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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(III-XIV Camera
e 3a-14a Senato)
8.
Mercoledì 16 dicembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefano Stefani, Presidente ... 2

Comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2009:

Stefano Stefani, Presidente ... 2 3 6 7 11 12
Antonione Roberto (PdL) ... 7
Dini Lamberto, Presidente della 3a Commissione del Senato della Repubblica ... 2 10
Frattini Franco, Ministro degli affari esteri ... 3 7 11
Mecacci Matteo (PD) ... 9
Razzi Antonio (IdV) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) - XIV (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) - 14a (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 16 dicembre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 8,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2009.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge n. 11 del 4 febbraio 2005, le comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 10-11 dicembre scorso, il primo a essersi svolto dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Saluto i presidenti e i colleghi delle Commissioni e ringrazio il Ministro Frattini per la cortese disponibilità.
Do innanzitutto la parola al presidente Dini.

LAMBERTO DINI, Presidente della 3a Commissione del Senato della Repubblica. Come ha appena ricordato il presidente Stefani, il Consiglio europeo che si è svolto nei giorni scorsi a Bruxelles è il primo dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Solo in un prossimo futuro potremo considerare come le innovazioni istituzionali del nuovo trattato stiano funzionando e se siano capaci o meno di dare nuovo slancio e impulso alla costruzione comune.
Con il nuovo trattato, il Consiglio europeo è composto dai soli Capi di Stato e di Governo, insieme al presidente della Commissione, all'Alto rappresentante per la politica estera e al Presidente eletto, Hermann Van Rompuy. Si supera così la presidenza tornante, con la finalità di conferire maggiore continuità ai lavori di quest'organo, che dovrebbe potersi concentrare sui dossier essenziali e sulle grandi politiche dell'Unione.
In un'Europa ormai allargata, si è dunque deciso di escludere i Ministri degli esteri dalla composizione del Consiglio europeo; essi non hanno infatti partecipato alla riunione del 10-11 dicembre. Tuttavia, signor Ministro, lei e i suoi colleghi avete preparato la riunione di Bruxelles nel Consiglio affari generali e relazioni esterne. Il Trattato di Lisbona prevede solo che, qualora l'agenda lo richieda, i membri del Consiglio europeo possano decidere di farsi assistere da un ministro, senza indicare quale.
Non le nascondo, signor Ministro, un senso di complessiva delusione delle scelte che sono state compiute per quanto riguarda i nuovi vertici delle istituzioni comunitarie. Al di là della rispettabile qualità personale dei prescelti, vi è la sensazione in Europa, e non solo, che i leader europei abbiano voluto evitare, con tali scelte, di dare un protagonismo adeguato e un volto veramente riconoscibile all'Unione.
Sembra, quindi, che si prospetti un futuro piuttosto ripiegato sui problemi del mercato interno e sulle prospettive delle politiche comuni e che abbandoni, invece,


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l'ambizione di fare dell'Unione un vero protagonista sulla scena internazionale.
Infine, scorrendo le conclusioni del Consiglio europeo, non sembra che vi sia una vera consapevolezza delle conseguenze che potranno derivare per l'Europa dalle politiche intraprese sia dalla Cina, sia dagli Stati Uniti, tutte concentrate sulla ripresa delle rispettive economie, fondate peraltro su un deciso rilancio delle loro esportazioni.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Frattini per la sua relazione.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Grazie ai presidenti e a tutti i colleghi presenti. È stato ricordato che si tratta del primo Consiglio europeo dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona e dell'ultimo a essere presieduto da un capo di Governo nazionale. Come sapete, il neoeletto Presidente Van Rompuy era presente come osservatore, così come la neoeletta Alto rappresentante per la politica estera, la signora Ashton.
I capi di Governo hanno voluto, sostanzialmente, affermare alcuni princìpi politici per la nuova fase che si apre con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Credo che il primo messaggio che dobbiamo raccogliere sia quello che ormai gli alibi istituzionali, se così possiamo chiamarli, sono caduti: abbiamo ora alcune istituzioni, su cui si è lavorato per dieci anni con grandi e tormentate traversie, ed è il momento delle politiche. Non si può più affermare che i trattati sono inadeguati e che non c'è possibilità di decidere per il diritto di veto: oggi è il momento di trasmettere ai cittadini europei il messaggio che occorrono risultati concreti. Questo è il primo punto che mi pare si debba sottolineare.
Il secondo è che, evidentemente, l'Europa vuole giocare un ruolo sulla governance globale. Condivido la preoccupazione del Presidente Dini, perché non sappiamo se sarà in grado davvero di farlo. La decisione confermata in materia di cambiamenti climatici dimostra una volontà ambiziosa, di essere l'apripista su alcune grandi sfide. Vediamo che, purtroppo, in queste ore, gli altri leader del mondo, nel negoziato sui cambiamenti climatici che si sta definendo a Copenaghen, non seguono l'Europa in quest'ambizione.
Il terzo punto riguarda una prima area politica, che è stata affrontata. Si è cominciato - ritengo molto opportunamente - proprio con le politiche relative alla giustizia e alla sicurezza, ed è stato approvato il cosiddetto Programma di Stoccolma, su cui poi spenderò alcune parole. È chiaro che si è cominciato con tale programma perché le politiche di sicurezza, di integrazione e di immigrazione sono tra quelle che i cittadini percepiscono come più urgenti.
L'altro messaggio politico a mio avviso importante è una riflessione ulteriore che si è svolta sul percorso di allargamento, la quale ha consentito di compiere un importante passo avanti, anzitutto per la Croazia. Questi sono i grandi temi su cui si è lavorato.
Comincerei dalle modifiche istituzionali, che hanno visto la presenza dell'Alto rappresentante per la politica estera. È stato giusto, a mio avviso, invitarla esplicitamente e formalmente a presentare, entro l'aprile del 2010, quindi in tempi rapidissimi rispetto alle lungaggini a cui siamo abituati in Europa, il programma di organizzazione e di funzionamento del Servizio diplomatico europeo.
Questo è veramente il primo test di credibilità del nuovo sistema: se a fine aprile o all'inizio di maggio non avremo uno schema organizzativo di come la nuova diplomazia europea funzionerà, avremo trasmesso un primo messaggio di disillusione su un tema importante.
La materia del Servizio diplomatico europeo ha alcune ricadute per gli Stati membri estremamente importanti, di cui questo Parlamento deve essere da ora consapevole. Dovremo, infatti, procedere al reclutamento di funzionari diplomatici da destinare a tale servizio. Lo dico con assoluta chiarezza, perché formuleremo una proposta legislativa e mi auguro - mi


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permetto, anzi, di affermare che ne sono certo - che troveremo la copertura finanziaria.
Un fatto è sicuro: non consentirò che passi il mese di aprile senza che l'Italia possa indicare il personale diplomatico da inviare alla diplomazia europea.
Nessuno immagini - le questioni di copertura sono importantissime - che l'Italia possa restare fuori dall'invio di funzionari diplomatici italiani capaci nei luoghi dove si deciderà e nessuno parli dell'Italia pretermessa ed esclusa. Questo è il momento di essere nella stanza dove si decide, rappresentata dal Servizio diplomatico europeo. Lo dico ora perché presenterò presto una norma, che inseriremo in un decreto-legge o in un disegno di legge. Mi auguro e sono certo che tutto il Parlamento le darà via libera, perché ad aprile dobbiamo avere la possibilità di bandire il concorso per l'anno 2010.
Il secondo punto importante è che il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare, entro il giugno del 2010, una proposta legislativa in materia di iniziativa popolare. Si tratta di un grandissimo risultato politico, di cui nessuno si è accorto. Nessuno dei mezzi di informazione d'Europa, per non dire d'Italia, si è accorto che è prevista nel trattato la possibilità di una proposta dei cittadini europei, cioè di iniziativa popolare, per la quale la Commissione entro giugno presenterà la proposta attuativa di Regolamento europeo.
È un risultato, a mio avviso, fondamentale e noi dovremo, come Italia, immaginare alcuni settori e tematiche su cui il nostro Paese possa, con un'adesione alla proposta di iniziativa popolare, lanciare proposte che vengano poi, ovviamente, condivise da cittadini di un numero sufficiente di Paesi europei. Ci saranno limiti minimi - ovviamente non basteranno cento cittadini europei - sia per Paesi sia numerici e sarà possibile, per la prima volta, avere una legge europea di iniziativa popolare, come ne esistono nei Paesi membri.
Come terza decisione istituzionale, si è definito il criterio per adeguare il numero dei parlamentari europei, che aumenteranno da 736 a 754. L'Italia ne avrà uno in più. Siamo interessati a definire una regola e credo che occorrerà una miniconferenza intergovernativa, perché si tratterà di integrare le previsioni del trattato, che ha lasciato aperto questo punto.
Il Consiglio europeo ha deciso di consultare in merito il Parlamento europeo - mi sembra molto giusto - e nel frattempo stiamo individuando possibilità di mandare coloro che, eventualmente, dovessero essere indicati, come osservatori, di modo che siedano nelle file del Parlamento europeo, come accadde per i Paesi membri nuovi tra la data del trattato di adesione e l'entrata in vigore dell'adesione stessa. Ci fu, infatti, un periodo in cui parlamentari rumeni, bulgari e di altri Paesi sedevano nel Parlamento europeo senza diritto di voto. Per i 18 parlamentari in più che dovranno essere nominati - per l'Italia uno, per la Spagna due o tre addirittura - seguiremo, dunque, questo meccanismo.
Credo che sul primo tema possiamo fermarci a queste prime questioni.
Il secondo grande tema è la governance globale. Ho già riferito della proposta europea sui cambiamenti climatici - come sapete, abbiamo confermato quanto già deciso - di ridurre del 20 per cento le emissioni entro il 2020, fino al 30 per cento se gli altri Paesi industrializzati assumeranno impegni comparabili.
Vedo con grande disappunto e dispiacere che ci sono dubbi persino sull'opportunità che vi debba essere un accordo vincolante, il che è il minimo. Se a Copenaghen l'accordo non sarà vincolante, sarà veramente una disillusione per tutto il mondo, perché se si prendesse un impegno in un documento, rinviando al 2010, a un'altra conferenza mondiale, la decisione se tradurlo in un trattato oppure no, francamente non sarebbe valsa la pena di affrontare tutti gli scontri e di mettere a ferro e fuoco Copenaghen, che è una bellissima città. Tanto sarebbe valso non tenere il summit. Spero, quindi, che ne uscirà un accordo vincolante, in cui ognuno assumerà gli impegni.


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L'Italia ha concorso, come sapete, anche dal punto di vista finanziario. Non sappiamo se il suo contributo sarà sufficiente oppure no, ma è certo che l'Europa ha messo sul tappeto oltre 7 miliardi di euro, una cifra consistente. Ha fatto la sua parte e credo che ora anche gli altri leader del mondo debbano seguirla.
È stata svolta una riflessione sulla crisi economico-finanziaria. Si è ragionato molto sul futuro, ma intanto è stato finalmente approvato - a tutti coloro che sono davvero addetti ai lavori in materia, come il Presidente Dini, potrà fare piacere - il nuovo Quadro di vigilanza finanziaria dell'Unione. È stato approvato un pacchetto di proposte e si è deciso che entrino in vigore entro il 2010. Occorrerà l'approvazione del Parlamento europeo, ma per la prima volta le autorità europee di vigilanza avranno poteri effettivi anche su quelle nazionali. Si è, quindi, alzato il livello dell'ambizione per evitare future crisi finanziarie come quelle che abbiamo attraversato.
Si è, inoltre, parlato, come ho accennato, dello sviluppo e della competitività europea. Stiamo cominciando a chiamarla futura strategia europea 2020, per la quale abbiamo avanzato l'obiettivo per la crescita e l'occupazione. Qualcuno la chiama ancora Strategia di Lisbona, ma non molti, perché evoca un programma che non ha avuto grandissimo successo finora. Si è, dunque, pensato di cambiare, guardare al futuro e cercare di lavorare su questo aspetto.
L'Italia ha inserito un punto, che ritengo importante, su cui non vi erano, sorprendentemente, riferimenti nel documento preparato, ossia il ruolo delle piccole e medie imprese e dell'industria manifatturiera. Essendo peraltro un italiano responsabile del portafoglio industria, credo che tale richiamo fosse assolutamente necessario.
Passando al terzo capitolo, si è adottato il Programma di Stoccolma, che guiderà la giustizia e la sicurezza europea verso una maggiore integrazione tra il 2010 e il 2014. Si è chiesto - e questo è fondamentale - che entro il giugno del 2010 tale programma, che delinea tutte le grandi strategie, venga completato da un piano d'azione.
L'Italia ha chiesto, come molti altri Paesi, che siano delineate le iniziative legislative, entro quanto tempo ciò avverrà e quale sarà il tempo programmato per farle entrare in vigore. Altrimenti è inutile sostenere che ci vuole una strategia europea di immigrazione, senza precisare quando vi sarà, per esempio, una normativa europea sul diritto d'asilo, una delle norme che mancano e che vanno introdotte.
L'idea è quella di tradurre alcuni grandi capitoli, alcuni dei quali rafforzati su richiesta italiana, in concreta normativa: la lotta all'immigrazione clandestina, da un lato, e le politiche di integrazione degli immigrati regolari, dall'altro, nonché il partenariato tra i Paesi di origine, di transito e di destinazione.
Quando ero a Bruxelles, ho realizzato molti programmi, che allora chiamai pilota. Oggi essi trovano un quadro normativo nella nuova Strategia di Stoccolma.
Abbiamo ottenuto il rafforzamento dell'agenzia FRONTEX, con la possibilità di stabilire antenne regionali: dislocheremo le agenzie regionali, particolarmente euromediterranee, di FRONTEX, ma la nostra ambizione è che vi sia, come sbocco della Strategia di Stoccolma in materia, un corpo di polizia di frontiera europeo. Non possiamo avere il carico della prevenzione e del contrasto sui Paesi della riva sud del Mediterraneo, ma occorre una polizia di frontiera europea formata e integrata, che possa davvero lavorare insieme.
Ancora sulle politiche migratorie, superando le riluttanze di alcuni Paesi, abbiamo inserito un richiamo esplicito agli accordi dell'Europa con la Libia, con il Marocco, con l'Algeria e con l'Egitto. Abbiamo già accordi nazionali come Italia, ma è evidente che occorre un accordo europeo perché, quando si entra nel nostro Paese, come tutti sappiamo, si entra in uno spazio Schengen che comprende 27 Paesi.
Abbiamo inserito, su esplicita richiesta italiana, due temi che ci interessano particolarmente:


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le politiche di detenzione e la lotta ai patrimoni della criminalità organizzata. Sono due richieste che l'Italia ha formulato, sottoponendo e ottenendo il richiamo a un capitolo nel Programma di Stoccolma e il riconoscimento di princìpi fondamentali, quali quello che il detenuto sconti la pena nel Paese di origine e non in quello dove ha commesso il reato, una volta che vi è stata la condanna.
Questo avrebbe un effetto immediato di decongestionamento delle carceri. Ci sembra curioso che il nostro Paese abbia una larga percentuale di detenuti che non sono italiani e che scontano la pena definitiva nelle nostre carceri. Stiamo parlando di Paesi dell'Unione europea, non extraeuropei.
Il secondo tema è la lotta ai patrimoni della criminalità organizzata. Si è sottolineato, ed è stato accolto - ne ho parlato, peraltro, col nuovo Commissario alla sicurezza, la signora Malmström, che tiene molto a questo punto - il fatto di introdurre una norma europea su sequestro e confisca dei patrimoni del crimine organizzato, dovunque essi siano rinvenuti.
I patrimoni mafiosi spesso vengono ritrovati in Germania, in Belgio, nelle Repubbliche baltiche e dobbiamo lavorare con le tradizionali azioni di rogatoria. Pensiamo che vi sia ormai, in uno spazio comune europeo, il bisogno che l'azione di confisca del patrimonio mafioso debba essere eseguita dovunque esso sia rinvenuto. Questo principio ha avuto molto successo in Italia e credo sia giusto tradurlo in chiave europea.
Certamente, su questo aspetto, valutiamo il negoziato in modo molto positivo. Abbiamo lavorato, come Ministero degli affari esteri, con tutte le amministrazioni interessate, innanzitutto interni e giustizia, e credo che sia un buon risultato.
Sull'ultimo tema, le politiche di allargamento, l'Italia è stata il Paese leader sui Balcani occidentali. Abbiamo, infatti, insistito dal primo momento sul fatto che non si potesse continuare a bloccare la Serbia e la Croazia nella loro strada verso una politica di integrazione. La Croazia finalmente riprende il negoziato e ci auguriamo una sua adesione entro l'inizio del 2011, ma abbiamo, soprattutto, sbloccato l'accordo Europa-Serbia, dopo la rimozione del veto olandese, e liberalizzato il regime dei visti con Montenegro, Macedonia e con la stessa Serbia.
La gratitudine dei serbi ci sarà dimostrata il 21 di questo mese, quando un gruppo di cinquanta giovani verranno a trovarmi al Ministero degli affari esteri, accompagnati dal vice primo ministro, e inizieranno il loro primo viaggio in Europa senza visti, cominciando da Roma, per dimostrare prima di Natale un segno di gratitudine all'Unione europea.
Abbiamo, infine, aperto un ulteriore capitolo con la Turchia, anche se abbiamo messo in rilievo i grandi passi avanti che il Paese deve ancora compiere nella strada verso l'Unione europea.
Questi sono i punti fondamentali.
L'ultimo è dedicato alla politica internazionale. Sull'Afghanistan, ormai, sapete tutto, perché ne abbiamo parlato alcuni giorni fa, in un'altra mia audizione.
Abbiamo voluto adottare, prima noi Ministri degli esteri, e poi i Capi di Stato e di Governo, una dichiarazione politica sull'Iran. La nostra preoccupazione nei confronti di questo Paese aumenta. Vi sono elementi che si stanno, di volta in volta, scoprendo sull'arricchimento dell'uranio e su test su componenti dell'arma nucleare che sarebbero stati compiuti.
Confermiamo la necessità che l'Iran, per l'ultima volta, raccolga questo appello, altrimenti evidentemente dovremo valutare altre eventuali misure per aumentare la pressione internazionale. Mi auguro che manchino solo alcune settimane di spazio temporale perché l'Iran accetti la proposta rinnovata di arricchire l'uranio iraniano fuori dal territorio del Paese, sotto il monitoraggio dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica delle Nazioni Unite.
Queste sono le linee guida del Consiglio europeo.

PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Vorrei aggiungere una considerazione, che lei per modestia non ha voluto evidenziare.


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Ho ricevuto qualche giorno fa l'ambasciatore serbo, insieme al vescovo di Visoki Decani, per lo spinoso problema dei monasteri ortodossi in Kosovo. La verità è che, se, anche a recepimento di una nostra risoluzione, tale questione ha compiuto un grande passo avanti, il merito va al nostro Ministro degli affari esteri. Dobbiamo riconoscerlo e voglio che ne resti traccia. Per modestia, il Ministro non ha voluto precisarlo, ma è giusto che si sappia.
Se ho ben capito, signor Ministro, lei prevede un'entrata della Croazia per il 2011? Praticamente domani.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. I negoziati sono molto avanzati. Restano alcuni capitoli ancora da chiudere, ma le prospettive sono che il risultato è raggiungibile per il 2011.

PRESIDENTE. Un'altra domanda che vorrei porle - chiedo scusa se porto via tempo ai colleghi, ma gli argomenti sono importanti, soprattutto per le nostre Commissioni - è la seguente: perché i Governi europei non hanno concordato insieme una risposta a Obama sull'Afghanistan?

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Abbiamo adottato un documento di conclusioni sull'Afghanistan che ricalca quanto vi ho comunicato alcuni giorni fa. Il documento è stato adottato in ottobre e ne abbiamo adottato uno nuovo in dicembre, proprio in risposta alla scelta di Obama, ma a livello di Ministri degli esteri. I capi di Governo non hanno ritenuto di ripetere quello che avevamo stabilito, in realtà, pochi giorni prima.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

ROBERTO ANTONIONE. Porgo un ringraziamento al Ministro Frattini, che, ancora una volta, ci relaziona in maniera precisa e puntuale. Di questo siamo molto contenti e vogliamo darne atto.
I temi sono numerosi, signor Ministro, e indubbiamente il Governo e il ministero che lei guida hanno svolto un eccellente lavoro.
Vengo ai punti che vorrei considerare con una certa attenzione. Rispetto al Servizio diplomatico europeo, lei ci ha già annunciato, anche prima del Consiglio europeo, la necessità di avere un sostegno parlamentare per il reclutamento di nuovo personale diplomatico. Avevamo già avuto modo di darle assicurazione che, per quel che ci riguarda, sosterremo la proposta.
Lei pensa che il personale diplomatico destinato al nuovo Servizio diplomatico europeo sarà interamente nuovo o ci sarà una parte di personale diplomatico che proverrà anche dalla Farnesina e verrà eventualmente integrato da quello nuovo?
Anche rispetto alle sue considerazioni sull'importanza che dobbiamo attribuire alla costituenda struttura diplomatica, l'esperienza e il collegamento con la «casa madre», la Farnesina, diventa essenziale. Avere la possibilità di mandare personale già collaudato ed esperto è per noi decisamente importante.
Sulle questioni generali, credo, che bisogna svolgere alcune riflessioni. Lei ha giustamente parlato di un alibi istituzionale che non c'è più: siamo stati tanti anni a costruire le regole, che ora ci sono, e quindi, per cortesia, affrontiamo i problemi.
Le pongo una domanda retorica: non pensa che sarebbe giusto che anche il Parlamento italiano e tutti coloro che hanno responsabilità istituzionali si facessero carico di conoscere meglio i problemi che oggi dobbiamo affrontare in sede europea?
Abbiamo spesso parlato di Europa, ma credo che troppo spesso la conoscenza reale delle questioni europee sia poi emarginata a pochi intimi, ai soliti aficionados che le seguono. Proprio perché le nuove regole consentiranno all'Europa di prendere decisioni fondamentali anche per noi, non possiamo più considerarla una questione che esiste, ma che, tutto sommato, non è determinante. Credo che, viceversa, un'azione che consenta a tutti coloro che


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hanno responsabilità di conoscere meglio e più dettagliatamente i problemi possa essere utile e possa aiutare anche il Governo stesso ad affrontare determinati capitoli, spesso controversi e misconosciuti.
Quando parliamo di allargamento - è inutile che ci nascondiamo dietro un dito - vi è una diversa sensibilità all'interno delle forze politiche, compresa la maggioranza - siamo in una sede parlamentare che conosce bene le questioni - sulla prospettiva di integrazione di Paesi importanti, probabilmente anche perché le conoscenze delle situazioni non sono, secondo me, sempre precise e puntuali. Una riflessione che ci consenta meglio di approfondire tali temi può essere, dunque, senz'altro utile.
Ho parlato ieri con il presidente Stefani, nell'Ufficio di presidenza che abbiamo tenuto con la Commissione affari esteri, sulla necessità di promuovere una missione della nostra Commissione nei Balcani occidentali, proprio in ragione del fatto che l'Italia è protagonista di questa fase di inclusione di Paesi essenziali, come la Croazia e, più avanti, la Serbia, la Macedonia, il Montenegro ed eventualmente l'Albania e la Turchia.
È necessario, quindi, che anche il Parlamento si affianchi a quest'azione per consolidare i risultati. Il Governo è talmente impegnato in mille questioni che i seguiti spesso possono non essere completi come vorremmo e come potrebbero essere.
Da questo punto di vista, le chiedo una riflessione sulla necessità che l'Europa abbia una vera governance. Abbiamo accennato alcuni temi e siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti sulla lotta contro l'immigrazione clandestina, sulle questioni della giustizia e su quelle relative a tutte le possibilità di contrastare la criminalità organizzata. Sono veramente molto significativi, ma ci sono alcuni temi sui quali, obiettivamente, ci rendiamo conto che il passo successivo e la valenza politica che dovremmo dare non sono ancora quelli giusti.
Il Presidente Stefani ha citato la questione dell'Afghanistan, uno dei molti problemi che abbiamo di fronte. Ne aggiungo un altro, la questione energetica, sulla quale una politica europea potrebbe consentire di avere un atteggiamento diverso rispetto ai Paesi produttori di gas e di petrolio, che fanno i loro interessi, ma cercano di stringere accordi bilaterali piuttosto che con l'Europa intera.
Noi, che siamo tra i Paesi più grandi d'Europa e con i maggiori problemi di rifornimento energetico, forse abbiamo una necessità maggiore di altri, anche al nostro interno, inteso come Unione europea. Quando parliamo di rigassificatori, sa a che cosa mi riferisco, signor Ministro: anche su questo aspetto c'è la necessità di avere un quadro più generale, come anche sulle centrali nucleari. È del tutto evidente che, anche su tali questioni, una scelta di politica europea comincia a essere ineludibile.
Sulla questione del rafforzamento politico dell'Unione europea, le domando se non pensa che il Governo italiano, che è sempre stato molto attivo, partecipe e protagonista, chiusa la stagione delle riforme e delle regole, dovrebbe promuovere iniziative per rilanciare la nuova stagione politica dell'Europa.
I temi, signor Ministro - lei lo sa meglio di me - potrebbero essere moltissimi, ma mi pare che le linee guida siano assolutamente condivisibili. Sa anche perfettamente che, per quel che riguarda il mio gruppo, non le mancherà il sostegno in Parlamento.

ANTONIO RAZZI. Signor Ministro, ho apprezzato la sua esposizione per quanto riguarda tutto ciò che sta portando avanti presso l'Europa.
Si parlava sempre della Croazia e della Turchia, ma lei oggi ha affermato che solo la prima è prossima a entrare. Il nostro Governo parlava sempre favorevolmente della Turchia, ma non se ne è sentito accennare.
Inoltre, trovo molto interessante il riferimento all'agenzia mediterranea in tema di immigrazione. Lei sa benissimo che tutta l'immigrazione viene dal Mediterraneo e che bisogna controllare tale area. L'Europa deve darsi da fare al riguardo.


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So che lei ha svolto un intervento a Bruxelles a favore di questo punto, che io ho sostenuto.
Per quanto riguarda la polizia europea, trovo che sia un'ottima idea, perché dal Mediterraneo parte tutta l'immigrazione, come ho ricordato, ed è quella la zona che bisogna controllare.

MATTEO MECACCI. Voglio ringraziare il Ministro per questa ennesima relazione, nonché per la serietà con la quale tiene i rapporti con le Commissioni, anche rispetto ad altri esponenti del Governo. Credo che ciò vada sottolineato da parte di un esponente dell'opposizione, quando è doveroso.
Per rispondere e corrispondere all'ordine delle questioni che ha posto, accolgo con favore anche l'enfasi che lei ha voluto mettere sulla questione del Servizio diplomatico europeo e anche, per una volta, i toni che ha usato nel sottolinearne l'importanza.
Ieri ho partecipato, come rappresentante dell'assemblea parlamentare dell'OSCE, a una riunione al Cairo con i partner del Mediterraneo, dove, signor Ministro, l'Italia non era rappresentata. Ho l'impressione che non lo fosse non per motivi politici o di disinteresse, ma per motivi di budget ed economici. Siamo in una situazione in cui il Ministero degli affari esteri, per poter partecipare a riunioni internazionali in cui sono rappresentate decine e decine di Governi, ormai non sa più a che cosa ricorrere per trovare i fondi necessari.
Questa è una situazione che abbiamo discusso rispetto alla finanziaria, un tema che ci portiamo dietro da molto tempo, e penso che il Parlamento, visto che sono questioni su cui non esistono diversità di opzione politica, debba farsi carico, anche nei confronti del Governo e del Ministero dell'economia e delle finanze, di far sì che l'Italia, in un momento in cui è anche Presidente del G8 e aspira ad avere un ruolo internazionale adeguato, possa appunto corrispondere a questo tipo di ambizione.
Da parte nostra credo che non ci siano problemi nel ribadire e nel sottolineare l'impegno a sostegno del lavoro suo e del ministero, anche se, obiettivamente, credo che sia una questione che riguarda più la maggioranza e i rapporti all'interno del Governo. Penso che, anche con la maggioranza in Commissione, si possa prevedere un'iniziativa comune per dare l'importanza adeguata al lavoro che viene svolto.
Un punto su cui la vorrei sollecitare - specifico di sapere che non è stata oggetto di una decisione del Consiglio europeo - è la questione israelo-palestinese. Si è tenuta una discussione importante al Consiglio affari generali, con un documento che è anche stato oggetto di dibattito sui giornali, e non solo.
La mia opinione è che la situazione in cui si va trovando il Governo israeliano sia di un progressivo isolamento, anche rispetto alla comunità internazionale, che non ci fa ben sperare. La mia impressione è che, in questo momento, ci sia anche una responsabilità politica da parte del Governo israeliano a non corrispondere ad alcune richieste della comunità internazionale, come quelle relative al congelamento degli insediamenti.
Francamente, diventa difficile sostenere che posizioni dell'Unione europea o anche di organismi delle Nazioni Unite i quali, a differenza che in passato, cercano anche di analizzare la situazione sul terreno da un punto di vista più oggettivo, possano essere identificate come pregiudizialmente anti-israeliane.
La inviterei a relazionare, se possibile, su quanto avvenuto, perché temo che, nelle prossime settimane, anche alla luce delle notizie di oggi sull'incriminazione in un tribunale inglese dell'ex Ministro Livni per i fatti di Gaza, il coinvolgimento delle istituzioni internazionali sarà progressivamente più presente. Una reazione di assoluta chiusura o di non collaborazione da parte del Governo israeliano mi sembrerebbe, dunque, destinata ad aggravare la situazione invece che a migliorarla.
Sulle proposte italiane, che penso vengano più, come lei affermava, dal Ministero


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dell'interno e da quello della giustizia, in merito alle politiche di detenzione, il tema merita di essere approfondito.
Se, però, si tratta di prendere un cittadino dell'Unione europea - si sta parlando di questo - magari residente in Italia e di cittadinanza belga e mandarlo a scontare la pena in carcere nel proprio Paese di origine, ossia in Belgio, invece che in Italia, non so se ciò sia in linea con lo spirito della costruzione di un'entità di cittadinanza europea.
Il fatto che un cittadino che risiede in un Paese, che, per qualche motivo, vi abbia commesso un reato e che, solo per questa ragione, debba vedersi sradicato, ed essere spostato in un altro Paese dell'Unione europea mi pare in contraddizione anche con il principio che è, invece, alla base della seconda proposta, che riguarda la confisca dei beni della criminalità organizzata, che dovrebbe avvenire in uno spirito di collaborazione e cooperazione con tutti i Paesi europei.
Questa è una materia più di competenza del Ministero dell'interno, ma credo che meriterebbe un approfondimento, perché si rischia di andare contro alcuni princìpi, come quello della cittadinanza europea, che sono condivisi ampiamente in questo Parlamento.

LAMBERTO DINI, Presidente della 3a Commissione del Senato della Repubblica. Voglio felicitarmi con il Ministro per averci relazionato in maniera così completa su quanto è successo al Consiglio europeo, al quale, come ricordavo, i Ministri degli esteri non sono stati ammessi, pur avendolo preparato e avendo potuto trarne molto bene le fila.
Volevo ricordare, per quanto riguarda il Servizio diplomatico europeo, che la Commissione affari esteri del Senato, quando ha espresso il parere sulla finanziaria, ha chiesto di fornire un contributo di personale adeguato. Da parte nostra c'è sicuramente un sostegno.
A me pare che la prima riunione del Consiglio europeo dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona sia stata una buona occasione, concentrata però essenzialmente sulle questioni interne, che riguardano più direttamente i Paesi, il che mi pare giusto.
L'unica questione di rilievo internazionale è stata la posizione dell'Europa in materia di clima. Il Ministro ha sottolineato che, senza impegni precisi e vincolanti, non si può affermare che Copenaghen sarà un successo. Sarà difficile che questo avvenga, perché non credo che il Presidente Obama abbia il mandato, da parte del Congresso, per assumerne. Tuttavia, un documento politico nel quale si cerchi di fissare alcune regole e alcuni limiti può essere, in ogni caso, necessario.
All'inizio avevo sottolineato che, dopo il Consiglio europeo, quelli di settore, l'Ecofin e le riunioni del Consiglio affari generali si concentreranno anche sulle sfide economiche che abbiamo di fronte. Ho appurato che, sia da parte della Cina, sia degli Stati Uniti, non c'è alcuna preoccupazione per le conseguenze delle proprie politiche sull'Europa. In questo momento non si guarda all'Europa, che potrebbe pagare il prezzo più alto del risultato di tali politiche.
Come ci difendiamo? Quali sono le iniziative? La Cina rifiuta una rivalutazione dello yuan, la sua moneta, che è nettamente sottovalutata, a meno che non lo consideri necessario per ragioni interne e non per le pressioni che le possono venire dall'esterno. Tali ragioni interne possono essere, per esempio, l'inflazione, nel qual caso evidentemente i cinesi potrebbero accettare una certa rivalutazione dello yuan. Non c'è da sperare in questo, però, quindi continueremo a subire la concorrenza fortissima dei prodotti cinesi a basso costo.
Negli Stati Uniti, l'obiettivo è di raggiungere una crescita del 3,5-4 per cento l'anno prossimo e, in particolare, di aumentare notevolmente, nel corso dei prossimi anni, le esportazioni come percentuale del prodotto interno. Oggi sono intorno al 10 per cento e l'obiettivo, nel medio periodo, è di portarle al 15-20 per cento. Come lo possono fare, se non con un dollaro molto debole?


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Da un lato c'è, dunque, la Cina con i suoi prodotti, dall'altro si aggiungono le esportazioni americane, favorite da un dollaro molto debole. Ciò avrà l'effetto di schiacciare le economie europee e la crescita dell'Europa.
C'è poco da fare. Abbiamo accettato consapevolmente le regole che gestiscono l'euro e garantiscono la stabilità interna. Non si può creare inflazione all'interno, ma possiamo soltanto subirla se viene dall'esterno. Questo garantisce un'area di stabilità e credo che sia giusto, se si riconosce che la stabilità sia una buona base anche per la crescita.
Quali sono, però, le politiche della crescita a fronte delle pressioni che ci vengono dall'esterno? Il rischio è che, mentre altri Paesi riprenderanno la loro crescita in maniera significativa, l'Europa rimarrà un'area prospera, di alta protezione sociale, ma di bassa crescita e di declino relativo rispetto alle altre aree del mondo. Siamo veramente confinati a questa prospettiva?

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Frattini per la replica.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Ovviamente i temi sollevati dal presidente Dini, a mio avviso, sono talmente importanti che si sta considerando l'idea di dedicare una riunione del Consiglio europeo proprio alla valutazione dell'impatto delle grandi economie globali sullo sviluppo dell'Europa.
Credo che sarà difficile parlare di una nuova strategia di crescita e di competitività, di una nuova Strategia di Lisbona, senza valutare l'impatto di fenomeni come quelli che ora il presidente Dini descriveva. Ritengo, perciò, che la questione sia davvero di straordinaria importanza.
Vengo alle specifiche questioni. Per quanto riguarda il personale diplomatico, ovviamente non sarà tutto nuovo. Dovremo essere in grado, da aprile, quindi ben prima che il concorso sia espletato, di inviare funzionari, naturalmente di diversi livelli, per aspirare a occupare posizioni non solamente junior, ma anche senior e top level. Questo richiede, evidentemente, una progressiva politica di reclutamento del personale con una vocazione e una capacità professionale mirate all'Unione europea. Si pone un'esigenza di formazione, che ho chiesto alla scuola diplomatica di indirizzare in questo senso dal prossimo anno in poi.
Raccolgo in pieno il suggerimento - domanda retorica - dell'onorevole Antonione. Ci vorrebbe davvero una maggiore conoscenza da parte dei Parlamenti nazionali sulle questioni europee e sulle specifiche tematiche, anche per una ragione pratica: con il Trattato di Lisbona, come voi sapete, i Parlamenti nazionali avranno un ruolo molto maggiore che in passato, perché, secondo criteri di maggioranza stabiliti dal trattato, potranno addirittura ottenere il ritiro di proposte legislative della Commissione europea. Se vi sarà una proposta non condivisa dalla maggioranza qualificata dei Parlamenti dei Paesi membri, la Commissione sarà obbligata a ritirarla. Avranno, dunque, un ruolo di grandissima importanza. Pensate al tema della sussidiarietà: se all'Europa venisse in mente di rilegificare materie di competenza degli Stati membri, vi potrebbe essere una reazione di questo genere.
Auspicherei - ma lo deciderete voi, il Parlamento - che vi possa essere un giorno una sessione dell'Aula, in cui, in una mattinata, si possa illustrare a tutti i colleghi quanto sia importante sapere che, non solo sulla politica estera, ma su quella dell'energia, della sicurezza ambientale, dei trasporti, ormai le regole sono decise in Europa e non più in Italia. Ovviamente, sono decise in Italia, ma sulla base di cornici europee. Questo è un principio che mi permetterei di richiamare all'attenzione di tutto il Parlamento, con le regole e i criteri che vorrete decidere.
Onorevole Razzi, ho parlato della Turchia. Ho anche riferito che si è aperto un nuovo capitolo negoziale, quello sull'ambiente, e, nelle conclusioni, con il forte impulso dell'Italia, si è scritto che il negoziato con la Turchia prosegue. Sapete che vi era una richiesta di blocco da parte


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di Cipro, con un garbato sostegno da parte della Grecia. Cipro ha accettato alla fine l'apertura di tale capitolo, che altrimenti avrebbe determinato il blocco del processo negoziale con la Turchia.
Rimaniamo della stessa opinione, da questo punto di vista. Abbiamo messo in luce alcuni problemi di attuazione dei criteri europei da parte della Turchia, ma ciò rientra nella logica del negoziato.
Onorevole Mecacci, il tema israelo-palestinese meriterebbe senz'altro una discussione molto più approfondita. Ho compiuto un viaggio ad hoc nei Territori palestinesi e in Israele proprio il giorno dopo il Consiglio dei Ministri degli esteri, per portare al Primo Ministro Fayad e al Primo Ministro Netanyahu il messaggio che fosse il momento di riprendere il negoziato.
Devo dire, a onor del vero, che l'Italia si è battuta perché il documento finale fosse equilibrato; avendo lasciato delusioni nell'una e nell'altra parte, significa che lo è. Alla fine tutti si possono riconoscere nel documento dell'Unione europea.
Ho visto con i miei occhi che, dopo la decisione del Primo Ministro Netanyahu, le strade di Gerusalemme sono intasate da gente che dimostra e blocca la circolazione contro la decisione presa. Non sarà la decisione di congelamento totale degli insediamenti, è vero, ma è un primo passo importante nella giusta direzione e la protesta forte cui il Governo israeliano sta resistendo lo dimostra.
L'Italia è sempre in prima fila nel sostegno all'Autorità nazionale palestinese e al Presidente Abbas. Credo che il punto di svolta avverrà quando sarà prorogato il suo mandato. È difficile immaginare di aprire una campagna elettorale per votare a gennaio su un nuovo presidente palestinese e aprire il negoziato in contemporanea. Non è pensabile. A mio avviso, ci vuole una cospicua proroga temporale del mandato del Presidente Abbas per dargli il tempo quindi di consolidarsi. Solo allora potrà riprendere il negoziato. Nessuno può pretendere che egli faccia concessioni in piena campagna elettorale.
Ci sono due elementi di debolezza, da parte israeliana e da parte palestinese. Ne ho parlato ieri con la signora Clinton e ne parlerò oggi con il senatore Mitchell, l'inviato speciale del Presidente Obama, il quale, non a caso sta ritardando la sua visita nei Territori proprio perché occorre, anzitutto, che il Presidente Abbas sia confermato per un tempo congruo, che gli permetta di riprendere il negoziato.
Sulle politiche di detenzione, quello che lei ha osservato è evidente e io sono d'accordo. Il criterio è quello del Paese di ordinaria residenza, non quello di cittadinanza: il cittadino belga che risiede in Belgio viene rimandato in Belgio, quello che risiede abitualmente in Italia sconta la pena in Italia. Questa è la regola che è stata inserita.

PRESIDENTE. Oltre a ringraziarla, signor Ministro, voglio sottolineare ancora una volta il consenso unanime che riscuote quando viene in queste Commissioni riunite. Credo che debba restare agli atti.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,35.

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