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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(V Camera e 5a Senato)
7.
Mercoledì 3 ottobre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli (Attività conoscitiva preliminare all'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 8 12 17 18 20
Baccini Mario (PdL) ... 17
Brunetta Renato (PdL) ... 8
Cambursano Renato (Misto) ... 12
Ceroni Remigio (PdL) ... 18
Ciccanti Amedeo (UdCpTP) ... 18
Duilio Lino (PD) ... 17
Garavaglia Massimo (LNP) ... 10
Grilli Vittorio, Ministro dell'economia e delle finanze ... 3 13 18
Marchi Maino (PD) ... 9
Mascitelli Alfonso (IdV) ... 11
Occhiuto Roberto (UdCpTP) ... 10
Polledri Massimo (LNP) ... 18
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 5A (PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 3 ottobre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 8,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato della Repubblica, l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli.
Accompagnano il professor Grilli il dottor Giuseppe Chinè, il dottor Lorenzo Codogno, il dottor Filippo Pepe e il colonnello Marco Lainati, che ringrazio per essere intervenuti.
Do la parola al Ministro Grilli.

VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor presidente, onorevoli deputati e senatori, questa Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012 (DEF), è la seconda che viene presentata nel quadro della normativa che ha allineato il ciclo dalla programmazione nazionale al calendario stabilito in sede europea, il cosiddetto semestre europeo. A partire da tale riforma, la Nota rappresenta uno degli strumenti fondamentali per il processo di bilancio: la sua presentazione non è più connessa al verificarsi di eventuali scostamenti degli andamenti di finanza pubblica, ma rappresenta un momento importante del processo di programmazione finanziaria e del coordinamento delle programmazioni finanziarie a livello europeo.
In linea con il nuovo quadro normativo, il Governo ha ottemperato al proprio impegno provvedendo, innanzitutto, ad aggiornare le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica unitamente agli obiettivi programmatici del DEF; a fornire indicazioni sul bilancio pubblico in prossimità della presentazione della legge di stabilità e sugli eventuali disegni di legge collegati; a dare conto delle raccomandazioni approvate dal Consiglio dell'Unione europea; infine, a riferire i contenuti e le sanzioni previste dal Patto di stabilità interno, nonché i contenuti del Patto di convergenza.
Dalla presentazione del DEF nel mese di aprile lo scenario macroeconomico si è ulteriormente deteriorato a seguito dell'acuirsi delle tensioni sui mercati del debito sovrano e per effetto sia dell'incertezza che ha caratterizzato il contesto dell'area dell'euro sia del rallentamento generale dell'economia mondiale che si sta osservando in questi mesi.
Soltanto di recente stanno delineandosi segnali di una maggiore stabilità finanziaria, che dovrebbe portare, sia pure con un evitabile ritardo, anche a una migliore


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performance della nostra economia. Le stime presentate nella Nota di aggiornamento incorporano una sostanziale revisione della crescita del prodotto interno lordo (PIL) rispetto ai valori indicati nel DEF. Per il 2012 si prospetta una caduta del PIL ancora più marcata di quanto previsto nella scorsa primavera, ora almeno il -2,4 per cento contro il -1,2 previsto allora.
La minore crescita per il 2012 è dovuta, principalmente, a una marcata contrazione della domanda interna e alla variazione delle scorte. Lo scenario della scorsa primavera sottostante il DEF assumeva un attenuarsi, sia pure graduale, delle tensioni sui mercati finanziari. Tale scenario, pur condiviso nei mesi primaverili dai principali organismi internazionali, non si è, purtroppo, realizzato. Il perdurare di uno spread rilevante tra i tassi praticati dalle banche alla clientela italiana rispetto a quanto avviene, per esempio, in Germania e lo sfavorevole andamento della ricchezza finanziaria delle famiglie, possono spiegare circa 5 decimi di punto di minore crescita rispetto alle previsioni del DEF.
Per la parte rimanente ha inciso l'evento sismico, per circa 1 decimo di punto, e un insieme di fattori più difficilmente riconducibili a variabili economiche specifiche, tra cui la caduta della fiducia dei consumatori e delle imprese. Le nuove previsioni mostrano una crescita ancora negativa nel 2013, dello 0,2 per cento, contro una crescita positiva, dello 0,5 per cento, prevista nel DEF.
Questa leggera contrazione è l'effetto di trascinamento dell'anno in corso che incide in maniera negativa per circa 0,6 punti percentuali. Tuttavia, l'attività economica dovrebbe riprendere a espandersi già nella prima parte del 2013, sia pure con ritmi contenuti, per accelerare nella seconda metà dell'anno. Nel medio periodo, la crescita dell'economia si riporterà al di sopra del punto percentuale annuo grazie alla stabilizzazione del quadro economico e finanziario internazionale e all'effetto dei rilevanti interventi strutturali operati dal Governo. Nel biennio 2014-2015, si prevede che il PIL cresca rispettivamente dell'1,1 e dell'1,3 per cento, riflettendo un miglioramento ciclico e una ripresa del potenziale di crescita del PIL, come indicato nel nostro Programma nazionale di riforma e confermato anche di recente dall'analisi dell'OCSE.
È importante fare un cenno al processo che porta alle previsioni economiche del Governo. Negli anni più recenti, vi è stata, in realtà, una totale mancanza di distorsioni sistematiche rispetto a un campione di previsori indipendenti. Vogliamo assicurarci che le nostre previsioni e quelle indipendenti di organismi privati e internazionali siano in linea, sostanzialmente, e non si discostino in maniera sistematica. Credo che questo sia facilmente verificabile con i dati alla mano.
Va, inoltre, ricordato che le previsioni del Governo sono soggette a una continua comparazione e verifica attuate da varie istituzioni, tra cui la Banca d'Italia, i servizi studi di Camera e Senato, ovviamente la Corte dei conti e le istituzioni internazionali. In futuro, come è previsto dalla riforma dell'articolo 81 della Costituzione, si aggiungerà anche un ulteriore livello di verifica attraverso il costituendo Fiscal Council.
Le nostre previsioni si basano su assunzioni relative alle principali variabili internazionali, quali il commercio mondiale, i tassi di cambio, i tassi di interesse di riferimento, che non si discostano mai significativamente dai valori indicati dai principali organismi internazionali.
Inoltre, esistono delle regole stringenti concordate tra i Paesi facenti parte dell'Unione europea. Le previsioni ufficiali per l'Italia effettuate nel periodo primaverile e autunnale di quest'anno sono risultate, ad esempio, molto vicine a quelle effettuate dai principali organismi internazionali. Il Governo pone particolare attenzione a presentare previsioni di crescita per l'economia italiana realistiche e credibili in relazione alle informazioni disponibili al momento della pubblicazione.
Il deterioramento del quadro macroeconomico di riferimento e le criticità evidenziatesi sul mercato del lavoro si riflettono sulla stima del prodotto potenziale


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dell'economia italiana. La Nota di aggiornamento del DEF prevede che il tasso di crescita del prodotto potenziale nel 2012 si contragga di circa 0,6 punti percentuali, ossia circa il doppio rispetto al dato riportato nel DEF dello scorso aprile.
L'eredità della crisi continua a farsi sentire anche negli anni successivi. Per il biennio 2013-2014, il tasso di crescita potenziale continua, infatti, a muoversi in territorio negativo. Solo nel 2015 si prevede un ritorno a una crescita positiva pari allo 0,2 per cento. Parliamo del PIL potenziale.
Va detto che queste stime sono figlie della metodologia statistica di calcolo adottata in sede europea, e penso che sia importante ricordare che molto raramente essa è stata utilizzata in momenti di così profonda e prolungata crisi, in cui è difficile stimare quale sia il reale potenziale dell'economia.
Le stime del Governo, ma anche quelle di alcuni istituti internazionali come l'OCSE, mostrano che la crescita potrà essere migliorata in modo significativo nei prossimi anni anche grazie alle riforme già adottate dal Governo. Il punto che vogliamo, quindi, evidenziare riguarda l'esistenza di un apparato statistico, concordato in sede europea, composto da filtri statistici che trasformano il PIL nominale in PIL potenziale i quali sono basati su analisi delle serie storiche. Quando c'è una rottura così profonda, dovuta a una crisi così vasta, certo non sono in grado di produrre il vero andamento del PIL potenziale, ma ovviamente non abbiamo altre strumentazioni, quindi possiamo riportare solo ciò che fuoriesce da queste analisi, ma non senza un minimo di cautela.
Il quadro congiunturale delineato trova riflesso in un'evoluzione meno favorevole della finanza pubblica, seppur compensata dagli effetti di riequilibrio ereditati dalle manovre finanziarie che si sono succedute. Grazie alla significativa correzione operata nel corso del 2011 e agli ulteriori interventi adottati nel corso dell'estate del 2012, finalizzati a un'organica revisione della spesa pubblica, il Governo è in grado di confermare, sostanzialmente, il percorso di risanamento finanziario già tracciato nel DEF.
L'indebitamento netto ritorna al di sotto del valore di riferimento del 3 per cento per l'anno in corso, consentendo pertanto la chiusura futura della procedura di disavanzo eccessivo aperta nei confronti dell'Italia nel 2009. Negli anni successivi, l'indebitamento si riduce progressivamente, in linea con il ritmo di discesa indicato nel DEF, consentendo altresì il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali nel 2013.
Corrispondentemente, l'avanzo primario è atteso in progressivo aumento dal 2,9 per cento del PIL stimato per l'anno in corso al 4,8 per cento del PIL nel 2015. Più in particolare, nel 2012 l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è stimato pari al 2,6 per cento, superando di circa 0,9 punti percentuali il valore indicato nel DEF di aprile. La revisione al rialzo del rapporto deficit/PIL è attribuibile all'accresciuta incidenza sul PIL della spesa primaria, per circa 0,9 punti percentuali rispetto al DEF, e della spesa per interessi passivi, per circa 0,2 punti percentuali.
Tali dinamiche sono compensate, in minima parte, dall'evoluzione positiva delle entrate fiscali nel 2012, che dovrebbero collocarsi al 48,9 per cento del PIL, ma in questo momento di grande contrazione del PIL queste dinamiche devono essere lette ricordando cosa succede al denominatore. La revisione al rialzo dei rapporti spesa primaria/PIL e interessi passivi/PIL è, infatti, trainata prevalentemente da un effetto denominatore, ossia dal fatto che, in realtà, è il PIL a decrescere in maniera significativa e non tanto la spesa primaria nominale a crescere. La riduzione del PIL, infatti, nel caso della spesa primaria, contribuisce per circa 0,7 punti percentuali su 0,9; allo stesso modo, per gli interessi passivi, uno 0,1 per cento della crescita dello 0,2 è attribuibile alla riduzione del PIL.
Il ridimensionamento della crescita nominale della spesa primaria attesa per il 2012 sconta le misure in materia di spending review introdotte a luglio e contribuisce


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per 0,3 punti percentuali alla riduzione dell'incidenza della spesa primaria sul PIL, compensando parzialmente l'effetto denominatore. La revisione al ribasso della crescita delle entrate finali contribuirebbe per circa 1,1 punti percentuali alla revisione complessiva del rapporto entrate finali/PIL che, come già riportato, è pari allo 0,1 per cento del PIL stesso. Tale revisione è da attribuirsi alle misure di differimento e attenuazione dell'incremento delle aliquote IVA finanziate con le risorse liberate dalla spending review e alle revisioni scaturenti in sede di monitoraggio e altri fattori minori.
Vale la pena sottolineare che la minore crescita delle entrate è parzialmente compensata da un'evoluzione più contenuta della spesa primaria rispetto a quella stimata nel DEF. Il rallentamento nella dinamica, in particolare, è riconducibile alle misure adottate nei mesi successivi alla presentazione del DEF, come già detto, soprattutto alla spending review. Se, quindi, paragoniamo il DEF di aprile con il nostro aggiornamento, la dinamica delle spese primarie evidenzia un sostanziale miglioramento.
Negli anni 2013-2015, il rapporto deficit/PIL è previsto in aumento rispetto al DEF, con scostamenti nelle previsioni pari all'1,1 per cento nel 2013 e all'1,4 per cento nel 2014 e nel 2015. In termini strutturali, ossia al netto della componente ciclica e delle misure una tantum, tuttavia, il percorso di risanamento delle finanze pubbliche rimane, sostanzialmente, invariato rispetto a quanto programmato nel DEF, con un indebitamento strutturale pari, rispettivamente, allo 0,9 e allo 0 per cento del PIL negli anni 2012 e 2013.
Nel 2013, in linea con gli impegni assunti a livello europeo, l'Italia dovrebbe conseguire il proprio obiettivo di medio periodo, pari a un saldo strutturale in pareggio. Ciò garantirebbe un ulteriore miglioramento sul lato della sostenibilità del debito nel medio periodo, così come la possibilità di utilizzare appieno gli stabilizzatori automatici in funzione anticiclica.
Il saldo strutturale dovrebbe peggiorare di circa lo 0,2 per cento del PIL nel 2014 e dello 0,4 per cento del PIL nel 2015. Tale disavanzo risulta, comunque, limitato, e inferiore allo 0,5 per cento del PIL, quale dimensione dei possibili scostamenti previsti in sede europea, quindi all'interno dei margini di tolleranza consentiti dalle regole del Fiscal Compact.
Per quanto riguarda il rapporto debito pubblico/PIL, le nuove stime segnalano un rallentamento rispetto al DEF nel profilo di rientro determinato da una molteplicità di fattori, in particolare dal peggioramento delle proiezioni della crescita nominale del PIL, e cioè del denominatore del rapporto. Questa è la componente più importante e comporta un incremento di circa 2 punti percentuali nel 2012, 3,5 nel 2013 e 3 nel 2014 e nel 2015.
A sua volta, il peggioramento del fabbisogno delle pubbliche amministrazioni, anch'esso dovuto alla contrazione ciclica, contribuisce al rialzo del debito del 2012 e del 2013 per circa 1,2 punti percentuali del PIL; per il 2014 e il 2015, tale contributo aumenta, arrivando, rispettivamente, all'1,5 e all'1,7 per cento del PIL.
Infine, va segnalato l'ulteriore effetto di rialzo determinato dalle riclassificazioni operate sulla base di recenti decisioni dell'Eurostat, che hanno innalzato il livello del debito sin dal 2010 per ulteriori 0,5 punti percentuali all'anno, con inevitabili ripercussioni anche per gli anni successivi.
Bisogna, inoltre, come credo sia stato più volte sottolineato, operare una distinzione. Esistono, infatti, due serie del rapporto debito/PIL: una è quella riferita al debito lordo, ma di questi tempi una voce particolarmente significativa è rappresentata dagli aiuti che l'Italia, come altri Paesi, ha offerto e offrirà ai Paesi «sotto programma». Se nettizziamo questa parte, dovuta al sostegno ai Paesi dell'area dell'euro, il rapporto debito/PIL si riduce rispetto al valore lordo di oltre 3 punti percentuali ed è stimato collocarsi al 123,3 per cento del PIL nel 2012; a partire dal 2013 è previsto, invece, in graduale riduzione, fino a raggiungere il 119,1 per cento nel 2015.
Su questo fronte, il Governo è intenzionato ad agire con incisività dando seguito a quanto raccomandato nelle risoluzioni


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parlamentari di approvazione del DEF di aprile. Già nei prossimi mesi saranno attivati gli strumenti creati per procedere alla valorizzazione e successiva dismissione del patrimonio dello Stato, sia degli immobili sia delle partecipazioni pubbliche. L'attività di ricognizione del patrimonio pubblico disponibile è già stata realizzata con l'avvio del censimento mediante rilevazione telematica dal febbraio 2010. Ad esso sono seguite riforme normative che hanno previsto diversi strumenti di coordinamento tra i vari soggetti pubblici per facilitare le operazioni di valorizzazione e vendita.
Nella Nota è ricordato che la realizzazione del piano pluriennale straordinario assicurerà, a regime, risorse pari ad almeno l'1 per cento del PIL all'anno, da destinare prioritariamente al fondo per l'ammortamento del debito pubblico.
Tenendo conto dell'ammontare dei proventi, il rapporto debito/PIL si collocherebbe al 122,3 per cento nel 2013, per giungere al 116,1 per cento nel 2015. L'ampio processo di riforma attuato nel corso degli ultimi due decenni riesce, in misura sostanziale, a compensare i potenziali effetti di medio e lungo periodo della transizione demografica sulla spesa pubblica per pensioni. Questo migliora nettamente la sostenibilità delle finanze pubbliche italiane.
Anche in sede internazionale è stato evidenziato che l'Italia presenta una variazione della spesa pensionistica in rapporto al PIL in netta controtendenza rispetto a quella prevista per la maggior parte dei Paesi europei, nonostante una dinamica demografica meno favorevole. Di questo si dà conto nella Nota di aggiornamento del DEF, in continuità con quanto avvenuto negli anni precedenti.
Ritengo che questo sia un elemento molto importante in relazione all'Italia, che ha consentito, oltretutto, e ancora consente all'Europa di guardare alle nostre finanze pubbliche nel medio periodo in maniera positiva, ed è essenziale che tutti gli sforzi profusi negli anni per il contenimento della spesa pubblica legata all'invecchiamento della popolazione siano riconosciuti molto positivamente dal resto dell'Europa e non solo.
Guardando l'andamento strutturale dei conti pubblici e la dinamica del debito, si può affermare che il profilo programmatico delineato nella Nota è coerente con le nuove regole di bilancio europee. Questo consentirà, come sottolineato anche dalla Banca d'Italia e da altre istituzioni, di lanciare un segnale positivo ai partner europei circa l'impegno dell'Italia a rispettare le comuni regole di bilancio, rafforzando la fiducia dei mercati. Il Governo, consapevole dei benefici che deriveranno al Paese dall'instaurarsi di un clima di maggior stabilità finanziaria, opererà un costante e attento monitoraggio dei conti pubblici al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi.
Il perdurare della situazione di crisi richiede un forte impegno di tutti e, ovviamente, da parte del Governo per offrire risposte concrete all'urgenza di rilancio dell'economia sia nel medio sia nel breve periodo. La sfida da affrontare, dunque, è quella di sollecitare le leve del sistema economico operando scelte oculate e prudenti, ma in grado di accrescere già nel breve periodo la produttività del Paese.
Nella Nota di aggiornamento del DEF il Governo ha indicato alcune linee di intervento lungo le quali intende procedere, finalizzate a migliorare i meccanismi del mercato del lavoro, ad avanzare nel programma di liberalizzazione e di altri interventi a favore della concorrenza, ad accrescere l'efficienza della pubblica amministrazione, a promuovere la ricerca, lo sviluppo e l'istruzione, a prevedere nuovi meccanismi per accelerare la realizzazione delle infrastrutture e a promuovere l'efficientamento della giustizia civile.
Nell'affrontare queste priorità, occorre dare atto che il Governo, sin dal momento del suo insediamento, e il Parlamento hanno agito con tempestività, intervenendo, da un lato, sugli aspetti nevralgici dell'economia e della società e continuando, dall'altro, a mantenere in sicurezza i conti pubblici nella convinzione


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che la stabilità finanziaria costituisca un fattore imprescindibile per la ripresa economica.
Se, da un lato, si rileva che una parte significativa dell'aggiustamento fiscale operato proviene da un aumento delle entrate con un conseguente inasprimento della pressione fiscale, tuttavia occorre riconoscere che anche le misure in materia di entrate sono state quanto più possibile orientate a favorire la crescita, mediante interventi di revisione delle imposte sui consumi e sulla proprietà e di riduzione del cuneo fiscale sull'impresa e sul lavoro. Chiaramente, si è trattato di misure ancora limitate, ma la linea e il segnale sono stati quelli appena descritti. Inoltre, nel tempo il Governo ha operato un più equilibrato bilanciamento delle misure a favore di una minore spesa, con impatto crescente in termini di riduzione del deficit.
In coerenza con quanto richiesto nelle risoluzioni parlamentari di approvazione del DEF di aprile, il Governo è fermamente impegnato a portare avanti con determinazione gli obiettivi e le linee d'azione indicati nel DEF e confermati nella Nota di aggiornamento, accompagnando all'azione di riequilibrio dei conti pubblici il perseguimento dell'equità e della crescita economica, anche al fine di evitare che eventuali effetti recessivi indotti dalle politiche di risanamento finanziario peggiorino il deficit e il debito pubblico, così vanificando i potenziali miglioramenti legati a queste politiche in vista del raggiungimento dell'obiettivo del bilancio in pareggio in termini strutturali.
In un contesto in cui la politica di bilancio non è più costretta dalla sola spinta dell'emergenza, sarebbe auspicabile quanto sottolineato dalla stessa Corte dei conti, e cioè restituire alla politica economica un'impostazione più equilibrata e in grado di recuperare le condizioni per la crescita economica, secondo le linee già tracciate dallo stesso Governo.
Mi fermo per lasciare spazio alle domande.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Grilli e do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

RENATO BRUNETTA. Ringrazio il signor Ministro. Al di là del linguaggio forse inevitabilmente esoterico, vorrei fare alcune considerazioni forse più comprensibili.
Lei ci ha detto con molta chiarezza che la congiuntura peggiora rispetto a quanto previsto solo pochi mesi fa, ma anche che le prospettive di crescita potenziale peggiorano. Questo è sotto gli occhi di tutti, guardando l'economia reale, guardando i dati mensilmente prodotti dall'ISTAT e dai vari istituti nazionali e internazionali.
Per capire quello che sta succedendo non solo dobbiamo guardare il dato congiunturale, ma anche cercare di capire se le politiche economiche, le medicine amare che l'Italia sta assumendo anche in ragione di politiche concertate a livello internazionale e non da mesi, ma da anni, portino alla guarigione o meno. È questo, infatti, il tema che gli italiani cercano di percepire, disponibili certamente ai sacrifici, alle medicine, ma bisogna capire se le medicine amare sono la soluzione. La mia impressione è che la quantità e la qualità delle medicine amare che l'Italia sta assumendo non portino alla guarigione, ma rappresentino, al contrario, nel breve-medio periodo il primo ostacolo alla guarigione. Citerò un riferimento unico, ma se ne potrebbero citare tanti.
Sappiamo tutti che una delle chiavi di soluzione della crisi dell'euro sta nella necessità, nella possibilità di trasmissione della cosiddetta politica monetaria all'economia. Con tale trasmissione si intende far sì che la quantità di liquidità immessa nell'economia sia assorbita dagli operatori economici, dall'«operatore famiglia» attraverso i consumi, dall'«operatore impresa» attraverso gli investimenti, con la necessaria intermediazione del sistema bancario e finanziario. Si tratta dei quantitative easing che si sono visti negli Stati Uniti anche di recente da parte della Federal Reserve.
Ora, è ben noto - ce lo ricorda, comunque, periodicamente Ben Bernanke -


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che la recessione è uno degli ostacoli principali, se non il principale, alla trasmissione della politica monetaria, quindi siamo in un loop, in un paradosso. Noi assumiamo medicine amare per aumentare la credibilità della nostra economia, della nostra finanza pubblica, ma abbiamo bisogno della politica monetaria e della sua trasmissione per risolvere i problemi della moneta unica, e quindi anche della crescita. La recessione prodotta dalle politiche economiche in termini di quantità e qualità blocca la trasmissione della politica monetaria all'economia.
Questo non è un problema solo italiano, ma dell'eurozona. È il problema che abbiamo di fronte. Pertanto, signor Ministro, oltre che, correttamente e giustamente, analizzare gli andamenti, gli scostamenti, occorrerebbe anche, un po' con una visione d'insieme, olistica piuttosto che riduzionistica, verificare se quanto andiamo facendo - non dico: «quanto state facendo» (nella sua persona, poi, lo sta facendo da tempo) - in termini di medicine sia la strategia giusta di politica economica per risolvere i problemi di crescita, di equilibrio finanziario e di rafforzamento dell'euro.

MAINO MARCHI. Signor Ministro, mi pare che dalla Nota di aggiornamento emerga come elemento fondamentale una recessione molto più elevata rispetto a quella prevista ad aprile, con conseguenze in termini negativi sul rapporto debito pubblico/PIL, sull'indebitamento, sulle minori entrate. Questo, in sostanza, ripropone con forza ancora maggiore il tema delle politiche per la crescita e credo che, anche da questo punto di vista, dobbiamo fare i compiti a casa.
Le pongo alcune questioni. Nelle raccomandazioni di politica economica rivolte dal Consiglio dell'Unione europea all'Italia, si parla di incentivare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro fornendo servizi per l'assistenza all'infanzia e agli anziani: il Governo pensa di introdurre nella legge di stabilità misure per andare in questa direzione? In questa legislatura abbiamo, sostanzialmente, fatto il contrario, ossia abbiamo azzerato il fondo per le politiche sociali, azzerato quello per la non autosufficienza, creato più difficoltà per gli interventi delle amministrazioni comunali. Vorrei sapere se si pensa di attivare alcune politiche nella direzione raccomandata dall'Unione europea.
Altro aspetto è quello della ricerca. Quando si parla di politiche per la crescita, una delle misure che trova maggior consenso è l'incentivazione alla ricerca da parte delle imprese e, in modo particolare, si pensa a uno strumento come il credito di imposta, quindi a una riduzione delle tasse per le imprese che investono in ricerca. Anche in questo caso, in questa legislatura è successo il contrario, si è bloccato il credito di imposta e, benché se ne parli continuamente, non si arriva a una determinazione in questo senso. Vorrei chiederle se, nelle valutazioni in corso tra i ministeri competenti su questo tema, si tenga conto delle conseguenze, in termini di perdita di competitività, di PIL e di entrate per lo Stato, che sono derivanti, in questa legislatura, dal mancato sostegno alla ricerca delle imprese, appunto a causa del venir meno del credito di imposta per la ricerca.
La terza questione è quella della legalità, uno dei macigni per la crescita e lo sviluppo in Italia: per evasione fiscale, sommerso, riciclaggio, corruzione, battiamo tutti i record. Tra l'altro, ovviamente, ci sono anche le mafie. Vi sono problemi di liquidità delle imprese che portano anche al fallimento delle stesse e che rappresentano in questo periodo di crisi una delle cause maggiori della penetrazione delle mafie nel nord del Paese.
In questa crisi di liquidità, ovviamente, c'entra il credito delle banche, che si è ristretto, ma anche i problemi nei pagamenti, come quelli della pubblica amministrazione: in questo senso, quali saranno i tempi per accelerare davvero, non solo negli atti, ma anche nei fatti, i pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese?
Infine, che posizione intende sostenere il Governo italiano nei prossimi vertici europei in merito alla tassa sulle transazioni


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finanziarie? Sosterrà, come la Germania e la Francia, la necessità di introdurla, e quindi lanciare un segnale ai mercati o sarà tra i Paesi che freneranno, su questo punto, che credo dovrebbe essere una delle innovazioni più importanti delle politiche europee?

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Ministro, le porrò velocemente poche questioni. Posto che le previsioni di quest'anno sul PIL sono state sbagliate nell'ordine di circa 1,5 punti e non era tanto difficile arrivarci anche perché il Fondo monetario internazionale aveva fornito questi numeri già nello scorso gennaio - il Governo, probabilmente, aveva una visione differente - la preoccupazione è tutta sul 2013 ed è condivisa da Confindustria, dalla Corte dei conti e così via. Giustamente, lei fa riferimento alle riforme, che possono essere un modo per risalire la china e qui vengo alle tre questioni.
La prima riguarda le imprese. Il Ministro Passera, agli Stati generali del Nord svoltisi a Torino, ha dato per funzionante l'IVA per cassa. Ciò significa che il relativo decreto di attuazione è già stato firmato o che, comunque, lo sarà entro l'11 ottobre, come previsto, per cui dalla prossima settimana il plafond sarà aumentato e potremo pagare l'IVA per cassa?
In secondo luogo, abbiamo avuto, purtroppo, un calo molto drastico degli investimenti, siamo a -8,3 per cento. Si tratta di 5 punti in più di calo degli investimenti rispetto a quanto avevate previsto in aprile e non è poca cosa. Sotto quest'aspetto, non pensate che sia il caso di liberare le risorse che hanno in cassa gli enti locali, e quindi apportare una drastica revisione del Patto di stabilità che ingabbia una mole enorme di investimenti che possono essere attivabili immediatamente?
Capiamo la preoccupazione per il debito, ma nel momento in cui anche sul rapporto debito/PIL le previsioni sono aumentate di 3 punti e, in particolare, abbiamo un aumento di 3 punti di debito per gli aiuti che offriamo agli altri Paesi dell'area dell'euro, non ritiene sia il caso di darci un «autoaiuto» di un punto di PIL liberando queste risorse? Oltretutto, l'anno venturo quasi 4 punti di PIL saranno destinati per gli aiuti agli altri Paesi.
Infine, sappiamo tutti che le nostre aziende stanno chiudendo a causa delle tasse. È evidente che possiamo ridurre le imposte se riduciamo drasticamente la spesa, come finora non siamo riusciti a fare: non crede che sia il caso, per esempio, di applicare un banale criterio quale quello dello «zero budget» per cui, anziché tagliare il tendenziale, quanto meno evitiamo di aumentare la spesa a tutti i livelli di governo?

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Ministro, anche nella Nota di aggiornamento del DEF il Governo riconferma l'impegno, più volte opportunamente annunciato anche da lei, di operare questo programma di riduzione del debito pubblico, dal quale dovrebbero essere garantiti proventi per circa 1 punto percentuale di PIL. Ieri, però, nel corso di un'audizione di rappresentanti della Banca d'Italia presso queste Commissioni, ci è stato segnalato che questo programma, come l'hanno definito, è estremamente ambizioso, nel senso che necessita di un'individuazione dei beni da dismettere nei tempi più brevi possibili affinché possa essere operativo dal 2013. Necessiterebbe, inoltre, di un'intensa attività esecutiva perché, come è facile immaginare, nell'opera di valorizzazione e di dismissione di questi beni sarebbero coinvolte diverse amministrazioni.
Nel suo intervento odierno, ci ha informato che il Governo sta procedendo al censimento di questi beni, ma vorrei chiederle di essere un po' più dettagliato sull'argomento, posto che ci preoccupa il rischio che questo programma, che opportunamente lei ha annunciato e che ha riproposto nella Nota di aggiornamento del DEF, non sia operativo a partire dal 2013. Vorremmo sapere come il Governo intenda procedere, con quali strumenti, con quali attività e, soprattutto, in che tempi per garantire che il programma di


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dismissione sia operativo a partire dai prossimi mesi, così come previsto e annunciato.
In secondo luogo, col decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, concernente la razionalizzazione della spesa pubblica, abbiamo dato avvio al programma di spending review, che tutti sosteniamo, giustamente, non debba essere un episodio, né un modo di fare manovre, ma una modalità operativa per distinguere la spesa improduttiva dalla spesa produttiva e abbiamo stabilito, inserendo nel decreto un'apposita disposizione che, proprio nell'ambito della risoluzione parlamentare di approvazione della Nota di aggiornamento del DEF, dovessero essere indicati i disegni di legge collegati alla manovra per attuare il medesimo programma della spending review.
Chiedo al Governo, attraverso il Ministro, quale sia la ragione per cui questi collegati, utili a definire il modo per realizzare il programma di spending review, non siano stati indicati nella Nota.

ALFONSO MASCITELLI. Signor Ministro, la ringraziamo per le integrazioni tecniche che ha fornito sulla Nota di aggiornamento del DEF, ma mi consenta di dire che questa resta carente sotto l'aspetto che lei stesso ha citato, e cioè in riferimento e in connessione con le raccomandazioni rivolte dalla Commissione, poi fatte proprie dal Consiglio ECOFIN. Per certi aspetti, questa Nota è pre-europea, cioè andrebbe bene se fosse stata scritta prima che la legge di contabilità recepisse l'istituzione della sessione di bilancio europea.
Vi siete limitati, infatti, semplicemente, al paragrafo 3 della Nota, a trascrivere i titoli delle raccomandazioni del Consiglio europeo. Lei mi insegna che la nostra legge di contabilità - la legge n. 196 del 2009 - all'articolo 10-bis, non richiede di trascrivere i titoli, ma di recepire le raccomandazioni e presentare le modifiche e le integrazioni rispetto a queste. Non vediamo tutto questo nella Nota di aggiornamento del DEF. Certo, vediamo una trascrizione, un'analisi del quadro recessivo dell'economia italiana ed europea, ma non vediamo le modifiche e le integrazioni che il Governo intende presentare non rispetto a obiezioni o osservazioni delle forze di opposizione, ma alle specifiche raccomandazioni della Commissione europea, che non sono da poco.
Se entriamo già soltanto nel merito di due o tre punti, evitando la semplice trascrizione dei titoli operata dal Governo, la Commissione europea pone il problema che la costituzionalizzazione del principio del pareggio di bilancio, al di là della vendita propagandistica di questa credibilità del Paese, non ha nessun valore se non attuata attraverso la «legge rafforzata», che deve essere emanata entro il 23 febbraio del prossimo anno. Considerando la situazione drammatica in cui il nostro Paese vive, non sarebbe stato sbagliato che questa legge attuativa fosse stata emanata in tempi tali da consentire che la nuova legge di stabilità potesse adeguarsi ai nuovi criteri derivanti dalla costituzionalizzazione del principio del pareggio di bilancio.
Peraltro, signor Ministro, un dato molto importante non solo per noi, che viviamo dentro le aule del Parlamento, ma per gli enti locali, è che questa legge attuativa prevede la necessità di un coordinamento dal punto di vista degli equilibri di bilancio con gli enti locali. Lei ricorda bene tutte le proteste degli enti locali in occasione dell'approvazione del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante la spending review, quando gli enti locali hanno appreso di tagli draconiani quasi leggendo la stampa il giorno dopo, e quindi c'è stata una sorta di concertazione ex post. Questo dà il senso dell'importanza della legge attuativa del principio costituzionale del pareggio di bilancio.
Scorro altri titoli rapidamente. L'Europa non chiede la trascrizione di quello che il Governo ha fatto sin qui sul problema drammatico dell'occupazione giovanile, ma ulteriori misure per combatterla. Ci saremmo aspettati, dunque, in questa Nota di aggiornamento del DEF, che il Governo desse, come prevede la legge di contabilità - non è, quindi, una richiesta «populistica» - integrazioni su queste


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ulteriori misure per combattere la disoccupazione giovanile e quella delle donne nel mercato del lavoro.
L'Europa, inoltre, ci chiede a che punto siamo con riferimento alla riforma degli ammortizzatori sociali. Se, infatti, con l'approvazione della riforma del mercato del lavoro si vuol farci credere che l'introduzione dell'ASPI (Assicurazione sociale per l'impiego), che andrà in vigore a partire dal 2017, rappresenti di fronte all'Europa la realizzazione della riforma degli ammortizzatori sociali, credo, signor Ministro, che sotto questo aspetto il Paese non vi comprenderà e che, a cominciare da oggi, non vi ha compreso neanche l'Europa.
Allo stesso modo, l'Europa chiede quali siano le misure effettive per combattere l'evasione fiscale e a che punto, come vi chiede anche la stampa nazionale, sia il processo di liberalizzazioni dal quale questo Governo aveva dichiarato che si aspettava a regime, dal 2020, un aumento del PIL dell'1,2 per cento su base annua. Mancando molti regolamenti attuativi, abbiamo assistito addirittura, nel suddetto decreto-legge n. 95 del 2012 relativo alla spending review, signor Ministro, a qualcosa di evanescente, con l'istituzione di «una piattaforma tecnologica», secondo l'espressione usata nel decreto, già solo per dare avvio al bando di concorso per istituire nuove sedi di farmacia. Ci aspettiamo dal Governo qualche atto in più rispetto a una trascrizione di titoli.

RENATO CAMBURSANO. Ringraziando il Ministro, dico anche che credo sia riconosciuto al Governo e al Parlamento il gran lavoro svolto sul fronte dei conti pubblici, sulla stabilità, ma anche sull'avvio di riforme importanti. Certamente, non vogliamo tornare indietro, a un passato già visto, ma nei mesi trascorsi e, purtroppo - sono certo - in quelli a venire, sono emersi e continueranno ad emergere due grossi problemi, che si sintetizzano in uno, recessione e disoccupazione.
L'OCSE, come leggo dalla relazione lasciataci ieri dalla Corte dei conti, quantifica in mezzo punto percentuale il saggio di crescita potenziale dell'economia in un arco temporale di 10 anni derivante dalle riforme finora implementate. Secondo la Corte dei conti, inoltre, non può non rilevarsi come i risultati attribuiti al programma di riforme abbiano dimensione insufficiente per colmare il passato e si suggerisce, dunque, di rafforzare la strategia per la crescita, l'altra parola magica che tutti usiamo in questi mesi, affidando a essa obiettivi più ambiziosi.
A proposito di ambizione, rivolgo anche a lei la domanda che ho rivolto ieri ai rappresentanti della Banca d'Italia: la legge delega in materia fiscale non avrebbe dovuto essere, in un momento come questo, per l'appunto un po' più ambiziosa? D'altra parte, il presidente di Confindustria, Squinzi, nei giorni scorsi ha dichiarato chiaramente che gli industriali sono disponibili a rinunciare a una serie di agevolazioni se si interviene a ridurre il cuneo fiscale, la pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese.
Credo esistano alcuni percorsi assolutamente praticabili da subito: ridurre il cuneo fiscale e ridurre, se non azzerare, l'IRAP almeno quella sul costo del lavoro. Come? Da quali risorse attingere perché questi interventi non siano in contraddizione rispetto alla stabilità? Vorrei verificare se a tale scopo non convenga - non solo in linea di principio, teorica, ma anche in tempi e modalità da individuare nella prossima legge di stabilità - attingere a quanto recuperato dalla lotta all'evasione e all'elusione fiscale, dalla rivisitazione, per l'appunto, delle agevolazioni fiscali e, come ricordato da un collega, affinché il nostro Paese non sia il fanalino di coda dei grandi Paesi dell'Unione europea, dall'applicazione di una tassazione sulle transazioni finanziarie, per convergere su quei Paesi che già si sono pronunciati favorevolmente su tale forma di imposizione. Cosa ne pensa, signor Ministro?

PRESIDENTE. Cedo la parola al Ministro Grilli per la replica al primo giro di domande.


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VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Ringrazio per tutti gli interventi, che mi danno modo di aprire un dibattito più ampio su questioni veramente importanti sulla strategia di politica economica nel medio e lungo periodo.
Quanto alla questione posta dall'onorevole Brunetta se la medicina sia utile o meno alla guarigione e sulla relazione tra recessione e politiche di aggiustamento con la trasmissione della politica monetaria, concordo con l'onorevole Brunetta che, in questo momento in Europa, esistono problemi di trasmissione della politica monetaria, ma non siamo gli unici a concordare. Questa è stata, infatti, anche la motivazione con cui la BCE ha dichiarato di essere pronta a intervenire sui mercati riconoscendo problemi di trasmissione della politica monetaria nell'area dell'euro e di esistenza di forte segmentazione nel mercato del credito, uno il riflesso dell'altro.
Tuttavia, la mia opinione è differente sul fatto che questi problemi di trasmissione siano legati alla terapia, alla medicina. Personalmente, ritengo che questa medicina, questo tipo di riforme, quest'impostazione finalizzata sia all'aggiustamento del bilancio sia ad un intervento strutturale di riforme sull'economia siano indispensabili.
È chiaro che l'effetto di queste riforme e di questi interventi, soprattutto la tempistica e la velocità con cui potranno garantire effetti positivi, dipendono anche dal funzionamento del resto del sistema e avere un sistema in cui la trasmissione monetaria non funziona in maniera ottimale rallenta, chiaramente, questo tipo di risposta positiva. Alla base di questa scarsa trasmissione della politica monetaria, tuttavia - perlomeno, questa è la mia analisi, ma non credo sia soltanto la mia - individuo la «crisi dei debiti sovrani».
Un esempio molto importante di come la politica monetaria non funzioni è proprio l'effetto sui tassi di interesse che si ha nei diversi Paesi. Normalmente, la politica monetaria ha un ruolo anticiclico, fa parte degli strumenti di stabilizzazione delle economie e, solitamente, quando un'economia va in recessione, la politica monetaria porta a una riduzione dei tassi di interesse, che fungono da stimolo alla domanda aggregata sia per gli investimenti sia per i consumi.
Viceversa, quando un'economia è in espansione o troppo in espansione, accade il contrario e la politica monetaria fa sì che i tassi di interesse aumentino. Questo rallenta, raffredda la domanda aggregata. In Europa questo non sta avvenendo. In alcuni Paesi in recessione quest'impulso della politica monetaria non funziona perché i tassi di interesse, anziché ridursi a causa degli spread, e quindi, a causa dell'instabilità dei mercati del debito sovrano, aumentano; in altri, invece, in cui l'economia va bene, a causa della riduzione degli spread, i tassi di interesse praticamente vanno sotto zero, e quindi non solo manca questa capacità di trasmissione al 100 per cento, ma c'è quasi un'inversione di questa trasmissione.
Da questo punto di vista, allora, penso che sia assolutamente importante, anzi imprescindibile, il rasserenamento dei mercati finanziari europei, e quindi una stabilizzazione dei mercati dei debiti sovrani che facciano, sostanzialmente, ridurre e scomparire questo «effetto rischio» dell'euro sui tassi di interesse e sugli spread, così che le politiche monetarie della Banca centrale europea possano trasmettersi in maniera fisiologica sull'economia.
Ritengo siano, dunque, due, come spesso abbiamo evidenziato, i fronti su cui lavorare, tra cui quello interno delle cosiddette medicine, che siamo convinti che siano quelle giuste. Un esito veloce della terapia richiede, tuttavia, che anche l'azione sull'altro fronte, quello della stabilizzazione dei mercati finanziari europei e della risoluzione della crisi del debito sovrano, sia veloce, duraturo e convincente perché questi movimenti degli spread, sostanzialmente, siano corretti e non vanifichino la trasmissione delle politiche monetarie.
Quanto alla domanda dell'onorevole Marchi su come possiamo fare di più per la crescita, penso che tutte le azioni del


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Governo, e non solo di questo, abbiano come obiettivo la crescita e l'aumento della competitività del Paese, di cui l'aggiustamento dei conti pubblici è uno strumento. L'obiettivo, dunque, non è di per sé aggiustare i conti pubblici, ma l'aggiustamento dei conti pubblici come prerequisito indispensabile, tra altri altrettanto importanti, per il miglioramento della competitività del Paese.
Questo vale anche per altre domande. Voglio ricordare che la Nota reca l'aggiornamento del DEF, quindi la variazione rispetto a ciò che il DEF ha già analiticamente determinato sia come obiettivi del Governo sia come implementazioni delle cosiddette Country-specific recommendation per il Paese. Il DEF era un documento corposo e analitico; la Nota riporta soltanto cos'è cambiato rispetto ad allora. Purtroppo, abbiamo visto come sia cambiato il quadro di riferimento macroeconomico, ma non certo i programmi del Governo per quanto riguarda la sua azione di riforma.
Per quanto riguarda l'incentivazione della partecipazione delle donne e degli anziani, è chiaro che questo è un obiettivo non solo per l'Italia, ma per l'Europa. Voglio solo ricordare che in Europa - posso garantirvelo per essere stato partecipe a discussioni e analisi per molti anni - non è prevista alcuna spesa pubblica o nessun aumento della spesa legata a queste voci. Qui si parla di incentivi, cioè di strutturare la normativa e il modo in cui funzionano i mercati e le istituzioni per fare sì che si portino i giusti incentivi finalizzati alla offerta e alla domanda di lavoro per le categorie rispetto alle quali sappiamo che l'Italia è molto indietro per tasso di partecipazione, vale a dire le donne, gli anziani e, ovviamente, gli stessi giovani.
Lo stesso discorso vale per la ricerca e la legalità sotto diversi aspetti, dall'evasione al riciclaggio, alla corruzione. Anche in questo caso, credo che sia sempre chiaro che, per quanto riguarda la legalità in senso lato, non stiamo parlando di spesa pubblica, ma ciascuna di queste voci, la ricerca, le infrastrutture, qualsiasi programma che tutti noi riconosciamo come una componente importante in un'ottica di ricostruzione e per l'aumento della competitività del Paese, deve sempre rapportarsi al nuovo articolo 81 della Costituzione - ritornerò anche su questo - ossia dobbiamo sempre avere in mente che la somma deve dare zero.
Quando, quindi, ci si pone l'obiettivo di aumentare la voce x, immediatamente si deve fare anche un esame pragmatico di quale sia la voce y che, a questo punto, diminuisce. Trovo che non sia utile a nessuno - serve avere un dialogo costruttivo - mettere sul tavolo solo i «più» e non i «meno» perché rimarrebbe un discorso sterile. Penso che nessuno, nel dibattito, sia contro i tanti «più» posti sul tavolo, ma non c'è una condivisione su dove siano i «meno». Credo, allora, che si debba sempre procedere in maniera dialogante e costruttiva, non solo tra Governo e Parlamento, ma con tutte le parti sociali, per trovare anche i «meno». L'articolo 81 della Costituzione e il bilancio in pareggio sono ormai ineludibili, non soltanto, per l'appunto, perché occorre rispettare la Costituzione, ma perché ormai sappiamo che i mercati, come li definiremo per mancanza di un termine sintetico migliore, non consentiranno più ai Governi di finanziare una spesa pubblica in deficit.
Per quanto riguarda la importante voce relativa al ritardo dei pagamenti, ci sono ormai tutti i decreti e ho appurato con piacere che la stessa ABI ha dichiarato che sono a pieno regime. Le certificazioni stanno funzionando e io confido fortemente che sappiamo tutti essere un ponte per riuscire ad aiutare le imprese ad avere liquidità fintantoché in questo metodo lo Stato non riesce ad accelerare i propri pagamenti.
Su questo punto, evidenzierei due aspetti. Come abbiamo detto e ripetuto più volte, parte dell'agenda del Governo è anticipare il recepimento della direttiva europea sui ritardi nei pagamenti, e quindi fare in modo che entro quest'anno in Italia sia introdotta la direttiva, con vincoli al pagamento non solo per la pubblica amministrazione ma per tutti i soggetti, privati


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e pubblici. Vedremo in seguito lo scaglionamento delle date, ma chiaramente vogliamo essere tra i primi a recepire questa importantissima direttiva.
In secondo luogo, voglio solo ricordare che il Governo aveva stanziato 6,7 miliardi di euro perlomeno per anticipare i pagamenti maggiormente in ritardo. Per ricevere le risorse occorrevano le domande ma, purtroppo - o per fortuna - a oggi sono stati usati, ma non tutti. Per ancora circa 1,4 miliardi di euro non abbiamo richieste e le risorse rischiano di andare in perenzione. Questo è sorprendente. Ci troviamo di fronte a questo fenomeno che conosciamo, sappiamo che ci sono ritardi e che le imprese soffrono, tuttavia restano delle somme stanziate e non utilizzate. È una contraddizione che fa capire come i meccanismi non funzionino un po' ovunque, forse anche a livello delle stesse imprese.
Sulla financial transaction tax, ovviamente, il dibattito è ancora aperto. Il Presidente del Consiglio ha avuto diverse discussioni in sede di Consiglio europeo su questo argomento. L'Italia ha mantenuto una posizione di assoluta apertura alla possibilità di introdurre questo tipo di tassazione, ma vorrei solo ricordare che nel dialogo e nel negoziato europeo non si va voce per voce, è un negoziato complesso con tante priorità per ciascun Paese. Credo, dunque, sia giusto non pronunciare dei sì o dei no pregiudizialmente o in anticipo su niente e che sia nell'interesse del Paese arrivare a un tavolo negoziale dove c'è tutto per dare la propria risposta in funzione di un risultato completo.
Aggiungo soltanto - questo forse è un piccolo anticipo sulla domanda dell'onorevole Cambursano - che, anche se dovessimo introdurre a livello dell'area dell'euro o, peggio, solo in alcuni Paesi di questa - le previsioni di entrate che deriverebbero da questo tipo di transazione, non sarebbero grandissime. Si tratta, forse, maggiormente di un segnale, di un tipo di approccio che riguarda anche il rapporto tra Governo e mercati finanziari. In termini quantitativi, però, non c'è da farci troppo affidamento per coprire l'eliminazione dell'IRAP, a cui arriverò, ma volevo dare un'anticipazione.
Senatore Garavaglia, quanto all'IVA per cassa, il decreto ancora non è stato firmato, ma intendiamo assolutamente rispettare la data prevista dell'11 ottobre prossimo. Il Dipartimento delle finanze l'ha già predisposto, quindi sarà mia cura firmarlo e adottarlo entro i termini previsti, suppongo entro la settimana prossima.
Quanto al ruolo per gli investimenti degli enti locali, sicuramente tutti ci rendiamo conto di quanto sia importante investire nel nostro Paese e di come gli enti locali abbiano avuto e abbiano ancora un ruolo importante in questo processo. Non sono d'accordo sul fatto che molte misure siano arrivate come sorprese al mondo degli enti locali, soprattutto dei comuni. Ritengo che abbiamo un rapporto molto costruttivo con loro, con l'ANCI, con il Presidente Delrio, e penso che siamo riusciti a trovare degli spazi compatibili con i conti pubblici.
È per questo che prima ho spiegato, con riferimento all'esigenza che i bilanci siano in pareggio, che possiamo discutere in maniera tecnica su come incentivare nel miglior modo possibile questo ragionamento, ma il principio del pareggio è ineludibile, non è soltanto un problema di debito. Purtroppo, quando si parla di investimenti, si pone anche un problema di deficit. Se si dovesse ampliare il margine di investimento degli enti locali, si avrebbe un impatto sul deficit di 1 a 1.
Credo, quindi, sia chiaro a tutti noi, ma è anche sottolineato più volte in sede europea, che l'Italia debba raggiungere gli obiettivi assolutamente ineludibili ed essenziali di consegnare quest'anno un indebitamento che sia, in maniera importante, al di sotto del 3 per cento e di raggiungere il pareggio di bilancio strutturale l'anno prossimo. Dobbiamo sempre, ovviamente in maniera proattiva, trovare questi spazi possibili con gli enti locali, che però non pregiudichino quegli obiettivi perché riprodurremmo nei mercati e nei partner europei dubbi sulla nostra totale convinzione di rispettare il Fiscal Compact.


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Per quanto riguarda la domanda importante su come realizzare l'1 per cento di riduzione del debito attraverso le dismissioni, si tratta di un tema complicato. Ho letto anch'io la relazione di Salvatore Rossi di ieri che, pur condividendo, mette in luce le complessità. Effettivamente, come noi stessi più volte abbiamo riconosciuto, è complesso sia per il tipo di beni che devono essere valorizzati sia per le varie amministrazioni che devono essere coinvolte sia anche per l'esistenza o meno di un mercato.
A mo' di esempio, quando si pensa a grandi dismissioni di immobili e si guarda a com'è il mercato degli immobili in questo momento, questo è qualcosa che si deve mettere in conto. Le velocità dipendono da tanti fattori, sia dalla capacità di mettere in moto una macchina amministrativa, che è già messa in moto e che è composta da diversi pezzi, sia a livello centrale, dall'Agenzia del demanio, dalle SGR che tale Agenzia ha costituito, dalla Cassa depositi e prestiti, che può essere anche un buffer di assorbimento quando il mercato ancora non c'è, sia a livello degli enti locali. Insomma, è una sfida importante, su cui abbiamo a lungo riflettuto anche grazie allo stimolo di molte analisi degli stessi partiti, del Parlamento e di altri esperti nella materia.
Posso, così, già annunciare che entro la fine di questo mese proporrò al Parlamento di svolgere congiuntamente un seminario dove vorremmo mettere a fattor comune i risultati della nostra analisi, delineando le problematiche e le eventuali opzioni di risoluzione. È chiaro, infatti, che qualsiasi opzione di risoluzione richiede anche un intervento del Parlamento e una condivisione di quello che si fa. Stiamo predisponendo, per questa ragione, tutto il materiale per una discussione che, sicuramente, non può risolversi in due minuti di risposta, ma richiederà per lo meno qualche ora per essere approfondita.
Posso, tuttavia, anticipare che la precondizione di tutto il processo è un censimento completo del patrimonio pubblico. Sappiamo che larga parte di questo patrimonio è negli enti locali. Ho ricordato che siamo partiti con il censimento nel febbraio del 2010. Purtroppo, oggi soltanto il 53 per cento degli enti locali ha risposto sebbene ci fossero degli obblighi cogenti. Ricordo anche - penso sia importante ricordarlo anche a tutti per le relative competenze e conoscenze - che questo non è un optional, che tutti dobbiamo rispondere all'esigenza di fare chiarezza e trasparenza sull'entità e sulla distribuzione del patrimonio pubblico.
La spending review è importantissima, e proseguirà. Non l'abbiamo indicata tra i provvedimenti collegati perché non sarà un disegno di legge collegato, ma parte della legge di stabilità. Il lavoro che il commissario Bondi sta svolgendo e continua a svolgere, quindi, troverà una seconda tappa all'interno della legge di stabilità, che ritengo presenteremo la prossima settimana.
Senatore Mascitelli, anche per lei vale lo stesso argomento che ho già usato. Lei ha ragione a osservare che, se qui si esaurisse l'intera descrizione della strategia del Governo per quanto riguarda il rispetto delle richieste e delle raccomandazioni europee, sarebbe molto scarna, ma questo è un aggiornamento del DEF, nel quale invece abbiamo descritto in maniera puntuale e molto articolata come vogliamo rispondere.
Qui si trova soltanto cosa è cambiato rispetto ad allora. Condivido assolutamente, quindi, non solo il richiamo agli ambiti che ricorda, ma ricordo anche che nel DEF la strategia per raggiungerli o, per lo meno, per avvicinarci a quegli obiettivi è assolutamente ben delineata. Direi che, soprattutto in termini di lotta all'evasione fiscale, mi sembra che il tipo di interventi e la continuazione dell'azione siano abbastanza sotto gli occhi di tutti. Posso garantire che, da questo punto di vista, non c'è assolutamente nessun rallentamento e, al contrario, una prosecuzione nella nostra strategia.
Quanto all'essere più ambiziosi, «crescita» è un termine magico, che tutti vorremmo che ci fosse, e non solo il termine ma anche la bacchetta, che purtroppo non


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c'è perché siamo sempre vincolati a quei «più» e «meno», che però l'onorevole Cambursano mette tutti sul piatto.
Dei «meno» ho già detto; quanto alla tassa sulle transazioni finanziarie, se andrà in porto a livello dei Paesi dell'euro, o di un gruppo più ristretto di tali Paesi, non sarà una grande fonte di finanziamento.
Speriamo, inoltre, ovviamente, di raggiungere importanti risultati per quanto riguarda il recupero dell'evasione. Lo stesso Presidente del Consiglio ha dichiarato che, ottenuti i risultati, non solo in termini previsivi ma di realizzazione, e quindi in cassa, questi potranno essere utilizzati. La riduzione del carico fiscale del Paese è uno degli obiettivi primari. Condivido sia la fonte sia l'obiettivo. La riduzione del cuneo è uno degli obiettivi di riduzione del peso fiscale, ma dobbiamo arrivare alla realizzazione e alla contabilizzazione di questi risparmi.
Lo stesso discorso vale per la revisione delle cosiddette tax expenditure e la loro razionalizzazione: questo è parte di quello che stiamo cercando di fare anche nella legge di stabilità, in relazione alla quale ci siamo posti, tra gli obiettivi, quello di evitare l'aumento dell'IVA. A noi sembra che questo obiettivo, per lo meno in una sequenza temporale, venga prima della riduzione del cuneo fiscale. Ovviamente, cercheremo di fare tutto e, nella direzione dell'armonizzazione, una razionalizzazione delle tax expenditure è uno dei modi con cui cercheremo di finanziare gli interventi citati.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire - cortesemente, in maniera estremamente sintetica - per porre ulteriori quesiti o formulare osservazioni in modo che il Ministro Grilli possa rispondere a tutti, come ha fatto egregiamente ora.

LINO DUILIO. Sarò telegrafico. Mi riallaccio ancora all'esigenza di una visione un po' olistica, di cui parlava il collega Brunetta. Il presidente della Corte dei conti ci ha riferito che i consumi stanno, sostanzialmente, calando e ha anche affermato che c'è un nesso tra quanto si sta facendo e la situazione di recessione che si intravede. Ho ascoltato il giornale radio e so che lei ha anche replicato.
Personalmente, sono convinto che, quanto meno per quanto riguarda le discrasie tra breve, medio e lungo periodo, questo rappresenti un problema serio, reale: non crede che siamo finiti in una sorta di trappola della stabilità, se così si può dire, rispetto alla quale - lo ha ribadito anche oggi - non si possono utilizzare politiche keynesiane o neokeynesiane? Non si capisce bene, tuttavia, cosa si possa fare se non prendere misure che nel medio e lungo periodo forse ci consentiranno di raggiungere questa benedetta crescita. Non ritiene che in questa discrasia temporale si annidino dei pericoli molto seri?

MARIO BACCINI. Signor Ministro, sarò anch'io molto breve. Avremmo voluto più tempo per esprimere alcune considerazioni di carattere generale sulle politiche del Governo circa gli interventi per dare una mano al Paese a uscire da questa crisi. Peraltro, dalle sue stesse dichiarazioni questo documento di aggiornamento del DEF appare negativo.
Vorrei soltanto cogliere l'occasione non per rivolgere una domanda, ma porre una considerazione, signor Ministro. Per ridurre drasticamente la spesa, che è una delle politiche del Governo per cercare di intervenire anche sulla questione dello spread, del debito, ed evitare ulteriori problemi, inviterei il Governo stesso a una riflessione maggiore sulla differenza tra la spesa produttiva e la spesa negativa e improduttiva. Ritengo, infatti, che alla fine di questo percorso sulla spending review sarebbe utile un censimento per capire quanto è stato utile e quanto, invece, bisogna correggere nelle analisi effettive della previsione della spesa stessa. A mio avviso, molte spese sono destinate agli investimenti, che vanno salvaguardati; alcune altre, come giustamente il Governo e lei stesso avete fatto, signor Ministro, vanno veramente eliminate.


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REMIGIO CERONI. Ringrazio il Ministro, che ha firmato il provvedimento sull'edilizia scolastica benché le relative risorse fossero previste nella legge finanziaria 2010 e non saranno spese neanche nel 2013, per cui si dimostra un po' di inefficienza del sistema.
Il Governo sta predisponendo un provvedimento per ridurre i costi della politica. Tuttavia, sul sito del Governo, in tema di fondi trasferiti dallo Stato ai mezzi di informazione, sono indicate le seguenti cifre: 130 milioni di euro per contributi per l'editoria e 10 milioni per radio e organi di partito; possiamo aggiungere il contributo per le spese di spedizione; i contributi per l'acquisto di spazi pubblicitari e campagne di comunicazione.
Il Presidente Polverini, cercando di scusarsi per il caos scoppiato nel Lazio, asseriva di avere speso solo 9 milioni di euro per le campagne di comunicazione, mentre Marrazzo ne spendeva 26: fino a quando sudore, lacrime e sangue di chi lavora devono finire in questa fogna?

MASSIMO POLLEDRI. La separazione tra banche d'affari e banche di risparmio, secondo il rapporto Liikanen, probabilmente potrebbe essere la soluzione. Lo Stato ha fatto i suoi compiti. Tanto ci è costato difendere il sistema bancario - il Presidente Monti, però, dichiarava qualche tempo fa di non essere completamente d'accordo - e mi chiedo se, invece, non si vogliano dare delle regole a questo sistema.
Inoltre, sui gioielli di famiglia che abbiamo annunciato di voler vendere, vorrei solo ricordare che nel 2011 l'ENI è cresciuta dell'1,8 per cento e ha devoluto 1,2 miliardi per la Cassa depositi e prestiti e l'ENEL è cresciuta dell'1,8 per cento, nonostante le tasse: in un momento in cui non cresce niente, non sarebbe conveniente tenerci i gioielli di famiglia?

AMEDEO CICCANTI. Nella sua relazione è molto forte l'elemento ragionieristico di tenere i conti in pareggio rispetto alle azioni politiche. Noi, che stiamo sul territorio, affrontiamo le assemblee e incontriamo imprenditori che falliscono perché lo Stato non paga. Perché i BOT non potrebbero rappresentare una forma di pagamento? Molti imprenditori li accetterebbero. So che incide sul debito pubblico, ma le nuove emissioni sono acquisite o dalle banche o dagli imprenditori e incidono, comunque, sul debito pubblico. Mi limito a citare il concetto di equità.
Inoltre, siamo d'accordo sul fatto che l'IMU sia una patrimoniale: perché non può essere progressiva? Perché chi possiede 500 appartamenti o 20 deve essere considerato alla pari di chi ne possiede 2? Questa progressività potrebbe finanziare, con un piccolo «tesoretto», la riduzione del cuneo fiscale, potrebbe finanziare le politiche per la famiglia, le politiche sociali, ridistribuire la ricchezza. I ristoranti «in» sono pieni, le pizzerie si stanno svuotando.

PRESIDENTE. Vorrei sapere a che punto è in termini di tempistica e come si potrebbe svolgere il negoziato Italia-Svizzera in relazione anche al nuovo approccio seguito nell'ambito dell'Unione europea, che mi sembra abbia lasciato delle aperture rispetto al passato.
Si è parlato, inoltre, di dismissioni, dei gioielli di famiglia, di partecipazioni strategiche. Attraverso la Cassa depositi e prestiti il Ministro dell'economia ha affidato la mission al Fondo strategico italiano. Secondo tutti, vanno dismesse le partecipazioni e, se arrivano gli stranieri, bisogna ricorrere al Fondo strategico: alla fine, c'è il rischio che qualcuno ci imputi la partita di giro, ma è importante capire quale sia la mission della Cassa depositi e prestiti, a cui è attribuita moltissima rilevanza su tante partite, affidata, appunto, dal Ministero, che credo comunque abbia un rilevante ruolo di influenza.
Restituisco la parola al Ministro Grilli per la replica finale.

VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Il tempo a disposizione è poco per approfondire tutto.
Onorevole Duilio, la sua mi sembra più una valutazione, una preoccupazione che una ricerca di risposta. È chiaro che esiste


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una discrasia tra l'impatto dell'intervento di riforma strutturale e il dispiegamento degli effetti positivi che riteniamo importanti. Questa discrasia è aggravata dai problemi di trasmissione o mancata trasmissione della politica monetaria. Saremmo più contenti di una capacità di implementazione degli effetti positivi in termini più rapidi.
Ovviamente, non ci fa piacere che i consumi e la domanda interna siano diminuiti, ma forse ciò è un po' dovuto anche al sentimento di preoccupazione. Sappiamo quanto siano importanti, ormai, le aspettative nelle decisioni di consumo e questa sensazione di un persistente problema di stabilità dei mercati esiste ancora. A mio avviso, in questo momento si sta migliorando in maniera importante e questo consentirà anche alle aspettative dei nostri concittadini di migliorare, che è uno degli elementi più importanti nella stabilizzazione dell'economia e della sua crescita.
Che quando si fa la spending review si debba guardare alla spesa produttiva e a quella improduttiva, come ricordava l'onorevole Baccini, è fondamentale. Questa è la spending review: cercare di capire dove sia quella produttiva e dove quella improduttiva. Penso che sia il merito dell'azione che il commissario Bondi sta svolgendo e ha svolto.
Ho dimenticato di dire una cosa importante al senatore Mascitelli, che ci ricordava l'implementazione dell'articolo 81 della Costituzione attraverso la legge «rafforzata»: non credo di rivelare nulla di nuovo, ma l'iniziativa spetta al Parlamento, che ha lavorato molto attraverso le sue Commissioni, in cui sono stati invitati anche tecnici del nostro Ministero e altri. So che il gruppo tecnico ha concluso i suoi lavori, trasmesso le sue proposte e spero che presto, anche con una condivisione della proposta, che il Parlamento dia inizio a quest'iter importantissimo.
Nel sistema italiano le banche d'affari non rappresentano un problema reale. Sinceramente, non esistono. Abbiamo solo banche commerciali e ho ricordato già più volte che il costo di salvataggio per l'Italia del nostro sistema bancario è praticamente zero, minimo, soprattutto quando lo si compara a tutti gli altri sistemi europei e alle loro dimensioni: 10, 15, 30 per cento del PIL. Oltretutto, noi abbiamo destinato a prestiti meno dello 0,5 per cento del PIL, non a fondo perduto.
Riprenderò il tema dei gioielli di famiglia per il presidente Giorgetti. Quella è una delle considerazioni, ma in realtà abbiamo affermato che, per mille ragioni, per lo meno le garanzie di approvvigionamento energetico in termini strategici per il Paese, forse non consigliano in questo momento una dismissione della nostra partecipazione residua dell'ENI o dell'ENEL.
In ogni caso, per qualsiasi partecipazione deve essere fatto anche un calcolo tra flussi di dividendi e stock. Come per qualsiasi buon padre di famiglia, di cui noi tutti dobbiamo perlomeno mantenere il comportamento minimo, l'analisi verte sul fatto se convenga vendere o mantenere una partecipazione a fronte di un flusso di dividendi importante.
Onorevole Ciccanti, mi permetto solo di rilevare che non vedo il mio come un ragionamento ragionieristico, ma europeo, da Fiscal Compact. Asserire che il bilancio deve essere in pareggio non è solo un ragionamento ragionieristico, che come Ministro dell'economia e delle finanze considero di altissimo livello, ma è un nuovo principio fondante dell'Europa.
Quanto ai pagamenti in BOT, dei 6,7 miliardi che erano stati stanziati, era previsto di utilizzarne 1 miliardo in via sperimentale per fare pagamenti in BOT. Sono ancora lì. Anche questo bisogna capire, che serve un'offerta, ma anche una domanda vera, non a parole.
Non torneremo sull'IMU, ma voglio ricordare una delle problematicità: i grandi patrimoni immobiliari spesso non sono intestati a una persona, che si confronta con un reddito, ma sono all'interno di «scatole» societarie. Usiamo il reddito per tarare l'aliquota, ma i grandi patrimoni non sono intestati a una persona fisica, e quindi quel check del reddito non funziona, anzi era un modo per eludere.


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Per essere sicuri di riuscire a tassare in maniera più equa, e quindi evitare che chi ha grandi patrimoni immobiliari in società eluda l'imposizione, si procede con una valutazione per metro quadro, anche se è in apposite società. Al di là di questa considerazione, però, su cui penso abbiamo ragionato, rivedere la nostra impostazione sull'IMU non è nella nostra agenda.
Presidente Giorgetti, quello tra Italia e Svizzera è un negoziato che sta procedendo. Incontri a livello tecnico stanno avendo luogo in questi giorni, quindi la volontà di verificare se sia possibile un accordo di comune interesse che rispetti, ovviamente, i princìpi di trasparenza, parte fondante del nostro ordinamento, esiste e i negoziati stanno procedendo.
Anche sulla missione della Cassa depositi e prestiti è impossibile rispondere in cinque minuti, necessiterebbe una seduta. La Cassa depositi e prestiti, però, dispone oggi di uno strumentario articolato, in gran parte previsto per legge, per cui non abbiamo voluto affidare una missione del Ministero dell'economia e delle finanze in maniera poco trasparente, obliqua. Abbiamo cercato di prevederlo nella legge in modo che il Parlamento ne fosse partecipe e fosse, al contrario, proprio il Parlamento a conferire questa missione e questa importante cornice.
Per quanto riguarda la questione delle aziende pubbliche, direi che esistono due fondi principali: uno è il Fondo strategico italiano; l'altro è il fondo creato dalla Cassa depositi e prestiti per aiutare questo merger tra le varie public utilities dei comuni, delle cosiddette municipalizzate, per poi venderle sul mercato. Un primo orientamento strategico, quindi, è aiutare gli enti territoriali a rafforzare, anche attraverso fusioni, le loro public utilities per poterle poi immettere sul mercato.
Il Fondo strategico va al di là e l'obiettivo fondamentale è aiutare l'economia e le imprese italiane a crescere a livello globale, quindi individuare potenziali campioni nazionali in un ambito competitivo mondiale e, se necessario, qualora il privato italiano non fosse in grado da solo, in maniera sussidiaria aiutare a rafforzare, dal punto di vista del capitale, le aziende italiane.
Questo serve anche a evitare che alcuni gioielli siano individuati solo da investitori esteri e cambino bandiera. Se si può mantenere una nazionalità e una partecipazione italiana a tutti gli effetti all'interno delle aziende che veramente hanno delle potenzialità di essere grandi concorrenti e competitori europei, penso che sia questo lo sforzo strategico ed è mio parere che sia giusto che la Cassa depositi e prestiti abbia anche questa funzione.

PRESIDENTE. Ringrazio sentitamente il Ministro Grilli, perché ritengo che quest'audizione sia stata completa e le risposte a tutti i colleghi siano state esaurienti.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,05.

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