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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(V-IX Camera e 5a-8a Senato)
1.
Mercoledì 25 giugno 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 2

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, sui recenti sviluppi della vicenda Alitalia (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):

Valducci Mario, Presidente ... 2 5 12 14 16 20
Biasotti Sandro (PdL) ... 9
Fiano Emanuele (PD) ... 5 17
Filippi Marco (PD) ... 12
Legnini Giovanni (PD) ... 10
Marchi Maino (PD) ... 16
Misiani Antonio (PD) ... 14
Misiti Aurelio Salvatore (IdV) ... 7 17
Moffa Silvano (PdL) ... 15
Nizzi Settimo (PdL) ... 12
Reguzzoni Marco Giovanni (LNP) ... 6
Tabacci Bruno (UdC) ... 7 18 19 20
Tremonti Giulio, Ministro dell'economia e delle finanze ... 2 17 18 19 20
Vimercati Luigi (PD) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) - IX (TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
5a (PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO) - 8a (LAVORI PUBBLICI, COMUNICAZIONI) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 25 giugno 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA IX COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 13,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, sui recenti sviluppi della vicenda Alitalia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del Ministro dell'economia e delle finanze, professor Giulio Tremonti, sui recenti sviluppi della vicenda Alitalia.
Ricordo che, in ragione dell'estremo rilievo assunto dalla vicenda Alitalia, sono stati investiti della questione le Commissioni riunite V e IX della Camera e 5a e 8a del Senato.
Quanto alle modalità organizzative del dibattito, considerata l'importanza delle questioni affrontate, al fine di consentire a tutti i colleghi che intendono farlo di porre domande e richieste di chiarimenti, propongo, come d'accordo con i presidenti delle altre Commissioni, che dopo la relazione introduttiva del Ministro abbia luogo un primo giro di domande, in cui sarà assicurato lo svolgimento di un intervento di un deputato e di un senatore appartenente a ciascun gruppo, per la durata massima di cinque minuti. È evidente che il contenimento degli interventi consentirà la più larga partecipazione al dibattito.
Successivamente, dopo la prima replica del Ministro dell'economia e delle finanze, si procederà eventualmente a un altro giro di domande.
Do ora la parola al professor Giulio Tremonti.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie. L'ultima audizione del Ministro dell'economia e delle finanze in Parlamento è stata nella seduta di mercoledì 2 aprile 2008. Faccio mio quel testo nella parte storica, cioè nella parte in cui contiene una precisa ricostruzione degli atti e dei fatti relativi ad Alitalia, che si sono via via sviluppati fino al 2 aprile 2008.
Non credo che sia qui di vostro interesse una ricostruzione retrospettiva del caso. Credo che sia piuttosto di interesse un'esposizione successiva a quella audizione - sugli atti e sui fatti intervenuti da allora ad oggi - e di prospettiva sul futuro prossimo di Alitalia. In questi termini, cercherò di dire cosa non c'è più, cosa c'è ancora, cosa potrà esserci.
Cosa non c'è più? Non c'è più Air France-KLM, per sue deliberazioni e dichiarazioni formali ed ufficiali. ANSA, 9 giugno: «Il capitolo Alitalia è chiuso. Lo ha ribadito il Presidente di Air France-KLM»; 2 aprile: dopo numerosi incontri con i sindacati, Air France abbandona il tavolo delle trattative e in un comunicato stampa annuncia che non esistono più le basi per continuare la negoziazione con le organizzazioni sindacali; 7 aprile, in un altro comunicato: «Il Consiglio di amministrazione


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di Air France-KLM prende atto della rottura delle negoziazioni e rimanda ad Alitalia e ai suoi dipendenti le decisioni sul loro futuro». Il 21 aprile si legge in un comunicato ufficiale: «Air France-KLM conferma ufficialmente l'uscita dalle obbligazioni contrattuali assunte il 14 marzo a causa del mancato verificarsi delle condizioni sospensive». Il 22 maggio, nell'ambito di una conferenza stampa per la presentazione dei risultati annuali della compagnia, il presidente dichiara che un'operazione Air France-Alitalia oggi non creerebbe valore e la giudica «assolutamente non realistica». Nel corso delle ultime settimane, Air France-KLM ha avviato azioni verso Alitalia.
Cosa c'è ancora? C'è ancora - pur nel durare, anzi nell'intensificarsi della sua crisi - Alitalia. In termini più analitici, gli ultimi dati sono stati forniti al pubblico da Alitalia e sono quelli che seguono. Il risultato netto dell'anno 2007 è stato negativo per 495 milioni di euro. Nei primi tre mesi dell'anno in corso, la perdita operativa consolidata risulta pari a 160 milioni di euro, con un peggioramento in ragione di circa 50 milioni rispetto alla perdita dello scorso esercizio.
La posizione finanziaria netta al 31 marzo 2008 era pari a 1.350 milioni di euro, con un peggioramento rispetto al 31 dicembre di poco meno di 200 milioni di euro. Al 31 marzo la residua consistenza del patrimonio netto del gruppo risultava pari a meno di 100 milioni di euro, a 170 milioni a livello della sola controllante Alitalia.
Il prossimo 28 giugno si terrà l'assemblea degli azionisti di Alitalia, un'assemblea chiamata ad approvare i risultati di bilancio al 31 dicembre 2007 e la sostituzione di due consiglieri di amministrazione.
Sulla situazione di bilancio della società ho già detto sopra, notando le evidenti profonde criticità. Il Ministero azionista di maggioranza della società approverà, comunque, il bilancio tenendo conto che anche il collegio sindacale e la società di revisione hanno espresso un parere positivo adeguato. Su tali pareri hanno indubbiamente avuto un effetto positivo i decreti che sono stati emessi specificamente su Alitalia nel corso degli ultimi tempi.
In merito alla nomina dei nuovi consiglieri di amministrazione posso dire che il Ministero è intenzionato a reintegrare l'organo amministrativo della società e che i nuovi consiglieri saranno scelti tra persone di elevato profilo e competenza, che certamente saranno in grado di supportare gli altri consiglieri in carica, ai quali va comunque il nostro ringraziamento per la difficile opera alla quale sono stati chiamati.
Un contributo determinante all'esistenza di Alitalia è stato fornito da una serie di specifici provvedimenti legislativi. Sul decreto-legge n. 80 del 23 aprile 2008 va essenzialmente ricordato quanto segue. Il decreto n. 80 è stato emesso per ragioni di necessità e di urgenza, per garantire, per il tempo strettamente necessario, un servizio pubblico essenziale. Il decreto è stato emesso sul presupposto di correttezza istituzionale di una preventiva informativa all'opposizione, nella prospettiva che il nuovo Governo assuma la pienezza dei propri poteri, nell'assunzione corretta che quelli da adottare su Alitalia non fossero - e non siano - atti di ordinaria amministrazione preclusi a un Governo dimissionario. A tale proposito, noto che il nuovo Governo ha avuto la piena fiducia dal Parlamento e, dunque, la piena titolarità per atti di non ordinaria amministrazione, solo il 15 maggio, dunque solo 41 giorni fa.
Il decreto n. 80 ha attivato un prestito reputato come «prestito con caratteristiche di mercato»: ciò si legge nel testo della relazione che accompagna il disegno di legge di conversione.
Il decreto-legge è stato finanziato direttamente a valere su disponibilità di tesoreria, senza alcuna variazione di bilancio.
In data 24 aprile 2008, sul decreto n. 80 la Commissione europea ha chiesto un'informativa al Governo italiano, notando l'assenza di notifica preliminare della misura suddetta alla Commissione e


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ipotizzando che la Commissione potrebbe vedersi nell'obbligo di avviare la procedura formale di esame di cui all'articolo 88, paragrafo 2 del trattato CE, in sintesi: «aiuti di Stato non consentiti». Il Governo italiano ha formulato la sua risposta in data 30 maggio 2008 trasmettendo gli elementi informativi richiesti.
Al decreto-legge n. 80 ha fatto seguito un successivo decreto in data 27 maggio 2008, emesso per la necessità ed urgenza connessa all'aggravarsi della situazione finanziaria di Alitalia, manifestata nelle informazioni rese al mercato e, in particolare, nel resoconto intermedio sulla gestione al 31 marzo 2008.
In particolare, restando invariato il disposto del decreto-legge n. 80, è stata aggiunta, ex articoli 2446-2447 del codice civile, la previsione di utilizzo del prestito-ponte anche per far fronte alle perdite che comportino una diminuzione del capitale versato e delle riserve al di sotto del livello minimo legale, circostanza questa che avrebbe precluso allo Stato italiano la possibilità di realizzare la privatizzazione della società.
La copertura contabile del decreto è stata operata d'urgenza all'interno del bilancio dello Stato. Il profilo temporale - 12 mesi - a cui si fa riferimento nella relazione tecnica non è basato su di una previsione industriale di durata, ma è solo riferito all'esercizio contabile dello Stato, nel cui ambito è iscritto ed effettuato l'appostamento.
Senza il decreto-legge n. 93 del 27 maggio 2008 si sarebbe concretizzato il paradosso per cui il prestito-ponte non sarebbe stato ritenuto «di mercato» dalla Commissione europea e sarebbe stato comunque inutile per tenere «sul mercato» la società. Senza il secondo decreto, gli amministratori avrebbero portato i libri in tribunale.
Superata questa emergenza, avendo così reso utile un decreto-legge che diversamente non sarebbe stato utile per Alitalia, ma solo dannoso per il bilancio pubblico - a seguito dell'eventuale esito negativo della procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea - acquisito un margine di tempo sufficiente per la decisione in ordine ad un intervento sostanziale, il Governo ha emesso il decreto legge n. 97 del 3 giugno 2008, sul doppio presupposto della situazione di eccezionalità e urgenza derivante dal progressivo deteriorarsi della situazione finanziaria, patrimoniale ed economica della società, e della constatazione che i precedenti tentativi, pur a lungo protratti nel tempo e operati con diverse tecniche, si erano comunque tutti conclusi senza esito positivo.
Questa è la ragione specifica delle deroghe previste dal decreto-legge del 3 giugno, rispetto alle norme sulla dismissione delle partecipazioni societarie di Stato e rispetto alle norme sull'informativa dovuta dagli intermediari finanziari.
In questi termini e su queste basi Alitalia ha identificato in Intesa Sanpaolo il suo advisor, per assisterla e collaborare nell'individuazione, nei migliori termini possibili, dei più convenienti progetti di risanamento e di rilancio.
Cosa potrà esserci, infine? I tentativi di privatizzazione finora compiuti hanno avuto esiti negativi. La procedura competitiva ha portato alla scomparsa di tutti i concorrenti; la trattativa privata ha portato alla scomparsa di Air France-KLM.
Abbiamo prima appoggiato politicamente, ritenendola assolutamente valida - e poi rafforzato tecnicamente, con la possibilità di destinazione del prestito da debito a patrimonio netto - l'iniziativa del precedente Governo, mirata a fornire ad Alitalia un prestito-ponte di 300 milioni di euro. Un prestito positivamente mirato a guadagnare il tempo necessario per valutare la situazione in essere, per evitare il collasso dell'azienda, per evitare l'interruzione di una quota importante del servizio aereo nazionale.
Vogliamo che il nostro Paese abbia una compagnia di bandiera, una compagnia efficace ed efficiente, che serve per lo sviluppo del Paese e per servire la sua industria aperta al mondo e la sua vocazione turistica. Nessun Paese della nostra dimensione e conformazione geografica ha rinunciato ad avere una sua compagnia di bandiera.


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Vogliamo e dobbiamo trovare una soluzione imprenditoriale e solida per Alitalia. Non è più tempo per sistemazioni provvisorie o per rinvii. A questo fine, Alitalia, con il nostro accordo, ha chiesto ad un advisor esterno di aiutarci a valutare le principali alternative per il rilancio della compagnia e per progettare l'uscita completa dello Stato dal suo capitale. Abbiamo dato all'advisor, a Intesa Sanpaolo, la massima fiducia e due mesi di tempo. Sono passate le prime due settimane e abbiamo la sensazione che si stia lavorando con grande impegno.
Presto contiamo di arrivare alla decisione su come procedere. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro Tremonti. Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

EMANUELE FIANO. Ringrazio innanzitutto il presidente ed il Ministro, il quale mi consentirà di valutare molto deludente la sua relazione.
Lei oggi ha cominciato il suo intervento dicendo che sottoscriveva e faceva sua la prima parte dell'intervento dell'allora Ministro Padoa-Schioppa, in questa stessa sala, circa la situazione economico-finanziaria di Alitalia a quel tempo.
Il problema è che a quella prima parte di relazione che sottoscrive oggi lei non ha aggiunto niente. Vorrei confrontare le sue parole di oggi con quelle che tutti noi abbiamo sentito pronunciare, nel corso della campagna elettorale, da molti esponenti della maggioranza che sostiene il Governo.
Le notizie che si ricavavano da quelle affermazioni erano che, a fronte di una trattativa con Air France che si doveva far fallire - perché avrebbe impedito quel principio che lei ha del tutto legittimamente oggi espresso, e cioè che il nostro Paese necessita di una compagnia di bandiera nazionale - sarebbe venuta fuori molto repentinamente e molto velocemente una cordata italiana, finanziaria o industriale, non lo sappiamo, che avrebbe rilevato la nostra agonizzante compagnia di bandiera. È del tutto evidente - e anche lei oggi ce lo conferma - che di questa cordata per il momento si sono perse le tracce, se mai ce ne sono state.
Vorrei affrontare due argomenti in maniera distinta. Il primo riguarda il futuro, in senso complessivo, di questa azienda e il secondo la sua vicenda industriale.
Il Governo, da pochi giorni, nell'aula della Camera, ha fatto suo l'impegno - previsto in diversi ordini del giorno, tra cui uno firmato da parlamentari del Partito Democratico, un altro da parlamentari della Lega Nord - che assegna un'importanza fondamentale al futuro del piano industriale della nostra compagnia, in particolare per quello che riguarda la situazione del nord del Paese, l'aeroporto di Malpensa, il tema della disciplina in materia di utilizzazione degli slot inutilizzati nello scalo di Malpensa (e tutte le vicende che per brevità riassumo sotto questo unico titolo).
Eppure, dal dibattito che anche il Governo di cui lei fa parte ha messo in campo in queste settimane circa il futuro di Alitalia emerge che il destino, la strategia, il piano industriale che si offre al tema del futuro della compagnia sono stati del tutto espunti dal dibattito. A parte l'accettazione del dispositivo degli ordini del giorno, trovo veramente grave che nulla si sappia circa le intenzioni del Governo sull'eventuale - se questa azienda sopravvivrà - piano industriale dell'azienda per il futuro del suo rapporto con la parte più produttiva del Paese e con l'aeroporto che di quell'area è il fulcro, cioè Malpensa.
D'altra parte, signor Ministro, ho l'impressione che, invece, sul versante degli aspetti economico-finanziari che lei quest'oggi ha trattato circa il futuro dell'azienda, sia in campo - e sarebbe cosa utile se lei potesse smentirla - un'ipotesi diversa, quella per cui la strada del commissariamento potrebbe essere aperta e che, all'interno di essa, potrebbe forse essere percorsa una strada di spezzettamento dell'azienda, in base alle diverse funzioni industriali che la stessa svolge, ad esempio, tra quella che riguarda il trasporto


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merci e quella che riguarda il trasporto delle persone. E questo è un rischio.
Un'ipotesi che circola, ad esempio, è quella di dividere l'azienda in diverse società, una delle quali potrebbe assumere i debiti di Alitalia. Ciò porta con sé conseguenze che ci preoccupano molto sul piano occupazionale, anche con riferimento alla questione del nord del Paese di cui trattavo in precedenza.
Infine, riporto una particolarità che mi sta molto a cuore. Lei ha citato la Banca Intesa Sanpaolo nel ruolo di advisor nominato da Alitalia, società per azioni. Noi abbiamo già trattato questo tema in aula ed io esprimo un giudizio negativo - vorrei che lei spendesse qualche parola su questo tema - sul fatto che Intesa Sanpaolo, o comunque in generale una banca, possa all'interno di questa vicenda svolgere ruoli tra loro così diversificati e, a mio avviso, in parte confliggenti.
Intesa Sanpaolo è una banca creditrice - le chiedo di confermarmi se sia vero - di Alitalia, così come lo era prima del gruppo AirOne, al quale si era associata in una prima idea di cordata ai tempi delle prime ipotesi di privatizzazione del Governo Prodi. In questa settimana Intesa Sanpaolo è stata nominata advisor di Alitalia per il processo di privatizzazione e le chiedo se un domani potrebbe essere parte della cordata per acquistare Alitalia. Vorrei da lei un chiarimento su questo punto, per capire se diversi ruoli della banca - in questo caso quella che abbiamo nominato, ma comunque in generale di una banca - trovino il suo consenso. A mio avviso, qui si configura una situazione di conflitto che non possiamo considerare sana per le logiche di trasparenza e di concorrenza del mercato alle quali credo anche lei aderisca.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Ringrazio il Ministro per la relazione che ha voluto svolgere. Credo che opportunamente la relazione parta dal giorno 2 aprile 2008, il giorno successivo alla vera deadline, la linea di morte in senso letterale di Alitalia. Il primo aprile, infatti, Alitalia ha messo in atto una scelta, quella di abbandonare Malpensa, che si è rivelata disastrosa anche per se stessa.
Riprendendo il ragionamento del Ministro, che cosa non c'è più? Non c'è più sicuramente l'asset più importante che Alitalia aveva, ovvero il mercato del nord. Ed è una decisione da cui non è più possibile tornare indietro, perché occorrerebbero decenni per mettere in piedi quello che, con un tratto di penna, il primo aprile è stato buttato via.
Che cosa c'è ancora? C'è ancora l'azienda, grazie al Governo e agli opportuni aggiustamenti apportati al decreto, che ha dato, come ha sottolineato il Ministro, qualche mese in più ad Alitalia per poter trovare una propria collocazione. Di questo, quindi, ci sentiamo di ringraziare il Governo, altrimenti oggi non saremmo qui, perché non ci sarebbe nulla di cui discutere.
Che cosa c'è per il futuro? Noi riteniamo importante, signor Ministro, che in futuro ci sia il mercato libero del trasporto aereo. Questo è un punto essenziale, è un principio di libertà economica che il Ministro, da fine economista, non potrà che condividere. Il futuro del trasporto aereo in Italia è il mercato libero. Si muovono in questa direzione tutti i Paesi evoluti, i Paesi leader nel trasporto aereo, e lo fanno ormai da decenni. Credo che anche noi, buoni ultimi, dovremo accodarci e accettare questo principio, anche se potrà comportare qualche sacrificio soprattutto da parte di qualche piccola lobby, che però negli anni ha sempre ricevuto molto ascolto da parte della politica nazionale.
Ebbene, in questo senso mi sento di condividere quanto detto precedentemente dal rappresentante dell'opposizione. C'è stato l'accoglimento, da parte del Governo, di tutti gli ordini del giorno che parlavano di liberalizzazione del trasporto aereo, e credo che ciò sia molto importante. Non voglio andare fuori tema e ovviamente sono contento che sia lei a trattare di Alitalia, dal momento che lei è il Ministro dell'economia e delle finanze, dunque non parliamo in questo caso di regole che devono disciplinare il trasporto aereo, perché


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questa è stata la decisione del Parlamento e questo è quello che il Governo ha condiviso, vale a dire il libero mercato. Noi parliamo, sostanzialmente, di chiudere la partecipazione del Governo all'interno di Alitalia, e lo faremo nel migliore dei modi possibili.
Abbiamo finanziato, con una decisione pubblica, il periodo di tempo che potrà consentire ad Alitalia di trovare un'adeguata collocazione. Credo, però, che possa essere giusto parlare non di liquidazione della compagnia, bensì di liquidazione della quota che lo Stato detiene della compagnia. Compagnie di bandiera non ce ne saranno più: in un mercato libero non c'è una compagnia di bandiera; può esserci una compagnia leader di mercato, ma non compagnie di bandiera. Non può essere sacrificata una quota di mercato, né la libertà di movimento - soprattutto di una parte del Paese e dei singoli cittadini - all'esistenza di una compagnia di bandiera. Questa è una svolta che non decidiamo noi oggi, ma è stata decisa dal settore del trasporto aereo, in tutto il mondo, da decenni.
In conclusione, noi siamo d'accordo sulla scelta di Banca Intesa: quale società più importante e autorevole vi è per gestire l'uscita storica dello Stato dalla compagnia Alitalia? Credo che sia una scelta giusta e siamo grati al Governo che l'ha adottata.

BRUNO TABACCI. Signor Ministro, forse non siamo tempestivi oggi, perché lei ci ha detto che c'è ancora un po' di tempo prima che l'advisor possa formulare le sue opzioni e il Governo decidere di conseguenza, perché la sua audizione non ha aggiunto nessun elemento di novità.
Io sarei stato molto attento nel considerare le cose che lei ha detto da un punto di vista cronologico, facendole partire con una certa malizia dal 2 aprile 2008, se lei non fosse lo stesso ministro che ha governato dal 2002 al 2006 con una breve interruzione. Non le voglio, quindi, ricordare il prestito fatto nel 2002, ma le ricordo, invece, che in qualità di Ministro dell'economia andò in Europa nel 2005 per convincere la Comunità dell'opportunità di un aumento di capitale per 1.006 milioni di euro. Contemporaneamente, alla fine dell'anno, fu autorizzato un prestito obbligazionario per 500 milioni di euro, sulla base del presupposto che nel 2006 la società avrebbe raggiunto un utile. In realtà, il 2006 si è chiuso drammaticamente con una perdita di 626 milioni, per cui è stata aggirata anche la buona fede del mercato.
È vero, poi c'è stata la parentesi di Padoa-Schioppa, ma non possiamo fare troppi salti logici, altrimenti non ci si comprende più. Lei sostiene: «vogliamo che il nostro Paese abbia una compagnia di bandiera». Reguzzoni ha corretto giustamente questo giudizio: se ne siamo capaci, possiamo avere una compagnia che ha una leadership, che sia di bandiera o meno non so. Nessun Paese importante vi avrebbe rinunciato? Forse British Airways, Lufthansa e Air France hanno presentato i conti che ha presentato Alitalia nell'arco degli ultimi 10 anni?
Poiché lei conserva sul suo tavolo il barattolo della Cirio, le consiglio di considerare con grande attenzione l'intreccio di interessi che determina il rapporto tra l'advisor Banca Intesa - tra l'altro, non ho capito bene se l'abbia scelto Alitalia (forse c'è un refuso) o il suo Governo, magari poi potremo capire - e il gruppo AirOne. L'intreccio dei rapporti tra Banca Intesa e il gruppo AirOne, che sarebbe uno dei protagonisti del riferimento industriale della nuova cordata che si andrebbe a costruire, determina un aperto conflitto di interessi, e non vorrei che lei dovesse aggiungere qualche altro barattolo.

AURELIO SALVATORE MISITI. Anch'io sono grato al Ministro per aver accolto il nostro invito a venire in Commissione per informarci delle novità rispetto alla situazione che noi conoscevamo. Non voglio fare assolutamente propaganda nel ricordare l'iter dei vari decreti. Non è questo il momento, siamo andati oltre.
Dico solo che il Ministro mi ha sorpreso non avendo aggiunto quasi nulla


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rispetto a quello che già sapevamo. Dico questo perché contrariamente a quanto diceva Reguzzoni, il Ministro all'inizio ha detto che si rifaceva a quanto aveva riferito in questa sede il precedente ministro. In quel caso c'era stata un'analisi spietata dei clienti di Alitalia in Val Padana, dove c'è una situazione assolutamente diversa da quella ipotizzata al momento in cui si è costruito Malpensa: sette aeroporti che si fanno concorrenza, per cui Malpensa ne ha subìto le conseguenze e Alitalia è stata costretta a compiere un'altra scelta. Questa è la ragione di metà delle perdite di Alitalia. Non voglio, comunque, entrare in questa questione.
Alitalia certamente ha seguito un percorso diverso da quello delle grandi compagnie europee che erano in grandissima difficoltà dieci anni fa. Alitalia si è trovata nelle stesse condizioni di Air France a 10-12 anni di distanza. Mentre, però, la Francia è riuscita a risolvere il problema immettendo, a quell'epoca, nelle casse di Air France molto denaro pubblico e inserendo - come è tradizione in quel Paese - manager di alto livello, per Alitalia si è seguita un'altra via. I manager, indipendentemente dal Governo da cui sono stati nominati, si sono rivelati assolutamente non all'altezza della situazione.
Non apro polemiche sull'advisor e mi rimetto ai giudizi che abbiamo dato in Parlamento, riassunti dal collega Tabacci. Aggiungo solo che l'advisor svolge un compito che gli viene assegnato dall'azionista. Quest'ultimo deve sapere in quale direzione andare, deve avere un'idea di quel che vuole per il futuro. Non basta affermare la volontà di mantenere la compagnia di bandiera. Bisogna che l'advisor lavori per un indirizzo che noi definiamo politico, ma che in definitiva è industriale. L'azionista di maggioranza, ripeto, deve fissare gli obiettivi, dopo di che, naturalmente, l'advisor è un consulente tecnico che suggerisce di seguire una strada, piuttosto che un'altra, per raggiungere tali obiettivi. Di tutto ciò, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, non trovo traccia.
Se dovesse essere il Governo a indicare a un azionista di maggioranza cosa fare, esso potrebbe prospettare tre vie, la prima delle quali è quella di cui si legge in questi giorni sulla stampa: agire come hanno fatto a tempo debito Air France, British Airways e Lufthansa, che hanno acquisito tutte le piccole compagnie, riaggregando così il mercato interno, nonostante la liberalizzazione parziale cui adesso si assiste all'interno dell'Europa e degli Stati Uniti d'America. Operando in tal modo, in Italia avremmo un'aggregazione di forze in grado di trasportare fino al 70-75 per cento dei passeggeri, tutti in capo a una compagnia futura ottenuta aggregando le tre compagnie nazionali maggiori, cioè Alitalia, AirOne, e Meridiana. Questa via implica la presenza di investitori disposti a far fronte alla situazione debitoria non solo di Alitalia, ma anche delle altre due compagnie più piccole che, seppure vantino utili, sono parimenti indebitate. Esiste, poi, in un secondo tempo, un accordo internazionale. Si può rafforzare l'accordo già operante fra Alitalia e Sky Team, per dare origine a una compagnia in grado di marciare senza l'intervento della politica (né quella settentrionale, che preferisce Malpensa, né quella meridionale, che preferisce altro).
A mio parere le scelte per il futuro della compagnia devono essere decise dal management di Alitalia, certamente anche negli interessi del Paese. Ciò è quanto fa Air France, che, però, non rifiuta gli aiuti di Stato. Ad Air France vengono rimborsate molte delle spese sostenute per congiungere la Francia ai Paesi d'oltremare. A Milano, Linate continuava a operare - nonostante il progetto di bloccarla - quando Malpensa doveva lanciarsi. Se Air France sceglie l'aeroporto Charles De Gaulle, nessuno può arrivare all'aeroporto di Orly, se non su aerei francesi. A questo quadro si aggiunge la questione dei voli low cost.
La seconda via è quella del commissariamento, con il conseguente eventuale smembramento.
Alla terza via ha accennato, in campagna elettorale, il candidato premier (salvo poi negare tutto nella relazione presentata al Parlamento): si tratta di operare un


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passaggio analogo a quello in essere per altre modalità di trasporto che devono essere anch'esse privatizzate e liberalizzate, come ad esempio le ferrovie. Se per queste ultime lo Stato eroga due o tre miliardi di euro l'anno, allora si potrebbe acquistare Alitalia - come ha proposto il candidato premier - e da quel momento in poi l'Europa non ci può più obiettare alcunché, se la lanciamo e la riportiamo sul mercato.
In qualche maniera, l'azionista deve sapere quale delle tre direzioni intenda seguire, per consentire all'advisor di lavorare. A me pare, invece, che l'azionista non abbia le idee chiare, per cui, signor Ministro, aspetto di rivederla in Commissione trasporti della Camera allorquando ci potrà fornire notizie più precise sulla soluzione gradita all'azionista. Oggi non ce l'ha detto, quindi questa nostra riunione risulta inutile.

LUIGI VIMERCATI. Anch'io giudico, come altri colleghi, molto deludente l'informazione che ci ha fornito, signor Ministro, sulla questione Alitalia. Nel dibattito in Senato lo abbiamo definito un «prestito-ponte» - che poi si è trasformato, però, in un aumento del patrimonio - ma qui manca il punto di approdo del ponte stesso e si corre il rischio di gettare al vento un'ingente somma.
Per brevità, vorrei formulare tre domande, che mi sembrano cruciali.
Innanzitutto, sebbene lei abbia illustrato quello che potrà essere fatto, ad oggi non esiste alcuna proposta relativa al piano industriale. Le chiedo se questo Governo abbia idea di come risolvere, al di là delle questioni finanziarie, il futuro di Alitalia dal punto di vista industriale.
Manca, inoltre, l'indicazione di un partner internazionale. Anche noi vogliamo la compagnia di bandiera, ma - come tutti gli esperti del settore ben sanno - non è immaginabile una compagnia di bandiera solo regionale che, senza l'ingresso in una rete internazionale e intercontinentale, sarebbe limitata a una piccola realtà locale. Domando, quindi, se sia in vista, o meno, la disponibilità di un partner internazionale.
La terza questione che mi preme, nella mia qualità di senatore lombardo, riguarda Malpensa.
Come già altri colleghi hanno indicato, ricordo che Air France non se ne è andata spontaneamente, ma in quanto l'allora candidato Presidente del Consiglio si oppose alla proposta presentata da Air France, anche in nome della difesa di Malpensa. Oggi ci troviamo nella situazione in cui non va avanti un piano di risanamento per Alitalia ed è rimasta inalterata la questione Malpensa.
Malpensa se la sta cavando da sola. Sono contento che ciò avvenga e ricordo che l'unico provvedimento su Malpensa fino ad oggi esistente è il sostegno ai lavoratori varato dal Governo Prodi nell'ultima finanziaria. Nulla è stato fatto da parte di questo Governo. Pertanto, desidero sapere con quali misure lei intenda sostenere il futuro di Malpensa.

SANDRO BIASOTTI. Signor Ministro, a differenza del collega che è appena intervenuto, trovo la sua relazione condivisibile, autorevole, molto signorile dal punto di vista politico e, magari, un po' troppo al di sopra delle parti.
Mi permetto, dal momento che ho subito per quindici giorni un dibattito parlamentare molto pesante e assai strumentale, di puntualizzare alcuni fatti.
In primo luogo, lei è stato esauriente nel chiarire che il prestito, se fosse rimasto tale, avrebbe portato Alitalia al fallimento. Correva, pertanto, non una discrezionalità, bensì l'obbligo di trasformare il prestito in sottoscrizione di eventuali perdite, portandolo quindi a patrimonio. Non si poteva fare altrimenti!
La seconda puntualizzazione riguarda il ritiro di Air France. I colleghi della sinistra hanno ripetuto, per quindici giorni, che esso è avvenuto, sostanzialmente, per colpa di Berlusconi. Lei, invece, puntualmente ci ha chiarito che Air France se ne è andata in virtù di un insieme di motivazioni, fra le quali hanno


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pesato, secondo me, le seguenti due: innanzitutto - lei lo ha accennato - il verificarsi di una rottura eclatante con il sindacato, che ha lasciato Air France non disponibile a proseguire. Sulla seconda motivazione le chiederei invece una conferma: Air France voleva che Alitalia, o il Governo, si rendessero responsabili in solido della causa miliardaria con Malpensa, che mai un Governo potrebbe rendere inefficace nel caso di un'ipotetica condanna.
Inoltre, è stato criticato il Governo perché ha scelto l'advisor. A parte il fatto che la scelta è caduta su una banca di livello internazionale, non mi pare che esistesse alcuna possibilità alternativa, non sussistendo i tempi tecnici per espletare una gara, con eventuale ricorso al TAR dei secondi o terzi arrivati. Quindi, quello intrapreso rappresentava un percorso obbligato.
La signorilità della sua relazione sta nel fatto che essa prende le mosse dal 2 di aprile. Non posso non replicare velocemente alla critica mossa al Governo Berlusconi e a lei stesso, signor Ministro, per il periodo dal 2001 al 2005. Non ci si può, però, dimenticare dell'attentato alle Twin Towers e del fatto che in quegli anni tutte le compagnie aeree hanno perso denaro.
Domando allora ai presenti che cosa abbia realizzato Prodi nei due anni successivi. Siete stati rimproverati, lei e Berlusconi, solo perché dopo 30 giorni di Governo non siete ancora in grado di annunciare chi siano gli acquirenti. Ebbene, vorrei ricordare che nei due anni precedenti - lei ha sorvolato su questo - Prodi ha fallito due procedure: una competitiva e una a trattativa privata. Non dimentichiamo, infatti, che anche la procedura competitiva è naufragata in un disastro!
Tra l'altro, Prodi è recidivo. Nel 1997, nel miglior momento del mercato del traffico aereo, in cui tutte le compagnie guadagnavano cifre astronomiche, con progressioni di fatturato e di utili a due zeri, Prodi ha concesso un prestito non di 300 milioni, bensì di 1430 milioni di euro. Chi critica un Governo appena arrivato non può oggi dimenticare questa circostanza.
Condivido la sua relazione, signor Ministro, e certamente anch'io auspico una sua presenza in Commissione trasporti, perché quando sarà il momento opportuno - ci auguriamo al più presto possibile - ci venga a dire chi possono essere questi eventuali sottoscrittori della cordata.
Tuttavia, è chiaro che se il Parlamento avesse avuto maggiore accortezza nell'operare con modalità bipartisan forse oggi troveremmo qualche sottoscrittore in più.

GIOVANNI LEGNINI. Anch'io ringrazio il Ministro per la ricostruzione che ci ha fornito. Se mi permette, però, vorrei definirla piuttosto notarile, giacché ha citato con oggettività i fatti sopravvenuti dal 23 aprile in poi, senza aggiungere alcuna valutazione in relazione ai fatti accaduti negli ultimi due mesi. Cito solo due elementi di carattere strettamente politico che, a mio modo di vedere, individuano un vuoto nella sua ricostruzione.
In primo luogo, durante la competizione elettorale, si disse che, qualora si fosse consentita la riapertura di questa procedura attraverso un prestito-ponte espressamente invocato, si sarebbe potuta verificare in 30-40 giorni l'esistenza o meno di soggetti interessati all'acquisizione. Sono passati quasi tre mesi - naturalmente non mi riferisco all'attività del Governo, ma a quel lasso temporale che ci separa dai primi di aprile - e nulla di tutto ciò si intravede. Sarebbe anche interessante approfondire - personalmente avrei ascoltato volentieri qualche valutazione sul punto - le cause dell'abbandono da parte di Air France-KLM, non per soddisfare curiosità o fare polemiche che oggi nessuno ha interesse a sollevare, considerato che tutti abbiamo a cuore il destino della nostra compagnia, bensì per verificare se le cause che hanno determinato l'esito negativo di quella trattativa siano oggi superabili o eliminabili.
Non rilevando elementi di novità, come hanno sottolineato alcuni colleghi e rimanendo in attesa di conoscere come questa


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vicenda andrà a finire, le rivolgo tre domande per attrezzarci meglio circa le valutazioni che dovremo fare nel più breve tempo possibile, o almeno così mi auguro.
Come prima domanda, cui gradirei che lei rispondesse con precisione, le chiederei se, ad oggi, lei escluda o meno il commissariamento di Alitalia. Non si tratta di una domanda tendenziosa, in quanto essa si basa su una valutazione oggettiva, rintracciabile tra le indicazioni da lei fornite. La relazione trimestrale di Alitalia ha quantificato perdite corpose; ricordo di aver fatto un calcolo matematico elementare, in base al quale possiamo stimare perdite di esercizio mensili che superano i 70 milioni di euro. Il dato è presumibilmente destinato ad aggravarsi in questo periodo.
I 300 milioni di apporto di capitale, così come trasformati sulla base dell'iter legislativo che lei ha ricostruito, basteranno per un tempo che non saprei quantificare, ma sicuramente breve: forse due o tre mesi, a partire dal 31 marzo. In altri termini, nell'arco di alcune settimane (un mese o un mese e mezzo), potremmo trovarci nuovamente nelle condizioni che lei stesso ha richiamato, di cui all'articolo 2446 del codice civile: perdita di oltre un terzo, obbligo di dichiarazione dello stato di insolvenza e di avvio della procedura di commissariamento.
Se non interverranno fatti nuovi - così come personalmente mi auguro - ad oggi questo è l'esito che voglio qualificare non come il più probabile, ma sicuramente come possibile. Pertanto, sarebbe utile che lei oggi esprimesse una sua valutazione riguardo alla possibilità di escluderlo o meno.
La seconda domanda riguarda la procedura avviata dall'Unione europea. Lei ha correttamente affermato che l'avviso di avvio di quella procedura si basava sul contenuto del primo decreto e ha indicato la ragione per la quale il Governo ha ritenuto - oppure è stato costretto - di trasformare il prestito in apporto di capitale. Se sul contenuto del primo decreto (ovvero quello contenente il prestito) si è avviata la procedura di contestazione che sommariamente conosciamo, seppur in presenza di un dato formale ben strutturato (il decreto-legge n. 80 era ben scritto, anche se la sostanza era quella che era, cioè un prestito a condizioni di mercato per rispettare la normativa europea), a me pare abbastanza conclamato che di fronte all'espressa previsione legislativa di un apporto di capitale - seppure con una ipotetica e puramente teorica possibilità di restituzione di quella somma da parte, eventualmente, di chi acquisisce la compagnia - la procedura aperta dall'Unione europea si concluderà in modo negativo per il nostro Paese, con tutte le note conseguenze sanzionatorie, peraltro dopo che l'Italia sul punto specifico era stata ammonita a non procedere.
Le chiedo quale sia la posizione del nuovo Governo su questa procedura, dopo che esso ha deciso di introdurre nel decreto del 27 maggio scorso norme sulla trasformazione del prestito-ponte. Ricordo al collega che non vi era alcun obbligo e che si è trattato di una scelta, come ha affermato il Ministro in modo trasparente, per evitare la dichiarazione dello stato di insolvenza, ovvero l'avvio di un commissariamento ampiamente previsto e prevedibile. Il predecessore del Ministro Tremonti dichiarò che si sarebbe potuto arrivare fino al mese di aprile. Ciò fu detto in modo chiaro e reiterato per settimane, anzi per mesi.
La terza domanda non vuole essere oziosa, in quanto i criteri di trasparenza devono informare l'azione del Governo. L'intera fase di «interregno», da dopo le elezioni fino a quando il nuovo Governo ha assunto i pieni poteri, è stata di fatto gestita da un soggetto privato, il signor Ermolli, il quale si è qualificato reiteratamente come incaricato dal Presidente del Consiglio. Sappiamo tutti che il signor Ermolli è membro del consiglio di amministrazione, o addirittura qualcosa di più, di diverse società riconducibili allo stesso Presidente del Consiglio. Le chiedo pertanto se il signor Ermolli rivesta ancora un ruolo e, se sì, a quale titolo. Non sono mai riuscito a capire - né credo i colleghi, neppure chiedendo formalmente le carte all'Alitalia - a quale titolo egli agisse.


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PRESIDENTE. Per nostra memoria, vorrei ricordare che il Parlamento, tramite le quattro Commissioni qui riunite, ha sollecitato a più riprese l'audizione odierna del Ministro Tremonti, che già doveva tenersi la settimana scorsa, poi rinviata a causa della concomitante seduta del Consiglio dei ministri. Quindi, il Governo non è venuto di sua volontà a riferire al termine di un'azione intrapresa: è venuto a riferire sullo stato dell'arte in seguito alla richiesta sollecitata più volte dal Parlamento attraverso le Commissioni. Pertanto, ritengo che dare un giudizio sullo stato dell'arte ancora in corso sia oggettivamente improprio.

SETTIMO NIZZI. Vorrei ringraziare il Ministro per le cose, anche se poche, che ci ha illustrato. Preferisco che il Governo, il quale ha il dovere di amministrare e di governare il Paese, così come sta facendo, piuttosto che dire tutto, porti a casa il risultato. La cosa più importante è portare a casa il risultato, piuttosto che andare a dire, giorno dopo giorno, quello che si sta facendo e le idee relative alla soluzione del problema.
Tutti conosciamo benissimo la problematica di Alitalia e dei trasporti aerei nella nostra nazione. Non è stato fatto quello che doveva essere fatto tantissimi anni fa, vediamo se ne siamo capaci questa volta, anche se ciò comporterà grossi sacrifici.
La Commissione trasporti ha presentato un ordine del giorno per salvaguardare i posti di lavoro, ma tutti sappiamo che una buona parte delle problematiche legate ad Alitalia dipende dall'esubero di personale. Mi chiedo perché non abbiamo più coraggio, ora che abbiamo responsabilità politiche e di Governo, tutti noi di maggioranza e opposizione. È sbagliato pensare che tutte le responsabilità ricadano sul Popolo della Libertà e sulla maggioranza, mentre l'opposizione ne è esente. Sappiamo come sono andate le cose e quante volte il politico di turno è andato a chiedere di assumere amici o conoscenti, tanto poi avrebbe pagato Pantalone. Queste cose le abbiamo dette e sentite numerose volte.
Pertanto, se non si mette mano alla flessibilità dei contratti di lavoro, è difficile riuscire a portare a casa un risultato. Abbiamo, però, il dovere di chiedere che il Governo indichi chi sarà messo a capo di quella compagnia, giacché i soldi messi oggi a disposizione dal Governo e dal Parlamento italiano devono servire a ridare slancio a quell'azienda. Abbiamo tanti tecnici importanti, tante persone capaci nel mondo del trasporto aereo in grado di rilanciare l'azienda. Mi chiedo che cosa ci impedisca di ricercare una persona capace di rilanciare l'Alitalia.
Mi permetto di evidenziare un punto particolare - oggi che stiamo parlando di Alitalia - che coinvolge il trasporto aereo in generale. Non penso che Air One sia esente da problemi, così come gravissimi ne ha la compagnia aerea Meridiana, con sede ad Olbia in Sardegna. Noi esponenti parlamentari del sud, isolati, se non saremo più in grado di prendere l'aereo, visto che Meridiana sparisce e Alitalia viaggia poco o niente in Sardegna, non riusciremo più a muoverci. Per venire a Roma dovremo nuotare o imbarcarci settimanalmente sulla nave, mentre chi è sulla terraferma può sempre ricorrere al treno o all'automobile.
Venendo alla situazione gravissima di Meridiana, penso che una delle ipotesi - uscita anche oggi sulla stampa - sia quella di accorpare. Dobbiamo avere il coraggio di accorpare, signor Ministro, il sistema aereo. Se diventiamo grandi, superiamo i deficit o le criticità del sistema di trasporto e forniamo un buon servizio alla nostra nazione. Ogni tanto qualcuno si lancia sul mercato per cercare di realizzare una nuova, piccola compagnia aerea. Poi ci si scontra con i costi dei carburanti, del lavoro, degli aeromobili e soprattutto col costo finanziario, ovvero il costo del denaro.

MARCO FILIPPI. Signor Ministro, le devo subito dire che mi ritengo solo parzialmente deluso, nel senso che non mi


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aspettavo molto. Tuttavia, quello che lei ci ha rappresentato è stato niente. Anche noi leggiamo ogni giorno la rassegna stampa e sugli atti in approvazione al Parlamento poniamo, come testimoniano i verbali, qualche attenzione.
Operando un raffronto con la precedente legislatura, se tale atteggiamento fosse stato assunto dal centrosinistra, avremmo udito ben altri clamori simili a quelli cui siamo stati abituati nei due anni scorsi.
Devo dirle sinceramente che non mi aspettavo alcun tipo di informazione o di anticipo rispetto alla cordata imprenditoriale, che sembrava già pronta due mesi fa e non la settimana scorsa. Non è questo sicuramente l'oggetto dell'audizione parlamentare; tuttavia la cosa che sorprende è che non c'è uno straccio di riflessione sul piano industriale: mancano idee e progetti di vendita. Il problema di Alitalia non è soltanto quello di rilevarla e di acquistarla, ma soprattutto quello di farla volare. Allora, la preoccupazione che abbiamo rispetto alla fuga di Air France è quella dell'allontanamento di un player internazionale assolutamente indispensabile per il mantenimento del servizio.
In merito al decreto-legge da voi modificato in corso d'opera - le ricordo che noi avevamo approvato la prima stesura in Senato - credo si sia posto un problema di garbo, di metodo, di stile, di trasparenza nei rapporti. Avremmo voluto votare, se vi fossero state le condizioni, il provvedimento anche in terza lettura. Invece avete introdotto due novità, che ritengo assolutamente rilevanti e da non trascurare.
In primo luogo, si è compiuta la trasformazione della natura del prestito, con una legittima e naturale preoccupazione rispetto alle probabili e successive procedure di infrazione comunitaria. Su questo aspetto sarebbe stato necessario sviluppare un dibattito e un confronto di approfondimento, così come sui temi da lei ricordati e che noi avevamo addirittura posto nel corso dell'iter parlamentare al Senato.
La seconda novità, che forse preoccupa maggiormente, è la deroga dalle procedure ordinarie di vendita e dai criteri previsti di trasparenza e di informazione, in favore di una forte discrezionalità e di un'accentuata opacità, anche rispetto al processo di vendita di Air France.
Ciò che maggiormente ci preoccupa è il piano degli esuberi, che rappresenta una variabile significativa rispetto al progetto di vendita, cioè a «come» si vende Alitalia. Le dico subito che nessuno di noi intende salvaguardare livelli e condizioni occupazionali: c'è già chi se ne occupa e chi se n'è occupato in questi anni fin troppo bene, con la complicità diffusa anche di chi avrebbe dovuto svolgere ben altro ruolo.
Ci permettiamo invece di sottoporle tre o quattro domande, molto brevi. Innanzitutto, le chiedo quali siano gli ammortizzatori sociali previsti a fronte dell'esubero del personale, oltre a quelli già formulati dal Governo Prodi. È evidente che il numero degli esuberi è destinato ad aumentare e non a diminuire, con il passare del tempo e con il venir meno di un forte soggetto internazionale.
In secondo luogo, avrei la curiosità e il piacere di capire qual è stato il ruolo del dottor Ermolli. Sappiamo chi è, vogliamo semplicemente sapere quale ruolo ricopre.
Mi piacerebbe comprendere, anche in ragione della sua relazione, se l'advisor Banca Intesa - questa è l'unica novità rispetto ai dati di stampa - è stato scelto da lei o da Alitalia. Contrariamente a quello che leggiamo dai dispacci di cronaca, sembrerebbe che Alitalia l'abbia scelto e lei l'abbia avallato. Le chiedo se può confermare questo dato, che può costituire un elemento di novità non indifferente.
Le chiedo poi se Banca Intesa costituirà anche il soggetto che sarà chiamato a costituire e a finanziare la cordata imprenditoriale. Lei capirà che anche questo costituirebbe un elemento di novità, sicuramente non irrilevante.
Inoltre, mi permetto di darle un suggerimento: quello di raccordare preventivamente e maggiormente le dichiarazioni, soprattutto in riferimento a quanto affermato dal collega della Lega. In conseguenza


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di ciò, le chiedo se il mantenimento della compagnia di bandiera sia un must che in qualche modo il Governo intenda continuare a perseguire. La campagna elettorale è finita e credo che a tutti stia a cuore il destino di Alitalia. Ciò che maggiormente mi rammarica è che non comprendiate che non facciamo il tifo perché l'operazione fallisca. Al contrario, vorremmo concorrere, dall'opposizione, affinché essa abbia successo.

PRESIDENTE. Avverto che è ormai esaurito l'elenco degli iscritti a parlare, dal momento che il numero degli intervenuti ha ampiamente superato quello originariamente previsto; avevo infatti parlato di uno per ciascun gruppo.

ANTONIO MISIANI. Signor presidente, ringrazio, così come hanno fatto i miei colleghi, il Ministro per la disponibilità a riferire presso le Commissioni della situazione di Alitalia. Devo dire, tuttavia, che anche io sono profondamente deluso, dopo aver ascoltato i contenuti della relazione del Ministro, aggiungendo la seguente valutazione. Ho trovato eccessivamente asettica e succinta la ricostruzione dei fatti, in aggiornamento all'audizione del 2 aprile del precedente Ministro dell'economia e delle finanze. Mi permetto pertanto di aggiungere qualche valutazione, per contribuire alla memoria storica su questa vicenda drammatica per il Paese.
Ritenendo di riportare una posizione diffusa, esprimo una valutazione diversa rispetto al ritiro di Air France-KLM dalla vicenda Alitalia. A metà marzo 2008, quindi pochi mesi fa (il 14 marzo, per la precisione), l'unica offerta avanzata e formalizzata era, come è noto, proprio quella di Air France-KLM. Lo stesso precedente Ministro Padoa-Schioppa, nella relazione del 2 aprile che lei richiamava, ricordava le condizioni cui Air France-KLM aveva subordinato il via libera alla fase finale della proposta: consenso da parte delle organizzazioni sindacali; la causa intentata da SEA contro Alitalia; la linea di credito da emanare da parte del Consiglio dei ministri; l'impegno del nuovo Governo (visto che si approssimavano le elezioni politiche) di non assumere alcuna decisione formale, o alcun pubblico annuncio, fortemente contrario all'operazione. Sappiamo, ma è utile ricordarlo, quanto, da parte del candidato premier, nonché leader della forza di coalizione che attualmente governa questo Paese, sia stata politicizzata in campagna elettorale la vicenda di Alitalia e l'offerta di Air France-KLM. Il candidato premier, infatti, si è numerose volte espresso duramente contro tale offerta.
Se l'offerta formalizzata da Air France-KLM - l'unica, ripeto, discussa e formalizzata, in grado di fornire una qualche prospettiva industriale per il futuro dell'Italia - è stata ritirata, credo che un ruolo assolutamente determinante lo abbia rivestito la politicizzazione e la strumentalizzazione che di questa vicenda è stata fatta in campagna elettorale, da parte di chi oggi guida il Governo di questo Paese. Ci tenevo a ricordare tutto ciò, non solo a titolo di cronaca, ma anche perché ognuno si assuma le proprie responsabilità, che sono diffuse.
Non solo ci fu una espressione duramente contraria nei confronti della proposta di Air France-KLM, ma fu evocata più volte una imminente cordata di imprenditori italiani. Ora io ho notato, signor Ministro, che la parola «cordata» non è stata neppure pronunciata nel corso del suo intervento. Mi sento pertanto di doverle rivolgere, così come è stata posta da altri colleghi, la domanda relativa a dove sia ora questa cordata, chi siano i partner italiani, se sussistano possibili scenari di alleanze a livello internazionale, quali siano le strategie. Si tratta di elementi che, onestamente - forse mi sarò distratto - non ho ascoltato nel suo intervento.
Lei ha ricordato il prestito-ponte di 300 milioni di euro. Vorrei aggiungere che questo intervento è stato fatto dal precedente Governo, previa consultazione con la maggioranza che aveva già vinto le elezioni del 13 aprile. Il decreto, emanato pochi giorni dopo il risultato elettorale, ha subìto una «mutazione genetica» rispetto alla sua natura iniziale di prestito-ponte,


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tanto che ormai non è più tale e che corre un altissimo rischio di essere bocciato dalla Commissione europea. Si aggiunga a tutto ciò anche il ruolo di Banca Intesa, ricordato dai colleghi.
Tutti questi elementi messi in fila - ai quali aggiungiamo i contenuti scarni del suo intervento - ci inducono a nutrire forti preoccupazioni rispetto al possibile futuro della compagnia di bandiera. Vorrei ricordare che secondo i dati relativi ai primi mesi del 2008, la compagnia perde 2,5 milioni di euro al giorno. A questo ritmo, i 300 milioni di euro saranno esauriti in pochissimo tempo e, a giudicare dalle sue parole, signor Ministro, ad oggi non esiste alcuna prospettiva, con un minimo di concretezza e di serietà industriale, per quanto riguarda il futuro di Alitalia, con tutto ciò che ne consegue in termini di rischi per il sistema Paese (come giustamente è stato ricordato da vari interventi), per le migliaia di lavoratori coinvolti e quant'altro.
Credo rappresenti un dovere morale di chi guida il Paese quello di fornire al Parlamento (e al Paese stesso) qualche elemento in più sulle prospettive di Alitalia. Ci troviamo, infatti, di fronte a una vicenda che rischia di diventare drammatica per i lavoratori e per la compagnia nonché ingloriosa per un certo modo di strumentalizzare le vicende di Alitalia, azienda che la politica italiana ha spesso utilizzato, a maggior ragione negli ultimi mesi.

SILVANO MOFFA. Signor presidente, confesso di essere anche io molto deluso: deluso dalla delusione dell'opposizione. Voglio dirlo con grande franchezza, perché credo non sfugga a nessuno quanto la vicenda Alitalia sia stata al centro dell'attenzione, soprattutto della Commissione trasporti, negli scorsi anni e quanto sia stata anche impervia la discussione con il precedente Ministro dell'economia e delle finanze, nel momento stesso in cui si avviava un processo di privatizzazione che - come correttamente ricordato - ha avuto esito negativo.
Voglio ricordare, soprattutto a me stesso, che a quella gara (rammento in proposito che anche esponenti dell'allora maggioranza furono molto critici sul capitolato che era stato messo in campo) Air France non partecipò. Chiusa quella parentesi, si è aperta una fase molto discutibile - correttamente ricordata dal Ministro Tremonti - di trattativa privata che prevedeva un percorso «privilegiato», riservato all'unico soggetto rappresentato da Air France-KLM.
Quella trattativa è fallita per una serie di questioni, alcune delle quali sono state ricordate: la presa di posizione dei sindacati, la mancata garanzia sotto il profilo della tenuta occupazionale, nonché un riferimento ad alcune questioni che interagivano con il sistema degli slot e con una richiesta che, se non vado errato, mirava in qualche misura a soppiantare la compagnia Volare, sottraendole elementi fondamentali e costitutivi dell'esistenza stessa di quella società, che peraltro dovrebbe essere sottoposta nuovamente a gara, essendo stato così stabilito dal Consiglio di Stato.
Credo che l'onestà intellettuale debba oggi richiamare tutti al rispetto del dato concreto ed effettivo relativo al destino di Alitalia. Signor Ministro, lei ha fatto molto bene a ricostruire, sia pure sinteticamente, alcuni passaggi fondamentali dai quali io ricavo due elementi, sui quali vorrei innestare una domanda.
Il primo elemento è che i due interventi operati con il decreto-legge hanno sostanzialmente corretto una struttura che sicuramente avrebbe esposto l'Italia ad un intervento molto pesante da parte della Commissione europea. Il primo ha consentito di sanare una situazione di bilancio, che altrimenti sarebbe stata definitivamente pregiudicata.
Credo che oggi, onestamente, non si poteva chiedere di più al Ministro dell'economia e delle finanze, se non rendersi conto di quella che dovrà essere la puntata successiva negli incontri con la Commissione trasporti. Il tema Alitalia, infatti,


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non deve essere disgiunto dall'individuazione di una politica dei trasporti complessiva per il nostro Paese.
Si tratta di un concetto che voglio ribadire, signor Ministro, giacché anche Alitalia ha sofferto nel corso degli anni, stando alle varie relazioni che i diversi ministri hanno portato all'attenzione del Parlamento, di una serie di fattori negativi, non soltanto interni al management, ma che riguardano anche l'inconsistente sostegno che il sistema-Paese ha offerto alla compagnia di bandiera. Penso ai requisiti di sistema e ai diritti di accesso aeroportuali. Ritengo che il Governo debba aprire una vertenza a livello europeo su questo tema, dal momento che Air France ha goduto di sistemi di vantaggio, all'interno del proprio Stato, a beneficio della propria compagnia di bandiera.
Sono tutti aspetti che, in qualche misura, dovrebbero portare a interrogarci sulle politiche strategiche a livello europeo nel campo del trasporto aereo, per farci definire meglio anche quali politiche intendiamo assumere nel nostro Paese, atteso che: rileviamo una pluralità di aeroporti, concentrati soprattutto in alcune aree dell'Italia, assolutamente non concorrenziali; che non abbiamo una gerarchizzazione del sistema aeroportuale; che abbiamo pensato a Malpensa come a un hub, forzando il concetto stesso di hub, senza preoccuparci delle infrastrutture che avrebbero dovuto consentire a quel sistema di funzionare. Lo dico con assoluta serenità agli amici della Lega: se continuiamo ad alimentare un dualismo tra Milano e Roma, senza ragionare in un'ottica strategica complessiva (che non è soltanto nazionale, ma anche europea e internazionale), non salviamo Alitalia e in più releghiamo il nostro Paese in condizioni ancora meno competitive.
La domanda conclusiva che intendo rivolgerle, signor Ministro, riguarda in particolare Volare; mi chiedo se ci sia davvero l'intenzione di bandire una nuova gara, oppure no.
Aggiungo un breve cenno sull'advisor, visto che alcuni colleghi hanno voluto parlarne: credo che spetti al Governo fornire un adeguato indirizzo, che peraltro penso abbia fornito, ovvero quello di individuare soggetti capaci di promuovere un piano industriale (quindi, non soltanto un piano finanziario) e soprattutto di individuare le condizioni per il rilancio e la privatizzazione di Alitalia. Se ciò non si realizza, è evidente che non si può chiedere oggi al Ministro quali potranno essere le determinazioni successive del Governo, anche perché sarebbe un voler leggere in controluce intenzioni che non possono essere assolutamente compiute, se non attraverso un processo che sia definito in ogni sua parte.

PRESIDENTE. Invito i colleghi intervenuti che si sono allontanati (forse stanno seguendo la seduta nei locali adiacenti) a rientrare; sarà infatti difficile per il Ministro rispondere agli assenti.

MAINO MARCHI. Signor Ministro, vorrei rivolgerle una domanda molto breve. Il provvedimento su Alitalia approvato da Camera e Senato, cioè il decreto-legge che ha ricompreso tre decreti-legge (il primo del Governo Prodi, emanato dopo le elezioni, dunque in accordo, anzi su dettatura del futuro Governo Berlusconi e gli altri due dell'attuale Governo) è stato finanziato, per 290 milioni di euro su 300, attingendo da risorse destinate alle imprese. Precisamente, 205 milioni di euro dal fondo per la competitività e 85 milioni di euro dal fondo per la finanza d'impresa.
Siccome si è passati da un prestito-ponte ad un contributo di fatto a fondo perduto a fini di ricapitalizzazione, se le cose rimanessero come definite nel decreto-legge, risulterebbe che il finanziamento per Alitalia è stato reperito mettendo le mani nelle tasche delle imprese.
Le chiedo: è intenzione del Governo ripristinare tali fondi a favore delle imprese? Nell'eventualità di una risposta positiva, con quali tempi e modalità?

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, per la replica, ringraziandolo fin d'ora, a nome dei presidenti delle Commissioni


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V e 5a di Camera e Senato e delle Commissioni IX della Camera ed 8a del Senato.

EMANUELE FIANO. Signor presidente, vorrei un chiarimento dal Ministro. Forse ho capito male, ma mi sembra che all'inizio della sua esposizione egli abbia detto che Air France ha intrapreso azioni legali contro Alitalia.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. No, ma questa è un'opportunità preliminare per evitare possibili equivoci. A noi non risultano azioni legali; risultano non solo comunicazioni ufficiali relative alla trattativa e alla rottura della stessa, ma anche successive valutazioni - è nella libera facoltà di Air France-KLM di formularne - in ordine al futuro di Alitalia. (Commenti dell'onorevole Fiano). Esattamente. Forse in modo troppo compendioso, o se volete un po' signorile, ho omesso di citare quelle valutazioni. Non risultano assolutamente azioni legali, ma valutazioni formulate sul futuro industriale di Alitalia. Air France ha comunicato in ordine alla chiusura della trattativa e in ordine ai propri dati - se dovessimo replicare in ordine a tali dati, diremmo che non sono particolarmente positivi -, ma anche su Alitalia. E su questo, francamente, omissis.
Vi ringrazio per questa opportunità. Tutti gli interventi sono stati utili, ma più degli altri, ai fini di un dibattito costruttivo, lo sono stati quelli dell'onorevole Misiti e del senatore Legnini in ordine alla tempistica di questa audizione.

AURELIO SALVATORE MISITI. Dà anche i voti?

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Cerco di essere costruttivo; non sto parlando di voti da zero a dieci, ma di un giudizio di natura politica.
Ho trovato particolarmente costruttivi gli interventi che ho citato perché hanno centrato il punto essenziale di questa audizione e della connessa possibile comunicazione, vale a dire «ci rivediamo». Ho l'impressione che questo sia il punto essenziale: tutta la comunicazione necessaria e possibile nel momento in cui è possibile comunicare fatti oggettivamente nuovi.
Da collega a collega: nei miei panni che cosa avreste detto? Credo che avreste detto più o meno le stesse cose a questa altezza di tempo, fermo restando l'impegno a venire qui a comunicare quando la situazione evolverà in termini davvero sostanziali. Forse in termini un po' sintetici, come è stato detto, ho fatto notare che, pur nella criticità anche drammatica della situazione di Alitalia, tuttavia questo Governo è in carica da quarantuno giorni. Credo che in quarantuno giorni l'azione intrapresa su Alitalia sia stata - noi speriamo - di una certa costruttiva sostanza. Ovviamente non sono io a dare i voti a voi, ma voi a me.
L'onorevole Fiano ha sottolineato che io abbia fatto propria l'audizione del Ministro Padoa-Schioppa. Mi permetto di notare che la condivisione, come ho detto, si riferisce alla parte storica e ricostruttiva, non alla parte «critica» o politica. Per quanto riguarda la sequenza storica considero la ricostruzione decisiva per la valutazione e l'analisi del caso Alitalia. Dal 2 aprile ad oggi sono intervenuti molti fatti e molti atti non privi di rilevanza, che ritenevo utile commentare con voi. Considero utile, da parte del Governo, una riflessione, una condivisione o una divisione su questi punti, con voi.
Devo dire che già la sequenza dei decreti, concentrata in pochi giorni, è indicativa della criticità della situazione. A me sembrava che fosse utile discuterne qui, per la prima volta, con voi, ferme restando naturalmente le valutazioni di merito che possono essere - e sono - diverse.
In ordine alla formula «compagnia di bandiera», chiedo scusa per l'utilizzo di una formula in italiano, mentre altri ne hanno usato di più sofisticate (leadership, come l'onorevole Tabacci). Non ho così elevata dimestichezza con la lingua o coi mercati internazionali. A me sembra che comunque, anche in inglese, quella formula


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appaia e sia per noi politicamente indicativa, a dire che uno degli obiettivi dell'azione di questo Governo è comunque il rilancio di Alitalia in una logica di servizio al Paese per i trasporti, per il mercato e, dentro il mercato, per il turismo. Noi riteniamo che sia un obiettivo condivisibile e raggiungibile. La formula può essere criticata - l'onorevole Tabacci può suggerire altre formule più domestiche - ma fondamentalmente a noi l'idea sintetica di «compagnia di bandiera» sembrava - e sembra - efficace come indicazione.
Per quanto riguarda la scelta della banca, riteniamo che quella indicata da Alitalia - con il nostro consenso, ma formalmente da Alitalia - sia la prima banca italiana. Noi pensiamo che essa abbia tutte le caratteristiche tecniche e di visione per assistere Alitalia nell'identificazione di un progetto industriale e di rilancio della compagnia. Non valutiamo che, in questa fase, eventuali rapporti finanziari in essere con altri operatori siano in qualche modo preclusivi. Ai fini della funzione di advisor, riteniamo la scelta corretta. Se, a valle di questa scelta, in sede di definizione del piano, emergessero ragioni di incompatibilità, di conflitto, di inopportunità, sarà quella, a valle, la sede per formulare le valutazioni e le ipotesi, anche negative, richiamate dall'onorevole Tabacci. Ai fini della individuazione dell'advisor, la scelta della principale banca italiana ci sembrava naturale. Vedremo poi cosa succederà.
Mi cade l'occhio sul testo della relazione, molto apprezzabile, svolta dal Ministro Padoa-Schioppa il 2 aprile. Vi leggo che nel mese di settembre la società nominò una grande banca internazionale, Citi, quale advisor. Non credo che ci sia nella scelta dell'advisor, quale che sia - Intesa Sanpaolo, Citi - una particolare ragione di valutazione negativa a priori. Come noi non abbiamo contestato, allora, al Governo la scelta di quell'advisor, così riteniamo che sia fuori discussione, come advisor, la scelta della principale banca italiana. Altre contestazioni, essendo allora opposizione, abbiamo mosso sull'operato del Governo in ordine ad Alitalia, ma non sull'advisor.
Per quanto riguarda la serie storica dei fatti che hanno costituito la vita di Alitalia, l'onorevole Tabacci ricorda con molta precisione l'aumento di capitale del 2005. È vero che nell'autunno del 2005 avevo l'onore di servire il mio Paese come Ministro dell'economia e delle finanze. Ricordo, però, che quell'aumento di capitale fu fatto in base a un piano industriale approvato come tale dalla Commissione europea e finanziato direttamente dal mercato. A me non risulta che la Commissione europea approvi piani industriali non conformi ai princìpi e ai regolamenti europei, né mi risulta che la gente dia soldi per caso. Se vi erano soldi privati che affiancavano l'aumento di capitale pubblico, forse c'erano ragioni di investimento, e non caritatevoli o dissipative.
Noi ritenevamo allora che l'approvazione di quel piano industriale da parte della Commissione europea e da parte del mercato fosse una ragione di affidamento sul futuro della compagnia, e questo risulta agli atti. Poi sono avvenuti fatti indipendenti dalla nostra volontà, cioè abbiamo perso le elezioni. Questo ha determinato nel corso del 2006 la deviazione da quel piano industriale e le vicende finanziarie di Alitalia.
All'onorevole Tabacci, che scuote la testa e dissente, mi permetto di far notare che se nell'autunno del 2005 importanti finanziatori di mercato privati investivano su Alitalia, lo facevano con una qualche ragione, probabilmente dal loro punto di vista condivisibile. È molto facile formulare profezie retroattive, onorevole Tabacci.

BRUNO TABACCI. Mi scusi, signor Ministro, non mi permetterei mai. Ricordo solo che in quel periodo, poiché i rapporti personali tra di noi sono sempre stati molto cordiali...

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Spero lo siano ancora!


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BRUNO TABACCI. E lo sono ancora! Mi permisi di segnalare il fatto che probabilmente, invece dell'aumento di capitale sarebbe stato meglio utilizzare la legge Marzano. Lei mi disse che non si potevano fare entrambe le cose. Personalmente resto del parere che, già a quella data, visto che dalla relazione trimestrale di Alitalia di quel periodo non emergevano segnali positivi, sarebbe stato meglio utilizzare la legge Marzano.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Ricordo molto bene il suo intervento e le sue valutazioni. Qui stiamo discutendo però una cosa un po' diversa in risposta alla sua osservazione, secondo la quale l'aumento di capitale era stato un errore. Mi permetto di dire che nel 2005 errore non era considerato né da parte della Commissione europea né da parte di una quota importante del mercato. A valle sono successe delle cose, relative anche alla funzione del Governo che aveva determinato quell'aumento di capitale. Diciamo che la colpa non è di nessuno, ma certamente non di un Governo che, sciolte le Camere, ha perso le elezioni. Francamente non sono in grado di dire adesso come sarebbe andata, ma le posso (ti posso) assicurare che abbiamo fatto tutti gli sforzi possibili per realizzare quel piano sulla base di una ragionevole prospettiva.
Molte considerazioni - devo procedere per sintesi - sono state fatte sul prestito-ponte e sulle vicende relative al primo decreto. È stato chiesto quale riflessione fare sul prestito-ponte che cessa di essere, dal lato del bilancio Alitalia, debito e diventa patrimonio netto. È stato detto che il prestito ha subìto una «mutazione genetica». Penso che senza quel decreto - il secondo - la mutazione genetica l'avrebbe subita, oltre al prestito, anche Alitalia, perché sarebbe fallita l'istante dopo. Non ci sembrava allora, e non ci sembra ancora, ragionevole buttare via il decreto emanato dal Governo Prodi, anziché tentare di renderlo utile per tenere in vita, quanto necessario, la compagnia Alitalia.
A noi, nel volgere di alcuni giorni - quanti passavano tra l'assunzione del voto di fiducia da parte del Governo e l'emanazione di quel decreto - sembrava l'unica cosa possibile da fare per evitare il paradosso di un doppio danno: tenere comunque in piedi la procedura di infrazione, aperta in tempo reale dalla Commissione europea su quel decreto e, nel frattempo, vedere fallire senza alcuna scelta possibile la compagnia. Confermo la validità della scelta di quel decreto, che non è stato altro se non il rafforzamento di una scelta di politica industriale operata dal Governo Prodi; scelta che, lo ripeto, abbiamo politicamente condiviso quando quel Governo ha sentito allora l'opposizione. È stata, dunque, la scelta giusta. Vedremo poi quale sarà l'esito della valutazione in sede di Commissione europea; valutazione che andrà effettuata non specificamente, solo sul primo o solo sul secondo decreto, ma sullo sviluppo complessivo di una vicenda che, dal nostro punto di vista, porterà alla privatizzazione della compagnia, come è nei criteri europei. Penso che, valutata in questi termini, anche la procedura potrà avere un esito non necessariamente negativo. Noi riteniamo che, a quel giorno, per evitare l'immediato fallimento della società, non c'erano alternative all'emanazione di quel decreto.
Con riferimento al rapporto con Air France-KLM, ho cercato - in modo, se volete, un po' notarile o troppo diplomatico - di elencare i comunicati stampa e le dichiarazioni ufficiali rese da quella compagnia. Ma, lasciando agli atti il testo del mio intervento che le contiene, potrete vedere che le dichiarazioni rilasciate da Air France-KLM sono di rottura del rapporto causata da ragioni economiche, e non politiche. Ragioni poi rafforzate dall'ultima assemblea di Air France-KLM, che ha chiarito che, in assoluto, non c'era alcuna chance di creare valore con Alitalia.
Se, fuori dalla campagna elettorale o fuori dalla polemica, si valuta - è quello che vorrei fare, e avremo occasione di farlo tutti insieme - ciò che è successo nel


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rapporto con Air France-KLM, ci si rende conto che le condizioni identificate come decisive e le difficoltà incontrate nella trattativa erano sufficienti per l'interruzione del rapporto, a prescindere dalla posizione del successivo Governo; avrebbe avuto gli stessi problemi di rapporto e avrebbe dovuto - e non so se potuto - soddisfare quelle condizioni. Nella comunicazione di Air France-KLM, che è quella che conta, non c'è traccia di una discussione preclusiva o impeditiva di origine politica.
Se posso usare una formula discorsiva, si possono anche avere diverse idee o tipologie evolutive di matrimonio, ma resta fermo che, quale che sia il tipo, per celebrarlo bisogna comunque essere in due. L'impressione è che Air France-KLM abbia in qualche modo avviato la trattativa, ma l'abbia conclusa in modo negativo autonomamente. Questa è la nostra valutazione politica, che credo sia abbastanza condivisa o condivisibile in ampi settori dell'opinione pubblica.
Per quanto riguarda il ruolo di professionisti che sono stati nominati, assicuro che non c'è mai stato un rapporto formale e sostanziale con operatori che non fossero quelli identificati dal Governo e dal Ministero nelle carte e nella documentazione ufficiale (Commenti). Posso assicurare che non è stato al Ministero (Commenti). Posso assicurare che l'azione del Governo è stata assolutamente indipendente da quella di un professionista che ha cessato la sua attività a ridosso della presa di funzioni del Governo. Il Governo ha fatto il Governo muovendosi per carte e documenti ufficiali...

BRUNO TABACCI. È un testimonial elettorale... (Commenti dei deputati Fiano e Misiani).

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Posso assicurare che, per quanto riguarda l'azione del Governo, tutto è stato fatto per atti e carte ufficiali, quali vi risultano.
Uno dei rilievi più frequenti è stato mosso con le parole «non ci risulta abbastanza». Io vi rispondo che mi risulta, vi risulta quello che c'è; non posso esporvi in audizione fatti ancora in evoluzione, sui quali credo che la sede più opportuna per il Parlamento sarà l'audizione che - suppongo - sarà calendarizzata a ridosso dei fatti che emergeranno al termine del mandato che Alitalia ha dato a Banca Intesa Sanpaolo. In quella sede credo che ci saranno e dovranno esserci tutte le necessarie informative.
Ho molto apprezzato formule come «sono parzialmente soddisfatto»: «parzialmente» è sempre meglio di niente. Ho trovato altresì interessante la formula «deluso dalla delusione», una sorta di «metadelusione».
Credo che nella prossima audizione saranno soddisfatte tutte le domande che correttamente ci ponete. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti i partecipanti e il Ministro Tremonti per la rinnovata disponibilità a partecipare a un'audizione.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,15.

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