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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XIII
6.
Giovedì 30 luglio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

Comunicazioni del sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, in merito al fermo biologico della pesca per il 2009:

Russo Paolo, Presidente ... 3 5 8 11
Agostini Luciano (PD) ... 5
Brandolini Sandro (PD) ... 6
Buonfiglio Antonio, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali ... 3 8
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 6
Dima Giovanni (PdL) ... 7
Faenzi Monica (PdL) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 30 luglio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 13,55.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Comunicazioni del sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, in merito al fermo biologico della pesca per il 2009.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, comunicazioni del sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, in merito al fermo biologico della pesca per il 2009.
Do la parola al sottosegretario Buonfiglio.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Ringrazio il presidente e la Commissione per due motivi: innanzitutto, è un risultato positivo - speriamo trovi conferma nel prossimo disegno di legge finanziaria - il fatto che, per la prima volta, sia contenuto nel DPEF un riferimento alla pesca e al rifinanziamento del piano triennale. Ringrazio, dunque, la Commissione e il relatore, onorevole Dima. In secondo luogo, rivolgo un ringraziamento anche per avere calendarizzato così velocemente e tempestivamente queste comunicazioni sul fermo della pesca, a cui tenevo molto.
Lo scorso anno, in un periodo assolutamente particolare per il settore, che doveva fare i conti con gli effetti del caro gasolio, è stato adottato un provvedimento puntuale che prefigurava un possibile fermo.
Sebbene non fosse previsto, nell'annualità in corso, alcun passaggio obbligatorio davanti alle Commissioni competenti di Camera e Senato, ho ritenuto utile e necessario che le iniziative sul fermo biologico fossero sottoposte alle Camere perlomeno in forma di comunicazione. Il provvedimento, sia pure approvato all'unanimità dalla Commissione consultiva centrale per la pesca e l'acquacoltura, che rappresenta le organizzazioni, le associazioni, il mondo della ricerca e le regioni, ancora non è stato firmato (lo sarà oggi pomeriggio). Comunque, ne ho lasciato una copia agli atti della Commissione, proprio perché mi sembrava più rispettoso informarne le Commissioni parlamentari competenti prima del suo perfezionamento.
La disciplina sul fermo biologico è in larga parte obbligatoria, con riferimento ai piani di gestione approvati dalla Commissione europea e al Piano operativo nazionale, che, per quanto riguarda l'Italia, prevede, a seguito di una decisione assunta nella precedente legislatura in sede di Conferenza Stato-regioni, una ripartizione di competenze tra Stato centrale e regioni.
Il fermo biologico è una attività necessaria affinché l'Unione europea possa in qualche modo adottare misure economiche di accompagnamento; la relativa


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disciplina è prevista sia nei piani di gestione operativi delle regioni sia nel piano unico, che confluiscono a Bruxelles per l'ottenimento di risorse a valere sul Fondo europeo della pesca (FEP). Poiché l'obiettivo del fermo è quello di tutelare le risorse biologiche, esso viene imposto per lo più nei periodi di riproduzione delle specie destinate al prelievo.
Tuttavia, fino allo scorso anno, l'argomento del fermo biologico ha costituito oggetto di molteplici discussioni (va detto, peraltro, che la situazione era resa più caotica dal rincaro del petrolio e dal conseguente innalzamento del prezzo del gasolio). Infatti, da un lato, vi era l'esigenza di rispettare i periodi biologici; dall'altro, quella di ottenere misure di accompagnamento. Storicamente, il settore della pesca gode, in Italia, di tali misure, anche se provvedimenti analoghi non sono adottati dalle altre nazioni europee e mediterranee. Ad esempio, in Grecia, dove il fermo biologico ha una durata di quattro mesi (da maggio a settembre), non è concessa alcuna indennità, da parte dello Stato, per l'arresto temporaneo delle attività.
Come dicevo, il fermo ha l'obiettivo fondamentale di consentire la riproduzione delle specie ittiche. Tuttavia, nel nostro Paese, la discussione si è sempre accavallata con quella concernente le misure di accompagnamento sociale, nonché, l'anno scorso, con il dibattito relativo alle ulteriori complicazioni derivanti dal rincaro del petrolio. È intervenuto, pertanto, un provvedimento legislativo ad hoc, che ha previsto anche l'applicazione della cassa integrazione in deroga e alcune misure volte all'attuazione dell'arresto definitivo.
Quest'anno la discussione è stata incentrata - di ciò va dato atto anche alla Commissione consultiva per la pesca e l'acquacoltura - sull'opportunità di prevedere un fermo ponte, nella prospettiva di una revisione dei piani operativi che consenta di pervenire, il prossimo anno, ad un fermo più adeguato alle singole esigenze delle organizzazioni professionali, degli operatori del settore e del mondo scientifico.
Come loro sanno, le unità amministrative di base corrispondono, nella pesca, alle sottoaree geografiche (geographical sub areas), che come riferimento hanno, più o meno, i mari (quindi, in Italia, abbiamo sette GSA). Il primo passo consiste, dunque, nell'avere attuato il fermo in modo che, il prossimo anno, vi possa essere un fermo autoregolamentato all'interno di ogni specifica zona territoriale.
Quest'anno abbiamo cercato di assicurare una convergenza con gli interessi scientifici e, soprattutto, di garantire i controlli da parte dello Stato centrale. Ad oggi, il blocco della pesca è comunque limitato alle imbarcazioni che praticano la pesca mediante reti a strascico e volanti, che sono i sistemi maggiormente impattanti. Tuttavia, la difficoltà è accresciuta dal fatto che i controlli vengono svolti puntualmente dalle capitanerie attraverso il ritiro o la consegna volontaria, da parte delle imbarcazioni, dei libretti di navigazione e della pesca. Un fermo troppo differenziato, in assenza di misure di controllo puntuali, sarebbe stato difficile. Per questo motivo si è attuato un contemperamento tra le esigenze biologiche e la necessità di garantire il rispetto delle norme.
Per grandi linee, il fermo tiene conto delle istanze delle marinerie (come lo scorso anno) e anche del fatto che interverrà l'approvazione, probabilmente nel prossimo autunno, di un importante regolamento comunitario (il regolamento dei controlli sulla pesca), che permetterà alle singole amministrazioni nazionali di effettuare controlli adeguati. Ciò significa che il prossimo anno il fermo sarà autogestito dalle singole zone, ma con la possibilità, da parte dello Stato centrale, di eseguire importanti controlli.
Proprio perché la discussione doveva essere ricondotta alla motivazione originaria della norma - tutelare le risorse biologiche - il fermo presenta, quest'anno, una differenza sostanziale rispetto


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a quello disposto lo scorso anno. Non sono direttamente previste, infatti, misure economiche di accompagnamento. Ciò, innanzitutto, per ovviare a una disparità di trattamento: pur trattandosi di risorse comunitarie, al Centro-Sud ne è assegnato l'80 per cento.
Nel contempo, trattandosi di un provvedimento che impone la sospensione dell'attività sia all'armatore sia ai dipendenti, si apre la possibilità di chiedere, in altra sede, l'attivazione degli ammortizzatori sociali (e lo stanno già facendo le organizzazioni rappresentative degli armatori).
Si tratta di un aspetto oggettivamente molto importante, perché comunque, dal punto di vista pratico, i dipendenti delle imbarcazioni non subiranno alcun nocumento di tipo economico. A tale proposito, abbiamo ottenuto dalla Direzione generale degli ammortizzatori sociali del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali la disponibilità a incrementare il fondo destinato alla pesca di ulteriori 10 milioni di euro, che si aggiungono ai residui dello scorso anno, nonché l'impegno a verificare il «tiraggio» di quel capitolo alla fine di settembre. In tal modo, non soltanto si può dare ai lavoratori la possibilità di non subire danni economici, ma si può anche ampliare, ove possibile, la platea dei beneficiari del contributo.
È doveroso aggiungere che nel decreto-legge n. 78 del 2009, recante provvedimenti anticrisi, è contenuta una norma che concede un premio ai datori di lavoro che riassumono i dipendenti posti in cassa integrazione. Ciò vuol dire che, cessato il periodo di fermo, gli stessi armatori, qualora riassumano il personale - e penso che tutti lo faranno - potranno beneficiare, sia pure indirettamente, di una sorta di contributo per il fermo (sebbene quella di concederlo non fosse una prassi costante negli anni scorsi).

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

LUCIANO AGOSTINI. Signor presidente, interverrò brevemente, innanzitutto per dare atto al sottosegretario di avere conquistato - per così dire - la menzione del rifinanziamento del Piano triennale per la pesca nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Non vorremmo, tuttavia, che a tale riconoscimento non facessero seguito i correlati interventi nella prossima legge finanziaria e che il promesso rifinanziamento si rivelasse un «sol dell'avvenire» che non vedremo mai (come il fondo di solidarietà).
Comunque, i presupposti perché la cosa vada a buon fine ci sono. Diamo atto al sottosegretario dei suoi meriti, tra i quali quello di avere instaurato un rapporto molto stretto con la Commissione, al contrario del Ministro, il quale, invece, tende a snobbare il confronto in questa sede parlamentare.
Prendo atto positivamente anche delle comunicazioni del sottosegretario sul fermo biologico e condivido il modo in cui è stata impostata la questione. Mi pare che si vada verso il superamento di quello che, storicamente, era configurato come un fermo pesca di tipo rigido, imposto a dispetto di coloro che avevano sempre manifestato l'esigenza, forse anche giusta, di differenziarlo per specie. Si trattava di una disciplina contraddittoria, che ormai aveva fatto il suo tempo. Ebbene, ora mi pare che si vada in tutt'altra direzione. Nel 2010 avremo un fermo pesca articolato per zone, autogestito, che consentirà di trovare un punto di equilibrio che tenga conto anche delle indicazioni della comunità scientifica (la quale, essendo contraria al fermo pesca rigido, ci indicava la strada della differenziazione per specie e del mantenimento di un rapporto biologico diverso).
Pertanto, mi pare che ci possa essere la nostra condivisione sul modo in cui è stato impostato un problema che è molto rilevante per il comparto della pesca.
Sottosegretario, mi auguro che le parole da lei pronunciate oggi - in relazione alle quali non abbiamo esitato a


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manifestarle la nostra condivisione - non siano contraddette dallo sviluppo concreto dei fatti.
Per quanto mi riguarda, quindi, diamo atto del carattere positivo non soltanto delle comunicazioni odierne, ma anche del modo in cui si intende procedere nei confronti di questo problema molto importante, che, avendo riguardo ai mari particolarmente piccoli, come quello che bagna il luogo in cui risiedo (l'Adriatico), interessa sostanzialmente quel comparto della piccola pesca a cui anche lei, signor sottosegretario, ha fatto riferimento.

SANDRO BRANDOLINI. Signor presidente, signor sottosegretario, mi associo alle considerazioni svolte dal collega Agostini, il qual ha voluto darle atto, sottolineandola, della sensibilità da lei dimostrata - della qual cosa la ringraziamo - riguardo a un tema importante come quello della pesca.
Alle parole del collega desidero soltanto aggiungere, con riferimento alla tempestività con la quale ha reso le comunicazioni odierne, signor sottosegretario, che da questo punto di vista l'ho anticipata: proprio ieri abbiamo presentato un'interrogazione - il cui contenuto richiamerò brevemente - la quale teneva conto della bozza di decreto, la sostanza del quale è rimasta pressoché immutata, sebbene dal testo definitivo sia stata espunta la parte riferita alle misure compensative.
Il problema che abbiamo posto con l'interrogazione cui ho accennato - avremo occasione di dibatterlo in altra sede con le associazioni di categoria - è il seguente. Gli ammortizzatori sociali in deroga sono un fatto importante, in quanto proteggono tutti i lavoratori dipendenti, compresi i soci delle cooperative di produzione e lavoro, i quali sono equiparati, ai fini della cassa integrazione, ai lavoratori dipendenti. Purtroppo, nella piccola pesca, l'istituto non protegge i proprietari di barche i quali sono essi stessi imbarcati e quindi, sono marittimi al pari degli altri, sono lavoratori del mare a tutti gli effetti. I decreti precedenti assicuravano una copertura ai predetti soggetti, in quanto anche a loro veniva riconosciuto l'indennizzo di cui beneficiavano i lavoratori dipendenti.
Intanto, il decreto va nella direzione giusta. Il 2009 sarà un anno ponte (su questo poi torneremo). Se possibile, bisognerebbe dare una risposta ai lavoratori anche nel corso del 2009; in tal modo daremmo loro una mano in un anno che, a causa della crisi, è stato di certo molto difficile.
Lei conosce il settore meglio di me, signor sottosegretario. Sa bene, quindi, che nell'alto Adriatico la pesca è stata magra, quest'anno in particolare. Stare fermi un mese senza ricevere neanche quel minimo che era stato garantito l'anno scorso aggrava una situazione che è già difficile.

ANITA DI GIUSEPPE. Anch'io la ringrazio, signor sottosegretario, perché il rapporto che c'è con lei è più diretto rispetto a quello che riusciamo ad avere con il Ministro (ma ognuno ha il suo modo di fare...).
Abbiamo già parlato, pochi giorni fa, della questione molisana. Lei ha svolto, oggi, alcune osservazioni, che peraltro avevo già letto (perché mi documento prima di partecipare a una discussione). Giustamente, lei afferma, signor sottosegretario, che il fermo biologico serve proprio a tutelare alcune specie ittiche. Questo nessuno può metterlo in dubbio.
Afferma anche, però, che le questioni sociali devono essere trattate su un altro tavolo, aggiungendo che vi impegnerete e presidierete addirittura quel tavolo. Credo, tuttavia, che presidiare un tavolo al quale sieda Tremonti sia difficile: a mio avviso il «superministro» tiene in poco conto l'agricoltura e tende a metterla un po' nell'angolo. Io ritengo che sia compito vostro fare in modo da avere un maggior peso, perché l'agricoltura lo merita.
Lei conosce anche la questione della marineria molisana, signor sottosegretario, e sa bene come essa ritenga che non si danneggi la fauna ittica, in questo


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periodo, in quella parte del mare Adriatico. Vorrei, dunque, porle una domanda. Se ho ben capito, quella da lei illustrata è una soluzione ponte, valida per quest'anno, mentre il prossimo anno vi sarà una maggiore condivisione con le rappresentanze locali. Perché, allora, non cercare tale condivisione adesso? Perché non si è pensato di preparare, a monte, quanto necessario per condividere di più?
Lei conosce la posizione del Molise. So che ha formulato una proposta di fermo pesca dal 15 agosto al 15 settembre e che la marineria molisana non l'ha accolta (pongo la questione del Molise perché, come lei sa, signor sottosegretario, vivo lì; mi sembra anche logico). Ebbene, non c'è un modo per tenere conto delle esigenze della marineria molisana? Lei sa che, quando è in atto il fermo biologico, a risentirne molto sono i lavoratori del settore.
Quanto alla questione delle compensazioni statali, lei dice, signor sottosegretario, che c'è la possibilità di far scattare gli ammortizzatori sociali. Tuttavia, tra la mera possibilità e il fatto che siano concretamente attivati c'è una certa differenza! Le chiedo, allora: saranno effettivamente attivati gli ammortizzatori sociali o vi è soltanto la mera possibilità che ciò accada?

MONICA FAENZI. Signor sottosegretario, anch'io la ringrazio per l'attenzione che ha dedicato alla problematica del fermo biologico.
Le condizioni della costa tirrenica sono un po' diverse: il fermo ha creato grossi problemi, specialmente in Toscana e in Liguria.
Sebbene i costi delle marinerie siano spalmati su 365 giorni all'anno, i giorni effettivi in cui le stesse riescono a lavorare sono meno di 180, nei quali sono costrette, talvolta, anche a fare i conti con le avverse condizioni meteomarine. Se è vero che la Grecia attua un fermo di quattro mesi, è anche vero che può contare su condizioni meteomarine diverse dalle nostre. Inoltre, in taluni casi, a causa dell'insufficienza delle infrastrutture, non è agevole uscire dai porti (forse, si dovrebbe aprire una parentesi sull'impraticabilità di molti nostri scali). Vi sono, infine, difficoltà nel reperimento delle maestranze (anche ai fini di un'eventuale riassunzione) e nella commercializzazione del prodotto.
Diciamo che l'imposizione del fermo, soprattutto nel mese di settembre, produrrà un incremento dell'importazione del prodotto fresco da Paesi terzi, con un notevolissimo detrimento per il mercato interno.
L'obbligatorietà del fermo, dunque, è la vera questione di merito che mi sento di sottoporle, signor sottosegretario. So che lei ne è consapevole, perché siamo stati letteralmente subissati da telegrammi di protesta.
Occorre sottolineare, peraltro, che su una superficie di 2 mila chilometri quadrati operano 500 piccole imbarcazioni, mentre soltanto 300 imbarcazioni praticano la grande pesca su un'area di 3.600 chilometri quadrati. Quindi, tutto sommato, sebbene il fine del fermo pesca non sia contestabile, è anche vero che, probabilmente, i danni alla massa ittica non sono prodotti nella lungo la costa tirrenica, anche per la diversità della sua morfologia.
Il mio è un ultimo, accorato appello, che le rivolgo, signor sottosegretario, in rappresentanza di tutte le marinerie della Toscana e della Liguria. Auspico si possa prevedere, anche nell'ambito di una soluzione ponte come quella adottata per l'anno in corso - e comunque per il 2010 - che i 30 giorni consecutivi di fermo pesca siano facoltativi, o almeno siano posticipati al periodo ottobre-novembre. Per noi sarebbe la soluzione ideale, anche sotto il profilo turistico.

GIOVANNI DIMA. Signor presidente, aggiungerò pochissime considerazioni a quanto già detto dai colleghi.
In primo luogo, desidero sottolineare l'importante e brillante lavoro svolto dal sottosegretario Buonfiglio, il quale, com'è stato evidenziato, si è prodigato per fare


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in modo che la pesca tornasse ad essere, nell'ambito dell'ampia discussione sul DPEF, un aspetto centrale delle politiche del Governo. Lo sottolineo perché abbiamo lavorato affinché ciò accadesse. Il sottosegretario ha saputo recepire gli stimoli, gli inviti da parte della Commissione ma, evidentemente, già all'interno del Ministero stavano maturando idee precise per quanto riguarda il comparto della pesca.
Quanto al tema specifico del fermo biologico, del quale ci stiamo occupando oggi, voglia sostanzialmente accogliere, signor sottosegretario, non soltanto le richieste che provengono dai banchi dell'opposizione, ma anche l'invito, che proviene dalla maggioranza, a immaginare di effettuare, il prossimo anno, una più approfondita valutazione di merito riguardo ai compartimenti marittimi, ai litorali e alle specificità dei nostri mari; a pensare, quindi, per quanto attiene alla questione del fermo biologico, a una maggiore articolazione di tale misura, attuata tenendo conto, nel prossimo futuro, delle diverse specificità.
Credo che la Consulta nazionale dell'agricoltura, nel fornire il suo supporto scientifico, terrà conto, cara collega Faenzi, anche degli aspetti più schiettamente sociali ed economici della vicenda.
All'interno di tale quadro, credo che il lavoro svolto finora dal sottosegretario e, soprattutto, l'impegno profuso per ottenere gli evidenziati risultati, non potranno che produrre una maggiore definizione del concetto del fermo pesca.
Pertanto, saluto con grande soddisfazione il fatto che l'esigenza di proseguire nel percorso che abbiamo intrapreso sia condivisa da tutti i presenti. Se fossimo stati chiamati ad esprimere un voto, avremmo finalmente raggiunto l'unanimità.

PRESIDENTE. Cogliendo l'opportunità offertami dalla presenza del sottosegretario Buonfiglio, del quale mi sono ben note la competenza e la solerzia, gli chiedo di aiutarmi a comprendere bene l'ipotesi del fermo ponte, con riferimento a quanto osservato dalla collega Di Giuseppe.
In altre parole, quali sono state le condizioni che non hanno consentito di evitare il ponte e di attuare oggi ciò che vorremmo realizzare l'anno prossimo?
Do la parola al sottosegretario Buonfiglio per la replica.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Innanzitutto, svolgo una considerazione di carattere preliminare, precisando che non intendo né scaricare le responsabilità su altri, né difendere qualcuno.
Mi occupo direttamente di pesca dal 5 maggio, data alla quale, di solito, il fermo pesca è già definito. Questo è il primo dato di fatto.
Ciò premesso, vengo subito alla domanda formulata dal presidente con riferimento alle motivazioni che hanno indotto ad adottare una soluzione ponte. Il fermo, nella pratica, si dibatte tra due fattori: da un lato, le ragioni di natura biologica; dall'altro, le possibilità di effettuare controlli da parte dello Stato.
Tutti siamo convinti - mi sembra che la discussione l'abbia confermato - della necessità di una maggiore libertà, non tanto, forse, delle singole imbarcazioni, quanto dei singoli compartimenti marini, proprio perché esistono specificità diverse. Il problema è che dobbiamo garantire che il fermo sia rispettato da tutti. Oggi, ciò avviene mediante la consegna del libretto di navigazione da parte delle imbarcazioni.
Ha indirizzato verso una soluzione ponte anche il fatto che il fermo riguarda 2.000 imbarcazioni su 14.000. Mi spiego. Come ha giustamente rilevato la collega Faenzi, il fermo è sicuramente necessario per le imbarcazioni che utilizzano le reti a strascico e le volanti, che sono quelle con maggior impatto ambientale. Per tali imbarcazioni è ritenuto necessario, da un punto di vista scientifico, un periodo minimo di trenta giorni di fermo, proprio perché, quando operano, esse prendono


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tutto quello che incontrano sul loro cammino.
Tuttavia, è anche vero che, al di là di queste 2000, ve ne sono altre 12.000, che non sono soggette al periodo del fermo biologico. Ebbene, contrariamente a quello che si può pensare, le imbarcazioni della cosiddetta «piccola pesca» possono avere capacità impattanti addirittura superiori a quelle poc'anzi considerate.
Tutti sappiamo che la misura ottimale è quella di differenziare per territori e per stagioni: fare il fermo del pescespada a giugno, luglio, agosto e settembre ha un senso; se, invece, lo si fa, come ci impone l'ICAT - quindi, non la Commissione, ma un organo addirittura sovranazionale - a ottobre e novembre, diventa una misura che non ha molto senso. Poiché ogni specie ha il suo momento riproduttivo, è da questo che deve dipendere il fermo.
Chiaramente, quest'anno, i tempi ristretti e anche l'impossibilità di controllare puntualmente i singoli territori hanno suggerito di attuare una misura che, comunque, rappresenta un buon compromesso tra le esigenze biologiche e quelle di controllo.
Siamo consapevoli, naturalmente, che esistono alcuni casi particolari. Ad esempio, quello della Toscana, regione citata dalla collega Faenzi, è un mare in cui, oggettivamente, già vigono molteplici divieti e vincoli di un certo tipo, derivanti dalla elevata protezione che si intende assicurare ai parchi marini e alle zone tutelate. Di conseguenza, in un periodo come questo, il fermo costituisce un gravame ulteriore.
È anche vero che, al di là dei 365 giorni di calendario, mediamente, un'imbarcazione esce in mare un giorno su due. Quindi, per le specie o per le attrezzature in relazione alle quali non sarebbe necessario un periodo di fermo prolungato, anche un ridotto calendario di uscite (o un calendario effettivo) può permettere di conseguire l'obiettivo della tutela.
L'obiettivo del fermo ponte, dunque, è quello di arrivare a un calendario; tuttavia, perché ciò sia possibile, occorre che si realizzino due condizioni. Innanzitutto, la strumentazione di controllo dovrà essere all'altezza. Questo risultato riusciremo ad ottenerlo, probabilmente, anche attraverso l'applicazione del regolamento controlli, che sarà approvato tra settembre e ottobre. Nel momento in cui disporremo di strumenti che consentiranno di effettuare valutazioni puntuali, non vi sarà più bisogno di ricorrere alla consegna del libretto di navigazione o all'intervento delle capitanerie per inseguire la singola imbarcazione.
Vi è, poi, l'altro dato di cui ho già detto, in relazione al quale, però, è importante controllare il messaggio che potrebbe essere letto in controluce. A mio avviso, abbiamo conseguito un grande successo - non potenziale, ma reale - ottenendo che i fondi per gli ammortizzatori sociali fossero raddoppiati e, inoltre, che fosse possibile utilizzare i residui degli anni precedenti. Non deve passare, però, il messaggio, semplicistico e riduttivo, che stiamo pagando il fermo con i soldi degli ammortizzatori sociali.
In realtà, la legge n. 2 del 2009 offre, nel campo degli ammortizzatori sociali, una doppia possibilità (com'è noto, essa stabilisce il principio fondamentale dell'universalità degli ammortizzatori sociali, che possono trovare applicazione in presenza di una cessazione del rapporto di lavoro per cause indipendenti dalla volontà del datore di lavoro o del lavoratore).
La prima è quella di estendere la platea dei possibili beneficiari. Infatti, avendo riguardo alle problematiche specifiche del settore della pesca, non si capisce perché, sino ad oggi, abbiano potuto godere di protezione, in caso di fermo, soltanto i dipendenti di armatori dediti alla pesca a strascico e con volanti, ma non anche i lavoratori delle tonniere o delle imbarcazioni che praticano la pesca con i palangari o con altri attrezzi simili, per le quali vigono periodi di fermo obbligatorio indipendenti dalla volontà


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locale, in quanto previsti da regolamenti comunitari o addirittura dalla normativa internazionale.
In secondo luogo, essa contempla tutte le circostanze che sono proprie della cassa integrazione in deroga, comprese, ad esempio, le condizioni meteomarine. Infatti, molto spesso c'è la difficoltà, nei nostri mari, di uscire dai porti.
Per tutte le descritte situazioni non c'è una sostituzione di finanziamento; c'è, invece, la volontà di riportarle nell'alveo giusto, lasciando che la discussione sul fermo biologico si svolga nei termini più appropriati, ossia attribuendo rilevanza al periodo riproduttivo.
Invece, in questi anni, indipendentemente da chi ha governato, la discussione sul fermo è sempre stata incentrata sulla misura di accompagnamento economico-sociale e sull'opportunità di riservare quest'ultima ai dipendenti ovvero di estenderla anche ai datori di lavoro.
Penso che noi abbiamo avuto il merito, tutti insieme, anche i rappresentanti della Commissione consultiva centrale, di smitizzare il discorso sul fermo e di cercare di limitarlo alle esigenze di carattere biologico, contemperando queste ultime con la possibilità di effettuare controlli efficaci.
Prima di concludere, rispondo alle altre domande che mi sono state poste.
In Commissione consultiva, il fermo è stato approvato all'unanimità (ricordo che in essa siedono rappresentanti delle organizzazioni sindacali, delle cooperative, delle associazioni nazionali di imprese di pesca e acquacoltura, delle regioni e della ricerca scientifica).
Abbiamo previsto una sola eccezione: ci è sembrato normale, giusto e utile, in considerazione del particolare momento, che la regione Abruzzo, pur facendo parte della sottoarea geografica che comprende anche il Molise e parte delle Marche, potesse godere di una deroga, proprio in ragione del drammatico evento verificatosi ad aprile. Non è che l'Abruzzo non sia sottoposto al fermo: abbiamo deciso comunque di applicarlo, ma andando incontro alle esigenze della regione per quanto riguarda il periodo. Poiché era stata avanzata la specifica richiesta di consentire la pesca fino al 15 agosto, abbiamo deciso, per comprensibili ragioni di solidarietà, di far slittare l'inizio del periodo di fermo dal 15 agosto al 15 settembre.
Conseguentemente, senza riaprire la discussione sui tempi (perché incastrare tutte le singole esigenze sarebbe stato difficile), abbiamo chiesto alle regioni contigue se intendessero adeguarsi. Lo abbiamo chiesto alla regione Marche, che, però, si era già mossa in una determinata direzione. Peraltro, in quel caso, al di là del fermo, si pone un problema più ampio di pianificazione, relativo soprattutto all'organizzazione, secondo un calendario prestabilito, degli imbarchi per coloro che vanno in vacanza. Le Marche, dunque, hanno ritenuto più congruo e più normale prevedere il fermo alle date precedentemente stabilite.
L'abbiamo chiesto anche al Molise, sempre per ragioni di contiguità. Controllare soltanto le flotte pescherecce dell'Abruzzo e del Molise poteva comportare, in termini numerici, un dispendio di energie. Tuttavia, si trattava pur sempre di un'operazione sostenibile. Successivamente, rinnovata la richiesta in forma scritta, abbiamo ottenuto risposta dall'assessore competente della regione Molise, che ha espresso la sua preferenza per una sospensione dal primo al 30 agosto. A tale proposito, ci ha sorpreso il fatto che, come risulta dai verbali della Commissione consultiva, un dirigente dell'assessorato della regione Molise abbia votato a favore sia della formulazione originaria sia dell'approvazione del verbale nel testo definitivo.
Devo dire che altre regioni, come la Toscana, hanno accettato il fermo ponte a patto che si lavori, da settembre, affinché, attraverso l'estensione degli ammortizzatori sociali e la definizione puntuale delle GSA, si possa arrivare ad un'autoregolamentazione.
L'obiettivo del Governo è quello di stabilire, sulla base di criteri oggettivi, il calendario della pesca. Infatti, quando


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saranno disponibili strumenti di controllo adeguati, indipendentemente dal fatto che per la pesca a strascico occorrano 30 giorni continuativi di fermo, si potrà anche considerare che per altri tipi di pesca si osserva già, di fatto, un giorno di riposo su due. Su questa base, tenendo conto degli ammortizzatori sociali, potrà essere aperto un discorso che, senza comportare aggravi in termini di misure di accompagnamento economico e sociale, né danni economici per i dipendenti, consenta una più libera organizzazione di impresa e uno svolgimento più sereno dei rapporti di lavoro nel settore della pesca.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il sottosegretario per la disponibilità dimostrata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,30.

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