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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)
24.
Mercoledì 1° febbraio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione del Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione Andrea Riccardi, sulle linee programmatiche (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):

Stefani Stefano, Presidente ... 3 7 10
Barbi Mario (PD) ... 4
Davico Michelino (LNP) ... 6
Livi Bacci Massimo (PD) ... 3
Pianetta Enrico (PdL) ... 5
Riccardi Andrea, Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
E 3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 1° febbraio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 14,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, Andrea Riccardi, sulle linee programmatiche.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2 del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione Andrea Riccardi, sulle linee programmatiche.
Ringrazio, anche a nome del presidente Dini, il Ministro Riccardi e ricordo che nella seduta del 25 gennaio l'audizione era stata rinviata prima che potessero intervenire il senatore Livi Bacci, l'onorevole Pianetta, il senatore Perduca e l'onorevole Barbi, ai quali darò la parola in questo ordine.

MASSIMO LIVI BACCI. Grazie, signor ministro. Sarò breve e conciso, poiché è stato già detto l'essenziale, ma vorrei comunque sottolineare due aspetti.
Riporto qualche dato. Il Marocco nel 2010 ha ricevuto 1.200 milioni di dollari di aiuto netto allo sviluppo e 6.400 milioni di dollari di rimesse degli emigranti, con un rapporto di uno a cinque. Per la Tunisia si rileva lo stesso rapporto. Con Senegal, Egitto, Albania - mi limito ai Paesi con cui abbiamo intense relazioni di tipo migratorio - sussiste un rapporto enormemente squilibrato a favore delle rimesse degli emigranti. Questo ci porta al centro della interazione strettissima che esiste tra cooperazione e rimesse degli emigranti. Come Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, nessuno meglio di lei potrà agire in questo stretto circuito.
L'Unione europea ha approvato il famoso approccio globale ai temi delle migrazioni, invocando una politica europea coerente e comune, ribadendo il principio che per governare le migrazioni occorrono forme di partenariato e di cooperazione con i Paesi terzi. Tutto questo va molto bene, ma se mancano la parte relativa alla cooperazione e la parte relativa alle risorse certamente non si va molto avanti.
Credo che sia necessario anzitutto rimettere al centro questa connessione tra migrazione, rimesse degli emigranti, politiche di cooperazione e politiche mirate alla cooperazione. Recentemente con il Comitato Schengen, con la presidente Boniver, siamo stati in missione in Tunisia, e sottolineo che il tema dell'intervento di cooperazione è centrale. Le autorità tunisine, che si dicono assolutamente convinte di rispettare gli accordi presi con l'Italia e con l'Europa, invocano più cooperazione.
In epoca di risorse scarse è certamente essenziale una riformulazione e una rimodulazione delle priorità del nostro inter


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vento. Credo che le priorità, in questo momento, debbano essere rivolte alla situazione nordafricana.
Vorrei aggiungere che è molto sentita, soprattutto nei Paesi del Maghreb, l'assenza di una politica europea concreta. Credo che le dichiarazioni ascoltate a maggio scorso in seno al Consiglio europeo siano dichiarazioni di principio molto interessanti e incoraggianti, ma senza risorse si fa molto poco. Penso dunque che l'azione dell'Italia, anche in ambito europeo, debba essere mirata a rimettere in moto e riportare in primo piano, nelle priorità della nostra Unione che si sta sempre più orientando verso nord, la questione del Nord Africa.

MARIO BARBI. Signor ministro, la relazione che ci ha illustrato nella scorsa seduta ha ricevuto molti apprezzamenti e io condivido ampiamente l'analisi che lei ha svolto, con la messa a fuoco del tema di una cooperazione in crisi - e in crisi da tempo -, di un sistema che va riformato in profondità, della necessità di prevedere piani di rientro e di rimpinguamento delle risorse scarse che abbiamo a disposizione.
In tal senso, lei ha in larga parte ripercorso anche osservazioni che in Parlamento - in questa Commissione, parlo della Camera in questo caso - sono state espresse durante questa legislatura in modo puntuale e ripetuto. Aggiungo che l'urgenza di recuperare credibilità e capacità di azione è resa ancora più evidente dal quadro internazionale di cambiamento, sia di filosofia sia di piattaforma, che organizza la cooperazione internazionale allo sviluppo.
Mi riferisco alla recente Conferenza di Busan, in cui si è svolta una riflessione e si è prodotto un bilancio molto complesso delle attività di cooperazione che ha visto porre l'accento sul tema globale dello sviluppo, allargando l'ottica rispetto a quella ristretta solo all'aiuto, e ha visto includere tra i soggetti attivi nella cooperazione internazionale, non soltanto come riceventi ma anche come donatori, i Paesi in via di sviluppo.
È un quadro, quindi, di grande cambiamento, in cui un Paese come il nostro ha la doppia necessità di presentarsi agli appuntamenti con le carte in regola sia dal punto di vista delle risorse che è in grado di mettere in campo sia dal punto di vista degli strumenti di azione.
Poiché, su questo tema, sono rimasto deluso dalla sua relazione, le rivolgo una domanda chiedendo di essere più preciso nella replica. Il Governo in carica, attribuendo a lei questo titolo e questo ruolo, ha mostrato di avere consapevolezza del rilievo del settore e della necessità di svolgere un'azione adeguata. Tuttavia, il suo titolo e il suo ruolo confliggono con la legge. Questo è un dato di fatto che non può essere sottaciuto. La legge, infatti, prevede che la cooperazione allo sviluppo sia competenza del Ministro degli affari esteri. Se questo punto non viene risolto in modo adeguato, la divaricazione tra l'intenzione politica e l'impianto istituzionale non rischia di creare più problemi di quanti ne risolva?
Io vedo come estremamente urgente la necessità di portare a coincidenza e a congruenza il ruolo politico che il titolo assegnatole indica e l'impianto amministrativo e istituzionale del quale questo ruolo deve servirsi. Diversamente, in un momento in cui abbiamo bisogno di capacità e di univocità di azione, rischiamo di ottenere il risultato contrario o, comunque, di essere impacciati nei movimenti, non solo e non tanto all'interno, quanto all'esterno.
Ora, il Post-Busan Interim Group (PBIG) lavora per il seguito della Conferenza di Busan. Noi siamo fuori dal Bureau, un gruppo più ristretto di sherpa limitato ad alcuni Paesi che hanno il compito di sviluppare questo programma.
Mi risulta che noi rispondiamo a chi ci interpella dalle sedi internazionali con lettere a doppia firma, e questo non è un indice particolarmente convincente di individuazione dell'interlocutore e della capacità del Paese di rispondere. Le chiederei se lei non consideri prioritario e urgente risolvere questa situazione (io lo considero appunto prioritario, ma è


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un'opinione personale, che non coinvolge in alcun modo quella del gruppo parlamentare di cui faccio parte).
È positivo che al Senato, con la sua partecipazione e assistenza, si avvii un percorso di riforma della legge n. 49, ma il risultato lo avremo alla fine, mentre dello strumento e della chiarezza dell'iniziativa abbiamo bisogno subito.

ENRICO PIANETTA. Ho apprezzato, nella scorsa seduta, la relazione del Ministro Riccardi, con riferimento sia alla funzione della cooperazione internazionale e al significato che essa dà ad ogni Paese, quindi anche al nostro, nell'ambito internazionale, sia alle problematiche quantitative. Sappiamo che i fondi pubblici destinati alla cooperazione sono insufficienti e hanno raggiunto livelli che non sono accettabili per il nostro Paese. Si tratta, del resto, di considerazioni estremamente condivisibili che il Parlamento ha evidenziato più volte, sia con atti di indirizzo sia con le relazioni, come correttamente ha ricordato il ministro.
Signor ministro, intendo ringraziarla a nome del Comitato per gli Obiettivi di sviluppo del Millennio della Commissione esteri della Camera, che lei ha voluto citare. Il Comitato ha affrontato globalmente i diversi temi, evidenziando la necessità di iniziative sia quantitative, come abbiamo detto poc'anzi, sia qualitative.
Il ministro ha auspicato una modernizzazione della disciplina della cooperazione, pur evidenziando che l'Esecutivo non ha intenzione di presentare una proposta legislativa per quanto riguarda la modifica della legge n. 49. Non c'è dubbio che la legge n. 49 - è del 1987, il muro di Berlino era ancora in piedi - vada riformata, anche perché negli anni, oltretutto, è stata modificata ed è stata anche depotenziata, in maniera non coerente. Indubbiamente questioni come quelle relative a CICS (Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo), comitato consultivo, commissione per le ONG, contabilità fuori bilancio e altre necessitano quanto prima di una grande attenzione. È necessario anche un coordinamento più coerente. Da più parti, ormai, e da tanto tempo, si auspica la necessità di questo coordinamento. Sarà compito del Parlamento, se ci sono le condizioni e se c'è la volontà - che io mi auguro ci sia - provvedere.
A proposito di coordinamento, pongo una domanda ai fini di un chiarimento, perché credo che il Parlamento possa contribuire, anche se la materia è di spettanza del Governo. Il ministro ha affermato che, proprio in ragione di questo coordinamento che ho voluto sottolineare, è stato chiamato ad essere referente esclusivo politico, ma subito ha aggiunto che non è chiarito lo spazio del Ministro della cooperazione. Credo che questo sia un elemento che necessita di chiarimento e il contributo del Parlamento, a mio parere, può essere utile e valido, fermo restando che tale chiarimento è di competenza del Governo.
Non credo che quanto definito con le missioni internazionali possa costituire un supporto, seppure qualche cosa sia stata decisa in proposito. In ogni caso, una definizione del ruolo del Ministro per la cooperazione è stata data, anche se il testo del Governo era un po' più farraginoso e il Parlamento ha contribuito a chiarirlo, anche con il supporto del relatore, onorevole Frattini, che ha affrontato in maniera impegnativa la necessità di questo chiarimento al fine di delineare una gestione più completa. Tuttavia - questa è una considerazione del tutto personale - rimangono dei dubbi su come avverrà questa gestione, e con quali strutture. Mi auguro che tutto questo possa avvenire senza duplicazioni e costi aggiuntivi.
Ho apprezzato il passaggio relativo al rafforzamento della cooperazione italiana in Europa, del sistema Italia, e anche all'obiettivo di fare della cooperazione uno strumento integrativo di tutte le politiche italiane, il tutto finalizzato al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Ho anche ascoltato alcune considerazioni sull'esito del vertice di Busan, che ha indubbiamente superato la divisione tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Vorrei capire, però, cosa pensa il ministro in


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ordine ai punti più qualificanti e innovativi del vertice di Busan. Tali punti, a mio avviso, devono caratterizzare anche la nostra cooperazione.
A Busan si è ampiamente condiviso l'innovativo passaggio dal concetto di efficacia dell'aiuto a quello di efficienza dello sviluppo, quindi ruolo guida dei Paesi partner, focus sui risultati, trasparenza e accountability reciproca. Fermo restando che sono stati ripetutamente confermati gli elementi finalizzati alla lotta alla povertà e alla disuguaglianza, alla crescita sostenibile e inclusiva, ai diritti umani, cioè i princìpi fondamentali della cooperazione, ci sono anche questi aspetti che credo possano essere discussi e approfonditi. In tal senso, signor ministro, le Commissioni affari esteri di Camera e Senato potranno dare un grande supporto in ordine a una reciproca collaborazione.

MICHELINO DAVICO. Signor ministro, le chiedo scusa se non ero presente nella scorsa seduta a causa di impegni sopraggiunti, tuttavia ho cercato di comprendere la natura del suo intervento.
Innanzitutto, intendo riferirmi al tentativo di mettere insieme due fenomeni che nel tempo hanno assunto significati molto diversi, che difficilmente oggi possono conciliarsi. Il primo fenomeno è la cooperazione internazionale: un processo lungo, complesso, che passa attraverso accordi, attraverso la reciprocità delle azioni più importanti che il nostro Paese non ha mai negato e alle quali ha invece sempre contribuito. Occorre rafforzare e far crescere questo processo. Conosciamo le difficoltà e anche le inefficienze che si sono registrate nel tempo e che, probabilmente, hanno portato a un'emergenza importante, quella dell'immigrazione, a cui si collega uno dei compiti che le spettano, ossia l'integrazione o il tentativo di integrazione.
L'immigrazione è diventata un fenomeno enorme, complesso, a cui si collegano temi come l'ordine pubblico, il commercio, il lavoro nero, lo sradicamento dei cittadini dalla propria terra, dalla propria cultura e dalle proprie certezze. È un fenomeno che il nostro Paese paga in modo particolare - siamo una portaerei in mezzo al mare - e questo non ci è mai stato riconosciuto.
Riguardo a questi due fenomeni non esistono scorciatoie, non esistono cittadinanze facili, non esiste mancanza di regole. Essi possono essere affrontati con efficienza solo attraverso le regole, la cooperazione, il riconoscimento reciproco e il riconoscimento della particolarità del nostro Paese in Europa.
Questo, signor ministro, è il suo ruolo importante. Per il resto, lei non ha mezzi; non ha i mezzi del Ministro dell'interno o del Ministro degli affari esteri. Con tutto il rispetto, lei è un ministro senza portafoglio, quindi la sua diventa un'azione puramente accademica, filosofica, che potrebbe non avere alcun effetto. Questo, però, lo pagherebbero tutti: lo pagheremmo a livello internazionale con la mancanza di cooperazione, lo pagherebbero gli immigrati, lo pagherebbero i cittadini italiani.
Il primo passo che lei deve compiere è far riconoscere questa particolare situazione, questa emergenza che, lo ripeto, coinvolge il nostro Paese anche in tante altre emergenze a livello europeo. In questo intento il nostro Paese non è mai riuscito, con tutti i Governi che si sono succeduti. Se ci riuscisse, signor ministro, sarebbe il suo più grande merito e sarebbe probabilmente l'inizio di una soluzione. Nel nord Europa, in Norvegia, in Svezia probabilmente è difficile comprendere cosa significa che barche piene di disperati invadono il Paese. Se si vuole essere veramente Europa, però, bisognerebbe partire da questo.
Questo è il suo primo e principale compito. Se riesce in questo, potrà avere anche la nostra considerazione, diversamente resteremo nel ragionamento accademico, puramente filosofico, che non porterà a nulla se non a un'ulteriore penalizzazione dei nostri concittadini.


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PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Riccardi per la replica.

ANDREA RICCARDI, Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. Ringrazio per quanto è stato detto sia oggi sia nella scorsa sessione e per gli apprezzamenti alla mia relazione, in cui credo di non avere nascosto le difficoltà della nostra cooperazione anche nel quadro di raffronto europeo.
Credo che, secondo le raccomandazioni dell'OCSE e le raccomandazioni europee, l'esistenza di un Ministro per la cooperazione internazionale e per l'integrazione sia un fatto che può avere un certo rilievo perché, come ho detto nella precedente seduta, nei Paesi dove esiste, pur con statuto differente, un ministro per la cooperazione, la cifra destinata alla cooperazione non scende o scende di meno, e talvolta sale. È un fatto significativo perché viene riconosciuta alla politica della cooperazione una sua soggettività nel quadro del Governo e nel quadro del Paese.
Vengo ora alle questioni che mi sembrano di fondo e che non riguardano in genere la cooperazione, ma il titolare o il titolare accademico. Ringrazio l'onorevole Davico perché mi dà l'occasione di spiegare questa particolare connessione tra cooperazione internazionale e integrazione. Per me l'idea di fare un lavoro accademico è anche un complimento, perché nel lavoro accademico ho passato gran parte della mia vita e considero che tante volte non ci sia solo una povertà di risorse nel nostro mondo, nel nostro Paese, ma una povertà di idee. E idee chiamano risorse, anche se è vero che le idee senza risorse restano dei libri, anzi pur per stampare i libri ci vogliono le risorse.
Direi che mettere insieme cooperazione internazionale e integrazione non significa fare cooperazione per evitare l'immigrazione, ma cogliere due aspetti fondamentali del processo di globalizzazione in cui è coinvolto il nostro Paese. Naturalmente si tratta di un processo di globalizzazione che ha come primo appuntamento - lo diceva il senatore Davico - la sede europea, anche perché per il capitolo «cooperazione» l'Italia dà all'Europa e alle organizzazioni internazionali il 70 per cento del bilancio della cooperazione. Su questo vorrei soffermarmi brevemente.
Non posso evitare di richiamare quanto dicevano con molta cortesia l'onorevole Pianetta e, nella scorsa seduta, l'onorevole Evangelisti: non si è capita la competenza del nuovo ministro. Io sono stato chiamato a giurare con questo lungo titolo ma, come loro ben sanno, collocare questa realtà nell'ordinamento italiano non è stato immediatamente facile. Da un lato, la Direzione della cooperazione del Ministero degli esteri resta una realtà vitale, sebbene non l'unica, attraverso cui la politica di cooperazione deve passare. Tuttavia, il discorso del Ministero dell'economia è troppo trascurato quando parliamo di cooperazione. Il Ministero dell'economia viene considerato, per il multilaterale, solo la tesoreria o l'agente pagatore.
Per quello che riguarda il discorso dell'integrazione esistono il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'interno. Proprio il Presidente Monti e il Ministro Cancellieri hanno firmato una convenzione per l'avvalimento degli uffici del Ministero dell'interno per l'integrazione. Inoltre, in Consiglio dei Ministri si è stabilito l'avvalimento da parte mia della Direzione generale della cooperazione presso il Ministero degli esteri. Mi sembra, quindi, che si stiano configurando, seppure con lentezza - una lentezza comprensibile data l'innovazione - lo spazio del ministero, i suoi poteri, le sue risorse e la sua capacità di intervenire. Lo dico perché questa mi sembra la prima difficoltà. Va riconosciuto che qualche lentezza c'è stata, ma mi sembra anche ci sia stata una decisione nel procedere all'attribuzione di poteri.
Il presidente Dini, all'inizio, riguardo a fondi stornati diceva con robustezza che non si deve fare. Noi vigiliamo perché non debbano essere sottratti fondi alla cooperazione, ma anche perché i fondi utilizzati per la cooperazione debbano essere seguiti e politicamente indirizzati.


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Il senatore Mantica diceva una cosa per me molto importante: esiste un problema della cultura della cooperazione. Presidente, la cooperazione non è carità; la cooperazione è responsabilità della nostra politica internazionale, è uno degli indicatori della qualità e della presentabilità del nostro Paese nel mondo. Come già dicevo - e concordo con Mantica - la cooperazione è investimento.
Il senatore Mantica diceva che non si può sfuggire alla riforma della cooperazione. Se tale riforma maturerà nelle sedi parlamentari non faremo mancare il nostro appoggio, ma non è nostra intenzione prioritaria, come Governo, impegnarci in questo percorso di riforma, che pure consideriamo importante e necessario. Tuttavia, mi sembra prioritario per noi stabilire delle buone pratiche di cooperazione, laddove «buone» vuol dire ben indirizzate e valutate, ma magari anche un po' più cospicue, poiché stiamo ancora lavorando sul poco o sul niente.
Mi sembra che, in questo senso, anche l'onorevole Tonini avesse detto cose importanti che noi abbiamo recepito. Abbiamo capito come qui ci sia stata, negli anni passati, una riflessione importante sulla cooperazione di cui dobbiamo fare tesoro.
Mi riferisco al problema delle priorità geografiche richiamato dall'onorevole Tonini.
Effettivamente ci sono state delle scelte e tutti i Paesi europei hanno ridotto le priorità a motivo di bilancio. A mio avviso, qualche aggiustamento in proposito va fatto. Cito il caso di un poco popolato ma importante Paese africano, il Niger, dove abbiamo una storia importante di cooperazione, anche con accordi di polizia di grande rilievo, che hanno dato un impulso notevole alla costituzione della polizia nigerina. È un Paese importante per la presenza di Al Qaeda nella regione e perché è un Paese di transito per gli immigrati. Tuttavia, è caduto dalle nostre priorità, con la chiusura dell'unità tecnica, probabilmente per inavvertenza, anche se ci sarà la continuazione di due programmi piuttosto modesti ma significativi.
Cito questo caso perché le priorità geografiche sono importanti, ma bisogna stare attenti che esse non interrompano una storia di cooperazione.
Anche il senatore Livi Bacci toccava la questione della rimodulazione delle priorità e il problema nordafricano a cui tutti siamo sensibilissimi, non solo per le questioni migratorie, ma perché la primavera araba sta cambiando in radice quei Paesi e noi speriamo che lì si possano affermare delle democrazie solide che conducano una politica di cooperazione con noi, anche a proposito di immigrazione.
Ho già fatto presente, ma lo ricordo, che per quello che riguarda i Paesi della riva sud siamo molto attenti - adesso mi recherò in Tunisia e il Ministro degli esteri si è recato in Egitto - anche al problema delle minoranze e delle minoranze religiose. Si segnala, per esempio, dall'Egitto una certa immigrazione di copti, che giungono particolarmente in Puglia, a seguito delle evoluzioni della situazione politica.
Nella scorsa seduta ricordavo la lettera del 7 gennaio 2011 dell'allora Ministro Frattini, co-firmata con il Ministro degli esteri francese ed altri, sulla questione delle minoranze religiose. Il Nord Africa resta prioritario, ma bisogna qualificare la cooperazione che lo riguarda e interrogarsi se tale cooperazione - penso alla Tunisia - non debba essere anche cooperazione alle transizioni democratiche, alla rifondazione degli Stati, e non limitarsi soltanto a programmi, per così dire, di sviluppo. Noi abbiamo un know-how abbastanza importante a questo livello.
Riguardo a quello che il senatore Livi Bacci diceva a proposito delle rimesse degli immigrati, avevo già fatto notare e ripeto che gli impegni presi in sede di G8 - l'onorevole Frattini ce l'ha presente - prevedono una riduzione al 5 per cento delle commissioni per il trasferimento delle rimesse degli immigrati. Noi stiamo lavorando con l'ABI (Associazione bancaria italiana) e con la Banca d'Italia per la riduzione delle commissioni, mentre una legge del settembre 2011 ha introdotto


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un'imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all'estero che va in direzione contraria. Qui viviamo una contraddizione: siamo il Paese capofila che si è fatto promotore, nell'ambito del G20 sviluppo, della riduzione dei costi di trasferimento di denaro, ma proprio noi abbiamo aumentato questi costi. Si tratta di rendere più coerenti le politiche.
Credo che l'iniziativa assunta dall'Italia in quel senso sia particolarmente significativa, perché tutti siamo convinti che le rimesse degli immigrati sono il migliore aiuto alla cooperazione e forse l'aiuto meglio speso. Quindi, più si favoriscono queste rimesse più - io credo - si favorisce una cooperazione de facto.
Ringrazio anche l'onorevole Barbi, al quale credo di aver risposto in merito alla questione che ha sollevato su come il mio ruolo confligga con la legge. Stiamo tentando, da un lato, di ravvivare l'azione nel campo della cooperazione e, dall'altro, di stabilire una unità nella titolarità.
Vengo al capitolo più cospicuo della cooperazione italiana. In fondo, quando parliamo di cooperazione ci fissiamo solo sul bilancio della cooperazione a dono, che è estremamente esiguo. Dobbiamo invece guardare - e lo stiamo facendo con una serie di incontri con il Ministero dell'economia - alla cooperazione multilaterale. Al riguardo, la percezione che ho è che i versamenti che noi facciamo con grande regolarità all'Europa sui capitoli della cooperazione possono essere accompagnati, in una fase iniziale, da maggiore presenza italiana, da maggiori idee e da maggiori progetti.
Ho riscontrato - martedì sarò a Bruxelles - che in sede europea c'è una domanda di idee di cooperazione verso l'Italia. Insomma, non è più il quadro di 10-15 anni fa, quando l'Europa aveva più idee chiare su come spendere quei soldi; oggi credo sia richiesta, da parte nostra, una maggiore - perdonate il bisticcio di parole - cooperazione alla realizzazione e all'ideazione della cooperazione. Mi riferisco anche alla realizzazione in una fase successiva. Questo è un processo che seguiamo con grande interesse.
Esiste il problema del Fondo globale per la lotta all'Aids. Voi sapete che le recenti dimissioni di Kazatchkine, una persona che conosco molto bene, hanno aperto un dibattito sull'esistenza e sulla gestione di questa istituzione. Noi non abbiamo versato le nostre quote. D'altra parte, l'esistenza di un Fondo globale è un riferimento importante nell'affermare che la lotta all'Aids è una grande priorità. Stiamo cercando, con il Ministro Balduzzi, di fare qualcosa per attivare altre risorse.
I francesi ci propongono la rete ESTHER, che valorizza le risorse locali. Per semplificare, da ospedale europeo a ospedale africano, con una specie di partnership. È un'iniziativa che stiamo valutando, un'iniziativa molto francese. Se noi entriamo, dovremmo farlo «dragando» una gran parte di risorse sul territorio e negli enti locali. È una situazione che stiamo studiando, ma è un modo di intervenire sulla vicenda dell'Aids.
Ringrazio l'onorevole Vernetti, che ha detto cose importanti per quello che riguarda le priorità del Mediterraneo e del Nord Africa. Ho preso buona nota che dal 2008 non diamo più un contributo al Fondo ONU per la democrazia e seguiremo la cosa con maggiore attenzione.
Credo di aver esaurito le risposte ai quesiti che cortesemente mi sono stati posti. Vorrei aggiungere solo una sensazione: da quando sto lavorando su questo tema - seppure con fatica e anche, come voi avete notato, con la difficoltà di coagulare e chiarire le competenze, processo mai facile e in genere lungo nella storia della nostra amministrazione - ho la sensazione che l'esistenza di un Ministro per la cooperazione favorisca la possibilità di unificare le politiche di cooperazione. La cooperazione riguarda sì la politica estera, ma attraversa tutte le politiche del nostro Paese, e l'esistenza di un soggetto unificante e direzionale, a mio giudizio,


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favorisce idee, reperimento di fondi e proiezione del nostro Paese.
Vi ringrazio molto. Il dibattito in Commissione è stato per me arricchente di prospettive e anche, senatore Mantica, rispetto al lavoro pregresso che è stato svolto da molti anni in Commissione su questi temi. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Riccardi.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,50.

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