buone intenzioni che esprimono, come lei ne ha espresse nel suo intervento.
L'ultimo aspetto importante è quello della necessità dell'acqua in agricoltura. Non mi riferisco al tema della pesca, anche se magari occorre dare aiuti in questa direzione. La linea di questo Governo è stata di andare nella direzione della privatizzazione dell'acqua. Come Italia dei Valori, abbiamo espresso in modo fermo il fatto che l'acqua sia bene indisponibile e disponibile solo per i cittadini. Dovremo ancora interrogarci e dare il nostro contributo, come componenti della Commissione e rappresentanti dei cittadini, rispetto a questo tema, che, comunque, anche se non è passato attraverso di essa, tocca anche la Commissione agricoltura.
Le formulo gli auguri di un lavoro proficuo nella direzione delle linee guida che, secondo la sua relazione, vanno a sostenere il comparto agroalimentare.

SANDRO BRANDOLINI. Anch'io rivolgo gli auguri di buon lavoro al nuovo Ministro. Se effettivamente intenderà porre in essere le linee che ci ha indicato, non sarò smentito nell'affermare che da parte nostra, come del resto è avvenuto finora, ci sarà una disponibilità concreta a ricercare le soluzioni migliori per affrontare i grandi problemi che oggi attraversano il mondo agricolo e agroalimentare.
Lei ha anticipato le linee programmatiche, affermando che ci sarà una manovra correttiva nazionale. Anche noi siamo consapevoli di questa esigenza, di fronte alla situazione finanziaria e alle scelte compiute a livello europeo. Nutriamo dubbi, però, sul fatto che l'agricoltura debba e


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possa contribuire al contenimento dei costi, dal momento che, se andiamo a scorrere il bilancio del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, quando togliamo i cosiddetti costi fissi, rimane ben poco su cui intervenire per tagliare.
Se vogliamo portare avanti le linee programmatiche che lei indicava e, ancor prima, le emergenze, ritengo che sia necessario, come abbiamo fatto approvando la mozione sul bieticolo-saccarifero, immettere risorse, senza le quali non riusciamo a uscire da una situazione per alcuni versi paradossale.
Anch'io ritengo che il ruolo fondamentale dell'agricoltura sia quello di produrre cibo: questo è il business del settore agricolo, mentre le altre attività sono, a mio avviso, secondarie. L'agricoltura è anche l'unico settore in cui la materia prima non è pagata al costo. Potremmo prendere a riferimento tutti i settori, dal latte, ai cereali e via elencando. Con la crisi che si è verificata, vediamo anche il vino, l'olio e l'ortofrutta. In gran parte produciamo a costi superiori ai ricavi. Questo tema è, secondo me, fondamentale da affrontare a livello nazionale e da porre al centro della revisione della PAC.
D'altronde, se gli Stati Uniti d'America assicurano un reddito ai produttori, legato e non slegato dal prodotto, concorrendo direttamente come Stato per il 70-80 per cento dei costi assicurativi, non vedo perché anche l'Europa non debba intervenire in questa direzione.
Nello specifico, noi riteniamo che sia necessario arrivare a un dialogo e a un confronto con tutte le componenti del mondo agricolo e agroalimentare. Siamo ancora convinti che bisogna arrivare, in tempi ragionevoli, alla Conferenza agraria nazionale. Bisogna arrivarci adesso, perché tutti insieme possiamo creare l'unità, il gioco di squadra e la coesione necessaria, da un lato, per affrontare le emergenze, che sono numerose, dall'altro, perché l'Italia abbia un ruolo da protagonista nella revisione della Politica agricola comune.
Il settore ortofrutticolo viene da un'annata disastrosa, che probabilmente potrebbe lievemente migliorare, per il fatto che, a quanto pare, almeno in base alle stime in Europa, ci sarebbe un calo della produzione del 3-4 per cento medio, il che aiuta, perché si tratta anche di un problema di rapporto fra produzione e consumo.
Al di là di questo, però, viviamo una condizione nella quale bisognerebbe anticipare e rivedere gli strumenti di gestione delle crisi a livello comunitario per dare alcune risposte che ci consentano di governare un mercato in gran parte legato al fresco, che va consumato nel momento in cui è disponibile, altrimenti viene distrutto.
In questo senso, voglio semplicemente ricordare, a proposito del Fondo di solidarietà nazionale, che siamo ancora, secondo una risposta data a un ordine del giorno dal ministro Zaia, in fase di stesura o di concertazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che riguarda l'utilizzo delle risorse che derivano dal cosiddetto rientro dei capitali dall'estero.
Voglio ricordarvi che ci sono 100 milioni di euro nel 2010, 100 nel 2011 e 100 nel 2012, indispensabili per affrontare i problemi delle assicurazioni, che dobbiamo ancora chiudere per il 2008 e per il 2009, quando siamo già nel 2010.
Secondo le notizie stampa, lei ritiene che bisogna riformare profondamente l'ippica. Siamo d'accordo. L'ippica ha ricevuto 150 milioni di euro dallo Stato, che però, finora, non sono serviti ad avviare il piano di risanamento, riqualificazione, ristrutturazione e riconversione di un settore che oggi non è sostenibile.
Noi pensiamo che adesso, con il nuovo Ministero, sia necessario riprendere il lavoro che abbiamo avviato e arrivare finalmente a un piano industriale che consenta di affrontare il problema e dare prospettiva a un settore che, comunque, riveste la sua importanza.
Per quanto riguarda il settore della pesca, disponiamo di un disegno di legge, un progetto che ci auguriamo venga posto in discussione, di riordino complessivo della materia in termini di semplificazione


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della problematica della pesca. Anche in questo settore c'è, infatti, un'emergenza, che veniva citata anche dalla collega Faenzi.
Per quanto ci riguarda, dal momento che io sono emiliano-romagnolo e lei veneto, abbiamo anche un tema tutto nostro, che riguarda il piccolo strascico costiero. Proprio nei giorni scorsi si sono incontrate le associazioni della pesca e l'assessorato regionale del Veneto, chiedendo di andare alla crisi di settore.
In generale, penso che dovremmo mettere in atto misure che salvaguardino, come lei sosteneva, in alcune specifiche realtà e in generale nel Paese, i livelli di reddito e di occupazione in un settore che rischia, con le nuove normative europee, di andare incontro a grandi problemi.
Mi fermo per ragioni di tempo, augurandole nuovamente buon lavoro. Se andrà nella direzione delle linee indicate e se ci sarà la sua disponibilità, per quanto ci riguarda siamo ben disponibili a contribuire perché l'agricoltura affronti l'emergenza, ma soprattutto delinei un futuro tutt'altro che scontato.

GIOVANNI DIMA. Cercherò di riassumere in pochi minuti le mie osservazioni. Intanto, ringrazio il Ministro per la sua presenza e, ovviamente, gli rivolgo auguri di buon lavoro.
La sua è stata una relazione sicuramente responsabile, perché prende in considerazione tante questioni. Vorrei soffermarmi su due o tre.
Lei ha riconfermato un dato storico, ossia lo scarso utilizzo delle risorse comunitarie da parte delle regioni meridionali, a cui si aggiungono Lazio e Abruzzo.
Chi vi parla ha ricoperto in passato un incarico di governo: sono stato assessore all'agricoltura in Calabria. Nonostante gli sforzi prodotti dalle regioni meridionali, non posso non riprendere un tema che ho già trasferito in Commissione finanze, di cui faccio parte, ovvero la necessità di accompagnare i piani esecutivi dei programmi regionali con l'affiancamento del sistema creditizio, che, nel sistema agricolo, diventa ancora più estraneo allo sviluppo del territorio.
Occorre un richiamo forte, rispetto anche al tema dell'utilizzo delle risorse comunitarie, e un'azione per coinvolgere il sistema delle banche, che devono accompagnare i momenti di sviluppo facendo in modo che essi possano diventare progetti da sostenere anche dal punto di vista creditizio.
Sicuramente, ci saranno i limiti delle regioni e dei territori, ma esiste anche questa parte, che non è affatto estranea, soprattutto in questo momento di crisi.
Il secondo punto riguarda il Programma di sviluppo rurale. Condivido molto il concetto che bisogna dare spazio alla logica regionale, ma all'interno di un quadro nazionale. Non si può assolutamente perdere la cornice nazionale dello sviluppo rurale di questo Paese, che avrà pure diverse agricolture fra nord e sud, ma non è un grande Paese agricolo sul piano dell'estensione territoriale, quanto piuttosto nell'ambito delle specifiche identità regionali.
Per quanto riguarda il punto, che lei ha tenuto a sottolineare, della grande capacità di promuovere l'agricoltura nel mondo attraverso le grandi occasioni, a partire dall'Expo del 2015, quale migliore occasione di fare del sistema agricolo italiano un sistema nazionale?
Vengo al terzo e ultimo punto: il sistema irriguo. In Italia si perde troppa acqua e l'agricoltura, in particolare nel Mezzogiorno, in alcune regioni come la Sicilia, ha bisogno di acqua. Su questo tema svilupperei un'attenta riflessione settoriale per poter immaginare, anche su questo versante, interventi concreti con la collaborazione delle regioni, tenendo anch'esse all'interno delle responsabilità.
Svolgo una battuta finale, quasi personale. Lei è veneto: faccia in modo che questa agricoltura diventi un problema nazionale, una grande agricoltura con un profilo nazionale.

MASSIMO FIORIO. Do il benvenuto al Ministro. Ho apprezzato la relazione, nonché


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la franchezza con cui ha posto alcune questioni, in primis la difficoltà di operare in un quadro che si è ulteriormente reso difficoltoso e che lo diventerà ancora di più rispetto alla situazione europea. Ho, altresì, apprezzato l'illustrazione della manovra economica che questo Governo si accinge a varare.
Voglio, però, ricordare al Ministro che, in condizioni molto migliori, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali dovette, nel 2008, affrontare un taglio orizzontale, che mise in difficoltà il settore. Arriviamo, dunque, da una situazione già di difficoltà pregressa e di taglio delle risorse in tempi precedenti.
Ho apprezzato la franchezza con cui il Ministro afferma che dovrà lavorare, annunciando probabili tagli. In questo quadro bisogna compiere alcune scelte, che, in un comparto come quello dell'agricoltura italiana, sono particolarmente difficili, perché si tratta di un'agricoltura ricca e complessa, composta di molti elementi.
È stata ricordata anche prima, rispetto al made in Italy, ma anche rispetto alle nostre eccellenze, la capacità di muoversi, allo stesso tempo, sull'industria agroalimentare.
Anche nel quadro delle diverse agricolture si compiono poi alcune scelte. Mi riferisco al tema della semplificazione, che non può essere utilizzato soltanto come una bandiera. Viviamo in una situazione in cui, accanto alla produzione agroalimentare di tipo industriale e imprenditoriale, esiste anche un'altra agricoltura, composta di un numero imprecisato di persone che lavorano su una dimensione imprenditoriale di piccola scala, contadina e familiare, su cui il peso della burocrazia grava in modo particolare.
In questo caso, non soltanto la burocrazia, ma anche i riconoscimenti richiesti per le proprie produzioni hanno un peso che può essere fatale per questo tipo di aziende, perché sono tarate su una agricoltura diversa rispetto alle richieste avanzate sul piano sanitario o all'agilità nel portare i propri prodotti sul mercato. Sono parametrate come se fossero grandi industrie. Dal punto di vista sanitario, penso, per esempio, al carico batterico.
Il tema della semplificazione va affrontato non per liberare o sdoganare quel tipo di aziende, ma per permettere loro di stare sul mercato, sapendo che sono altro rispetto all'agroindustria. I dati che arrivano da Cibus, che si sta svolgendo in questi giorni a Parma, indicano che l'agroindustria ci manda segnali positivi, ma non è lo stesso per le piccole aziende.
Sarebbe il caso, in questa sede, di cominciare a pensare a tale tema. Lo dico rispetto al tema della semplificazione, di cui ho parlato prima, che abbiamo affrontato in Commissione con la delega al Governo, conoscendo anche le difficoltà in cui si muove il confronto con le associazioni, anche rispetto alla capacità di dare agilità alle piccole e medie aziende, per esempio in merito all'esenzione dall'IVA. In materia, affrontammo resistenze che arrivavano dal mondo che ho descritto. Si annunciano le iniziative, ma trovare l'accordo per portarle avanti è difficile.
Il tema del biologico rientra nelle grandi risorse che questo Paese possiede rispetto ai consumi crescenti nel settore, che danno i segni di una differenziazione importante, come ha ricordato il collega Bellotti.
Non posso non ricordare che è da queste Commissioni che nascono alcune proposte - alcune sono già in Commissione al Senato - e che occorre cogliere il loro stimolo e dare loro la possibilità di lavorare, il che non è sempre avvenuto in questi due anni. Abbiamo dato moltissime, forse troppe, deleghe al Governo. Per esempio, penso al tema del vino, che si poteva affrontare, perché si sarebbe arrivati a una posizione concordata, ma che il Governo decise di tenere per proprio conto.
Lei ha posto la questione della competitività dell'azienda italiana anche sul mercato straniero. Anche da questo punto di vista, compiere scelte significa entrare nel tema della razionalizzazione di tutti gli organismi deputati a promuovere i prodotti italiani, attraverso progetti come


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quelli di Buonitalia e il lavoro che dovrebbe svolgere l'ICE, che forse dovrebbe operare in modo più adeguato.
Una regia da parte del Ministero e del Governo per indirizzare una politica penetrante nei mercati stranieri è sicuramente fondamentale.

ISIDORO GOTTARDO. Ringrazio il Ministro. Personalmente, ho apprezzato un'impostazione di programma che cerca fin da subito, premettendo lo stato delle risorse economiche, di impostare i problemi dell'agricoltura innanzitutto su un piano di progettualità nazionale.
Non ripeto quanto è stato già affermato dai colleghi, ma un dato riassume molto bene. Mi riferisco alla questione della revisione dei Programmi di sviluppo rurale, una delle follie di questo Paese. L'idea che siamo 20 Stati, 20 Paesi - 21 con le province autonome - che si autoregolamentano, creando una propria agricoltura e un proprio sviluppo rurale, è folle. La realtà è sotto gli occhi di tutti.
Se vogliamo affrontare le questioni senza incidere, possiamo fingere che il tema riguardi le regioni che non spendono e che spendono. Si è ben espresso il collega Dima, ricordando che il cofinanziamento molto spesso diventa difficile nelle regioni meridionali, perché non c'è progetto di sviluppo e non c'è credito, il che è vero. È più facile nelle regioni più sviluppate, ma rimane di fondo il problema di una massa enorme di denaro, ancora più importante, visto il momento di crisi economica che stiamo vivendo, che non viene investita in direzione di un'idea più complessiva.
Abbiamo tenuto un'importante audizione, come Commissione agricoltura, sul caro prezzi: i prezzi sono stati cari al consumatore lo scorso anno e la redditività zero ai produttori.
Abbiamo analizzato le cause e sono emerse questioni molto importanti e interessanti, che riguardano, da un lato, la riorganizzazione del mercato italiano e l'approccio complessivo, dall'altro, la resistenza, forte all'interno di questo mondo, a qualsiasi innovazione. Esistono rendite parassitarie, che sfruttano la filiera e, sostanzialmente, non riescono a garantire al produttore iniziale la remunerazione indispensabile.
Se lei riesce a incidere fortemente, come un elefante nella cristalleria, in un mondo che non vuole cambiare, perché ha creato stratificazioni di rendita, anche parassitaria e molto povera, ma presente, credo che sia ciò di cui l'agricoltura oggi ha bisogno.
Si è parlato inizialmente di cibo e mi permetterei di aggiungere un'altra questione che, secondo me, si sottovaluta: si sfrutta il paesaggio, l'ambiente, come sistema Italia, ma se ne sottovaluta il costo e l'importanza.
Tutti i bei progetti del Ministro Brambilla sul turismo e tutte le valorizzazioni, di cui tutti si riempiono la bocca, anche del patrimonio e della sua peculiarità, non riguardano solo il cibo, ma anche l'occhio e il paesaggio.
Il paesaggio è fortemente legato alla piccola azienda, che non sarà remunerativa sul piano complessivo della produzione agricola, ma è fondamentale per il sistema Italia. È compito del Ministro, anche rispetto all'esperienza recente, che si è molto basata sul made in Italy, ricordare anche il valore della piccola proprietà contadina.
Citiamo molto spesso l'Alto Adige come sistema che funziona e il segreto sta nel maso chiuso. Il nostro problema, che abbiamo spiegato anche al Ministro Tremonti, il quale vuole sopprimere la piccola proprietà contadina, è che, a ogni successione di morte, il sistema italiano si fraziona ulteriormente. Questo rappresenta uno degli aspetti che non richiedono finanziamenti, ma riforme strutturali in questo Paese, cioè la capacità di mettere l'attenzione e la salvaguardia del paesaggio, di questi beni fondamentali, al primo posto e, quindi, andare a rivisitare questioni di carattere importante.
Infine, oggi, il Senato ha approvato la legge comunitaria 2009. All'interno di tale legge, noi della Commissione agricoltura abbiamo svolto un lavoro importante, non


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per la questione in sé, ma perché l'Italia era oggetto di enormi procedure di infrazione sulla direttiva uccelli del 1979.
Su tale questione, abbiamo finalmente recepito l'articolo 9 della direttiva, lettera a), che riguarda la deroga per quanto riguarda i danni all'agricoltura. Abbiamo previsto di emanare un decreto del Presidente della Repubblica, di intesa fra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, quello delle politiche agricole, alimentari e forestali e la Conferenza delle regioni e delle province autonome.
È assurdo pensare oggi che questo Paese non aveva disciplinato la sicurezza aerea per paura di creare problemi con categorie di ambientalisti, senza poi tutelare temi essenziali del creato per paura di andare contro i cacciatori. Ancora di più lo è il fatto che in questo Paese la parte della direttiva che riguarda i danni all'agricoltura non solo non è mai stata ordinatamente recepita, ma neanche messa nella condizione per cui le regioni promuovano le deroghe in modo coordinato e legittimo.

GIAN PIETRO DAL MORO. Do il benvenuto al Ministro. Mi è piaciuto l'intervento del Ministro e il suo schema di stare fuori dalle ideologie e focalizzare i contenuti. Viviamo, infatti, in un settore nel quale è facile farsi del male da soli e dove spesso la demagogia prevale sui fatti e i contenuti.
La prima domanda cui, da veronese, mi sono trovato a rispondere, dopo la nomina del Ministro, venerdì, è stata quella del Gazzettino, che mi ha chiamato per chiedere se sto con Galan o con Zaia. Ho pensato di vivere in un altro mondo. Era come chiedere se si sta con gli OGM o contro. Ho spiegato al giornalista del Gazzettino che gli OGM sono come un coltello, che può tagliare una fetta di salame, e quindi operare a fin di bene, ma può anche uccidere una persona, a fin di male.
Non esiste una produzione ideologica. Se dobbiamo vedere l'aspetto ideologico, siamo sempre pronti a dividerci e a fare del male al sistema agroalimentare. Se rimaniamo sui fatti e sui contenuti, possiamo, invece, trovare, all'interno della Commissione, in collaborazione col Ministro, una strada che ci possa trovare tutti uniti.
Abbiamo l'abitudine di denigrarci. Abbiamo sentito oggi un nostro collega dell'UdC che ci ha riferito che l'ortofrutta in Italia è in mano alla mafia. Dobbiamo misurare le parole. Sono stato il presidente di Veronamercato e so che l'ortofrutta del Veneto, come a Padova, non è in mano alla mafia. Siamo già deboli di nostro e ci accaniamo anche su noi stessi: rimaniamo ai fatti.
Riprendo molte considerazioni che sono state svolte e che condivido. Ce ne sono due alle quali vorrei dare una proposta concreta.
Il collega Brandolini ha parlato di Conferenza agraria, che è un'espressione da vecchio PCI e mi piace poco. La chiamerei gli Stati generali dell'agricoltura, forse; mi sembrerebbe più moderno.
In questi interventi, lei ha sentito che è necessario mettere le mani a fondo, per tre ragioni. Abbiamo un comparto frammentato e, mentre l'artigianato e il commercio si mettono insieme in un'unica federazione, ciò non avviene nel settore agroalimentare, e questo rappresenta una debolezza del sistema.
Abbiamo, come ricordava a ragione il collega Gottardo, un sistema troppo lungo di filiera, in cui ogni passaggio corrisponde a un costo. Occorre una revisione complessiva: non è un problema di funzionari, ma strutturale. Dobbiamo mettere un punto a capo.
Vi invito a istituire gli Stati generali dell'agricoltura, coinvolgendo il mondo dell'alimentare sul piano più generale, perché credo che ne valga la pena.
Il tema del made in Italy mi fa pensare alla sigaretta quando è all'ultimo respiro, nel senso che al made in Italy non si rifiuta niente. Anche in questo caso una proposta demagogica da rivolgere ai nostri agricoltori sarebbe quella di mettersi il bollino del made in Italy e risolvere così i propri problemi.


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Se vogliamo essere franchi e sinceri, il made in Italy ha rappresentato fino a oggi, come tutte le certificazioni di qualità, costi burocratici per le aziende agricole e vantaggi sul mercato uguali a zero. La qualità e il made in Italy rappresentano le condizioni per aprire una trattativa con i buyer, ma non per essere acquistati. Sono due aspetti esattamente opposti.
Sul made in Italy ci sono tre proposte sulle quali, a mio avviso, possiamo ragionare.
In primo luogo, sul comparto interno, come ci rapportiamo con la grande distribuzione? Questo è un problema vero, in cui il rapporto con le regioni è fondamentale.
In secondo luogo, come ci rapportiamo col mercato estero? Facciamo sistema mettendo insieme tante piccole povertà? Un mio maestro di politica, Martinazzoli, sosteneva che tante povertà messe insieme non fanno una grande ricchezza, ma una grande povertà.
Dobbiamo trovare le condizioni con le quali il sistema, nella sua complessità, trascini tutte le povertà; non è sufficiente che le mettiamo tutte insieme. Abbiamo bisogno di costruire, da un punto di vista della dimensione, vendendo l'unica cosa che nel mondo nessuno ci può copiare: la nostra terra.
Condividendo l'intervento del collega Gottardo, chiudo con un esempio: quando i turisti di tutto il mondo vengono in Italia, in passato venivano aperte le loro valigie ai check-in e all'interno si trovavano in miniatura la Torre di Pisa, l'Arena, il Colosseo, il Palazzo Ducale e via elencando. Oggi, quando si aprono le valigie dei turisti, si trovano la fetta di salame, la bottiglia di vino, la bottiglia di olio o il formaggio.
Per fare sistema, signor Ministro, da questo punto di vista, sul mercato estero e internazionale, occorre mettere insieme il tema del turismo con quello dell'agroalimentare - le due questioni vanno insieme - e, a tal fine, un confronto con il Ministro del turismo, secondo me, è assolutamente necessario e indispensabile.

GIUSEPPINA SERVODIO. Anch'io do il benvenuto al Ministro, augurandogli un buon lavoro.
Svolgo una considerazione di natura politica. Credo che il contesto economico internazionale, che lei ha descritto e che tutti condividiamo, ci impegni, più che a disquisire su tagli o non tagli all'agricoltura, a immettere, finalmente, il che non è stato fatto finora, nel sistema agricolo italiano alcuni elementi di innovazione.
Le innovazioni spesso disturbano, come affermava il collega Gottardo, le sacche di assistenzialismo che, sulla testa degli agricoltori italiani, vivono una vita molto positiva.
Con il Ministro - lo valuteremo sugli atti - noi ci vogliamo misurare, come gruppo del Partito democratico, sulla capacità di riformare il nostro sistema agricolo, il che significa puntare sulla competitività del nostro sistema.
Svolta questa premessa, devo rammaricarmi per un aspetto. Forse è stato per via del poco tempo a disposizione per offrirci la sua relazione, ma lei non ha per nulla accennato a quale politica intende portare avanti sulle agroenergie.
Come sosteneva il collega Bellotti, anch'io temo fortemente che il modello che si sta affermando sulle energie rinnovabili sia un modello che, fra qualche tempo, farà danno al nostro Paese.
Le spiego la mia perplessità. Innanzitutto, il mondo agricolo non vi è inserito a pieno titolo. Se andiamo a vedere gli atti, ci accorgiamo che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali non è al centro di una strategia complessiva sulla politica energetica, pur comprendendo le rinnovabili. Ci sono atti parlamentari dai quali emerge come spesso la grande risorsa che l'agricoltura ha nella sua multifunzionalità, quella di essere un piccolo tassello per le rinnovabili, è stata messa in disparte rispetto alla prevalenza di un interesse più industriale.
Come gruppo del Partito democratico, le chiediamo un'opinione su questo punto, perché abbiamo accordi internazionali e auspichiamo che l'agricoltura italiana rimanga forte sul suo ruolo primario, quello


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dell'alimentazione. Sappiamo che essa può, attraverso alcuni sistemi, contribuire a una politica agroenergetica, ma con un modello che sia chiaro e adeguato al nostro territorio e alle nostre esigenze. Non vorrei che l'agricoltura, che può avere anche un reddito integrativo dalle agroenergie, si trasformasse in maniera disordinata e frammentata rispetto a tale obiettivo.
Vorremmo capire la sua idea, anche perché, signor Ministro, entro il 30 giugno dobbiamo elaborare il piano nazionale. Lo schema è già stato predisposto dal Gestore dei servizi elettrici e dal Ministero dello sviluppo economico. Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali non vi ha avuto alcun ruolo. Credo che dobbiamo chiarirci.
In questa Commissione abbiamo una proposta, frutto del contributo di tutti, sulla quale non siamo mai riusciti a confrontarci politicamente. Anche nella politica energetica delle rinnovabili l'agricoltura è secondaria, minoritaria, emarginata.
Vorrei che lei si rendesse conto di questa situazione, perché noi vogliamo, senza con questo risolvere i problemi dell'agricoltura italiana pensando alle agroenergie - non è questo il nostro approccio - capire come possiamo aiutare il mondo agricolo a superare lo stato di crisi e dare alla politica ambientale nel nostro Paese il contributo dovuto.
Non possiamo contrapporre in questo settore gli interessi degli agricoltori e degli industriali. Abbiamo avuto la tariffa onnicomprensiva, che ha penalizzato il mondo agricolo, perché è scesa a 0,28 e ha fatto salire gli interessi degli industriali. Non possiamo in questo settore contrapporre i due interessi.
Una politica moderata, saggia e innovativa, secondo me, deve mettere insieme questi grandi interessi e impedire anche le lobby che in questo settore si stanno alimentando. Solo se c'è una politica nazionale, d'accordo con le regioni - nel dialogo cui faceva riferimento lei per i Programmi di sviluppo rurale - possiamo dare un contributo tutto originale italiano.
Se, invece, non andiamo verso una normativa chiara - la Commissione è pronta a confrontarsi con lei sul testo che ho citato - rischiamo che in questo Paese, su questo settore, si eserciteranno sempre più lobby non nell'interesse dell'ambiente o delle agricolture, ma di alcuni poteri economici.
Questo è il tema politico che le poniamo. Speriamo di aprire con lei un confronto perché si tratta di uno dei temi di grande riforma che in questo Paese, non solo culturale, ma anche strutturale, cui intendiamo dare tutto il nostro contributo, come abbiamo sempre fatto in questa Commissione.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Rivolgo un augurio di buon lavoro al Ministro, nella certezza che i temi che questa Commissione ha posto all'ordine del giorno vengano da lui recepiti e possano favorire la scelta di mettere al centro della sua azione politica l'agricoltura, il sistema agroalimentare e la capacità di rilanciarlo.
Dagli interventi del collega Bellotti, che per la prima volta ho visto piuttosto cortese nei confronti del Ministro, capisco che la musica è cambiata. Mi aiuta in questo giudizio anche l'amico Dal Moro, con il suo intervento positivo, che condivido.
La ringrazio, signor Ministro, anche perché, dopo tanto tempo, finalmente, il Governo è presente in questa Commissione, portandovi anche il sottosegretario Buonfiglio, che finora è stato piuttosto fuggitivo.
Se dovessi scattare una fotografia, mi verrebbe voglia di riprendere l'immagine del Ministro Zaia con le scarpe sporche nella stalla e del Ministro Galan col camice bianco, che cura il settore agroalimentare. Tutti conoscono la mia grande criticità nei confronti del Ministro Zaia, quindi il mio non vuole essere un complimento né per uno, né per l'altro. Serve solo per far capire che probabilmente la musica è cambiata.
Noto, però, signor Ministro, che il libro dei sogni che oggi ci ha presentato con il pamphlet che ci ha consegnato e con la sua


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relazione si infrange subito sul muro di gomma del Ministro Tremonti, tanto è vero che alle 16.34 lei afferma che anche il settore agricolo sarà chiamato a contribuire, per la sua parte, alla manovra annunciata dal Ministro Giulio Tremonti, che dovrebbe aggirarsi intorno a 25 miliardi di euro.
Signor Ministro, l'agricoltura ha già dato: non abbiamo neanche gli occhi per piangere. Ogni manovra varata da parte del Governo non ha fatto altro che tagliare risorse vive all'agricoltura.
Non so come lei potrà continuare a tagliare e nemmeno quale potrebbe essere il nostro contributo, nonostante la buona volontà e l'intendimento di portare grande solidarietà, nei confronti della Grecia. Anche Bersani lo ha sempre sostenuto: come facciamo a togliere e da dove togliamo finanziamenti, soldi e risorse all'agricoltura per darli ad altri?
Signor Ministro, non è rimasto niente in agricoltura. Finora abbiamo svolto un lavoro molto costruttivo in Commissione agricoltura, tentando, come gruppo del PD, di dare la massima disponibilità per trovare soluzioni legislative. Ci siamo fermati soltanto per audizioni e progetti di legge, che si arrestavano perché mancavano i fondi. Si è espresso bene il collega Rota su questo punto.
Signor Ministro, non possiamo dare altro. Anzi, Tremonti deve dare a noi e l'occasione del disegno di legge n. 2260 è un banco di prova.
Non voglio tirarla per la giacca, come dice lei, ma ci sono alcuni punti fondamentali, come le proroghe delle agevolazioni presidenziali. Se non le variamo con il 2260, quando lo faremo?
Quando porteremo avanti la vicenda dello zucchero? Dovremo effettuare il ricambio generazionale, che ha fatto registrare un voto in Parlamento, a sua volta con il 2260, oppure no?
Non voglio tirare nessuno per la giacca; so che è difficile governare quando la coperta è piccola e non si possono fare i conti con molte risorse, ma oggi dobbiamo tentare di capire se ci sono questi impegni.
Servono parole chiare, perché solo con queste possiamo essere coinvolti. Poiché il nostro unico interesse è quello di lavorare per l'agricoltura e aumentare i redditi di coloro che lavorano nel settore, è chiaro che il nostro impegno è sicuramente sempre più costruttivo.
Si pone poi il problema del tabacco. Non fa parte delle sue sei emergenze, ma lei viene dal Veneto, vicino al quale ci sono l'Emilia-Romagna e l'Umbria. È un'emergenza oppure no quando interi territori perdono la vocazione, non sanno che cosa fare e tante persone perderanno il posto di lavoro? È un'emergenza o no?
Non vorrei pensare male e fare peccato, ma in sede comunitaria c'è stato un baratto su questo argomento? Ripropongo a lei la soluzione. Tentiamo di trovare una soluzione anche per questo settore. L'onorevole Trappolino, un nostro collega del Partito Democratico, si è molto impegnato su questo fronte. Vorrei che lo facessimo tutti insieme e che lei si impegnasse direttamente.
In questa fase, l'agricoltura è stata pesantemente interessata dalla crisi, il che ha causato tre effetti principali: la diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese, il peggioramento del margine di filiera e della forbice tra prezzo al consumo e prezzo agricolo alla produzione e la diminuzione dei redditi.
I redditi agricoli sono diminuiti moltissimo. Come ha comunicato anche lei, nell'Unione europea sono diminuiti del 12,5 per cento e in Italia del 25 per cento. L'Italia è seconda soltanto all'Ungheria.
Ci sono stime da parte dell'ISTAT e della Banca d'Italia che affermano che il 15 per cento delle famiglie agricole viva alle soglie della povertà, guadagnando 7 mila 500 euro l'anno. Ciò significa che guadagnano quasi 600 euro al mese, 20 euro al giorno. Il 26 per cento guadagna tra 7 mila 500 e 12 mila euro. Lo ripeto: sono stime ISTAT e Banca d'Italia.
Signor Ministro, l'insolvenza bancaria in questo periodo è aumentata di un punto, l'ammontare della sofferenza è aumentato del 10 per cento e si registra una riduzione della domanda di credito.


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Comprendo che l'Italia è diversa e che lei ha parlato dell'agricoltura italiana, ma ci sono territori particolarmente colpiti da questa crisi. È un problema vero e, addirittura, in alcuni territori del sud la criminalità organizzata compra i terreni, mentre prima comprava i titoli della Comunità europea. I contadini e gli agricoltori vivono una condizione di povertà totale. Sono atti pubblici e non mi vergogno ad affermarlo. Dunque, occorre porre un'attenzione particolare a questo, perché tutta l'agricoltura è in crisi. Sono capogruppo del Partito Democratico e guardo tutta l'agricoltura, però rilevo che ci sono territori più sfortunati di altri, che necessitano di particolare attenzione.
Capisco che forse il Governo Berlusconi ha dato una delega in bianco alla regione Veneto per gestire l'agricoltura, ma dare la possibilità di far crescere l'agricoltura in tutta Italia, anche quella del sud, probabilmente potrebbe portare alla crescita di tutto il settore, anche in Veneto.
Abbiamo numerose emergenze. Le abbiamo scritto una lettera, che credo lei abbia ricevuto, nella quale ha potuto vedere quali sono le nostre richieste. Sono tutte richieste che vanno a favore dell'agricoltura e del reddito dell'agricoltore. Nessuna è stata presentata in funzione di particolarità o esigenze che riguardano alcuni o pochi. Vogliamo soltanto mettere al centro della politica di questo Parlamento l'agricoltura e la possibilità che essa sia anche occasione di reddito e dia la capacità ai giovani di coinvolgersi in questo settore.
La ringrazio e le auguro buon lavoro.

VIVIANA BECCALOSSI. Intervengo in qualità di capogruppo del Popolo della Libertà in Commissione agricoltura, premettendo fin da subito che condivido molte affermazioni svolte sia da esponenti della maggioranza, sia dell'opposizione, proprio per sottolineare come la Commissione Agricoltura da sempre, da ben prima che arrivassi io, ha visto i diversi schieramenti lavorare insieme per far crescere l'agricoltura.
Sono altre le Commissioni in cui lo scontro politico è forte. In Commissione XIII si ha davvero l'obiettivo di andare oltre le appartenenze politiche per cercare di portare a casa il risultato. Il quadro economico difficile ha rafforzato lo spirito unitario di affrontare i temi e le emergenze, trovando soluzioni concrete, a prescindere da quale partito si andava a rappresentare.
In tal senso, leggo positivamente, e lo ringrazio, il primo intervento del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al quale auguro buon lavoro.
Ho sentito che molte tematiche che abbiamo affrontato e che affronteremo sono nell'agenda del Ministro, che ha già le idee molto chiare. Condivido assolutamente gli obiettivi che devono essere raggiunti. Del resto, la regione Veneto, ad alta vocazione agricola, non poteva che presentarci un esponente politico, un amministratore che avesse un po' di senso pratico.
Vengo alla questione bieticolo-saccarifera. Ringrazio il Ministro perché proprio oggi che, in maniera unitaria, abbiamo approvato una proposta di risoluzione sul bieticolo-saccarifero, che da anni attendeva una risposta, ci ha riferito di aver già liberato 21 milioni di risorse che giacevano - e lo sapevamo - nei cassetti dei ministeri e dovevano essere spesi. Mi fa piacere, perché questo è un primo punto a suo favore.
Passo alla questione dei piani di sviluppo rurale. Da ex assessore regionale in una delle regioni più agricole d'Italia, la Lombardia - con tutto rispetto per il Veneto - fui contraria al fatto di avere 21 Programmi di sviluppo rurale. Ero in splendida solitudine nell'affermarlo, perché sembrava che chi era contrario a un piano unico fosse contro il federalismo, mentre invece è stato dimostrato quanto io temevo, e mi spiace di aver avuto ragione, cioè che 21 Programmi di sviluppo regionale non hanno garantito un principio sacrosanto, quello dell'overbooking, ossia il principio tale per cui le risorse che non sono spese da una regione possono esserlo da altre.


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Il Ministro ci ha fornito oggi un altro dato allarmante, cioè che ci sono 1 miliardo e 100 milioni di euro non spesi dalle regioni da spendere entro il 31 dicembre di quest'anno. Se non vengono spesi, proprio perché non abbiamo elaborato un piano unico, non torneranno alle regioni più virtuose, cioè a quelle che hanno saputo spendere bene le risorse, ma in Europa.
Mi fa piacere che il Ministro abbia già posto la sua attenzione su questo tema, perché è fondamentale riuscire a trovare una soluzione. Anche il presidente Paolo Russo aveva già lavorato in tal senso.
Questo è un esempio di cattiva politica. Noi abbiamo fatto, come al solito, il muro del pianto, affermando che non ci sono risorse. È vero, perché io stessa, pur essendo capogruppo del partito di maggioranza relativa, spesso mi sono vista bocciare emendamenti che avevano una copertura di pochi milioni di euro e che in regione Lombardia mi sarebbero passati con molta più facilità. Sono stati bocciati da questa Commissione e dalla Commissione V Bilancio perché non si riuscivano a trovare 2 o 3 milioni per dare un piccolo segnale ad alcuni settori. Nello stesso momento, però, sappiamo che ci sono 1 miliardo e 100 milioni di euro destinati dall'Europa all'Italia, alla voce agricoltura, che non sono spesi.
Credo che questi fatti debbano essere sottolineati, non perché la Calabria, l'Abruzzo o la Campania siano governati da questo o quello schieramento, ma perché abbiamo amministratori, a prescindere dal colore politico, che non sono capaci di spendere le risorse assegnate.
Mi spiace, oltretutto, che le stesse regioni che chiedono e che hanno ottenuto, a suo tempo, le risorse, siano poi quelle che non le hanno spese. Quando sono state divise le risorse per i 21 Programmi di sviluppo rurale, ricordo che le regioni che hanno avuto più risorse sono state quelle del sud, non del nord. Il principio applicato non era quello del numero degli agricoltori, il PIL agricolo delle regioni. Le regioni più povere del nostro Paese chiesero e ottennero più risorse, che poi non hanno speso, ma oggi vengono ancora a piangere. Francamente mi dispiace, perché credo che il principio dell'overbooking andrebbe, come è successo in passato, a premiare le regioni più virtuose, che hanno dimostrato di sapere spendere le risorse, dal momento che gli obiettivi da raggiungere sono molti.
In relazione alla questione UNIRE, colgo l'occasione per rilevare ancora una volta che, davanti a tante emergenze del mondo agricolo, quella dei cavalli, per quanto mi piacciano questi quadrupedi, sia l'ultima che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali debba affrontare. Si tratta di 150 milioni di euro che ancora non capisco dove, come, da chi e perché sono stati spesi, alla faccia del piano che ci avrebbero dovuto presentare, un piano industriale da aziende private. Sono 150 milioni di euro finiti ancora in un settore le cui zone grigie sono tutte certe e non aggiungo altro.
Vengo alla questione degli OGM. Mi fa piacere che il Ministro abbia sostanzialmente affermato di non essere né a favore, né contro - mi corregga se sbaglio - ma a favore della ricerca e contrario a una visione ideologica della questione. Ritengo anch'io che questo sia assolutamente un principio da tutelare.
In riferimento alla questione dell'agropirateria, siamo purtroppo vittime di questo fenomeno, che vede vendere prodotti finti italiani in tutto il mondo: il settore dell'agropirateria nel mercato degli Stati Uniti vale da solo 1.500 milioni di dollari. Spesso e volentieri, i nostri imprenditori sono lasciati soli a difendere i loro marchi.
Passo alla questione del sistema regionale. Sono assolutamente d'accordo che debba essere rivisitato il rapporto con il sistema delle regioni, tenendo presente che la materia agricola - mi dispiace dirlo da deputato - è di competenza regionale e non della Commissione agricoltura della Camera. Sono passata dall'altra parte della barricata. Da assessore, mi dava fastidio leggere alcuni atti della Commissione agricoltura, e non cambio idea solo perché oggi sono diventata deputato.


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Ricordo a me stessa e ai miei colleghi deputati, che è materia concorrente e soprattutto di carattere regionale. Facciamocene presto una ragione e cerchiamo di intervenire laddove, invece, serve.
Affronto due ultime questioni, un po' annose.
Per quanto riguarda il rapporto con il mondo sindacale agricolo, mi fa piacere avere appreso dalle diverse agenzie di stampa che il Ministro abbia intenzione di assumere una posizione di equidistanza rispetto a tutto il mondo sindacale, perché, per un determinato periodo di tempo - forse è stata solo una mia idea - ho avuto l'impressione che alcuni sindacati avessero una porta riservata per poter accedere al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali con più facilità di altri.
Ritengo che la politica debba ascoltare tutti i pareri di tutto il mondo agricolo e poi svolgere una sintesi e presentare la migliore proposta per il mondo agricolo, non per questa o quella sigla sindacale. Sia ben chiaro che rispetto assolutamente tutti.
Chiudo con l'ultima questione, poiché tutto il resto è già stato trattato: la caccia.
A prescindere dal fatto che sia a favore della caccia oppure no, la Commissione agricoltura ha ben chiari, tanto che abbiamo dato avvio a un'indagine conoscitiva, quali sono i danni arrecati dalla fauna selvatica all'agricoltura.
Sono di oggi le affermazioni di un suo autorevolissimo collega ministro, con il quale qualcuno in questa Commissione ha chiesto di collaborare, il Ministro Brambilla, che ha dichiarato di avere l'obiettivo di vietare la caccia entro i prossimi tre anni. Sia ben chiaro che io sono assolutamente contraria e con me molti altri, perché sono convinta che proprio la caccia possa rappresentare un veicolo di turismo e che arrechi molti danni all'agricoltura, spesso non coperti da alcuna voce di spesa, né a livello regionale, né nazionale.

PRESIDENTE. Vorrei sottolineare due questioni. Questo è il clima che lei, signor Ministro, troverà nel lavorare con noi: sostanzialmente, è un clima unitario, non unanimistico, vivace e di merito, che nel passato ha prodotto risultati positivi e che mi auguro possa farlo ancora di più nel futuro.
Abbiamo, però, alcune questioni sul tavolo. La prima riguarda il disegno di legge n. 2260, un provvedimento che in sé godeva di simpatie larghe; in realtà, però, alcuni vagoni attaccati subirono la scure, come spesso accade a questa Commissione, della Commissione bilancio.
Penso ai diversi emendamenti che abbiamo approvato, ai canoni demaniali, al contenzioso INPS, alla tracciabilità della mozzarella di bufala, agli sgravi contributivi, tutte questioni che da questa Commissione sono state sempre risolte all'unanimità e che poi in altre hanno subito la scure infernale con riferimento alle risorse. Questo ha generato, probabilmente, il primo motivo di criticità del disegno di legge n. 2260.
Sarebbe utile che, nell'affrontare tale disegno di legge nelle prossime ore, si potesse avere anche una sensibile apertura, che ci consentisse un ragionamento su alcune questioni non nuove, ma già relative a una o addirittura a due finanziarie, che non comportano, come giustamente ha affermato la collega Beccalossi, centinaia di milioni di euro da investire, ma piccole e importanti attenzioni per questioni che la Commissione ha voluto affrontare.
È all'attenzione di questa Commissione, in fase finale e ormai sostanzialmente approvato e pronto per la Commissione V, il testo normativo di sostegno agli agrumeti caratteristici. La prima intervista pubblica che ho letto del Ministro andava proprio in quella direzione. Speriamo che, anche in questo senso, si riesca, insieme al Governo, a trovare le risorse minime necessarie per consentire il varo di una norma che può trovare una performance positiva non solo sul piano agricolo, ma anche su quello ambientale e paesaggistico.
L'ultima vicenda riguarda i PSR, di cui avevamo già parlato in Commissione. Abbiamo un testo che vorremmo condividere, se necessario, anche con il Governo, per


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evitare che accada ciò che sta per accadere. Potremo trovare utile lo strumento del disegno di legge C. 2260 o di un provvedimento normativo autonomo, sottoscritto dall'intera Commissione, come è sua pratica.
Intanto, nel darle la parola per la replica, le rivolgo, Ministro, il mio augurio per il lavoro che avrà davanti e il ringraziamento per l'attenzione che vorrà dimostrare nei confronti del Parlamento e di questa Commissione. Mi sia consentito significarle che ogni attenzione che riserverà a questa Commissione varrà non soltanto sul piano del Parlamento, ma anche su quello della sensibilità che insieme potremo testimoniare a tutela degli agricoltori di questo Paese.

GIANCARLO GALAN, Ministro per le politiche agricole alimentari e forestali. Ringrazio il presidente, nonché tutti coloro che sono rimasti fino a quest'ora. Mi auguro che nessuno abbia il terrore che io intenda replicare per davvero in questa sede a tutti i quesiti posti.
Il numero dei quesiti indica, però, due elementi. Innanzitutto, la complessità della materia che ci è stata affidata, e, inoltre, la necessità di parlarne più a lungo per approfondire veramente i temi, che non sono solo le urgenze, ma anche una visione strutturale dell'intero comparto. Chiedo, perciò, che nessuno si offenda se non risponderò ad alcuni quesiti.
Coglierò due o tre dei tantissimi spunti che mi sono stati offerti, ringraziando tutti perché questa è stata per me una giornata importante, in cui ho imparato moltissimo. Per chi si avvicina a un mondo in parte nuovo è fondamentale ascoltare.
Partirò da un'osservazione dell'onorevole Fogliato, che voglio ringraziare per le sue indicazioni e condivisioni, per rassicurarlo su un fatto: nutro la perfetta convinzione che la difesa del reddito e della nostra agricoltura si debba incentrare sulla difesa della peculiarità dei nostri prodotti e sul loro legame con il territorio. Non ho alcun dubbio su questo.
In questo senso, tutto quanto è stato fatto sulla tracciabilità va assolutamente nella direzione corretta. Il chilometro zero è stato una straordinaria invenzione, che ha portato simpatia e risultati concreti utili, anche se poi abbiamo, come mi sono permesso di osservare, anche il problema di vendere le nostre produzioni a chilometri 10 mila. Questo indica la difficoltà che abbiamo di fronte.
Su uno spunto non posso lasciar perdere, perché se la difesa della nostra agricoltura e del reddito agricolo vertono su quello che ho appena ricordato, cioè sulla tutela dei nostri prodotti e della loro biodiversità, non posso dimenticare che il ruolo dell'agricoltura non si esaurisce qui.
Il ruolo dell'agricoltura ha una straordinaria valenza, che non possiamo dimenticare neppure per un attimo, almeno per due aspetti fondamentali per il nostro Paese: la difesa idrogeologica del suolo, affidata in larghissima misura al presidio del territorio stesso, e la tutela e la difesa del paesaggio, il patrimonio più vero e importante che possediamo.
Al Ministro Brambilla, da cui mi dividono alcune idee, che spiegherò in seguito, in modo che non restino dubbi a nessuno, mi lega un interesse: non c'è turismo in Italia se non c'è tutela del patrimonio ambientale e culturale. Non c'è un motivo al mondo per cui un turista cinese, svedese o sudamericano debba preferire l'Italia a qualsiasi altra meta e destinazione, se non ci rendiamo conto che sceglie il nostro Paese perché possiede un patrimonio ambientale e culturale straordinariamente superiore all'offerta di altri.
Questo mi è perfettamente noto, come mi sono perfettamente note anche alcune altre questioni.
Per togliere alcuni dubbi, anch'io vedo con perplessità la trasformazione del paesaggio agricolo, proprio per i motivi appena illustrati, in enormi distese fotovoltaiche. Credo, però, che le bioenergie debbano trovare una loro ragione di essere, sia come integrazione del reddito agricolo, sia anche come parte finale di una filiera, laddove l'energia rinnovabile è fornita dai prodotti dell'agricoltura. Credo che questa possa e debba diventare un'opportunità.


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Ci sono tanti temi ed è difficile affrontarli tutti. Mi sono reso conto, in questa occasione, di una differenza rispetto a ciò a cui forse ero abituato, cioè che intorno ai problemi dell'agricoltura c'è un clima diverso, migliore, più positivo, più propenso a cercare soluzioni.
Un mio predecessore, Paolo De Castro, in occasione di una movimentata inaugurazione di un Vinitaly, affermò che i problemi dell'agricoltura non sono né di destra, né di sinistra, ma sono i problemi dell'agricoltura.
È vero, ma solo in parte. È vero, perlomeno, che le soluzioni sono di destra o di sinistra e che, in genere, si cerca di esacerbare la peculiarità di una soluzione offerta a un problema e il contrasto con la soluzione opposta. Qui vige un clima diverso, più favorevole, il che è fondamentale per aiutare un settore di questa portata.
Mi è perfettamente noto il valore della presenza italiana in Europa. Ho capito, in questi giorni, fra le diverse questioni che ho appreso, il ruolo fondamentale delle politiche dell'Unione europea e della presenza italiana in Europa. Per questa ragione, ho affermato che, quando si terrà una riunione a livello di ministri, quello italiano sarà sempre presente, altrimenti non si pesa per il ruolo che un grande Paese, come l'Italia, deve rivestire. Sarò presente in quel luogo, sapendo che ci sono alcune imminenze fondamentali e importantissime.
La prima è orientare la nuova politica comunitaria. È un lavoro che abbiamo cominciato in questi giorni e che ci dovrà vedere uniti in un rapporto stretto, Commissione europea da un lato e Governo italiano dall'altro. Sarà fondamentale essere presenti sempre, perché da ciò dipendono le nostre sorti, le sorti dell'agricoltura.
Per quanto riguarda l'Unione europea, credo che sia venuto anche il momento di essere più disciplinati, di chiedere meno deroghe, di essere più ligi a una politica che noi stessi dobbiamo contribuire in maniera decisiva a formare, essendo però anche rigorosi nell'applicazione delle direttive. Non è possibile invocare l'Unione europea quando ci conviene e poi, ogni volta, chiedere una deroga o un'eccezione.
Tolgo un dubbio. È stato illustrato un bell'esempio dall'amico veneto, quello del coltello. Vengo al tema caro anche all'onorevole Cenni, quello degli OGM e della ricerca pubblica e privata. Ripeto quello che ho sempre sostenuto nella mia vita: la ricerca non si ferma. Come è stato detto sul coltello, la ricerca viene sempre svolta da qualcuno: l'importante è che sia indirizzata nel senso giusto.
Se non avessimo svolto ricerca sul nucleare, non avremmo probabilmente alcune preoccupazioni di grande portata, ma sicuramente non avremmo, per esempio, la risonanza magnetica nucleare, che ha salvato tantissime vite in Italia e in tutto il resto del mondo.
Per questo motivo occorre la ricerca, che, comunque, da qualcuno viene svolta, in qualche luogo o laboratorio del mondo. Vorrei che fosse svolta alla luce del sole.
Voglio rassicurare l'onorevole Cenni: il cuore della ricerca, nella mia idea, sono sempre state le università italiane. Se ci sono laboratori che vogliono svolgerla, nessuno può impedirlo. Credo, anzi, che, inserita in un contesto globale, possa anche aiutare, ma il cuore della ricerca non può che essere l'università italiana, magari diversa da quella attuale, ma quello deve essere il cuore del futuro.
Non ho inventato io l'espressione «conoscere per deliberare», ma credo che noi dobbiamo conoscere la situazione prima di decidere quale sarà il nostro futuro in tale campo.
Colgo due piccole occasioni. La prima riguarda l'ippica.
In questi pochi giorni, sono stato sotto il fuoco amico, nel senso che i quotidiani che avrebbero dovuto sostenermi a spada tratta non lo hanno fatto. Ci sono abituato e poco importa.
Mi sono preso una pausa, perché voglio capire come un settore al quale è stata dedicata la metà delle telefonate e delle richieste di appuntamento che ho ricevuto in questi giorni riesca a produrre l'incredibile


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risultato di perdere 150 milioni l'anno senza offrire uno spettacolo degno di questo nome.
Quando ero ragazzo, mio padre mi portava all'ippodromo Le Padovanelle di Padova, uno tra i più importanti del mondo. C'era un grande pubblico ed era un bell'ambiente, in cui la scommessa aveva il suo ruolo, ma era un elemento che accompagnava piacevolmente la giornata. Oggi è tutto l'opposto, quindi, probabilmente, occorre intervenire pesantemente.
Sento come musica le parole di chi mi dice che bisogna spiegare a Tremonti che l'agricoltura ha già dato e che non possiamo partecipare a ulteriori sacrifici. È bellissimo, ma è un po' come andare dal Papa e spiegargli l'importanza della religione cattolica. Sono assolutamente convinto di questo, ma sostengo che non sarà facile affermarlo, perché abbiamo già visto le difficoltà emerse soltanto in questi ultimissimi giorni.
Per non sottrarmi a nulla, voglio rispondere alla mia amica Beccalossi che la situazione è molto peggiore per quanto riguarda i fondi europei. Nulla è perduto, ma servirebbe un miracolo. Soprattutto, credo che ci siamo trovati di fronte a un malinteso senso di federalismo poco oculato.
Premetto che non è neppure il caso di parlare di modificare l'assetto delle competenze. So benissimo che sono ministro di un Ministero abolito, che difatti è cambiato: non è il Ministero dell'agricoltura, ma delle politiche agricole alimentari e forestali.
So benissimo che la competenza primaria spetta alle regioni e non intendo togliere loro neppure un millimetro di competenza. Permettete, però, che possiamo studiare un meccanismo che consenta a un'altra regione o allo Stato di recuperare alcuni fondi a favore di un'altra regione? Penso che solo il masochismo possa impedire una soluzione di questo genere. Allora studiamolo. C'era già e la mia regione ha approfittato alla grande dell'overbooking, come altre, per esempio la Lombardia.
Troviamo un sistema per cui non si debbano considerare perduti i contributi europei persi per inefficienza o per altri motivi. Vorrei studiarlo al più presto, insieme a una forma di stimolo delle nostre regioni.
Poiché sono abituato a non scavalcare gli argomenti più ostici, chiudo parlando della caccia. So che in materia avete compiuto sforzi immani e che avete litigato. La mia opinione è che si è fatto un gran rumore per poco, per quattro giorni di caccia in più.
Si poteva fare molto di più. Alla mia amica Brambilla, che dichiara che si batterà per vietare la caccia nel nostro Paese, rispondo che per i prossimi tre anni mi batterò per dare più soddisfazioni ai cacciatori, tutelando meglio l'ambiente.
Si può fare. Si poteva fare con un calendario diverso e con una maggiore responsabilizzazione delle regioni, anche perché gli animali si comportano diversamente, altrimenti si è del principio opposto. Personalmente, non appartengo alla scuola dove l'ideologia impone una scelta e, quindi, non sono un abolizionista, come alcuni miei colleghi. Sono per trovare soluzioni più giuste e favorevoli alla tutela dell'ambiente e dei suoi abitanti.
Credo che si possa fare, così come credo che un ragionamento sereno lo possa consentire, sapendo che ci sono 21 regioni diverse e che ci sono molte specie cacciabili, che si comportano diversamente l'una dall'altra.
Questo è un esempio di come si può provvedere senza arrivare agli estremismi opposti, come la mia amica Beccalossi, che sostiene l'estrema pericolosità della pispola per le coltivazioni agricole. A volte, francamente, si esagera. Come sempre, in medio stat virtus e credo che il clima sia potenzialmente favorevole per trovare soluzioni virtuose che ci portino fuori dalle secche.
Vi ringrazio per l'ascolto e per quello che mi avete insegnato. Vi do appuntamento al più presto, a una prossima occasione, perché la vera necessità è


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quella di un grandissimo dibattito, che intendo svolgere anche con le organizzazioni sindacali.
È vero che, di questi tempi, è stupefacente assistere a una maggiore unione nelle Commissioni parlamentari sull'agricoltura che non nelle organizzazioni che rappresentano. È anche un po' paradossale assistere a posizioni che mutano così radicalmente nel tempo.
Mi sono espresso senza alcun timore, perché credo che ci sia bisogno di stabilire un rapporto con tutte le organizzazioni che rappresentano l'agricoltura. Evidentemente, c'è anche chi le rappresenta di più e chi di meno, chi ha idee migliori e chi non ha idee, ma il ruolo del ministro, ve lo garantisco, non è quello di essere fiancheggiatore dell'una o dell'altra in maniera preconcetta, ma di porsi nella posizione più difficile, quella di arbitro. Sarò un arbitro con le mie preferenze, con le mie idee, con la mia storia, con le mie convinzioni, ma cercherò, fin quando mi sarà possibile - mi auguro sempre - di essere un arbitro giusto.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la sua straordinaria disponibilità nell'ascoltarci tutti e nel rispondere puntualmente alle nostre sollecitazioni. Non mancheranno altre occasioni, ovviamente, già nelle prossime settimane, per affrontare i temi sui quali abbiamo ragionato, a cominciare dal disegno di legge C. 2260, passando per gli agrumeti, il PSR e via elencando.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 20,05.

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