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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione III
12.
Martedì 25 maggio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

Audizione del Segretario generale del Ministero degli affari esteri, ambasciatore Giampiero Massolo, sull'istituzione del Servizio europeo per l'azione esterna (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Stefani Stefano, Presidente ... 3 7 8 10
Barbi Mario (PD) ... 7 8 9
Boniver Margherita (PdL) ... 8
Corsini Paolo (PD) ... 7
Massolo Giampiero, Segretario generale del Ministero degli affari esteri ... 3 7 8 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 25 maggio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 14,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Segretario generale del Ministero degli affari esteri, ambasciatore Giampiero Massolo, sull'istituzione del Servizio europeo per l'azione esterna.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Segretario generale del Ministero degli affari esteri, ambasciatore Giampiero Massolo, sulla istituzione del Servizio europeo per l'azione esterna.
Questa audizione conclude un ciclo di importanti audizioni sull'argomento. Prima di lasciare la parola all'ambasciatore Massolo, vorrei per la prima volta stabilire una regola sugli interventi, che non devono superare i cinque minuti, ma ho bisogno del vostro consenso.
Do quindi la parola al nostro audito.

GIAMPIERO MASSOLO, Segretario generale del Ministero degli affari esteri. Ringrazio molto la Commissione, il presidente, gli onorevoli per aver pensato di audire il Segretario generale del Ministero degli esteri. Ho avuto modo di scorrere il resoconto dell'audizione del collega Ferdinando Nelli Feroci, che ovviamente si è soffermato sugli aspetti «bruxellesi», istituzionali del Servizio. Io cercherò di dare contezza di quello che il Servizio rappresenta come impatto sul Ministero degli esteri e in generale sull'amministrazione pubblica italiana.
Come evidenziato dall'ambasciatore Nelli Feroci, ci siamo accinti al negoziato sul Servizio europeo con una triplice ambizione: quella di assicurare una visione ambiziosa del Servizio, quella di enfatizzare il fatto che il Servizio vive se è un impegno comune, in terzo luogo che potrà prosperare fecondamente, nella misura nella quale riusciremo a dargli una comune cultura diplomatica europea. Per quanto concerne la visione ambiziosa, ci siamo posti l'esigenza di assicurare coerenza all'azione esterna dell'Unione, ed è questo che il SEAE deve fare, quindi abbiamo mirato soprattutto a far sì che al Servizio venisse attribuita competenza in materia di gestione degli strumenti finanziari.
Tali strumenti finanziari rappresentano una chiave per condurre una politica estera efficace, in quanto il Servizio riesce a controllare il momento della programmazione strategica dell'impiego delle risorse. Questa stessa problematica, che si è posta per il Servizio esterno, si pone


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costantemente anche per la nostra diplomazia e politica estera nazionale. Anche qui c'è l'esigenza di impiegare gli interventi di cooperazione allo sviluppo come chiave per un'azione efficace di politica estera. Sarebbe coerente con questo disegno avere l'opportunità di contare su fondi più adeguati degli attuali e, in ogni caso, di poterne assicurare, proprio per un problema di coerenza di indirizzo, la programmazione strategica. È quanto abbiamo sostenuto con successo per quanto riguarda il Servizio esterno.
In omaggio alla stessa visione, abbiamo anche sostenuto la necessità di garantire una piena funzionalità delle delegazioni all'estero e l'esigenza che, come poi recepito nella decisione approvata a fine aprile, queste delegazioni facciano capo all'Alto Rappresentante, ferma restando l'esigenza che per le materie di pertinenza della Commissione, a Bruxelles occorrerà individuare appositi momenti di coordinamento.
Per essere all'altezza dei suoi compiti, il Servizio deve anche essere frutto di un progetto comune fra le istituzioni e gli Stati membri. È una cosa estremamente difficile da realizzare, perché da un lato ci sono ovvi tentativi da parte di chi già detiene le strutture, quindi della Commissione, di farne valere il possesso per giocare all'interno del futuro Servizio un ruolo di preminenza, dall'altro è sempre in agguato il pericolo che un peso eccessivo degli Stati membri possa incoraggiare tendenze di ritorno a metodi intergovernativi all'interno dell'azione esterna dell'Unione.
È necessario assicurare un opportuno equilibrio nelle presenze all'interno del Servizio, in modo che tutte le componenti, la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri, si sentano egualmente rappresentati e abbiano la percezione di avere una joint ownership del progetto, di condividere la consapevolezza che questa è un'impresa comune. Sotto questo profilo, nel Servizio è necessaria una presenza significativa di funzionari provenienti dalle diplomazie nazionali, che deve essere pari ad almeno un terzo dell'organico complessivo. Questi funzionari devono essere poi impiegati nel servizio su base di assoluta uguaglianza con i funzionari provenienti dalle altre istituzioni.
La scelta deve essere effettuata sulla base di criteri di efficienza e di qualificazione, ma questo criterio deve essere anche contemperato con forme di equilibrio geografico e interistituzionale, che consentano effettivamente di contemperare la ricchezza e la varietà dei contributi nazionali alla formazione di una cultura diplomatica europea.
Siamo ora in una fase di attesa, in quanto attendiamo da parte dell'Alto Rappresentante un organigramma dettagliato. Questo aiuterà i Governi degli Stati membri ad assumere le proprie decisioni per meglio adempiere agli obblighi verso il SEAE. Un organigramma complessivo consentirà agli Stati membri di riconoscersi. Questa è un'altra forma di coinvolgimento e di responsabilizzazione degli Stati membri in quanto stanno costruendo.
L'ambizione delle fasi iniziali, che ha poi dato luogo all'idea di costituire un Servizio esterno, ha dovuto poi fare i conti con un trattato costituzionale che è diventato meno delle ambizioni della vigilia. È diventato il Trattato di Lisbona, non un trattato costituzionale. Corriamo quindi il rischio di avere l'organo prima ancora di avere la funzione, che è quella di sviluppare una politica estera comune, quindi di trovarci in una situazione paradossale, in cui abbiamo la pretesa che sia l'organo che sviluppi la funzione e non, come fisiologicamente dovrebbe essere, la funzione sviluppi l'organo.
Il rimedio per questo risiede nella volontà politica degli Stati, che non può essere data per scontata a prescindere, ma deve essere invogliata ad esplicarsi. Creare un organismo sano, efficace è premessa perché gli Stati membri abbiano interesse a coinvolgersi in esso.
Non distante da questo obiettivo del progetto comune, vi è la garanzia da fornire affinché il SEAE si fondi su una vera cultura diplomatica europea. In questo processo di fecondazione reciproca tra istituzioni e diplomazie nazionali, questo è l'argomento più spinoso e difficile, perché


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lavorare insieme consiste non solo nel condividere le scrivanie, ma nel salto culturale, nel lavoro comune, nella condivisione dei metodi di lavoro. Il Governo italiano si è adoperato e si sta adoperando molto perché questa esigenza di una formazione comune trovi spazio.
In Italia, abbiamo l'Istituto universitario europeo di Firenze, che da un lato è un'istituzione europea, dall'altro è in Italia, quindi presenta il doppio vantaggio di essere comune, ma di poter fungere anche da volano per quanto riguarda l'eccellenza presente sul territorio italiano di scuole e di centri di formazione, che potranno partecipare a uno sforzo unitario.
L'amministrazione degli esteri è consapevole dell'importanza dell'istituzione del SEAE, una delle sfide principali che ci vengono dal Trattato di Lisbona, ed è impegnata ad assicurare un contributo qualificato al servizio sotto tre profili: la messa a disposizione del nuovo Servizio di funzionari diplomatici di qualità e di esperienza adeguate e possibilmente in numero sufficiente; promuovere ulteriormente il percorso professionale europeo dei funzionari italiani; ottenere un ruolo nella cabina di regia del SEAE, quando auspicabilmente questa si comincerà a delineare.
Per quanto riguarda il reclutamento, la formazione e il distacco di funzionari della carriera diplomatica, l'amministrazione si sta adoperando in ciascuno di questi tre aspetti. Per quanto riguarda il reclutamento, con il decreto-legge n.1 del 2010, il decreto missioni, abbiamo ottenuto l'autorizzazione a bandire il concorso diplomatico e ad assumere, a partire dal 2010 per cinque anni, trentacinque giovani diplomatici ogni anno, al fine di contribuire alle esigenze del SEAE. È forse opportuno spiegare che il normale ritmo di arruolamento nella carriera diplomatica, blocchi del turnover permettendo - e credetemi è sempre particolarmente difficile ottenere le relative autorizzazioni - è annualmente di venticinque funzionari diplomatici. Abbiamo ottenuto di poterne arruolare trentacinque annui per un arco temporale di cinque anni, così costituendo una sorta di riserva di una cinquantina di funzionari, che dal basso saranno destinati a integrare chi a livello più elevato, medio o anche apicale sarà poi distaccato al Servizio europeo.
Abbiamo bandito un primo concorso nel 2010, le cui procedure selettive sono in corso, oggi è in corso la seconda delle prove scritte. Questo ci metterà in grado, ove l'assunzione avvenga, come auspichiamo, dopo l'estate, di far fronte alle prime esigenze. L'amministrazione sta inoltre valutando l'opportunità di riformare anche il regolamento del concorso diplomatico, in modo da richiedere ai candidati fin dall'inizio una più elevata preparazione sulle questioni europee. Coerentemente, pur nella consapevolezza che i nuovi assunti non saranno da subito destinati ad assumere incarichi nell'ambito del SEAE, abbiamo innovato sui programmi del concorso, cercando non di cambiare le materie, ma di accentuare la dimensione europea delle singole materie.
Adesso, è assolutamente determinante che la manovra economica in discussione oggi e che poi approderà alle aule parlamentari per la conversione non tolga quel che ci è stato concesso con tanta fatica. Sarebbe un danno piuttosto grave, se questa facoltà di effettuare cinque concorsi per trentacinque posti ci fosse revocata. Non mi pare che questo rischio sia alle porte, ma stiamo vigilando.
Questi posti aggiuntivi non sono a spese dell'Erario o di esborsi da parte di cittadini italiani, ma sono autofinanziati, perché si finanziano attraverso l'aumento delle tariffe per il trattamento delle domande per visti nazionali. Per quanto concerne la formazione, l'istituzione del SEAE rende fondamentale l'avvio di una preparazione di base rafforzata sulle tematiche comunitarie. Ovviamente, ciò sarà compito del nostro istituto diplomatico per i funzionari diplomatici in servizio a Roma, che sta già provvedendo a elaborare gli appositi programmi di corso.
Qualora con la manovra in vista le amministrazioni pubbliche fossero costrette a tagliare del 50 per cento i fondi per la formazione, questo potrebbe recare un colpo letale a queste nostre necessità di


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formazione. Per dare un'idea dell'ordine di grandezza delle somme necessarie, il nostro istituto diplomatico a regime costa un milione di euro, se si dimezza, si risparmiano 500.000 euro, ma si arreca un danno duraturo alle prospettive del Servizio esterno.
Stiamo inoltre pensando di approfondire i temi relativi all'Unione europea nei corsi istituzionali dell'istituto diplomatico, di prevedere l'invio di funzionari in stage presso la nostra rappresentanza a Bruxelles, presso le istituzioni comunitarie, presso le delegazioni dell'Unione europea, di proseguire l'esperienza del programma diplomatico europeo, a cui dal 2001 hanno partecipato circa venti Segretari di legazione.
Per quanto riguarda la formazione, con la legge comunitaria 2009 è stata approvata l'istituzione di un ulteriore corso di formazione al Ministero degli esteri, che prelude alla promozione a Consigliere d'ambasciata, e che, intervenendo a circa metà carriera, offre un'eccellente occasione per rinnovare le competenze anche in termini europei del corpo diplomatico italiano, sempre ove le nostre risorse restino invariate.
Per quanto riguarda le procedure per il distacco dei funzionari diplomatici, l'amministrazione ha già individuato per la fase di avvio del Servizio un primo nucleo di candidati. Dato il carattere ancora pionieristico di queste procedure, questo nucleo è stato scelto in modo informale, e abbiamo individuato una decina di candidati per rispondere ai bandi di capo missione UE all'estero, procedura che è attualmente in corso a Bruxelles, la cui conclusione è prevista prima dell'estate. Con questa procedura di selezione puntiamo ad avere almeno un ambasciatore dell'Unione europea italiano e abbiamo identificato un primo nucleo di candidati «di eccellenza» ai posti che si dovessero creare nel servizio europeo a Bruxelles a vario livello.
Come avviene nel servizio nazionale, per i posti apicali ci sarà un maggiore grado di discrezionalità, mentre per i posti non apicali intendiamo ricorrere a procedure di pubblicità dei posti disponibili e quindi potranno concorrere i funzionari che ritengano di avere i requisiti, che verranno selezionati e proposti a Bruxelles.
Sono inoltre oggetto di attento esame aspetti non ancora definiti e piuttosto vaghi del processo di definizione del Servizio, quali il futuro status giuridico dei funzionari diplomatici, la valutazione del servizio svolto presso il SEAE ai fini dello sviluppo professionale, la rotazione tra gli incarichi presso il Servizio e presso l'amministrazione, le disposizioni applicabili per il trattamento economico di quiescenza.
Nei pareri resi dalle Commissioni di entrambi i rami del Parlamento, che hanno esaminato la riforma del Ministero degli esteri - ringrazio peraltro a nome del Ministero per il carattere così ampiamente consensuale di questi pareri - traspariva la preoccupazione di dotare il Ministero degli esteri riformato di un'interfaccia unico, l'intenzione di assicurare un'unità di indirizzo per quanto riguarda i rapporti con il futuro Servizio europeo di azione esterna.
Di questo ci siamo fatti carico tanto nel decreto del Presidente della Repubblica di primo livello, quanto nel decreto ministeriale di secondo livello, che abbiamo impegno a discutere insieme in un'altra occasione. Il Servizio europeo ha due dimensioni, una istituzionale, di hardware, ovvero i lavori sul contenitore, le procedure, le prerogative, gli aspetti di carattere istituzionale, e una dimensione di contenuti, quindi delle singole iniziative relative ai singoli dossier della politica estera comune.
Per quanto riguarda il contenitore, l'interfaccia non può che essere l'istituenda Direzione generale dell'Unione europea. È previsto un ufficio con competenza dedicata a fungere da interfaccia alle varie istituzioni, fra le quali il Servizio esterno. Dall'altra parte, la Direzione generale degli affari politici del ministero avrà competenza per i singoli dossier di politica estera comune.


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Per questa ragione, il direttore politico verrà dotato di una unità competente per la PESC e per la PESD, il cui responsabile dovrà procedere in stretto raccordo con l'ufficio che si occupa degli aspetti istituzionali del SEAE. Questo è forse un po' complesso da spiegare, ma nei fatti è il modo in cui il Ministero interfaccerà il Servizio esterno, ferma restando la competenza dei desk geografici per gli aspetti più di dettaglio, più specifici.
Questo è in sintesi, neanche troppo rapida, quello che ci provoca al momento il confrontarci con il SEAE. Credo che siamo in una fase ancora piuttosto fluida, ma è un motivo in più per vigilare per evitare la trasformazione di una buona idea in un «carrozzone», che, ben lungi dal perseguire l'obiettivo che si propone, rappresenti un aggravio per il contribuente europeo e dunque per il contribuente italiano.

PRESIDENTE. Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PAOLO CORSINI. Innanzitutto la ringrazio per la sua esposizione. Vorrei chiederle un chiarimento in ordine alla risoluzione del Consiglio europeo del 26 aprile, per quanto attiene al ruolo che verrà assegnato all'Istituto universitario di Firenze. Non ho ben capito se avremo una sorta di esclusiva o se il ruolo assegnato all'Istituto universitario europeo di Firenze sia integrato con altre realtà che fanno capo ad altri Stati. Credo che questo sia importante, perché il nostro Paese ha investito risorse ed energie, e l'Istituto universitario europeo di Firenze costituisce una realtà di assoluta eccellenza nel panorama europeo e internazionale.

MARIO BARBI. Ringrazio l'ambasciatore per questa esposizione, che conclude un ciclo di audizioni in cui la questione è stata presentata dai diversi punti di vista.
Certo, un organo senza funzione fa rima con carrozzone, rischio prospettato da diversi nostri interlocutori. In effetti, la preoccupazione è piuttosto forte, perché questo servizio guida una politica estera per la quale però mancano gli strumenti politici certi, le modalità di voto, le volontà. Ci è stato spiegato da alcuni che forse avremmo dovuto misurare questa idea alla presenza di un seggio unico al Consiglio di sicurezza dell'ONU, per avere il punto di arrivo come un orizzonte al quale tendere, e certamente siamo lontanissimi. Ci è stato spiegato da altri che in realtà è meglio avere non un seggio unico, ma due permanenti più due o tre a rotazione, per cui si conta di più.
Si tratta di due visioni completamente diverse: l'una idealistica, l'altra realistica, l'una forse troppo, l'altra forse troppo poco. Si rileva comunque una distanza piuttosto forte dalla volontà che dovrebbe guidare un organismo così complicato.
Per quanto riguarda obiettivi più specifici, vorrei chiederle come definisca questa cabina di regia, se sia il livello del segretario generale e dei due segretari aggiunti, quale sia l'obiettivo che vogliamo mettere non in termini nazionalistici, ma di contributo per avanzare verso risultato comune al quale aspiriamo.
Lei si è soffermato sulle dieci candidature di alto livello per i capi delegazione, ma poi ha dichiarato che puntiamo ad averne almeno uno. Non so se le delegazioni siano 140 o 120...

GIAMPIERO MASSOLO, Segretario generale del Ministero degli affari esteri. In questo momento i posti messi a concorso sono trenta.

MARIO BARBI. Ha anticipato con la risposta la domanda che volevo porle. Un altro problema è costituito dalla lingua, questione che abbiamo posto più volte. Definendo i compiti del Servizio, faceva riferimento alla programmazione, alla pianificazione e alla gestione. Se io ho capito bene lei ritiene opportuno che il servizio abbia anche compiti di gestione...


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GIAMPIERO MASSOLO, Segretario generale del Ministero degli affari esteri. No.

MARIO BARBI. Lei ha quindi riproposto la descrizione che avevamo già avuto e quindi vorrei chiederle se questo tipo di tripartizione sulla quale ci si è accordati, che attribuisce al servizio la pianificazione e la programmazione e affida la gestione ad altre sedi, per non decomunitarizzare una serie di politiche, assicuri la funzionalità.

MARGHERITA BONIVER. Ringrazio l'ambasciatore, il quale con la sua nota, straordinaria competenza ci ha illustrato quello che potrebbe essere chiamato l'ultimo tratto verso l'istituzione di questo Servizio europeo per l'azione esterna. Come lei sa, prima di questa audizione abbiamo audito l'ambasciatore Nelli Feroci e l'ambasciatore Fagiolo. È stato di enorme interesse per noi sentire da vicino con quanta competenza e quanta passione il Ministero degli esteri si stia predisponendo nel migliore dei modi, anche per far fronte a nuove sfide che riguardano non soltanto la nostra diplomazia, ma anche l'immagine esterna del nostro Paese.
Abbiamo colto anche la complessità di questo disegno, e lei certamente non si è nascosto dietro un dito nel parlare della diversità delle competenze fra ruolo istituzionale e ruolo che la diplomazia futura europea dovrà avere su quei pochi o tanti dossier di contenuti comuni. Credo che siano molti di più di quanti immaginiamo, anche se ancora oggi prevale una politica estera nazionale, che in genere, almeno per quanto avviene nel nostro Paese, viene condotta soprattutto per l'interesse nazionale.
Incrociando questi due mandati, dovrà nascere questo Servizio esterno, che avrà un ruolo importantissimo e affascinante. Non le nascondo però anche un certo pessimismo, che non riguarda necessariamente l'istituendo Servizio esterno, ma quanto si sta dipanando sotto gli occhi di tutti i cittadini europei, che è stato descritto con parole molto forti da Angela Merkel, ovvero un «attacco» nei confronti dell'euro ma anche delle istituzioni europee, che riguarda il prolungarsi di una crisi finanziaria dai contorni ancora drammaticamente non definiti fino in fondo, che minaccia da vicino l'esistenza stessa della nostra idea di costruzione europea.
Non voglio sembrare troppo pessimista, ma non sono settimane che possono indurre a un sentimento diverso. Abbiamo colto il suo cri de coeur nel fare l'elenco minuzioso delle risorse necessarie che avete predisposto per il training di questi giovani diplomatici. Facendo tutti gli scongiuri del caso, vorremmo conoscere il «piano B» da adottare qualora la manovra finanziaria, che si annuncia molto pesante, dovesse tagliare ulteriormente i fondi del Ministero degli affari esteri, ipotesi che griderebbe vendetta di fronte a Dio e agli uomini, giacché lei si trova di fronte a una Commissione che ha sempre quasi all'unanimità lottato affinché le esigue risorse del Ministero degli affari esteri non venissero ulteriormente decurtate. Ho una certa esperienza, in quanto membro della Commissione esteri dal 1980, e ogni volta che si è discussa la legge finanziaria si andava sempre a tagliare il bilancio del Ministero degli esteri, che oggi credo sia ridotto a una cifra quasi inaccettabile.
La domanda brutale quindi - mi perdoni la franchezza, ambasciatore - è se esista un piano B alla Farnesina, da utilizzare in caso di tagli.

PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

GIAMPIERO MASSOLO, Segretario generale del Ministero degli affari esteri. Il piano B è riassumibile in tre parole: migliori e sempre più affinate priorità, tentativo di comunitarizzare il comunitarizzabile, quindi ricorso al bilancio comunitario, ridimensionamento. Nel momento in cui un attento ricorso alla prioritarizzazione, uno zelante tentativo di inserirsi


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nelle pieghe dei fondi comunitari dovessero essere stati esperiti e non portare a risultati interamente compensativi, purtroppo bisogna essere coscienti del fatto che questo non può non implicare un ridimensionamento.
Entro centri limiti ci è d'aiuto il fatto che le somme in gioco non siano enormi, perché, nell'eventualità di un taglio del 50 per cento dei fondi per la formazione, si tratterebbe comunque di 500.000 euro, cifra inferiore al prezzo di una abitazione nella città di Roma. Oltre a un certo limite, comunque, non possiamo che ricorrere a un ridimensionamento delle nostre ambizioni.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Corsini sull'istituto universitario, abbiamo chiesto e ottenuto l'inserimento nella decisione di fine aprile del concetto secondo cui deve essere prevista una formazione comune per un Servizio comune. Abbiamo un problema di bilancio, perché la maggioranza degli Stati membri ritiene che il Servizio debba essere lanciato a costo zero, scelta che limita in modo rilevante le ambizioni di una formazione comune. Ciò impone - questa è la ragione per la quale abbiamo così caldeggiato l'istituto universitario - l'impiego di centri europei già esistenti.
Tra i centri europei uno è l'istituto universitario di Firenze, un altro è il sistema del collegio europeo, quindi Bruges-Varsavia. Qualora a regime si pensasse a un centro unico della formazione, l'istituto universitario sarebbe sicuramente ben posizionato.
Si tratta ovviamente di istituzioni europee, quindi metanazionali. L'idea che si possa impiegare però un istituto che, per quanto europeo, ha sede in Italia può fungere da volano per lo sviluppo di iniziative di eccellenza italiane, che possono ben servire alla formazione in materie europee a livello nazionale e forse permettere scambi con altri Stati europei.
Attualmente, onorevole Barbi, a Bruxelles è in corso un tentativo di fare una sintesi tra la rappresentatività e l'efficacia. Al di là di schemi classici, un segretario generale, più vicesegretari generali e qualche direttore generale, si tratta di definire una cabina di regia, cioè un gruppetto di testa, che, indipendentemente dalla definizione dei singoli incarichi, sia sufficientemente ampio per far percepire a una platea adeguata di Stati membri un senso di ownership nei confronti dell'istituendo Servizio, ma non tanto ampio da costituire una pluralità di centri di responsabilità, che renderebbe ingestibile il Servizio.
Allo stato attuale, quindi, non è ancora chiaro se prevarrà un organigramma classico con un segretario generale, due vicedirettori generali o una pluralità di soggetti, ma l'idea di fondo è di arrivare a una cabina di regia di sette-otto posizioni di rilievo, una specie di collegio, di board, all'interno della quale potrebbe essere più agevole soddisfare...

MARIO BARBI. Questo comporterebbe una modifica formale della decisione sulla quale si sta lavorando?

GIAMPIERO MASSOLO, Segretario generale del Ministero degli affari esteri. La cosiddetta organizational chart in realtà non è mai stata ufficializzata, per cui questo lavoro porta non a una modifica, ma alla pubblicazione di un organigramma che, malgrado molte sollecitazioni e la ragione del negoziato in corso, non è stato ancora ufficializzato. All'interno di questo organigramma, l'Italia ha identificato alcune posizioni, potrebbe esserci una posizione di vicesegretario generale o di direttore generale e stiamo riflettendo sui candidati più adeguati, nell'idea di far parte della cabina di regia.
Per quanto riguarda le lingue, anche questo è oggetto - ho omesso di dirlo del mio intervento e me ne scuso - di azione molto intensa da parte del Governo italiano. Idealmente saremmo addirittura per il monolinguismo, quindi per l'inglese. Passi la lingua francese, che ratione loci è una lingua molto parlata nei luoghi dove il Servizio viene costituito. Se c'è una terza lingua, ci chiediamo allora perché non una quarta o una quinta. Da questo punto di


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vista, stiamo combattendo un'azione piuttosto attiva, ma non siamo soli.
Considero la tripartizione dei finanziamenti una soluzione soddisfacente, con un centro decisionale che definisce la pianificazione strategica, l'obiettivo, e un'agenzia esecutiva che invece provvede a condurre le singole azioni in concreto. Credo che questo potrebbe essere un meccanismo viabile, che riflette anche molto del dibattito e dei problemi che abbiamo a livello di possibile riforma della cooperazione allo sviluppo nazionale.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il nostro audito per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,50.

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