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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(III-V-XIV Camera e 3a-5a-14a Senato)
6.
Mercoledì 7 marzo 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Pescante Mario, Presidente ... 3

Comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 1o e 2 marzo 2012:

Pescante Mario, Presidente ... 3 7 8 9 11 14 18 19
Barbi Mario (PD) ... 12
Cambursano Renato (Misto) ... 7
Ciccanti Amedeo (UdCpTP) ... 19
Formichella Nicola (PdL) ... 8
Galli Daniele (FLpTP) ... 12
Gottardo Isidoro (PdL) ... 12
Gozi Sandro (PD) ... 9
Maggioni Marco (LNP) ... 13
Moavero Milanesi Enzo, Ministro per gli affari europei ... 3 9 14
Razzi Antonio (PT) ... 13
Simonetti Roberto (LNP) ... 13
Tonini Giorgio (PD) ... 8
Vannucci Massimo (PD) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) - V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) - XIV (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) - 5a (BILANCIO) - 14a (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 7 marzo 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XIV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI MARIO PESCANTE

La seduta comincia alle 8,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 1o e 2 marzo 2012.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge n. 11 del 4 febbraio 2005, le comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 1o e 2 marzo 2012.
È presente, a tal fine, il Ministro per gli affari europei, Enzo Moavero Milanesi che in questi ultimi giorni - e non solo - è stato sottoposto ad un notevole pressing a livello internazionale; lo ringrazio per essere intervenuto.
Do un particolare benvenuto anche ai colleghi del Senato, al presidente Dini e alla presidente Boldi.
Gli argomenti che sottoponiamo oggi al Ministro sono diversi. Sarebbe interessante partire dalla lettera a firma congiunta del Premier britannico Cameron, del Presidente del Consiglio Monti, del Primo Ministro olandese e di altri leader europei.
Le Commissioni vorrebbero conoscere qualcosa di più sull'assenza delle firme dei rappresentanti di Francia e Germania a questo documento, fatto che abbiamo interpretato come l'inizio di un nuovo ruolo, da protagonista, svolto dal nostro Paese. Vorremmo sapere se ci sono conseguenze e divisioni derivanti da questa presa di posizione o se, come spesso succede in Europa, le diversificazioni hanno un punto d'arrivo comune.
La stessa considerazione riteniamo di poterla fare per il recente Consiglio europeo, dove sono mancate le firme della Gran Bretagna e della Repubblica Ceca. Vorremmo sapere come si procederà, ma soprattutto quale sarà il follow-up di questa decisione. Nel mezzo c'è il Consiglio affari generali in cui il Ministro ha svolto un ruolo di primo attore e che ha toccato temi di grande interesse per le Commissioni Politiche dell'Unione europea, che stanno lavorando sia alla modifica della legge n. 11 del 2005 sia a un approccio alla nuova legge comunitaria che tenga conto di queste indicazioni.
Se il presidente Dini e la presidente Boldi non desiderano aggiungere altro, do la parola al Ministro Moavero Milanesi.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Presidenti, onorevoli senatori e deputati, vi ringrazio per questa ulteriore occasione di riferire sugli ultimi avvenimenti in sede di Unione europea e per avere uno scambio di opinioni su questi avvenimenti e, più in generale, sulla situazione attuale.
Inizierei da un elemento di aggiornamento cartolare. Come sapete, la settimana scorsa si è svolto il Consiglio europeo cosiddetto di primavera, che è stato


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però il terzo di una sequenza molto ravvicinata di incontri dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione: a dicembre scorso, a fine gennaio e a inizio di marzo. È stata una sequenza importante di incontri. A seguito del Consiglio europeo di gennaio - che ha concluso una certa parabola di decisioni con riguardo agli strumenti per affrontare la crisi economica e finanziaria nel suo impatto sull'Unione - questo Consiglio di primavera ha rappresentato, sotto il profilo delle materie considerate e delle conclusioni politiche, quella che io - senza volerle attribuire un'enfasi particolare - definirei una svolta.
Questo è stato, infatti, il primo Consiglio dopo due anni abbondanti in cui i Capi di Stato e di Governo non hanno parlato unicamente della crisi e dei rimedi immediati per contenerne gli effetti negativi, ma hanno potuto proiettarsi nel futuro dell'Unione, del suo funzionamento e delle sue scelte politiche, non a caso individuate nell'obiettivo della crescita, obiettivo che, come Italia, in questo arco di tempo di discussioni, abbiamo tenuto costantemente a precisare che deve essere sempre coniugato con l'obiettivo dell'occupazione, in una visione di crescita al servizio della creazione di posti di lavoro.
L'agenda del Consiglio europeo del 1o e 2 marzo, che ho avuto occasione di esporre recentemente alle Commissioni riunite competenti del Senato, era sostanzialmente composta dai punti seguenti: la discussione di politica economica, in particolare intorno all'obiettivo crescita; la preparazione quantomeno per linee generali dei prossimi vertici del G8, del G20 e della Conferenza di Rio; una serie di punti di politica estera che spaziavano dal riconoscimento alla Serbia dello status di Paese candidato a questioni relative all'applicazione del Trattato di Schengen a Romania e Bulgaria, a questioni relative alla Siria, alla Somalia nonché, nello specifico di quei giorni, alla Bielorussia. Il Consiglio europeo è stato preparato come sempre dal Consiglio affari generali che si è svolto il 28 febbraio scorso.
L'avvenimento del Consiglio era anche rappresentato dalla firma del Trattato cosiddetto fiscal compact, relativo al rigore dei bilanci, al coordinamento della disciplina di bilancio fra i vari Stati. Questo trattato è stato firmato, come sapete, da venticinque Paesi dell'Unione, con l'esclusione del Regno Unito e della Repubblica Ceca. Tuttavia, tutti e ventisette i Paesi hanno ampiamente partecipato in modo molto costruttivo alla discussione sugli obiettivi e sulle azioni di crescita.
Con riguardo al Trattato del fiscal compact, proprio nelle ore del Consiglio europeo, c'è stata la comunicazione da parte del Governo irlandese che, facendo seguito a un parere espresso dall'Attorney general di Irlanda, per motivi di conformità costituzionale, in Irlanda si procederà a un referendum per la ratifica di questo trattato sulla disciplina di bilancio.
Naturalmente, in tutti gli altri Paesi si procederà secondo le procedure ordinarie e, quindi, il nostro Parlamento sarà chiamato a ratificare questo trattato, che formalmente si configura come un accordo internazionale, ma che si è fatta molta attenzione a mantenere nei binari della piena legittimità istituzionale e ordinamentale dell'Unione europea, anche con una clausola di revisione, a tre anni data, che dovrebbe permettere di ricondurlo pienamente nell'alveo del trattato principale.
Al Consiglio europeo, come già sapete, non è stata discussa la dotazione degli strumenti di stabilizzazione finanziaria, i cosiddetti firewall, perché alcuni Paesi, e in particolare la stessa Germania, hanno chiesto, tenuto conto anche della congiuntura che nel frattempo è sensibilmente migliorata rispetto ai mesi scorsi, una pausa di riflessione legata anche alle loro riflessioni concernenti le scelte di politica interna in materia. Come ha avuto occasione di precisare il nostro Presidente del Consiglio dopo il Consiglio europeo, questo non è da interpretare come un dato negativo. Al contrario, come avviene frequentissimamente nella vita delle istituzioni dell'Unione europea, si tratta di uno di quei momenti in cui si riflette prima di procedere.


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L'impegno politico è arrivare tra il mese di marzo e i primissimi giorni di aprile a una decisione in materia. Il luogo istituzionale potrebbe essere sia una riunione ordinaria dell'Eurogruppo - a livello di Ministri dell'economia - sia una riunione straordinaria dei Capi di Stato e di Governo a livello di area dell'euro, il cosiddetto Eurosummit.
Per quanto riguarda la parte decisionale e la discussione politica principale, che si è imperniata intorno alla crescita, penso che sia effettivamente importante, come diceva già il presidente Pescante, riferirsi alla lettera dei dodici Capi di Governo che ha preceduto il Consiglio europeo. L'iniziativa si è concretizzata tra il vertice straordinario di gennaio e il Consiglio europeo di marzo e aveva come obiettivo quello di stimolare una discussione che non fosse incentrata unicamente su elementi di disciplina e di rigore di bilancio, ma che cominciasse a presentare ai mercati, ma soprattutto ai cittadini e alle varie istanze istituzionali dei Paesi membri dell'Unione, una prospettiva positiva e di speranza che guardasse non solo al rigore e al rimedio dei problemi immediati, ma soprattutto alla crescita e, come dicevo prima, a una crescita che creasse occupazione.
La base erano le dichiarazioni conclusive del vertice straordinario di gennaio, in cui già si metteva l'accento sull'occupazione, in particolare giovanile, sul fattore catalizzatore di crescita, rappresentato dal buon funzionamento del mercato interno e sulle piccole e medie imprese come elemento dinamico della realtà europea, tutti e tre elementi che avevamo già avuto modo insieme di apprezzare come molto vicini alle linee politiche e alla realtà economica del nostro Paese.
L'iniziativa della «lettera dei dodici» aveva come obiettivo quello di declinare - in una iniziativa congiunta di Stati che ritengono i tempi maturi per procedere su questa strada - una serie di elementi legati al buon funzionamento del mercato interno, in particolare nel settore dei servizi, e alla sua digitalizzazione, al mercato dell'energia, al funzionamento di un mercato del lavoro europeo efficace, a elementi riguardanti le istituzioni finanziarie e la dimensione esterna del mercato.
Questo gruppo di dodici Paesi si è formato in maniera spontanea. Noi abbiamo avuto la percezione che ci fosse una convergenza di interessi e il desiderio di esprimersi da parte di Paesi come il Regno Unito - che, non aderendo al trattato sulla disciplina di bilancio, era peraltro molto interessato a mantenere nella dimensione ordinaria dell'Unione a ventisette tutte le altre politiche, a cominciare dal buon funzionamento del mercato interno, politiche che fanno parte dell'attività dell'Unione e quindi a non vederle trattate in un accordo internazionale ad adesione ridotta - di Paesi come l'Olanda, la cui economia ha sofferto come le altre per la crisi e peraltro dà segni di ripresa importanti, e di vari altri, con una distribuzione geografica, come avete visto dalle firme, estremamente interessante. Esiste la dimensione mediterranea con noi e con la Spagna; esiste la dimensione centro-europea con la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Polonia; la dimensione dell'est con la Polonia stessa; la dimensione nordica con Finlandia, Svezia e Paesi baltici; la dimensione insulare con Regno Unito e Irlanda.
Riteniamo che questo gruppo di dodici Paesi firmatari della lettera sia un gruppo molto rappresentativo. In sede di discussione di Consiglio europeo si sono espressi esplicitamente come sostenitori dell'iniziativa dei dodici e, quindi, come sostanziali aderenti, altri sei Paesi: Malta, Cipro, Romania, Bulgaria, Lituania e Slovenia. In totale contiamo diciotto Stati che si riconoscono in quella che - siamo onesti - altro non è che un'estrapolazione per priorità di azioni già previste nelle iniziative della Commissione e in altre discussioni del Consiglio. Per sottolinearne l'importanza si è voluta metterla per iscritto, dandole anche un ordine di precedenza rispetto ad altre azioni.
Avevo già avuto modo di dire, ma è importante ripeterlo anche in questa sede più solenne, che non è mai stata intesa


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come un'iniziativa alternativa e - ancor meno - come un'iniziativa competitiva con quella tradizionale abitudine di Francia e Germania di presentare, prima dei Consigli europei e prima degli incontri dei Capi di Stato e di Governo, le loro idee in una lettera congiunta. Si situa in complementarietà, tant'è vero che vi è stata, anche questa volta come le altre, una lettera congiunta franco-tedesca che ha sottolineato alcune azioni e iniziative che ritroviamo anche nella lettera cosiddetta dei dodici, e altre che sono, secondo loro, di priorità maggiore.
L'importante nella dinamica politica di un sistema come l'Unione europea, a mio parere, è che la maggior parte degli Stati manifesti attivismo e volontà di contribuire alla riflessione comune e che lo faccia in modo coerente con le linee d'azione poste sul tavolo, in maniera tale da consolidare queste azioni medesime e poter procedere verso la loro concretizzazione. È per questo motivo che siamo stati particolarmente contenti di trovare nelle conclusioni, che sono l'atto formale con cui il Consiglio europeo detta le linee guida per l'azione dell'Unione secondo il Trattato di Lisbona - trattato che ha consolidato la figura guida del Consiglio europeo nel sistema dell'Unione - l'esplicito riflesso di numerosi punti sollevati dalla lettera che abbiamo firmato con questi altri Paesi e di trovarli nella piena adesione.
Poiché il Consiglio europeo opera in maniera consensuale, il solo fatto che noi ritroviamo numerose - per non dire quasi tutte - delle azioni sollevate e segnalate nella «lettera dei dodici» significa che anche Paesi come Francia e Germania e i rimanenti sette Stati sul totale di ventisette sostengono questo tipo di iniziative, che ora, essendo concretamente incardinate nelle conclusioni del Consiglio europeo, fanno parte del calendario di azioni dell'Unione per i prossimi mesi.
Vorrei fare alcuni esempi, senza essere necessariamente esaustivo. Troviamo al punto numero 15 delle conclusioni l'idea del completamento del mercato unico e del miglioramento della sua attuazione ed esecuzione, il cosiddetto enforcement, che è il termine inglese più correntemente usato. Troviamo al punto numero 19 l'idea di completare entro il 2014 un vero mercato interno dell'energia, in maniera da permettere all'Europa, grande consumatore di energia, di porsi come contraente rispetto agli oligopoli dei grandi fornitori, con un potere contrattuale compatto e di estrema rilevanza. Il rapporto della Commissione sul grado di liberalizzazione del settore dell'energia nei diversi Stati membri è un elemento molto importante. Noi, come Italia, siamo fortemente liberalizzati, ma non abbiamo l'impressione che tutti gli Stati lo siano in maniera analoga.
Sempre al punto numero 15 delle conclusioni del Consiglio europeo troviamo la conferma dell'obiettivo di arrivare a un mercato unico digitalizzato entro il 2015 e ritroviamo l'idea di ridurre al minimo gli oneri amministrativi e regolamentari che gravano soprattutto sulle piccole, medie e microimprese. Si parla inoltre di area europea della ricerca da completare entro il 2014 (al punto numero 18), ivi inclusa l'idea di sviluppare lo strumento del venture capital per coagulare capitali d'investimento nell'area della ricerca e dello sviluppo tecnologico.
Troviamo elementi relativi alla riforma della regolamentazione del settore finanziario (punto numero 22) e il richiamo alla necessità di garantire un flusso di credito all'economia reale. Questo vuol dire che le banche che, come ben sappiamo, fruiscono di credito a tassi agevolati dalla Banca centrale europea devono poi riversarlo pienamente nell'economia reale (punto numero 23). Era questo un punto che più volte voi stessi avete segnalato al Governo come prioritario ed era anche contenuto nelle risoluzioni parlamentari precedenti al vertice dello scorso gennaio.
Troviamo molti punti che si riferiscono all'occupazione, con particolare attenzione ai giovani, alle donne, ai lavoratori anziani. Non è un'attenzione di maniera, è un'attenzione concreta. Ci sono studi che dimostrano che, per esempio, l'aumento


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delle opportunità di lavoro per le donne e dell'occupazione femminile può portare a tassi di crescita ben più rilevanti in alcuni Paesi dell'Unione europea, tra cui il nostro. La sfida del lavoro per i giovani e per i lavoratori anziani credo che sia tra le priorità politiche di questa fase - speriamo - finale della crisi.
Al punto numero 11 troviamo il riconoscimento delle qualifiche professionali, un punto su cui noi insistiamo molto, perché è alla base della creazione di un vero mercato europeo di opportunità di lavoro con la riduzione del numero delle professioni regolamentate e l'eliminazione di ogni tipo di barriera regolamentare non giustificata. Al punto numero 29 abbiamo invece un riferimento specifico alla dimensione esterna del mercato e ai rapporti con l'area del Mediterraneo, che viene identificata dall'Unione europea come un'area di riferimento prioritaria.
La ripresa, nelle conclusioni del Consiglio europeo, conferisce concretezza operativa di indirizzo - a livello di Unione - a tutti i punti che ho adesso richiamato e ad altri. Si tratta di un'effettiva agenda di azione per i prossimi mesi e per gli anni immediatamente a venire. Mi permetterei di definirla un'Europa del concreto e un'Unione europea possibile nel suo sviluppo, nel superamento della crisi e nel rilancio. Questa Europa del possibile è molto importante perché tutti coloro che credono nella prospettiva europea e nell'avvenire dell'Europa come un avvenire fondamentale per il nostro Paese vivono sovente la delusione di un'Europa che non riesce a rendersi politicamente più coesa.
Oggi questo tipo di iniziative, assunte concretamente e messe nero su bianco dal Consiglio europeo, sono un passo in quella direzione. Naturalmente è un passo insufficiente per chi desidererebbe per domani un'Europa a prospettiva federale, più democraticamente strutturata in istituzioni comuni che godano di poteri maggiori. Tuttavia, nell'Europa del possibile e dell'oggi e, aggiungerei, nell'Europa della pazienza - come richiede la costruzione, unica nella storia, di un'aggregazione pacifica di Paesi che volontariamente hanno trasferito la propria sovranità - ciò che è uscito dal Consiglio di primavera rappresenta un passo avanti e un passo reale.
Concludo velocemente dicendovi che il Consiglio europeo ha riconosciuto lo status di Paese candidato alla Serbia. È stata superata una difficoltà, manifestata a cavallo tra il Consiglio affari generali e il Consiglio europeo in particolare da parte della Romania per la tutela di alcune minoranze serbe di lingua rumena, e il processo di adesione della Serbia comincerà. Non è stato invece trovato l'accordo, e quindi ci sarà un rinvio a un successivo esame a livello di Consiglio giustizia e affari interni, per la piena adesione di Romania e Bulgaria all'area Schengen. Ne rimangono quindi attualmente fuori, ma la Commissione ha spiegato che il processo di conformità di questi due Paesi è stato sostanzialmente compiuto.
Il Consiglio europeo ha espresso ferme parole di condanna per la situazione in Siria e per la situazione dai risvolti diplomatici creatasi in Bielorussia. Infine, elemento non minore, bensì importante per la vita dell'Unione europea, è stato confermato per un altro mandato di due anni e mezzo il Presidente del Consiglio europeo nella persona di Herman Van Rompuy.
Vi ringrazio e resto a disposizione per le vostre domande.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Moavero Milanesi e do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, suggerendo un intervento di un parlamentare per gruppo, con l'eventualità dello svolgimento di ulteriori interventi da parte di altri colleghi.

RENATO CAMBURSANO. Mi permetto di intervenire subito, come membro del Gruppo misto, con alcune domande telegrafiche, così da restare nei tempi.
Confesso di aver avuto soltanto ora copia della lettera citata e mi interessava avere qualche precisazione in più, signor


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Ministro, riguardo alle priorità. Lei ha parlato di un ordine di importanza nella stesura delle priorità indicate dalla «lettera dei dodici». Vorrei sapere se, confrontata con il prodotto finale del Consiglio europeo, esistono discrepanze di una qualche rilevanza.
La seconda domanda mi pare quasi spontanea. Tra i Paesi firmatari della «lettera dei dodici» c'è anche il Regno Unito. Noi abbiamo discusso a lungo di regolamentazione dei mercati finanziari e conosciamo le resistenze forti, per non dire l'opposizione netta di questo Paese. È possibile costruire un'Europa che vada in una direzione condivisa insieme a un Paese così significativo come il Regno Unito, che invece, rispetto a questo tema, pone ostacoli non indifferenti? La questione è menzionata dalla «lettera dei dodici»?
È significativa l'attenzione posta sulla lotta all'evasione fiscale. Considerato che finalmente il Governo ne ha fatto una priorità assoluta nel nostro Paese, come è stata risolta o come si orienta a risolvere l'Unione europea la questione dei rapporti con la Svizzera? Sappiamo che altri importanti Paesi, come la Germania e il già citato Regno Unito, si sono mossi in autonomia, con tassazioni piuttosto rilevanti.
Da ultimo, viste le questioni importanti e delicate di infrastrutturazione del nostro Paese, soprattutto nella realtà dalla quale provengo, il Piemonte, ci si chiede come finanziare le opere e se qualche passo avanti, non tanto sugli eurobond, quanto sui project bond, sia stato fatto.

NICOLA FORMICHELLA. Grazie, signor Ministro, per la sua relazione. Sarò molto breve e le porrò una domanda abbastanza diretta.
Nel leggere le cinque priorità d'azione dell'Unione europea per il 2012, mi viene in mente la classifica che è stata stilata dal Wall Street Journal qualche giorno fa, sulla libertà economica nei vari Paesi, classifica che ci pone al novantaduesimo posto, davanti soltanto alla Grecia, mentre ci sono ben cinque Paesi dell'Europa nei primi quindici posti. Io credo che una delle priorità sia quella di raccordare il discorso sulle libertà economiche all'interno dei Paesi europei, perché questo è sicuramente un ostacolo alla crescita.
Le chiedo se, secondo lei, all'interno del Consiglio europeo siano in atto azioni che vanno in questa direzione.

PRESIDENTE. Desidero salutare il presidente della V Commissione bilancio della Camera, Giancarlo Giorgetti e il vicepresidente della III Commissione della Camera, Franco Narducci che ci hanno raggiunto.

GIORGIO TONINI. Signor Ministro, mi pare che l'andamento del Consiglio europeo confermi la saggezza e l'intelligenza della strategia del Governo italiano, che ha accettato una disciplina molto severa e ferma sul piano fiscale, senza chiedere sconti, ma semmai evitando aggravi indebiti rispetto agli impegni già presi con il cosiddetto Six Pack, e nello stesso tempo ha aperto un capitolo nuovo, quello della crescita, puntando innanzitutto sulle risorse che possono derivare dalla valorizzazione del mercato interno.
A questo proposito, mi pare che sorgano due questioni, sulle quali vorrei una parola in più da parte del Ministro. Credo che saggiamente in questa fase sia stato messo a lato il tema di una spinta alla crescita attraverso investimenti pubblici, da finanziarsi anche con il cosiddetto debito buono, debito virtuoso dell'Unione. Mi riferisco, quindi, all'annosa questione degli eurobond. Mi piacerebbe capire se il Ministro Moavero Milanesi prevede che possa esserci una fase nella quale questo tema, accanto e inscindibilmente a quello del mercato unico, verrà ripreso.
La seconda questione riguarda invece le procedure di ratifica del Trattato sul fiscal compact. Abbiamo sentito della decisione irlandese di andare al referendum e sappiamo, peraltro, che il fiscal compact diventerà operativo con la ratifica di dodici Paesi. Vorrei sapere qual è la proposta del Governo rispetto all'iter parlamentare di


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ratifica in Italia e con quali tempi, secondo il Ministro, il Parlamento discuterà la ratifica del fiscal compact.

SANDRO GOZI. Ministro, lei faceva riferimento all'Europa possibile e della pazienza e noi ci rendiamo conto che di pazienza ne occorre molta. Tommaso Padoa Schioppa parlava di «pazienza attiva» e il Governo sta facendo prova di pazienza attiva: noi vorremmo sia più pazienza sia più attività.
Da un lato, vorrei capire quanto ritiene che la Commissione europea si senta impegnata sui punti concordati a livello di Consiglio europeo e quanto velocemente darà seguito a buona parte delle conclusioni. Il raggiungimento di questi obiettivi, infatti, dipende in gran parte da un ruolo molto più attivo della Commissione europea. Mi chiedo anche se non sia immaginabile un processo non dico vincolante, ma più stringente, per verificare e incentivare il raggiungimento degli obiettivi rispetto al processo macroeconomico.
Inoltre, le chiedo se avete valutato in via informale la possibilità di ricorrere a cooperazioni rafforzate, qualora a ventisette o a ventotto Stati alcuni obiettivi non fossero raggiungibili, così da cominciare a sfruttare pienamente il potenziale del Trattato di Lisbona. Vorrei anche sapere se dopo questo Consiglio europeo possiamo aspettarci un lieve cambiamento nel negoziato sul bilancio e un maggiore collegamento tra alcuni capitoli del nuovo bilancio pluriennale e il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Penso, ad esempio, al dibattito sulla politica di coesione, che potrebbe essere più o meno agganciata a quegli obiettivi per attribuire risorse.
L'ultima domanda riguarda il Programma nazionale di riforma (PNR) italiano. Lo scorso anno avevamo dato una valutazione negativa del Programma nazionale di riforma dell'Italia. Credo che questo Consiglio europeo sia l'occasione per il Governo italiano per elaborare un nuovo Programma nazionale di riforma più completo, più coordinato e più ambizioso.
Può già anticiparci come il Governo intenda procedere?

MASSIMO VANNUCCI. Il Ministro ha giustamente fatto riferimento ai legami fra la cosiddetta lettera dei dodici e i risultati del Consiglio europeo di Bruxelles. Siamo in un periodo in cui la domanda interna è molto debole e la fase economica è recessiva. L'Europa ha fatto e dovrà fare molti sforzi per aumentare la nostra capacità di presenza all'estero.
Il quinto punto della «lettera dei dodici» fa riferimento all'intensificazione degli accordi di libero scambio con Paesi come India e Canada e molto coraggiosamente afferma che «Dobbiamo dare un'ulteriore spinta politica all'approfondimento dell'integrazione economica con gli Stati Uniti, prendendo in esame tutte le opzioni, compresa quella di un accordo di libero scambio...». Inoltre, accenna all'ingresso della Russia nell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) e dà indicazioni sulla regolazione dei rapporti con la Cina e sull'interconnessione con l'Agenda di sviluppo di Doha.
Non ho sentito nella sua relazione e non vedo nella scheda che ci è stata preparata alcun riferimento alla possibilità di rafforzare l'Europa nel mondo. Le chiedo, quindi, quale sia l'ostacolo. Che cosa si è frapposto? Ognuno pensa di fare da solo e c'è competizione fra i Paesi dell'Europa o si pensa, anche su questo tema, di poter agire come Unione?

PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Moavero Milanesi per le risposte al primo gruppo di quesiti posti dai colleghi.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Riprendo i vari punti che sono stati sollevati.
Con riferimento alla «lettera dei dodici», nell'introduzione ho cercato di evidenziare tutta una serie di punti di concordanza tra gli intenti presentati in questa lettera e le conclusioni del Consiglio europeo. Come cofirmatari e promotori


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della «lettera dei dodici» siamo estremamente soddisfatti di quanto il Consiglio europeo, consensualmente, ha ripreso del contenuto della lettera stessa e quanto menzionavo prima come esempio credo ne dia l'idea.
Non penso che si possa dedurre dalla presenza del Regno Unito come firmatario della «lettera dei dodici» un potenziale avallo al relativo entusiasmo con cui questo Paese saluta le regolamentazioni dei settori finanziari. Ogni Paese firmatario ha identificato una piattaforma comune di intenti e di obiettivi condivisi e ha mantenuto i propri minori entusiasmi su altre aree.
L'elemento che dovrebbe confortarci tutti, con riguardo alla piena possibilità di adottare regole per il settore dei servizi finanziari - regole che peraltro l'Europa aveva già in buona misura messo in vigore e che l'hanno in parte preservata dagli impatti più devastanti della prima fase della crisi economica globale - è il fatto che si operi a maggioranza. Trattandosi di un'azione del mercato unico, viene decisa a maggioranza. Questo salvaguarda il diritto al dissenso di chi non è d'accordo, così come il diritto ad andare avanti della maggioranza che invece è favorevole, come sovente è avvenuto in passato.
D'altra parte, forse ricorderete che, nelle discussioni che hanno preceduto l'accordo politico sul fiscal compact e il Consiglio europeo di dicembre, tra le condizioni che venivano poste dal Regno Unito per aderire a questa azione di disciplina di bilancio comune c'era l'idea di una sorta di rallentamento della politica nel settore dei servizi finanziari, su cui non si è trovato alcun tipo di accordo a livello di Consiglio europeo.
Noi siamo fiduciosi che il rientro del Regno Unito attraverso questa lettera e attraverso la sua attivissima partecipazione all'ultimo Consiglio sia un segnale positivo della volontà di questo importante Stato di partecipare alla vita dell'Europa sia nella componente che lo ha sempre visto protagonista, il funzionamento del mercato, sia in altre componenti in cui è stato meno protagonista in passato, come, ad esempio, l'idea di un mercato del lavoro europeo con i diritti sociali che lo devono inevitabilmente accompagnare.
La lotta all'evasione e alla frode fiscale fa parte di alcuni passaggi delle conclusioni e come Governo ci riconosciamo pienamente in questo obiettivo europeo, che, come è stato sottolineato, è anche un obiettivo nazionale.
I project bond sono un elemento che rientra sostanzialmente nelle conclusioni e sono stati specificamente menzionati dal Presidente Barroso in numerosi interventi in Consiglio europeo e a latere del medesimo. Come strumento di finanziamento di opere infrastrutturali essi stanno entrando a far parte della realtà del sistema dell'Unione europea. Probabilmente sono, invece, da proiettarsi in un orizzonte temporale più differito gli eurobond. Come ho già avuto modo di dire, attualmente ci sono alcuni Paesi - la Germania lo ha dichiarato in modo esplicito - che non vedono gli eurobond come un elemento di immediata attuazione. Tuttavia, ribadisco che è importantissimo cercare l'elemento positivo di queste posizioni sulle vicende europee. Gli eurobond non sono mai completamente usciti dal quadro delle discussioni generali e, forse, quella pazienza a cui mi permettevo di fare riferimento ha una sua importanza anche in questo caso.
Per quanto riguarda le libertà economiche e il posizionamento del nostro Paese a questo riguardo, credo che nessuno di noi scopra oggi che siamo un Paese che ha numerose regole e regolamentazioni - qualcuno li chiamava lacci e lacciuoli - che accompagnano la nostra vita economica e la vita delle nostre imprese. L'obiettivo, che non viene solo dal nostro Governo, ma viene da più lontano, è quello di semplificare il quadro generale amministrativo. In particolare, il terzo pacchetto di misure adottato dal Governo, che si trova ora all'esame del Parlamento, riguarda proprio una serie di semplificazioni.
A livello europeo, l'idea della deregulation - per usare il termine inglese che fa


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parte del gergo dell'Unione europea - è una questione portata avanti da svariati anni. L'idea di una semplificazione globale dell'assetto normativo, di una sua riduzione e dell'eliminazione di regolamentazioni non solo nazionali ostative, ma anche comunitarie eventualmente non indispensabili, è un esercizio che viene portato avanti. È importante il fatto che nelle conclusioni di questo Consiglio europeo il punto sia ribadito e sottolineato soprattutto con riferimento alle piccole, medie e microimprese, cosa che, facendo esse parte della nostra realtà italiana, ci trova particolarmente favorevoli.
Tra l'altro, noi domandiamo una semplificazione anche dei bandi di gara per i fondi europei gestiti direttamente dalla Commissione, quali i fondi di ricerca. Nel prossimo quadro finanziario pluriennale si pensa a un potenziamento di questi fondi per la ricerca e l'innovazione, ma noi vorremmo che le nostre realtà, anche di piccola, media e microimpresa, possano partecipare con le loro eccellenze. Perché questo avvenga senza dover spendere un patrimonio in consulenze è importante che i bandi siano di facile comprensione e di immediata apertura alla partecipazione, pur salvaguardando gli elementi essenziali per procedere a serie selezioni.
Noi pensiamo che il mercato interno - e ringrazio il senatore Tonini che lo ha sottolineato - sia molto importante soprattutto come fattore di crescita senza costo di finanziamento diretto. A questo riguardo i project bond potranno essere un elemento di novità, come anche una migliore disciplina del venture capital, che permette di raccogliere capitali a rischio dai privati.
Le procedure di ratifica sono state spiegate. Dodici Stati saranno sufficienti per l'entrata in vigore dell'accordo. In Irlanda si terrà un referendum, mentre gli altri Paesi adotteranno le proprie procedure costituzionali. Per quanto riguarda la tempistica in Italia, il Governo è assolutamente aperto a stabilire insieme a voi e al Parlamento tempi e modi che possiamo ritenere, tutti insieme, i più opportuni. Il processo di ratifica si è aperto dopo la firma e siamo pronti a individuare un'agenda insieme a voi.
Per quanto riguarda l'impegno della Commissione, esso è vincolato da una sorta di scadenzario, per il quale nella «lettera dei dodici» avevamo insistito e che è stato elaborato in larga parte proprio dal Consiglio europeo. Quanto detto dal Presidente della Commissione stessa sia in Consiglio europeo sia successivamente conferma che la Commissione dovrebbe trovare in questo ulteriore stimolo un motivo per agire, agendo secondo la scansione di priorità che abbiamo contribuito a identificare.
Siamo aperti all'utilizzo delle cooperazioni rafforzate, ma abbiamo qualche perplessità nell'ambito delle politiche del mercato interno in senso stretto. Il mercato interno deve essere inclusivo, mentre la cooperazione rafforzata, per definizione, diventa divisiva. Peraltro, con il ricorso che abbiamo presentato alla Corte di giustizia contro la cooperazione rafforzata nell'ambito del brevetto europeo, chiediamo al giudice europeo di pronunciarsi sull'effettiva coerenza di questo strumento.
Per quanto riguarda, invece, il Programma nazionale di riforma, colgo l'occasione per chiarire qual è il nostro calendario. Come sapete, entro il 10 aprile dobbiamo presentare, e presenteremo al Parlamento, il Programma nazionale di riforma insieme al Documento di economia e finanza, collegati all'esercizio 2020. Di qui al 10 aprile, siamo disponibili, nei modi e nelle maniere che riterrete più opportuni, a un confronto, anche informale, sui documenti preparatori a cui stiamo attivamente lavorando in un gruppo di coordinamento che coinvolge tutte le amministrazioni interessate dello Stato e vede anche una certa partecipazione delle realtà regionali, gruppo che sta intensamente lavorando in questi stessi giorni.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Do ora la parola agli altri colleghi che intendano


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intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ISIDORO GOTTARDO. Io le rivolgerò domande molto brevi e non specifiche, signor Ministro. Mi pare che la «lettera dei dodici» sia una buona iniziativa. È stata una buona notizia. Può prefigurare una capacità di recupero dell'Italia sul piano dalla cooperazione rafforzata oppure non c'entra nulla con questa strategia di recupero?
In secondo luogo, vorrei sapere qualcosa di più sulla vicenda della Serbia, uno dei nodi fondamentali nel processo di adesione della Russia al WTO. La Serbia ha una specifica e particolare agevolazione nei commerci con la Russia ed è in questo momento uno dei Paesi di «transito» per coloro che guardano al mercato russo. Vi sono alcune contraddizioni perché, mentre la Russia entra nel WTO e la Serbia va verso l'Europa, le nostre imprese si muovono verso la Serbia con la speranza di poter superare la lista di blocco delle esportazioni in Russia. Mi pare che per l'economia italiana questo non sia un tema secondario.
Infine, c'è il problema legato alla crisi di credibilità dell'Europa. Lei dirà che la risposta sta nelle decisioni, ma vorrei sapere se nel dibattito di quest'ultimo Consiglio europeo è emerso il fatto che gli Stati membri potranno attuare una politica di mercato e applicare queste misure nella misura in cui l'Europa, agli occhi dei cittadini, recupererà credibilità.
Mi pare che questo dato non emerga nella strategia complessiva europea di comunicazione con i cittadini.

MARIO BARBI. Signor Ministro, lei ha parlato dell'Europa possibile e di quella desiderabile. Non è il termine esatto che ha usato lei, ma il concetto era questo. Il collega Gozi ha sottolineato come sia sempre più opportuno agire, partendo dal possibile, verso l'Europa desiderabile. A me pare che il solco tra il possibile e il desiderabile si stia ampliando e che ciò richiami la questione della legittimità democratica dell'Europa.
Il trasferimento di sovranità fiscale dai Parlamenti nazionali al livello europeo è ormai molto accentuato, come dimostrano il Six Pack e il fiscal compact. Questo trasferimento non avviene a vantaggio di organismi europei legittimati democraticamente al pari dei Parlamenti nazionali: la distanza è così grande che mi pare sia destinata a creare problemi crescenti. Il Governo italiano non avverte questo come uno dei problemi principali del prossimo futuro europeo?
A sostegno di questa domanda, io penso che il percorso di ratifica che si avvia nei diversi Paesi sarà molto meno semplice di quanto immaginino i promotori del fiscal compact. In Francia sono sorte questioni molto serie. Il Presidente in carica non è in grado di assicurare la ratifica per ragioni politiche: il Senato ha infatti una maggioranza diversa da quella dell'Assemblea nazionale, ci sono le elezioni presidenziali e il tema è oggetto di campagna elettorale.
La Germania dovrà ratificare questo accordo con la maggioranza dei due terzi del Bundestag. Probabilmente la Cancelliera tedesca otterrà questa maggioranza e per noi sarà un fatto positivo, perché dovrà chiamare l'opposizione a votare su questa questione e, forse, dovrà fare concessioni vantaggiose per noi in termini di visione meno dogmatica e meno dottrinaria della questione fiscale e della stabilità in rapporto ai temi della crescita.
Tutto questo, però, ci riporta alla questione per me centrale, cioè alla legittimità democratica delle istituzioni europee e dei poteri che sempre più vengono loro conferiti, sbilanciando le stesse rispetto ai Parlamenti nazionali, senza una legittimazione complessivamente accettata.

DANIELE GALLI. Al terzo punto di questa lettera si dà giustamente evidenza al mercato europeo dell'energia. Vista l'importanza di questo settore, determinante anche per il rilancio dell'economia italiana, è possibile fare seguire a questa liberalizzazione, che deve essere sempre più perseguita, un'attenta verifica della


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produzione di energia? Ovvero, nell'ambito della certificazione di produzione si può intervenire in sperequazione e questo è molto importante.

ROBERTO SIMONETTI. Anch'io vorrei proporre alcune brevi riflessioni, in seno alle quali sono contenute le mie domande.
Mi riallaccio al discorso dell'onorevole Barbi sulla legittimità democratica dell'Unione europea e alle iniziative che, come dice la lettera citata, i popoli europei devono realizzare. Altre realtà nazionali svolgono referendum per recepire le istanze che provengono dall'Unione europea e, tra l'altro, la lettera conclude chiedendo «fiducia nella capacità dell'Europa di offrire una crescita ...». Lo stesso fiscal compact, però, esula dal meccanismo istituzionale europeo costituito, perché è un accordo intergovernativo. Vi è una cessione continua di sovranità verso l'alto senza che, nonostante i passaggi parlamentari, si abbia conoscenza di quanta sovranità i cittadini ritengono opportuno trasferire all'Europa, soprattutto in materia di programmazione economica. Io considero necessaria la legittimazione democratica per la credibilità futura del sistema europeo, altrimenti non avremo un'Europa dei popoli, come si chiede nella lettera, ma una centralizzazione, una sorta di «Unione Sovietica europea».
Per quanto riguarda le banche, nella lettera si dice giustamente che non devono essere più mantenute iniziative tese a salvaguardare il sistema bancario con il rischio di distorcere il mercato e che devono essere erogati fondi alle imprese e ai cittadini. Tuttavia, nel caso dei fondi della BCE ci si sta muovendo nella direzione opposta e per la maggior parte dei casi il denaro prestato al tasso dell'1 per cento dalla BCE non si tramuta in impieghi da parte degli istituti creditizi.
Quanto al mercato aperto, è chiaro che siamo in un'epoca di globalizzazione, ma vorrei capire se c'è il desiderio di esportare i prodotti italiani ed europei o di importare i prodotti indiani e asiatici. Vista la crisi del settore manifatturiero europeo, questo si ripercuoterebbe negativamente sulle maestranze e sui posti di lavoro in Europa.
Noi consideriamo il fiscal compact positivo per il raggiungimento del pareggio di bilancio, il cui inserimento in Costituzione è stato da noi votato ieri in terza lettura alla Camera dei deputati. La Lega Nord è favorevole, ma vorrei capire se lo Stato italiano riuscirà a coprire sia i 45 miliardi di euro necessari per il rientro di un ventesimo, ogni anno, del differenziale rispetto al 60 per cento del rapporto tra debito pubblico e PIL - così da restare nei parametri e proseguire con la manovra di bilancio per il 2013 - sia i 45 miliardi di euro previsti dal fiscal compact.

MARCO MAGGIONI. Ho due domande per il Ministro. La prima riguarda una valutazione sul possibile scenario greco. È cronaca di questi giorni che la Grecia sia a un passo dal default. Di fatto, i titoli di Stato greci incontrano difficoltà a essere rimborsati e questa è la condizione tecnica per il default di uno Stato membro. Mi chiedo, a fronte di tutto ciò che abbiamo sentito e che è emerso nel corso del Consiglio europeo, se lo scenario greco non rischi di impattare negativamente, dal momento che a livello giornalistico si parla di una ripercussione attorno ai 1000 miliardi di euro sul sistema finanziario europeo.
Inoltre, signor Ministro, le chiedo un approfondimento in merito a quanto l'Europa intende fare nei rapporti con la Cina. Se si parla di crescita, è necessario che alla produzione segua la vendita sui mercati esterni. Per vendere bisogna, però, essere competitivi con i prezzi che applicano i produttori cinesi.
Le chiedo, dunque, un approfondimento in questo senso.

ANTONIO RAZZI. Ho solo una domanda, signor Ministro. La scorsa settimana abbiamo incontrato i colleghi inglesi ed è stata una riunione molto costruttiva a cui ha preso parte anche il vicepresidente della Commissione affari esteri del Senato Antonello Cabras.


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Vorrei sapere anche da lei cosa pensa di una federazione dell'infrastruttura europea.

PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Moavero Milanesi per la replica finale.

ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Vorrei anzitutto rispondere, e mi scuso per non averlo fatto nella tornata precedente, all'onorevole Vannucci.
Per quanto riguarda i rapporti di libero scambio, indubbiamente la «lettera dei dodici» è una lettera aperta su questo fronte. È aperta con una proiezione di principio favorevole al rafforzamento di un libero scambio globale. Vengono citati i vari rapporti potenzialmente bilaterali con Paesi importanti ormai ex emergenti, come l'India, la Russia e la stessa Cina, e con i Paesi tradizionali, come gli Stati Uniti e il Canada.
L'idea - sulla base di questa dichiarazione di principio - è quella di tenere presenti due elementi. In primo luogo, bisognerà procedere ad attenti negoziati nell'ambito della cosiddetta politica commerciale comune, che già fa parte delle competenze proprie dell'Unione europea, in maniera tale da avere un potere contrattuale superiore. Nello stesso tempo, occorrerà prestare grande attenzione alle meccaniche di apertura, al fine di poter usufruire di importanti mercati di vendita, quali la menzionata Cina, l'India o la Russia, e valutare quanto finiamo con l'acquistare da questi Paesi.
Sono due gli elementi di riflessione che dovranno far parte della fase negoziale e che non sono trattati né nella lettera né nelle conclusioni. Il primo è la questione, che non deve porsi, ma che si può porre, della reciprocità negli accordi con Paesi terzi. La seconda questione, forse più filosofica, ma economicamente molto concreta, è capire se i nuovi mercati dei Paesi più che emersi e più che concorrenti in tanti settori siano opportunità o rischi.
È una coniugazione fondamentale che l'esperienza della Comunità economica europea prima, e dell'Unione europea, oggi, ha già proposto. L'Italia della fine degli anni Cinquanta e degli anni Sessanta è stata un'Italia coraggiosa nell'aprirsi al Mercato comune europeo (MEC), che comportava un aumento della concorrenza. Gli scenari sono molto cambiati: gli anni di oggi e soprattutto i potenziali concorrenti - quando pensiamo alla Cina e all'India - non sono gli stessi, ma effettivamente il mondo delle imprese dovrebbe riflettere insieme alle istanze di governo e al Parlamento legislatore per poi proiettare in sede europea la maniera con cui concretamente ritiene che il sistema Italia si debba porre rispetto a queste realtà, realtà che offrono un'opportunità accompagnate da rischi. Entrambe le dimensioni non sfuggono alla nostra attenzione come Governo. L'importante è trovare il momento di sintesi. Anche la nostra realtà aziendale e imprenditoriale presenta queste due componenti: il rischio di fronte alle eventuali merci in provenienza da questi Paesi, ma domani saranno anche servizi - la Cina è il più grande esportatore di capitali da investimento al mondo - e le opportunità di mercato che, invece, ci vengono offerte.
Questo vale anche nel discorso indiretto dell'onorevole Gottardo a proposito della possibile triangolazione con la Serbia. Io credo che occorra una profonda riflessione in seno al Paese e alle sue forze vive sia politiche sia imprenditoriali, perché queste scelte e questi elementi di rilevanza nazionale devono essere portati in sede europea e fatti ben valere. In Europa ci sono anche altri Paesi sensibili a questi argomenti. Non è un mistero che la Francia sia tradizionalmente molto legata, per esempio negli accordi di libero scambio, a clausole di reciprocità, mentre altre realtà, come quella inglese e in una certa misura quella olandese, lo sono meno. Noi dovremmo formarci una più chiara opinione nazionale in materia.
Sulla questione della Svizzera, la Commissione europea sta valutando l'effettiva legittimità, ai sensi dell'ordinamento europeo, degli accordi bilaterali, sottintendendo


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che, qualora fossero ritenuti non pienamente legittimi, bisognerebbe procedere a un'azione coordinata a livello europeo, azione per la quale noi abbiamo espresso una preferenza.
Per quanto riguarda la cooperazione rafforzata e il fatto che possa essere un elemento di strategia o viceversa un aspetto da scartare, il Governo ritiene che la cooperazione rafforzata sia parte degli strumenti offerti dal Trattato, ma, come segnalavo nel primo giro di risposte, ci si chiede se in particolare per le politiche del mercato interno in senso stretto sia lo strumento appropriato. È chiaro che resta uno strumento prezioso per tanti altri tipi di politiche in cui alcuni Paesi siano disposti ad andare più avanti. Un esempio particolarmente sensibile è la politica in materia di immigrazione, di visti e quant'altro.
Per completare l'osservazione sulla Serbia, la Commissione ha redatto un rapporto al termine dell'esame preliminare che precede il riconoscimento formale dello status di Paese candidato e ha riconosciuto che la Serbia ha compiuto tutti i progressi che le erano stati richiesti, tanto sul piano politico quanto sul piano economico. Sul piano politico veniva in particolare salutato positivamente il dialogo costruttivo che si era svolto tra Belgrado e Pristina per la questione del Kosovo.
Il problema che due giorni prima del Consiglio europeo ha impedito al Consiglio affari generali di riconoscere pienamente lo status di Paese candidato era legato, come ho già detto, a una questione sollevata dalla Romania per la tutela di una minoranza in Serbia che la Romania considera rumena e sulla quale c'è una discussione. La Serbia si è impegnata in modo molto formale alla tutela di ogni minoranza e, a questo punto, la Romania ha fatto cadere questa sorta di pregiudiziale. La Serbia ha, quindi, pienamente ottenuto lo status di Paese candidato.
Nel corso delle negoziazioni in vista dell'adesione, che dureranno alcuni anni, si potranno tenere presenti vari elementi. La posizione tradizionale del Governo italiano è sempre stata favorevole a una piena adesione della Serbia all'Unione europea e al mantenimento, quanto più possibile, di una vicinanza tra Serbia e Croazia. Così come l'Europa dei padri fondatori alla fine degli anni Cinquanta consolidò la pace nel continente, in particolare tra Germania e Francia, così noi confidiamo che l'Europa di oggi possa continuare questo discorso di pace, che sembra obsoleto, ma che in realtà fa parte del DNA della nostra Unione e della nostra attualità.
La crisi di credibilità nella comunicazione dell'Unione europea nei confronti dei cittadini è indubbiamente una questione. Riferendoci in termini positivi, che non vorremmo fossero intesi in senso riduttivo, a un'Europa possibile, pensiamo di riuscire a trasmettere un messaggio comprensibile proprio ai cittadini. Noi cerchiamo di batterci per i giovani e, quando chiediamo un riconoscimento a condizioni più eque e reciproche tra tutti i Paesi dei titoli di studio e delle abilitazioni professionali, pensiamo di offrire un messaggio positivo che va nella direzione che ho già avuto modo di evocare e che abbiamo tante volte sentito o visto nei film americani, in cui una persona che non trova lavoro sulla costa orientale si sposta attraverso tutti gli Stati Uniti e lo trova al centro, piuttosto che sulla costa occidentale.
Numerose barriere a livello europeo ancora si frappongono al mercato del lavoro, un mercato che deve essere di prestazione di servizi e di libero stabilimento. Anche in questo vorremmo riuscire a dare un messaggio. Parliamo di crescita/occupazione perché crescita è un messaggio probabilmente chiaro per il mondo imprenditoriale, per il mondo dell'economia e per gli addetti ai lavori. Quando parliamo di occupazione, pensiamo di dare un messaggio a tutti i cittadini. Ci crediamo e ci teniamo davvero.
Sappiamo tutti che si teorizza la crescita senza la creazione di posti di lavoro, ma non è questa la crescita a cui pensiamo. Noi vorremmo una crescita al servizio


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della creazione di posti di lavoro e di migliori opportunità di lavoro nell'ambito del territorio dell'Unione europea. È attraverso questi passi, che possono apparire piccoli e che certamente nella prospettiva ideale di un'Europa molto più coesa sono ancora insufficienti per il pieno raggiungimento dell'obiettivo, che mi permettevo di parlare di un'Europa possibile, accanto all'Europa che vorremmo.
Se posso permettermi un riferimento personale, io sono entrato nelle istituzioni europee per concorso all'inizio degli anni Ottanta. Se mi fosse stato chiesto se in trent'anni sarebbero nati gli Stati Uniti d'Europa o un'Europa federale nel rispetto delle realtà statali, nazionali, locali e regionali, francamente avrei detto di sì. Trent'anni prima l'Europa compiva i suoi primi passi, mentre nel decennio ancora anteriore si trucidava in una grande guerra civile, che ha avuto due tempi, la prima e la seconda guerra mondiale. È una costruzione che richiede continuità e determinazione verso l'obiettivo della coesione più completa o verso l'obiettivo federale - una parola che in Italia non è necessariamente popolare ovunque -, ma che richiede anche la consapevolezza del concreto passo avanti che si compie nella contingenza e nell'attualità.
C'è un problema di legittimità democratica in Europa? Se noi compariamo le istituzioni europee e le loro caratteristiche individuali - una Commissione che è un governo, ma non pienamente, e che ha il monopolio dell'iniziativa legislativa, che quindi non è condivisa con il Parlamento, che però è legislatore; un Parlamento che è legislatore insieme al Consiglio, ma non è sempre il legislatore, e un Consiglio che a volte è l'unico legislatore, a volte è colegislatore e a volte esercita funzioni esecutive -, già in questo emerge un problema di declinazione addirittura fin dal momento dello studio della realtà istituzionale europea. È chiaro che tale costruzione potrebbe essere declinata in modo molto più comprensibile per tutti noi, ma né durante il processo della Convenzione, che pure coinvolse Parlamenti nazionali e quant'altro oltre che governi e Parlamento europeo, né durante il processo del Trattato cosiddetto costituzionale, il passo avanti che avrebbe reso l'Europa molto più analoga ai sistemi federali che conosciamo è stato compiuto. C'è stato, però, un costante rafforzamento - a partire dall'Atto Unico Europeo del 1987 e attraverso una numerosa serie di trattati, incluso l'ultimo di Lisbona - della legittimità democratica.
Il Parlamento europeo è colegislatore nelle più importanti politiche ed è l'autorità di bilancio che decide le politiche di spesa e di entrata a livello europeo. È eletto a suffragio universale e svolge un ruolo molto significativo. Il Trattato di Lisbona dà un ruolo anche ai Parlamenti nazionali. I nostri due rami del Parlamento ne hanno pienamente compreso l'importanza e ne sono diventati protagonisti. Io credo che occorra proseguire rafforzando questi elementi. Il trasferimento progressivo di sovranità verso l'Europa fa parte della metodologia di costruzione dell'Europa, secondo l'idea di un pacifico trasferimento di competenze. La metodologia democratica a livello nazionale e a livello europeo va salvaguardata nella sua pienezza.
Il momento di ratifica di ogni trattato che emendi i trattati europei nonché dei trattati come il fiscal compact, che uniscono solo alcuni membri, come fu per il Trattato di Schengen in precedenza, coinvolge pienamente i Parlamenti nazionali e rafforza il meccanismo ancora perfettibile di legittimità democratica. In sintesi, io personalmente non credo che si possano accusare l'Unione europea e il suo sistema di mancanza di legittimità democratica. Penso si possa dire che la legittimità democratica e i meccanismi di democrazia che conosciamo nella maggioranza degli Stati a livello di Unione sono tuttora perfettibili.
Ne esistono tuttavia altri già in atto, che consentono un pieno controllo democratico sul funzionamento dell'Unione, ivi compreso un elemento molto importante. Operando in sede europea, quanto più un


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governo e i suoi ministri mantengono un collegamento stretto con il Parlamento nazionale, tanto più saranno legittimati nella loro azione, e io cerco, per quanto mi riguarda, di fare il possibile affinché questo collegamento con voi sia stretto, sia prima sia dopo gli appuntamenti europei.
Il mercato dell'energia è fondamentale per l'Europa, perché l'energia è la linfa vitale dell'industria, dei cittadini e del nostro sistema economico e sociale. Come dicevo prima, è molto importante che l'Europa si possa presentare coesa di fronte ai grandi fornitori di energia nel mondo e avere così un forte potere contrattuale. È altrettanto importante che l'Europa liberalizzi quanto più possibile la distribuzione energetica in tutti i Paesi membri, in maniera da ridurre la presenza di mercati oligopolistici e creare condizioni di concorrenza che possono portare solo vantaggi per il cittadino, come abbiamo constatato in altri mercati pienamente liberalizzati, quale quello delle telecomunicazioni, dove si sono registrati l'aumento della concorrenza, la riduzione delle tariffe, l'aumento dell'offerta e un aumento enorme del fatturato diretto e indotto del settore. Noi ci auguriamo che si possa arrivare a situazioni analoghe.
Per quanto riguarda il settore bancario, mi permettevo di sperare che una serie di istanze fatte presenti, in particolare, dai parlamentari della Lega Nord in svariate occasioni avessero trovato quanto meno un buon grado di soddisfazione sia nella «lettera dei dodici» sia nelle conclusioni del Consiglio europeo, Consiglio europeo che, come ripeto, focalizza, in particolare, la necessità che il sistema bancario e creditizio ripercuota sull'economia reale il finanziamento agevolato che riceve dalla Banca centrale europea. È un segnale chiaro nella direzione che abbiamo sempre discusso. La «lettera dei dodici» contiene anche una serie di segnali molto chiari sul fatto che non deve essere il cittadino contribuente a sopportare il rischio che le banche assumono nella loro autonomia decisionale. Le banche, al contrario, dovrebbero tenere conto di questo rischio prima di assumerlo. È un messaggio che riguarda soprattutto la prima fase della grande crisi.
Per quanto riguarda il fiscal compact e l'impegno al rientro dal debito, bisogna tenere conto - questo tocca anche l'aspetto delle ratifiche - che molto di ciò che è previsto e codificato dal fiscal compact è in realtà già in vigore, perché regolamentato da norme adottate a seguito di decisioni dei consigli Ecofin e degli Eurogruppi finanziari. Per esempio, l'impegno al rientro di un ventesimo del debito per la parte eccedente il 60 per cento - come specificato da Maastricht - è in vigore dal mese di ottobre, cioè da quando furono presi nel 2011 accordi in questo senso.
Il nostro Governo confida nel fatto che, soprattutto se ci sarà un miglioramento delle condizioni di crescita del nostro prodotto interno, non saranno necessarie manovre aggiuntive. L'impegno è mantenere la rotta e, per quest'anno, come ha recentemente ribadito il Presidente del Consiglio, non prevediamo manovre di tipo aggiuntivo. Se riusciremo a mantenere un avanzo primario ai livelli attuali e se il tasso di crescita si avvicinerà quanto più possibile all'1 per cento, non dovrebbero essere necessarie manovre specifiche e il rientro di un ventesimo dovrebbe avvenire in maniera fisiologica. D'altra parte, è un'azione importantissima. Non dimentichiamo mai che, a differenza di altri Paesi europei, il debito pubblico italiano nel corso della crisi è cresciuto in maniera nettamente inferiore: noi abbiamo un debito che ci portiamo dietro da una trentina d'anni e di conseguenza non è stata la crisi a determinarne l'aumento repentino. L'aumento c'è stato, ma relativamente contenuto se comparato a quanto accaduto in Paesi importantissimi, come la Germania, il Regno Unito, la Spagna e l'Irlanda, che partivano da livelli di debito inferiore.
Mentre prima della crisi - non è particolarmente consolatorio, però è un fatto statistico - avevamo il primo debito in percentuale e il primo debito in termini


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assoluti, oggi siamo passati in seconda posizione, forse non tanto per merito nostro quanto più per demeriti di altri Paesi. È un dato di fatto, però, che con politiche costanti, che vanno avanti da un considerevole numero di anni, abbiamo tenuto sotto controllo il debito, così come lo stesso deficit, e siamo stati in grado, come Governo, di ribadire solennemente l'obiettivo del raggiungimento del pareggio di bilancio già nel 2013, cosa molto importante per la stabilizzazione e la credibilità del nostro Paese.
In questo momento, rispetto alla concretezza di un possibile fallimento della Grecia, la prognosi è molto più positiva di quella risalente a qualche settimana fa. Il Bundestag ha approvato l'azione del Governo tedesco per gli aiuti congiunti europei alla Grecia ed esiste oramai un monitoraggio stretto sull'azione di governo dell'economia in Grecia. Il Parlamento greco e i cittadini greci - come abbiamo visto, l'impatto sociale è notevole - stanno compiendo uno sforzo enorme per rimettere il proprio Paese in carreggiata. Sia nel Governo italiano sia a livello di Consiglio europeo c'è fiducia nel fatto che non si verificherà lo scenario peggiore, che si è fatto di tutto per scongiurare. Tenete presente che, attualmente, il meccanismo finanziario in funzione dello European Financial Stability Facility (EFSF) non è stato ancora pienamente attivato. Pertanto uno dei famosi «muri anti-fuoco» può ancora essere attivato.
Per quanto riguarda la Cina, avevo cercato di rispondere in precedenza. C'è, ovviamente, grande attenzione all'opportunità e al ritorno che essa può offrire. L'Europa si fa anche promotrice di un'azione, che l'Italia sostiene moltissimo, di regolamentazione internazionale per evitare fenomeni di dumping sociale legati alle grandi differenze che ancora esistono. Ci auguriamo che una progressiva crescita democratica di questi Paesi possa aiutare anche il superamento di tali differenze legislative.
Per quanto riguarda le infrastrutture in Europa, nella prossima prospettiva di bilancio europeo il programma ribattezzato Connecting Europe, relativo alle reti transeuropee aggiornate (trasporti, energia, strutture informatiche), resta una delle grandi azioni e riceverà finanziamenti sensibilmente superiori a quelli precedentemente attivati. La politica di finanziamento a carico del bilancio europeo sarà, quindi, più importante di quella passata, a sottolineare quanto le infrastrutture siano ancora un'importantissima priorità.
A livello nazionale, come sapete, il nostro Governo è molto impegnato in una opportuna azione di riorientamento dei fondi strutturali europei che non abbiamo ancora speso, fondi, peraltro, cofinanziati dal bilancio nazionale. L'obiettivo è indirizzarli laddove è più necessario intervenire per favorire stabili infrastrutture che garantiscano la crescita delle regioni che hanno maggior bisogno e maggiore potenziale per fare ciò. Anche su quel fronte c'è l'impegno a migliorare la capacità di spesa dei fondi sia europei sia nazionali di cofinanziamento.
Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio, a nome dei presidenti presenti, il Ministro Moavero Milanesi per la sua puntualità in tutti i sensi. Le sue esaurienti risposte testimoniano il ruolo più incisivo che il nostro Paese, anche per suo tramite, sta svolgendo nell'ambito delle tematiche politiche europee. Siamo, all'interno di queste dinamiche, non più «fiancheggiatori», come in passato, di iniziative altrui.
Mi consenta anche un'altra riflessione. Lei ha parlato del ruolo dei Parlamenti. A tale proposito, vorrei lanciarle un appello. So che la presidente Boldi in occasione di precedenti audizioni - io ero impegnato inutilmente a sostenere candidature olimpiche - ha già toccato l'argomento della riforma della legge n. 11 del 2005. È un passo fondamentale per far sì che almeno la legge comunitaria per il 2013 venga esaminata dal Parlamento secondo le nuove regole da essa previste. Tale riforma si era prima «arenata» al Senato senza aver urtato scogli. Ora - per così dire - è stata disincagliata e so che è in corso una mediazione da parte del suo Dipartimento


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per cercare di concludere quanto prima il passaggio al Senato e riportarla alla Camera dei deputati per chiudere questo importante atto.

AMEDEO CICCANTI. Chiedo scusa, presidente. Vorrei chiedere se è possibile riflettere su un prossimo appuntamento, per capire come l'Europa e l'apporto italiano in sede europea possano esplicarsi nei prossimi incontri del WTO e del G20, con riferimento alla crescita senza costi, questione per noi importante.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,05.

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