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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VI
53.
Martedì 11 dicembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze sulle tematiche relative all'unione bancaria europea (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 6 12
Barbato Francesco (IdV) ... 8
Causi Marco (PD) ... 7
Fugatti Maurizio (LNP) ... 6
Grilli Vittorio, Ministro dell'economia e delle finanze ... 3 6 7 9 10 11 12
Pagano Alessandro (PdL) ... 9 10
Strizzolo Ivano (PD) ... 11
Ventucci Cosimo (PdL) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Intesa Popolare): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL; Misto-Diritti e Libertà: Misto-DL.

COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 11 dicembre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 10,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze sulle tematiche relative all'unione bancaria europea.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze sulle tematiche relative all'unione bancaria europea.
Benché l'audizione di oggi dovesse vertere anche su altri temi, abbiamo concordato con il Ministro, che ringrazio, di soffermarci soltanto sulle tematiche relative all'unione bancaria europea, vuoi perché dell'argomento si occuperà il Consiglio europeo in settimana, vuoi perché, nella giornata di domani, avrà luogo il seguito dell'esame degli atti dell'Unione europea in materia, sui quali la Commissione, concluse le audizioni programmate, dovrà approvare un documento finale.
Do la parola al Ministro Grilli per lo svolgimento della relazione.

VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Ringrazio lei, signor presidente, e tutti gli onorevoli deputati presenti.
Credo che la cosa più utile da fare sia quella di aggiornarvi sullo stato del negoziato in corso a Bruxelles.
Attraverso le audizioni, la Commissione ha raccolto informazioni e valutazioni in merito al progetto di unione bancaria europea, che il Governo italiano ritiene importante e urgente per diverse ragioni.
Al di là della necessità di avere, a livello europeo e di zona euro, un sistema bancario integrato, dal duplice punto di vista della vigilanza e, in prospettiva, dei meccanismi di risoluzione delle crisi e di assicurazione dei depositi, si tratta anche, a nostro giudizio, di creare una precondizione affinché i mercati finanziari europei ritrovino la loro stabilità, in via permanente.
La segmentazione ancora sussistente sul piano regolamentare - nonostante i molti passi in avanti compiuti in direzione dell'omogeneizzazione del sistema bancario e finanziario europeo - e sul piano della supervisione è, in questo momento, causa di ulteriore divisione dei mercati del credito e dei mercati finanziari nell'area dell'euro.
Per il nostro Paese, la questione è grave. Infatti, la nostra economia e le nostre imprese non hanno accesso al mercato del credito alle stesse condizioni, in termini di quantità e di tassi di interesse, delle economie e delle imprese di altri Paesi europei.
Questa segmentazione del credito tra i diversi Paesi è favorita dall'assenza di un mercato bancario unico, ottenibile soltanto attraverso un sistema di sorveglianza e supervisione unitarie, come quello che sta alla base del progetto di unione bancaria europea.


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L'unione bancaria può essere vista, logicamente e temporalmente, come un progetto a più stadi.
Il primo stadio fondamentale è quello della vigilanza unica. Una vera unione bancaria non può, però, prescindere da altri due elementi fondamentali: un meccanismo unitario di risoluzione delle crisi bancarie e un meccanismo di assicurazione dei depositi omogeneo e unificato a livello europeo.
Questi due successivi step non sono ancora parte integrante della discussione di dettaglio: pur essendo evocati come pilastri fondamentali, sono considerati come una seconda fase rispetto alla creazione di regole uguali e di una sorveglianza identica per tutti, poiché implicano il riconoscimento di elementi di mutualizzazione dei bilanci pubblici.
Il dibattito è stato molto lungo e intenso. Continuerà nel corso della settimana, e speriamo che arrivi alla conclusione. Restano da discutere alcuni elementi strutturali della sorveglianza integrata, che posso riassumere nel modo seguente.
In primo luogo, come ho detto, la vigilanza unificata per l'area dell'euro è, a nostro parere, imprescindibile, ma non può e non deve essere limitata alla zona euro. Il progetto di vigilanza unitaria nasce come un progetto europeo, non soltanto dell'area dell'euro, ma è chiaro che esso ha molta più pregnanza per i Paesi che condividono la moneta unica. Si pone, quindi, il problema del rapporto tra i Paesi che sono parte della moneta unica e quelli che non ne sono parte, cioè tra i Paesi cosiddetti in e i Paesi cosiddetti out.
Poiché l'auspicio era, fin dall'inizio, che anche i Paesi i quali non fanno parte dell'area dell'euro potessero decidere di partecipare al progetto di sorveglianza unitaria, il primo aspetto importante è come agevolare e incentivare tale partecipazione.
Inoltre, alcuni Paesi - in particolare, la Gran Bretagna - hanno esplicitamente dichiarato che non aderiranno alla vigilanza unica. Bisogna, quindi, capire come regolare i rapporti tra i Paesi dell'area dell'euro che sicuramente aderiranno alla vigilanza unitaria, i Paesi non appartenenti alla zona euro che faranno parte del sistema e i Paesi che non ne faranno parte.
Si tratta di un aspetto complesso, che rivela due distinti problemi di governance.
La regolazione dei rapporti tra i Paesi che entreranno a far parte del sistema e quelli che ne resteranno fuori riguarda l'Autorità bancaria europea (EBA), una delle componenti del Sistema europeo di vigilanza finanziaria. I compiti dell'Autorità, che contribuisce, tra l'altro, a migliorare il funzionamento del mercato interno - e non si occupa, quindi, soltanto di problemi relativi ai requisiti prudenziali -, riguardano tutti i 27 Stati membri. Nel momento in cui entrerà in funzione la vigilanza unitaria, accentrata nella Banca centrale europea (BCE), sarà necessario ridefinire la governance dell'EBA e l'interazione tra questa, la Banca centrale europea, che avrà un ruolo rafforzato, e gli altri supervisori nazionali.
La richiesta dei Paesi che non parteciperanno, tra cui sicuramente la Gran Bretagna, è quella di bilanciare la governance dell'EBA tenendo conto del nuovo attore, cioè della Banca centrale europea. La posizione della Gran Bretagna, nonché di altri Paesi che non pensano di entrare a far parte, in tempi brevi, del meccanismo di sorveglianza unificata, è motivata dalla necessità di non rimanere «schiacciata», nel processo decisionale, dai Paesi che fanno parte dell'unione monetaria e della vigilanza unificata.
Sul tavolo ci sono diverse proposte. Quella avanzata con forza dalla Gran Bretagna prevede la doppia maggioranza. In altri termini, le decisioni più importanti sulla vigilanza dovrebbero ottenere due voti favorevoli: uno da parte dei Paesi che aderiscono alla vigilanza unificata e un altro da parte dei Paesi che non ne fanno parte. Su tale meccanismo il Governo italiano e altri Paesi hanno espresso parere negativo con forti perplessità.
Premesso che la logica da preservare è quella secondo la quale anche le decisioni a livello di sorveglianza bancaria, per


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quanto tecniche, abbiano un fondamento democratico, conseguito dando a tutti la possibilità di partecipare in modo equo, la doppia maggioranza non sembra garantire l'equità decisionale. Se, da una parte, è comprensibile il timore dei cosiddetti Paesi out di essere «schiacciati», di non avere voce sufficiente nel processo decisionale, dall'altra, il meccanismo della doppia maggioranza inverte la sperequazione: se anche un solo Paese rimanesse fuori dal sistema di vigilanza unica, con la doppia maggioranza esso verrebbe a godere di un diritto di veto nei confronti degli altri ventisei.
È nostra intenzione arrivare a un meccanismo che possa garantire a tutti di avere voce in capitolo, senza attribuire, tuttavia, a un singolo Stato un diritto di veto sulle decisioni di tutti.
Poiché i Paesi out, soprattutto la Gran Bretagna, danno molto rilievo a tale problema - sebbene esso, di per sé, abbia poco a che fare con la vigilanza unica -, appare evidente che la sua mancata soluzione potrebbe indurre alcuni Paesi a non dare il proprio assenso al sistema.
Il secondo problema riguarda la governance all'interno del meccanismo di supervisione. Omettendo di considerare, per ora, i Paesi che non aderiranno, si tratta di regolare i rapporti tra Paesi che, facendo parte dell'unione monetaria, riconoscono la BCE come organo di riferimento, e Paesi che, non facendo parte dell'unione monetaria, non riconoscono necessariamente la Banca centrale europea quale protagonista del nuovo sistema di vigilanza.
Il dibattito è ancora in corso. La strada che stiamo percorrendo è quella di ridefinire la governance della BCE, che viene considerata come il perno decisorio del sistema di sorveglianza integrata, in modo da raggiungere due obiettivi.
Il primo è quello di garantire la partecipazione equa dei Paesi che non sono coinvolti nei normali canali di governance della BCE, in cui siedono soltanto i governatori delle banche centrali della zona euro.
Il secondo obiettivo, ribadito da molti, e anche dal Governo italiano, è stabilire una divisione netta tra processi decisionali che riguardano le politiche monetarie e processi decisionali che riguardano la supervisione bancaria, creando un chinese wall che impedisca contaminazioni tra autonomia nelle decisioni monetarie e autonomia nelle decisioni relative ai requisiti prudenziali.
Questi due obiettivi implicano momenti decisionali separati tra le politiche monetarie e le strategie prudenziali. L'idea è identificare un meccanismo di governance parallelo, affiancando al board ordinario della Banca centrale europea, deputato alle decisioni di politica monetaria, un board separato per la supervisione bancaria, del quale potranno far parte anche i Paesi membri che non fanno parte dell'unione monetaria.
I problemi tecnici non sono tutti risolti, perché bisogna verificare se la creazione di un nuovo organismo sia pienamente compatibile con i Trattati, o se, invece, occorra apportare qualche modificazione chirurgica alla normativa primaria. In ogni caso, poiché le modifiche al Trattato non sarebbero immediate, mentre l'avvio della sorveglianza bancaria è urgente, dovrà essere valutata un'ipotesi di transizione in grado di garantire ugualmente la separazione dei meccanismi decisionali e la partecipazione dei Paesi out.
L'ultima questione importante riguarda la divisione del lavoro. Assumendo di avere risolto i problemi di governance e di avere istituito un meccanismo di sorveglianza integrato, occorre stabilire quali funzioni saranno esercitate direttamente dalla BCE a Francoforte e quali dagli organismi di sorveglianza nazionali.
La posizione italiana, e non solo, è nel senso che, innanzitutto, debba essere garantita l'unitarietà delle regole e dei meccanismi di vigilanza. Tutte le banche - in Europa ne abbiamo quasi seimila - devono essere vigilate in base agli stessi principi e alle stesse regole, indipendentemente da dove si trovino e da quali dimensioni abbiano.


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Una volta garantito ciò, non sarebbe né credibile, né comunque efficace, che seimila banche, comprese le più piccole, fossero tutte vigilate da Francoforte. Le autorità di vigilanza nazionali dovranno continuare a svolgere un ruolo importante. Si sta, quindi, definendo una soglia. Le cosiddette banche sistemiche, quelle di grandi dimensioni che operano su più mercati, dovranno necessariamente essere sorvegliate dal centro, mentre le banche di minori dimensioni, e con attitudini di imprese più localizzate, saranno vigilate a livello nazionale. Tuttavia, qualora lo ritenesse necessario, la Banca centrale potrebbe in ogni momento avocare a sé la supervisione di una banca vigilata a livello nazionale. Allo stesso modo, le autorità nazionali potrebbero confrontarsi con la BCE, per verificare che i processi decisionali, e le decisioni in quanto tali, seguano la logica unitaria cui primato fatto riferimento in precedenza.
Su questi temi di dibattito ancora aperti c'è stata una notevole convergenza rispetto alle posizioni iniziali.
Resta da definire la tempistica. La Commissione e la Presidenza dell'Unione hanno ribadito che il meccanismo prenderà il via il 1o gennaio, ma non tutte le tessere del mosaico saranno necessariamente al loro posto entro tale scadenza. Se ci riusciremo, partirà una sorveglianza ristretta, limitata a un piccolo numero di banche sistemiche e, se sarà il caso, a quelle che hanno ricevuto aiuti diretti. Nella seconda metà del 2013, invece, il sistema sarà esteso a un numero molto più ampio di banche.
Mi fermo qui, e resto a disposizione per rispondere a eventuali domande.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni, invitandoli a essere sintetici, poiché il Ministro è atteso al Senato per l'esame della legge di stabilità.

MAURIZIO FUGATTI. Ringrazio il Ministro Grilli per la sua partecipazione all'audizione odierna.
Il rapporto del gruppo ad alto livello presieduto da Erkki Liikanen ha evidenziato l'opportunità, in relazione agli intermediari creditizi, di separare l'attività di deposito da quella di trading. Com'è noto, gli istituti che maggiormente svolgono la funzione tradizionale di intermediazione del credito sono proprio quelli italiani. Non crede, signor Ministro, che questa caratteristica positiva delle nostre banche potrebbe essere snaturata dall'unione bancaria?
In secondo luogo, vorrei sapere se per le banche più piccole, come popolari e di credito cooperativo, siano previste specifiche modalità.
Diversamente, le piccole banche, che non sono in alcun modo responsabili della crisi finanziaria, dovrebbero sopportare oneri maggiori di quelle che hanno contribuito a causarla.

VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Per quanto riguarda il cosiddetto rapporto Liikanen - per il momento, si tratta di uno studio senza implicazioni operative -, c'è effettivamente l'idea, che risale al Glass-Steagall Act statunitense degli anni Trenta, di distinguere le funzioni delle banche di investimento e quelle delle banche retail.
Esistono argomenti ragionevoli in tal senso, sui quali si può anche essere d'accordo. Ci sono, tuttavia, dettagli importanti di cui bisogna tenere conto.
Il nostro sistema è basato molto sulle banche retail e poco su quelle di investimento. In Italia, pertanto, la distinzione cui facciamo riferimento avrebbe effetti limitati, mentre avrebbe un diverso esito nello scenario europeo.
Bisogna fare attenzione a cosa si intende per intermediazione. Accanto alla banche retail, che svolgono prevalentemente attività di deposito, ci sono, infatti, le banche di investimento, che investono per conto proprio, e chi fa market making. In particolare, il market making, attività molto diversa da quella svolta dalle banche di investimento, può essere effettuato tanto da una banca di investimento quanto da una banca retail. In questo caso, per


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separare ci vuole cautela. Per farvi un esempio, il nostro mercato dei titoli di Stato, che tutti riconoscono funzionare molto bene, è basato sui cosiddetti primary dealer. In parte, questi market maker sono banche di investimento, ma per la maggior parte sono le nostre banche retail. La separazione, quindi, è delicata, perché, se le banche retail non potessero più fare market making, non potrebbero più essere primary dealer sul nostro mercato, e questo sarebbe, a mio avviso, un effetto molto negativo. Bisogna entrare nei dettagli, con molta attenzione.
Per quanto riguarda gli istituti di credito di piccole dimensioni, non è del tutto vero che la crisi finanziaria sia partita dalle grandi banche. Un esempio è la britannica Northern Rock. Nel sistema a rete della finanza mondiale, anche le piccole banche, se mal gestite, possono avere un impatto forte. Stabilire ex ante cosa sia sistemico e cosa non lo sia è molto difficile.
Tuttavia, come ho già detto, non ha senso che le piccole banche, radicate sul territorio, debbano interagire con Francoforte: ciò determinerebbe costi sia per Francoforte, sia per le banche; oltretutto, mancherebbe all'autorità centrale la conoscenza reale del territorio e dell'operatività di tali istituti.
Che le autorità nazionali debbano continuare a esercitare la vigilanza mi sembra un principio assodato, ma dovranno farlo con le medesime regole. Se si aprisse uno spiraglio per una vigilanza differenziata, non ne sarebbe danneggiata l'Italia, perché la crisi ha dimostrato che il nostro sistema di vigilanza funziona bene; nei Paesi in cui la vigilanza non ha funzionato, ciò è avvenuto perché vigevano regole ritagliate su misura, a seconda delle istituzioni.
Credo sia nostro interesse che le regole siano uguali per tutti e che la qualità del sistema di sorveglianza europeo aumenti, anziché diminuire.

MARCO CAUSI. Ringrazio il Ministro, al quale chiedo, innanzitutto, un parere tecnico-scientifico sulla questione del potenziale conflitto tra funzioni di politica monetaria e funzioni di vigilanza. Non le sembra che a tale argomento sia stata attribuita, nella fase delle trattative, una rilevanza esagerata? Non si potrebbe ricorrere a qualche benchmark internazionale, che dimostri come una banca centrale possa gestire entrambe le funzioni?
Durante le audizioni, è stato affermato che, per separare anche fisicamente le due attività, si è ipotizzato di collocare la sede dell'eventuale nuovo ufficio, che gestirà le funzioni di vigilanza, in una città diversa da Francoforte, che potrebbe essere Roma. Le risulta?

VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Per quanto riguarda il primo aspetto, ci sono valide ragioni per considerare con grande attenzione la prospettata separazione.
Il dibattito apertosi al riguardo è dovuto anche al fatto che le realtà nazionali sono diverse. In molti Paesi, come l'Italia, la funzione di vigilanza e quella monetaria sono state sempre concentrate nella stessa istituzione. Siamo, quindi, abituati all'idea che una banca centrale possa gestirle entrambe in maniera efficace. In altri Paesi, invece, ciò non è mai avvenuto. La Germania è un Paese in cui la banca centrale, la Deutsche Bundesbank, decide la politica monetaria, mentre le funzioni di sorveglianza sono ripartite tra Bundesbank e Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht (Bafin). Essendo quello unitario un modello a loro sconosciuto, è legittimo che questi ultimi Paesi nutrano qualche preoccupazione.
Ciò premesso, mi sembra, tuttavia, che la tendenza, anche in Paesi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, in cui la vigilanza bancaria non era, o non era completamente, in capo alla banca centrale, sia quella di portare le funzioni di vigilanza all'interno della banca centrale, prendendo atto di un aspetto fondamentale e, secondo noi, dirimente: come la crisi ha dimostrato, per vigilare bene è necessaria una conoscenza profonda dei mercati bancari e del credito, quale non ha un'autorità diversa dalla banca centrale.


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Facendo politica monetaria, la banca centrale fa parte del sistema creditizio e, quindi, sa esattamente come questo funziona. Al contrario, un'autorità non altrettanto integrata nel sistema non ha né la stessa capacità di comprensione, né la stessa velocità di azione.
L'argomentazione più rilevante, addotta da alcuni Paesi, è fondata sulla salvaguardia della dignità e dell'importanza dell'autonomia monetaria dal punto di vista della teoria economica. In altre parole, la politica non dovrebbe interferire nelle decisioni di politica monetaria, perché è dimostrato quanto ciò sia pericoloso.
All'opposto, quando ci sono problemi di vigilanza, o c'è bisogno di procedere a un salvataggio, il problema è politico, perché sono i governi a dover pagare il conto. L'idea dell'autonomia dal governo è, quindi, molto meno ovvia; ed è per questo che, in alcuni sistemi, la vigilanza non compete alla banca centrale, ma è esercitata indirettamente dai governi, attraverso autorità separate.
Come conciliare questi due principi è il punto fondamentale del dibattito.
Dell'ipotesi di spostare la vigilanza a Roma non sono informato. Al di là del fatto che la nostra Banca centrale ha dimostrato di avere una capacità di vigilare maggiore rispetto ad altre, quella da lei ipotizzata, onorevole Causi, sarebbe una decisione in contrasto con quanto ho già detto a proposito del fatto che la buona vigilanza si fa in un sistema assolutamente integrato e in grado, per così dire, di vedere tutto. Francoforte, soprattutto per le banche di più grandi dimensioni, è al centro di tutto il sistema, e avrebbe secondo me, anche per questo motivo, il vantaggio combinato di una migliore comprensione e di una maggiore velocità di azione.

FRANCESCO BARBATO. Ringrazio, a nome del gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori, il Ministro dell'economia e delle finanze, al quale chiedo, in primo luogo, se questo sistema barocco di organi di vigilanza - dall'EBA alla BCE, alle banche centrali nazionali - non rischi di complicare maggiormente la vita al sistema bancario, che potrebbe essere disturbato da così tanti interlocutori. Le lungaggini e la burocrazia, anziché migliorare la trasparenza, favoriscono la creazione di zone oscure e opache all'interno del sistema bancario.
La Germania ha detto che le banche locali dei Länder non si toccano. Non ritiene che anche noi, come Parlamento e come forze politiche, dovremmo valorizzare la distinzione, che esiste all'interno del nostro sistema bancario, tra i grandi istituti a operatività internazionale e quelli locali, come le banche di credito cooperativo, che a priori dovrebbero restare fuori da questo meccanismo «tritatutto» e barocco?
Vorrei chiederle, inoltre, per quanto riguarda eventuali accordi volti a tassare i 150 miliardi di patrimonio finanziario trasferito illegalmente nei caveau delle banche svizzere, a che punto siano giunte le trattative. Poiché il Governo Monti ha spento la sua prima candelina, vorrei sapere se sia stato raggiunto qualche risultato, anche alla luce del fatto che altri Paesi, come Gran Bretagna e Germania, hanno già proceduto in tal senso.
Io la apprezzo, signor Ministro, perché, a dispetto del cognome che porta, non ha, a differenza di tanti suoi colleghi, grilli politici per la testa. Nati come Governo tecnico, avreste dovuto dirci come affrontare i problemi di un'economia in crisi, avreste dovuto agire per dare subito delle risposte.
Guardiamo invece, ad esempio, a quello che è successo ieri: la borsa di Milano ha vacillato e il famigerato spread si è impennato. Non ritiene che ciò sia conseguenza di un gesto, che io definisco irresponsabile, del Presidente del Consiglio? Annunciando che si dimetterà, il Presidente Monti ha mostrato di essere permaloso, ma ha agito strumentalmente, per poter fare politica. Eppure, non è stata espressa alcuna sfiducia da parte di una delle Camere nei confronti del Governo!
In un momento in cui pendono provvedimenti urgenti, come la riduzione del numero delle province e la delega fiscale,


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non sarebbe stato più responsabile, da parte del Presidente del Consiglio, dare qualche risposta ai problemi economici e finanziari, affrontare in maniera più efficace una crisi così grave, anziché mostrarsi strumentalmente permaloso, al fine precipuo di assecondare certe operazioni politiche?

VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Posso solo dire che non conosco persona più responsabile del nostro Presidente del Consiglio.
Per il resto, il nuovo assetto mira proprio a ridurre gli aspetti più barocchi del sistema europeo di vigilanza. Per le grandi banche che operano in più Paesi, si tratta di una semplificazione, perché doversi confrontare con più autorità di vigilanza nazionali è molto costoso e laborioso. Riferirsi, invece, a un'unica autorità di vigilanza, con regole predeterminate, rappresenta non soltanto una semplificazione, ma anche una certezza importante sul piano operativo.
Per quel che riguarda le banche locali, come ho detto, l'idea è di mantenere il rapporto con l'autorità di vigilanza nazionale. Tuttavia, credo che l'Italia debba respingere l'impostazione che considera la vigilanza sulle predette banche come una questione esclusivamente nazionale, giacché il tema in discussione non è di rilievo soltanto operativo, ma riguarda anche il piano delle regole.
È pericolosissimo pensare che la vigilanza su questo tipo di banche non debba riguardare anche gli altri. Sebbene, in Italia, la vigilanza sia stata buona, e non si siano verificati problemi, il fatto che altrove si sia vigilato non altrettanto bene ci ha provocato danni economici e finanziari rilevantissimi. È, quindi, anche nostro interesse che le banche locali siano vigilate dalle autorità nazionali, purché si seguano regole e procedure uguali per tutti.
Non è importante soltanto che la qualità della nostra vigilanza sia alta: è anche importantissimo che si elevi la qualità della vigilanza di altri Paesi. Infatti, come abbiamo constatato, gli effetti di un fallimento nella vigilanza fuori dai nostri confini non rimangono all'esterno dell'Italia: questa crisi ha dimostrato che un fallimento nella vigilanza negli Stati Uniti, in Gran Bretagna o in Germania ha effetti anche a casa nostra. Per questo motivo, dobbiamo insistere affinché vi siano, da un lato, ragionevolezza dal punto di vista operativo e, dall'altro, regole e procedure di più alta qualità.
Per quanto riguarda la Svizzera, abbiamo tenuto aperto il tavolo di negoziazione, ma ancora non siamo arrivati a una conclusione. L'onorevole Barbato ricordava la Germania. Ebbene, la Germania ha fatto dei passi indietro, e anche noi siamo convinti che non si debbano concludere accordi a tutti i costi. Gli accordi devono soddisfare gli interessi di entrambe le parti e, a nostro parere, alla base di qualsiasi accordo c'è la trasparenza nello scambio delle informazioni. Stiamo lavorando, e speriamo di portare a casa il risultato, ma non siamo ancora in vista della conclusione.

ALESSANDRO PAGANO. Ringrazio il Ministro per la consueta chiarezza.
L'impostazione con la quale la Commissione ha affrontato l'esame degli atti comunitari relativi all'unione bancaria europea condivide la sua prospettiva, signor Ministro, nonché gli auspici da lei formulati in proposito.
In questo momento, come lei ha affermato, la Banca centrale europea non è - e, forse, non sarà mai - in grado di controllare le circa seimila banche operanti negli Stati membri. Si va, quindi, ragionevolmente, verso un sistema che vede le banche sistemiche vigilate dalla BCE, e le altre sottoposte al sistema di vigilanza nazionale. Anche le regole saranno differenziate, oppure saranno uniformi? In altri termini, vi saranno regole uniche gestite su due livelli - in tal caso, sarebbe auspicabile l'adozione generalizzata dello standard italiano, per ciò che abbiamo saputo dimostrare in questi anni -, oppure ciascuno continuerà a esercitare la vigilanza in base a regole proprie? Nel caso in cui alcuni Stati membri dovessero


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continuare a fare i furbi - se così possiamo dire -, qual è l'orientamento del Governo italiano per evitare possibili sperequazioni? Con quali modalità e con quale fermezza interverrà?
L'attività delle banche sistemiche italiane è ostacolata dal sistema di vigilanza tedesco. In particolare, i flussi di liquidità da uno Stato all'altro sono letteralmente frenati, con i metodi più svariati. La Germania è protezionista e, ciò nonostante, pretende di dettare le regole! Il risultato è, per esempio, che una Volkswagen si vende, in Italia, più e meglio di una FIAT: non perché la tecnologia tedesca sia superiore, ma perché quel sistema offre modalità per accedere al credito - in sostanza, per avere denaro quasi a costo zero - che il nostro non può permettersi. I tedeschi vincono la sfida sui mercati da un punto di vista finanziario.
È evidente che le nostre imprese non possono accedere al mercato del credito con la stessa facilità delle imprese di altri Paesi.
L'Italia, quale Stato membro, come si sta muovendo per evitare che il nostro unico istituto bancario sistemico, cioè Unicredit, continui a essere penalizzato nel contesto attuale?
La mia ultima domanda riguarda la proposta formulata dalla Presidenza cipriota in merito ai criteri per l'individuazione delle banche sistemiche. Si tratta di una proposta accettabile per l'Italia, oppure, ancora una volta, si tenta di assoggettare ai controlli soltanto un drappello di banche, e tutte le altre no? Le saremmo particolarmente grati, signor Ministro, se potesse darci qualche anteprima anche su questo argomento.

VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Sulla lista e, in particolare, sulle soglie cui fare riferimento per poter considerare sistemica una banca c'è ancora da lavorare. Come si può immaginare, alle diverse proposte in materia di soglie sono sottese diverse concezioni, anche politiche, del sistema bancario.
Per quanto riguarda le altre domande, siamo assolutamente convinti che il sistema debba essere duale dal punto di vista operativo, ma non da quello delle regole, che devono essere uguali per tutti. Introdurre eccezioni significherebbe mantenere la segmentazione.
Un sistema unitario deve essere basato sullo stesso libro delle regole. Ciò significa che, alla luce delle fonti primarie e di quelle derivate, la responsabilità è in capo alla BCE, la quale delega funzioni operative. Anche in considerazione del dato numerico, è logico ritenere che le banche più piccole siano sorvegliate, nella loro attività quotidiana, a livello nazionale, ma le regole devono essere le stesse per tutti.
Per la stessa ragione, la sorveglianza integrata è il prerequisito affinché non si verifichino fenomeni come quelli ricordati e non si innalzino barriere attribuibili a diverse concezioni, oppure all'applicazione asimmetrica di regole prudenziali nei diversi Paesi. È una garanzia, per noi, prevedere che le banche operanti in diversi Paesi siano sorvegliate non più da tante diverse autorità nazionali, ma da una sola, l'unica in grado di decidere cosa si possa fare e cosa, invece, non sia permesso fare.
Avendo riguardo alla situazione contingente, la rapidità è importante. Se è vero, infatti, che certe segmentazioni del credito sono dovute anche a comportamenti asimmetrici delle autorità di vigilanza nazionali, più velocemente arriveremo alla vigilanza unitaria, prima riusciremo a smantellare le barriere nazionali.

ALESSANDRO PAGANO. Mi scusi, signor Ministro, ma Schäuble e Moscovici hanno fatto chiaramente intendere, non più tardi di tre settimane fa, che i tempi si allungheranno. Sono sopravvenute novità rispetto a queste dichiarazioni ufficiali? Mi pare che il sistema spagnolo necessiti di un intervento immediato. Noi siamo già pronti, ma gli altri? C'è, per caso, la tendenza ad allungare il più possibile i tempi, al contrario di quanto lei auspica?

VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Posso dire che, insieme ad altri Paesi, premeremo affinché si proceda


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con la massima urgenza. Anche la Commissione europea è di questo avviso.
Come avete sentito anche voi, essendo il dibattito pubblico, alcuni Paesi ritengono che non sempre la rapidità sia garanzia di qualità e, forse, vorrebbero rallentare. Il miglior compromesso è quello di avanzare per fasi, facendo sì che alcune banche ben individuate entrino subito nel sistema.
Quello della tempistica, come ho già detto, è uno dei nodi da sciogliere. La nostra posizione è chiara: dobbiamo agire subito.

IVANO STRIZZOLO. Anch'io ringrazio il Ministro Grilli per la sua ampia e chiara esposizione. Mi permetto anche di esprimere un apprezzamento per la sua attività di governo, nonostante si sia trovato a operare in una fase così complicata come quella che il Paese sta vivendo da qualche anno a questa parte. Infatti, pur occupando una posizione molto esposta, diciamo così, dal punto di vista del consenso e della popolarità, egli ha saputo tenere la rotta con grande equilibrio.
Ho due domande da porle, signor Ministro.
Guardando alla realtà del nostro Paese, credo ci sia bisogno di uno sforzo per ridurre l'enorme quantità di adempimenti. Le piccole e medie banche, in particolare, sopportano costi notevoli, ad esempio, per gli organismi di controllo interno, per i servizi resi dalle società di revisione, per la produzione mensile di dati da inviare all'Autorità di vigilanza.
Lei ha affermato, signor Ministro, che le stesse regole devono essere applicate alla banca sistemica come a quella più piccola. Non c'è la possibilità di ridurre gli adempimenti per le banche di piccole e medie dimensioni?
Inoltre, l'avvio di un processo di coordinamento e integrazione delle politiche fiscali dei Paesi europei potrebbe garantire una maggiore efficacia delle attività di vigilanza? In questa Commissione abbiamo discusso di Tobin tax e di tutti quei meccanismi di tassazione differenziata che finiscono per incidere sull'attività e sui risultati del sistema bancario. A mio avviso, le difficoltà attuali sono legate a legislazioni fiscali nazionali ancora molto differenziate.

VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Dal punto di vista degli adempimenti, non posso che concordare sulla necessità di rendere più semplice tutto ciò che può essere semplificato. Semplificare è una priorità per tutte le attività amministrative. Non sono d'accordo, invece, a prevedere regole diverse e ad abbassare gli standard prudenziali.
Mentre le grandi banche tendono a essere quotate e sono soggette a una verifica continua - a trecentosessanta gradi, come si suole dire -, da parte non soltanto dell'autorità di vigilanza, ma anche dei mercati, degli analisti, delle agenzie di rating e degli investitori, le piccole e medie banche sfuggono a tali controlli. Una verifica adeguata e non sproporzionata della loro conduzione, nonché del rispetto degli standard prudenziali, è assolutamente necessaria, tanto è vero che gran parte delle banche travolte, durante la crisi, dai cosiddetti titoli tossici - non è successo in Italia, ma nel resto del mondo e in Europa - era di piccole e medie dimensioni. Evidentemente, si tratta di banche che attuavano una gestione delle proprie attività non sufficientemente professionale e, soprattutto, non conscia dei livelli di rischio che stavano assumendo.
Ribadisco che consentire standard diversi andrebbe contro il nostro interesse nazionale. Noi abbiamo dimostrato di riuscire a vigilare bene; altri vigilano meno bene. Se fornissimo la scusa per abbassare i livelli di vigilanza, credo che ci ritroveremmo di nuovo esposti a crisi provenienti dall'esterno, il che sarebbe molto pericoloso.
L'integrazione e il coordinamento delle politiche fiscali sono importanti: con la cosiddetta Tobin tax stiamo cercando di conseguire proprio tali obiettivi. Sappiamo che anche altri elementi dell'unione bancaria, quali i meccanismi di risoluzione delle crisi e l'assicurazione sui depositi,


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richiedono un coordinamento fiscale molto più profondo prima di poter essere introdotti.
Le due cose, quindi, sono collegate.

COSIMO VENTUCCI. Anch'io la ringrazio, signor Ministro, per la sintesi e la chiarezza con cui ha illustrato alla Commissione i termini di un negoziato estremamente delicato, il cui prodotto finale, al di là dei tecnicismi propri del sistema bancario e finanziario, sarà frutto di decisioni politiche, come tutte quelle che attengono alla gestione di una comunità di cinquecento milioni di cittadini.
Lei ha affermato che solo un gruppo ristretto di grandi banche sarà sottoposto alla vigilanza centralizzata. La considerazione che mi accingo a formulare potrà apparirà banale, ma ritengo opportuno svolgerla ugualmente, se non altro per fare chiarezza a beneficio di quanti ci stanno seguendo in questo momento e di quanti avranno la curiosità di leggere il resoconto dell'audizione. Non va sottaciuta, a mio avviso, la confusione generata dall'atteggiamento della Gran Bretagna, la quale si tiene intenzionalmente a margine dell'Unione europea, e degli Stati Uniti, i quali non accettano le regole di Basilea 3.
Ciò premesso, a proposito del fatto che le stesse regole devono valere per tutti, le pongo, signor Ministro, una domanda che non vuole essere retorica. A giugno del 2011 la Deutsche Bank ha venduto titoli di Stato italiani per sette miliardi di euro e titoli di Stato greci per cinquecento milioni di euro. Ebbene, qualora la BCE diventasse effettivamente il perno della vigilanza unica, sarebbe essa politicamente in grado di prevenire simili vendite?

VITTORIO GRILLI, Ministro dell'economia e delle finanze. Posso soltanto ribadire che il progetto di cui stiamo discutendo poggia su regole uguali per tutti e applicate in modo trasparente: da qui l'importanza che diamo all'evoluzione del sistema di vigilanza.
Francamente, per quanto spiacevoli possano essere certe decisioni della Deutsche Bank, non penso che la vigilanza possa influenzare la vendita o l'acquisto di titoli di Stato, se non quando sussistano effettivi problemi di capital ratio o di analogo tipo. Ciò non sarà possibile nemmeno in regime di vigilanza integrata, perché le decisioni concernenti la vendita o l'acquisto di titoli di Stato rientrano nell'autonomia decisionale delle singole banche centrali. Sarà, invece, certamente fattibile verificare che i modelli di rischio di ciascuna banca rispondano a criteri di solidità e prudenza.

PRESIDENTE. Il tema di cui abbiamo discusso oggi conferma, purtroppo, la nostra debolezza: sembra, infatti, che la sede della vigilanza sarà stabilita a Parigi.
Ringrazio il Ministro Grilli e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,35.

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