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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione III
3.
Martedì 16 dicembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Pianetta Enrico, Presidente ... 3

Audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vincenzo Scotti, sugli esiti della Conferenza ONU sul finanziamento allo sviluppo (Doha, 29 novembre-2 dicembre 2008) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Pianetta Enrico, Presidente ... 3 7 8 10
Barbi Mario (PD) ... 7
Scotti Vincenzo, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ... 3 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 16 dicembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEL COMITATO ENRICO PIANETTA

La seduta comincia alle 9,20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vincenzo Scotti, sugli esiti della Conferenza ONU sul finanziamento allo sviluppo (Doha, 29 novembre-2 dicembre 2008).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vincenzo Scotti, sugli esiti della Conferenza ONU sul finanziamento allo sviluppo (Doha, 29 novembre-2 dicembre 2008).
Gli do la parola per lo svolgimento della relazione.

VINCENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor presidente, le conclusioni della Conferenza di Doha sul finanziamento dello sviluppo, chiamata Doha declaration on financing for development, meritano di essere valutate, oltre che sotto il profilo generale della loro capacità di promuovere il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, anche in rapporto alle aspettative dell'Unione europea e dell'Italia, e in particolare, per quanto ci riguarda, sotto il profilo delle implicazioni per la presidenza italiana del G8.
Gli esiti della Conferenza di Doha confermano la validità dell'approccio che l'ormai imminente presidenza italiana del G8 intende proporre in tema di sviluppo. La dichiarazione finale propone, infatti, una visione ampia, nella quale una molteplicità di strumenti finanziari viene messa in campo per promuovere lo sviluppo economico-sociale dei Paesi poveri.
Sulla stessa linea si muoverà la nostra presidenza. Siamo convinti che per promuovere processi di sviluppo sostenibili sia necessario agire su un'ampia gamma di fattori. L'aiuto pubblico allo sviluppo resta un pilastro fondamentale dell'azione della comunità internazionale.
Ad esso devono affiancarsi, in un quadro più possibile coerente e organico, altri fattori altrettanto essenziali. Tra questi, vi è sicuramente il settore privato, attraverso investimenti diretti, rafforzamento dei legami commerciali e operazioni di partenariato pubblico-privato.
La Conferenza di Doha ha riconosciuto il ruolo di tutti questi elementi e noi intendiamo lavorare su queste premesse con i partner del G8 e con i Paesi dell'outreach, quelli che saranno invitati al G8.
Riteniamo inoltre che un apporto essenziale possa venire da attori non governativi. Penso in particolare alla significativa azione di cooperazione allo sviluppo promossa dalle autonomie locali, regioni e comuni, dalle fondazioni, dalle organizzazioni non governative e, più in generale, dalla società civile. A tutti questi protagonisti del partenariato per lo sviluppo, il G8, sotto la presidenza italiana, dedicherà un'attenzione particolare.


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Tanto nelle conclusioni di Doha, che negli approfonditi dibattiti che hanno caratterizzato la conferenza e negli interventi dei rappresentanti dei Governi africani e di quelli dei Paesi occidentali, sono state ripetutamente sottolineate le interconnessioni tra i vari settori e il carattere di interdipendenza che sempre più caratterizza l'economia globalizzata.
Per questo ritengo che sia appropriato il concetto di sostenibilità che la presidenza italiana vorrà porre come tema trasversale del nostro G8. Una sostenibilità che non si limita all'utilizzo razionale delle risorse naturali, e quindi al campo ambientale, ma si estende a quello economico e a quello sociale. In tutti questi settori, infatti, dovremo avere sempre presente il legame tra il vantaggio immediato e la capacità di sostenere i processi in modo durevole.
Dovremo, inoltre, guardare non solo agli interessi della generazione attuale, ma anche a quelli delle generazioni future.
L'esigenza di reagire a tentazioni protezionistiche, come riflesso difensivo dalla crisi economica, è stata riaffermata a Doha.
La salvaguardia di un sistema multilaterale di scambi, quale quadro di riferimento meglio rispondente agli interessi generali, e in particolare a quelli dei Paesi in via di sviluppo, è stata ribadita nella Doha declaration.
Il G8, sotto la guida italiana, continuerà a svolgere un'azione di impulso politico e di stimolo per un positivo completamento del Doha round e per l'attuazione della Doha development agenda.
Nell'intervento che ho pronunciato in plenaria a nome dell'Italia, ho sottolineato che l'Africa, gli obiettivi di sviluppo del millennio e la lotta contro la povertà resteranno in cima alle priorità del vertice G8 de La Maddalena.
Proporremo che la nostra azione collettiva rimanga focalizzata sull'Africa, essendo il continente che più gravemente rischia di essere marginalizzato ed escluso dai benefici della globalizzazione.
Non possiamo accettare che nel XXI secolo vi siano ancora persone che non hanno accesso al cibo, all'acqua, alla sanità e all'istruzione di base.
Nonostante la grave crisi che attraversa l'economia mondiale, dovremo moltiplicare gli sforzi per assicurare che l'Africa non sia vittima di una crisi che trova in altre parti del mondo le proprie origini.
Il Consiglio dell'Unione europea dell'11 novembre 2008 aveva definito le linee guida per la partecipazione alla Conferenza di Doha, individuando otto parametri, in rapporto ai quali misurare la qualità degli esiti finali della Conferenza, e quindi l'efficacia della strategia negoziale perseguita dall'Unione europea.
Tali parametri sono: il sostegno al buongoverno economico e finanziario dei Paesi in via di sviluppo; la promozione degli investimenti esteri per uno sviluppo sostenibile; il sostegno allo sviluppo della partecipazione dei Paesi in via di sviluppo al commercio internazionale, tramite il rafforzamento anche qualitativo dell'assistenza al commercio; lo sviluppo ulteriore delle forme innovative di finanziamento allo sviluppo; l'adozione del quadro di riferimento della sostenibilità del debito delle istituzioni di Bretton Woods, ai fini della concessione di nuovi prestiti ai Paesi in via di sviluppo; l'inclusione, nel quadro dei seguiti di Monterey, delle esigenze di finanziamento per far fronte alle sfide dei cambiamenti climatici, nonché della sicurezza alimentare ed energetica; la riduzione delle diseguaglianze di genere; la riforma del sistema finanziario internazionale, sulla base dei princìpi della trasparenza, integrità, responsabilità e inclusività di tutti i membri della comunità internazionale.
L'Unione europea ha svolto un ruolo centrale nel negoziato per la finalizzazione della dichiarazione di Doha; negoziato che si è protratto fino alle ultime battute della Conferenza.
In ultima analisi, si è riusciti a trovare, dopo mesi di negoziato inconcludente a New York, un equilibrato punto di incontro tra le spinte del G77 e le cautele della


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delegazione americana in questa fase di transizione tra l'amministrazione Bush e quella di Obama.
L'Italia ha offerto, in sede di coordinamento comunitario, pieno appoggio alla linea della presidenza francese, volta a dare priorità al coagulare un consenso sul testo, contenendo alcune impazienze di altri partner europei per progressi più marcati su specifici aspetti della posizione comune europea.
Non è stato un compito facile, perché le ultime fasi di stesura della dichiarazione si sono svolte con un effetto, per certi versi positivo, di massima trasparenza, di fatto, in pubblico, alla presenza dei rappresentanti delle ONG e della società civile.
Questo approccio aperto di massima trasparenza ha valso all'Unione europea il plauso delle ONG europee che, vedendo i loro rappresentanti in azione, hanno riconosciuto l'impegno a difendere nella sua integrità l'acquis di Monterey e gli impegni principali assunti nelle conclusioni del Consiglio europeo dell'11 novembre.
Io stesso, incontrando a Doha i rappresentanti delle ONG italiane, ho potuto constatare la disponibilità delle ONG stesse a un gioco di squadra per sostenere le priorità italiane ed europee in tema di sviluppo, fatto salvo il ruolo autonomo ribadito dalle ONG stesse di stimolo ai Governi per l'acquisizione di risultati, dal loro punto di vista, più avanzati di quelli effettivamente conseguiti.
Nell'ottica delle aspettative italiane, il primo risultato positivo conseguito è stata la riconferma delle impostazione di Monterey sul finanziamento dello sviluppo, da noi fortemente difesa con la valorizzazione del carattere olistico, per usare un termine molto in voga, dell'approccio dello sviluppo.
Con ciò intendiamo che l'aiuto pubblico allo sviluppo è una leva essenziale per promuovere lo sviluppo stesso accanto ad altre fonti di finanziamento altrettanto determinanti, quali la mobilitazione ai fini di sviluppo delle risorse finanziarie interne di ciascun Paese, la partecipazione piena al commercio internazionale dei Paesi in via di sviluppo, la promozione degli investimenti esteri, i prestiti internazionali sostenibili, il ricorso a fonti innovative di finanziamento, l'azione in tema di cambiamenti climatici (si tenga conto, tra l'altro, che solo la fuga di capitali dai Paesi in via di sviluppo ammonta a circa 400-500 miliardi di euro).
L'Italia ha sostenuto l'Unione europea nel portare avanti un'azione volta a ottenere dai Paesi emergenti un'assunzione più consistente di responsabilità comuni nell'attuazione dell'agenda globale sul finanziamento dello sviluppo.
Siamo ben consapevoli che esistono a questo riguardo delle forti sensibilità da parte dei Paesi emergenti che, pur essendosi caratterizzati per alti tassi di crescita, a seguito dell'apertura ai mercati internazionali, nel corso degli ultimi anni, devono ancora affrontare al loro interno gravi problemi connessi alla povertà.
Ci pare evidente la necessità di operare con gradualità e abbiamo presente la policy di molti Paesi emergenti di non limitare la propria discrezionalità nei rapporti internazionali, senza aver prima acquisito un nuovo status più preciso nei principali organismi economici multilaterali.
I risultati sono stati quindi limitati, soprattutto perché Doha non è stata percepita come la sede in cui far avanzare le aspirazioni di status dei Paesi emergenti che, di conseguenza, sono stati poco propensi ad assumere nuovi impegni, ma qualche passo avanti è stato registrato anche a Doha.
Il capitolo della Doha declaration sui finanziamenti innovativi costituisce un chiaro processo nell'ottica italiana ed europea. Le iniziative che vedono l'Italia protagonista sono citate come esempi positivi. Viene riconosciuto che i finanziamenti innovativi non sottraggono fondi agli aiuti per lo sviluppo tradizionale, che vanno quindi promossi con convinzione.
La Doha declaration riconosce il Leading group on solidarity levies, di cui l'Italia è uno dei partner più attivi, come foro internazionale importante per la promozione e lo sviluppo dei finanziamenti innovativi.


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L'Italia ha avuto particolare visibilità a Doha su questo tema, con la partecipazione al side event, con il Segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-Moon, sulla finanza innovativa, per presentare i progressi nell'attuazione dell'AMC con i contatti della delegazione italiana con l'ex ministro degli esteri francese, Douste-Blazy, adesso consigliere del Segretario generale delle Nazioni Unite per la finanza innovativa e, infine, con la partecipazione alla task force promossa dal Premier britannico Brown e dal presidente della Banca mondiale, Zoellick, sui meccanismi finanziari innovativi per i sistemi sanitari nazionali.
Anche il paragrafo sulla rimesse dei lavoratori migranti è un riconoscimento dell'azione italiana, condotta di intesa con l'ABI e gli intermediari finanziari italiani, sin dal vertice del G8 di Sea Island nel 2004, per ridurre il costo del trasferimento delle rimesse e per favorirne l'utilizzazione a fini di investimenti produttivi nei Paesi di origine.
Qualche progresso è stato registrato nel capitolo relativo al debito estero con il riconoscimento, da parte dei Paesi emergenti, della necessità, sia pure in termini generici e poco impegnativi, di fare anch'essi la loro parte nel cancellare il debito ai Paesi più poveri e indebitati e nel promuovere regole di prestito sostenibile, cioè evitare di concedere ai Paesi più poveri nuovi prestiti a condizioni finanziarie che li fanno ricadere nella spirale del debito insostenibile.
Il merito di questi primi passi in avanti possono essere ascritti anche all'Italia, che dall'approvazione dell'attuale legge sul debito estero, n. 209 del 2000, è in prima linea nell'azione internazionale per l'attuazione dell'iniziativa verso i Paesi più poveri e per l'adozione di regole di prestito sostenibile.
L'Italia è tra i promotori della dichiarazione OCSE del gennaio 2008 sul prestito sostenibile e del contributo del club di Parigi sul debito presentato alla Conferenza di Doha.
La Doha declaration, pur non innovando rispetto al Monterey consensus, ribadisce l'importanza determinante degli investimenti esteri privati per lo sviluppo dei Paesi in via di sviluppo, in una situazione di crisi internazionale, in cui, rispetto ai rischi di limitazione, vera o presunta, della sovranità nazionale, che gli investimenti esteri in determinati settori sensibili possono presentare, prevale la preoccupazione che la crisi delle istituzioni finanziarie occidentali inaridisca i flussi di investimento diretto nei Paesi in via di sviluppo, molto consistenti e in crescita negli anni scorsi.
La Doha declaration sottolinea l'importanza di sostenere gli investimenti nelle infrastrutture nei Paesi in via di sviluppo e di mantenere l'offerta di crediti export, di garanzia di credito export e di venture capital.
Sotto questo profilo, l'Italia si presenta in una situazione molto qualificata, avendo la SACE rafforzato la sua apertura nei confronti dei Paesi emergenti con l'allargamento del perimetro delle operazioni assicurabili: non soltanto made in Italy, ma anche made by Italy e made for Italy, cioè i grandi progetti infrastrutturali nel campo dell'energia e dei trasporti che mirano a rafforzare la sicurezza strategica dell'economia italiana insieme a quella dei Paesi in via di sviluppo partner.
Va ricordato anche che il piano Africa di SACE, con cui la nostra agenzia di assicurazioni del credito export ha aperto alla copertura di operazioni in Paesi africani precedentemente chiusi e l'apertura di nuovi uffici a Johannesburg e San Paolo del Brasile, per rafforzare il sostegno agli investitori italiani.
Si ricorda infine l'azione SIMEST che gestisce un fondo pubblico di venture capital.
Il capitolo più deludente è, probabilmente, quello dei cambiamenti climatici. L'Unione europea aveva accolto con favore il testo di compromesso che il Presidente dell'Assemblea generale, D'Escoto, aveva presentato su questo tema all'inizio della Conferenza. Esso conteneva il riconoscimento della necessità che anche i Paesi in via di sviluppo trovino le risorse finanziarie per attuare programmi di mitigazione


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con obiettivi di riduzione o di contenimento delle emissioni misurabili e verificabili.
La resistenza dei G77 ha fatto cadere questo impegno nel documento finale tenendo conto delle prospettive molto incerte allo stato attuale del negoziato in sede di UNFCCC, sul regime post protocollo di Kyoto.
In sostanza, su un tema di principio quale quello della comune responsabilità, anche se differenziata, di pagare i costi della lotta contro i cambiamenti climatici, i Paesi in via di sviluppo non hanno seguito D'Escoto neppure su un testo non vincolante che si configurava come una raccomandazione.
Con il vertice G20 di Washington del 15 novembre scorso, si è aperto un processo internazionale per la riforma del sistema finanziario multilaterale con un'agenda molto articolata che si è data una scadenza con il prossimo vertice G20 del 2 aprile del 2009 a Londra.
Questo processo coinvolge soprattutto, oltre ai Paesi G20, la Commissione europea, le istituzioni di Bretton Woods e il Financial stability forum. Anche le Nazioni unite sono coinvolte, ma il loro ruolo e la loro capacità e di offrire added-value restano da precisare.
Il Presidente dell'Assemblea generale D'Escoto si è battuto, perché le Nazioni Unite, come seguito di Doha, ospitassero il prossimo anno un summit per la revisione del sistema finanziario e monetario internazionale.
Questa ambizione è stata in qualche misura ridimensionata. Comunque, l'Unione europea e l'Italia hanno sostenuto la soluzione, poi adottata nella dichiarazione di Doha, per l'organizzazione, in ambito delle Nazioni Unite, di una conferenza di alto livello sulla crisi economica e finanziaria mondiale e sul suo impatto sullo sviluppo.
Il Presidente D'Escoto ha nominato un comitato di saggi, presieduto da Stiglitz, che dovrà presentare rapporto all'Assemblea generale.
Questo evento di alto livello si intersecherà con la preparazione del vertice G8 de La Maddalena, dove, come indicato all'inizio del mio intervento, il tema di come salvaguardare i Paesi in via di sviluppo dall'impatto della crisi finanziaria ed economica è centrale.
Resta infine la nota dolente, e particolarmente delicata per noi, del problema degli stanziamenti per l'aiuto allo sviluppo.
Nel 2008, siamo sostanzialmente in linea con la continuità, in particolare la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo è riuscita in pochi mesi a portare l'impegno di spesa, rispetto agli stanziamenti, ben oltre l'85 per cento.
Mi auguro che tale questione possa essere affrontata in Parlamento, alla ripresa dei lavori dopo la pausa di fine anno, per cercare una soluzione, anche di prospettiva per gli anni successivi, che sia chiara ed impegnativa e che permetta all'Italia di avere un'azione incisiva nel merito delle politiche di sviluppo e anche di continuare una tradizione estremamente significativa in questo campo.

PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario per la relazione molto ampia che ci ha voluto fornire, riguardo all'esito della Conferenza di Doha.
Apprezzo anche la sua chiusura, quando sottolinea l'esigenza che l'Italia, oltre alla collaborazione di carattere generale che ha svolto a Doha, possa, in prospettiva, offrire un maggior contributo, di natura operativa ed economica, in ordine a un tema così importante e strategico per il raggiungimento degli obiettivi del millennio e anche per portare avanti quella funzione di sviluppo che è sempre stata una grande tradizione del nostro Paese.
Do ora la parola ai deputati che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIO BARBI. Signor presidente, questo incontro ci impone di porci delle domande sul buon funzionamento dei lavori parlamentari. Evidentemente, infatti, fa piacere interloquire direttamente con il sottosegretario che ci informa dello stato delle cose, in relazione a una questione


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così rilevante; mentre dispiace che la presenza dei membri del Comitato sia così scarsa.
Questo è un punto sul quale probabilmente conviene riflettere. Lo pongo all'attenzione del presidente che, a sua volta, lo porrà forse all'attenzione del presidente della Commissione.
Le sollecitazioni che vengono dalla presentazione del sottosegretario Scotti sono molte. La principale è quella finale. Infatti, torniamo sempre al punto del rapporto tra le intenzioni e le possibilità, tra le nostre intenzioni e le nostre risorse.
Questo aspetto è accentuato dalla nostra responsabilità, perché il collegamento con la presidenza del G8 è il punto di partenza della relazione che abbiamo ascoltato. Quindi, il tema di interesse è quello della credibilità, con cui siamo in grado di assumere tale responsabilità.
Non so quale sia la risposta che potremmo dare a tale quesito, perché riproporre il tema in sede parlamentare, senza la volontà del Governo di intervenire e di concorrere con decisioni effettive a colmare il vuoto che si apre, è un'indicazione di metodo apprezzabile, che tuttavia non porta ad alcuna soluzione.
Ricordo, a tal proposito, che già in altre occasioni il sottosegretario Scotti, oltre a rilevare come questa riduzione di risorse fosse una ferita significativa nelle nostre possibilità di azione, riferisse anche dell'incertezza che avevamo nel poter assicurare il contributo dovuto, senza aumenti, al fondo globale per la lotta all'AIDS.
In proposito, colgo l'occasione per chiedere al sottosegretario se, a proposito di quei 130 milioni, per l'anno prossimo e per il 2010 sono in vista soluzioni, o se invece si corre ancora il rischio a cui aveva fatto riferimento in altre occasioni.
Inoltre, sottosegretario, vorrei porle alcune domande in particolare, prendendo spunto dalla sua relazione.
È stato fatto riferimento all'idea e all'intenzione che venga potenziato, messo in rete e fatto sistema della attività di aiuto allo sviluppo che viene svolta dalle regioni, dagli enti locali, dalla società civile e dai privati.
Ebbene, a che punto siamo su questo e quali sono i progetti in corso? Esiste un sistema di regia? Viene effettuata una raccolta di dati? Che cosa sappiamo e in che modo mettiamo a sistema questi elementi?
Quello del monitoraggio e della verifica della qualità dell'intervento è un tema aperto per quello che ci riguarda. Tale discorso è stato sollevato anche dalla direzione della cooperazione dell'OCSE che segue l'andamento degli aiuti dei vari Paesi.
L'ultima questione che intendo sollevare è relativa alla necessità di distinguere gli aiuti allo sviluppo, nel senso del perseguimento degli obiettivi del millennio che sommariamente sono stati ricordati (ossia il cibo, l'acqua, la sanità, l'istruzione di base, la lotta alle pandemie e quant'altro), e il tema della promozione delle esportazioni.
La promozione delle esportazioni dell'Italia è un'attività giusta, legittima, ovvia e necessaria nel quadro di una politica estera di promozione del nostro Paese nel mondo.
I riferimenti a SIMEST, SACE, ABI e quant'altro, effettuati in questa sede, credo che debbano essere distinti - e non potrebbe essere diversamente - dalla parte più strettamente umanitaria e di intervento per il superamento, il lenimento delle condizioni di povertà di tante aree del mondo, di tanti Paesi e di tanti Stati.
Quindi, come possiamo mantenere distinte queste due realtà? Come vengono distinte o messe in relazione, in modo da rendere evidente che un conto è perseguire gli interessi delle popolazioni che si trovano in tali condizioni e altro conto è perseguire gli interessi nazionali per quanto riguarda lo sviluppo economico e dell'export.

PRESIDENTE. Vorrei aggiungere una considerazione, in merito al fatto che noi, come Comitato, monitoriamo gli otto punti dello sviluppo del millennio.
Credo che il primo di essi in particolare debba preoccuparci tutti, anche perché è il più dolente e il più disumano. Mi riferisco,


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ovviamente, al problema delle popolazioni che soffrono la fame.
Anche nel rapporto delle Nazioni Unite relativo al 2008, questo viene indicato come il punto più tragico, l'obiettivo più difficile da raggiungere entro il 2015, soprattutto per quanto riguarda alcune aree, in primis quella africana, subsahariana, dove, come sappiamo, si vive un problema veramente tragico ed endemico, ma anche l'Asia meridionale è interessata. Questo obiettivo, questo target al momento sembra difficile da raggiungere.
Sottolineo sempre il fatto che non si tratta di azzerare la fame nel mondo, ma soltanto - lo dico in termini tragici - di dimezzarla.
Volevo sapere dunque se, in occasione della Conferenza di Doha, è stato affrontato questo tema, con quali preoccupazioni e con quale modalità.
Evidentemente, infatti, si tratta di sviluppare, a livello internazionale, la capacità di produrre meglio e di creare le condizioni per produrre più cibo, ma occorre anche capire come è possibile organizzare una serie di aiuti e di azioni per affrontare l'emergenza, oltre a tutti gli altri aspetti che si possono considerare a livello strutturale.

VINCENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor presidente, per quanto riguarda la prima domanda sulla lotta all'AIDS, dico che stiamo facendo i conti per il 2009.
In questa prospettiva, certamente, la continuità degli impegni assunti è prioritaria rispetto ai nuovi progetti.
In secondo luogo, è stato toccato un tema particolarmente importante e delicato, quello del rapporto tra lo Stato centrale, le regioni e i grandi comuni. Devo dire con soddisfazione che proprio il prossimo 18 dicembre la Conferenza Stato-Regioni approverà un regolamento dei rapporti tra Stato e regioni, in materia di azione internazionale delle regioni, con una dichiarazione politica che la sottintende.
Sarà rilevante che le regioni siano parte determinante, sotto molti aspetti, del raggiungimento degli obiettivi della nostra politica estera. Esse sono attori riconosciuti in questa direzione, anche con la cooperazione decentrata.
È previsto che il Ministro degli esteri incontri due volte l'anno i presidenti delle regioni per partecipare gli obiettivi di fondo della nostra politica estera, per parlare delle priorità e per discutere insieme gli obiettivi della cooperazione. Pensiamo, infatti, che molta parte della cooperazione possa diventare triangolare - Stato-regioni -, non solo per rendere più efficace l'azione, ma anche per utilizzare l'esperienza, che molte regioni hanno in Italia, di sviluppo locale con risultati positivi.
Credo che questo sia un passo in avanti in un ambito che era fermo da tanti anni. Oggi viene portato a compimento un lavoro che è stato avviato da tempo e al quale il Ministro Frattini ha dato un impulso chiaro fin dal primo momento.
Personalmente, ho seguito tale lavoro in maniera particolare. Ritengo che questa attività sia importante e che vada dato merito al presidente della Conferenza, Errani, di essersi impegnato, insieme alle altre parti coinvolte, per il raggiungimento di questo obiettivo.
Oltre a ciò, insieme, dobbiamo coinvolgere la società civile e indirizzarla sempre più in questa direzione. Del resto, l'impegno allo sviluppo non è fatto soltanto di risorse, ma anche di capacità progettuale e di esperienza di uomini.
Dobbiamo utilizzare al meglio tutto ciò che questo Paese possiede di positivo, anche per ridurre notevolmente il costo amministrativo degli aiuti allo sviluppo, che è ancora estremamente alto in Europa e in Italia. Questo significa operare una scelta di rigore, che tuttavia è positiva per i Paesi in via di sviluppo.
Inoltre, presidente, lei ha posto la questione alimentare. Il primo obiettivo è la riduzione della povertà estrema nel mondo. A questo proposito, si nutrono due preoccupazioni e si individuano due linee di azione.
La prima di esse è legata al fatto che la crisi finanziaria internazionale ha fatto


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crescere il numero dei poveri nel mondo. I risultati raggiunti fino ad oggi sono messi essi stessi in discussione dall'incremento del numero dei poveri.
La Banca mondiale ci comunica delle cifre che variano, ma certamente abbiamo avuto un aumento e non una riduzione della povertà estrema. In alcuni casi, si parla di un numero, che oscilla tra i 50 e i 100 milioni, di persone che sono entrate nella categoria della povertà estrema. A questo punto, allora, non si deve pensare - e questo è stato l'impegno dell'appuntamento di Doha, del G20 a Londra e poi del G8 da noi - a un'architettura della governance globale, solo con riferimento agli interessi dei Paesi che sono stati all'origine della crisi finanziaria del mondo, e in particolare dei Paesi industriali ed emergenti, ma a una governance che tenga conto del legame tra sviluppo e sottosviluppo e che aiuti, in modo più forte, lo sviluppo dei Paesi più poveri.
Questo riguarda il funzionamento della Banca mondiale, del Fondo monetario internazionale e delle banche regionali.
La seconda questione all'attenzione riguarda il fondo globale per l'alimentazione. L'Italia è stata protagonista nel proporre e sostenere questa scelta che si troverà sul tavolo del G8, per verificare gli impegni che sono stati portati avanti e quello che occorre fare andando in avanti.
Noi abbiamo sostenuto la riforma della FAO e degli altri due organismi delle Nazioni Unite che operano - altri tre, considerando anche la biodiversità -, con sede in Italia e a Roma, sentendo anche la responsabilità dell'Italia nell'ospitare questi organismi, affinché la loro azione sia più coordinata, più concreta e mirata nel garantire la sicurezza alimentare.
Quest'anno, abbiamo avuto un'oscillazione molto forte dei prezzi, prima in ampia crescita e adesso in caduta, con riverberi pesanti sui Paesi in via di sviluppo, sia nell'un caso che nell'altro caso.
Il problema della sicurezza alimentare diventa tema per il G8, soprattutto con riferimento all'Africa.
Come dicevo, sull'ultimo punto delicato si pone un problema - ho fatto riferimento al Parlamento - relativo alla necessità di interrogarsi insieme, maggioranza e opposizione, su questo tema di fondo. Infatti, se vogliamo sviluppare un ruolo e una funzione, bisogna trovare qualche soluzione - in campo internazionale è stata anche ventilata - che veda la partecipazione di tutti i cittadini, attraverso una forma chiara e trasparente di prelievo, per sostenere gli aiuti allo sviluppo.
Va detto che tale questione è molto delicata e che la crisi ha portato e sta portando la finanza pubblica a confrontarsi con nuove emergenze interne, con una priorità che, molto spesso, mette in difficoltà chiunque, con buona volontà, discuta di questi aspetti.
Credo che dovremmo impegnarci su questo fronte, perché sono convinto che l'Italia non debba mai perdere questa caratteristica.
Soprattutto, signor presidente, vorrei sottolineare che, forse, più di altri Paesi abbiamo tenuto distinto l'aiuto allo sviluppo dall'interesse commerciale dell'apparato produttivo dell'Italia.
In sostanza, stiamo cercando di far emergere sanità, educazione, alimentazione come priorità assolute della cooperazione; mentre gli strumenti di promozione dei nostri investimenti in quei Paesi, di accrescimento della dotazione infrastrutturale possono seguire altri canali finanziari.
In questo senso, ho sottolineato l'impegno del SACE e del SIMEST nel sostenere, anche e soprattutto, investimenti nei Paesi più deboli e che trovano meno attrazione per gli investimenti.

PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Scotti per la relazione svolta e anche per le risposte che ha voluto fornire alle nostre considerazioni e alle nostre domande.
Inoltre, apprezzando l'impegno del sottosegretario sul tema dell'aiuto allo sviluppo, voglio cogliere queste sue ultime considerazioni, in ragione di un coinvolgimento di tutti, per cercare di capire quali sono le possibilità e gli strumenti per


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fare in modo che l'Italia possa ritornare ad essere un Paese in grado di svolgere una funzione adeguata, come è nella sua tradizione, nella sua storia e come è nella realtà di tanti soggetti pubblici e privati che sono molto attenti e che hanno sempre svolto una azione di grande impulso e di grande interesse nei confronti del mondo in via di sviluppo.
Pertanto, lo ringrazio anche per questa apertura che deve coinvolgere tutti quanti noi, per capire e individuare le forme che possono ripristinare, non soltanto migliori modalità operative, ma anche la consistenza della disponibilità economica che, indubbiamente, rappresenta un elemento indispensabile per poter contribuire al grande tema internazionale della lotta contro la povertà e al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10.

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