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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XIII
27.
Mercoledì 6 giugno 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

Audizione del Presidente della Commissione Pesca del Parlamento europeo, Gabriel Mato Adrover, sulla riforma della politica comune della pesca (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento):

Russo Paolo, Presidente ... 3 13 14 16
Zucchi Angelo, Presidente ... 10
Agostini Luciano (PD) ... 10
Callegari Corrado (LNP) ... 13
Delfino Teresio (UdCpTP) ... 12
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 11
Mato Adrover Gabriel, Presidente della Commissione Pesca del Parlamento europeo ... 4 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 6 giugno 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 8,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente della Commissione Pesca del Parlamento europeo, Gabriel Mato Adrover, sulla riforma della politica comune della pesca.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento, l'audizione del Presidente della Commissione Pesca del Parlamento europeo, Gabriel Mato Adrover, sulla riforma della politica comune della pesca.
Ricordo che il Presidente Mato Adrover è in collegamento con noi in videoconferenza da Bruxelles.
Desidero vivamente ringraziarlo per aver accolto il nostro invito, rendendosi disponibile a questo incontro telematico su un tema che la nostra Commissione considera di fondamentale rilievo per il futuro della pesca e dell'acquacoltura in Italia e in Europa.
Ricordo che questa audizione si colloca nell'ambito dell'esame delle proposte di Regolamento della Commissione europea, relative alla riforma della politica comune della pesca, che la XIII Commissione (Agricoltura) ha da tempo avviato, partecipando così alla cosiddetta fase ascendente del processo normativo dell'Unione europea, che si concluderà con l'approvazione di un documento che sarà successivamente trasmesso al Governo e alle istituzioni europee.
In tale ambito la Commissione ha già svolto l'audizione delle rappresentanze di categoria e della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nonché l'audizione del Commissario europeo per la pesca e gli affari marittimi, Maria Damanaki, e dei membri italiani della Commissione pesca del Parlamento europeo.
L'incontro odierno, che si collega strettamente a quelli già svolti, rappresenta un'importante occasione per acquisire - sul processo di riforma in corso in sede europea - un autorevole punto di vista, che certamente ci offrirà ulteriori e diversi elementi di riflessione.
Nel merito della nuova politica comune per la pesca (PCP), il Presidente Mato Adrover sicuramente conoscerà le questioni che per il nostro Paese rivestono carattere di maggiore criticità. Da ultimo, ne abbiamo parlato nell'incontro interparlamentare organizzato dalla Commissione pesca del Parlamento europeo con le Commissioni dei Parlamenti nazionali, al quale personalmente ho partecipato lo scorso 28 febbraio a Bruxelles.
Al riguardo, pur condividendo gli obiettivi di carattere generale che la Commissione europea intende perseguire, desidero sottolineare - come ho detto anche al Commissario Damanaki - che le proposte di riforma in molti aspetti appaiono più idonee a soddisfare le esigenze e le peculiarità dell'area nord europea e adattabili solo parzialmente alla dimensione mediterranea


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e in particolare dell'Italia, caratterizzata da realtà locali interessate da problematiche e specificità proprie, quali la pesca artigianale.
Mi riferisco in particolare al delicato tema delle concessioni di pesca trasferibili e al rischio che esse si concentrino in poche aziende o che diventino strumenti di speculazioni finanziarie, a fronte dell'assenza di una valutazione sugli effetti reali in termini di riduzione dello sforzo di pesca, nonché all'applicazione del divieto dei rigetti, che produrrà inevitabili ricadute onerose per le piccole e medie imprese e per le organizzazioni dei produttori e per la loro gestione, senza che vi sia assoluta chiarezza sul piano scientifico degli effetti che il divieto potrebbe produrre sugli stock.
Mi riferisco, altresì, alla regionalizzazione e alla necessità di tenere conto delle specificità locali nel governo degli stock ittici, come pure di individuare procedure chiare e idonee a definire gli ambiti di responsabilità dei diversi livelli istituzionali, al problema del disarmo delle navi da pesca, dell'arresto temporaneo delle attività di pesca e della cessazione degli aiuti pubblici ad essi destinati, e alla necessità, infine, di definire politiche integrate per lo sviluppo, che tengano conto della sostenibilità sociale ed economica del settore e delle comunità costiere interessate, oltre che della sostenibilità ambientale.
Da ultimo, vorrei richiamare l'attenzione sull'esigenza - che l'Italia avverte in misura molto sensibile - di efficaci strumenti che possano salvaguardare e incentivare la loro capacità di stare sul mercato e di competere in condizioni adeguate, anche alla luce delle liberalizzazioni degli scambi commerciali di prodotti della pesca con Paesi terzi, tutelando i consumatori, i pescatori e naturalmente il mare e la produttività futura delle risorse ittiche.
Do, quindi, la parola al nostro illustre ospite, che ancora ringrazio per il contributo che vorrà assicurare alla Commissione per lo svolgimento dei suoi compiti. Al suo intervento faranno seguito eventuali domande da parte dei deputati, alle quali il Presidente Mato Adrover potrà replicare.

GABRIEL MATO ADROVER, Presidente della Commissione Pesca del Parlamento europeo. Molte grazie presidente, buongiorno. Purtroppo non parlo italiano e per questa ragione oggi parlerò in spagnolo, ma nel prossimo intervento parlerò nella vostra lingua.
Ringrazio innanzitutto la Camera dei deputati italiana per l'invito a prendere parte a questo incontro, a questa discussione, a questo confronto. Il Presidente ha opportunamente esposto quasi tutti gli argomenti che sono sul tappeto e ha fatto un ottimo riassunto della situazione. La mia esposizione da Presidente della Commissione pesca del Parlamento europeo rappresenta una riflessione oggettiva sullo stato attuale dei lavori per la riforma della politica comune della pesca nell'ambito del Parlamento europeo.
Dopo il mio intervento vorrei ricevere consigli, suggerimenti e proposte dai colleghi, perché questo è il periodo giusto per farlo. Stiamo infatti discutendo alcune relazioni che vertono sulla riforma e abbiamo la possibilità non solo di emendare, ma anche di raggiungere accordi su molti aspetti della riforma, cosa fondamentale per gli interessi dei nostri Paesi e soprattutto di un settore che ha bisogno di aiuto.
Per parlare della riforma, devo accennare in breve agli esordi nel 2009, quando la Commissione Pesca avviò le consultazioni sulla riforma. Stiamo parlando del Libro verde in cui emersero alcuni fondamentali aspetti problematici di oggi: una legislazione molto complessa, livelli inaccettabili di rigetti, sovracapacità della flotta, sovrasfruttamento di quasi l'80 per cento delle specie dell'Unione europea e insufficiente integrazione ambientale.
A questo si aggiungevano un sostegno finanziario che non contribuiva affatto a raggiungere gli obiettivi della politica comune della pesca, e uno sviluppo palesemente insufficiente dell'acquacoltura nell'Unione europea. Il pacchetto di riforma è stato adottato dal Consiglio nel luglio del


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2011 e, come sapete, attualmente è all'esame in prima lettura.
Sulla riforma sono previste tre relazioni legislative nell'ambito della codecisione. Il Parlamento europeo, come sapete, ha acquisito un'importanza cruciale grazie al Trattato di Lisbona: non siamo più semplici comparse, ma siamo una parte importante del processo decisionale. Ci sono poi quattro relazioni non legislative. La relatrice per il regolamento di base è una deputata del Gruppo socialista, l'onorevole Ulrike Rodust; il termine per gli emendamenti scadrà il 18 giugno e si voterà in ottobre in Commissione, quindi ci sarà tempo fino alla plenaria di novembre per lavorare a fondo.
Per darvi un'idea, per quanto riguarda le relazioni per il parere che altre Commissioni hanno portato a termine, in Commissione ambiente sono stati presentati 542 emendamenti, il che dimostra che sarà una relazione combattuta, che richiederà molto lavoro e molto studio, riceverà emendamenti e notevoli modifiche.
L'altra relazione legislativa è quella sull'organizzazione comune di mercato, di cui è relatore l'onorevole Stevenson dei Conservatori britannici. Il termine per presentare gli emendamenti è già scaduto, si voterà il 20 e 21 giugno e in Commissione pesca sono stati presentati 467 emendamenti. L'altra relazione verte sul nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) e ha come relatore il deputato francese del Partito popolare europeo (PPE) Alain Cadec; il termine per gli emendamenti scade il 24 settembre, in Commissione ce ne occuperemo a novembre e andrà probabilmente in plenaria a gennaio 2013.
In parallelo, abbiamo altre quattro relazioni non legislative, ma di cruciale importanza. Quella sulla dimensione esterna sarà votata l'11 e 12 luglio e andrà in plenaria a settembre, 284 gli emendamenti presentati. Una relazione basilare anche per l'Italia e la Spagna sarà quella sulla pesca artigianale, di cui è relatore il portoghese onorevole Ferreira, sarà votata a giugno e andrà in plenaria a settembre. Sono stati presentati 214 emendamenti.
Una comunicazione della Commissione al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni relativa alla riforma sarà votata a luglio; la relazione sugli obblighi di conservazione e sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche, relatore il liberale Carl Haglund, sarà votata a giugno.
Vi ho illustrato il calendario perché abbiate un'idea del punto in cui ci troviamo e di quello che possiamo ancora fare. Secondo la comunicazione della Commissione, gli obiettivi della riforma in linea di massima sono più pesce e più sostenibilità. In linea di principio tutti possiamo far nostri questi obiettivi, anche se poi nel corso della discussione vedremo che ci sono molte sfumature, molti cambiamenti, molte proposte da fare.
Si è parlato, da parte della Commissione, di futuro per i pescatori, per l'industria e per l'occupazione. Teniamo presente che l'Unione europea importa il 60 per cento del pesce che consuma, quindi c'è da potenziare le comunità costiere, occorre una migliore informazione per i consumatori, una governance migliore attraverso la regionalizzazione, come già diceva il presidente, e un finanziamento più equilibrato.
Cercherò in breve di soffermarmi sulle tre o quattro relazioni più importanti, svolgendo un'analisi delle varie posizioni. Ho detto che avrei cercato di essere obiettivo e cercherò di non perdere mai questa obiettività. Desidero illustrare cosa fa la Commissione, cosa stanno proponendo i relatori, cioè la posizione del Parlamento, e in certi casi la posizione del Consiglio, che oltre a non essere sempre unanime, differisce da quella della Commissione.
Anzitutto, vi è il regolamento di base, che è forse l'elemento fondamentale. Faccio però una premessa: sono convinto che la riforma arriverà a buon fine, ma non sappiamo quanto ci vorrà perché elementi come il blocco dei piani di gestione possono condizionarla molto. Occorrerà un difficile lavoro di unificazione per giungere a un testo unico, consolidato e coerente, perché le varie relazioni legislative in vari casi parlano della stessa cosa. Gran


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parte delle relazioni verte infatti sui diritti trasferibili, sui rigetti, su elementi comuni ma da posizioni diverse, per cui non sarà facile giungere a un testo unico.
Veniamo dunque al regolamento di base, in cui la parola che ritorna è «sostenibilità». Su questo nutro dei dubbi e l'ho già detto varie volte, perché si parla molto di sostenibilità sotto il profilo ambientale, ma come molti membri della Commissione pesca del Parlamento europeo ritengo che si debba allargare molto il concetto di sostenibilità e non si possa parlare solo di sostenibilità ambientale, in quanto esistono anche quelle economica e sociale.
C'è chi si riempie la bocca con la difesa dei mari, più pesci e una pesca migliore, dimenticando però spesso che tutto ciò coinvolge pescherecci, industrie e posti di lavoro. Dico sempre che mi piacerebbe vedere i mari pieni di pesce, ma con i pescherecci che lavorano, con le industrie a pieno regime, con molta gente occupata in un settore importante. È vero che trovare un equilibrio è difficile, però dobbiamo provare a raggiungerlo.
Nel regolamento ci sono vari punti fondamentali, innanzitutto l'accesso alle acque. Si parla di parità di accesso per i pescherecci dell'Unione europea, di non discriminazione per i pescherecci di Paesi terzi nelle acque dell'UE, di estendere fino al 2022 le restrizioni alla pesca entro le 12 miglia nautiche per ridurre la pressione della pesca su aree biologicamente sensibili e contribuire alla stabilità economica della pesca artigianale, elemento per me fondamentale della riforma.
Parlando della dimensione ambientale e di conservazione, un elemento sarà al centro di grandi discussioni: raggiungere il massimo rendimento sostenibile (la Commissione pone il termine del 2015) attraverso i piani pluriennali, i rigetti e altre misure tecniche su cui mi soffermerò. È comunque molto difficile e noi, come anche il Consiglio, non siamo a favore di questo termine del 2015, considerandolo irrealistico, per cui con i piani pluriennali abbiamo attualmente una situazione molto complessa.
La Commissione sostiene infatti di avere competenze che il Parlamento e i suoi servizi giuridici non le riconoscono, e questo ha fatto sì che attualmente i piani pluriennali siano bloccati. La prossima settimana ci riuniremo con il Presidente Schulz, gli mostreremo la situazione, perché riteniamo che, se la cosa non si risolve in modo pacifico, dovremo andare in sede giudiziaria per sbloccare la situazione, perché il blocco dei piani pluriennali impedisce la normale entrata in vigore della riforma stessa.
L'accesso alle risorse e la capacità di pesca sono tra gli elementi più complessi. Si parla di introdurre un sistema di concessioni di pesca trasferibili, che per la Commissione costituirebbe uno dei migliori strumenti per arrivare a un equilibrio tra le capacità della flotta. In termini scientifici si punta molto sulla raccolta dei dati, che devono essere reali e completi. Le norme di base e gli obblighi degli Stati membri per questa raccolta di dati si ritrovano nelle proposte, questa politica è integrata nella politica comune della pesca per permettere di conseguirne gli obiettivi, e questa proposta si impernia sulla partecipazione delle organizzazioni regionali del settore ittico.
C'è un appoggio convinto allo sviluppo dell'acquacoltura, perché si ritiene che possa contribuire alla sicurezza alimentare e alla crescita e all'occupazione in zone litoranee e rurali. Considero molto sensata la proposta di creare un consiglio di consulenza per l'acquacoltura come sede di discussione.
Il principio di fondo dell'organizzazione comune di mercato è che questa dovrà funzionare di concerto con l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Non possiamo trovarci in disputa continua con l'OMC. Occorre fare in modo, comunque, che i consumatori siano informati meglio, che si favorisca un consumo responsabile. Qui si rivela importantissimo il ruolo delle organizzazioni dei produttori, e si sta studiando l'istituzione di un'etichetta europea.
Quanto al controllo, un altro dei temi cruciali per la Commissione pesca del


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Parlamento europeo, la lotta alla pesca illegale deve essere una costante di questa Commissione e delle Commissioni che si occupano della pesca di tutti gli Stati membri. Questo tipo di pesca arreca un danno enorme a tutti e quindi dobbiamo essere coerenti con il nuovo regime di controllo adottato mediante i Regolamenti 1005 e 1224 del Consiglio.
In quanto agli strumenti finanziari, la proposta include aiuti finanziari di concerto con gli Stati membri e gli operatori, purché rispettino gli obblighi di controllo e di raccolta dei dati. Come dicevo prima, la raccolta dei dati sarà un elemento chiave non solo per sviluppare positivamente la nuova politica comune della pesca, ma anche per rendere efficaci gli aiuti.
Vi è poi la figura dei consigli di consulenti, con i quali si propone di consolidare e, ove possibile, estendere l'esperienza di questi consigli, in precedenza detti regionali. Si propone di istituire un consiglio di consulenti per l'acquacoltura e un altro per il Mar Nero.
Dinanzi alla proposta della Commissione, di cui poi potremo approfondire certi elementi, la relatrice solleva alcune questioni, sostenendo che la gestione degli stock conformemente al principio di massimo rendimento sostenibile sarà attuata nel 2015, idem per i rigetti e le concessioni di pesca per far cessare la sovracapacità.
L'onorevole Rodust propone di eliminare il termine «trasferibile» nella locuzione «diritti trasferibili di pesca» e inserisce alcune nuove misure, come ad esempio il fatto che gli Stati membri possano chiudere alla pesca una percentuale tra il 10 e il 20 per cento delle loro acque per tre anni, per tutelare habitat vulnerabili e migliorare la produttività degli stock ittici.
Questa relazione ha incluso circa duecento emendamenti alla proposta della Commissione, ma sono convinto che solo dalla Commissione pesca ne arriverà un altro migliaio, il che mostra che, come dicevo all'inizio, la questione è ancora aperta.
Il Consiglio dei Ministri sostiene l'intento della riforma della politica comune della pesca di migliorare gli stock ittici, porre fine ai rigetti e rendere economicamente solidi i pescatori, ma ritiene che il sistema del massimo rendimento sostenibile all'orizzonte 2015 sia irrealistico, che sarà molto difficile rispettare quella scadenza per molte circostanze e che ci dovrebbe essere un avvio più graduale, cosa che condividiamo.
La proibizione dei rigetti è stata ormai fatta propria da gran parte degli Stati membri, ma è certo che gran parte ha già posto in Consiglio il problema del carattere irrealistico delle date, e della necessità di un periodo di transizione più lungo. In merito ai diritti trasferibili di pesca, è vero che alcuni ministri sono d'accordo con questo sistema e altri no, ma chi è d'accordo vuole però alcune tutele per evitare quello che preoccupa tutti, cioè la concentrazione di molti diritti in mano a pochi. Queste tutele includerebbero comunque l'esclusione dal sistema delle piccole imbarcazioni artigianali.
La riforma dovrebbe includere il decentramento delle decisioni a livello regionale per rendere il sistema più efficace, cosa su cui tutti conveniamo. Quanto all'organizzazione comune di mercato, il relatore difende le organizzazioni di produttori e l'internalizzazione di queste organizzazioni per renderle più competitive rispetto alle grandi società. Propone di offrire agli Stati membri varie opzioni di gestione, affinché possano scegliere l'impostazione più adeguata alla particolare situazione della pesca in un dato Paese.
Le organizzazioni di produttori possono svolgere un ruolo molto importante per le quote, per la gestione dello sforzo di pesca e per i rigetti. Logicamente, si parla di mercato elettronico, di che fare dei rigetti per non introdurre distorsioni sui mercati. La Commissione definisce un minimo di regole per l'ecoetichettatura e ipotizza anche un proprio ecolabel; le etichette dovranno essere chiare e di facile interpretazione perché destinate ai consumatori.


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Nella posizione della Commissione la data di sbarco dovrebbe essere obbligatoria e la data di cattura dovrebbe essere volontaria. Questa è la posizione del relatore, che però non coincide con quella della Commissione, secondo cui la possibilità dovrebbe essere duplice, ma anche qui si sta discutendo sulle date da mettere nelle etichette.
Le importazioni dovrebbero rispettare le stesse norme vigenti all'interno della Commissione sul piano socioeconomico ed ecologico. Sul fondo europeo c'è apertura: si propone che tutti i fondi confluiscano in un fondo unico, salvo gli accordi di partenariato nella pesca e i contributi alle organizzazioni regionali.
Tutti i provvedimenti mirano alla sostenibilità ambientale e il fondo solleva delle questioni sulle quali si sta discutendo in Commissione. In particolare, posso illustrare la posizione spagnola: non siamo d'accordo sulla totale eliminazione della possibilità di pagare gli aiuti al disarmo o alle interruzioni temporanee e alla sosta biologica. In Parlamento c'è una notevole divisione nei confronti del fondo, perché il relatore è contrario alla proposta della Commissione e va molto al di là, mettendo in discussione concetti come quello di sovracapacità della flotta dell'UE o anche l'esigenza di ridurre la capacità della flotta.
Il relatore ritiene che occorra destinare fondi all'ammodernamento dei pescherecci, allo sviluppo della capacità di lavoro, alla sicurezza, al risparmio energetico, che i proprietari di pescherecci vecchi dovrebbero ricevere aiuti al disarmo, se investono su nuove imbarcazioni, rispettose dei requisiti ambientali e degli standard di sicurezza.
Riassumo perché mi sto dilungando. Dimensione esterna: pesca e acquacoltura devono contribuire a uno sviluppo sostenibile sul piano economico, ambientale e sociale, come è stato detto. Qui emergono molte delle questioni già toccate come il massimo rendimento sostenibile, l'integrazione della legislazione ambientale europea, la proibizione dei rigetti, la pesca efficiente. Un altro aspetto importantissimo è rappresentato dagli accordi bilaterali, che sono fondamentali. Abbiamo problemi con molti di essi, e ci viene subito in mente il Marocco laddove il Parlamento europeo ha detto no alla proroga; c'è anche l'accordo con la Mauritania più altri accordi molto importanti sui quali si sta lavorando.
Per quanto riguarda la pesca artigianale, la Commissione utilizza questa definizione per imbarcazioni di lunghezza inferiore a 12 metri. Questa è la posizione della Commissione per regolamentare il controllo e definire le piccole imbarcazioni, mentre per poi attuare il sistema di monitoraggio delle imbarcazioni si arriverebbe ai 15 metri.
La posizione del Parlamento europeo, o almeno del relatore, ora, è che la pesca artigianale debba beneficiare di un trattamento diversificato, con un sistema di gestione adeguato alle esigenze e ai problemi specifici esistenti. Il relatore ritiene che ci dovrebbe essere un criterio più ampio, in grado di includere anche l'impatto delle tecniche di pesca sull'ecosistema, il tempo trascorso in mare, e che l'imposizione di un sistema unico per tutti gli Stati membri come ad esempio i diritti trasferibili di pesca non sia una soluzione adeguata, considerata la grande diversità della pesca nell'Unione europea.
Si respinge chiaramente l'esecuzione obbligatoria dei diritti trasferibili e si argomenta che la decisione di adottare o meno i diritti trasferibili e a quale settore ittico, se si include, dovrà spettare agli Stati membri. Si chiede poi l'istituzione ed espansione della zona di esclusione, ritenendo che per le regioni ultraperiferiche essa dovrebbe passare da 100 a 200 miglia.
Nel Consiglio emergono svariate opinioni. La Spagna parla di una dimensione più ampia rispetto al semplice concetto di lunghezza di 12 metri e propone (così vedremo con gli emendamenti) che si tenga conto di elementi come la freschezza dei prodotti, la vicinanza alla zona di pesca e la breve durata dei tragitti, il tipo di reti, la composizione delle catture, la selettività, la struttura e dimensione delle


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imprese, cioè altri elementi che non si limitino alla dimensione di 12 o 12,5 metri o quello che sia.
Per quanto riguarda infine i diritti trasferibili, la posizione della Commissione è che la Politica comune della pesca non è riuscita a risolvere il problema dalla sovracapacità. Sono stati spesi 2 miliardi 730 milioni di euro tra il 1974 e il 2003 per il disarmo delle imbarcazioni e la capacità continua a crescere del 3 per cento all'anno.
Nessuna delle politiche portate avanti finora ha sortito effetto, quindi la Commissione, alla luce delle esperienze realizzate in molti Stati membri nell'imporre diritti trasferibili di pesca, propone di introdurre questo sistema come un'ottima occasione per adeguare la capacità della flotta, e confida che in tal modo si possa eliminare la sovracapacità e aumentare il ritorno economico per l'industria ittica.
Il sistema sarebbe obbligatorio a partire dal 2014 per tutte le imbarcazioni, tranne quelle al di sotto dei 12 metri. Conformemente alle caratteristiche specifiche e alla vulnerabilità socioeconomica di certe imbarcazioni artigianali, ci sarebbe la possibilità che gli Stati membri decidano se introdurre il provvedimento, i trasferimenti sarebbero limitati a imbarcazioni battenti la stessa bandiera, per garantire il principio di stabilità relativa.
Se i diritti trasferibili saranno ben disegnati, potrebbero rivelarsi uno strumento efficace per pianificare l'attività di pesca grazie allo sviluppo del mercato, per sbarcare tutte le catture, per pianificare gli investimenti. Si ritiene che in questo modo si dia ai pescatori la possibilità di abbandonare il settore in cambio di compensazioni economiche. Secondo la Commissione, l'esperienza dimostra che i diritti trasferibili accrescono la responsabilità degli operatori e agevolano la riduzione dei rigetti. Vero è che si introducono anche molte misure di tutela.
Il Parlamento ha ricevuto molte critiche e la questione è tutt'altro che pacifica. La relatrice stessa suggerisce di eliminare il termine «trasferibile»: le condizioni di pesca rimarrebbero di proprietà degli Stati membri e sarebbero trasferite ai pescatori solo per un lasso di tempo determinato, quindi non sarebbero una risorsa finanziaria per i pescatori, pur garantendo loro il diritto a pescare.
I pescatori sanno che per un certo tempo avrebbero diritto a pescare una specifica proporzione della quota nazionale e così potrebbero pianificare con maggiore sicurezza il proprio futuro. Questa sicurezza varrebbe anche per l'ambiente, perché potendo pescare durante tutto l'anno, non dovrebbero cercar di pescare tutto ciò a cui hanno diritto nel più breve tempo possibile.
La relatrice propone infine di introdurre i diritti di uso territoriale - i cosiddetti TURF - nel Mediterraneo, alla luce delle caratteristiche di quel mare e degli scarsi dati di cui si dispone, la situazione delle attività di pesca miste, la grande diversificazione delle flotte di pesca e il numero di porti per lo scarico. In Consiglio, le posizioni variano nei confronti dell'obbligo di introdurre i diritti trasferibili e gran parte delle delegazioni finora è favorevole a un loro carattere volontario. Ciascun Paese dovrebbe poter fare l'adeguamento in base alle proprie necessità e alle proprie condizioni specifiche.
La posizione spagnola è molto chiara: ogni Stato membro dovrebbe determinare a quali flottiglie si applichino i diritti trasferibili e chi ne sia escluso. La nostra posizione è che la flotta artigianale dovrebbe essere esclusa e così pure la pesca mediterranea regolamentata in base allo sforzo, e il provvedimento si applicherebbe solo alle attività di pesca soggette ai TAC (totali ammissibili di cattura). Gli aiuti al disarmo dovrebbero rimanere in vigore almeno per un periodo transitorio.
Ribadisco che il tema è ancora aperto e restano da risolvere questioni come il blocco dei piani di gestione. Potremmo riassumere tutto in una specie di decalogo: sostenibilità sì, ma non solo ambientale, bensì anche economica, sociale, occupazionale; differenziare chiaramente tra mari, tra situazioni e tra specie: non si può trattare come un tutt'uno ciò che non


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lo è; rendimento massimo sostenibile sì, ma non nel 2015 (è una cosa troppo affrettata, è una data irrealistica, come riconosce il Consiglio stesso) quindi flessibilità.
Rigetti: tutti d'accordo sul fatto che non sia un compito facile, c'è la situazione delle attività di pesca miste e altre condizioni che rendono difficile raggiungere l'obiettivo nel 2015, anche se questo è un compito che tutti noi riteniamo di dover intraprendere; diritti trasferibili sì, ma evitando concentrazioni, tutelando la pesca artigianale e situazioni distinte tra Paesi; mantenimento del fondo: non conosciamo gli importi, ma riteniamo che il fondo debba essere potenziato con un mantenimento - anche se transitorio - degli aiuti al disarmo, alle interruzioni temporanee e alla sosta biologica.
Diritti trasferibili: si dibatte se sì o no, a tutti, volontari o obbligatori, quindi la questione è aperta e vedremo cosa succederà perché le posizioni dei Paesi sono in contrasto. Organizzazioni regionali: puntare decisamente sulla regionalizzazione come il migliore elemento per attuare le politiche della pesca e quindi sostegno alle organizzazioni regionali.
Mercati: puntare su una migliore informazione dei consumatori, concentrare su questo la nostra azione. Infine, pesca artigianale: appoggio pieno e assoluto. Questa rappresenta gran parte degli interessi del settore ittico in Paesi come l'Italia e la Spagna, quindi dobbiamo adoperarci per mantenere l'occupazione specie in questi duri momenti di crisi per i nostri pescatori, per mantenere la loro specificità e avere una regolamentazione che garantisca loro la possibilità di fare quello che sanno fare meglio e vogliono continuare a fare.
I pescatori non vogliono ricevere aiuti o sovvenzioni, se non quando sia assolutamente indispensabile: vogliono poter pescare e noi abbiamo l'obbligo di garantire loro questa possibilità. Grazie per il dialogo, la discussione e soprattutto per i suggerimenti che potrete inviarci per il nostro lavoro in Commissione pesca. Grazie di nuovo a lei, presidente, e a tutti i membri della Commissione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANGELO ZUCCHI

PRESIDENTE. Grazie, Presidente. Colgo l'occasione per salutarla personalmente dovendo sostituire per qualche minuto il Presidente Russo, occupato nei lavori di un'altra Commissione.
Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

LUCIANO AGOSTINI. Ringrazio il Presidente della Commissione pesca del Parlamento europeo per l'opportunità di confrontarci in una cruciale fase di discussione del nuovo Piano comune della pesca europea.
Abbiamo già avuto modo di trattare le relative questioni con il Commissario Damanaki. In quella occasione abbiamo espresso alcune nostre perplessità, che ci auguriamo possano essere dissipate nella fase di discussione così da lei ben rappresentata che il Parlamento europeo dovrà seguire per l'approvazione del Piano stesso.
Condivido in larga parte la sua rappresentazione, sia perché i problemi sono diversi, sia perché la pesca - pur essendo diventato nel nostro Paese un settore marginale della nostra economia - è pur sempre molto importante e dà lavoro a migliaia di persone. Si tratta ormai di un settore di nicchia, ma sicuramente molto importante e, se non lo sosteniamo con una politica adeguata, nel nostro Paese la crisi strutturale a cui assistiamo da tempo - sommata alla crisi congiunturale che stiamo vivendo - rischiano di far scomparire l'intero settore.
Gli obiettivi che lei ci presentava nel nuovo Piano comune sono obiettivi sostenibili, sui quali non si può non convergere. Sono d'accordo sul fatto che la sostenibilità non possa essere solo ambientale, ma debba essere anche economica, occupazionale


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e sociale, e sull'esigenza di avere maggiori stock di pesce nei nostri mari per dare più lavoro alle nostre marinerie. Questi obiettivi non possono non trovare la nostra condivisione, il problema è come raggiungerli.
Da una parte c'è una considerazione di principio molto giusta, che ritengo debba essere perseguita, ovvero l'esigenza di avviare la discussione tentando di approcciarsi al mare valutando come lavorare su di esso affinché si possa permettere al pesce di riprodursi. C'è però anche il problema di mettere questo obiettivo in relazione con la parte economica.
Quello che ancora mi sembra un obiettivo lontano è la differenziazione di trattamento che la politica comune europea deve adottare per i diversi comparti marittimi, laddove l'Oceano Atlantico non può essere paragonato né messo in relazione con il Mar Mediterraneo. Riteniamo che si debba prevedere un programma specifico per il Mediterraneo, che i tipi di pesca europei non possano essere uguali né trattati tutti nello stesso modo.
Anche se questo viene timidamente accennato nel documento in discussione, auspichiamo che ci sia questa netta differenziazione con programmi assolutamente diversi, più rappresentativi dei problemi della pesca nel Mediterraneo. Dico ciò perché, ad esempio, per quanto riguarda i diritti trasferibili è del tutto evidente che, se questo meccanismo può funzionare per una pesca limitata a poche specie, è altrettanto evidente che non può funzionare per una pesca la cui economia si fonda sulla pluralità delle specie.
La questione dei rigetti, a cui dobbiamo rivolgere particolare attenzione, ha bisogno anche di importanti misure di accompagnamento, perché uno dei punti di debolezza delle marinerie del nostro Paese è rappresentato dall'elevato numero di punti di sbarco assolutamente privi di infrastrutture. Se, quindi, continuassero a mancare adeguate infrastrutture, la questione dei rigetti aggraverebbe il problema per le nostre marinerie.
Riteniamo necessario in una situazione come questa mantenere almeno le risorse già esistenti. Per quanto riguarda la discussione sul disarmo, mi sembra che ci si stia avviando verso una fase di phasing out, ma comunque tale questione ancora oggi rappresenta un elemento di necessità almeno per le nostre marinerie. Ritengo che il ragionamento sul fermo biologico debba essere svolto avendo riguardo a una sua progressiva eliminazione, cercando di arrivare a un minor sforzo di pesca con meccanismi diversi e, finché questi non si mettono in funzione, cercando di mantenere i meccanismi messi in campo, quindi non attraverso una rottura immediata, ma con un'uscita progressiva.
È infine fondamentale il sostegno alla ricerca. Ogni settore economico necessita di innovazione e di ricerca, ma il settore della pesca ne abbisogna ancora di più. Nella discussione sulla nuova politica comune della pesca (PCP) si deve quindi assumere un atteggiamento molto deciso e determinato su questo punto, perché, se l'obiettivo è prendere in considerazione il mare e l'ammodernamento della flotta, la ricerca diventa elemento essenziale. Mi fermo qui, sperando di aver affrontato i punti in cui si riscontrano le maggiori fragilità. Grazie.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

ANITA DI GIUSEPPE. Saluto con vero piacere il Presidente Mato Adrover anche perché il problema della pesca è molto sentito in Italia. L'Italia, infatti, è una penisola e, quindi, ci sono molte grandi e piccole imprese ittiche, che stanno guardando a questa riforma con molta attenzione.
La politica della pesca dell'Unione europea ha sicuramente bisogno di essere riformata, e le motivazioni sono state da lei ben evidenziate. Inoltre, si deve anche considerare che la politica della pesca finora attuata dall'Unione europea non è stata certamente favorevole al nostro Paese. Credo, infatti, che l'Italia sia stata uno dei Paesi finora maggiormente penalizzati nel settore.


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Anche per questo, come lei ha evidenziato, è necessario assicurare una pesca sostenibile, che considero l'obiettivo primario, una pesca sostenibile dal punto di vista non solo ambientale, ma anche sociale ed economico. È quindi importante potenziare il fondo.
Gli obiettivi principali, quindi, sono quelli di riportare gli stock ittici a livelli sostenibili e, al contempo, di garantire ai cittadini europei un approvvigionamento alimentare sano e sicuro, obiettivo perseguito non solo nella pesca, ma anche in agricoltura. Parlo, quindi, anche della salute dei cittadini. Tutto questo comunque deve essere compatibile con l'occupazione, perché non bisogna soltanto mantenere l'attuale livello di occupazione, ma anche creare nuovi posti di lavoro in questo settore tanto penalizzato, che risente profondamente della crisi. In tal modo sarà possibile promuovere lo sviluppo dei Paesi che si affacciano sul mare, perché la crisi che il settore sta attraversando coinvolge non soltanto gli operatori del settore, ma anche l'indotto (ristoranti, alberghi, turismo).
È giusto che la gestione sia basata sui diritti della pesca, ma nella riforma sarebbe forse meglio predisporre proposte più funzionali ai diversi contesti che rappresentano la pesca europea. Considero difficile, infatti, che un'unica soluzione possa essere adeguata alle tante diverse esigenze che caratterizzano la pesca europea, perché sappiamo bene che è diverso il tipo di pesce pescato, sono diverse le barche e sono diversi gli attrezzi utilizzati.
Vorrei chiederle, quindi, se non ritenga necessaria una gestione condivisa della pesca, nella quale intervengano le Regioni, le imprese ittiche, tutti gli enti preposti al controllo, riuscendo a ottenere gli obiettivi che lei ha esposto. Mi riferisco, quindi, a una regionalizzazione concreta, che inauguri un meccanismo più flessibile e sicuramente più adattabile alle diverse realtà. Alla pesca occorre una riforma che conduca a una situazione di sostenibilità non solo per l'ambiente, ma anche per i pescatori, che sicuramente devono rispettare le regole.
Le questioni sono diverse ed è per questo che occorre una pesca che si fondi soprattutto sulla gestione della territorialità, sulla consultazione delle regioni, dei pescatori, ma anche delle associazioni ambientaliste, così da affrontare con competenza le problematiche inerenti alla pesca e a tutti gli addetti.

TERESIO DELFINO. Saluto anch'io il Presidente della Commissione Pesca per la sua disponibilità. I colleghi intervenuti hanno già richiamato molte delle questioni che ci stanno a cuore. Mi fa piacere che siamo ancora in una fase in cui è importante un contributo per accompagnare e sostenere quelle modifiche che consideriamo importanti per avere un piano che, al di là di una condivisione degli obiettivi generali, risponda alle esigenze nazionali e regionali.
Per non ripetere le cose già dette, cito solo tre o quattro questioni. Vorrei chiederle quali siano le possibilità di un regime transitorio più lungo, perché è sempre avvertita l'esigenza di dare un tempo adeguato per far sì che le nuove modalità d'intervento siano recepite dal settore interessato, quindi dal mondo della pesca.
Per quanto riguarda i diritti trasferibili, in sede europea anche altri settori prevedono quote come nel settore delle quote latte, che hanno avuto un grande e difficile travaglio rispetto alla necessità di garantire le posizioni dei produttori. Vorremmo che per quanto concerne tale questione si considerasse la realtà dei nostri pescatori e che quindi nella modifica della normativa fossero salvaguardati i loro interessi, perché agiamo sulla pelle di persone e di famiglie che devono ottenere il frutto del loro impegno nel settore.
Un'altra questione riguarda le risorse. Al di là della richiesta di maggiori risorse, che lei ha già condiviso, considero fondamentale una loro più specifica finalizzazione, che tenga conto di alcune priorità quali quelle della ricerca, come evidenziato dall'onorevole Agostini, indirizzandone una parte significativa a iniziative


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che favoriscano coloro che vogliano ulteriormente rafforzare la loro attività anche attraverso il rinnovo della flotta.
Vorrei concludere con due richieste di chiarimenti più specifiche per quanto riguarda le competenze nazionali e regionali. Personalmente, sono contrario all'eccessiva frammentazione di competenze, perché rappresenta un rischio almeno nel nostro Paese - non nel suo, la Spagna, Paese che ha saputo cogliere molto bene tutte le opportunità offerte dai finanziamenti europei -, per cui in termini di utilizzo delle risorse vorrei conoscere la previsione del livello di competenza del Piano.
In tutti gli ambiti della pesca e dell'agricoltura ci viene chiesto di prevedere modalità di intervento che siano semplici, snelle, comprensibili, senza il carico della cosiddetta «euroburocrazia» di Bruxelles. Poiché lei rappresenta il Parlamento europeo e ha questo importante ruolo di codecisione, desideriamo evidenziarle l'esigenza che a partire da questa riforma ci sia la possibilità di avere un'Europa più amica dei cittadini e degli operatori economici europei. Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Callegari, che è anche relatore dell'iniziativa che stiamo promuovendo.

CORRADO CALLEGARI. Grazie, presidente. Ringrazio anche il Presidente della Commissione Pesca del Parlamento europeo aver accolto il nostro invito a questa audizione e per la precisione per aver fatto nell'esposizione alcune puntualizzazioni sicuramente condivisibili, forse anche perché apparteniamo allo stesso bacino mediterraneo.
Poiché sono emersi molti problemi, come dimostrano i numerosi emendamenti da lei richiamati nella relazione che ci ha illustrato, vorrei chiederle se non ritenga che il processo decisionale che è stato alla base della Politica comune della pesca sia stato eccessivamente centralizzato, considerate le peculiarità dei bacini marini che caratterizzano il territorio dell'Unione.
Se è vero infatti che i molti stock ittici in comune richiedono un approccio a livello comunitario, indispensabile per una corretta gestione e preservazione, è altrettanto vero che Bruxelles non è il luogo adatto a stabilire la larghezza delle maglie delle reti e altri elementi di dettaglio, che mal si prestano a una generalizzata applicazione alle diverse realtà dell'Unione europea.
Molte disposizioni stabilite nei regolamenti che via via hanno disciplinato la pesca comune si sono rilevate inadeguate alla realtà dei mari del sud Europa, essendo stati concepiti soprattutto per la pesca nel Mare del Nord. Il Mediterraneo ad esempio mostra profonde diversità strutturali, socioeconomiche e culturali che implicano un approccio peculiare.
Riteniamo, quindi, che a livello comunitario si debbano stabilire obiettivi precisi e vincolanti, ma si debba lasciare agli Stati membri l'individuazione di soluzioni più appropriate per ciascuna delle attività di pesca interessate. Se, infatti, consideriamo ad esempio il problema del divieto di rigetti, il principio che obbliga a sbarcare tutto il pescato è un enorme incentivo per aumentare la selettività ed evitare a priori catture accessorie (qui siamo tutti d'accordo). Tuttavia, la sua applicazione al Mar Mediterraneo, per le peculiarità delle condizioni climatiche e ittiche e soprattutto per la pratica di una pesca mista, è però molto difficile, come è evidente a tutti.
I bacini del Mediterraneo sono caratterizzati da una molteplicità di specie ittiche e quindi da una fauna complessa, grazie ai bassi fondali e alle elevate temperature, diversamente che nei mari del nord, caratterizzati invece da acque profonde, grandi spazi, dove le specie bersaglio sono più facilmente identificabili. Oltre alla difficoltà della pratica di una pesca mista, si aggiungono altre criticità, quali l'ambizioso e irrealistico calendario stabilito dalla Commissione, che propone di eliminare la pratica dei rigetti entro il 2016, la scarsità delle misure di accompagnamento stabilite dalla Commissione.
Ci chiediamo, ad esempio per i meccanismi di controllo e sanzione, come si possa controllare che un peschereccio non


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rigetti a mare il pescato non autorizzato prima di rientrare nel porto. A ciò si aggiungono i problemi di tipo commerciale, come si compensino metodi di pesca più selettivi e rispettosi dell'ambiente. Vorrei sapere, quindi, cosa intenda fare la Commissione per ovviare all'impatto socioeconomico connesso allo sbarco delle catture e per evitare che il problema si sposti dal mare a terra, perché ci sono problemi di stivaggio nei pescherecci, predisposizione di infrastrutture per la raccolta e il trattamento delle catture accessorie.
Vorrei sapere, inoltre, quali garanzie di igiene possiamo dare riguardo alla trasformazione in farina di pesce e in alimenti per animali degli stock sbarcati. Mi chiedo, anche, se sarebbe utile introdurre progetti sperimentali che verifichino l'utilità dei divieti di rigetto.
Provengo dall'area dell'alto Adriatico, e dagli studi effettuati da un distretto costituitosi in quell'area geografica risulta marcatamente evidente che in quell'area il divieto di rigetto è assolutamente inutile. Tale conclusione è stata condivisa anche da uno dei membri che hanno elaborato il pacchetto comune della pesca, durante un colloquio avuto personalmente.
Per quanto riguarda le concessioni di pesca trasferibili, anche qui sappiamo che nella realtà mediterranea possono generare problemi. La maggior preoccupazione riguarda la creazione di monopoli o, nel caso peggiore, di uno scenario in cui il settore potrebbe essere oggetto di speculazione da parte di soggetti stranieri, estranei al settore ittico. Sarebbe forse opportuno valutare l'applicazione delle quote, considerando la realtà specifica della nostra pesca. Fissati alcuni obiettivi comuni, si potrebbe lasciare maggiore spazio agli Stati membri per gestire il raggiungimento di questi obiettivi.
Un altro argomento importante cui lei ha accennato riguarda le cooperazioni internazionali, laddove negli stessi mari si affacciano non solo Stati membri dell'Unione europea, ma anche Paesi terzi. Nel Mediterraneo ci sono un ben 14 Stati che non fanno parte dell'Unione europea.
L'Adriatico settentrionale ha vissuto il problema della Croazia, che ora fa parte dell'Unione europea e che, tuttavia, fino al 2014 non sarà obbligata ad attuare il fermo pesca attuato dall'Italia. Questo ha creato non pochi problemi economici alla nostra realtà, ma immagino che anche altri Paesi come il Marocco che si affacciano nel Mediterraneo creino lo stesso problema nei confronti di altri Stati.
Vorrei infine soffermarmi sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), che sostituirà il FEP. Poiché fa parte dei fondi del quadro strategico comune, vorrei sapere se a questo fondo si applicherà la condizionalità macroeconomica, e conoscere la sua opinione al riguardo come anche sulla rigidità del sistema delle prescrizioni. Vorrei sapere, infine, se l'accorpamento in un unico strumento della gestione degli affari marittimi e della pesca non vada a svantaggio della filiera della pesca. Grazie.

PRESIDENTE. Do quindi la parola al Presidente Mato Adrover per la replica.

GABRIEL MATO ADROVER, Presidente della Commissione Pesca del Parlamento europeo. Grazie, presidente. Ringrazio per gli interventi gli onorevoli membri della Commissione, con i quali ci troviamo in piena sintonia, condividiamo le stesse inquietudini, quindi siamo ben disposti a fornire soluzioni che risolvano i problemi comuni.
Ritengo che la riforma della politica comune della pesca oggi sia un'opportunità: non deve essere una piccola riforma tanto per cavarcela, ma bisogna analizzare i problemi e individuare le soluzioni da fornire. Il quadro dei problemi deve essere ben definito. Negli interventi emerge l'esigenza di sostenere il settore della pesca, di un appoggio politico, come diceva l'onorevole Agostini. Sono d'accordo, ma bisogna discutere come si lavora in mare e garantire - cosa sostenuta da tutti e da me condivisa - un trattamento differenziato.
Prima è stato fatto il paragone con le quote latte in agricoltura e anch'io faccio parte della Commissione agricoltura, sono


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stato assessore all'agricoltura della comunità delle Canarie, e nel Parlamento europeo abbiamo sempre respinto la parità di trattamento per Paesi e Regioni tanto diversi. La politica agricola non può essere fatta guardando al nord senza guardare al sud, perché problemi e soluzioni sono completamente diversi, e l'importante elemento comune è la regionalizzazione.
L'onorevole Delfino ha parlato dell'eccessiva frammentazione delle competenze (e la Spagna è un Paese decentrato, con comunità autonome), ma è importante un coordinamento. È evidente che le situazioni sono completamente diverse tra l'Adriatico e il resto del Mediterraneo, quindi non ci può essere una legislazione unica, applicabile per tutti, come abbiamo visto per i diritti trasferibili.
La nostra posizione è che non si possa avere una definizione onnicomprensiva dei diritti trasferibili. Nessuna situazione è uguale alle altre, e chiaramente le imbarcazioni piccole, artigianali devono avere un trattamento diverso, ma si rileva anche una variazione da zona a zona, per cui le organizzazioni regionali devono svolgere un ruolo fondamentale nella regionalizzazione.
Attraverso un trattamento differenziato - su una base comune, logicamente - non vogliamo perdere quello che abbiamo: vogliamo anzi non solo mantenerlo, ma potenziarlo, e qui c'è molto da fare. Non si può fissare una data fissa per proibire i rigetti, e tra l'altro la data del 2015 non è sostenibile. Tutti abbiamo quindi parlato di periodo transitorio e avete convenuto con me sull'esigenza di agire con calma nell'avviare percorsi che possono dare risultati positivi, ma possono anche trasformarsi in qualcosa di negativo, se imposti affrettatamente.
Come hanno rilevato gli onorevoli Agostini e Callegari, l'investimento nella ricerca è fondamentale sotto tutti i profili, per i diritti trasferibili e per i rigetti. A molti non piace il fondo europeo così come è stato definito: l'onorevole Callegari lo considera non soddisfacente, e la condizionalità macroeconomica non funziona. C'è molto da fare e dobbiamo capire in che termini riusciremo a dare soluzioni concrete.
L'onorevole Di Giuseppe ha parlato dell'approvvigionamento che deve essere sano e sicuro e della necessità di considerare l'occupazione. La crisi colpisce tutti e, come ho spesso ribadito, proprio in un momento di crisi bisogna guardare di più all'agricoltura e alla pesca, perché si apre sempre il frigorifero al mattino, a mezzogiorno e alla sera e la dimensione alimentare è fondamentale. Quanto maggiore è la crisi, tanto più ci si deve occupare di agricoltura e di pesca.
Quanto alla sostenibilità, tutti ci riempiamo la bocca di questa parola, ma la vera sostenibilità è quella che rende compatibile la sostenibilità ambientale con i posti di lavoro, con la possibilità di pescare, con il funzionamento delle industrie e con la generazione di ricchezza primaria, ma anche per i pescatori, per un settore che ha bisogno di aiuto.
L'onorevole Delfino ha accennato a quattro punti. Il regime transitorio per i diritti trasferibili senz'altro, siamo sulla stessa linea e va tenuto conto della realtà dei pescatori, quindi occorre un trattamento particolare. Risorse per la ricerca: assolutamente d'accordo, così come per competenze e regionalizzazione, anche se non al prezzo di una frammentazione che porti a distorsioni.
Un altro elemento comune è che siamo pieni di burocrazia, e spesso ho detto che mi piacerebbe fare una legge unica che abrogasse tutte le precedenti, proibisse la burocrazia e rendesse le cose più semplici per i pescatori, per gli agricoltori, per i cittadini che vogliono aprire un'attività. Ritengo che siamo troppo burocratizzati e questo ostacola lo sviluppo delle nostre popolazioni.
È vero che i diritti trasferibili comportano il rischio di monopolio - come ha detto l'onorevole Callegari - e di speculazione, quindi dobbiamo avere le idee chiare e introdurre tutele nella riforma. La cooperazione internazionale è fondamentale,


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il Mediterraneo ha caratteristiche diverse da quelle di molti altri mari e quindi esige un trattamento diverso.
Torno a ringraziare la Commissione e il Presidente per avermi dato questa occasione. Spero di aver dato qualche lume a voi che dovete adottare decisioni e sarò lieto di ricevere i vostri suggerimenti per il Regolamento di base. Questo è il periodo per la presentazione degli emendamenti, che è ancora in corso, la strada è ancora lunga e il vantaggio è che insieme siamo in tempo per costruire una riforma assai migliore, che non dovrà essere generale o generica, ma dovrà contemplare le specificità di tutti e ciascuno, ed essere utile al settore.
Se facciamo questo sforzo, otterremo il risultato, anche se chiaramente il compito è tutt'altro che facile! Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, presidente. Dopo il confronto di oggi siamo più illuminati, abbiamo qualche certezza in più e maggior fiducia nel lavoro che state facendo. La sostenibilità ambientale e sociale diventa il riferimento certo per ogni politica.
Abbiamo apprezzato quanto ci ha detto e auspichiamo che il suo lavoro con il lavoro di quanti stanno operando in questa direzione e della Commissione che mi onoro di presiedere possano portare a un risultato positivo a vantaggio del sistema pesca dell'intera Europa.
Nel ringraziare il Presidente della Commissione Pesca del Parlamento europeo, Gabriel Mato Adrover, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,50.

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