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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione IV
15.
Mercoledì 5 dicembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Cirielli Edmondo, Presidente ... 3

Audizione del Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti, generale di squadra aerea Claudio Debertolis, sullo stato di avanzamento del programma d'armamento Joint Strike Fighter (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Cirielli Edmondo, Presidente ... 3 5 6 8 13 14
Debertolis Claudio, Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti ... 3 8 13
Di Stanislao Augusto (IdV) ... 5 13
Mogherini Rebesani Federica (PD) ... 7 13
Rugghia Antonio (PD) ... 8
Villecco Calipari Rosa Maria (PD) ... 8

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti, generale di squadra aerea Claudio Debertolis ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Intesa Popolare): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL; Misto-Diritti e Libertà: Misto-DL.

[Avanti]
COMMISSIONE IV
DIFESA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 5 dicembre 2012


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE EDMONDO CIRIELLI

La seduta comincia alle 14,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv del sito internet della Camera dei deputati.

Audizione del Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti, generale di squadra aerea Claudio Debertolis sullo stato di avanzamento del programma d'armamento Joint Strike Fighter.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti, generale di squadra aerea Claudio Debertolis sullo stato di avanzamento del programma d'armamento Joint Strike Fighter.
Intendo ringraziare per la loro presenza il tenente colonnello Antonio Zuliani, capo sezione del servizio pubblica informazione, il tenente colonnello Luigi Vassetti, capo sezione studi e comitati, e il capitano Gabriele Pariselli, aiutante di campo del signor generale.
Do, quindi, la parola al Segretario generale della Difesa per svolgere la sua relazione, al termine della quale potranno fare seguito osservazioni e quesiti formulati dai colleghi deputati e la replica da parte del nostro ospite.

CLAUDIO DEBERTOLIS, Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti. Signor presidente, onorevoli deputati, rivolgo un cordiale saluto a tutti i componenti della Commissione difesa.
Sono particolarmente grato di poter essere audito nuovamente sul programma Joint Strike Fighter. Infatti, ciò mi consente - attraverso una serie di riflessioni - di fare un punto della situazione e, al contempo, di chiarire alcuni aspetti che periodicamente ricorrono sugli organi di stampa.
Il Joint Strike Fighter è un programma certamente complesso e ambizioso e, come tale, richiede ed ottiene da parte dell'opinione pubblica un'attenzione sempre particolare. Pertanto, è naturale che sia costantemente sotto osservazione, non solo da parte delle istituzioni preposte, ma anche da parte della stampa.
A fronte di un quadro strategico in continua e rapida evoluzione, l'Italia, insieme con gli altri alleati europei ed atlantici, ha l'obbligo di mantenere elevato il suo impegno per la gestione delle crisi - come, peraltro, ci ha ricordato recentemente il nostro Presidente della Repubblica al Consiglio supremo di difesa - operando contemporaneamente su molteplici fronti e in differenti contesti.
La componente aerotattica dell'Aeronautica è una componente imprescindibile del nostro strumento militare, al pari di quanto avviene per i nostri alleati europei e atlantici. Poiché si sta avviando alla fine della sua vita operativa, essa va dunque sostituita.


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È proprio in tale scenario, sia strategico sia operativo, che il programma Joint Strike Fighter va inquadrato. Le avanzate e complesse caratteristiche del velivolo ne fanno, nel suo genere, il miglior sistema d'arma aeronautico disponibile, l'unico con caratteristiche di bassa osservabilità radar, piena integrazione di sistemi avanzati, scoperta e comunicazione, elevata efficacia operativa, incrementata precisione d'ingaggio e maggiore sicurezza complessiva. Pertanto, può essere considerato, a buon ragione, uno dei tasselli per il miglioramento e il conseguimento delle richieste capacità operative dello strumento militare.
I 90 F-35 previsti dal programma, ridotti di 41 unità rispetto a quelli prima previsti, si pongono quale ineludibile esigenza per la sostituzione di 253 velivoli appartenenti a tre diverse linee - 18 velivoli a decollo verticale AV-8B della Marina, 136 AMX e 99 Tornado dell'Aeronautica - con pezzi di ricambio e supporto logistico differenziato e con piattaforme ormai prossime alla fine della vita tecnica.
Ciò mi riporta, dunque, alle conclusioni della scorsa audizione di febbraio, allorquando sottolineai che il Joint Strike Fighter è un programma di fondamentale importanza per la difesa, anche in considerazione della rilevanza che riveste per l'efficacia dello strumento aeromilitare e della politica estera del nostro Paese, impegnato da decenni a confermare il proprio ruolo attivo sul fronte degli impegni, di coalizione e di alleanza, a sostegno della sicurezza internazionale e della pace.
Da qui il forte impegno profuso da parte del Segretariato generale, affinché potesse essere compresa la complessità del programma e la politica del procurement perseguita con determinazione. Mi riferisco alla possibilità di trasformare ogni importante acquisizione di sistemi d'arma in un'impresa industriale che porti al Paese ritorni operativi, tecnologici, di occupazione e di crescita.
Il programma in questione ne è l'esempio e lo dimostrano i primi numeri relativi allo stato della partecipazione industriale al progetto Joint Strike Fighter che vede, solo per la parte di interesse nazionale, impegnate 37 aziende italiane, tra cui le principali industrie aeronautiche e motoristiche, Alenia e Avio. Esse sono coinvolte attivamente, essendo ingaggiate nei piani di partecipazione industriale dai contractor americani principali, la Lockheed Martin e la Pratt & Whitney, avendo già ricevuto commesse o essendo in competizione per importanti opportunità.
Oltre a queste due imprese principali, sono altresì coinvolte nel programma aziende italiane prevalentemente operanti nelle forniture di tooling per la produzione (che si sono affermate come fornitori dei contractor e degli originali equipment); piccole e medie imprese afferenti all'area delle infrastrutture (oltre 20 imprese, impegnate nella predisposizione e nell'attivazione dei siti); piccole e medie imprese agenti come subfornitori di Alenia e di altre aziende italiane ingaggiate nel menzionato piano produttivo. Altre 30 aziende, prevalentemente piccole e medie imprese, hanno avviato attività esplorative propedeutiche all'ingresso nel programma, anche attraverso il coordinamento della Federazione aziende italiane per l'aerospazio, la difesa e la sicurezza (AIAD).
Inoltre, nell'area del sostegno logistico, è in corso di definizione il posizionamento dei centri di manutenzione e supporto logistico nelle varie regioni del mondo e il concorso delle aziende alle corrispondenti opportunità industriali.
L'Italia, nello specifico, concorre per diverse funzioni cruciali riguardanti la logistica, per le quali ha già formulato requisiti e aspettative nazionali. Esistono quindi, al momento, circa 15 miliardi di dollari di realistiche opportunità e sta solo a noi saperle cogliere, supportando opportunamente le aziende nazionali. Al momento, la commessa maggiore è quella di Alenia Aermacchi per la produzione di ali, comprese di troncone centrale di fusoliera, dei velivoli presso gli impianti di Cameri, quale second source della Lockheed Martin, in base agli accordi di partenariato strategico.


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Proprio la scommessa sul potenziamento del tessuto industriale aeronautico nazionale nell'area di Cameri, in posizione baricentrica tra i poli ingegneristici di Torino e Milano e i bacini industriali di Torino e Malpensa, ha posto le basi per lo sviluppo di un'impresa in grado di adattarsi alle evoluzioni future, garantendo la massima flessibilità compatibile con il disegno strategico della difesa, che è quello di investire per il rafforzamento e il sostegno dell'industria aeronautica nazionale.
Con l'impianto di Cameri si è dunque assicurato lavoro al Paese in un momento critico, sia garantendo il mantenimento delle capacità esistenti, sia cogliendo un'opportunità unica per la crescita tecnologica. Infatti, a Cameri si è puntato a implementare un polo per l'assemblaggio e la verifica dei velivoli militari di quinta generazione - unica in Europa e nel mondo, se si eccettua la casa madre in Texas - nonché la realizzazione di un terzo delle ali, comprese di troncone centrale di fusoliera, della flotta complessiva, attualmente stimata attorno a 3.000 velivoli.
Certamente il programma ha subìto ritardi rispetto alle previsioni iniziali con ripercussioni anche sull'avvio delle operazioni negli impianti di Cameri, ma ciò, lo ricordo, avviene per ogni programma tecnologicamente avanzato e innovativo. L'Eurofighter 2000, all'epoca, aveva subìto ritardi più consistenti.
Oggi, però, a Cameri si stanno già costruendo le prime ali e il relativo troncone centrale di fusoliera per i velivoli statunitensi, mentre la linea di assemblaggio per gli aerei italiani e olandesi verrà avviata a breve. Una volta a regime, gli operatori diretti e indiretti, saranno approssimativamente 3.000 nell'area di Cameri e, nel complesso, il programma occuperà circa 10.000 persone sul territorio nazionale.
Ora siamo nelle fasi iniziali e l'azienda Alenia sta impiegando manodopera di esperienza. Va inoltre evidenziato che la FACO (Final Assembly and Check Out) sarà utilizzata anche per la manutenzione e l'aggiornamento delle macchine dislocate in Europa, dando continuità all'occupazione, ben oltre la durata del progetto di acquisizione, estendendosi a tutto l'arco di vita operativa del velivolo, calcolato in circa 40 anni.
In conclusione, i benefici, le ricadute industriali e il ritorno in termini di tecnologia, know-how e capacità manifatturiere, e l'impiego operativo di un velivolo tanto avanzato daranno, com'è atteso e naturale, ritorni industriali anche a breve, ma soprattutto nel medio termine e oltre.
In chiusura, vorrei cogliere l'opportunità per invitare gli onorevoli membri della Commissione a visitare nuovamente lo stabilimento di Cameri, in modo tale da avere l'opportunità di poter riscontrare de visu i progressi e lo stato di avanzamento dei lavori. Al contempo, vorrei anche proporre la visita a una delle piccole e medie imprese che hanno già avuto l'opportunità di beneficiare delle ricadute industriali e tecnologiche illustrate.
Ringrazio dell'attenzione e sono pronto a rispondere a qualsiasi domanda.

PRESIDENTE. Grazie, signor generale. Do la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

AUGUSTO DI STANISLAO. Ringrazio il Segretario generale Debertolis per questo momento ulteriore di approfondimento che, per la verità, non sposta di un millimetro le mie preoccupazioni. Ancora una volta, infatti, mi sembra che le Forze armate e il comparto della difesa stiano cercando, attraverso questa strabiliante opportunità - io non la ritengo tale, ma così la si vuol far apparire - di snaturare la propria mission, la propria vocazione. Piuttosto che fare impresa industriale, dovrebbero fare di più e meglio quello che sanno fare, farlo al meglio delle possibilità, magari accantonando per un momento l'idea di una riforma epocale dello strumento militare, facendo ciò che hanno sempre fatto e che ci ha caratterizzato nello scenario mondiale (si pensi, ad esempio, alle missioni internazionali).


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Personalmente ho chiesto a più riprese che, al di là degli approfondimenti, ci potesse essere finalmente fornito il piano industriale, per poter parlare con cognizione piuttosto che fare domandine «scolastiche». Perché non ci fate avere il piano industriale? Perché non ci permettete di approfondirlo in questa sede? Non ci si può ogni volta assegnare i compiti a casa e, poi, fare delle audizioni per sapere qualcosa in più, che potremmo sapere comunque, a prescindere.
Un rapporto corretto - dal momento che noi rappresentiamo non solo le istituzioni repubblicane, ma il popolo e, in questo caso, anche gran parte del comparto - richiederebbe la conoscenza di elementi idonei sulla base dei quali si potrebbe non solo fare le domandine di prammatica, ma soprattutto riflettere su come meglio riorientare un piano di questo tipo, ammesso che si tratti di un piano industriale. Credo, infatti, che si debba anche ragionare in termini molto semplici per capire, dal momento in cui è stata intrapresa questa formidabile avventura degli F-35, qual è il confine di demarcazione tra i compiti e i ruoli della difesa e quelli dell'industria militare italiana. Non si riesce più a capire nulla in questo senso.
Un altro aspetto che vorrei sottolineare riguarda il tema del mantenimento dei livelli occupazionali esistenti. Forse si manterranno i livelli esistenti, ma non si creeranno nuovi posti di lavoro. Infatti, lei parla di 10.000 unità sul territorio nazionale e 3.000 nei dintorni, per cui non supereremo il livello esistente.
Inoltre, in base a quanto ci è stato detto anche quando ci siamo recati in loco, Cameri sarebbe dovuto diventare un punto di riferimento in Europa, ma anche negli Stati Uniti, in Australia e nel sud-est asiatico. Al momento, non abbiamo alcuna puntualizzazione che ci permetta di affermare che esiste una valorizzazione in questi termini.
Francamente, le dico che a Cameri ho visto una splendida lottizzazione industriale. Devo riconoscere - avendo fatto il sindaco posso dirlo - che è veramente fatta bene. Mi si dice che ci sono 32 o 35 imprese meravigliose, e su questo sono d'accordo perché l'Italia è costituita da piccole e medie imprese che sono la spina dorsale della nostra economia. Tuttavia, ad oggi, non sono ancora riuscito a capire quali sono e cosa fanno queste imprese e in che misura concorrono all'economia nazionale e a dare soddisfazione al comparto. Di questo ancora non ho contezza.
Le risparmio tutte le cose già dette negli atti che ho presentato in Aula, perché credo che ormai le risposte dovrebbero venire da sé. Piuttosto che chiedere totale chiarezza, le chiedo almeno delle delucidazioni su due o tre questioni. Non chiedo di più.
A oggi, la riforma dello strumento militare cammina su due gambe. Queste non sono la spending review e l'armonizzazione del sistema pensionistico, come ci vorrebbero far credere, ma due gambe che si basano su un principio formidabilmente negativo: tagliare per comprare, nello specifico tagliare personale per comprare gli F-35.
È evidente che esiste un nesso di causa-effetto fra questi aspetti e la riforma dello strumento militare, ed è altrettanto evidente che bisogna portare in Aula questo tema. Non basta rappresentare questi aspetti in audizione, ma bisogna andare di fronte al Parlamento e agli italiani per dire qual è lo stato dell'arte effettivo e che cosa viene fuori da questo sistema di relazioni. Bisogna chiarire se questo progetto è realizzato in virtù di un miglioramento e un potenziamento delle capacità operative del nostro comparto o, piuttosto, per la soddisfazione di alcune realtà che sono anche nostre, ma che non possono condizionare le scelte del comparto difesa. A quel punto, significherebbe che il Parlamento è espropriato delle sue funzioni e che le scelte vengono fatte al di fuori, non avendo niente a che fare né con il Parlamento né tanto meno con i bisogni del comparto. Grazie.

PRESIDENTE. Prima di passare la parola all'onorevole Mogherini Rebesani, vorrei porre anch'io delle domande. Innanzitutto, vorrei un chiarimento sul dato


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occupazionale, essendo stato introdotto questo tema. Sia le aziende principali che operano nel settore dell'industria della difesa - come ad esempio Finmeccanica - sia le piccole e medie imprese sono attualmente settate sulle macchine oggi in uso come gli AMX ed gli EFA, che hanno un percorso di vita tecnologico e di impiego ormai limitato nel tempo. Secondo lei, signor generale, se queste aziende non aderiranno a un nuovo progetto di quinta generazione potranno comunque mantenere il loro livello occupazionale attuale oppure uscendo fuori dal giro dell'aggiornamento tecnologico rischieranno di perdere competitività e quindi occupazione?
In secondo luogo, sul versante della ricerca tecnologica, far parte del progetto consentirà all'industria italiana, alle università italiane e alla ricerca tecnologica complessiva in Italia di rimanere al passo con le grandi nazioni industrializzate?
La terza domanda riguarda i «cervelli». Le nostre università, con grande fatica, formano molti ingegneri. La manodopera più qualificata lavora nel settore dell'industria della difesa che, come sappiamo bene, è sempre dual use. Questi ingegneri oggi rimangono in Italia. Secondo lei, non partecipare a un progetto del genere significherà che molti ingegneri che oggi trovano lavoro in Italia saranno costretti ad andare all'estero?
Una quarta riflessione riguarda l'utilizzo della macchina F-35 per le esigenze di difesa dell'Italia. Una certa polemica, che ha un suo fondamento, ritiene che questi aerei molto potenti - che non daranno soltanto una superiorità, ma una vera e propria supremazia aerea - costituiscano in sé un'arma di guerra offensiva. Lei, come generale dell'Aeronautica, ritiene invece che l'alto livello di superiorità tecnologica possa servire anche a dissuadere altri Paesi dalle aggressioni e, quindi, rappresentare un formidabile strumento di pace?
Infine - faccio l'avvocato del diavolo - vorrei parlare di una questione che non era ancora stata sollevata, quella dei costi. Ovviamente, si tratta di un fatto non secondario, quindi sarebbe opportuno avere qualche notizia più precisa sul costo del progetto. Sappiamo bene che i primi esemplari hanno un certo costo, ma poi - man mano che si va avanti - dovrebbe ridursi, atteso che nei primi si scarica l'investimento nella ricerca tecnologica. Poiché c'è stata un po' di confusione alimentata dai mezzi di informazione, credo che ci sia la necessità di avere qualche dato più preciso.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Vorrei porre due domande puntuali, relative a quanto ci è stato comunicato dal Segretario generale, e una di carattere più generale.
La prima domanda riguarda i tempi. Lei ha detto che la linea di assemblaggio per quanto riguarda l'Italia e l'Olanda sarà attivata a breve. Vorrei capire quali tempi si prospettano.
L'altra precisazione che le chiedo è relativa alle commesse. Se non ho capito male, lei parlava di un quadro di opportunità realistiche. C'è quindi ancora un grande punto interrogativo rispetto alle possibili commesse. Lei ha parlato di 15 miliardi ed ha affermato che, per ora, Alenia ha avuto la commessa maggiore. Vorrei sapere se è possibile quantificare quest'ultima commessa.
Infine, le pongo una richiesta a carattere più generale, che credo sia anche più interessante per noi. Vorrei conoscere una sua valutazione sulle prospettive future del programma, non tanto in relazione alla partecipazione italiana, quanto piuttosto alla sua dimensione multinazionale e, in particolare, allo scenario che nei prossimi mesi si potrebbe verificare negli Stati Uniti rispetto al Fiscal Cliff. So che lo scorso venerdì è stato raggiunto un importante accordo per l'acquisto da parte statunitense di 32 velivoli, che si aggiungono ai 63 già acquistati. Mi sembra di aver capito che questo accordo è stato concluso alla fine di una lunga negoziazione, proprio per evitare che eventuali tagli al bilancio del Pentagono possano recare un danno al programma. Malgrado ciò, mi sembra piuttosto evidente che, se Obama e il Congresso non dovessero arrivare a un


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accordo, i tagli automatici al bilancio della difesa sarebbero così pesanti da avere delle ripercussioni sulla parte americana del programma che - non ci sfugge - è quella più consistente.
Chiaramente, noi non abbiamo - e, immagino, non li abbia neanche lei - elementi per valutare quanto sia probabile il raggiungimento di un accordo tra la Presidenza e il Congresso degli Stati Uniti, ma nel caso ci siano dei tagli automatici al Pentagono, lei ha un'idea di quali potrebbero essere le ripercussioni sullo stato di avanzamento del programma nel complesso, non immediatamente nel 2013, ma negli anni successivi? Grazie.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Ringrazio il generale Debertolis e mi scuso per essere arrivata con un po' di ritardo.
Vorrei chiedere un chiarimento in merito a quanto è stato detto nella scorsa audizione in questa Commissione sulla questione degli F-35. Non so se nella parte iniziale della relazione di oggi abbia parlato dell'acquisto dei primi tre velivoli. Ricordo che in quella occasione c'era l'intenzione, entro maggio, di acquisire tre velivoli. Vorrei sapere se questo è avvenuto o quando avverrà e quali siano i costi effettivi dei tre velivoli.
Proprio in questi giorni, abbiamo discusso, esaminando la riforma dello strumento militare, del cosiddetto «bilancio consolidato». Sappiamo, quindi, che ci sono 1 miliardo 300 milioni di euro per gli investimenti e un recupero che va un po' oltre quel 25 per cento che dovrebbe essere la base del paradigma della stessa revisione dello strumento militare.
Gli F-35 sono uno dei programmi, forse quello più costoso, nell'ambito del futuro impegno del nostro Paese riguardo alla quota del 25 per cento di investimenti.
Avremmo bisogno, quindi, di una valutazione meno generica. Quando si fanno approfondimenti, questa Commissione vorrebbe anche un po' di dati, di proiezioni, ed è quello che chiediamo da sempre, in quanto sono le quantificazioni che permettono di valutare.
Le quantificazioni sono importanti, visto che tutto quello che si è messo in moto in relazione alla revisione dello strumento avviene nel contesto di una profonda crisi che attraversa il Paese e che tocca le stesse Forze armate, e soprattutto - in maniera molto pesante - la componente umana. Vorrei dunque avere qualche elemento più preciso nel merito.

ANTONIO RUGGHIA. Grazie, generale De Bertolis. I colleghi che mi hanno preceduto hanno già posto la domanda che avevo in mente di fare, riguardo la definizione del costo degli F-35. Sulla base di notizie che abbiamo letto sulla stampa sembrerebbe che questi costi siano lievitati rispetto ai dati che lei ci ha fornito nella precedente audizione. Vorrei sapere se c'è una differenza rispetto a quelle previsioni o se, invece, siamo rimasti ancora all'interno.
Inoltre, lei ha detto che gli F-35 dovranno sostituire l'attuale flotta dell'Aeronautica militare (aerei a decollo verticale AMX e Tornado). Vorrei chiederle se è possibile, già da adesso, prefigurare i tempi necessari per la costituzione della nuova flotta che - mi sembra di aver capito - dovrebbe basarsi sostanzialmente su due velivoli: gli Eurofighter e gli F-35. Qual è il termine della vita operativa degli attuali velivoli e quello entro il quale dovremmo configurare la nuova flotta? Insomma, quanti sono adesso e entro quanto tempo andrebbero sostituiti? Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola al generale Debertolis per la replica.

CLAUDIO DEBERTOLIS, Segretario generale della difesa e Direttore nazionale degli armamenti. Inizio rispondendo all'onorevole Di Stanislao. Bisogna chiarire bene il ruolo della difesa, poiché ricordo che già nella scorsa audizione era stata fatta questa osservazione. La difesa è costituita da due colonne: una è la parte operativa, fatta dagli stati maggiori e da coloro che fanno le operazioni all'estero; l'altra colonna è costituita dalla parte


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cosiddetta «ministeriale» o tecnico-amministrativa a cui sono attribuiti per legge i compiti della politica industriale.
Di conseguenza, noi non ci inventiamo un ruolo che non abbiamo, ma cerchiamo invece di recitare un ruolo che ci è stato attribuito da lungo tempo e che, ultimamente, abbiamo riorganizzato per poterlo assolvere meglio.
La parte tecnico-amministrativa, ovvero il Segretariato, ha tre compiti fondamentali: quello del procurement, cioè l'acquisto di nuovi mezzi; quello di politica industriale, ossia indicare gli obiettivi all'industria della difesa del Paese e, infine, quello di trovare le giuste cooperazioni con gli altri Paesi e i giusti accordi internazionali per portare avanti i programmi in modo efficiente. Questi tre ruoli sono conglobati in un'unica organizzazione e vengono portati avanti contemporaneamente.
Il ruolo della difesa non si esaurisce, dunque, in un compito di sicurezza attiva, ossia fare operazioni di tipo militare che, come stiamo facendo in questo momento, rispondano alle esigenze del Paese, ma è anche quello di far sì che dietro questa organizzazione ci sia un substrato industriale in grado di sostenere l'apparato militare.
Questo secondo ruolo coincide con interessi più generali del Paese, in quanto non pensiamo più soltanto ad avere degli armamenti, ma ad avviare dei motori economici e a far sì che gli operatori che lavorano nell'alta tecnologia possano trovare sul territorio nazionale gli spazi per cooperare.
Questo tema si collega bene alla domanda posta dal presidente Cirielli, ossia cosa succederebbe se noi uscissimo dal programma o come, altrimenti, potremmo mantenere le nostre capacità. È veramente molto importante che quanto sto per dire venga compreso anche dall'opinione pubblica: il nostro lavoro, come Ministero della difesa, è quello di assicurare che i migliori cervelli che operano in questo campo di alta tecnologia rimangano sul territorio nazionale. In questo contesto si inquadra il discorso fatto sul golden power, ossia impedire che, in questo momento di debolezza e di crisi del Paese, qualcuno si impadronisca delle nostre capacità tecnologiche. Quindi, possiamo accettare che qualche capitale straniero sia investito in Italia, anche nell'industria della difesa, ma dobbiamo essere sicuri che questi investimenti non comportino la delocalizzazione delle nostre capacità.
Tutti gli aspetti di questo discorso sono collegati. Noi approfittiamo dei programmi militari e di acquisizione di capacità operative per fare questo tipo di politica, che viene fatta in maniera coerente, utilizzando anche delle interfacce adeguate con la nostra industria. Ho parlato dell'AIAD, come organizzazione che raccoglie tutte le industrie con cui ci interfacciamo e coordiniamo alcune iniziative.
Noi curiamo non solo gli interessi delle grosse industrie come Finmeccanica, Fincantieri o Avio, ma anche quelli del tessuto di piccole e medie imprese, che potrebbe essere più debole e che va salvaguardato con attenzione.
Nel programma Joint Strike Fighter, dopo aver ottenuto i contratti di più ampio respiro per l'Alenia e l'Avio, stiamo adesso facendo un lavoro di dettaglio, per far sì che le piccole e medie imprese in grado di lavorare in questo campo vengano investite delle attività del programma. Personalmente ho cominciato a visitare alcune di queste imprese e ho avuto la grande soddisfazione di riscontare una grande passione e una grande capacità. La Lockheed Martin, quando deve assegnare un lavoro, anche in subcommessa, va a verificare di persona, mandando un audit di una quindicina di persone dentro l'azienda per un periodo che può arrivare anche a sette o otto mesi. Alcune nostre aziende sono state in grado di ottenere la qualificazione dalla Lockheed Martin in tempi molto più brevi e hanno già cominciato a fabbricare parti del velivolo.
Quando dunque parlo di 3.000 operatori, di 10.000 persone che potranno lavorare sui velivoli, vedo il risultato del lavoro che stiamo facendo. Le 10.000 persone rappresentano in effetti una sostituzione di quelle che lavorano sull'Eurofighter e che verrebbero a trovarsi senza


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lavoro dal 2018, quando la produzione di questo velivolo terminerà. Sinceramente, vedendo le capacità che abbiamo e la grande iniziativa dei singoli, prevedo di andare ben oltre questi numeri perché, anche se niente è garantito - lavorando e dimostrando le proprie capacità - pian piano il lavoro in Italia arriva.
Adesso stiamo lavorando soprattutto sulle parti strutturali. Ci sono industrie aeronautiche che si occupano di elettronica e avionica che si stanno lamentando dello spazio di lavoro sul velivolo. D'altra parte, è anche vero che, in questo momento, in Italia, è molto importante acquisire la parte strutturale, ossia i materiali - titanio, alluminio - con lavorazioni di ultima generazione. Come sappiamo, i velivoli si aggiornano continuamente dal punto di vista elettronico, mentre rimangono stabili dal punto di vista strutturale. Per questo abbiamo già cominciato a lavorare anche nella parte elettronica.
Un'iniziativa che stiamo portando avanti è quella di far sì che sul velivolo vengano messi equipaggiamenti europei. Abbiamo iniziato a lavorare con l'Inghilterra per poter integrare sul Joint Strike Fighter degli equipaggiamenti completamente europei.
Questo è il nostro lavoro. Mentre, da una parte, il programma viene portato avanti dall'ufficio di programma americano - dove ci sono anche i nostri rappresentanti - dal punto di vista del raggiungimento degli obiettivi, il nostro lavoro è quello di portare il lavoro in Italia, negoziando continuamente e allestendo un'organizzazione ad hoc per questo.
L'onorevole Mogherini Rebesani chiedeva quali commesse abbiamo ottenuto. Proprio l'altra settimana siamo riusciti a negoziare per l'Alenia la garanzia della costruzione delle ali. Inizialmente, era previsto che avremmo dovuto costruire 800 ali (erano prima 1200, e in seguito, riducendo il numero di velivoli, siamo arrivati ad avere una garanzia intenzionale di 800 ali). Abbiamo già ottenuto un contratto che verrà firmato a breve e che riguarda i primi undici lotti. È molto importante riuscire ad avere contratti a lungo termine, per permettere all'industria di investire sulle attrezzature molto più di quanto possa fare se riuscisse ad ottenere contratti a breve termine.
In definitiva, il nostro ruolo non risponde alla velleità di fare attività al di fuori delle competenze della difesa, ma è invece quello di lavorare in base a quelle che sono le nostre responsabilità come parte ministeriale, politica, industriale e di cooperazione internazionale.
Bisogna poi capire che cosa si intende per piano industriale. Tutte le attività di Cameri sono previste: la costruzione della fabbrica è ben pianificata, gli edifici sono quasi tutti completati, stiamo ricevendo l'attrezzatura e in una parte si è già cominciato a lavorare. Al tempo della visita svolta dalla Commissione, le ali e la parte centrale della fusoliera venivano ancora costruite in edifici provvisori che non permettevano l'assemblaggio finale completo dei pezzi, che venivano quindi mandati negli Stati Uniti ancora in tre tronconi.
Ora, invece, una parte dello stabilimento sta già lavorando a pieno ritmo per costruire la parte centrale e le ali in un unico complesso che viene spedito in America. Quindi, tutto quello che riguarda lo stabilimento e l'inizio della produzione dei velivoli è pianificato. Su tutti questi elementi già previsti e consolidati - l'assemblaggio dei nostri velivoli e di quelli olandesi, la costruzione delle ali e del troncone della fusoliera, le cadenze di consegna - potremmo redigere una scheda o un documento.
Il nostro ruolo è anche quello di cercare ulteriore lavoro. Ci sono altre nazioni con cui stiamo negoziando per assemblare i loro velivoli nello stabilimento di Cameri, e altre ancora che stanno pensando all'acquisizione dei velivoli e a una loro futura manutenzione a Cameri.
Oggi, poiché siamo ancora in una fase iniziale, onorevole Di Stanislao, i velivoli non ci sono ancora stati consegnati e, di conseguenza, è chiaro che Cameri non ha ancora un ruolo di grande centro di manutenzione. I velivoli, infatti, non sono neanche entrati in servizio. Ciò nonostante,


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in questo momento, siamo di fatto l'unico centro di manutenzione esistente oltre quello americano e nessuno, in questo momento di crisi, sta investendo per farne uno uguale.
È dunque chiaro che, con il passare degli anni e l'entrata in servizio dei velivoli, ci troveremo con uno stabilimento in grado di fare manutenzione, mentre neanche l'Inghilterra, che aveva dei piani a questo riguardo, ha ancora investito. Devo dire che noi abbiamo preso questa decisione e abbiamo finanziato lo stabilimento prima della crisi; adesso ci troviamo, fortunatamente, ad avere in mano uno strumento che sarà sicuramente molto potente quando in futuro si prenderanno delle importanti decisioni sulla manutenzione.
In questo momento, nel mondo esistono solo Fort Worth e Cameri. Gli stabilimenti in Australia e in Giappone, pur previsti in futuro, non hanno neanche le fondamenta. A questo punto, poiché tutti sanno che noi ci troviamo con qualcosa che già funziona, esiste la possibilità che il lavoro ci arrivi.
Riguardo al livello di evoluzione, ho invitato la Commissione a visitare di nuovo Cameri ed eventualmente, se c'è più tempo, ad assistere a una presentazione più approfondita del cosiddetto «piano industriale», affinché si veda nettamente la differenza tra febbraio-marzo e oggi.
Penso di aver risposto a tutte le domande dell'onorevole Di Stanislao. Passo ora a quelle del presidente Cirielli. Sul dato occupazionale, ho già detto che, in questo momento, l'apparato industriale italiano sta lavorando soprattutto sull'Eurofighter 2000. Per quanto riguarda gli AMX e i Tornado ormai si parla solo di manutenzione e non più di costruzione. L'Eurofighter invece, nello stabilimento di Torino Caselle e in tutto il territorio nazionale, dà lavoro più o meno a 10-12.000 persone. La prima esigenza è quella di sostenere questo apparato e il Joint Strike Fighter, per come è fatto, lo sostituirà. Nessuno ha quindi mai parlato di attività aggiuntiva e nessuno ha mai fatto promesse al riguardo. Il nostro primo obiettivo è mantenere quello che c'è. In seguito, con questi dati favorevoli che stanno venendo fuori, le capacità delle nostre industrie e il fatto che saremo gli unici ad avere lo stabilimento in Europa, è probabile che riusciremo ad andare oltre.
Per quanto riguarda il rischio tecnologico legato all'ipotesi di uscire dal programma, è chiaro che, se si esce dal programma oggi, facendo il semplice ragionamento che se risparmiamo delle risorse possiamo impiegarle da un'altra parte, si vanificano tutti gli investimenti già fatti. Oltre a mettere a rischio l'occupazione, si rischia anche di perdere le capacità tecnologiche esistenti, che vanno tenute continuamente aggiornate; gli ingegneri devono poter lavorare continuamente, altrimenti è facile, per un'interruzione di soli tre o quattro anni, perdere competenze ed essere costretti a lavorare da un'altra parte.
Un'altra affermazione molto fuorviante è quella secondo cui le capacità ingegneristiche non sono state sfruttate adeguatamente essendo il velivolo un progetto americano. A questo proposito devo ricordare che alcuni problemi relativi al disegno delle ali di questo velivolo sono stati risolti proprio da ingegneri italiani della Alenia di Pomigliano. Questo è un esempio di come quello che chiamiamo il «genio italiano» riesce a entrare anche in un progetto avanzato di un altro Paese.
Il velivolo non esiste soltanto come velivolo, ma anche come tecnica produttiva. Se si va a Cameri ci si rende conto che alcuni processi produttivi che ci sono in America sono stati migliorati. Chi ha osservato l'esperienza americana può dire che si sono disegnate le macchine in maniera diversa e si è costruito qualcosa che permette di produrre il velivolo con maggiore efficienza. La capacità ingegneristica italiana - in questo siamo una nicchia di eccellenza - si realizza anche sulle macchine utensili che fabbricano un aereo di questo genere. Il programma, quindi, contribuisce sicuramente a mantenere i cervelli sul territorio nazionale.
Riguardo alla polemica se si tratti o meno di un velivolo offensivo, è chiaro che


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l'Aeronautica va vista come un apparato che deve avere i suoi sistemi di difesa, come uno scudo, ma anche dei sistemi per «offendere», come una spada, perché combattere solo con lo scudo non è possibile. Per andare su un territorio critico come abbiamo appena fatto per la Libia e risolvere alcune situazioni, occorre uno strumento che possa penetrare in un territorio ostile senza essere visto e portare quello che serve in maniera selettiva, senza danni collaterali, come fortunatamente siamo riusciti a fare in Libia. Noi ci muoviamo sempre su mandato dell'ONU o di altre organizzazioni internazionali, ma quando questo mandato ci è dato dobbiamo essere in grado di assolverlo.
Per quanto riguarda i costi, ho dei dati molto precisi che posso lasciare alla Commissione. All'epoca dell'audizione precedente il numero dei velivoli previsti era di 131. Successivamente, il Ministro della difesa, proprio per rispondere a un momento di crisi, ha deciso un ridimensionamento del programma, che tuttavia è stato operato senza mettere a rischio tutto quello che ho detto prima. Infatti, siamo scesi a un numero che ci ha consentito ancora di avere ritorni industriali adeguati. Inoltre, con la nostra ricerca di velivoli di altre nazioni da assemblare a Cameri, probabilmente rimpiazzeremo nel tempo i 41 velivoli in meno.
Il ridimensionamento ha comportato un risparmio complessivo sul programma di circa 4 miliardi di euro. Inoltre, non abbiamo soltanto ridotto il numero dei velivoli, cosa che avrebbe comportato risparmi a lungo termine, ma ne abbiamo anche diluito l'acquisizione, con dei risparmi a cortissimo termine sul complesso. Avremmo dovuto comprare quattro velivoli, invece ne abbiamo comprati tre. I tre velivoli che sono stati ordinati - onorevole Villecco Calipari - cominceranno a essere assemblati a Cameri a partire dal prossimo anno e verranno costruiti in più o meno 18 mesi.
Per rispondere anche all'onorevole Mogherini Rebesani, i velivoli entreranno in fabbricazione da metà del prossimo anno e usciranno all'inizio del 2015. Il primo velivolo italiano che uscirà darà anche la dimostrazione che la FACO di Cameri è in grado di costruire un velivolo. Tra l'altro, il sistema contrattuale è tale che completeremo il pagamento della FACO soltanto quando sarà dimostrata la corretta fabbricazione del primo velivolo, che dovrebbe essere completata nel gennaio del 2015.
L'onorevole Mogherini Rebesani mi chiedeva quali siano le opportunità realistiche, le commesse e via dicendo, ma penso di averne già parlato. Stiamo facendo un lavoro continuo per portare lavoro in Italia e ripeto che, dai primi dati che abbiamo, le potenzialità appaiono molto superiori a quello che ci aspettavamo. Per questo vi ho invitato non solo a visitare di nuovo Cameri, ma anche ad effettuare una visita in una di queste piccole e medie imprese che hanno cominciato a lavorare sul velivolo e che hanno acquisito delle tecnologie nuove in brevissimo tempo.
Ho anche il piano di consegna dei velivoli italiani, che posso lasciare agli atti. I 90 velivoli verranno consegnati entro il 2027. Al 2020 saremo a 34 velivoli. Si tratta di un piano appositamente diluito per una questione di risparmio, che comporterà la sostituzione dei Tornado entro il 2027.
Gli AMX dovrebbero invece finire la loro vita prima del 2020. Alcuni Tornado saranno quindi mantenuti ed eliminati progressivamente, finché non entrerà in servizio l'ultimo velivolo della flotta Joint Strike Fighter, mentre per quanto riguarda gli Eurofighter in consegna attuale, la produzione dovrebbe finire nel 2018, per i 96 velivoli, ma anche in questo caso stiamo cercando di diluire la consegna per tenere le linee aperte e far lavorare le persone. Per quanto riguarda gli ordini, stiamo lavorando per riuscire ad avere altri Paesi che partecipino al programma.
Anche se la nota situazione in India ha tolto quella che poteva essere la migliore prospettiva per questo velivolo, ci sono comunque delle prospettive anche per l'Eurofighter.


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Penso di aver risposto a tutte le domande.

PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai deputati che hanno chiesto di svolgere ulteriori osservazioni.

AUGUSTO DI STANISLAO. Ringrazio nuovamente il generale per la sua disponibilità. Innanzitutto credo che - piuttosto che andare da una piccola e media impresa italiana, di cui conosco anche le capacità manifatturiere - bisognerebbe tornare a Cameri per vedere lo stato dell'arte. Insisto, invece, sulla richiesta del piano industriale. Io esigo il piano industriale, che comprende il piano economico-finanziario, il piano occupazionale, la declinazione degli impegni, le risorse messe in campo (e come vengono utilizzate, attraverso una serie di start-up e di appostazioni) e la tempistica.
Quello che lei ci ha fornito, generale, con tutto il rispetto, è un crono-programma. Ce lo può consegnare, ad adiuvandum va bene, ma noi che votiamo questi provvedimenti dobbiamo essere in grado di valutarne la portata. È vero che voi siete l'amministrazione e dovete fare una serie di interventi, ma attenzione, le politiche le fa il Parlamento e, in questo caso, il Governo propone e il Parlamento decide. Per essere chiaro, il Governo propone e il Parlamento dispone. Nelle democrazie più avanzate funziona in questo modo.
Di conseguenza, le politiche, anche quelle industriali, possono essere proposte, ma dovrebbe deciderle il Parlamento. Se voi vi arrogate anche il diritto-dovere di fare le politiche industriali, a noi cosa rimane da fare? Noi vorremmo capire su quale mandato vi muovete e secondo quale orientamento fate questi interventi, come e su quali connotati di rapporto (qualità, quantità e via dicendo) orientate le vostre ulteriori azioni amministrative e tecniche.
Le politiche - permettetemelo - dovrebbe farle chi ha le prerogative e credo che le abbia il Parlamento, attraverso il Governo e attraverso un voto democraticamente riconosciuto. Diversamente, la nostra prerogativa rimane quella di fare della pedagogia, mentre per tutto il resto c'è un'espropriazione di funzioni.
Dico questo perché ho visto Cameri e ho sentito anche il Ministro. A volte si possono anche dare questi numeri, ma si tratta di numeri vincolanti che si possono approfondire e capire pienamente solo attraverso il piano industriale.
Qualche tempo fa, proprio nel momento in cui il numero dei velivoli fu ridotto da 131 a 90, il Ministro stesso parlava di aumento di occupazione di 10-15 mila unità, mentre invece si tratta sempre delle stesse persone che girano. Allora ci si dica anche quanti sono gli ingegneri, quanti gli addetti alla manutenzione e tutti i soggetti che fanno parte del piano industriale.
Forse non sono stato educato a parlare in punta di fioretto, però la sostanza è che per fare bene il mio lavoro e per non fare la figura del cretino devo capire bene di che cosa stiamo parlando. Esigo quindi il piano industriale, che ci metterebbe anche in condizione di accorciare le distanze fra voi e noi e di capirci meglio. Se, invece, la questione viene offuscata da tante nebulose, voi non fate bene il vostro lavoro e noi non vi permettiamo di farlo bene perché, evidentemente, non siamo convinti.
Sappiate che l'Italia, rispetto a questo dato, non è d'accordo con il Ministro, ma con me. Non dimenticate che la Commissione Attività produttive, qualche giorno fa, ha rinviato l'acquisto degli F-35. È vero che siamo quasi a Natale, ma c'è una differenza tra essere buoni ed essere fessi.
In questa Italia c'è un'altra storia che bisogna raccontare in maniera puntuale e precisa, e passa attraverso i dati.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Vorrei chiedere al generale Debertolis se ha qualche idea sull'impatto che le decisioni americane potranno avere sull'insieme del programma.

CLAUDIO DEBERTOLIS, Segretario generale della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti. Onorevole Mogherini Rebesani,


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il programma, sviluppandosi in lotti successivi, permette degli scorrimenti, come è avvenuto adesso. Il costo dei primi tre velivoli, in effetti, è aumentato: rispetto ai 63 milioni di euro di cui avevo parlato, ci costeranno 90 milioni di euro.
Questo dato mi permette di agganciarmi anche al discorso dell'onorevole Di Stanislao, poiché molte volte c'è un'incomprensione sulle parole e sui dati. Il Congresso americano, che fa un controllo puntuale su tutti i programmi, e anche su questo, molto spesso usa degli esperti indipendenti. Se il Parlamento avesse il suo strumento, forse anche per noi sarebbe più facile. Comunque, qualsiasi dato venga richiesto sarà fornito. Questo programma non ha dati riservati sia che riguardino i costi, sia che riguardino altri eventi significativi. La riservatezza riguarda solo alcune tecnologie, ma non certo la struttura del programma o il piano industriale.
Come dicevo, questo scorrimento permette, nel momento in cui i finanziamenti vengono tagliati, di allungare la produzione dei velivoli, chiaramente con un aumento di costo unitario a fronte di un risparmio a breve termine. L'aumento riguardante i primi tre velivoli, che sembra consistente, non va dunque assolutamente moltiplicato per i 90 velivoli. Noi arriveremo comunque a quella cifra di 63 milioni attorno al 2020. L'ufficio di programma produce infatti continuamente delle curve dei costi, che molto spesso compaiono anche su internet, ed è anche in grado di fornire i costi al centesimo. Ripeto, però, che un impatto di taglio fa soltanto scorrere il programma.

PRESIDENTE. Ringrazio il signor generale e tutti i colleghi intervenuti per l'importante contributo dato a un dibattito che riguarda molto da vicino l'interesse della nazione. Ringrazio il generale Debertolis anche per la documentazione che ci ha fornito, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,25.

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